Nessuna legge per il più forte

di Stefania Rimini Tratto dalla puntata di: mercoledì 6 ottobre 1999 ore 23:00 - Rai 3

 

JEREMY RIFKIN - economista
La questione fondamentale è questa: chi controlla i geni, controlla il ventunesimo secolo. Ci troviamo nel mezzo di una fondamentale trasformazione dell'economia globale. La risorsa primaria nell'età industriale erano i combustibili fossili, i metalli e i minerali. La risorsa primaria nell'età della biotecnologia sono i geni. Chiunque possiede e controlla i geni, controlla la risorsa mondiale che forma la base di tutta l'età del commercio genetico. Geni per le fibre tessili, per i materiali da costruzione, per l'energia, per le medicine, per gli alimentari.

MILENA GABANELLI in studio

Buonasera. L'inchiesta di oggi parte proprio dai geni, una parola che fa pensare al progresso e all'idea di miglioramento e che coinvolge tutti i popoli della terra, in un modo o nell'altro.
Ma per capire di che cosa stiamo parlando non andiamo tanto lontano, rimaniamo in casa nostra, in Sardegna, dove ogni volta che una capra bruca, il pastore sardo paga il filo d'erba e una società australiana incassa.
L'inchiesta è di Stefania Rimini.

TITOLI DI TESTA...

FRANCESCO MISSONI - Centro Internazionale Crocevia
Questa pianta è stata prelevata qui, in località Fluminimaggiore, nel 1982, da una squadra di ricercatori di una ditta sementiera australiana, la South Australian Company i cui ricercatori, Franz e Gillespy, hanno prelevato questa varietà, l'hanno portata in Australia e hanno registrato il diritto di proprietà in Australia. Quindi, questa pianta, che ancestralmente appartiene alla comunità sarda, oggi, attraverso un atto di biopirateria, risulta essere di proprietà australiana. Praticamente nel prezzo di vendita di questo trifoglio si pagano i diritti commerciali agli australiani. Cosa assurda perché ci troviamo in Sardegna e siamo i legittimi proprietari di questa pianta, o almeno riteniamo di esserlo.

GIANLUCA CODOMESU - allevatore di pecore
Però potevamo venderglielo noi, è un nostro prodotto, potevamo farglielo noi il prezzo.

SPEAKER

In sostanza, ogni volta che una pecora bruca, i pastori pagano le royalties all'Australia.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Ha calcolato quanto spende per questo trifoglio?

LANFRANCO CIREDDU - allevatore di capre
Solo per le sementi un milione e mezzo. Dal primo anno che l'abbiamo acquistato è aumentato del 50%.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Il pastore mi spiega che il trifoglio sotterraneo è una pianta tipicamente sarda che si è adattata al territorio in vari modi. Sopravvive al pascolamento molto intenso da parte delle capre e delle pecore perché può produrre tanti semi e inoltre perché ha la capacità di infilare il frutto nel terreno e questo, appunto, gli serve a non essere pascolato e a svilupparsi solo se piove.

LANFRANCO CIREDDU - allevatore di capre
Su moltissime cose noi non abbiamo nessun diritto, è come se ci fossimo e non ci fossimo.

SPEAKER

Gli australiani hanno registrato quattro varietà di trifoglio sotterraneo preso in Sardegna nel '77: lo York, il Goldblum, il Denmark e il Leurax e hanno le royalties su questo trifoglio che viene distribuito da una ditta di Olbia.

ANTONIO PES -perito agrario
Guardi, guardi cosa produce…guardi anche da questa parte che forse rende l'idea di cosa può dare…

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE
Quanti grammi saranno stati?

ANTONIO PES - perito agrario
Neanche un grammo di seme. Ecco: guardate questo, tutti batuffolini carichi di seme. Pensi quanti quintali smerciano nel mondo gli australiani.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE
Quanti ne smerciano?

ANTONIO PES - perito agrario
Milioni di quintali.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE
Quindi fanno un sacco di soldi?

ANTONIO PES - perito agrario
Quindi fanno un sacco di soldi.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE
E ai sardi non viene in tasca una lira?

ANTONIO PES -perito agrario
Assolutamente no.

SPEAKER

Praticamente con il nostro trifoglio gli australiani hanno un giro d'affari di 12 mila miliardi. Ma perché ci siamo fatti soffiare questa opportunità dagli australiani? Primo: perché loro hanno capito subito che poteva essere un buon affare.

PAT MOONEY - presidente Rafi
Nelle nostre investigazioni sulla biopirateria abbiamo trovato che l'Australia è uno dei casi peggiori. Abbiamo trovato 118 esempi di atti di biopirateria commessi dagli australiani: aziende, università e anche istituzioni governative. Hanno preso il germoplasma dei raccolti dall'Africa, dall'America Latina e dall'Asia, e perfino dall'Italia.

SPEAKER

Noi abbiamo talmente tante varietà di piante che non ci badiamo nemmeno.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE
Se viene un ricercatore giapponese e vi chiede un campione di ciliegia bianca da portare in Giappone glielo date o no?

MARIO AGABBIO - CNR Sassari
Sì, solitamente siamo molto magnanimi da questo punto di vista. La Sardegna, e l'Italia in generale, è molto ricca di materiale genetico di vecchie varietà e di solito non ci sono molte preclusioni a concedere il materiale. Anche perché lo scopo fondamentale di tutta l'attività è quello di salvaguardare il materiale, di salvarlo dalla distruzione e dalla scomparsa: questo è l'importante in questo momento.

SPEAKER

Ormai per il trifoglio che si sono presi gli australiani non c'è più niente da fare, è perso. Per smettere di comprare il nostro trifoglio da loro si potrebbero creare delle nuove varietà italiane, che è quello che stanno facendo, infatti, presso un istituto di colture industriali di Lodi.

ALESSANDRA SPIGA - animatrice rurale
Non è ancora stata creata alcuna regola sui diritti che ha un abitante sulle piante che vivono sul suo territorio: se sono di proprietà delle persone che ci vivono o di quelle che se le prendono.

MILENA GABANELLI in studio
Intanto che si cerca di capire chi è proprietario e di che cosa, chi ha mezzi si dà da fare e siamo nel campo dell'ingegneria genetica. Lo schieramento è uno solo: paese ricco contro paese povero e Stefania Rimini ci porta nella foresta pluviale tailandese.

SPEAKER

La cosa interessante è che più del 40% delle medicine occidentali che noi utilizziamo contengono estratti di piante asiatiche originarie di paesi poveri che in cambio delle loro erbe hanno avuto poco o niente. Il Sud del mondo è molto più ricco di risorse genetiche del nord.
Ma noi abbiamo la scienza, la tecnologia e le armi legislative per sfruttare quelle risorse. I paesi poveri possiedono quindi un tesoro che fa gola ai pirati.
Un tesoro biologico per biopirati. Perché si chiamano "pirati"? Perché rubano.

HELENA PAUL - Gaia Foundation
La biopirateria è l'appropriazione delle risorse genetiche degli altri per brevettarle e guadagnare, questo è il modo più semplice per descriverla. I biopirati sono aziende, università, che hanno identificato queste risorse e vogliono avere un monopolio privato su di loro per 20 anni, che è quello che significa poi averne il brevetto. Per esempio: una volta c'erano più di trentamila varietà di riso, ognuna delle quali era stata adattata dalle popolazioni alle condizioni locali. Ed è questa ricchezza di risorse che adesso le compagnie stanno reclamando per sé, prendendole e brevettandole.

SPEAKER

Entro in una tipica farmacia tradizionale di Bangkok. Ci sono sacchi ricolmi di cose strane: radici, bacche, semi, tutta roba che per un occidentale non significa niente ma che in realtà è potentissima. Chiedo che mi portino una radice che cresce dappertutto nelle foreste della Tailandia e che si chiama Kwaao Kruea. Eccola qua.
Nei libri antichi se ne parla come di una radice miracolosa: infatti fa nientemeno che l' effetto del Viagra! Una volta le popolazioni della Tailandia del nord la somministravano agli anziani: si dice che faccia tornare la memoria, renda la pelle più morbida e faccia persino tornare neri i capelli bianchi. I tailandesi la mescolano con altre erbe e la usano anche come lassativo, anti-ossidante e rinforzante delle difese immunitarie, ma può essere molto pericolosa se usata male.

PINKAEW TUNNUAL- guaritore tradizionale
La Kwaao Kruea rossa guarisce gli uomini dall'impotenza. La Kwaao Kruea bianca invece contiene estrogeni, ha gli stessi effetti di un contraccettivo, nelle donne incinte può indurre l'aborto mentre fa bene alle donne in menopausa. Una volta l'ho data ad un'anziana di 80 anni e le sono ritornate le mestruazioni. Ma Il principio attivo della Kwaao Kruea ha anche molti altri impieghi: l'ho somministrata a un cane che aveva una patina sulle pupille e non ci vedeva e gli è passato tutto. L'ho data anche ad un vecchio che non ci vedeva quasi più e anche lui è stato molto meglio. Però bisogna somministrarla secondo una formula mescolata ad altre erbe.

SPEAKER

Con una fama del genere, la Kwaao Kruea tailandese non poteva che finire nel
mirino dei biopirati.

PENNAPA SAPCHAROEN - Direttore Istituto per la Medicina Tradizionale Tailandese
Arrivano in Tailandia scienziati stranieri dalla Germania, dal Giappone e dall'America per studiare questa radice, perché questa è una pianta interessante per loro.

SPEAKER
Perché?

PENNAPA SAPCHAROEN - Direttore Istituto per la Medicina Tradizionale Tailandese
Perché gli effetti di questa pianta sono gli stessi degli ormoni!

SPEAKER

E' vero che chiedono agli abitanti dei villaggi di andare a scavare per cercarla?

PENNAPA SAPCHAROEN - Direttore Istituto per la Medicina Tradizionale Tailandese
Si, sì, gli abitanti dei villaggi vanno a scavare nella foresta e poi la vendono agli stranieri.

SPEAKER

Siamo a Mae San, città di frontiera nel "triangolo d'oro", dove si incrociano i confini della Tailandia con quelli della Birmania e del Laos. E' qui che da sempre si contrabbanda l'oppio e adesso anche la Kwaao Kruea, purtroppo, ne segue la stessa rotta. La radice viene esportata illegalmente in Birmania, nascosta in camion come questi (passa un lungo camion).
Oppure viene trasportata attraverso il fiume Mekong per raggiungere le sponde del Laos. Di qui viene contrabbandata verso il Giappone, ma una parte finisce nei laboratori dove qualcuno ha già cercato di accaparrarsela per brevettarla. Alla fine lo scandalo è scoppiato e l'opinione pubblica tailandese si è ribellata ai vari atti di biopirateria di cui è vittima e il paese si sta dotando adesso di nuove leggi per proteggere le proprie risorse genetiche.

JAKKRITT KUANPOTH - avvocato
Significa che tutti quelli che vogliono usare le nostre risorse genetiche devono chiedere il permesso al governo e stipulare un contratto.

SPEAKER

Per i biopirati sono previste pene severe?

JAKKRITT KUANPOTH - avvocato
La prigione o una multa.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE
Di quanto?

JAKKRITT KUANPOTH - avvocato
Fino a sei milioni e mezzo.

SPEAKER

Forse il futuro è questo. Ma oggi rubare una pianta in un paese straniero e portarsela a casa è facilissimo e ve lo dimostriamo.
Questo è l'ingresso del parco nazionale tailandese di Kao Yai. Come vedete nessuno controlla l'accesso ad una zona piena di specie vegetali rarissime, si potrebbe dire un potenziale supermercato.
Chiunque potrebbe appropriarsi di qualunque cosa. Ogni anno qui passano un milione e trecentomila visitatori e ci sono solo 300 ranger a sorvegliarli.

CHUMPHON SUCKASEAM - sovrintendente parco Kao Yai
Se qualcuno si porta via qualcosa gli facciamo la multa.

SPEAKER
La multa?

CHUMPHON SUCKASEAM - sovrintendente parco Kao Yai
Sì, gli prendiamo del denaro. Forse 100 baht, al massimo 500 baht, dipende da quello che si sono presi!

SPEAKER

Quindi il massimo della multa per chi si porta via qualcosa è di 500 baht, l'equivalente di 28 mila lire. Penso di potermi permettere di correre il rischio di improvvisarmi "biopirata".
Il ranger che ci accompagna nella foresta pluviale una volta ha ucciso una tigre e ci tiene molto che si sappia.
Sono con il dottor Hywel Jones, un inglese esperto di funghi che lavora alla Biotec, l'istituto nazionale tailandese per la biotecnologia, un ente che collabora con le grandi multinazionali farmaceutiche per lo sfruttamento delle ricchezze genetiche locali.
Basta fare un giro in questo parco, infatti, per rendersi conto che sotto le foglie c'è un capitale potenziale nascosto.

NIGEL HYWEL JONES - micologo
Nel cavo di un albero si possono trovare 15, 20 specie differenti di funghi microscopici. Prendiamo per esempio questa palma di rattan: qui ci sono 5-6 specie di funghi che non crescono su nessuna altra pianta. E se prendiamo questa foresta, dove si sa che esistono 2000 specie di piante, è come dire che possono esservi dalle 10 alle 12 mila specie di funghi solo in questa foresta.

SPEAKER

Ma a cosa servono questi funghi?

NIGEL HYWEL JONES - micologo
Sono importanti soprattutto nell'industria dei detersivi, per produrre detersivi biologici per i vestiti. La maggior parte dei detersivi biologici, infatti, funziona grazie agli enzimi che sciolgono lo sporco nei tessuti.
Questi altri funghi, invece, abbiamo scoperto che sono degli ottimi produttori di antibiotici e adesso le industrie farmaceutiche sono alla ricerca di antibiotici nuovi, dato che a quelli vecchi i virus stanno diventando resistenti. Per cui c'è sempre bisogno di trovarne di nuovi.

SPEAKER

Queste termiti sono la spia della presenza di un fungo che si chiama Codiceps. Una specie di Codiceps cresce in Cina a quattro mila metri e lo mangiano gli Yak. I pastori cinesi si sono accorti che gli Yak diventavano più resistenti e immuni a certe malattie. Il fungo Codiceps è stato scoperto così e ha fatto la fortuna dei maratoneti cinesi alle Olimpiadi.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE (prendendo una piantina e mettendola nella borsa)
E adesso, per dimostrare quanto sia facile portare via qualche esemplare di pianta, ne prenderò una a caso e vediamo se riesco a portarla fuori senza che nessuno se ne accorga. Ecco, questa qui la prendo, la metto dentro, vediamo se qualcuno controlla…

SPEAKER
E' chiaro che questo è un esempio grottesco, però...ecco..nessuno guarda dentro la mia borsa. E i biopirati fanno esattamente come me: si mescolano ai turisti.
In genere però le cose viaggiano sotto la bandiera dell'ufficialità, attraverso i ricercatori universitari. Guardate il caso del parco di Kao Yai: è impossibile per una persona sola essere esperta in migliaia di specie di funghi, così i ricercatori come Hiwel Jones si affidano ampiamente alla collaborazione con altri scienziati occidentali, e spediscono i funghi direttamente nei laboratori europei o americani.
E qui scatta l'appropriazione indebita.

NIGEL HYWEL JONES - micologo
Sì, mi è capitato un fatto del genere. Ero andato a raccogliere dei funghi di mare e li avevo mandati a dei colleghi all'Università di Portsmouth, in Inghilterra. Dopo un po' gli ho chiesto di restituirmeli, ma loro si sono rifiutati, dicendo che quei funghi appartenevano a loro.
Non volevano restituirli perché pensavano che avrebbero potuto venderli a qualche industria oppure usarli loro stessi.

SPEAKER
Ma allora nessuno può fermare questi furti?

NIGEL HYWEL JONES - micologo

Chi può impedire a qualcun altro di andare nella foresta e portarsi via qualcosa? Per esempio se tu prendessi un po' di terra, la portassi in Italia e dicessi che l'hai presa nel tuo giardino, nessuno potrebbe provare che non è vero e se tu riuscissi ad isolare qualche gene, a brevettarlo e a venderlo all'industria, lo potresti fare.

SPEAKER

Quindi se io volessi, adesso potrei portare tranquillamente la mia piantina in un laboratorio in Italia, potrei isolare alcuni geni, identificarli e brevettarli, così diventerebbero miei. E chi volesse usarli per una medicina o per qualsiasi altra cosa dovrebbe pagarmi i diritti.

JEREMY RIFKIN - economista - Fondazione sui Trend Economici
In questo momento è in atto una battaglia tra i giganti dell'economia per localizzare tutti i geni rari nel mondo e reclamarli nella forma di proprietà intellettuale.
Per darvi un'idea dell'enormità della scala, considerate quattro aziende chimiche gigantesche: la Monsanto, la Novartis, la Hoechst tedesca e la Dupont.
Queste erano multinazionali giganti durante la rivoluzione industriale, erano compagnie chimiche. Negli ultimi tre anni, ognuna di queste multinazionali ha deciso di vendere o condividere le sue divisioni chimiche allo scopo di essere esclusivamente focalizzata sulla ricerca genetica, le scienze della vita, la tecnologia dei geni e i prodotti genetici.
E' molto importante capire che non si può, non ancora almeno, creare un gene in laboratorio, un gene raro devi trovarlo. Così le grandi aziende stanno girando il mondo in cerca di geni rari, microrganismi, piante, animali e anche esseri umani che possono avere un valore commerciale in qualche campo.

SPEAKER

I geni quindi sono la ricchezza del XXI secolo, sono il tesoro dei biopirati. E il fatto che lo siano è confermato dalla sempre maggiore importanza che stanno acquistando le cosiddette "banche dei semi", che in tutto il mondo raccolgono e conservano il materiale genetico.
Le collezioni delle banche dei semi, però, fanno gola ai biopirati che si fanno prestare il materiale e poi lo brevettano per se stessi. La banca di semi di Wakehurst, annessa ai giardini botanici reali di Kew, in Inghilterra, è la più grande del mondo e per prima si è data un vero e proprio statuto per evitare di essere coinvolta in atti di pirateria biologica.

ROBIN PROBERT - ricercatore capo Banca dei semi di Wakehurst
Quando raccogliamo i nostri semi, li raccogliamo sulla base di accordi legalmente vincolanti con il paese ospite e quando forniamo semi a terzi questi devono firmare accordi analoghi.
La lista dei nostri semi non è pubblica: la rendiamo disponibile solo ad organizzazioni non governative, a volte a gruppi di ricerca medica, a volte anche ad organizzazioni commerciali. In quel caso ci saranno degli accordi legalmente vincolanti che proteggono sia i nostri diritti sia, in particolare, i diritti del paese donatore dei semi.

SPEAKER

I biopirati, invece, non amano condividere i profitti delle loro scoperte con i paesi proprietari delle risorse di valore e, solitamente, agganciano le loro vittime con dei contratti capestro.
Ecco qui la copia di uno di questi contratti capestro proposto in questo caso ai Karen, una tribù indigena del Nord della Tailandia, da un ente di ricerca inglese che si chiama "Fondazione per l'etnobiologia". Guardate com'è dettagliato il questionario. Gli scienziati vogliono sapere tutto sulle erbe degli indiani Karen! Le qualità medicinali e gli usi, veterinari, pesticidi, cosmetici, profumi, detergenti, alimentari, liquidi, solidi o pastosi, che parte della pianta viene usata, la somministrazione per via orale, nasale o altro e, soprattutto, il loro potenziale economico.
Eccolo qui, lo scopo è detto chiaramente: lo sfruttamento economico delle conoscenze che i Karen hanno sviluppato nei secoli. E non si prevede nessuna forma di compenso per gli indigeni!

WITOON LIAMCHAMROOM - Biothai
Due anni fa abbiamo fatto una campagna contro la Fondazione per l'Etnobiologia. Gli indigeni dovevano permettere alla Fondazione di avere accesso a tutta la loro medicina erboristica tradizionale, mentre loro ricevevano solo due o tre dollari in cambio e questo non era giusto per le comunità locali. Così la Riche Monde, la multinazionale che sponsorizzava il progetto, lo ha bloccato.

SPEAKER

E se continuasse, sotto altre forme?
Mi metto quindi alla ricerca della Fondazione per l'Etnobiologia.
La sede è a Oxford, in via Banbury 75. Visto che al telefono e al fax non rispondono, decido di andare a vedere perché. Arrivo davanti alla loro sede ma della società c'é rimasta soltanto una targa. All'Università di Oxford mi dicono che non ne sanno niente. Si è volatilizzata, non c'è più nessuno... Però una traccia c'è.
Avevano tentato di coinvolgere nel loro progetto di etnobotanica un tale Dr. Maxwell dell'Università di Chiang Mai ...

ASSISTENTE (all'interno di un laboratorio)
Questo è Mister Maxwell. E' qui con noi da alcuni anni ed è lui l'esperto delle piante di questa regione.

JAMES F. MAXWELL - Erbario di Chiang Mai (mostrando delle piante)
Questi vengono dalle tribù delle colline, c'é un mio amico che sta facendo un progetto di etnobotanica.

SPEAKER
Come, scusi?

JAMES F. MAXWELL - Erbario di Chiang Mai
E' un progetto di etnobotanica, sono le piante utili dei Karen, una tribù delle colline, quest'uomo le sta raccogliendo e io le tengo qui nell'erbario.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

E' un suo amico, un vostro collega?

JAMES F. MAXWELL - Erbario di Chiang Mai
Sì è un mio amico, un sociologo americano che sta portando avanti questo progetto etnobotanico, per scoprire a che cosa servono queste piante degli indiani Karen.

SPEAKER
Il Dr Maxwell mi fa vedere la collezione di esemplari di piante che lui cura. Tra queste c'è una serie di campioni di piante medicinali dei Karen. Il progetto che è stato bloccato due anni fa sta continuando! Non per opera della Fondazione per l'Etnobiologia, ma attraverso un anonimo sociologo americano. Esattamente come prima viene tenuto assolutamente segreto!

JAMES F. MAXWELL - Erbario di Chiang Mai
Noi...noi non abbiamo le informazioni, sono informazioni che ha il mio amico, ma credo che queste piante siano usate per disturbi comuni come la tosse, il mal di testa, come antibatterici.

SPEAKER
Ma… lui non vuole far sapere niente perché non vuole che i risultati si conoscano in anticipo?

JAMES F. MAXWELL - Erbario di Chiang Mai
….Non credo. Lui è fuori nella foresta al momento, ma so per certo che non gli piacerebbe affatto che qualcuno ne sapesse qualcosa prima che la sua tesi sia finita, sa...è la sua tesi di laurea!

SPEAKER
Una tesi di laurea di cui nessuno deve conoscere nulla....è credibile? O è il vecchio progetto di biopirateria che sta continuando sotto un'altra forma?
La Fondazione per l'Etnobiologia si è data alla macchia, ma lo sponsor, la Riche Monde, una multinazionale dei liquori, subito dopo lo stop forzato ha finanziato un altro progetto che riguarda le piante vicino a Chiang Mai, con il coinvolgimento degli indigeni.
Poi la multinazionale dei liquori ha passato il testimone a una multinazionale dell'energia, la Shell, divisione risorse rinnovabili.
A questo punto sembra evidente che le piante interessano parecchio le grandi aziende da queste parti.
Ma quando si stancheranno questi indigeni di raccontare agli occidentali che cosa usano per curarsi la tosse, il raffreddore, il mal di testa, l'artrite....gratis!

ANONG PINPART - Medico tradizionale
Fosse per me, io non direi niente a nessuno! Terrei la bocca chiusa! Non è che voglia essere egoista ma devo stare molto attenta, perché non voglio che tutto quello che abbiamo di buono oggi finisca.

SPEAKER
Dove ha imparato la medicina tradizionale?

ANONG PINPART - Medico tradizionale:
I miei antenati la praticavano, io l'ho imparata da mia madre e da mio padre. Avevano la collezione delle ricette e delle formule.

(La D.ssa Pinpart legge un libro di ricette tradizionali)

ANAKE SIRIHORACHAI-Istituto per la Medicina Tradizionale Tailandese
Una volta la gente non aveva i laboratori per identificare i principi attivi utili, così adoperavano il senso del gusto: per esempio l'amaro può fermare la febbre e, se uno ha la tosse, deve mangiare cibi aspri, se uno si sente debole, deve curarsi con sapori dolci.

(Una donna tailandese in un giardino spiega all'autrice l'uso curativo di alcune piante del luogo).

SPEAKER
L'esasperazione contro la biopirateria i Thailandesi l'hanno raggiunta quando qualcuno, al colmo della sfacciataggine, ha osato rubargli nientemeno che il riso!

WITOON LIANCHAMROOM - Biothai
Negli ultimi due anni abbiamo scoperto che la Rice Tec, una ditta del Texas, aveva brevettato il riso indiano Basmat. Abbiamo investigato su di loro e abbiamo scoperto che una loro filiale, la Rice Tec di Londra, stava pianificando di brevettare anche il riso tailandese Jasmin. Ma quello che avevano già fatto nel frattempo era stato di registrare il marchio "Jasmati".

SPEAKER
Il riso Jasmin prende il nome dal fiore del gelsomino. E' molto profumato, di forma allungata e tenero ed è molto popolare tra i Thailandesi e all'estero. Viene coltivato da cinque milioni di contadini, soprattutto nelle zone più povere del paese, nel Nord Est. 500 di questi contadini si sono riuniti per protesta contro il furto del marchio del loro riso davanti all'ambasciata americana.

INTERVISTA AD UN AGRIGOLTORE DEL NORD EST
Non è giusto che le compagnie americane ci facciano questo, il riso Jasmin appartiene ai contadini. Io coltivo il riso Jasmin da quando ero bambino. Ho sette ettari di riso nel Nord Est, ed è un riso che va bene per quel suolo che è sabbioso.

DAYCHA SIRIPATRA - Tree

I Thailandesi e gli indiani non vogliono che l'azienda americana usi questo nome, Jasmati. Devono cambiare il nome! Perché questo riso Jasmati non deriva dal riso indiano Basmati e dal riso Tailandese Jasmin. Se non sbaglio deriva dal riso Della, che è italiano.

SPEAKER

Italiano?

DAYCHA SIRIPATRA - Tree
Sì, è un riso italiano.

JEREMY RIFKIN - economista - Fondazione sui Trend Economici
Se continua così, nel giro di cinque anni forse solo 4-5 multinazionali controlleranno virtualmente tutti i semi del mondo. E se lo fanno e li brevettano, significa che avranno il controllo su tutti i semi che garantiscono la sopravvivenza quotidiana dell'intera razza umana.

SPEAKER
Quello che sta accadendo è che si sta diffondendo il sistema americano, che permette alle compagnie di brevettare tutto quello che vogliono, anche le piante. Siccome però è discutibile che un essere vivente possa essere "inventato", fino ad oggi i vari paesi potevano fare un'eccezione e dire "no, le piante e gli animali da noi non si possono brevettare".
Ma siccome gli Stati Uniti stanno invadendo i mercati con i loro brevetti, è molto probabile che, entro la fine di quest'anno, si dovrà ammettere il brevetto vegetale, dato che gli Americani già ce l'hanno e l'Unione Europea sta cedendo alle loro pressioni.

HELENA PAUL - Gaia Foundation
Infatti, per quanto riguarda i brevetti, l'Unione Europea ha stabilito che le aziende diventano proprietarie dell'intero essere vivente in cui abbiano inserito un gene. Fondamentalmente il brevetto e l'ingegneria genetica vengono usati dalle aziende per acquistare il controllo sugli alimenti e i medicinali che formano la base della nostra esistenza quotidiana.

JEREMY RIFKIN - economista - Fondazione sui Trend Economici
Se noi riduciamo il pool genetico a una proprietà intellettuale delle aziende private o a una proprietà politica dei governi, rischiamo le guerre genetiche nel ventunesimo secolo, proprio come i nostri antenati hanno combattuto guerre per l'argento, per l'oro e per il rame durante l'era mercantile e hanno combattuto guerre per il petrolio, i minerali e i metalli durante l'era industriale.

SPEAKER
Insomma, è una vera e propria guerra, che si combatte nel nome della globalizzazione che esige dai vari paesi minimi vincoli e massima uniformità normativa per tutto quello che riguarda il commercio. Chi la difende e la promuove è, non a caso, l'Organizzazione Mondiale del Commercio. E' qui che si incrociano i grandi conflitti come quello per il possesso delle risorse biogenetiche. Altro che cooperazione allo sviluppo! Ci sono conflitti che minano alla base la possibilità dei paesi più poveri di svilupparsi nel prossimo secolo.
E la battaglia per il possesso delle risorse genetiche è solo un fronte. Ce ne sono altri più evidenti che sono le guerre commerciali come la guerra della carne, che oppone L'Europa agli Stati Uniti. Qui tra le vittime potremmo esserci anche noi.

MILENA GABANELLI in studio
L'espansione del modello americano condiziona quindi le leggi europee. Ma cosa succede quando l'Europa dice "no"? Ripartiamo dal Colorado.

DAVID SJEKLOCHA - Veterinario - (intervistato su immagini di azienda zootecnica)
Stiamo andando nell'area dove di solito facciamo ai manzi le vaccinazioni iniziali e soprattutto dove gli somministriamo gli impianti a base di ormoni. Questi sono gli impianti che usiamo. Sono capsule contenenti degli ormoni estrogeni e quello che stiamo facendo qui è prendere il manzo e, dopo avergli tolto gli eventuali parassiti, attaccargli ad un orecchio il numero di riconoscimento mentre nell'altro orecchio gli spariamo una capsula con dentro gli estrogeni.

SPEAKER
L'anno scorso gli Stati Uniti hanno macellato 28 milioni di manzi, dei quali il 95% aveva ricevuto un trattamento a base di ormoni. Neanche uno di questi manzi è arrivato nei nostri piatti perché nell'Unione Europea la carne agli ormoni è bandita da quando, negli anni '80, un bambino italiano che l'aveva mangiata ha sviluppato il seno. Per gli Stati Uniti si tratta di una scusa per discriminare i propri allevatori.

DAVID SJEKLOCHA - Veterinario
La quantità di estrogeni che c'è in una bistecca di manzo trattato rispetto a una non trattata è sei decimi di un nanogrammo di estrogeni, per cui si può dire che sia assolutamente minuscola.

SPEAKER
I manzi "dopati" sviluppano più muscoli e meno grasso, crescono più velocemente e quindi si possono macellare prima, tra i 15 e i 18 mesi d'età, quando la carne è ancora tenera e anche permettendo in questo modo all'allevatore di risparmiare fino ad 80 $ a capo rispetto a un manzo non trattato. La pallottola con gli ormoni viene sparata nelle orecchie perché queste vengono tagliate via al momento della macellazione e il consumatore non se la ritrova nel piatto.
Il rischio è che qualcuno per far prima faccia il furbo....

DAVID SJEKLOCHA - Veterinario
Se qualcuno inietta le capsule direttamente nei muscoli dei manzi, si potrebbe verificare un'alta concentrazione di ormoni in quel punto. E questo è il motivo per cui le spariamo nelle orecchie.

SPEAKER
E' meglio non farlo?

DAVID SJEKLOCHA - Veterinario
E' illegale farlo.

SPEAKER
La guerra della carne dura da oltre dieci anni, si combatte a colpi di studi scientifici per dimostrare da una parte che non ci sono pericoli, dall'altra che ci sono. L'ultimo studio, presentato dall'Unione Europea agli arbitri internazionali dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, sosteneva a Maggio scorso che uno dei sei ormoni impiegati dagli americani, l'estradiolobeta17, causa il cancro.

HUGO PAEMEN - Ambasciatore Unione Europea in Usa
L'ultimo studio su cui abbiamo basato le nostre decisioni sulla carne agli ormoni era uno studio realizzato da nove scienziati, quattro di questi scienziati erano americani. Devo ancora vedere il primo studio americano in cui ci sia un solo europeo che partecipa all'indagine. Quando volevamo fare questo studio gliel'abbiamo spiegato agli americani e loro hanno rifiutato di darci altri scienziati che non fossero quelli pagati dal Governo, quelli pagati dal Governo!
Insomma: dobbiamo stare molto attenti ma comunque non bisognerebbe litigare così, dovremmo parlarne in un'atmosfera molto più tranquilla e con la coscienza che si tratta di una questione molto delicata.

PETER SCHER - Negoziatore speciale per il commercio Usa
Il fatto è che è l'Organizzazione Mondiale del Commercio che dice che non si tratta di una questione di sanità e che non c'è nessuna giustificazione per il bando imposto dall'Unione Europea.

SPEAKER
Una delle soluzioni possibili sarebbe quella di lasciar entrare nei nostri supermercati la carne americana, mettendoci però un'etichetta che permetta di distinguerla da quella europea. Ma anche qui si litiga: gli americani non amano l'idea che sull'etichetta ci sia scritto "carne trattata con ormoni.

GEORGE H. SWAN - Presidente Associazione Nazionale Allevatori di Manzo Usa
Noi abbiamo i dati scientifici che dicono che il prodotto è sano per il consumo umano, la nostra carne è sana perciò noi vogliamo che sull'etichetta ci sia scritto "manzo prodotto negli Stati Uniti d'America".

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Perché invece non smettete di mettere gli ormoni nella carne?

GEORGE H. SWAN - Presidente Associazione Nazionale Allevatori di Manzo Usa
Fondamentalmente perché il consumatore li vuole poiché rendono la carne più magra e il consumatore vuole un prodotto sano.

SPEAKER
Siccome in questa disputa l'Organizzazione Mondiale del Commercio ha dato ragione all'America, ad agosto gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni economiche per 116,8 milioni di dollari nella forma di superdazi all'esportazione di una lista di merci europee che va dalla carne danese ai pomodori in scatola italiani.
Negli stessi giorni della pubblicazione della lista mi trovo ad un congresso di allevatori a Denver. Casualmente entro in una sala e stanno proiettando un lucido dove si legge che, in base a una loro ricerca di mercato, il 36% del campione intervistato ha paura di morire avvelenato dalla carne!
Il dato crea qualche preoccupazione in Miss Sud Dakota, allevatrice.

LORI COWAN - Miss Sud Dakota, allevatrice
Non penso che noi allevatori ci preoccupiamo abbastanza per questo genere di cose, dovremmo farlo di più.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

E adesso andiamo in una Steak House!

CLIENTE N.1
Adoro il manzo americano, vengo sempre a mangiare qui.

CLIENTE N.2
No, non comprerei carne agli ormoni.

SPEAKER
Perché?

CLIENTE N.2
Penso che se ti ammali e prendi gli antibiotici si possono combinare con gli ormoni e fare male.

SPEAKER
L'Unione Europea ha offerto di compensare gli Stati Uniti delle loro perdite con altre concessioni commerciali, ma per gli Americani le compensazioni sono accettabili solo se viene anche tolto il bando alla carne agli ormoni.

PETER SCHER - Negoziatore speciale per il commercio Usa
I nostri interessi sono stati pesantemente danneggiati a causa della inadempienza da parte dell'Unione Europea verso le decisioni dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e, secondo le regole dell'Organizzazione, noi abbiamo il diritto di imporre delle sanzioni come forma di ritorsione. Perciò se le aziende europee non sono contente dell'impatto di queste sanzioni sulle loro esportazioni, sarà meglio che lo dicano ai loro governi, in modo che questi si muovano, così noi non dovremo più imporre sanzioni contro nessuno.

SPEAKER
I superdazi con cui si combattono le guerre commerciali fanno vittime dove uno meno se lo aspetta. Come nel caso dei 200 operai vicentini che rischiano di perdere il posto per un'altra guerra tra l'Europa e gli Stati Uniti: quella delle banane.

ERNESTO MUSUMECI - Amministratore Delegato Gruppo Fiamm
E' stata proprio una scivolata sulla buccia di banana. Noi perdiamo circa due miliardi di lire al mese in sovradazi che dobbiamo pagare alle autorità americane a causa delle misure di ritorsione da loro applicate.

SPEAKER
La Fiamm, produttrice di batterie, paga da sola quasi la metà delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti all'Italia per colpa della guerra delle banane: 20 milioni di dollari su un totale di 39,16. Come contromisura, l'azienda si trasferisce in parte fuori dall'Italia ma il risultato è che ci sono circa 200 posti di lavoro a rischio.

ERNESTO MUSUMECI - Amministratore Delegato Gruppo Fiamm
Facciamo causa alla Corte di Bruxelles, abbiamo dato il via ad un'azione legale vera e propria per risarcimento danni.

HUGO PAEMEN - Ambasciatore Unione Europea in Usa
Noi siamo d'accordo con l'industriale italiano, la questione è che queste sono le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, per cui si possono applicare sanzioni su settori economici che non hanno niente a che fare con quelli in cui il caso è stato deciso.

SPEAKER
In sostanza, un produttore di batterie paga i dazi perché i produttori americani di banane, Chiquita, Dole e Del Monte, vogliono vendicarsi dell'Unione Europea che favorisce le banane prodotte nei paesi poveri dei Caraibi, Africa e Pacifico. Prendiamo una banana Americana e una banana caraibica.
La banana americana è esteticamente perfetta e costa poco perché viene prodotta in grande quantità e con sistemi moderni nelle enormi piantagioni delle multinazionali in America Latina.

ALISTAIR SMITH - Bananalink - Londra
Noi consumatori vogliamo banane esteticamente perfette, senza macchie. E per raggiungere questa perfezione ci vogliono grandi quantità di pesticidi, che in molti casi entrano direttamente a contatto con i lavoratori nelle piantagioni. Ci sono molti casi documentati di effetti nocivi di questi pesticidi per la salute.

SPEAKER
Invece, la banana africana-caraibica ha qualche macchia perché viene prodotta da piccole imprese familiari con minor uso di pesticidi e quindi, alla fine, costa di più. Se non fossero aiutate dall'Europa con un dazio più leggero e con quote d'importazione garantite, le banane africane e caraibiche costerebbero così care che nessuno le comprerebbe e tutti vorrebbero solo quelle americane. Ora però l'Organizzazione Mondiale del Commercio ha deciso che questo sistema è ingiusto nei confronti degli americani e che deve cambiare al più presto.

RAFFAELE SALINARI - Presidente Cocis
L'Organizzazione Mondiale del Commercio dice: bisogna liberalizzare senza freni tutti i mercati, in modo che il mondo vada meglio. Noi sappiamo invece che se liberalizziamo senza freni gli scambi commerciali che esistono tra Africa e Europa l'unica cosa che succederà agli africani è che scompariranno totalmente dal mercato.

GORDON DEUCHARS - Comitato Collegamento Organizzazioni non Governative Europee
Si potrebbe dire che è molto più importante avere gente libera che commercio libero.

MILENA GABANELLI in studio
Gli affari sono affari e la globalizzazione, che certamente ha tanti meriti, ha la debolezza di non essere un sistema basato sugli alti valori etici, come il sostegno al coltivatore di banane oppure la tutela della salute. E in questo l'Unione Europea ci mette del suo.

SPEAKER
Anche l'Unione Europea, che si spaccia per alfiere del Terzo Mondo, è ambigua nella sua politica: come si vede nella questione del cioccolato, che si sta cercando di far produrre con meno cacao e senza neanche etichettarlo. E così si prospetta per i produttori di cacao dei paesi poveri un futuro più amaro del cioccolato stesso. Siamo a Pavia questa è l'università, qui fanno le tesi sulla Nutella e oggi stanno facendo un processo al cioccolato che è presieduto proprio dal Presidente della Camera Penale. Vediamo se lo assolvono e, soprattutto, se assolverebbero anche il cioccolato che, potenzialmente, potremmo mangiare se non riusciamo a vincere con la Comunità Europea.
La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha avviato una procedura contro l'Italia perché la legge italiana impedisce di etichettare come cioccolato i surrogati che contengono materie prime diverse dal burro di cacao. L'Unione Europea invece, in barba ai consumatori, sta cercando di far passare la linea che nel cioccolato ci può anche essere fino al 5% di grassi vegetali diversi dal burro di cacao.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE (con in mano cremini di surrogato di cioccolato)
Sono etichettati come surrogato di cioccolato perché contengono grassi vegetali idrogenati, però domani potrebbero essere etichettati come cioccolato. Vediamo se qualcuno di questi superesperti se li mangia.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE (intervistando una signora e sottoponendole un cremino da assaggiare)
Questo è un surrogato…

SIGNORA (assaggiando il cremino)
E si sente…glielo lascio tutto!

SPEAKER

Dovrà essere specificato nell'etichetta che tipo di grassi sono stati usati, ma l'Italia si oppone anche perché sulla salubrità dei grassi vegetali idrogenati c'é qualche dubbio.

ALESSANDRA ROSSI - chimica
Ci sono dentro: zucchero, grassi vegetali idrogenati, siero di latte in polvere …… vorrei sapere come hanno ottenuto questi grassi….

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE (intervistando un gruppo di persone)

Signora conosce la differenza tra cioccolato e surrogato di cioccolato?

SIGNORA INTERVISTATA N.1

Forse ci sono le carrube…

SIGNORA INTERVISTATA N.2

Non saprei dare la definizione giusta…

SIGNORA INTERVISTATA N.3

Il surrogato, secondo me, è solo il cacao puro, invece nel cioccolato c'è anche il burro…

SIGNORE INTERVISTATO

Secondo me è il contrario di quello che ha detto mia moglie.

SPEAKER
Esatto, il surrogato sono grassi, la cui natura non è chiara, e se dall'etichetta sparisce anche l'indicazione se è o non è surrogato, la gente non saprà più che cosa sta mangiando.

ARTURO RAVERA - pasticcere
Grassi idrogenati… è molto grave perché ... la gente al supermercato non ha nessuna possibilità di saperlo prima.

DAVIDE FERRERO - Presidente Chococlub
Mangiare una cosa che non si sa se è cioccolato vero o no... il cioccolato deve rimanere così!

SPEAKER
Ma alla fine i danni peggiori l'Unione Europea li infliggerebbe ai paesi poveri produttori di cacao.

LUCIANO VECCHI - ex parlamentare europeo
Se si potesse fare cioccolato con meno cacao, i produttori di cacao andrebbero in malora.

SPEAKER
La difesa del piantatore di cacao passa, paradossalmente, anche da questa orgia di cioccolato. Ricordiamo che ogni volta che leggiamo su un'etichetta surrogato, qualcuno in Camerun, Costa d'Avorio, Benin, diventa più povero e noi gli invieremo degli aiuti.
Quando le banane brutte saranno sparite dal mercato, vorrà dire che i contadini caraibici non lavoreranno più e questo a vantaggio delle megapiantagioni americane, dove i lavoratori si ammalano per l'uso massiccio dei pesticidi. Quando anche l'ultimo gene della foresta pluviale sarà stato brevettato, l'indigeno di turno, se vuole curarsi il mal di pancia con la foglia che cresce dentro la sua capanna, dovrà pagare qualcuno che sta a Londra, o Washington o Ginevra.
E tutto questo è globalizzazione.
E tutto questo è progresso.
E tutto questo è cooperazione allo sviluppo.

MILENA GABANELLI E STEFANIA RIMINI (autrice del servizio) in studio

MILENA GABANELLI
Stefania Rimini, l'autrice dell'inchiesta che abbiamo visto.
Ciao Stefania. Ma finirà proprio così?

STEFANIA RIMINI
Finirà così se nessuno si oppone, perché la gente non si oppone a questo tipo di fenomeno. Primo perché non tocca direttamente il loro portafogli e secondo perché non ne sanno niente. Gli unici che al momento si oppongono al progredire di questo fenomeno sono un pugno di organizzazioni non governative che non hanno nessun tipo di forza economica e politica e si trovano a dover contrastare degli avversari molto forti, anche nei forum internazionali dove invece il problema è noto. Infatti è in corso una grande battaglia.

MILENA GABANELLI
Non c'è dubbio, però, che c'è anche qualcosa di buono nell'ingegneria genetica.

STEFANIA RIMINI
Certo. Ovviamente non dobbiamo demonizzare l'ingegneria genetica in quanto tale, che invece è una delle forze rivoluzionarie del nostro secolo, in quanto scienza. Quello che è importante far capire è che ci sono delle lobby molto potenti che hanno degli interessi molto forti in questo campo, ed è giusto che la gente ne venga informata per esercitare un controllo democratico.

MILENA GABANELLI
Ma se è tutto così buono e utile perché nulla avviene alla luce del sole, si ha sempre la percezione che ci sia qualcosa di nascosto.

STEFANIA RIMINI
Non è solo una percezione, secondo me è una realtà.
Si tende a tenere nascosto perché c'è interesse a tenerlo nascosto, perché così tutto può continuare come prima, nell'interesse del più forte. Basta prendere l'esempio della carne agli ormoni, non ci vorrebbe molto a scrivere una etichetta con su scritto "carne trattata agli ormoni". Il consumatore ha il diritto di saperlo, ma si ha paura che informandolo non la compri più perché gli ormoni insospettiscono. Ugualmente accade con il surrogato di cioccolato.

MILENA GABANELLI
Per raccontarci questa cosa tu sei andata dalla Sardegna al Colorado alla foresta pluviale tailandese. E' sempre andato tutto bene?

STEFANIA RIMINI
Si, è andata bene per quelle sette, otto sanguisughe….

MILENA GABANELLI
Sei stata aggredita dalle sanguisughe?

STEFANIA RIMINI
Si. Non hanno voluto dirmelo che c'erano perché pensavano che non sarei andata nella foresta. Le sanguisughe sono state molto contente…
Parlando seriamente: ho trovato abbastanza frustante la ricerca che ho dovuto fare per mesi sulle tracce di queste società accusate di biopirateria, perché continuavano a cambiare denominazione, forma; le persone erano sempre le stesse che si riciclavano in altre società però non riuscivo ad individuarle. Questo è stato frustante.

MILENA GABANELLI
Grazie Stefania e grazie ai telespettatori che ci hanno seguito fin qui: l'appuntamento è per mercoledì prossimo.