Morire a causa del mercato
Medici Senza Frontiere http://www.msf.it/
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Nelle prigioni siberiane, un quarto dei detenuti malati di TBC multiresistente muoiono perché non hanno accesso al trattamento di seconda linea - troppo costoso.
All'ospedale Mbagathi di Nairobi, i sieropositivi malati di meningite opportunistica vengono rimandati a casa perché la cura è resa inaccessibile dai brevetti che la proteggono: per i kenioti, un giorno di trattamento costa 20 dollari mentre in Tailandia, dove non ci sono brevetti protettivi, solo 0,70 dollari.
In Uganda e in Sudan, i volontari di MSF sono
impotenti di fronte ai numerosi pazienti
colpiti dalla tripanosomiasi (malattia del sonno) - malattia
neurologica endemica in Africa. Il farmaco che potrebbe salvarli, il DFMO, non
viene più prodotto perché poco redditizio.
"Mi dispiace, ma Lei muore a causa del mercato"
La richiesta di nuove medicine per curare le malattie infettive nei paesi in via di sviluppo (PVS) risulta da troppo tempo ormai del tutto disattesa. Il mercato farmaceutico è regolato in modo tale che la maggior parte dell' umanità resta completamente esclusa dallo sviluppo di nuovi farmaci o nuovi vaccini. Per questo Medici Senza Frontiere ha lanciato una campagna di denuncia degli aspetti più sconcertanti ed inaccettabili di questo squilibrio. "Sono stanco di vedere donne, uomini e bambini morire di Aids o per la malattia del sonno pur sapendo che le cure esistono e possono essere disponibili, solo che ce ne fosse la volontà", commenta James Orbinski, presidente di MSF Internazionale. "Sono stanco di constatare come il profitto abbia sempre la meglio sul diritto alla salute. Sono stanco della logica secondo cui chi non può pagare, muore".
La campagna approda anche in Italia,
diventando l'azione prioritaria di Medici
Senza Frontiere nel nostro paese nei prossimi anni. "Gli italiani sono
noti in tutto il mondo per il loro eccessivo consumo di farmaci",
sottolinea Claudia Ermeninto, responsabile medico
di Medici Senza Frontiere in Italia,
"è giunto il momento che l'opinione pubblica di questo paese prenda
coscienza che all'eccesso di medicine nei paesi ricchi si contrappone il
mancato accesso ai farmaci per miliardi di persone nel mondo, e che, come
consumatori, gli italiani si responsabilizzino
anche rispetto a quelle aziende la cui politica contribuisce a questo terribile
squilibrio".
Il farmaco non è, e non può essere considerato un prodotto commerciale come gli altri. Il diritto individuale alla salute ed alla cura non è negoziabile: Agli stati spetta il dovere di assicurare e proteggere la salvaguardia della salute degli individui e dei cittadini. "Il sostegno delle opinioni pubbliche è presupposto preliminare alla creazione di quella volontà politica che, sola, può condizionare le leggi del mercato, orientare le scelte delle case farmaceutiche e stanziare i fondi necessari ad affrontare in modo credibile il problema", evidenzia Carlo Urbani, presidente di MSF Italia, "Il compito degli operatori umanitari come noi, che vivono ogni giorno la gravità della situazione sanitaria e socio-economica nel mondo, è precisamente quello di comunicarla al maggior numero di persone, soprattutto nei paesi ricchi del nord".
Ogni anno, le industrie farmaceutiche
stanziano fondi giganteschi per la ricerca
su patologie come l'obesità e l'impotenza. Nel frattempo la malaria e
la tubercolosi, che uccidono da sole quasi 5 milioni di persone ogni anno,
non attirano nessun tipo di finanziamento. Le
multinazionali insistono che la ricerca su
queste malattie ha costi eccessivi, che può rafforzare le resistenza,
che comunque lo sviluppo di nuovi farmaci contro le malattie tropicali
inizierà non appena le normative sulla proprietà intellettuale si rafforzeranno
anche nel sud del pianeta . "Si tratta di falsità che devono
essere denunciate con forza",
controbatte Bernard Pécoul, coordinatore internazionale
della Campagna per l'Accesso ai Farmaci Esseziali di MSF, "le
case farmaceutiche possono fare moltissimo per
contribuire alla soluzione
del problema. Ma è inaccettabile che
stabiliscano, da sole, le regole del gioco".
I malati di tubercolosi aumentano, ma sono troppo poveri per interessare le case farmaceutiche
Quando una malattia colpisce quasi esclusivamente persone povere di paesi poveri, non dotate di sufficiente potere d'acquisto, la situazione è considerata di poco interesse per l'industria mondiale dei farmaci che persegue una logica di mercato, e dunque i profitti anziché la pubblica utilità.
E' il caso della tubercolosi. Malattia dei
secoli andati, della rivoluzione industriale?
No. Ai nostri giorni, nel mondo, la tubercolosi miete una vittima
ogni dieci secondi, ed è la seconda causa di morte per malattie
infettive negli adulti: ogni anno, uccide 3
milioni di persone. Negli ultimi dieci
anni, i casi sono aumentati globalmente del 20%., Il 95% delle persone contagiate
vive in paesi a basso reddito; l'80% delle vittime ha un'età tra i
15 e 49 anni.
Questa tragedia può sorprendere gli abitanti
del mondo industrializzato, dove le
condizioni socio-economiche ed ambientali non favoriscono la diffusione
della malattia, e dove le cure sono alla portata dei singoli pazienti.
Ma a parte il fatto che la tubercolosi è in sensibile aumento anche
nel mondo ricco, tra gli strati più emarginati della società (barboni, immigrati,
etc.), nei paesi poveri spesso devastati dalla crisi economica, dalle
guerre e dall'Aids, la tubercolosi è passata dai 7,5 milioni di nuovi
casi nel 1995 agli 8,2 milioni previsti nell'anno
2000.
Di questi malati, tuttavia, solo 400.000 sono
potenziali "clienti paganti": troppo
pochi, dicono le industrie, per sviluppare la ricerca su nuovi e più efficaci
farmaci anti TBC. Dal canto loro, i paesi del sud del mondo
attualmente in grado di sviluppare farmaci a
basso costo si scontrano spesso con le
norme internazionali in materia di proprietà intellettuale, e con la tutela
dei brevetti. Intanto, cresce la resistenza ai farmaci attualmente disponibili,
e l'emergenza di ceppi resistenti agli antibiotici comunemente utilizzati
ha conseguenze potenzialmente devastanti a livello mondiale.
MSF, che sostiene programmi anti-tubercolosi in circa 20 paesi (Afghanistan, Birmania, Cambogia, Cina, Filippine, India, Tailandia, Kazakistan, Turkmenistan, Uzbekistan Costa D'Avorio, Etiopia, Guinea Conakry, Kenya, Malawi, Somalia, Sudan, Uganda), chiede:
la ripresa ed il potenziamento della ricerca
mirata a sviluppo e produzione di nuovi
vaccini e di nuovi farmaci. Questi farmaci dovranno essere a prezzo accessibile
(i prezzi proibitivi riguardano anche la prevenzione laddove i nuovi
vaccini non sono disponibili per le popolazioni più a rischio) e con praticità
d'uso;
l'accesso ai farmaci in grado di trattare le
forme di tubercolosi resistente alle cure
comunemente in uso; tali farmaci sono oggi troppo costosi per permettere
una copertura dei casi da parte dei servizi sanitari pubblici.