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In Italia almeno 300.000 bambini sono costretti a lavorare a causa di situazioni sociali di degrado e miseria.
Come noto, il lavoro minorile è illegale: questo significa che non esistono statistiche ufficiali che riportino delle cifre.
Nel complesso le violazioni del lavoro minorile arrivano quasi a 2.800 l'anno e sono concentrate soprattutto nelle aziende commerciali e artigiane, dove i controlli sindacali sono più scarsi.
Alcuni esempi:
Gravina di Puglia: si scopre un anno fa una fabbrica clandestina dove 13 minorenni confezionavano biancheria maschile per una paga di L. 200.000 al mese.
Lizzanello (provincia di Lecce): in una stalla adibita a calzaturificio vengono scoperte 15 ragazzine che lavorano per 10 ore al giorno e L. 500.000 al mese.
Reggio Calabria: 15.000 ragazzi al di sotto dei 14 anni lavorano stabilmente nell'agricoltura.
Coi suoi 44 milioni di bambini lavoratori, l'India detiene il record mondiale del lavoro minorile.
I bambini garantiscono il 23% del PIL, pur guadagnando in media poco più di 150 lire al giorno.
30 milioni di ragazzini vivono per strada.
Più di 100 milioni di bambini tra i 6 e gli 11 anni non frequentano la scuola. Le femmine stanno sempre peggio dei maschi.
Su 100 malati di TBC, circa 80 sono ex-bambini lavoratori.
Unica eccezione dello Stato indiano è la regione del Kerala.
Il 90% dei fiammiferi utilizzati da India, Bangladesh e Pakistan (un miliardo di persone) sono prodotti da 45.000 bambini tra i 4 e i 15 anni in 3.000 fabbriche.
Moltissimi adulti sono disoccupati proprio perché gli imprenditori preferiscono i bambini, che costano meno, non si ribellano, non sono iscritti ai sindacati.
Questi bambini sono soggetti a moltissime malattie e a 40 anni sono già vecchi decrepiti.
Cosa fare?
Sanzioni economiche contro i Paesi che permettono lo sfruttamento minorile;
premiare chi combatte il lavoro minorile, favorendo p.es. l'export dei Paesi che dimostrano di lottare contro questo sfruttamento;
boicottare l'acquisto di quei prodotti di cui si sa con certezza che provengono da tale sfruttamento e per i quali esiste una possibile alternativa;
garantire che nell'ambito di una medesima multinazionale, avente l'azienda principale in un paese occidentale e le filiali sparse in vari paesi del Terzo mondo, sia applicato il principio "a parità di lavoro parità di salario", fra un operaio occidentale e uno terzomondiale;
rogettare un Nuovo ordine economico internazionale, che induca a rispettare di più il valore della persona umana.