Contro lo sfruttamento minorile

 

COSA POSSIAMO FARE INSIEME
Questo bambino, fotografato da un tecnico dell'UNICEF in una delle zone più povere dell'Honduras settentrionale, insieme alla famiglia cuce per molte ore al giorno palle da softball (versione del baseball praticata da squadre femminili e di ragazzi) destinate al mercato americano. Così come milioni di suoi coetanei, in Pakistan o in India, lavorano anche 12 ore al giorno per produrre a mano palloni da calcio, da rugby, o scarpe da ginnastica: per il nostro sport, per il nostro tempo libero. 250 milioni di bambini che lavorano non sono solo un dato statistico: sono 250 milioni di facce, di storie, di vite reali. Per questo, nelle pagine che seguono, non vi parleremo in generale dello sfruttamento del lavoro minorile, ma cercheremo di farvi conoscere alcuni di questi milioni di bambini: i loro volti, le loro storie, le loro speranze. E proveremo anche a darvi qualche esempio dei programmi dell'UNICEF per aiutare i bambini lavoratori a cambiare vita.

 

PAKISTAN - TUTTO IL GIORNO A CUCIRE PALLONI

"Qui nel distretto di Sialkot non conosco un ragazzino che non lavori. Io ho cominciato a 7 anni, aiutavo un parente. Adesso sto sotto padrone, 9-10 ore al giorno a cucire palloni, a mano. Sempre lo stesso lavoro, mi rovino le dita e non imparo altro. Questa è la zona industriale del Pakistan, si produce di tutto. Ci sono molte fabbriche di strumenti chirurgici, bisturi ecc. Ma più di tutto si fanno palloni di cuoio, da rugby e da calcio. I palloni che mi arrivano hanno i marchi più diversi, molti li conosco, credo siano famosi in mezzo mondo."

Cosa puoi fare tu...
Lire 160.000: Questo è il costo annuale, per ciascun bambino, dei programmi UNICEF per garantire un minimo d'istruzione ai piccoli lavoratori pakistani. Otto milioni di bambini, tra i 10 e i 14 anni, costituiscono il 20% della forza lavoro del paese. Per combattere lo sfruttamento occorre offrire alternative concrete di formazione professionale, compensando con incentivi, o con posti di lavoro per altri membri adulti della famiglia, la perdita economica conseguente al mancato guadagno dei ragazzi.

 

PERU' - SPACCAPIETRE E MINATORI

"E' dall'anno scorso che faccio lo spaccapietre. C'è tanto lavoro, perché questa cava è vicina a Lima, e molti cantieri vengono qui a comprare materiali per costruire i palazzi e le strade. Siamo quasi tutti ragazzi, a lavorare con martello e piccone. Non è un lavoro che mi piace, faccio tanta fatica che a volte mi sento morire. Ma cos'altro potrei fare, non ho finito neanche due anni di scuola. Siamo poveri. Meglio qui che in miniera, come tanti amici miei rimasti al paese."

Cosa puoi fare tu...
Lire 40.000: E' il costo dei programmi UNICEF di assistenza sociale e recupero, per ciascuno dei 400.000 bambini peruviani tra i 6 e gli 11 anni che non vanno a scuola. Gran parte di loro lavora, e quasi tutti appartengono a quel 20% della popolazione peruviana che vive in condizioni di povertà estrema.

 

BOLIVIA - UN LAVORO QUASI NORMALE

"Tre anni fa ho cominciato a lavorare come bigliettaio e aiuto-autista in un minibus di Oruro. Esco alle 5 in bici, lavoro fino alle 6 di sera, poi vado a scuola, dalle 7 alle 9, alle 10 torno a casa. Guadagno 2.000 lire al giorno. La mattina mi metto al capolinea degli autobus e aspetto che qualche autista mi chiami, poi lavo l'autobus dentro e fuori e iniziamo il turno. Studio perché da grande vorrei fare il medico e comprarmi bei vestiti, scarpe e cravatte; però ho poco tempo e a scuola ho sempre sonno. I soldi che guadagno li metto da parte, perché dobbiamo ancora pagare per l'allaccio all'acqua potabile. La casa in cui vivo è un po' brutta perché mancano le fogne; prima però era peggio perché dovevamo andare a prendere l'acqua fuori per strada."

Cosa puoi fare tu...
Lire 120.000: Tanto costa l'allaccio dell'acqua per ciascuna casa, nei quartieri poveri delle città boliviane. L'UNICEF, nell'ambito del programma PROANDES, sta organizzando una rete di servizi igienici, impianti fognari e acquedotti in gran parte della Bolivia, realizzati con il contributo lavorativo della popolazione e finanziati con fondi raccolti in tutto il mondo.

BRASILE - RACCOGLITORE DI IMMONDIZIA

 

Lavoro nella discarica da qualche mese, insieme ai miei amici. A casa ci torno ogni tanto, mio padre è andato via e mia madre non ce la fa. Molte notti le passo qui vicino, sotto una tettoia con gli altri. Raccogliamo tante cose, tra i rifiuti, che si possono rivendere: bottiglie di vetro, lattine e barattoli, cartoni. Quasi sempre trovo anche roba da mangiare che è stata buttata via. Qui non si sta poi tanto male, la polizia e i vigilantes non si vedono spesso, è meno pericoloso che lavorare per strada o rubare. "

Cosa puoi fare tu...
Lire 90.000: E' la spesa mensile necessaria per un ricovero notturno, che offra ospitalità e un pasto ai bambini che vivono sulle strade delle città brasiliane. Ma offrire un tetto per la notte è solo un aspetto dei programmi dell'UNICEF per i "meninos de rua" del Brasile: vengono organizzati anche corsi di formazione professionale e gruppi di "educatori di strada", che possano contattare e seguire direttamente i bambini.

 

TANZANIA - LAVAMACCHINE

"Vengo da un villaggio nell'interno della Tanzania. Sono arrivato in città quattro anni fa, con mio fratello e mia madre. Siamo venuti a stare a casa di una zia, ma ci sono pochi soldi e dobbiamo lavorare tutti. Qui nel centro di Dar es Salaam ci sono molte macchine, si rimedia abbastanza a pulire vetri. Da grande mi piacerebbe diventare autista, è un buon mestiere. Ora non vado a scuola perché non ho i soldi per i libri e l'uniforme, forse però, se le cose andranno meglio, potrei andare a una specie di scuola, che è aperta la sera vicino a casa. Scrivo abbastanza male, mi piacerebbe saper leggere bene il giornale. E naturalmente, imparare a guidare."

Cosa puoi fare tu...
Lire 80.000: E' il costo di libri, penne e matite, quaderni e lavagne per attrezzare una delle scuole serali promosse dall'UNICEF nei suburbi poveri di Dar es Salaam, come in molte altre città africane. Queste scuole offrono un'alfabetizzazione di base e possibilità di formazione professionale, con corsi specifici per le donne e per i bambini lavoratori, spesso tagliati fuori dal sistema scolastico regolare.

 

SCUOLE PER I PICCOLI LAVORATORI IN BANGLADESH

"Pensavo che la scuola fosse solo per i ricchi. Noi eravamo poveri, e dovevamo lavorare. Io ho cominciato da piccola, in una fabbrica di vestiti, e riuscivo a mantenere la mia famiglia. Facevo magliette, "t-shirt" le chiamavano i compratori stranieri. Quando sono rimasta senza lavoro, è stata dura. Soprattutto per la mia famiglia. Però io penso che è una buona idea far smettere di lavorare i bambini, e rimandarli a scuola. Lavorare così, senza istruzione, ci rovinava la vita. Senza istruzione non puoi trovare un buon lavoro." Per sapere qualcosa di più sulla situazione dei bambini del Bangladesh...

Cosa puoi fare tu...
Lire 240.000: Ecco quanto costa garantire la scuola, per un anno, a un bambino sottratto allo sfruttamento. Il programma UNICEF in Bangladesh punta a sottrarre i bambini allo sfruttamento inserendoli in scuole studiate per le loro specifiche esigenze, che offrono possibilità di formazione professionale. Alle famiglie viene versato anche un sussidio mensile minimo per compensare la perdita del salario dei piccoli operai.

INDIA - VIETATO ALZARE GLI OCCHI

"Qui a scuola si sta bene,si gioca e canta, si può studiare. Ma al lavoro,se eravamo in ritardo ci picchiavano. Ci rimproveravano sempre: "non alzate gli occhi, arrotolate bene le sigarette, sbrigatevi". Si lavorava dalle 8 di mattina alle 9 di sera, con un'ora per mangiare. Avevo male alle mani, alle gambe, al collo, alla schiena. I padroni preferiscono i bambini per le mani piccole, ma soprattutto perché ci pagano meno della metà dei grandi. Tutti i nostri genitori erano indebitati con i padroni, gli interessi si accumulavano e noi dovevamo continuare a lavorare. Se non ci avessero aiutato, non ne saremmo usciti mai."

Cosa puoi fare tu...
Lire 100.000: Sono servite per rimandare a scuola Sona. Il primo obiettivo dei programmi UNICEF nel Tamil Nadu, stato dell'India meridionale, è aiutare le famiglie a riscattare i figli dal lavoro forzato. I bambini poi frequentano scuole di villaggio, dove si applicano metodi d'insegnamento innovativi. Con piccoli prestiti gruppi di madri possono acquistare mucche, il cui latte viene venduto in città, compensando così la perdita del guadagno dei bambini e consentendo alle famiglie di ripagare i debiti.

 

IQBAL MASIH, UN BAMBINO CORAGGIOSO

Era nato nel 1983 Iqbal Masih e aveva quattro anni quando suo padre decise di venderlo come schiavo a un fabbricante di tappeti. Per 12 dollari.
E' l'inizio di una schiavitù senza fine: gli interessi del "prestito" ottenuto in cambio del lavoro del bambino non faranno che accrescere il debito.
Picchiato, sgridato e incatenato al suo telaio, Iqbal inizia a lavorare per più di dodici ore al giorno. E' uno dei tanti bambini che tessono tappeti in Pakistan; le loro piccole mani sono abili e veloci, i loro salari ridicoli, e poi i bambini non protestano e possono essere puniti più facilmente.
Un giorno del 1992 Iqbal e altri bambini escono di nascosto dalla fabbrica di tappeti per assistere alla celebrazione della giornata della libertà organizzata dal Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF). Forse per la prima volta Iqbal sente parlare di diritti e dei bambini che vivono in condizione di schiavitù. Proprio come lui. Spontaneamente decide di raccontare la sua storia: il suo improvvisato discorso fa scalpore e nei giorni successivi viene pubblicato dai giornali locali. Iqbal decide anche che non vuole tornare a lavorare in fabbrica e un avvocato del BLLF lo aiuta a preparare una lettera di "dimissioni" da presentare al suo ex padrone.
Durante la manifestazione Iqbal conosce Eshan Ullah Khan, leader del BLLF, il sindacalista che rappresenterà la sua guida verso una nuova vita in difesa dei diritti dei bambini. Così Iqbal comincia a raccontare la sua storia sui teleschermi di tutto il mondo, diventa simbolo e portavoce del dramma dei bambini lavoratori nei convegni, prima nei paesi asiatici, poi a Stoccolma e a Boston: «Da grande voglio diventare avvocato e lottare perché i bambini non lavorino troppo». Iqbal ricomincia a studiare senza interrompere il suo impegno di piccolo sindacalista.
Ma la storia della sua libertà è breve. Il 16 aprile 1995 gli sparano a bruciapelo mentre corre in bicicletta nella sua città natale Muridke, con i suoi cugini Liaqat e Faryad. «Un complotto della mafia dei tappeti» dirà Ullah Khan subito dopo il suo assassinio. Qualcuno si era sentito minacciato dall'attivismo di Iqbal, la polizia fu accusata di collusione con gli assassini. Di fatto molti dettagli di quella tragica domenica sono rimasti poco chiari
Con i 15 mila dollari del Premio Reebok per la Gioventù in Azione ricevuti nel dicembre '94 a Boston, Iqbal voleva costruire una scuola perché i bambini schiavi potessero ricominciare a studiare...