Speciale in Medioriente

Edward Said

Le immagini televisive di Al-Jazeera sono state vivide e chiare. Vi è rappresentato un tipo di eroismo Palestinese che le rende emblematiche del nostro tempo. Un intero esercito, una marina e una aviazione generosamente e incondizionatamente fornite dagli Stati Uniti hanno scatenato la distruzione sul 18% della West Bank e sul 60% di Gaza concessi ai palestinesi dopo dieci anni di negoziati con Israele e gli USA. Gli ospedali palestinesi, le scuole, i campi rifugiati e le residenze civili si sono trovate oggetto di uno spietato assalto criminale da parte delle truppe israeliane accalcate negli elicotteri-cannoniera, negli F16 e nei Merkavas, eppure i combattenti scarsamente armati della resistenza fronteggiano questa forza assurdamente più potente con coraggio e senza cedimenti.

Negli USA, la CNN e quotidiani come il New York Times tralasciano, a loro discredito, di menzionare che "la violenza" è impari e che non ci sono due parti sullo stesso piano, ma solo uno stato che volge tutta la sua forza contro un popolo privo di stato, più volte costretto a conoscere il destino dei profughi e privato di tutto, senza armi e senza una vera leadership, con lo scopo di distruggerlo, "assestargli un colpo terribile", come il criminale di guerra che guida Israele presenta la cosa svergognatamente. A indicatore dello squilibrio di Sharon, potrei citare ciò che ha dischiarato a Ha'aretz il 5 marzo: "L'autorità palestinese sta dietro al terrore, è interamente terrore. Arafat sta dietro al terrore. La nostra pressione mira a porre fine al terrore. Non aspettatevi che Arafat faccia qualcosa contro il terrore. Dobbiamo procurar loro gravi perdite e poi sapranno che non possono continuare ad usare il terrore per conquistare risultati politici".

Oltre a rivelare sintomaticamente il funzionamento di una mente ossessionata e incline alla distruzione e all'odio assoluto e puro, le parole di Sharon indicano gli "punti ciechi" della ragione e dell'analisi critica che si sono aperti sul mondo a partire dall'ultimo settembre. Sì, c'è stata una violenza terroristica, ma al mondo c'è altro che il solo terrore. Esistono la politica, la lotta, la storia, l'ingiustizia, la resistenza e, sì, esiste anche il terrore di stato. Senza un solo "ma" da parte dell'accademia e dell''intelligentsia americana, abbiamo tutti ceduto di fronte al cattivo uso promiscuo del linguaggio e dell'intelligenza, secondo cui tutto ciò che non ci piaccia è ora terrore e ciò che facciamo è il bene puro e semplice - combattere il terrore, non importa quanta ricchezza, quante vite e quanta distruzione sia coinvolta. Spazzati via sono tutti i precetti dell'Illuminismo che cerchiamo di trasmettere ai nostri studenti e ai nostri concittadini, che vengono rimpiazzati da un'orgia sproporzionata di vendicatorismo e ira del tipo che solo i ricchi e potenti, sembrerebbe, hanno il diritto di usare e di perseguire. Non c'è da meravigliarsi se un criminale a quattro stelle come Sharon si sente in diritto (per emulazione e immedesimazione) di fare ciò che fa quando, nella maggiore democrazia mondiale, i diritti costituzionali e la ragione stessa sono consegnati alla spazzatura nell'inseguimento del terrore e del terrorismo.

Come educatori e cittadini abbiamo fallito la nostra missione permettendo di imbrogliarci in questo modo, senza neppure una discussione pubblica organizzata su un bilancio della difesa schizzato a 400 miliardi di dollari [circa 460 miliardi di euro, ndt] mentre 40 milioni di persone restano senza assistenza sanitaria. Ad israeliani, arabi e americani viene spiegato che l'amore per patria richiede questi costi e questa distruzione perché è in gioco una buona causa. Insensatezze. Ciò che è in gioco sono gli interessi materiali che mantengono i governanti al potere, che consentono alle corporations di continuare a fare profitti, che tengono le persone in uno stato di consenso artefatto, ma solo fintanto che non si sveglino un mattino e comincino a pensare dove stiamo andando in questa folle corsa tecnologizzata per bombardare ed uccidere.

Israele sta conducendo una guerra contro i civili, pura e semplice, benché questa versione non si ascolti mai in USA. Questa è una guerra razzista e, per strategia e tattiche, anche coloniale. La popolazione viene uccisa e fatta soffrire in maniera sproporzionata perché non è di ebrei. Che ironia!

Eppure la CNN non parla mai di "territori occupati" (sempre invece di "violenza in Israele" come se il principale campo di battaglia fossero le sale da concerto ed i caffè di Tel Aviv e non di fatto i ghetti ed i campi profughi assediati della Palestina che sono stati circondati già da 150 insediamenti illegali israeliani). Nel corso dei dieci anni passati, il grande inganno di Oslo è stato rifilato al mondo dagli USA quasi senza la consapevolezza che solo il 18% della West Bank ed il 60% di Gaza erano stati restituiti. Nessuno sa la geografia ed è meglio non sapere, giacché la realtà sul campo è così sorprendente, in confronto con le capriole verbali e l'auto-congratulazione.

E quella specie di pseudo-esperto - l'insopportabilmente presuntuoso Thomas Friedman - ha ancora il coraggio di dire che "Arab TV" mostra spettacoli a senso unico, come se "Arab TV" dovesse mostrare le cose dal punto di vista israeliano come fa la CNN, con la frase prenditutto "violenza in medioriente" a coprire la pulizia etnica cui Israele sta dando libero sfogo contro i palestinesi nei loro ghetti e campi. Friedman (o, se è per questo, la stessa CNN) ha mai tentato di mettere in luce la differenza tra un esercito di invasione che conduce una guerra coloniale sul territorio di un popolo che sta occupando da 35 anni e questo popolo che si difende da quella carneficina? Chiaramente no, perché mai Friedman dovrebbe dire onestamente che non c'è alcuna occupazione palestinese, che non ci sono F16 palestinesi, né elicotteri Apache, né cannoniere, né carri armati, in breve, nessuna occupazione palestinese di Israele? Questo è quanto riguardo le credenziali di Friedman quale onesto commentatore e giornalista che ha completamente mancato, in parole povere, di spiegare il punto di vista USA o di comprendere la causa araba e palestinese. Non riesce a vedere che i suoi scritti sono parte del problema, che nelle sue auto-giustificazioni a vanvera e nella disonestà con cui non mostra segno di quell'autocritica che continua tormentosamente ad aspettarsi dagli altri, di fatto aggrava l'ignoranza e le percezioni erronee piuttosto che ridurle? Cattivo giornalista ed educatore, lui.

Il quadro che si ottiene così è che gli israeliani stanno combattendo per le loro vite invece che per i loro insediamenti e basi militari nei territori occupati in Palestina. Nessuna mappa è stata mostrata per mesi dai media americani. L'8 marzo, fino ad ora il giorno più sanguinoso per i palestinesi durante questi 16 mesi di Intifada, il notiziario di prima serata della CNN specificava la morte di 40 "persone" e non faceva neppure cenno alla morte di diversi lavoratori della Mezzaluna Rossa uccisi mentre i carri armati israeliani impedivano alle loro ambulanze di raggiungere i feriti. Solo "persone", nessuna immagine dell'inferno in cui hanno vissuto in questo 35esimo anno di occupazione militare. Tul Karm sta subendo un assedio terribile con 24 ore di coprifuoco, interruzione dell'elettricità e dell'acqua, rastrellamenti sistematici e trasferimenti di 800 giovani, lo sfasciamento deliberato delle case dei rifugiati, la distruzione indiscriminata della proprietà (e non sto parlando di nightclub o di impianti sportivi ma di baracche che fornivano a questi rifugiati due volte sfollati una capanna per la mera sopravvivenza) e casi innumerevoli di crudeltà sadica contro civili non armati e senza difesa che sono spintonati e picchiati e abbandonati a sanguinare fino alla morte, donne costrette a partorire figli nati morti mentre aspettano invano ai posti di blocco stradali israeliani, vecchi costretti a spogliarsi e togliersi le scarpe e a camminare scalzi da un diciottenne che mastica chewingum e sventola attorno un M16 che le mie tasse hanno pagato. Betlemme, il suo centro e l'università distrutti, rasi al suolo da 1500 metri di quota da intrepidi bombardatori israeliani che imperversano con i loro meravigliosi F16 per i quali ho pagato anch'io. Il campo di Balata, quelli di Aida, Dheheisheh e Azza, i minuscoli villaggi di Khadr e Husam ridotti in macerie senza neanche una parola da parte della stampa USA, i cui redattori newyorkesi non se ne fanno ovviamente un problema, a parte qualche eccezione qua e là. I morti e i feriti senza numero, gli insepolti e gli abbandonati senza aiuto, per non dire niente delle centinaia di migliaia di vite mutilate, distorte, marcate in maniera catastrofica da sofferenze causate sfrenatamente, tutto comandato a distanza di sicurezza dalla calma e frondosa Gerusalemme Est da uomini per i quali la West Bank e Gaza sono tane di topi distanti e abitate da insetti e topi che devono essere "sottomessi" e stanati, che devono ricevere una lezione, nel gergo accettato della magnifica potenza militare israeliana.

Nel corso dell'attacco più grande di tutti, Ramallah è stata invasa e viene ora devastata da 140 carri armati israeliani, completando la riconquista israeliana degli già-occupati territori palestinesi. Il popolo palestinese sta pagando il prezzo pesante e spietato di Oslo, che dopo che dieci anni di negoziati lo ha lasciato con pezzi di terra senza continuità ed unità, istituzioni di pubblica sicurezza pensate per garantirne l'asservimento a Israele ed una vita che lo ha impoverito in modo che lo stato israeliano potesse crescere e prosperare. Invano durante questi 10 anni alcuni di noi hanno tentato di mettere in guardia sul fatto che la distanza tra il linguaggio di pace israelo-statunitense e le realtà spaventose sul terreno non era stata mai colmata, e neppure intesa esserlo.

Le parole e le frasi come "processo di pace" e "terrorismo" hanno guadagnato terreno senza riferimento ad alcun referente reale. La confisca delle terre era o ignorata o riportata come "negoziati bilaterali" che stavano avendo luogo tra uno stato che consolidava la sua presa su un territorio che voleva a tutti i costi e un mediocre gruppo di negoziatori non informati cui sono serviti 4 anni per ottenre, per non dire usare, una mappa affidabile della terra su cui stavano negoziando. Il peggiore travisamento di tutto è che nei 54 anni dal 1948, non è mai stato concesso ad una epica sull'eroismo e sulla sofferenza palestinese di emergere. Siamo tutti descritti come estremisti fanatici e violenti che sono poco più dei terroristi che Bush ed i suoi complotti hanno imposto alla consapevolezza di una popolazione stordita e sistematicamente malinformata, aiutato e acriticamente spalleggiato da un intero esercito di commentatori e star mediatiche - i Blitzer, Zahn, Lehrerm Rather, Brokaw, Russert, e la loro specie. La lobby israeliana è scarsamente necessaria con simili fedeli discepoli che marciano nelle loro fila.

Ma ora che la proposta di pace saudita è divenuta il centro della discussione e della speranza, è necessario, credo, porla nel suo vero contesto, in contrapposizione a quello supposto. Prima di tutto, si tratta del piano di Reagan del 1982 riciclato, del piano Fahd del 1983, del piano di Madrid del 1991, e così via: in altre parole, fa seguito ad una serie di piani proposti svariate volte che alla fine non solo Israele ma anche gli USA hanno non solo rifiutato di applicare ma anche attivamente silurato. Per come la vedo io, i soli negoziati che varrebbe la pena di avere dovrebbero basarsi sulle fasi successive del ritiro totale di Israele e non, come nel caso di Oslo, sul mercanteggiamento di quali pezzi di territorio Israele sia disposto a restituire malvolentieri. Troppo sangue palestinese è stato versato, troppo disprezzo e troppa violenza razzista sono stati elargiti da parte israeliana perché sia possibile tornare a negoziati à la Oslo, mediati dal più parziale degli onesti intermediatori, gli Stati Uniti. Chiunque è cosciente, comunque, che i vecchi negoziatori palestinesi non hanno rinunciato ai loro sogni ed illusioni, e che incontri hanno avuto luogo durante i bombardamenti e gli attacchi. Ma io sostengo che il giusto peso debba essere dato a decenni di sofferenze palestinesi ed al vero costo umano delle distruttive politiche israeliane, prima che un qualunque negoziato accordi un riconoscimento illegittimo ai governi israeliani che hanno calpestato i diritti palestinesi allo stesso modo in cui hanno demolito le nostre case ed ucciso la nostra gente. Qualsiasi negoziato arabo-israeliano che non tenga in considerazione la storia - e per questo compito è necessario un team di storici, economisti e geografi dotati di coscienza - non vale la pena, proprio come i palestinesi devono eleggere ora un nuovo gruppo di negoziatori e rappresentanti nella speranza di salvare qualcosa dall'attuale calamità.

In breve, qualunque incontro abbia ora luogo tra rappresentanti israeliani e palestinesi, la gravità dei saccheggi israeliani a danno del nostro popolo deve ricevere attenzione e non essere semplicemente spazzata in un angolo come in gran parte della storia. Oslo, in effetti, ha "perdonato" l' occupazione, giustificandola per tutti i palazzi e le vite distrutte nel corso dei primi 25 anni di occupazione. Dopo così tanta sofferenza, Israele non può essere giustificato e non gli può essere consentito di lasciare il tavolo senza nemmeno la richiesta retorica che faccia ammenda per ciò che ha fatto.

Mi si dirà che la politica riguarda il possibile, non ciò che si desidera, e che dovremmo essere contenti di ottenere finanche una piccola ritirata israeliana. Sono in totale disaccordo. I negoziati possono riguardare solo il "quando" del ritiro totale, non la percentuale di territorio che Israele è disposto a concedere. Un conquistatore ed un vandalo non possono concedere nulla: devono semplicemente restituire ciò che ha preso e pagare per gli abusi di cui portano la responsabilità, come Saddam Hussein doveva ed ha pagato per la sua occupazione del Kuwait. Siamo ancora a considerevole distanza da quell'obiettivo, benché nel frattempo l'indomito e straordinario coraggio di tutti i palestinesi a Gaza e nella West Bank ha di fatto sconfitto sul piano politico e morale Sharon, che perderà il suo posto in un futuro non così distante. Ma, che in due decenni i suoi eserciti abbiamo potuto invadere a piacimento città arabe, uccidendo e seminando distruzione senza un solo battito di ciglia collettivo del mondo arabo parla ampiamente dei leaders di quest'ultimo.

Infine, ciò che i vari governanti arabi, che stanno così compitamente in silenzio ora che la Palestina viene violentata in TV, pensano di star facendo, non lo so, ma posso immaginare che in profondità nelle loro anime debbano provare non poca vergogna e disonore. Senza potere sul piano militare, politico, economico e soprattutto moralmente, hanno poca credibilità e nessun ruolo reale, eccetto quello di pedoni obbedienti sullo scacchiere israelo-americano. Forse credono di star giocando una strategia di attesa. Forse. Ma essi (come Arafat ed i suoi uomini) non si sono appropriati del potere di disseminare in maniera sistematica informazioni come mezzo per proteggere i loro popoli dagli assalti violenti di quelli che considerano tutti gli arabi militanti, estremisti e terroristi fanatici. La buona notizia è che ora il tempo per questo tipo di comportamento irresponsabile e spregevole è molto breve. La nuova generazione riuscirà a fare di meglio?

È un nuovo atteggiamento verso l'istruzione laica che può decidere per la risposta -- se collettivamente andremo verso la disorganizzazione, corruzione e mediocrità o se riusciremo infine ad essere una nazione.