Speciale in Medioriente
L'Onu accusa: «A Jenin l'inferno»
Gli inviati delle Nazioni unite: «Israele moralmente ripugnante. A Jenin un orrore incomprensibile». Kofi Annan «turbato». Il governo israeliano intanto crea nuove colonie. La Corte suprema israeliana chiede la verità sull'eccidio entro 15 giorni. Il mondo balbetta Le Nazioni unite provano orrore per la distruzione di metà del campo profughi di Jenin e l'uccisione di dozzine, forse centinaia, di palestinesi compiute dall'esercito israeliano. Ieri alcuni esponenti, tra i piu' rappresentativi, dell'Onu hanno espresso tutto il dolore che hanno provato entrando nel campo profughi. «E' un orrore che supera ogni comprensione» ha commentato Terje Larsen, coordinatore speciale in Medio Oriente. Pur ammettendo, ha detto Larsen ai microfoni della radio israeliana, «la presenza di strutture terroristiche, il diritto di Israele a difendersi non significa un assegno in bianco». Larsen ha definito il comportamento israeliano «moralmente ripugnante» e «una pagina vergognosa nella storia di Israele». Il campo di Jenin «è un inferno» e «non è esagerato definire un massacro quello che è successo» ha aggiunto da parte sua Peter Hansen, direttore dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che assiste i profughi palestinesi.
«Ho evitato di parlare di massacro fino ad ora, ma ormai ho visto con i miei occhi e non posso usare altro termine. Ho visto gente sconvolta, che ha avuto la casa distrutta. Ho visto famiglie strappare i propri morti dalle macerie, pezzo a pezzo. E un esperto di terremoti che mi ha accompagnato, ha detto di non aver visto da molto tempo distruzioni di queste dimensioni» ha proseguito. Da New York, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, si è detto «profondamente turbato» dai rapporti giunti da Jenin. «I rapporti iniziali di Hansen e del coordinatore speciale Larsen mi hanno profondamente turbato - ha dichiarato Annan - hanno descritto una situazione orribile.
Hanno visto gente che scavava a nude mani nella terra per ritrovare cadaveri», ha detto Annan osservando che «nel frattempo non è stato permesso di cominciare nessuna operazione di recupero degna di nota. La distruzione è massiccia e l'impatto sulla popolazione civile è devastante». Poco prima Annan, in un discorso al Consiglio di Sicurezza, aveva chiesto l'invio di una forza internazionale. Una riunione urgente dei delegati permanenti presso la Lega Araba è stata convocata per mercoledì prossimo e discuterà anche dell'arresto di dirigenti palestinesi, primo dei quali il segretario generale di Al Fatah, Marwan Barguti.
Ieri la Corte Suprema di Israele ha chiesto a governo ed esercito di spiegare entro 15 giorni il perché dei diritti negati alle centinaia, o forse migliaia, di palestinesi, arrestati nelle ultime tre settimane, oltre ad aggiungere interrogativi sugli «omicidi mirati». E mentre il mondo comincia a comprendere le dimensioni della tremenda vendetta subita dall'intera popolazione del campo profughi di Jenin, provocano profondo sdegno e rabbia le dichiarazioni di Danny Ayalon, consigliere di politica estera del premier israeliano Sharon. Ayalon ha avuto la faccia tosta di affermare che Israele «condivide le preoccupazioni umanitarie» espresse dalla comunità internazionale per la situazione a Jenin. Un portavoce del ministero degli esteri israeliano ha addirittura sostenuto che le distruzioni a Jenin sono state causate dall'ampio uso di esplosivi da parte dei combattenti palestinesi che a suo dire sono colpevoli di aver impedito alla popolazione civile di uscire dal campo. Scandaloso e «ripugnante». Di fronte a ciò la Commissione europea «auspica» un'inchiesta «immediata» sulle uccisioni avvenute a Jenin. Tutto qui. Tra tanta miseria umana, ieri c'e' stata anche una buona notizia. Un giovane palestinese è stato estratto vivo dalle macerie della sua abitazione dove si trovavano cinque cadaveri. Il ragazzo è gravemente ustionato ed è in gravi condizioni. L'ospedale governativo di Jenin ha inoltre riferito che mercoledì sono stati ricoverati otto feriti trovati all'interno del campo, uno dei quali colpito quello stesso giorno quando i mezzi blindati dell'esercito israeliano rientrati nel centro abitato dopo essersi temporaneamente . Ieri testimoni da noi sentiti hanno riferito che i carri armati hanno lasciato il campo profughi attestandosi però alla periferia di Jenin dove ieri mattina è stato revocato per qualche ora il coprifuoco. Il ministro della difesa israeliano Ben Eliezer ha affermato che entro domenica i carri armati lasceranno le città palestinesi - ad eccezione di Ramallah (c'è l'assedio ad Arafat) e Betlemme - ma continueranno a circondarle. Da Washington George Bush ha applaudito e affermato che Israele sta rispettando «i suoi impegni sul ritiro». Bush, su raccomandazione del Segretario di stato Colin Powell, dovrebbe rispedire a Gerusalemme il direttore della Cia George Tenet, a parlare di cessate il fuoco e, naturalmente, di cooperazione di sicurezza.
Tenet discuterà anche della politica di assassinii mirati di palestinesi alla quale Israele non ha alcuna intenzione di rinunciare? Ieri un bombardamento sferrato da cinque elicotteri israeliani sul villaggio di Al Nasariya, tra Nablus e la valle del Giordano, ha ucciso tre palestinesi presunti attivisti di Hamas. All'attacco è scampato Husam Badran, dirigente del movimento islamico, che è stato catturato da un commando israeliano sceso da uno degli elicotteri. Nel frattempo Reporters sans frontieres ha denunciato quello che in un rapporto ha definito «la politica di violazione massiccia della libertà di stampa» da parte delle autorità israeliane, nonché l'uccisione del fotografo italiano, Raffaele Ciriello, avvenuta a Ramallah il 13 marzo, i sette giornalisti feriti, 15 arrestati di cui quattro ancora in detenzione, uno espulso, 20 inviati picchiati o minacciati, una sessantina oggetto di spari di intimidazione, dieci redazioni di giornali arabi devastate. A ciò si aggiungono le denunce dei centro per i diritti umani sulle espulsioni di pacifisti di vari paesi occidentali (tra cui decine di italiani) che continuano ad avvenire all'aeroporto di Tel Aviv. Tra gli «sgraditi» c'è anche un ebreo-americano, Gary Krane, che pure in base alla «Legge del ritorno» avrebbe il pieno diritto di entrare in qualsiasi momento in Israele. Vanno bene solo quando sono disposti a recarsi nelle colonie ebraiche in Cisgiordania e Gaza: c'è tanto posto. Ad Hebron, ad esempio, il ministro della difesa e leader laburista Ben-Eliezer ha autorizzato la trasformazione in «strutture permanenti» di 16 case mobili di coloni ebrei. Ben Eliezer ha accolto la richiesta di Baruch Marzel e Noam Arnon, due coloni ebrei di estrema destra, per costruire 16 abitazioni in muratura nell'insediamento di Tel Rumeida.
Ran Cohen e Mussi Raz, deputati del Meretz (sinistra sionista), hanno inviato una lettera di protesta a Ben-Eliezer. «Siamo sconvolti - hanno scritto - per il fatto che il capo del partito laburista, autorizzi la costruzione di un insediamento che lo scomparso premier Yitzhak Rabin voleva evacuare, anche con la forza, e che addirittura l'ex premier Benyamin Netanyahu non ha avuto il coraggio di costruire».