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«Ne abbiamo uccisi pochi»

Il ministro israeliano Shitrit: «Rimpiango solo che a Jenin non ci siano stati più terroristi uccisi». L'esercito non si ritira, occupate altre città, Natività assediata. Verso l'espulsione di Arafat

«La sola cosa che rimpiango e che non ci siano stati più terroristi uccisi nel campo profughi di Jenin». Meir Shitrit. ministro della giustizia di Israele non ha dubbi: erano tutti terroristi i palestinesi uccisi a Jenin. E la distruzione di metà del campo profughi? Un dettaglio secondario per Shitrit che ha risposto con astio alle accuse rivolte giovedì dall'esercito israeliano da Tarje Larsen, coordinatore speciale dell'Onu. «Se Larsen - ha aggiunto Shitrit - tiene tanto a codesti rifugiati palestinesi non ha che da convincere il suo Paese, la Norvegia, ad aprire loro le porte per accoglierli. Israele non è responsabile per i profughi palestinesi». Un tono assurdo, inaccettabile di fronte a ciò che l'esercito israeliano ha fatto nel campo profughi e alla richiesta di una indagine internazionale che sempre più parti stanno chiedondo ad alta voce. Ieri anche il ministro degli esteri spagnolo Josep Piqué, presidente di turno Ue, ha detto di aver provato «orrore» alle immagini del campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, aggiungendo che è «assolutamente necessario» aprire un'inchiesta per stabilire «le dimensioni reali» della repressione operata dall'esercito israeliano.

Jenin resta assediata, occupate altre città

Ma in queste ore tutti in Israele, con rare eccezioni, fanno quadrato intorno all'esercito e al governo. A Jenin c'è stata una normale operazione antiterrorismo, una battaglia «tra armati», hanno scritto i giornali, compreso il progressista Haaretz nel suo editoriale di ieri. Ma allora perché impedire un'indagine? Un duro attacco personale a Larsen è stato pubblicato in prima pagina dal direttore del quotidiano Maariv, Amnon Dankner, che ha qualificato il diplomatico norvegese «il denigratore di Oslo». Sottoposto ad attacchi pesantissimi, Larsen, ieri in una conferenza stampa a Gerusalemme, ha precisato di non aver parlato di «massacro». Ieri mattina sono continuate tra le macerie del campo ricerche delle vittime. Finora sono 41 i cadaveri trasferiti all'ospedale di Jenin, mentre 76 sono le persone ferite. Akram Debak, un portavoce dell'ospedale, ha precisato che sono stati individuati altri cadaveri e i parenti si preparano a seppellirli. Tra le vittime ci sono anche due bambini e 4. Ieri due squadre delle Nazioni Unite hanno iniziato ad investigare. Chissà se riusciranno a raggiungere la zona militare off-limits nella Valle del Giordano dove lo stesso Haaretz ha nai giorni scorsi raccontato sarebbero finiti molti camion della morte, cariche di corpi straziati? «Abbiamo il compito di effettuare sopralluoghi, annotare sulle mappe le aree distrutte ed effettuare rilievi fotografici» - ha detto uno degli ispettori - «Non sappiamo quanti morti ci sono davvero stati, non sappiamo quanti sono gli scomparsi né quanti gli eventuali sopravvissuti».

Sulle macerie del campo è però tornata a sventolare la bandiera palestinese mentre centinaia di persone si affannano alla ricerca di dispersi, di cadaveri o di eventuali superstiti. Mercoledì, ha riferito il centro israeliano per i diritti umani «Betselem», nove componenti della famiglia Abu Zeneih sono stati estratti vivi dalle macerie nonostante le operazioni di soccorso fossero state ostacolate per ore dall'esercito che solo ieri mattina ha lasciato in campo profughi e il resto di Jenin. E' ritiro da calendario di cui parla Bush? Non pare proprio. I posti di blocco intorno alla città non si sono mossi di un centimetro e il centro abitato rimane circondato dai reperti corazzati israeliani. I soldati inoltre impediscono ancora l'ingresso ai giornalisti. Per entrare a Jenin bisogna sempre evitare le pattuglie dell'esercito. Che ieri mattina ha rioccupato Kalkilya.