MECCANISMI GLOBALIZZAZIONE

I MECCANISMI DELLA GLOBALIZZAZIONE:
APPUNTI PER UNA RIFLESSIONE COLLETTIVA
La scienza è troppo importante per lasciarla agli scienziati!

Angelo Baracca

Il dibattito sulla "globalizzazione" infuria (si fa per dire), oscillando tra analisi acute e luoghi comuni: ma c'è a mio avviso una lacuna che rischia di vanificarlo; a dire il vero, alcune analisi su Le Monde Diplomatique espongono il problema in termini che mi paiono condivisibili, ma non mi sembra che vadano al di là dell'enunciazione, e che comunque non traggano le dovute conseguenze dall'assunto.
Il problema in estrema sintesi è questo: i meccanismi che sottendono e consentono i processi di globalizzazione non sarebbero stati assolutamente possibili se non fossero stati messi a punto ritrovati scientifici e tecniche che hanno letteralmente sovvertito la base tecnica disponibile in precedenza. La nuova base tecnologica sta inoltre attuando, con la complicità della corporazione scientifica, un processo di omologazione e consenso collettivo che marginalizza e/o depotenzia l'opposizione sociale, cloroformizza il malessere. La responsabilità della scienza sta assumendo dimensioni nuove e allarmanti.
    La fine della Guerra Fredda (che, come ricorda il subcomandante Marcos, ha mietuto 23 milioni di morti!) ha fatto accantonare i problemi del disarmo, nell'illusione assolutamente erronea che il disarmo nucleare sia in atto. Intanto, le tecnologie militari dei paesi avanzati (ma specialmente degli USA) condizionano i rapporti di forza e le economie dei paesi deboli (il problema del debito sta soprattutto qui). Dietro questo fondale, che traspare un po' sbiadito, la guerra sul controllo della comunicazione si scatena senza esclusione di colpi e determina la sorte dei rapporti economici mondiali. Tra l'altro, il lupo veste da agnello e i giganti degli armamenti si buttano sul mercato dei servizi, approfittando dello smantellamento del welfare e del gigantesco giro di affari che questo apre. Le tecnologie dell'informatica e della telematica, oltre che alimentare "materialmente" la base di questa guerra, divenire cioè "concretamente" la materia del contendere, sono anche quelle che rendono possibili i meccanismi economici della globalizzazione dell'economia, i trasferimenti e gli scambi speculativi di capitali (1), i controlli in tempo reale e sopranazionale (anzi, "supernazionale", poiché aggirano e vanificano di fatto i controlli nazionali). Senza contare il volume di affari alimentato da questo nuovo settore, monopolizzando in tempo reale l'economia planetaria: con uno slogan direi che Bill Gates determina il futuro di rapporti economici e di potere, di imprese economiche, di stili di vita, abitudini, stereotipi su tutto il pianeta; esce un nuovo PC o un nuovo software e non vi è angolo del mondo in cui la stragrande maggioranza dei cittadini non nutra la voglia e la volontà di di acquisirli, anche se il loro vecchio computer, il loro sistema e i loro software continuano a funzionare ottimamente.
L'effetto di emulazione è divenuto irresistibile e debordante; i nuovi feticci sono irresistibili! L'effetto di stordimento scientifico dilaga: di fronte agli orrori della clonazione le "Commissioni per la Bioetica" sono addirittura patetiche, nel loro sforzo ridicolo di trovare dei criteri pseudo-etici che non disturbino in alcun modo gli interessi in gioco. Gli ambientalisti e i pacifisti in tutto il mondo sono ridotti nell'angolo, non sanno (mi pare) raccogliere la sfida al livello globale a cui si è trasferita, non sembrano saper cogliere i nuovi strumenti su cui essa si è trasferita, anzi spesso ne sono ammaliati e pensano di utilizzarli piuttosto ai loro fini. Si favoleggia sulle potenzialità delle reti informatiche per creare nuovi percorsi di comunicazione e non si riesce a chiedersi chi le gestisce e le controlla, e a quali fini. In breve, l'ambiguità, il fascino feticistico dei nuovi ritrovati tecnologici dell'immateriale registrano a mio avviso un salto di qualità enorme rispetto al passato: si pensi all'"illusione" (sempre a mio modesto avviso) dell'interattivo e del creativo, che si estende anche a livello infantile(2).
    Quanto detto è limitato e parziale. Si potrebbe continuare con la litania, ma non serve a molto se si rimane alla "fenomenologia" e non ci si pone il problema di fare un salto di qualità e di cercare di arrivare a cogliere qualche aspetto di fondo. Nel paio di decenni passati, sull'onda della contestazione della neutralità della scienza, erano state messe a punto analisi piuttosto puntuali, ad esempio sul ruolo del New Deal, sull'industria nucleare, sull'intreccio tra interessi civili e militari. Ho l'impressione che quelle analisi sulla non neutralità della scienza siano un po' strumenti spuntati rispetto ai cambiamenti che sono intervenuti. Personalmente sarei prudente nell'affermare che le tecnologie dell'immateriale abbiano realmente soppiantato la produzione materiale, ma non esito invece a riconoscerne il ruolo "rivoluzionario" dell'assetto e degli strumenti precedenti. E penso che si ponga davvero la sfida di un'analisi nuova, tutta da impostare e da portare avanti, in una dimensione che non può non essere integralmente interdisciplinare. Con una difficoltà nuova rispetto al passato: che, a mio modestissimo avviso, è sempre più arduo e problematico trovare una disponibilità vera e un'apertura sufficiente tra i "tecnici" e gli "specialisti". Io credo che nel passato ci sia stata una disponibilità reale a mettersi in discussione, anche se la frustrazione che ne è seguita l'ha in parte vanificata: ma si è trattato di un aspetto importante. Oggi mi pare che l'ubriacatura e il feticismo tecnologici rischino di castrare in partenza anche le migliori intenzioni.
Il problema che modestamente vorrei porre è allora quello di verificare la disponibilità in primo luogo "mentale" ad una riflessione che cerchi di superare realmente (senza rinnegare nulla, sia chiaro, perché le cose giuste che c'erano rimangono tali: non mi pongo tra i "pentiti") i limiti delle analisi e degli strumenti del passato; e di conseguenza "concreta" ad impostare un lavoro interdisciplinare teso ad enucleare alcuni dei temi nuovi di sostanza e di mettere a punto nuovi strumenti.

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1. C'era un dato agghiacciante su Le Monde Diplomatique sul volume degli scambi di valuta contro valuta, quindi puramente speculativi, che ora non ho sotto mano.

2. A mio avviso (pur sapendo le critiche che ha ricevuto) il modo più intelligente, acuto, incisivo di affrontare questi temi è stato la pellicola cinematografica "Nirvana" di Salvatores, dove - con le corrette ed esplicite"citazioni bibliografiche", ad esempio a Blade Runner - non si tradisce in nessun momento, sia pure nei limiti e nella logica della fiction, la tesi che possiamo essere tutti vittime di un gioco e - udite udite! - che il gioco sia controllato dalle multinazionali.