ENERGIE RINNOVABILI ED EFFICIENZA ENERGETICA: UNA RISPOSTA AL CAMBIAMENTO CLIMATICO
Le attività umane ed il clima
Le attività umane influenzano, da sempre, l'ambiente nel quale vengono condotte. In particolare, dall'epoca della rivoluzione industriale, si è aperto un periodo di profondi cambiamenti nella storia dell'uomo. L'incremento dell'uso di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) dovuto all'intensa attività industriale, ha avuto un profondo impatto sugli ecosistemi e sull'equilibrio climatico del pianeta.
Con il passar del tempo è apparso sempre più chiaramente che l'impatto delle attività industriali si estendeva ben oltre i confini locali, fino ad interessare intere regioni, e, in alcuni casi, l'intero pianeta. Oltre a produrre e rilasciare nell'ambiente composti non presenti in natura, l'uomo ha significativamente modificato il ciclo naturale di molte sostanze. L'utilizzo su grande scala dei combustibili fossili per esigenze energetiche, ha, ad esempio, direttamente influenzato i cicli del carbonio e dello zolfo.
L'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il protossido di azoto (N2O), sono gas i cui cicli naturali sono stati ampiamente modificati dalle attività umane ed agiscono tutti come gas ad "effetto serra", aumentando in maniera non sostenibile l'effetto serra naturale che rappresenta il principale artefice delle condizioni grazie alle quali si è potuta sviluppare la vita sul nostro pianeta.
Le attività umane sono responsabili, ogni anno, dell'emissione di oltre 6 miliardi di tonnellate di carbonio (pari a circa 25 miliardi di tonnellate di CO2). Di queste, circa il 60% è dovuto all'utilizzo di combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas. Dall'epoca della rivoluzione industriale, il livello di CO2 presente nell'atmosfera è aumentato di circa il 30% e se non verranno adottate drastiche misure per ridurre significativamente le emissioni di gas inquinanti, si metteranno a rischio gli equilibri climatici e, di conseguenza, interi ecosistemi del pianeta.
Gli impatti delle emissioni
Ad un continuo aumento della concentrazione di CO2 e degli altri gas serra, farà seguito un aumento della quantità di calore trattenuto negli strati bassi dell'atmosfera. Entro il 2100 è previsto un riscaldamento medio della superficie terrestre compreso tra i 2,5°C e i 2,9°C rispetto ai livelli pre-industriali. In termini storici, una variazione di tali proporzioni non si è mai verificata negli ultimi 10.000 anni e comporterà pericolosi cambiamenti climatici: aumento della desertificazione e della frequenza delle siccità, alterazioni nelle precipitazioni e nella circolazione degli oceani. L'aumento del livello dei mari, dovuto allo scioglimento dei ghiacci polari e all'espansione termica degli oceani, provocherà inondazioni nelle isole-Stato e nelle zone costiere, tra le quali anche quelle economicamente produttive, con conseguenti danni non solo ambientali, ma anche economici e sociali. Si verificheranno cambiamenti anche nell'andamento delle malattie dell'uomo e degli animali in generale; gli insetti portatori di agenti patogeni, ad esempio, estenderanno il loro areale di distribuzione, provocando un significativo aumento di decessi. In Italia, le conseguenze dei cambiamenti climatici diventano sempre più evidenti. In particolare, si registra una progressiva degradazione dei suoli con infiltrazioni saline nelle falde e alterazione della produttività agricola nelle zone centro-meridionali, e un aumento delle precipitazioni "estreme" con crescite eccezionali della portata dei fiumi e conseguenti eventi alluvionali nelle regioni centro-settentrionali.
La logica del carbonio
Sulla base di
alcuni studi condotti dal Gruppo Consultivo delle Nazioni Unite sui Gas Serra,
Greenpeace ha previsto un bilancio del carbonio fino al 2100, al fine di
limitare i danni dovuti all'aumento della temperatura del pianeta. Sulla base di
queste analisi, Greenpeace ritiene che solo con un serio intervento da parte dei
Governi per fermare la deforestazione e con l'istituzione di programmi di
re-inserimento delle foreste distrutte, sarà tollerabile, per il sistema-Terra,
l'emissione di 255 miliardi di tonnellate di carbonio (GtC) provenienti dal
consumo di combustibili fossili. Tale cifra rappresenta circa un quarto delle
riserve attualmente note di combustibili fossili e solo una piccolissima parte
(5%) delle risorse fossili totali. Ai ritmi correnti di uso dei combustibili
fossili, senza cioè una regolare e concreta azione di controllo delle emissioni
di CO2, la "soglia di sicurezza" delle emissioni di
carbonio (255 GtC) sarà raggiunta in meno di 40 anni e, se la domanda di
energia continuerà a crescere al ritmo attuale del 2% annuo, questa soglia sarà
superata tra 25-30 anni, con grossi impatti ambientali, economici e sociali.
Politiche di sviluppo economico basate su costanti ed ingenti investimenti nel settore delle fonti energetiche non rinnovabili allontaneranno sempre di più l'obiettivo della stabilizzazione del clima a livelli di sicurezza. La riduzione dell'uso dei combustibili fossili avrà delle implicazioni nella gestione e nello sviluppo del settore energetico che, ovviamente, deve modificarsi ed intraprendere una nuova strada verso uno sviluppo eco-sostenibile. E' necessario, quindi, attuare una politica energetica idonea ad una rapida e concreta riduzione delle emissioni di gas serra che favorisca, al contempo, soluzioni energetiche alternative, quali le fonti di energia rinnovabile e una migliore efficienza energetica.
Sarebbe sufficiente dirottare i sussidi che l'Unione Europea e i singoli Paesi Membri destinano alle industrie dei combustibili fossili e del nucleare (circa 15 miliardi di dollari all'anno), per rendere competitive, sotto tutti gli aspetti, le fonti di energia rinnovabile.
Le richieste di Greenpeace:
Refrigerazione: come eliminare i composti chimici dannosi per l'atmosfera
Sebbene la Convenzione di Vienna (1985) e il Protocollo di Montreal (1987) abbiano identificato i CFC (clorofluorocarburi) ed altri composti chimici come le cause principali dell'assottigliamento dello strato di ozono e del riscaldamento globale, alcuni settori dell'industria continuano a rinviare la loro rapida eliminazione.
Mentre Greenpeace avviava ricerche per soluzioni alternative ai CFC, l'industria chimica promuoveva altri composti chimici come sostituti: gli HFC (idrofluorocarburi), potenti gas serra e gli HCFC (idroclorofluorocarburi), che, sebbene in maniera più debole rispetto ai CFC, sono comunque dei gas buca-ozono.
Nel 1992 Greenpeace presenta il "Greenfreeze", il frigorifero che utilizza piccole quantità di idrocarburi (principalmente, propano e butano) al posto dei CFC, HFC e HCFC, sia nel circuito refrigerante che nel sistema di isolamento. Nonostante la reazione ostile da parte dell'industria, tale tecnologia ha oggi assunto una posizione dominante nel mercato tedesco e in altri paesi europei. Grazie al lavoro di Greenpeace, anche Cina ed Argentina stanno introducendo il Greenfreeze nei loro mercati. Nel 1997, in occasione del decimo anniversario del Protocollo di Montreal, Greenpeace è stata premiata dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) per aver promosso con il Greenfreeze una soluzione concreta.
Il lavoro di Greenpeace continua nella promozione di queste tecnologie nel
settore della refrigerazione commerciale, già utilizzate in alcuni
supermercati, ristoranti e negozi nel Regno Unito, in Germania e in Italia.
La produzione di energia: il ruolo del solare nella protezione del
clima
Il settore della produzione di energia rappresenta la fonte principale di emissioni di gas serra, in particolare anidride carbonica (CO2) e metano (CH4). Nessuna rapida e permanente riduzione delle emissioni di gas serra sarà possibile senza progressivi miglioramenti nell'efficienza della produzione, della distribuzione e degli usi finali dell'elettricità, oltre al progressivo abbandono dei combustibili fossili (carbone, petrolio e gas) a favore di fonti di energia pulita e rinnovabile.
Mentre le tecnologie per una migliore efficienza energetica, così come per alcuni aspetti gli impianti eolici, vengono già riconosciuti in diverse parti del mondo come economicamente competitivi rispetto all'uso dei combustibili fossili, persiste ancora una scarsa consapevolezza sulle potenzialità dell'energia solare. In questo contesto, Greenpeace ha promosso alcune iniziative per accelerarne la promozione con l'obiettivo di farla diventare una delle principali fonti di produzione di energia elettrica sul nostro pianeta.
Nel 1996 in Germania, una campagna informativa diretta ai consumatori ha triplicato la domanda per la connessione in rete di sistemi fotovoltaici. Un rapporto della Commissione Europea evidenzia, inoltre, che l'industria fotovoltaica, che nel 1997 ha avuto una crescita record del 25%, potrebbe produrre nei prossimi 10 anni, oltre 450.000 nuovi posti di lavoro.
In Australia, in occasione dei giochi olimpici del 2000, Greenpeace ha (collaborato alla progettazione) sponsorizzato la costruzione del più grande quartiere solare - il Villaggio Olimpico ö che ospiterà più di 15.000 persone. Il progetto prevede la costruzione di 665 abitazioni alimentate con l'ausilio dell'energia solare e con un consumo energetico inferiore del 50% rispetto allo standard di riferimento.
In Grecia, Greenpeace ha proposto un piano per la promozione delle fonti rinnovabili al fine di eliminare totalmente l'uso di combustibili fossili dall'isola di Creta. Il piano comprende interventi sull'efficienza energetica, il solare, l'eolico e l'idroelettrico.
In Italia, Greenpeace ha lanciato nell'estate 1998 un'iniziativa per la promozione del solare termico denominata "Alla scoperta dell'acqua calda·". ". L'obiettivo è quello di far crescere un mercato che attualmente vede l'Italia nelle ultime posizioni in Europa, nonostante il buon livello di insolazione di cui gode il nostro Paese.
In tutto il mondo Greenpeace organizza interventi dimostrativi promozionali, come la fornitura di energia elettrica fotovoltaica per eventi musicali o per l'alimentazione di cucine elettriche, dimostrando che l'energia solare ha "il potere di cambiare".
Per quanto riguarda l'eolico, con il sostegno di Greenpeace, il governo danese ha varato un programma di sviluppo con l'obiettivo di raggiungere i 5.500 MW di potenza installata (equivalenti al 50% dei bisogni elettrici del Paese) entro il 2030.
Trasporti: come ridurre, da subito, le emissioni di CO2 del 50%
Nonostante gli impegni per ridurre le emissioni, tutte le stime confermano che il rilascio di CO2 dal settore dei trasporti è destinato ad aumentare.
Nel 1995, Greenpeace ha presentato in Europa un prototipo di autovettura
conosciuto con il nome di SmILE (Small, Intelligent, Light, Efficient).
Commissionato da Greenpeace, il progetto SmILE è stato sviluppato da una società
di ingegneria svizzera e, una volta realizzato, ha dimostrato di essere due
volte più efficiente del modello Twingo della Renault, che era stato utilizzato
come modello base. Le principali innovazioni riguardavano un nuovo motore e
miglioramenti nell'aerodinamica, applicabili a qualsiasi auto.
Greenpeace ha così
dimostrato che già da adesso sarebbe possibile ridurre del 50% i consumi e,
quindi, le emissioni di gas dannosi per l'ambiente. Oltre a ciò, è ovviamente
necessario ridefinire le politiche dei trasporti al fine di disincentivare l'uso
dei mezzi privati e del trasporto di merci su gomma e favorire invece lo
sviluppo del trasporto collettivo nei centri urbani e l'utilizzo di treni e navi
per le esigenze commerciali.