Alternativa alla globalizzazione

L'alternativa alla globalizzazione oppressiva? Pensare e agire strategicamente a livello globale, regionale, locale e nazionale.

John Wiseman (Melbourne)

Il saggio è stato presentato a Roma nel dicembre del 1998 in occasione del "International Lellio Basso Prize for Economic and Political Alternatives". Traduzione di Paolo Dominici, a cura e Maurizio Ruzzene.

SINTESI

Scopo di questo lavoro è quello di contrastare l'impatto paralizzante dell'idea che non vi siano più scelte politiche in un mondo globalizzato presentando una serie di 10 proposizioni sulle risposte alternative alla globalizzazione. Le proposizioni sono illustrate con una serie di esempi prevalentemente australiani e canadesi, utili per illuminare argomenti che altrimenti potrebbero diventare eccessivamente generali ed astratti.
La tesi centrale è che la globalizzazione comprende una serie di processi contraddittori e contestati che forniscono nuove possibilità e, allo stesso tempo, nuove minacce alle comunità coinvolte nella promozione di relazioni basate sulla diversità, solidarietà e sostenibilità. La sfida centrale è quella di riconoscere le connessioni tra l'azione a diversi livelli di spazio geografico e il governo politico e pensare ed agire su una serie di livelli senza perdere di vista il radicamento nella particolarità del nostro territorio.

COMPLETO

Scopo di questo lavoro è quello di contrastare l'impatto paralizzante dell'idea che non vi siano più scelte politiche in un mondo globalizzato presentando una serie di 10 proposizioni sulle risposte alternative alla globalizzazione. Le proposizioni sono illustrate con una serie di esempi prevalentemente australiani e canadesi, utili per illuminare argomenti che altrimenti potrebbero diventare eccessivamente generali ed astratti.
La tesi centrale è che la globalizzazione comprende una serie di processi contraddittori e contestati che forniscono nuove possibilità e, allo stesso tempo, nuove minacce alle comunità coinvolte nella promozione di relazioni basate sulla diversità, solidarietà e sostenibilità. La sfida centrale è quella di riconoscere le connessioni tra l'azione a diversi livelli di spazio geografico e il governo politico e pensare ed agire su una serie di livelli senza perdere di vista il radicamento nella particolarità del nostro territorio.

1. In un mondo globalizzato abbiamo bisogno di iniziare a creare comunità immaginarie informate da nuove comprensioni della cittadinanza transnazionale

Il forte squilibrio nella distribuzione del potere globalizzato rende alcune discussioni sulla cittadinanza globale e la democrazia cosmopolita fastidiosamente naif. Vi sono modi di vedere la globalizzazione sotto una luce positiva guardandola come una serie di processi che aiutano a creare le precondizioni per una "democrazia cosmopolita", combinando i tratti migliori dell'autodeterminazione locale con il processo decisionale democratico informato da una prospettiva globale. Da questo punto di vista l'espansione del commercio e delle comunicazioni globali crea nuove possibilità per le istituzioni democratiche di governo globale e l'ampliamento delle alleanze tra sindacati locali, organizzazioni comunitarie e movimenti sociali.
La visione più pessimistica è che i reali vincitori sono coloro che hanno la ricchezza per godere i lussi del consumo globalizzato - le emergenti sopraclassi transnazionali degli speculatori finanziari, manager dell'informazione, operatori dei media ed altri "analisti simbolici" globali. I perdenti sono la grande maggioranza della gente il cui sostentamento rimane limitato dal legame a luoghi particolari e la cui capacità di resistere all'ineguaglianza e al danno ambientale insorgenti è stata significativamente minata nel momento in cui le leve del potere si sono allontanate dalla loro vista ed influenza.
I diritti e le responsabilità della cittadinanza globale sono stati temi chiave in molte delle maggiori inchieste sulla distribuzione globale e sulle questioni di sviluppo negli ultimi trent'anni. La Commissione Palme sul Disarmo, la Commissione Brandt sullo Sviluppo Internazionale e la Commissione Brundtland su Ambiente e Sviluppo hanno tutte mancato l'opportunità della ricerca di valori politici e relazioni appropriati per un mondo globalizzato. Nessuna è stata in grado di riconciliare le tensioni tra la loro capacità ammirevole di focalizzare l'estensione e la profondità dell'ineguaglianza globale e dei problemi ambientali e le soluzioni proposte, che hanno infine fatto affidamento sull'inesorabile espansione della crescita economica del settore privato in un mercato globalizzato. Tensioni simili hanno influito sui dibattiti e sui risultati dei maggiori summit delle Nazioni Unite degli anni `90 in relazione all'ambiente, allo sviluppo sociale, alle donne e alla città.
Il problema costante è che "la cittadinanza associata con il Nuovo Ordine Mondiale è piuttosto un concetto stratificato basato su beneficiari e vittime, inclusione ed esclusione... e che presuppone la sostenibilità del capitalismo ad alta crescita". I diritti di cittadinanza nazionale e globale sono diventati sempre più definiti in termini dei diritti individualizzati a consumare ed a partecipare al mercato.
Nel contesto australiano, pubblicisti e opinionisti elettorali, suggeriscono che l'umore sociale australiano dominante è di cinismo ed "ostilità", combinato con timori sull'effetto del rapido cambiamento in un mondo frammentato in cui sono poche le fonti di certezza, fede o ispirazione. Questo profondo senso di rischio, ansietà e un collasso di fiducia nella religione e nelle istituzioni politiche è un tratto pervasivo delle società postindustriali, postfordiste, ed ha dato origine ad una varietà di risposte da parte dei partiti politici che cercavano disperatamente di riprendere sostenitori ed un senso di direzione.
Nell'arido clima del discorso politico australiano sulla cittadinanza in un mondo globalizzato, un punto di partenza consiste nell'opporsi all'individualismo atomistico della "cittadinanza del mercato" competitivo, nel difendere e reclamare l'importanza dell'interdipendenza e della cooperazione. Questo implica una riaffermazione della natura fondamentalmente sociale della vita umana e dell'interdipendenza ecologica tra tutte le forme di vita e l'ambiente naturale.
L'idea di un principio più globale di cittadinanza può essere un utile punto di partenza per la ricreazione di una filosofia politica e morale se la cecità storica di gran parte del discorso politico verrà superata, in direzione di un più appropriato equilibrio tra autonomia e solidarietà, cooperazione e differenza, diritti e responsabilità.

E' possibile difendere il valore della differenziazione sociale senza abbandonare le richieste universalistiche ed egualitaristiche come fondamento per una vantaggiosa diversità di valori e stili di vita... Il punto centrale è di vedere che i modi di vita di... complessità e ricchezza non dipendono solo dagli individui ma dai vari tipi di comunità che rendono possibile il compimento umano, i modi quotidiani dell'essere genitori, operai, o buon cittadini.
Alla dimensione dello spazio bisogna aggiungere anche la dimensione del tempo.
La cittadinanza tradizionale opera spazialmente; la cittadinanza globale opera temporalmente, cercando di raggiungere una futura possibilità e rendendo una persona un "cittadino pellegrino", cioè qualcuno in viaggio verso "un paese" che dovrà essere stabilito nel futuro, in accordo con concezioni più idealistiche e normativamente ricche della comunità politica.
I diritti e le responsabilità civili, politici, sociali ed economici non possono più essere contenuti dalle frontiere di uno stato nazionale - ma neanche possono essere semplicemente astratti al livello del governo globale. I diritti e le responsabilità dei cittadini globali necessitano di essere costantemente rinnovati attraverso la negoziazione su diversi piani spaziali. Il dibattito emergente sul significato della cittadinanza globale può essere sostanziato solo attraverso lo sviluppo di rapporti di produzione più giusti, più responsabili e sostenibili, e la creazione di nuove forme di governo democratico a tutti i livelli geografici.

2. La creazione di forme di cittadinanza globale desiderabili e significative richiederà la trasformazione democratica ed ecologica dei rapporti economici globalizzati

La visione che l'astronauta aveva del pianeta dallo spazio era, per molte persone, il punto di svolta simbolico nello sviluppo di un senso riflessivo di se stessi come cittadini di un pianeta e allo stesso tempo di una località o di una nazione. Come argomenta David Korten, ora è arrivato il tempo in cui l'immagine dell'astronauta che gestisce risorse limitate in uno spazio limitato può rimpiazzare quella del cowboy che sfrutta una frontiera illimitata, come modello di agire dominante per il ventunesimo secolo.
Il pericolo globale più urgente è la minaccia portata ai beni comuni globali da uno sfruttamento sfrenato delle risorse non rinnovabili e il danno irreparabile che si sta facendo alla biosfera. La sfida del riscaldamento globale - e il fallimento del summit di Kyoto sul cambiamento climatico nel raggiungere un accordo effettivo sui limiti dei gas di serra - fornisce un'immagine potente della necessità e della difficoltà di tradurre la retorica della cittadinanza globale in un'azione politica tangibile. La decisione del governo australiano di continuare a sostenere che l'Australia dovrebbe essere uno dei pochi paesi a mantenere in crescita i suoi livelli di emissioni fornisce un esempio particolarmente deprimente dei modi in cui corporazioni e governi miopi sono disposti a compromettere obiettivi globali di lungo termine per vantaggi finanziari a breve termine.
Un punto di partenza importante è esaminare attentamente la supposizione che l'espansione inesorabile del commercio globale sia sempre desiderabile, particolarmente in un'età dove una crescente proporzione del commercio mondiale è in effetti commercio tra grandi corporazioni. Ad un'estremità dello spettro dei punti di vista su questo tema c'è l'argomento che il sistema del commercio globale, lungi dall'esser un sistema volontaristico di scambio, reciprocamente vantaggioso, è diventato un mezzo di coercizione, impiegato congiuntamente dalle potenti istituzioni del Primo Mondo e dalle elites clientelari del Terzo, per consegnare forzosamente le risorse del Terzo Mondo nel mercato globale, in termini altamente favorevoli ai commercianti.
Un giudizio critico sulle attuali relazioni del commercio globale non significa e non dovrebbe significare una ritirata nell'isolazionismo e nell'autarchia. Ci sono ovvi benefici nella possibilità di avvicinarsi a molte risorse e abilità che non sarebbero disponibili in particolari località. Una strategia commerciale alternativa, tuttavia, deve cominciare con il riconoscimento che l'espansione illimitata del commercio mondiale non è un fine in sé. I benefici economici del commercio accresciuto devono essere contrapposti ai costi sociali ed ambientali del consumismo illimitato e sconfinato.
Nuovi sistemi di conteggio che forniscano un quadro più accurato dell'intero costo ambientale, così come di quello finanziario implicato dai sistemi di trasporto richiesti per le espansioni progressive nel volume del commercio mondiale, saranno un passo importante nel riconoscimento dei reali benefici ecologici e sociali della circolazione locale dei beni e servizi.
Una regolamentazione internazionale effettiva è necessaria anche per monitorare e controllare il commercio tra grandi compagnie d'affari, sviluppato come strategia per evitare gli standard ambientali, dei diritti umani, sanitari, di sicurezza e di lavoro. I governi nazionali non dovrebbero essere ostacolati nell'adozione di misure volte ad evitare il dumping di prodotti a prezzi artificialmente deflazionati o nell'utilizzo di barriere commerciali per perseguire obiettivi di sostenibilità ambientale e di biodiversità. Laddove si sostengano misure tese a rendere aperti i mercati internazionali, dovrebbe esservi chiara evidenza che i provvedimenti garantiscano un miglior accesso ai produttori delle economie meno sviluppate. Dovrebbero essere incoraggiati anche rapporti commerciali più diretti tra produttori e consumatori a livello locale, nazionale e globale.
I processi decisionali relativi agli accordi commerciali globali dovrebbero essere resi molto più trasparenti e democratici di quanto lo siano attualmente. Le organizzazioni non governative (ONG), che rappresentano una fascia diversificata di gruppi ed interessi, hanno bisogno di avere un maggior accesso a documenti, dibattiti e processi decisionali dei forum commerciali globali e regionali, quali il WTO, il NAFTA e l'APEC (Asian Pacific Economic Co-operation Agreement).
Nel caso dell'Australia, rendere noti i processi decisionali dell'APEC è una priorità particolarmente importante. Deve essere riaffermata la connessione tra principi dei diritti umani, diritti del lavoro e rapporti economici - un compito urgente data la determinazione dell'attuale governo australiano a spezzare la connessione tra diritti umani e commercio.
La gestione dei flussi finanziari globali è ragionevolmente il compito più urgente e difficile di tutti per rispondere alla globalizzazione. Questa è una sfida che non può essere affrontata con l'azione al solo livello nazionale, un punto sempre più riconosciuto dagli osservatori di diverso background politico. Come l'ex Primo Ministro liberale australiano, Malcom Fraser, per esempio, recentemente notava "ad un certo punto, speriamo presto piuttosto che tardi, le autorità internazionali decideranno che è una necessità globale una supervisione prudenziale più massiccia delle attività del mercato del capitale."
L'assenza di vincoli sulla mobilità del capitale rende estremamente difficile per i lavoratori e i loro sindacati mantenere qualsiasi potere contrattuale data la facilità con cui i proprietari del capitale possono semplicemente scappare. Persino la minaccia della fuga di capitali è spesso sufficiente a prevenire campagne effettive su salari e condizioni. Allo stesso modo la mobilità non regolata del capitale finanziario mina seriamente la capacità dei governi nazionali o locali di intervenire nel mercato così come di promuovere obiettivi - quali la piena occupazione o politiche ambientali alternative - che non siano interesse dei mercati monetari globali. Questo è un motivo chiave del perché il proposto Accordo Multilaterale sugli investimenti deve essere fermamente ed efficacemente osteggiato.
Molti commentatori di diverse prospettive politiche hanno argomentato che la capacità di trasferimenti elettronici, quasi istantanei, di ingenti somme di denaro ha reso virtualmente impossibile la regolamentazione finanziaria globale. Non c'è dubbio che le sfide tecniche siano formidabili, ma in ultima analisi, la regolamentazione finanziaria dipende dalla volontà politica di imporre sanzioni adeguate, così che, dati i rischi di essere scoperti, la maggior parte delle persone osserverà la legge. Il fatto che tali leggi possano essere sempre tecnicamente evase (da alcuni, per un certo tempo) non è un argomento contro di esse o la loro imposizione, non più di quanto l'esistenza di assassini impuniti costituisca un argomento contro le leggi sull'omicidio.

La sequenzialità è la chiave per una riforma di successo dell'assetto finanziario internazionale. Il primo passo è quello di raggiungere accordi tra i governi nazionali in relazione al monitoraggio dei flussi finanziari e un sistema di controlli che richieda il rientro dei capitali che varcano la frontiera in violazione delle leggi nazionali.
Tali controlli dovrebbero essere integrati dalla reintroduzione di un certo grado di regolamentazione dei tassi di scambio e di azione cooperativa sulle politiche nazionali dei tassi di interesse per prevenire forti movimenti nei tassi di interesse di qualsiasi paese che porti alla destabilizzazione dei deflussi di capitali dalle altre economie nazionali. In questo contesto, sarebbe molto più fattibile per i governi nazionali scegliere di implementare forme efficaci di controlli quantitativi e qualitativi sui flussi di capitali sia in entrata che in uscita.
Il passo successivo sarebbe l'introduzione di una varietà di tasse, globalmente imposte, concepite in modo da limitare l'attrazione della speculazione finanziaria globalizzata e ridistribuire alcuni degli ampi profitti che attualmente eludono le agenzie nazionali di riscossione delle imposte. Una "tassa Tobin" su tutte le transazioni finanziarie internazionali è l'idea più promettente, ma altre proposte, che meriterebbero un'attenta disamina, comprendono la tassazione del commercio derivato, delle vendite di armi, delle emissioni di carbonio e dei trasporti aerei.
Nel contesto degli accordi internazionali sulla regolamentazione della mobilità dei capitali, potrebbero essere introdotte anche tasse, nazionali ed internazionali, sui profitti da capitale ricavati da attività tenute per brevi periodi di tempo, per incoraggiare gli investimenti produttivi piuttosto che quelli speculativi.
Le risorse ottenute attraverso la tassazione delle transizioni finanziarie globali potrebbero essere usate per aiutare a finanziare un ]new deal globale che comprenda la revoca dei debiti e un investimento sostanziale in un'occupazione che generi iniziative ecologicamente sostenibili nelle aree più sfruttate del mondo. Alcune di queste risorse potrebbero essere destinate alla creazione di un Fondo per lo Sviluppo della Società Civile per sostenere una rete globale più efficace di organizzazioni non governative e di movimenti sociali, compiendo i primi passi verso la costruzione di una società civile transnazionale.

3. Lo sviluppo di rapporti economici globali democratici e sostenibili richiederà l'invenzione di nuove forme di governo transnazionale

Molti critici della globalizzazione oppressiva si sono focalizzati sulla creazione di istituzioni globali politiche, finanziarie e legali alternative, che possano costituire un contrappeso democratico al potere del capitale transnazionale. Se il potere corporativo si è spostato sull'arena globale, allora le Nazioni Unite, insieme con le organizzazioni non governative quali quelle del lavoro globalmente organizzato e quelle sociali, possono fornire la base per la creazione di codici di condotta corporativi internazionali, controlli sulle transazioni finanziarie e la costruzione di forme di governo internazionale più democratiche.
E' vero che, alla fine, la globalizzazione del potere economico può essere trattata adeguatamente solo attraverso sistemi globalizzati democratici di formazione delle decisioni, regolamentazione e distribuzione. I problemi, tuttavia, sono ovvi.
Il metodo più efficace per creare la piena occupazione globale è un'espansione macropolitica cooperativa, controlli dei capitali cooperativi, una banca centrale internazionale sul modello di Keynes ed una Carta Sociale internazionale che enumeri ed imponga salari minimi, condizioni lavorative e diritti economici e standard ambientali adeguati. Sfortunatamente le attuali speranze di raggiungere questi accordi globali comprensivi sono esili.
Le organizzazioni operanti a livello globale di gran lunga più organizzate ed influenti sono le corporazioni transnazionali (TNC), le agenzie transnazionali semi - private quali l'International Standards Organisation ed enti come il WTO che sono pesantemente influenzati da interessi corporativi. E' dunque vitale che il controllo e la gestione delle TNC e di altre organizzazioni corporative globali siano soggetto di studio, pubbliche valutazioni e comprensione di gran lunga più approfonditi di quanto non avvenga attualmente.
La più grande e significativa tra le istituzioni democratiche globali, l'ONU, continua a soffrire di una grave crisi di identità e legittimità. Le Nazioni Unite si comprendono meglio come un fragile insieme di accordi tra governi nazionali con ben diversi gradi di influenza e potere. Le sue azione più riuscite rimangono la codificazione degli standard globali dei diritti umani individuali. Ricordando che prima del 1945 non esistevano codici dei diritti umani sovranazionali, è impressionante come le varie dichiarazioni e convenzioni delle Nazioni Unite garantiscano ora il diritto alla vita, al riconoscimento degli individui come persone giuridiche, a processi equi, libertà di riunione e associazione, sicurezza della persona, libertà di pensiero ed espressione, di coscienza e religione, libertà di movimento e libertà da torture, esecuzioni sommarie, punizioni crudeli ed inumane, schiavitù, servitù e lavori forzati.
Gran parte dell'agenda dei diritti umani delle Nazioni Unite rimane però a livello di buone intenzioni, risolutive solo con un effettivo potere di imposizione che risulta condizionato dalla determinazione degli stati nazionali a resistere a qualsiasi interferenza nei loro processi interni. Gli indicatori e gli standard dei diritti umani internazionalmente riconosciuti sono preziose precondizioni per processi democratici e responsabili di governo e di giustizia internazionali. I processi per Crimini di Guerra Internazionali, in relazione alla Germania, al Giappone e, più recentemente, alla Bosnia, hanno dimostrato, per esempio, la possibilità di anteporre l'universalità dei diritti umani alle ragioni portate dalla difesa sulla base del fatto che gli accusati erano "solo esecutori di ordini" dei loro rispettivi stati nazionali. Ma chi effettuerebbe una reale imposizione o un'azione punitiva contro gli Stati Uniti se questi scegliessero di ignorare i risultati della Corte Internazionale in relazione all'azione militare intrapresa dagli USA contro il governo Sandinista in Nicaragua?
Il cinismo sull'inefficacia del ruolo delle Nazioni Unite come forum democratico per le decisioni globali deve essere temperato da una valutazione sobria delle alternative. Se guardiamo ai singoli stati nazionali come fonti potenziali di assetto e governo globali, il solo candidato nel mondo del dopo guerra fredda sono gli Stati Uniti. Mentre le sue motivazioni possono essere state ambigue, l'amministrazione Clinton dei primi anni '90 ha esplorato la possibilità di collegare gli standard commerciali e del lavoro, ma questo ha vacillato di fronte alla fiera resistenza dei maggiori partner commerciali quali la Cina, Singapore, la Malesia e l'Indonesia. Le esperienze della Guerra del Golfo e della Somalia hanno portato ad un notevole scetticismo nei confronti dell'idea che gli Stati Uniti debbano essere incoraggiati a svolgere un ruolo più attivo in rapporto alla sicurezza o allo sviluppo internazionale.
I ruoli delle altre maggiori istituzioni transnazionali dopo Bretton Woods, come il ]Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e il GATT (ora Organizzazione per il Commercio Mondiale) sono state anch'essi oggetto di ampie critiche in rapporto sia al predominio nell'assunzione delle decisioni da parte delle nazioni industrializzate dell'Occidente che al loro infelice primato nei risultati finanziari e di sviluppo.
Altre organizzazioni e forum internazionali quali l'OECD e il gruppo dei G7 sono stati concepiti da e per le più ricche e potenti nazioni industriali dell'Occidente. E' dunque essenziale cominciare il lungo ed incerto processo di creare istituzioni e reti transnazionali che possano fornire le basi per la progettazione e l'implementazione di rapporti commerciali, finanziari e normativi globali alternativi.
Un quadro riformato di intese delle Nazioni Unite fornirà alcune delle basi organizzative per la creazione di sistemi impositivi più efficaci in rapporto alla normativa sui diritti umani e sugli standard di lavoro. Anche altre istituzioni globali, come l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, possono svolgere un ruolo utile così come lo può la negoziazione di patti sociali multilaterali e bilaterali a livelli regionali.
L'efficacia limitata dei patti sociali e degli accordi sui diritti sindacali, sia nell'esperienza NAFTA che della UE, tuttavia, suggerisce che non sarebbe saggio riporre troppa fede in tali strategie di per se stesse. L'evidenza storica riguardo ai tentativi di raggiungere riforme sociali nazionali ed internazionali attraverso standard e norme legislativi porta alla conclusione che tali misure siano efficaci solo quando sono collegate ed imposte da movimenti sociali ben visibili e forti.

4. La riforma democratica del governo globale dipende dal successo dello sviluppo della società civile transnazionale

La chiave di passaggio ad una normativa dei diritti umani e a una riforma progressiva del commercio e della finanza globali si trova nella promozione di connessioni globali più forti tra sindacati, movimenti sociali e organizzazioni non governative. Questo processo non sarà diretto.
I movimenti del lavoro, in molti paesi, hanno una lunga storia di internazionalismo e ci sono molti esempi felicemente riusciti di organizzazione e solidarietà attraverso i confini. Il successo del sindacato australiano dei marittimi nell'ottenere il sostegno del sindacato internazionale per fermare dei potenziali perturbatori degli scioperi, che erano stati addestrati a Dubai nel 1997, rappresenta un forte esempio del potere che può essere ottenuto con una mobilitazione nelle industrie strategiche. Come agli inizi del 1988, però, il risultato finale del conflitto per il controllo dei porti australiani è ancora ben lontano dall'essere chiaro.
Il sindacalismo internazionale rimane una importante fonte potenziale di solidarietà globale, e il potenziale organizzativo attraverso i confini deve essere ancora pienamente esplorato. Non si dovrebbe, tuttavia, esagerare l'influenza dei sindacati. Il numero delle iscrizioni al sindacato è in discesa ovunque, e i lavoratori sono sempre più costretti a diventare più flessibili e mobili, rompendo i legami con località e industrie particolari, e con gli altri lavoratori.
La situazione delle sfere politiche e culturali è ancor più preoccupante data la perdita di legami tra le comunità locali, il potere globalizzato delle industrie transnazionali e la capacità del settore corporativo di vincere la battaglia culturale su cuori e menti, che insieme hanno creato una cultura dominante di consumismo ed individualismo estremi. "Il pessimismo della ragione e l'ottimismo del cuore" rimane un aforisma appropriato riguardo agli squilibri del potere globalizzato. Tuttavia la prospettiva di aggirare gli effetti segmentativi, socialmente disintegranti e polarizzanti, della spinta della globalizzazione si fonda sulla possibilità che emerga una cultura politica alternativa che darebbe uno scopo più grande all'azione collettiva e porrebbe un valore più grande sui beni collettivi...
La condizione per una ristrutturazione della società e del sistema politico... consisterebbe nel costruire un nuovo blocco storico capace di sostenere una lunga guerra di posizione fino a quando non fosse abbastanza forte da diventare una base alternativa del sistema politico... Se, infine, dovessero conseguire nuove forme di stato, queste forme dovrebbero sorgere dalla pratica dell'azione collettiva popolare non statale piuttosto che dalle estensioni dei tipi esistenti di controllo amministrativo.

Forme embrionali di reti globali della "società civile transnazionale" possono essere viste nel lavoro delle organizzazioni per i diritti umani, per lo sviluppo e l'ambiente, come Amnesty, Oxfam e Greenpeace, e nei forum non governativi dei summit per l'ambiente, le donne e lo sviluppo sociale, globali. Possono essere viste anche negli sforzi di costruire alleanze sindacali transnazionali e nuovi modi di raggiungere i lavoratori non organizzati che possono offrire una qualche sfida al potere delle corporazioni transnazionali.[32]
A livello regionale, la costruzione di un accordo attraverso i confini e le campagne dell'END (Campagna per il disarmo nucleare) in Europa durante gli anni '80, le difficoltà e, a volte, i pericoli incontrati nei tentativi di costruire conoscenze e alleanze tra sindacati e organizzazioni comunitarie in Canada, negli Stati Uniti e in Messico negli anni '90, forniscono lezioni ed ispirazione importanti.
Nel caso australiano, la sfida è di iniziare a creare una ben maggiore consapevolezza e legami reali tra la società civile, le organizzazioni non governative (ONG) e i movimenti sociali in Australia e nella regione asiatica del Pacifico. Alcune delle iniziative più utili potrebbero comprendere una pratica assistenza tecnologica e finanziaria mirata a migliorare le comunicazioni regionali ed i sistemi infrastrutturali di trasporto per rappresentanti, attivisti e ricercatori delle ONG.

5. Le regioni transnazionali saranno almeno tanto significative quanto gli spazi globali nell'invenzione di nuove relazioni economiche, politiche ed ecologiche

Infine, è essenziale riconoscere anche che il processo di regionalizzazione è almeno tanto significativo quanto la globalizzazione nella comprensione della trasformazione del contesto dei processi decisionali nazionali. Le decisioni e le relazioni chiave sono sempre più contenute all'interno dei confini delle regioni del Nord America, dell'Europa e dell'Asia del Pacifico, con le strutture governative della UE, del NAFTA e dell'APEC, che giocano ruoli molto diversi ma sempre più importanti.
Gli accordi sui diritti umani e sui vincoli sociali, economici ed ambientali nella regione asiatica del Pacifico devono essere perseguiti attraverso la creazione di carte per i diritti sociali ed umani APEC e attraverso azioni cooperative tra i sindacati e le organizzazioni comunitarie.
Gli australiani (al di fuori della comunità degli affari) rimangono cauti di fronte all'idea dell'Australia come una cultura focalizzata sull'Asia e, sorprendentemente, disinteressati alle implicazioni del processo APEC. Tuttavia, è a questo livello regionale che molti dei più importanti conflitti, che influenzano il futuro dell'economia e della società australiane, si esauriranno. E' dunque vitale ed urgente che, a livello ]APEC, si stabiliscano forme organizzative di movimenti non governativi e di lavoratori.
Molti attivisti all'interno del movimento del lavoro e di altri movimenti sociali australiani hanno riconosciuto da tempo l'importanza della difesa dei diritti e delle condizioni di lavoro per la crescita di sindacati indipendenti in Asia. Riconoscere l'importanza di tali reti è un buon punto di partenza. Ma stabilire la comprensione e la fiducia per superare profonde differenze culturali richiederà una marcata crescita di risorse e tempo dedicati a questo compito.
E' richiesto uno sforzo concertato per creare una moltitudine di connessioni dirette più forti e di dialoghi tra organizzazioni comunitarie, sindacati, governi locali, scuole e università nella regione asiatica del Pacifico. Tali connessioni e dialoghi devono essere costruiti su una maggior comprensione che non si tratta di un'Australia "ricca" che aiuta i suoi "poveri" vicini asiatici, ma di persone di differenti contesti politici e culturali che si mettono insieme per esplorare interessi comuni.

6. Reimmaginare le comunità in un mondo globalizzato richiede di reimmaginare il significato e la natura dei rapporti locali

Per molti attivisti comunitari, la risposta alla globalizzazione del potere è l'"azione radicale" e la "globalizzazione dal basso". I difensori delle strategie localiste si avvicinano ad una diversità di tradizioni politiche che comprendono lo sviluppo comunitario, lo sviluppo internazionale, l'economia del "piccolo è bello", il socialismo localista, l'anarchismo comunitario, il movimento ambientalista e il movimento delle donne. Il filo comune è la credenza nella promozione delle reti economiche locali e dei rapporti comunitari come arene in cui si possa proteggere l'identità e la differenza, nutrire la solidarietà e la reciprocità e sostenere i valori ecologici.
Le possibilità di politiche localiste progressive sono state oggetto di una critica motivata, basata sul fatto che, con tutte le loro buone intenzioni, molti attivisti locali rimangono ingenui sul grado in cui le relazioni politiche ed economiche oppressive possano essere effettivamente sfidate soffermandosi soltanto a livello locale. Da questo punto di vista, le costrizioni esercitate sulla resistenza locale e sulla fiducia in se stessi sono diventate ancora più grandi da quando le relazioni chiave del potere corporativo si sono spostate ancora più in alto, dal livello nazionale a quello globale.
Altre critiche alle panacee radicali hanno evidenziato che non c'è nulla di intrinsecamente progressivo nelle politiche basate sulla località e sulla comunità. C'è una quantità di esempi di campagne ed organizzazioni radicali settarie, di mente ristretta e oppressive. Una buona parte delle pressioni per la decentralizzazione e la devoluzione e molti discorsi sulla sussidiarietà sono guidati, apertamente o velatamente, da argomenti più interessati all'abbattimento dei costi ed all'asportazione dei sistemi normativi che ai principi di democrazia e partecipazione locali. Infine, un'enfasi acritica sui meriti del localismo e delle "cure comunitarie" può diventare subito una giustificazione per caricare maggiori responsabilità sulle donne nel regno della famiglia e della sfera privata.Spesso c'è anche una notevole confusione su che cosa si intenda esattamente per "locale". In contesti ed ambienti diversi, il locale può riferirsi a livelli diversi come la famiglia, il vicinato, la municipalità, la città, la regione subnazionale, o persino la regione subglobale. Questo è legato alla natura mutevole del "localismo" con un cambiamento dalle più vecchie forme, intimistiche e irriflessive, di localismo verso comprensioni ed azioni locali più riflessive e rivolte verso l'esterno.
E, mentre si sollevano le pressioni economiche, tecnologiche e culturali verso l'individualismo consumistico, il significato di "locale" sta cambiando nel momento in cui molti "cittadini consumatori" si ritirano sotto il livello della comunità locale, nelle fortezze delle famiglie, mentre tentano di "rimanere in contatto" globalmente attraverso vacanze FlyBuys, E-mail e cyberspace. In questo contesto è irrealistico immaginare o sostenere comunità locali autocomprensive ed autosufficienti ad immagine della polis ateniese.
La globalizzazione, tuttavia, ha anche il potenziale di connettere gruppi ed istituzioni locali in nuovi modi, con discussioni e negoziazioni, bypassando spesso lo stato nazionale. Senza essere ingenui riguardo a una visione romantica del localismo, un paradosso della globalizzazione è che la creazione di movimenti sociali locali più efficaci, di istituzioni locali più democratiche e di rapporti locali più cooperativi diventa più importante che mai.

7. La reimmaginazione e reinvenzione delle comunità locali richiede la democratizzazione dei rapporti economici locali.

Ci sono molti campioni della concezione che piccolo è effettivamente bello e che la risposta più efficace alla globalizzazione è di agire localmente per creare rapporti sociali, politici, economici ed ambientali veramente più democratici e responsabili. Mentre al centro dell'attenzione devono risultare primariamente le possibilità e i limiti dei rapporti economici locali alternativi, le tensioni tra autonomia e solidarietà - stato, mercato e società civile - si manifestano anche in altre istituzioni sociali, ambientali e politiche.
Le variabili chiave in rapporto allo sviluppo economico locale, regionale e comunitario, risiedono nel grado in cui il controllo del settore privato ed i principi del libero mercato sono accettati o sfidati, e le politiche e le pratiche sono collegate a più ampi obiettivi di trasformazione sociale. Così, dal più estremo punto di vista dell'economia neoliberale, ineguaglianze tra località sono l'inevitabile e spesso desiderabile risultato di modelli geografici mutevoli di domanda e offerta. Se questo significa che particolari comunità rurali, regionali o urbane vadano in declino allora così sia. Gli abitanti non hanno che da spostarsi se vogliono migliorare le loro prospettive occupazionali.
Ci sono limiti all'accettabilità politica locale di queste forme estreme di laissez faire, le politiche regionali e le risposte economiche locali alla ristrutturazione globale annoverano comunemente più misure concepite per trattenere ed attrarre gli investimenti privati in località particolari, migliorando la competitività dei sistemi fiscali locali, i mercati del lavoro e le infrastrutture.
Il ripristino della democrazia economica locale comincia con una ricerca e una istruttoria che dimostrino l'impatto locale della ristrutturazione e il bisogno di azioni volte ad aiutare coloro che stanno pagando il prezzo più alto. Nel migliore dei casi, la "strada principale" per la competitività locale significa investire in una forza lavoro più qualificata, trasporti di alta qualità, tecnologia delle comunicazioni e un ambiente di vita e di lavoro attraente. Anche un'enfasi sul miglioramento delle reti tra industrie, per stabilire un "circolo virtuoso" e creare un clima favorevole alla crescita locale e regionale, è una componente frequente di tali strategie.
Nel peggiore dei casi, la "strada secondaria" per la competitività diventa una "corsa a toccare il fondo" tra località disperate per attrarre lavori a qualsiasi costo con zone di libero scambio, con bassi salari, completamente deregolate, come le Maquilladoras, lo scenario più estremo.
La rapida globalizzazione delle imprese locali di una volta ha posto le comunità in un terribile dilemma: o salari tagliati, adeguati standard ambientali ed offerta di incentivi fiscali per indurre le corporations a costruire nuove aziende o uffici, o prepararsi a diventare una città economica fantasma. Persino sindaci e funzionari "progressisti" si trovano in compagnia con capitani d'industria per porre in atto i migliori trucchi, affinché le corporations rimangano o ritornino nelle loro località. Questa, tuttavia, è una competizione senza vincitori, perché le comunità abbassano ovunque la qualità della vita.
Strategie più interventiste da parte dello stato locale e di organizzazioni non governative possono comprendere ricerche e difese per dimostrare l'impatto locale della ristrutturazione e il bisogno di assistenza finanziaria, iniziative legislative concepite per proteggere i lavori locali, sostegno alla creazione di lavoro locale e programmi per il mercato del lavoro, ruoli più diretti negli investimenti verso l'occupazione che generino nuove imprese, compresa un'ampia varietà di iniziative comunitarie di sviluppo economico. Forse, come argomenta Schuman, l'impatto locale dei processi di ristrutturazione globali e nazionali dovrebbero essere formalmente e regolarmente monitorati e pubblicizzati attraverso un sistema di studi annuali e dibattiti pubblici in tutte le località.
Alcune autorità locali negli Stati Uniti hanno impiegato legislazioni a chiedere alle imprese di assumersi la responsabilità di ridefinire le loro attività attraverso misure quali dichiarazioni obbligatorie di impatto economico e sociale, assistenza ai lavoratori nella ricerca di occupazione alternativa, fornitura di maggiori opportunità ai lavoratori, alle comunità e ai governi locali, nella valutazione delle possibilità di acquistare e far funzionare l'impianto.
Questi tentativi di regolare la mobilità del capitale sono stati generalmente sfidati con successo nelle corti giudiziarie e non affrontano adeguatamente il problema fondamentale della crescente capacità delle imprese globalmente organizzate di far giocare una località contro un'altra, e di allontanarsi semplicemente da aree viste come troppo regolate. Per questo motivo, alcuni politici hanno sostenuto un sistema di statuti connessi localmente che coprano le pratiche chiave dell'occupazione (quali il lavoro dei bambini, salari minimi, il diritto di organizzarsi e standard di salute e sicurezza).
Si possono definire statuti governativi locali che coprano gli standard dell'occupazione, del consumatore e ambientali, di imprese all'interno del territorio e di imprese che esportano nel territorio. Questi potrebbero avere probabilmente un certo successo solo se collegati a reti nazionali ed internazionali di governo locale e organizzazioni comunitarie, che acquistino ed investano in imprese che soddisfino standard concordati.
Ironicamente, la globalizzazione dei mercati e l'interdipendenza di molte grandi industrie le ha rese più vulnerabili all'azione concertata su vasta scala dei consumatori. Per dare solo un esempio, la Cooperativa dei consumatori ]Seikatsu Club fu fondata nel 1965 da una casalinga di Tokio che organizzò duecento donne in un acquisto collettivo per abbassare il prezzo del latte. In trent'anni Seikatsu è diventata un'organizzazione informatizzata per l'acquisto collettivo con oltre 170.000 membri. Il collettivo usa il suo potere d'acquisto non solo per abbassare i prezzi, ma anche per creare pressioni sulle imprese riguardo a condizioni lavorative ed a temi ambientali e sociali.
Se il collettivo trova che non ci sono prodotti o ditte soddisfacenti allora si crea una nuova impresa, basata su legami diretti tra consumatori e produttori. Allo stesso tempo il Club ha posto attenzione ai modelli consumistici dei suoi membri ed ha iniziato anche a perseguire forme più tradizionali di azione politica, compresa la contestazione delle elezioni parlamentari. Più liberamente "l'obiettivo del Seikatsu Club è di imparare come autogovernare la società attraverso l'autogestione delle nostre vite. Le nostre visioni per ricostruire le società locali derivano da questo principio".
E' possibile immaginare un'estensione di questo tipo di modello, che potrebbe comprendere la creazione di una rete o blocco di autorità locali e di organizzazioni non governative, al fine di monitorare degli indicatori di comportamento aziendale e decidere di comperare ed investire solamente rispetto a imprese che soddisfino standard concordati riguardo a pratiche occupazionali, ambientali e di mercato.
La creazione di un tale blocco entrerebbe chiaramente in conflitto con i ruoli antiprotezionisti contenuti nei cosiddetti accordi di "libero scambio" come il NAFTA. La legittimità e la prescrizione di questi provvedimenti potrebbero essere verificate da una rete sufficientemente forte di gruppi di comunità locali, organizzazioni di consumatori, governi nazionali e locali.
La facilitazione di lavorare in rete e condividere informazioni è stata una caratteristica essenziale di molte iniziative con un attenzione esplicita sullo sviluppo economico delle comunità locali (CED). Una vasta gamma di organizzazioni intermediarie e di supporto sono state create per assistere le imprese basate sulla comunità, condividere le informazioni e fornirsi supporto reciproco attraverso newsletter, seminari, conferenze,clearing houses elettroniche, programmi di formazione, strategie di mercato combinate e servizi di supporto al personale come l'assistenza ai bambini.
Durante gli anni '80, l'Esperance Local Enterprise Initiatives Committee nell'Australia occidentale si è procurato una notevole reputazione nel collegamento di imprenditori previdenti con fonti di finanziamenti del settore pubblico e privato. In un periodo di otto anni, sono state finanziate 280 attività che hanno portato a 530 nuovi lavori. La Provincial Communities Enterprise Project, nel Vittoria, è un altro esempio della attenzione sviluppata, con un esito positivo, per facilitare l'attività di imprese private e cooperative attraverso la consulenza per la pianificazione finanziaria, la mediazione per transazioni di prestiti e la fondazione di partnership con i governi locali.
Oltre alla consulenza, regolamentazione e facilitazione di rete, ci sono numerosi esempi di organizzazioni locali governative e non governative che tentano di ridurre la dipendenza da fonti esterne di investimenti, diventando direttamente coinvolte nella creazione e nel mantenimento di imprese che generino occupazione o attraverso lo sviluppo regionale e la costituzione di fondi di capitale d'impresa.
Tali iniziative possono assumere una varietà di forme compresa la proprietà e il controllo pubblici diretti; imprese comunitarie e cooperative, forme ibride di proprietà pubblica e privata o creazione di imprese private in cui la proprietà azionaria è ristretta a residenti di gruppi particolari o comunità. Un'importante caratteristica comune di queste forme alternative di impresa locale è la loro capacità di basarsi su obiettivi diversi dalla massimizzazione del profitto a breve termine. Esse possono, per esempio, lavorare verso obiettivi sociali ed ambientali più ampi e stabilire piani più a lungo termine per i ritorni sugli investimenti.
Tuttavia la storia recente dei tentativi di intervento economico diretto sviluppati da parte dei governi locali non è rassicurante. Negli ultimi quindici anni, amministrazioni riformiste, quali il Grande Consiglio di Londra, controllato dai laburisti, il governo del New Democratic Party nell'Ontario e diversi governi statali australiani laburisti hanno esplorato una gamma di approcci per sostenere lo sviluppo economico locale. I problemi incontrati suggeriscono che è molto difficile superare i dilemmi economici e politici cui si va incontro tentando programmi locali democratici per l'occupazione, mentre l'economia regionale e le finanze statali regionali stanno per essere sopraffatte dalle pressioni della competitività economica mondiale e dai mercati finanziari internazionali deregolati.
Per alcuni dei promotori del CED, la maturazione della fiducia in se stessi a livello locale è la priorità più importante. Maria Nozick, per esempio, argomenta che l'obiettivo del CED dovrebbe essere quello di creare "comunità sostenibili" con un'enfasi sulla fiducia economica in se stessi, la sostenibilità ecologica, il controllo comunitario, la soddisfazione dei bisogni individuali (sia di quelli non materiali che di quelli materiali) e la promozione di un genuino senso della cultura comunitaria locale.
La Nozick mette in evidenza la comunità della First Nation a Kingfisher Lake nell'Ontario settentrionale, che rilevò il locale centro commerciale della Hudson Bay Company ed incanalò i profitti in una serie di imprese locali, comprese lavanderie, forniture di carburanti, impianti di generazione di corrente elettrica, una banca cooperativa e una piccola compagnia di aerei. Il punto centrale della Nozick è che Kingfisher Lake deve il suo successo a una chiara e focalizzata strategia per l'aumento della fiducia in se stessa della comunità. Uno dei principi di fiducia in se stessi, evidente nell'esempio di Kingfisher Lake, è che lo sviluppo economico della comunità comincia con la soddisfazione dei bisogni basilari delle persone - cibo, vestiario, spostamenti - invece di spargere al vento idee di sviluppo nella speranza di incrementare un mercato di "esportazione".
C'è una forte ragione ecologica nell'usare risorse locali più efficacemente per massimizzare la fiducia in se stessi della comunità a livello locale, ed essa continuerà ad essere un'opzione attraente per molte comunità indigene e remote. Tuttavia le strategie di fiducia in se stessi hanno cominciato a diventare sempre più difficili nel contesto dei mercati finanziari globalizzati e delle restrizioni legali imposte da trattati come il NAFTA e il GATT. Poiché i progetti CED devono rimanere connessi al loro contesto locale, hanno dunque bisogno anche di costruire forti alleanze e legami con altri progetti CED ed organizzazioni comunitarie, sia all'interno che all'esterno dell'area locale, se vogliono sopravvivere a mantenere la loro attenzione su obiettivi di cambiamento sociale più vasti.
Alcune delle più interessanti e creative risposte locali alle relazioni economiche globalizzate risiedono in effetti nel loro focalizzarsi tanto più sulla creazione di nuove connessioni di quanto lo siano nel preservare la loro autonomia. Una quantità di progetti per la Community Shared Agriculture (CSA) in Canada hanno comportato la creazione di una località urbana o di gruppi di interessi comuni (per esempio gruppi a basso reddito o gruppi che cercavano di produrre organicamente in modo produttivo), che si mettevano insieme per acquistare prodotti agricoli direttamente dagli agricoltori.
Il gruppo pagava i singoli agricoltori o le cooperative agricole su base annuale, assicurando ai produttori i benefici di un reddito garantito. In cambio, gli agricoltori si prendevano l'impegno di distribuire una quota concordata della loro produzione settimanale in diversi punti di raccolta in città. La partecipazione al gruppo comporta il riconoscimento che i consumatori riceveranno di più nelle buone stagioni e meno in quelle cattive. Molti gruppi CSA hanno l'esplicito scopo di sensibilizzare le popolazioni urbane sui dilemmi e difficoltà che devono affrontare gli agricoltori e le comunità agricole.
Dei sanitari e consumatori di Toronto, impegnati in iniziative sanitarie alternative, hanno creato "reti di benessere" direttamente collegate ai fornitori e agli utenti di servizi. Degli educatori hanno rivisitato le tradizioni degli anni '70 di scambi e reti di studio ed hanno cominciato ad esplorare l'idea di università alternative al di fuori del sistema educativo ufficiale. Lavoratori domestici, architetti ed urbanisti hanno tentato di costruire, sulla forte tradizione canadese di ]housing cooperative, una gamma diversa di esperimenti di CED e lavoro creativo, in attività cooperative per la costituzione di giardini comunitari sui tetti, conservazione di energia e acqua, cura dei bambini, lavoro di assistenza agli anziani e lavoro ricreativo.
Nel 1984, una quantità di lavoratori licenziati nell'area di Kitchener Waterloo nell'Ontario fondarono The Working Centre come base per organizzare delle risposte alla chiusura degli impianti e alla crescente disoccupazione nell'area. Lo scopo iniziale era di ottenere fondi governativi per programmi di formazione e la creazione di posti di lavoro, o trovare capitali d'impresa per progetti di occupazione locali, come un'attività di riciclaggio e un ristorante comunitario. Il Centro, tuttavia, è diventato un punto di aggregazione per lavoratori occupati e disoccupati che vogliono sollevare questioni più vaste sul futuro del lavoro e su forme alternative di produzione e distribuzione.
Molte di tali questioni sono sorte dalla cultura cristiana (largamente Mennonita) delle comunità locali e ci sono frequenti riferimenti all'influenza dei principi di Gandhi e Tolstoj del "vivere con meno" e dell'idea del "lavoro come dono" da condividere piuttosto che da comperare e vendere. Questo ha portato alla creazione di una rete di giardini comunitari, di sistemi per collegare più direttamente i produttori agricoli e di energia ai consumatori, e una gamma di schemi di tipo LETS (Sistemi di scambio e commercio locale) per uscire dall'economia di mercato ufficiale.
Mentre l'Australia ha una tradizione limitata di comunità e di cooperative sindacali di investimenti, c'è una lunga tradizione di cooperative di produttori nelle industrie casearie e cerealicole. Nella Hunter Valley del New South Wales, la Metal Workers Union stabilì nel 1986 la Hunter Valley Labour Co-operative. La Cooperativa agisce come un mediatore di sistemazioni lavorative, collegando lavoratori disoccupati a datori di lavoro che richiedono lavori a breve termine. C'era un'enfasi particolare sul miglioramento delle condizioni di lavoro e sugli standard ambientali nelle industrie locali. Nel 1995, la Cooperativa aveva uno staff a tempo pieno di 20 persone e sosteneva l'occupazione di oltre 600 lavoratori in ogni momento.
Il dilemma più difficile di tutti, per i proponenti delle imprese locali alternative, è il problema finanziario. Sempre la questione essenziale nel considerare la fattibilità delle proposte di sviluppo dell'economia locale o comunitaria risulta: come può essere finanziata? Da dove verrà il capitale ed a quali condizioni? Ci sono alternative lavorative alla fiducia nelle istituzioni bancarie e finanziarie ufficiali? "Infine, il motivo di fondo per le proposte (di finanza alternativa) è se le persone, sia in quanto membri di organizzazioni che come individui, vogliono indirizzare i loro risparmi in strumenti di investimento che utilizzino criteri sociali, o se il loro unico interesse è il tasso di guadagno, senza alcun riguardo per le politiche di investimento che lo genera".
La grande varietà di modelli finanziari alternativi analizzati nei diversi contesti comprendono unioni e cooperative creditizie, fondi di investimento etico, fondi di investimento comunitario, programmi comunitari di garanzia sui prestiti, obbligazioni per lo sviluppo comunitario (in cui le azioni sono vendute per finanziare investimenti in aree particolari) e l'uso strategico di fondi pensionistici del sindacato.73 I seguenti esempi suggeriscono alcuni possibili punti di partenza per ulteriori indagini.
Nel Bangladesh, la rete bancaria Grameen fu fondata nel 1976 per fornire un sistema bancario alternativo ai poveri villaggi. L'obiettivo era di migliorare l'accesso ai prestiti per le imprese comunitarie e per scopi di sviluppo comunitario che potessero essere ripagati a bassi tassi con programmi di prestiti collegati a formazione estensiva e basati su una stretta disciplina finanziaria. La banca è per il 25% di proprietà del governo e per il 75% di proprietà di chi prende a prestito. Solo chi prende i prestiti può possedere azioni nella banca e nessuno può possedere più di un'azione.
Coloro che prendono i prestiti operano in piccoli gruppi dove l'accesso continuo ai prestiti da parte dei membri del gruppo dipende dal fatto che tutti i membri del gruppo provvedano a ripagare i prestiti stessi. Nel 1990 c'erano oltre 750 filiali della banca Grameen che fornivano prestiti a basso costo ad almeno 1 milione di soggetti per scopi che andavano da attività per piccole cooperative a servizi di magazzinaggio, sanitari e legali. Anche in Australia, si stanno ora esaminando programmi simili, concepiti per influenzare fondi di prestiti per imprese comunitarie su piccola scala.
In numerose province canadesi, i fondi investiti in Community Loan Funds, garantiti dal governo, dai membri di comunità locali e associazioni quali sindacati, chiese, scuole e comunità First Nation, possono essere usati come garanzia per prendere a prestito maggiori quantità di capitali da banche che altrimenti non sarebbero preparate a fare prestiti senza copertura. Secondo lo schema della Community Investment Share Corporation, del governo NDP dell'Ontario, le organizzazioni comunitarie possono acquistare azioni in investimenti, garantiti dal governo, per progetti CED che paghino almeno il 75% dei salari totali a impiegati che lavorano in Ontario.
Alcuni degli esperimenti più significativi mirati ad allargare l'uso dei fondi pensionistici a scopi di investimenti comunitari hanno avuto luogo nel Quebec, dove il governo, nel 1966, ha centralizzato il controllo di tutti i fondi pensionistici pubblici. Nel 1990 questo fondo deteneva la proprietà di oltre 36 bilioni di dollari americani ed investimenti annuali di 2 bilioni di dollari americani con l'impegno esplicito di bilanciare il ritorno finanziario con la promozione dello sviluppo economico del Quebec. La Confederation des Syndicats Nationaux (CSN), che rappresenta oltre 250.000 lavoratori, ha costituito diverse cooperative finanziarie con lo scopo di creare "imprenditoria e finanza socializzate". L'attenzione era sia sulle nuove imprese cooperative di lavoratori che sulle buy outs di lavoratori, come il finanziamento di un impianto di riciclaggio, basato sulle abilità di lavoratori Uniroyal licenziati a Montreal.
Il Fonds de Solidarite des Travailleurs du Quebec (FTQ), iniziato nel 1984 dal movimento sindacalista del Quebec, oggi descrive se stesso come la `più grande corporazione di capitali per lo sviluppo del Quebec'. Il FTQ è un fondo sindacale basato su investimenti etici con un impegno di impiego a lungo termine e di obiettivi ambientali. Gli investitori provengono principalmente dai membri del sindacato del Quebec e le azioni non possono essere normalmente rivendute fino al ritiro o morte.
Il Crocus Investment Fund, costituito dal movimento sindacale Manitoba nel 1991, rappresentò una strategia ancora più ambiziosa per "l'imprenditoria sociale. Il Fondo incoraggiava investimenti da parte dei membri del sindacato con l'esplicito scopo di sostenere il graduale passaggio delle società ai loro lavoratori. L'intenzione era di intervenire attivamente nella struttura corporativa delle attività in cui aveva un interesse sostanziale, allo scopo di trasferire diritti di voto ai lavoratori della società. L'obiettivo di Crocus era allora di assumere il ruolo di banchiere di supporto e di consigliere finanziario, simile a quello svolto da Caja per le cooperative Mondragon.
L'attuale dibattito in Australia sull'allargamento degli obiettivi dei fondi pensione (superannuation funds) e dei cambiamenti nel regolamento delle istituzioni finanziarie forniscono opportunità importanti per una nuova agenda di ricerca e di sviluppo di progetti mirati ad esplorare la questione: ci sono alternative locali praticabili in cui le principali istituzioni bancarie e finanziarie possono riporre fiducia?
A Coffs Harbour, sulla costa medio - settentrionale del New South Wales, il SuperVision Superannuation Fund fu stabilito nel 1994 come società non profit con lo scopo di attrarre i risparmi locali garantendo che il venticinque per cento dei risparmi sarebbe stato reinvestito nella regione costiera medio-settentrionale. Alla fine del 1994, l'Australian Council of Trade Unions (ACTU) convocò una grande conferenza per investigare il più vasto potenziale dei fondi pensione nel creare occupazione ed infrastrutture a livello locale attraverso investimenti economicamente mirati. L'ACTU notò che "la natura obbligatoria della pensione di vecchiaia suggerisce che i membri abbiano qualcosa da dire sulla scelta delle opzioni. La scelta da parte dei membri fornisce lo scopo per una maggior partecipazione diretta dei singoli membri nella gestione degli investimenti del superannuation fund... Questo dovrebbe essere incoraggiato".

8. La democratizzazione dei rapporti economici locali richiede nuove forme di governo locale

Molti dei tentativi di creare rapporti economici e finanziari locali migliori e più responsabili illustrano anche le sfide contenute nel ricreare tutte le sfere e le istituzioni di governo locale. Il crescente dominio delle corporataion globalizzate sulle istituzioni locali e sugli stati nazionali richiede un'animata difesa delle istituzioni della democrazia locale e del governo locale. Nel contesto australiano, la reinvenzione del governo locale dipende da una sobria valutazione degli scopi limitati dei processi decisionali locali.
Il supporto per il rinnovamento democratico del governo locale, tuttavia, deve essere basato sul riconoscimento dei limiti dell'azione puramente locale. Parte della risposta si trova nello sviluppo delle alleanze nazionali ed internazionali tra governi locali ed organizzazioni non governative a livello locale, provinciale, nazionale e regionale. In un mondo di potere globalizzato ci dovrà anche essere un rinnovamento e una democratizzazione delle istituzioni di governo a livello globale.
Ma senza essere ingenui riguardo a visioni romantiche di una moderna polis ateniese, un paradosso della globalizzazione risiede nel bisogno di un'animata difesa e, allo stesso tempo, di una reinvenzione delle istituzioni democratiche locali politiche ed economiche. Gli approcci radicali al governo locale ed alla democrazia locale in Australia sono dunque di massimo interesse.
I governi locali democraticamente responsabili devono perciò essere difesi come spazi per monitorare, regolamentare e sfidare l'impatto locale delle decisioni assunte da corporations e stati nazionali più distanti e meno responsabili. Un ruolo normativo intensificato per i governi locali sarebbe probabilmente più efficace se alleanze e accordi programmatici saranno sviluppati tra governi locali affini, esistenti in Australia e in altri paesi. Tali alleanze possono portare a condividere informazioni e ad usare la loro forza morale combinata al potere dei consumatori per avere sempre più influenza sull'opinione pubblica e sulle decisioni sugli investimenti.
Gli spazi locali tradizionali, quali l'isolato, la strada, i compagni di gioco, il vicinato, la scuola elementare, i club sportivi, il centro sanitario e la biblioteca, possono essere tutti luoghi preziosi per difendere e ricreare l'importanza dei rapporti faccia a faccia. Ma abbiamo bisogno di pensare lontano, molto più creativamente riguardo alle forme più nuove di spazi locali (come le gallerie commerciali), così come riguardo all'ambiguo potenziale della tecnologia dell'informazione per creare e distruggere connessioni locali (comprese le località virtuali).
Il ruolo più importante per il governo locale sarà di aiutare a fornire lo spazio e le risorse per esplorare nuovi rapporti di governo, basati su forme emergenti di cooperazione tra stati locali, mercati ed organizzazioni non governative della "società civile".
Ciò deve essere basato su un riconoscimento delle forme mutevoli del governo locale, delle numerose nuove relazioni ibride tra stato locale, mercato ed organizzazioni non governative della "società civile" o del "terzo settore", includendo organizzazioni comunitarie basate sulla località, organizzazioni comunitarie basate sugli interessi, fornitori di servizi comuni, organizzazioni religiose, sindacati e movimenti sociali. Sarebbe interessante a questo riguardo, riesaminare in qualche modo lo schema ]dell'Assistance Plan australiano del governo laburista di Whitlam nel 1972-75, per incoraggiare una diversità delle iniziative comunitarie locali e forme alternative di governo locale.
Alcune di queste forme possono risultare da ed essere focalizzate sul `realmente locale'. A livello della famiglia, cambiando le responsabilità della famiglia e quelle generazionali si potrebbe vedere una rielaborazione dei modi in cui i costi della casa e le responsabilità per il lavoro pagato e non pagato sono condivisi tra vari membri della famiglia, creando nuovi tipi di famiglie estese e reti di amicizie.
Campagne comunitarie locali, progetti di sviluppo economico locali, piani finanziari localizzati, cooperative di consumatori locali meritano tutti sostegno e sperimentazione. Alcuni di questi progetti possono essere originalmente guidati dall'obiettivo della maggior autostima - dall'obiettivo di conservare una certa sfera di rapporti non globalizzati. Altri possono essere interessati alla promozione di legami tra produttori e consumatori a una varietà di livelli geografici.
Molte di queste iniziative possono essere costruite sul lavoro delle organizzazioni del terzo settore e dei movimenti sociali. Molte avranno più successo se saranno legate a progetti ed iniziative analoghe in altre località dentro e fuori l'Australia. E molte, infine, potranno poggiare sui provvedimenti volti a fornire risorse di supporto e adeguati ambienti normativi a livello globale, regionale e nazionale. E' vitale che le istituzioni emergenti della società civile locale siano alimentate, dotate di risorse e connesse come un contrappeso al potere delle società globalizzate, come luoghi in cui possono essere esplorati nuovi rapporti di produzione e distribuzione. Il punto critico, tuttavia, è che comunità locali forti hanno bisogno dell'appoggio di forme forti, democratiche ed efficienti di governo locale.

9. La democratizzazione del governo locale richiede nuove forme di resistenza politica a tutti i livelli

Nel contesto dell'isteria montante nei media sul collasso della società globale in un barbarismo tribale ed etnico purificatore, è vitale continuare a raccontare le esperienze di solidarietà locale, fiducia e resistenza.
Possiamo cominciare ricordando le azioni di coraggiosi individui e piccoli gruppi che si sono rifiutati di accettare che il potere risiedesse solo nello stato militarizzato e nella corporazione globalizzata. Ekins fornisce un'utile collezione di questi esempi ricordando i prodotti del Right Livelihood Awards per `soluzioni pratiche ed esemplari' ai problemi globali e locali.
Egli suggerisce che dovremmo raccontare più spesso le storie di persone come Mike Cooley (per lo sviluppo delle possibilità di una tecnologia socialmente utile con i lavoratori all'aeroporto di Lucas); Petra Kelly (tra i fondatori dei Verdi tedeschi), Bill Mollison (per lo sviluppo della teoria e pratica della permacoltura), Mordechai Vanunu (per la rivelazione dell'estensione del programma di armamenti nucleari israeliano) o Rigoberta Menchu (per la sfida agli attentati ai diritti umani in Guatemala). Il punto non è di creare nuovi culti dell'individuo eroico o romanticizzare il "potere di uno", ma di riconoscere che le azioni degli individui hanno ancora importanza sia in senso pratico che simbolico.
Sandi Brockway imparò la sua politica durante le proteste contro la guerra nel Vietnam negli anni '60 e durante le campagne contro la povertà degli anni '70. Da allora ha praticato la disobbedienza civile presso l'impianto nucleare di Diablo, i laboratori di ricerca sugli armamenti nucleari di Livermore, la Concord Naval Weapons Station (protestando contro le spedizioni di armi in America Centrale), e nella base aerea di Vandenberg (protestando contro gli esperimenti dei missili MX puntati sull'atollo Kwajelein nell'oceano Pacifico). Più recentemente è stata la forza trainante dietro la creazione della Macrocosm USA Inc., una clearing house non profit che "si impegna a presentare soluzioni ed approcci olistici agli urgenti problemi sociali ed ambientali".
Oltre a produrre informazioni, sul tradizionale supporto cartaceo, circa le possibilità di alternative locali allo sfruttamento locale e globale, Macrocosm USA ha creato un "centro elettronico" in Internet progettato per agire come un database largamente accessibile, una rete e una fonte di esempi di "pratiche ottimali a livello mondiale" su resistenza, campagne ed istituzioni alternative locali e globali.
Nel 1995, quattro donne inglesi, Joanna Wilson, Andrea Needham, Lotta Kronlid e Anie Zelter, irruppero attraverso il recinto di sicurezza dell'impianto dell'aeroporto inglese a Warton ed attaccarono con i martelli un aereo da combattimento Hawk, causando 1,5 milioni di dollari americani di danni. Nella carlinga lasciarono un video di venti minuti dove spiegavano che il motivo per cui avevano attaccato l'aereo era il fatto che questo sarebbe stato esportato in Indonesia e che quella era una protesta morale e pratica contro la repressione dei diritti umani e dell'autodeterminazione da parte del governo indonesiano in East Timor. A loro difesa citavano i principi di responsabilità di Norimberga in base ai quali l'azione per prevenire un genocidio prevale sulle leggi nazionali di proprietà. Furono accusate di violazione e danno alla proprietà. La giuria le riconobbe non colpevoli.
Nel contesto australiano, la ricerca che ha portato a questo lavoro iniziò al tempo della morte dell'ispirato attivista delle isole Murri, Eddie Mabo, le cui tenaci campagne legali per i diritti sulla terra ruppero infine la frode legale coloniale della terra nullius e posero le basi per una decisa riconsiderazione del colonialismo e del tema della riconciliazione in Australia. La versione finale è stata completata nel 1998, al tempo della morte del grande ufficiale pubblico H.C. Nugget Coombs, che era apprezzato sia dagli australiani indigeni sia da quelli non indigeni come un esempio di un individuo che, in moltissime occasioni, aveva dimostrato grande coraggio e determinazione nel perseguire i principi di giustizia e democrazia.
Al riconoscimento delle nuove sfere di sfruttamento è stata data voce e presenza attraverso l'emergenza di movimenti sociali su base locale e si sono create nuove alleanze tra i movimenti sociali e i sindacati, che hanno portato all'esplorazione dell'"unionismo dei movimenti sociali". In tutto il mondo, le donne, nelle famiglie, nei paesi e nelle comunità, continuano a mettersi insieme per sfidare la violenza sessuale e la disuguaglianza sessuale nella divisione del lavoro. Le campagne locali contro la distruzione ambientale si estendono dal fiume Franklin al bacino dell'Amazzonia, da Bhopal all'Union Carbide e dalle donne che nei villaggi africani allattano al seno ai cancelli della Nestlé.
C'è molta ispirazione in queste storie di resistenza locale, ma rimane la difficile questione sull'efficacia della resistenza locale in un'età di potere globale. Trent'anni fa, il lavoro pionieristico di Piven e Cloward cominciò a documentare i fattori associati con il successo e il fallimento dei movimenti sociali americani che lottavano per i cambiamenti sociali. La loro conclusione principale era che "il successo di un movimento non dipende dal suo valore organizzativo ma dalla sua capacità dirompente".
Un'implicazione di questa scoperta è il fatto che molti movimenti sociali sono prontamente cooptati e acquisiti dalle azioni delle istituzioni dello stato e del mercato. Ma il problema più profondo è che "le persone non possono sfidare istituzioni a cui non hanno accesso e a cui non danno nessun contributo". Come argomenta Sklair il dilemma è che l'unica possibilità di avere successo per le persone che operano nei movimenti sociali è di attaccare le agenzie locali con cui vengono in contatto diretto nella vita quotidiana, piuttosto che le istituzioni globali i cui interessi queste agenzie servono direttamente, o, più spesso indirettamente, mentre i lavoratori risultano spesso confusi riguardo a chi opporsi (quale rappresentanza del capitale) quando sono minacciati i loro interessi (condizioni di lavoro, sussistenza). Più il capitalismo si globalizza, più i gruppi subordinati trovano maggiori difficoltà nell'identificare i loro avversari.

L'azione locale di per sé non è sufficiente, perché troppi fenomeni locali hanno cause distanti. Questo significa che le strutture e le connessioni per portare insieme forme locali di resistenza e creare alleanze di reti locali sono un'alta priorità. Questo è chiaramente ciò che Brecher ha in mente, quando parla di "tattica lillipuziana" consistente nel legare le grandi agenzie del potere corporativo globale con migliaia di lotte e movimenti radicati localmente e interconnessi. Lo scopo è di opporsi al dividi et impera, a tattiche da "rubamazzo", all'agenda della corsa verso il fondo, creando le condizioni per un'armonizzazione "verso l'alto" piuttosto che "verso il basso", in cui lavoratori e cittadini con bassi salari e condizioni scadenti di lavoro siano spinti in alto, piuttosto che abbassare gli standard di vita di lavoratori in economie più prospere.
La strategia di Lilliput richiede ribellioni radicali contro il livellamento verso il basso, costruzioni di coalizioni, reti transnazionali e la creazione o la riforma delle istituzioni internazionali. Solo combinando i loro sforzi, coloro che stanno resistendo agli effetti della globalizzazione a Chicago come a Varsavia, in Chiapas e nel Bangalore, possono cominciare a mettere sotto controllo l'Economia del Nuovo Mondo.
I dilemmi che si trovano di fronte i movimenti sociali internazionali rivelano la più ampia questione dell'azione politica. Chi saranno i principali attori nelle lotte per resistere alla globalizzazione delle] corporations? I partiti politici della sinistra organizzata stanno attraversando un periodo di considerevole ambivalenza politica e strategica. La maggior parte dei partiti socialdemocratici ha abbracciato la "globalizzazione dal volto umano", in cui i valori comunitari convivono stranamente con riduzioni progressive nel ruolo, risorse e servizi del settore pubblico. Il movimento sindacale internazionale conserva un considerevole potere, ma è spesso dibattuto tra la soddisfazione dei bisogni immediati dei suoi battaglieri e diminuiti membri e il supporto ad obiettivi politici e sociali più ampi. Anche i gruppi di consumatori hanno dimostrato una notevole influenza quando sono in grado di agire effettivamente su una scala internazionale, ma ci saranno sempre troppe differenze di classe, genere, razza e geografia per fare del solo consumismo una base per un nuovo tipo di politica internazionale democratica.
La questione dell'azione politica rimane difficile e, senza dubbio, verrà risolvendosi nel contesto di lotte e campagne particolari. A questo riguardo alcune delle più interessanti possibilità di forgiare nuove connessioni si possono trovare nelle campagne contro le pratiche occupazionali e ambientali delle corporazioni transnazionali come la Nestlé, la Nike e il McDonalds. Queste campagne, mettendo insieme lavoratori, consumatori e movimenti sociali in una serie di contesti nazionali e attraverso i confini nazionali, fornisce un forum significativo per esplorare nuovi tipi di internazionalismo politico.

10. Lo stato nazionale è ancora importante

Come la retorica del "pensare globalmente: agire localmente" diventa pervasiva, si è tentati di accettare l'idea che lo spazio per l'azione politica autonoma a livello degli stati nazionali sia effettivamente scomparso. La prospettiva della costruzione del socialismo - della socialdemocrazia o del liberalismo keynesiano - in un paese solo è in realtà più remota che mai. Ma lo stato nazionale non è scomparso o diventato irrilevante. Mentre lo stato nazionale è solo uno dei tanti livelli in cui le relazioni economiche, politiche e sociali sono formate e contestate, la lotta sulle risorse e politiche statali continuerà ad essere un fattore cruciale che influenzerà il risultato delle lotte ad altri livelli geografici e politici.
Mentre la società civile opera all'esterno dell'apparato istituzionale dello stato, fa assegnamento sullo stato per quanto riguarda la sicurezza, una serie di servizi pubblici e beni diversi. Essa dipende dallo stato anche per la promozione, o almeno per la non ostruzione, delle condizioni in cui può prosperare. Queste condizioni comprendono diritti certi alla partecipazione e la non interferenza con l'autonomia delle imprese e delle attività di gruppo.
In realtà, una delle più importanti lezioni degli ultimi quindi anni in Australia è che, se abbiamo perso il controllo democratico sui forum principali dei processi decisionali dello stato nazionale e regionale, abbiamo perso molto perché le più importanti decisioni in relazione alla formazione, produzione e distribuzione del capitale sono state effettivamente sottoposte alle grandi corporation.
Le opzioni politiche e le scelte strategiche a livello di stato nazionale sono, in essenza, simili a quelle precedentemente discusse in relazione allo stato a livello locale. I governi nazionali possono e devono sostenere ricerche che identifichino gli impatti sociali ed ambientali della ristrutturazione e della globalizzazione in località e regioni diverse. Tali ricerche saranno consolidate dalla definizione di indicatori nazionali ed internazionali che renderanno visibili le dimensioni reali di costi e benefici; vincitori e vinti. Una regolamentazione internazionale, basata su un controllo sociale ed ambientale creativo può, a sua volta, facilitare una comprensione più vasta dei diritti di cittadinanza a livello nazionale ed internazionale.
Gli obiettivi della politica sociale nazionale devono includere programmi mirati alla ridistribuzione dei costi sociali della ristrutturazione. In Australia, come in molti paesi industrializzati, c'è anche un urgente bisogno di articolare nuove strutture e istituzioni politiche per riempire il vuoto lasciato dal collasso della fede nei tradizionali ordinamenti del welfare state keynesiano. Le scelte di politica sociale che l'Australia sta affrontando sono sempre più concepite in termini di modelli del mercato del lavoro dell'Europa o degli USA. E' pensiero comune dunque che il mantenimento di programmi di sicurezza a forte reddito e un sistema di rapporti industriali legalmente regolamentato limitino la competitività delle esportazioni e ostacolino una significativa riduzione nei livelli di disoccupazione. L'opzione preferita è di perseguire un mercato del lavoro completamente deregolato e di accettare un divario crescente in redditi e condizioni come il prezzo per una forte crescita dell'occupazione.
Una sfida reale a questo tipo di scelte insoddisfacenti dovrà basarsi sulla creazione di nuovi presupposti culturali e accordi industriali che possano sostenere una più ampia distribuzione sia del lavoro pagato sia di quello non pagato, così come di forme di flessibilità del mercato del lavoro che operino per piuttosto che contro gli interessi dei lavoratori. Dovrà basarsi anche su una ferma difesa della tassazione progressiva come strumento desiderabile ed efficace di divisione dei costi e dei carichi della cittadinanza. Il problema principale con i dibattiti sulla tassazione resta che "piuttosto che risultare quali tributi che paghiamo per il privilegio di vivere in una società organizzata, le tasse sono caratterizzate come un'ingiustificata imposizione da evitare, se possibile".
La politica economica nazionale deve basarsi su uno sforzo concertato volto ad ottenere il sostegno internazionale per una regolamentazione adeguata ed efficace dei mercati finanziari e dei flussi di investimenti stranieri. Una regolamentazione finanziaria prudente è un punto di partenza essenziale per l'introduzione di strategie dirette ad incoraggiare una più alta proporzione dei risparmi australiani in programmi di investimenti a lungo termine. Sostegno per schemi di fondi pensione non profit, che combinino esplicitamente priorità economiche ed ambientali nazionali e regionali con l'obiettivo di massimizzare i tassi individuali di profitto possono rendere un importante contributo a questo obiettivo. Potrà essere così richiesta anche una serie di politiche industriali interventiste per aiutare a bilanciare le priorità degli investimenti tra crescita dell'esportazione, creazione di occupazione e sostenibilità ambientale. Si dovrà prestare una notevole attenzione allo sviluppo di nuove forme di compartecipazione pubblica e privata a livello locale, nazionale ed internazionale, dato che "in questa nuova era, gli stati più fortunati saranno quelli che potranno aumentare le loro risorse di poteri convenzionali con il potere collaborativo: impegnando altri - stati, imprese e associazioni professionali - a costituire accordi di cooperazione e `consorzi' per l'azione". Mentre le comunicazioni ed il controllo sulle informazioni cominciano a svolgere un ruolo economico e culturale sempre più rilevante, è particolarmente importante che le telecomunicazioni rimangano accessibili e che la diversità dei media sia rafforzata piuttosto che ulteriormente concentrata. Questo rende particolarmente vitale il futuro delle istituzioni nazionali australiane quali la Telstra e l'ABC, come anche la questione emergente dell'accesso e del controllo su Internet.
I risultati del Summit di Kyoto sui cambiamenti climatici hanno sollevato una serie di interessanti questioni sui modi in cui può variare la possibilità e la desiderabilità dell'intervento del governo nazionale nelle maggiori decisioni sugli investimenti, in relazione agli interessi dei soggetti coinvolti. Il commentatore economico dell'Age, Ken Davidson, ha notato che gli esecutivi delle corporations ed i loro sostenitori politici usano costantemente il motivo dell'inevitabilità della globalizzazione per argomentare contro la capacità dei governi nazionali di intervenire per impedire che la marea del potere corporativo globale si estenda oltre i confini. [...]
Molti apologisti della globalizzazione corporativa continueranno senza dubbio ad attaccare qualsiasi proposta di intervento da parte degli stati nazionali. Argomenteranno che tutte le forme di globalizzazione sono inevitabili ed irreversibili, sebbene sia interessante notare come l'editorialista del giornale economico conservatore The Economist abbia riconosciuto che "coloro che chiedono che la tendenza all'integrazione globale venga fermata e rovesciata stanno combattendo appropriatamente, perché, se c'è la volontà, i governi potrebbero farlo". I sostenitori di risposte più democratiche ed emancipatorie alla globalizzazione potrebbero notare anche i commenti del Comandante Marcos, che ha guidato le comunità contadine del Chiapas, nel Messico meridionale, nel movimento di resistenza zapatista contro ciò che ha descritto come la prima di molte guerre tra vincitori e vinti della globalizzazione corporativa. Gli zapatisti sono stati particolarmente efficienti nell'uso delle tecnologie di Internet per costruire alleanze con gruppi in tutto il mondo. In testa alla home page zapatista, il Comandante Marcos nota nascerà lo scontro di questi due venti, è arrivato il suo tempo, ha alimentato il fuoco della storia. Oggi domina il vento dall'alto, ma ecco che viene il vento dal basso, arriva la tempesta... questo è quanto sarà.

Conclusioni

Negli ultimi quindici anni, la deregolamentazione e la ristrutturazione dell'economia australiana ha portato ad un drammatico spostamento nel pensiero politico sociale e culturale. Gli anni '80 e '90 hanno visto le vecchie "certezze" del protezionismo, dell'arbitrato e della credenza in un ruolo significativo del settore pubblico spazzate via in un'ondata d'entusiasmo per l'animoso nuovo mondo della competitività globale. Per alcuni l'accettazione del "potere dei mercati e l'internazionalizzazione dell'Australia" è una trasformazione da celebrare. Per molti altri l'esperienza è stata quella di profonde disuguaglianze, insicurezze e traumi, dal momento che sono scomparsi lavori, servizi e comunità.
Questo lavoro ha cercato di mettere in dubbio l'idea che ci sia un solo modo per affrontare il dilemma della globalizzazione. Il punto di partenza sta nel cominciare con una critica fondata dei veri costi e pericoli insiti nell'accettare come sicure forme di globalizzazione non regolate di libero mercato. Una critica motivata del dominio dell'economia razionalista neo liberale deve essere messa in relazione all'articolazione di un linguaggio che riesca a trasmettere l'immagine di rapporti più desiderabili tra individualità e mutualità, solidarietà e differenza, ecologia ed economia.
Queste sfide saranno efficaci solo se sapranno connettersi allo sviluppo di forme istituzionali che comprendano un'adeguata rielaborazione del rapporto tra stato, mercato e società civile. E queste sfide eviteranno l'irrilevanza dell'utopismo solo se saranno fondate nell'esperienza vissuta e nelle aspirazioni degli elettori che hanno molto da perdere dall'idea che l'espansione del consumismo e dell'individualismo del libero mercato in ogni aspetto della vita umana, in ogni angolo del globo, è inevitabile e desiderabile.
Nel 1998, le prospettive per gli indigeni d'Australia sembravano peggiori di quanto lo fossero state per molti anni. Gli aborigeni australiani e gli indigeni delle Isole di Torres Strait sanno molto sull'economia devastante e gli effetti culturali di duecento anni di globalizzazione. Un'eredità coloniale di invasione, espropriazione, malattie e furto della terra e dei bambini, si è sviluppata in un miscuglio, più moderno ma non meno velenoso, di razzismo diffuso, tagli di fondi e tentativi crescenti da parte di compagnie minerarie australiane e transnazionali di massimizzare l'accesso alle risorse sulle terre aborigene.
Ma è anche istruttivo e suggestivo considerare i modi in cui la resistenza indigena si è organizzata ed ha condotto ad una crescita di possibilità ed istituzioni ad una vasta gamma di livelli.
Nei quartieri settentrionali di Melbourne, i genitori e gli studenti aborigeni hanno combinato una campagna comunitaria, localmente determinata, con l'azione legale a livello statale, basata sulla legislazione antidiscriminatoria per fermare la chiusura del college della scuola secondaria di Northland.
Il processo ATSIC, con tutte le sue difficoltà, fornisce un mezzo per esplorare nuove forme di processi decisionali e di distribuzione di servizi a livelli regionali, che possono determinare confini comunali dei territori Aborigeni e dell'Isola di Torres Strait più adeguati di quelli esprimibili dalle fila del governo esistente.
Una lunga campagna della popolazione di una piccola isola di Torres Strait è giunta finalmente all'Alta Corte ed al parlamento nazionale, dove il giudice Mabo e il Native Title Act hanno posto le fondamenta per sfidare il principio della terra nullius e riaprire una qualche speranza per molte comunità locali.
Come gli attacchi agli aborigeni e agli indigeni dell'isola di Torres Strait crescono in violenza, la pressione della protesta internazionale diventa più intensa. Il Gruppo di Lavoro delle Nazioni Unite sulle popolazioni indigene diventa un importante forum per condividere le informazioni e sviluppare strategie cooperative. Il più vasto festival della competitività internazionale, i Giochi Olimpici a Sydney, diventa un potenziale palcoscenico globale, su cui possono essere perseguite lotte locali e nazionali per l'autodeterminazione.
Il futuro della giustizia per gli australiani indigeni sarà profondamente influenzato dai rapporti di globalizzazione trasformati. Ma quel futuro dipenderà anche dai modi in cui individui, gruppi e comunità, costruiranno legami di cooperazione, creeranno istituzioni democratiche ed elaboreranno strategie politiche efficaci a livello locale, nazionale, regionale e globale. E' dunque appropriato concludere citando il precedente Commissario per la Giustizia sociale per gli Aborigeni e gli indigeni di Torres Strait, Mick Dodson.

La lotta continuerà a Ginevra, così come ora ha luogo a Burketown e Bairnsdale. Ma, come ho detto spesso e continuerò a dire, finché ci sarà ingiustizia, gli uomini combatteranno contro quell'ingiustizia. Potrebbe essere popolare, ora, promuovere il concetto superficiale di "una nazione", emarginando ed escludendo quegli australiani che non rispondono al modello. Ma abbiamo una lunga esperienza di queste cose. E continueremo a promuovere ed a lavorare per una visione dell'Australia, dove denigrare gli australiani indigeni non sia un modo accettabile di creare un'identità nazionale di cui essere orgogliosi, e dove sacrificare i nostri diritti umani non sia visto come un prezzo accettabile per ridurre il deficit di bilancio.