Acqua privata?

Ecco come il ricco mercato idrico diventerà un business

 

Mentre si sta mobilitando una campagna, a livello mondiale, per garantire a tutti il diritto all’acqua, facendo in modo che questa importante risorsa diventi patrimonio comune dell’umanità, dovunque nel mondo assistiamo alla corsa delle grandi imprese del settore per accaparrarsi la gestione delle reti idriche, che diventano occasioni di business come qualunque altro bene. Tutto torna, se pensiamo che attualmente in sede Wto si sta discutendo proprio di liberalizzazione dei servizi, attraverso il Gats, l’accordo generale sui servizi.

  Anche nel nostro paese, in linea con gli attuali processi di privatizzazione, saranno i grandi gruppi privati, sia italiani che stranieri, a spartirsi il ricco mercato dell’acqua, dalla captazione, alla depurazione, alle fognature, che oggi sono gestite da oltre 8.000 enti, per la maggior parte comunali. Le gare per l’assegnazione avverranno all’interno dei cosiddetti Ato (ambiti territoriali ottimali), che sono circa 90 e corrispondono più o meno alle attuali provincie. La legge 36/1994, infatti, prevede che gli enti locali si mettano insieme in consorzi, costituiscano le autorità e i Piani di ambito, indicando investimenti e tariffe previsti e bandiscano gare per scegliere i soci privati o per dare in concessione i servizi. Finora sono 42 gli ambiti già costituiti, ma solo quello di Arezzo è già operativo. 
L’insieme degli investimenti si aggira intorno ai 100 mila miliardi e l’affare consiste soprattutto nella possibilità, per le imprese che si vedranno assegnato il sevizio, di aumentare le tariffe a scapito degli utenti, dal momento che attualmente quelle italiane sono mediamente molto più basse (circa 1/5) rispetto a quelle francesi o tedesche. Secondo Roberto Bazzano, dirigente dell’Amga, si può “tendere a un utile lordo del 12-15% sul fatturato”.

   Ma vediamo più nei particolari ciò che sta avvenendo.
Il servizio idrico di Latina, che copre 38 comuni, per un totale di 600.000 abitanti, verrà sottoposto a una gara che vedrà la partecipazione di sei cordate di imprese, tre guidate dalle francesi Suez lyonnaise des eaux, Saur e Vivendi-Enel, due rappresentate da Amga-Edison-Aem e Acea-Italgas e una dal gruppo inglese Severn Trent. L’Acea di Roma, invece, ha già attenuto l’assegnazione dell’Ato2 Lazio centrale Roma (3,6 milioni di abitanti), contro cui ha presentato ricorso Suez lyonnaise des eaux. Ma l’Spa romana travalica ormai i confini nazionali ed ha lanciato una vera e propria offensiva sulle risorse idriche in America Latina, dove, oltre alla costruzione del nuovo acquedotto di Lima, la depurazione delle acque di Panama e la partecipazione ad una gara per il Nicaragua, ha aggiunto recentemente un’altra conquista, grazie ad una gara promossa dalla Banca Mondiale: la gestione triennale del servizio idrico di San Pedro in Honduras, insieme ad una cordata di aziende italiane, dove si prevede un fatturato annuo di 35 milioni di dollari. 

   Nell’Ato di Arezzo ha già vinto l’Amga insieme alla Lyonnaise des eaux, che dovranno gestire il servizio per circa 350.000 utenti. In palio verrà messo anche l’Ato di Frosinone.
Napoli e la Calabria (con circa 400 comuni da rifornire), fanno gola alla Edison, Enel-Hydro ed Eni, già in lizza per la prossima gara. Non meno redditizi saranno la Sicilia (su cui ha messo gli occhi l’Enel) e la depurazione milanese.
Sempre l’Enel è in trattative per l’acquisto dell’acquedotto pugliese, oggi gestito da una società concessionaria del Ministero del Tesoro. Si tratta dell’acquedotto più grande d’Europa, con circa 900 mila utenze e  che ricopre oggi un’importanza strategica, dal momento che costituisce un ponte con i paesi del Mediterraneo. Negli ultimi mesi, infatti, sono stati creati collegamenti con il Marocco, Libia e Giordania.

   L’Enel, inoltre, dopo il contestato accordo con Infostrada, potrebbe utilizzare l’enorme rete di tubature per far passare le fibre ottiche e raggiungere così circa 5 milioni di persone con i servizi di telecomunicazioni avanzate. Il contratto cliente, infatti, consente alle imprese di vendere servizi diversificati.
La posta in gioco, dunque, è alta e questo è il motivo per il quale alcuni dei maggiori gruppi europei, tagliati fuori dall’affare, hanno denunciato a Bruxelles e al Tar la violazione delle norme sulla concorrenza. 
   Ma sembra certo che la posta in gioco per gli utenti, ancora una volta, saranno maggiori costi, a carico soprattutto delle famiglie a basso reddito. 



Fonti delle informazioni di questo articolo:
Scagliarini Roberta, “L’acqua? Si chiamerà eau. Francesi in prima fila”, in CorriereEconomia, 09/10/00  “Quanto vale l’acquedotto pugliese?”, in CorriereEconomia 16/10/00.
Stefano Cavoglia, Affari e finanza, 19/92/01.
G. Pog., L’Acea sbarca nel settore acqua in Honduras, Il sole 24 ore, 03/01/01.