L'italia che ha in mente
Frittata Totale Globale. Così, parafrasando
Caccamo/Teocoli (Frittura Totale Globale), potremmo
commentare l'esito del G8 genovese. Se le violenze e la morte del giovane Carlo
Giuliani non avessero colorato di tragico quelle giornate, saremmo infatti qui a
ricordare il ridicolo di cui il governo Berlusconi si è coperto a luglio di
fronte a tutto il mondo. La colossale frittata è frutto della sproporzione
abissale tra le ambizioni berlusconiane (mostrare ai Grandi e al globo tutto
com'è smagliante l'Italia che ha in mente) e le capacità reali dello statista
di Arcore di esserne all'altezza. In realtà, però, non è neanche questo il
problema. Il problema è proprio l'Italia che Berlusconi ha in mente: un paese
irreale, dove le cose si sistemano coi limoni appesi col nylon alle piante (un
trucco da set di quarta serie), o con un fondale falso, a nascondere una
facciata vecchiotta (come ci si copre le rughe col cerone), o invitando a
ritirare le mutande appese (con un'idea di "decoro" che più
puerilmente piccolo-borghese non si può). Un paese dove i drammi e i conflitti
vengono nascosti, goffamente o con
gli
effetti speciali e l'effetto flou, rassicurante, kitsch. Il mondo e la vita
reali non sono tuttavia impacchettabili e a Genova Berlusconi ha dimostrato la
propria idiosincrasia di fronte alle situazioni complesse e la propria incapacità
di affrontarle. Qui, e nei trucchetti dozzinali per mascherare questa incapacità,
sta il ridicolo. Ma nel passo ulteriore compiuto dal governo sta invece il
rischio, esattamente e tragicamente denunciato dal sangue sparso: i potenti che
non sanno misurarsi razionalmente con le situazioni complesse e conflittuali
tentano, sempre, di semplificarle brutalmente, autoritariamente. È quello che
ha fatto il governo quando ha verificato il fallimento della propria strategia,
che era di pura immagine fin dall'inizio. Berlusconi non si era ancora insediato
e già diceva che ci sarebbero stati problemi. Mancavano quasi due mesi al G8 e
già, tra un sopralluogo e l'altro a occhieggiare mutande e fontane, dava la
colpa ai predecessori dell'Ulivo! Ostentando disponibilità al dialogo con i
contestatori, pensava intanto che se, inopinatamente, le quattro chiacchiere di
Ruggiero con il Social F
orum
non avessero cloroformizzato il movimento, si sarebbe pur sempre potuta estrarre
la vecchia e cara carta della criminalizzazione. Per questo, per coprire il
fallimento e per l'incapacità culturale e, direi, psicologica, di stare in una
dimensione di complessità, il governo non ha
visto per tempo il rischio "tute nere", o peggio ne ha
strumentalizzato la violenza distruttrice in chiave anti Social Forum,
scegliendo come bersaglio quest'ultimo e, in particolare, le Tute Bianche (il
solo movimento radicale che abbia tentato davvero, dall'interno di un'area
difficile e magmatica ma sicuramente rappresentativa di una vasta area sociale e
generazionale, di trasformare tendenze estreme e violente in forme di
disobbedienza capaci di darsi un limite e, in molti casi, una capacità di
dialogo e di mediazione). Anche questo impedisce di fermarsi al ridicolo della
"frittata": ma vi si deve aggiungere, infine, lo stesso esito sul
piano dei risultati concreti del G8. Gli otto (presunti) Grandi non sono
riusciti a trarre dai loro conciliaboli tra la nave superlusso e Palazzo Ducale
che l'aria fritta (ancora!) di qualche buon proposito e l'insultante elemosina
di qualche dollaro per i poveri e gli ammalati della Terra, oltre che per la
Terra medesima. Per questo il movimento che ha dato vita al Genoa Socia
l
Forum e che, in circostanze difficilissime, ha prodotto, infine, la più grande
manifestazione da molti anni in qua, ha una responsabilità in più oggi: quella
di vivere oltre Genova, di darsi un respiro e
un'intelligenza ancora maggiori, capaci di varcare il cerchio di fuoco e di
sangue in cui l'hanno cacciato un ceto politico indegno, un governo non si sa se
più cinico o incapace (o entrambe le cose), e forse anche la propria
sottovalutazione di un nemico che certamente non è interno (il "blocco
nero" è quanto di più lontano si possa immaginare dall'arcipelago della
contestazione alla globalizzazione neoliberista) ma che cerca di usare il
movimento per i propri giochi di guerra. Ho visto, a Genova, molte Tute Bianche
prendere a calci in culo le Tute Nere che gli arrivavano a tiro. Ho sentito le
riflessioni e le proposte che nel controvertice ci sono state per affrontare i
problemi del mondo attuale, assai più consapevoli di quelle dei cosiddetti
Grandi. Ho visto molta gente di Genova capire chi erano davvero i responsabili
della pazzesca situazione in cui la città si è trovata. Nella fusione di
queste diverse esperienze - linearità e solidità del movimento, consapevolezza
culturale e politica, legame con la comunità più vasta - c'è forse la chiave
per la durata, per la nascita di un permanente Social Forum italiano capace di
andare oltre le stesse forme tradizionali della partecipazione politica. E di
risospingere il governo nell'angolo ridicolo in cui merita di stare.
di Gianfranco Bettin