G8, il manuale antiglobalizzazione
Ci siamo iscritti al corso di resistenza attiva del Centro sociale milanese Leoncavallo. Dove si impara a scontrarsi con la Polizia, usando scudi, catapulte e arieti. Tra teoria e anche qualche esercitazione pratica.
MILANO - Il
Leoncavallo, il più grande centro sociale di Milano, chiama alla Leva i suoi
militanti. L’obbiettivo è quello di arrivare preparati all’appuntamento
“antiglobal” più importante della stagione: il G8 di Genova. E la tecnica
è semplice: corsi serali di resistenza, sfondamento delle linee di polizia,
fuga nei cortei, e altro ancora. “Un modo per non farsi sfondare la testa
dalle forze di Polizia” dicono loro ricordando i 400 feriti delle ultime
manifestazioni napoletane. Di certo, tra scudi in plexiglass e caschi da
motociclisti, qui si insegna a resistere alle cariche creando il maggior
scompiglio possibile. Insomma, in una parola, a mettere a soqquadro un’intera
città. Proprio quello che Genova, a fine luglio, teme di più.
Gli aspiranti cavalleggeri no –global, insomma, vanno a scuola di guerriglia
urbana, con l’intenzione di fare da avanguardia alla magmatica e diversificata
popolazione che si appresta a sbarcare nel capoluogo ligure, tra ecologisti,
ambientalisti, terzomondisti, animalisti,
politici e antagonisti sociali.
Le lezioni teoriche e pratiche, studio della testuggine romana, costruzione di
arieti e catapulte, teoria e pratica di incursione
in kajak e canoa (Genova, sul mare, stimola la fantasia), lezioni di
corpo a corpo e altro ancora, si
tengono ogni sabato sera al centro sociale
Leoncavallo, sotto gli occhi di tutti:
simpatizzanti, aspiranti
allievi, stampa, curiosi e,
ovviamente, agenti della digos che fingono indifferenza per curiosare qua
e là.
Ogni sabato sera, tranquilli
insegnanti e impiegati si trasformano in guerriglieri
zapatisti: prima due ore di
lezioni teoriche, poi un’ora di
pratica in palestra, infine
cena in mensa e via a ballare. Ci siamo
iscritti.
IL RECLUTAMENTO
Incontro
i rappresentanti della Leva del Leoncavallo in piazza san Babila, sabato
pomeriggio. Una banda di ottoni legata al centro sociale, che a Milano
accompagna tutte le manifestazioni, esegue l’inno
del subcomandante Marcos e supporta
l’arruolamento nelle Tute Bianche. Un insolito
quartetto bianco, signora anziana in
tuta bianca, bimbo sul passeggino di anni
3 in tutina bianca, una mamma in
tuta bianca e figlioletto di 8 anni in
monopattino e tuta bianca , si avvicina. Mi chiedono se voglio aderire al
“training di autodifesa terreste
e acquatica” organizzato dal
movimento antiglobalizzazione.
Madrina della Leva è Jo Squillo, presente in piazza in completino bianco: che
incita all’arruolamento, novella Franca
Rame, e si dichiara ribelle e anti G8.
Luca
Mondo, docente responsabile del corso, mi spiega che nel training i
cadetti impareranno a costruirsi
scudi e corpetti antimanganelli. “In pratica
noi facciamo incontri di preparazione ai cortei, tutti i sabati pomeriggio.
Faremo dei training per le persone normali che si vogliono avvicinare alla
protesta e come tutti hanno paura della Polizia: perchè il nostro gesto non è
machista, è di tutela contro la paura. Una paura che a Napoli ha fatto 400
feriti tra i dimostranti”
Chiedo
in cosa consiste il corso. “Sperimenteremo gli strumenti di autodifesa attiva
– mi rispondono - Training
terresti con gommoni, scudi ,catapulte, testuggini,
costruiremo insieme delle
macchine per tenere a distanza la polizia.
E
poi faremo anche training
acquatici, a Genova faremo
una assedio alla zona rossa
(l’area di “non disturbo” che le forze dell’ordine vogliono creare
intorno ai grandi della terra) anche dal mare: il luogo vero del convegno del G8
saranno i Magazzini del cotone, proprio a due metri dal porto.
E noi arriveremo da lì . Vieni? ”
Vado.
Aderisco al corso e mi presento al
centro sociale Leoncavallo, deciso ad arruolarmi nelle Tute Bianche , per
conseguire questo insolito Master in disubbedienza civile terrestre e acquatica.
Grande lavoro di bicipiti e fiato, e poi studio
di cartine e teoria della
fuga creativa
nei vicoli di Genova ( anche in bicicletta ) .
LEZIONE
PRIMA, TEORIA DELL’ASSEDIO
Entro
nell’aula delle lezioni. Da un computer vengono proiettate e commentate su un
muro cartine di Genova: due docenti in maglietta nera “zapatista”
con stella rossa espongono i piani di invasione
agli allievi, una quarantina di ragazze
e signori di mezza età per niente palestrati.
“Molte
cose non sono visibili, e noi vogliamo renderle visibili” introduce capitan
Luca. “E usiamo questa tuta bianca per fare capire che esistiamo”. La
Tuta Bianca, divisa d’ordinanza, è in nylon e viene venduta in comuni negozi
di ferramenta a poche migliaia di lire. Chiedo
perchè occorre scendere in piazza contro il G8.
“Questo
mondo non è il migliore dei mondi possibili, e anzi, molto deve essere cambiato
Vogliamo affermare delle verità che vengono negate. E la reazione sarà
violenta. E allora ci proteggiamo
il corpo con copertoni di gomma,
scudi e caschi”.
Domando
ancora al docente se dovremo essere pacifisti oppure violenti.
“Noi
siamo pacifici ma determinati e disobbedienti, non vogliamo il conflitto di
strada, però vogliamo andare oltre la denuncia, vogliamo agire e se siamo
attaccati ci difendiamo. Però il dibattito sulla violenza va superato, perchè
il dibattito serve a dividere chi è buono, i pacifisti, da chi è cattivo, il
violento Gli unici violenti a
Genova saranno quelli all’interno della zona rossa”.
Mi
dichiaro confuso e mi siedo.
Il corso a cui partecipo consiste
in una prolusione teorica e storica e alle lezioni
pratiche vere e proprie che si svolgeranno via via ogni sabato. Preside
della Scuola di Guerra del Leoncavallo è
Riccardino, panciuto
trentenne con borsello alla
cintola.
“Abbiamo
già fatto i nostri sopraluoghi a Genova. Conseguiremo un allenamento nelle
palestre, poi ci dedicheremo alla costruzione di
nuove catapulte e arieti nei laboratori,
poi passeremno a sperimentarle nelle
strade di Milano, e poi faremo del training
pratico a Genova, nei giorni
precedenti al vertice” spiega. Dà ora la parola a un altro “docente” che,
probabilmente, si preoccupa degli eventuali infltrati della digos, perché
chiarisce subito: “Tutto sarà
condotto alla luce del sole: tranquillamente faremo vedere a tutti come ci
prepariamo con le nostre armi. Chi però
impugnerà lo scudo non va considerato un
eroe, all’interno dei cordoni le tute bianche non sono un servizio d’ordine,
chi sta dietro ai primi cordoni che si scontreranno con la Polizia
ha lo stesso peso di chi sta davanti”.
Anche
a Genova ci sarà una frontiera a difesa del territorio , ci saranno le guardie
che decideranno chi è dentro e chi fuori, chi è potente e chi
no. E noi vogliamo mettere un ceppo all’interno di questi ingranaggi.
Le Tute Bianche vogliono proporre un assedio attivo, con l’Invasione della
Zona Rossa. Tenteremo di entrare
nella zona anche via mare. Già dal 7 luglio molti di noi organizzeranno una
testa di ponte a Genova, nella nostra sede Terra di Nessuno e da lì
ci muoveremo contro i blocchi che via via la polizia organizzerà in città
per non far arrivare i
manifestanti stranieri”.
SECONDA LEZIONE: A SCUOLA DI TESTUGGINE.
I
docenti del corso passano ora ad analizzare i blitz organizzati dalle Tute
alle manifestazioni di via Corelli (il centro di prima accoglienza di
Milano da sempre oggetto di contestazioni e critiche) e di Praga. Le epiche
fotografie degli scontri passati vengono proiettate sul muro. Con una
bacchetta i docenti illustrano i particolari delle foto.
“Lo
scudo ci permette di reggere l’impatto, quando la polizia carica
noi dobbiamo riuscire a tenere unito il nostro cordone. Ma a Genova
saremo muniti di maschere antigas
Lo
scudo è uno strumento che ci porteremo tutti, a Genova: lo useremo sempre nel
training, è importante tenerlo in mano, provarlo, poi muoversi tutti in
insieme, per andare avanti o indietro”
“Lo
scontro sarà il momento cruciale
– continuano - formeremo
la testuggine, una forma
arcaica ereditata dall’ esercito romano, la
prima fila avanza e la
seconda fila protegge la prima, è fondamentale.
E poi tanta palestra. Per allenarci . E
poi sperimenteremo la testuggine
all’aperto”.
Riccardino
ora illustra il funzionamento di
altri marchingegni , come una alta rete
per intercettare i candelotti
lacrimogeni, simile a una rete da tennis. Ecco poi la fotografia di un
gigantesco ariete . “Sappiano che
i carabinieri i poliziotti
si stanno preparando
con training appositi
ad assaltarci, ma noi
useremo nuove macchine
creative, catapulte e arieti di nuova concezione, macchine medievali
alla Bravehart , e li
spiazzeremo. Noi dobbiamo esprimere una potenza di corpi che si muove in avanti
e tutti insieme”.
La
lezione si interrompe: una Tuta
Bianca avverte i presenti che “i Vigili del fuoco di Genova hanno ricevuto dal
ministero degli Interni l’ordine
di mettere a disposizione tutti i
loro idranti e autopompe. È sicuro che verranno utilizzati contro di noi”.
Poi
spiega: “Ma i Vigili del fuoco si sono rifiutati di consegnarli ( applausi
dall’aula )
hanno detto che loro non sono una forza dell’ordine pubblico.
Idranti e autopompe se le tengono: a meno che non siano sequestrate dallo
Stato e ridipinte”.
TRAINING
ANTI PANICO
E’
la volta del dibattito tra gli allievi. “Inanzitutto
se ti prende il panico e le paura , scappa in mezzo alle macchine e al traffico,
dove la polizia non ti può inseguire, io ho sperimentato
questo sistema a Nizza”.
Chi parla è una anziana Tuta
Bianca proveniente da Savona.
STORIA E TEORIA DELLE TUTE BIANCHE
Molti
allievi sono perplessi, e il dilemma di trovarsi in un
gruppo di aspiranti guerriglieri deve essere sentito anche dal corpo
docente, tanto che Capitan Luca conclude
le prime due ore di lezioni, sottolineando la caratteristica del suo
movimento: “Noi non andremo a Genova per distruggere la città o fare danno
alle vetrine, non ci saranno devastazioni, vogliamo solo manifestare contro il
G8, pacificamente. Domande?”
Chiedo
di conoscere brevemente la storia delle Tute. Vengo accontentato e trascrivo sul
mio taccuino. “Le Tute Bianche sono scese in piazza la prima volta nel ‘94
perchè a Milano Formentini aveva sgomberato
il Lencavallo, e aveva detto alla
stampa che ormai noi eravamo un
fantasma che girava per la città. Noi rioccupammo subito il Leoncavallo e
ci vestimmo di bianco, per apparire come fantasmi. Poi andammo in Chiapas
dal comandante Marcos. Capimmo un nuovo modo di fare politica,
di coniugare il conflitto e il consenso, utilizzando la comunicazione
come un arma. Tra le tante lezioni avute dagli zapatisti
apprendemmo quello su visibilità e invisibilità. Noi
dobbiamo coprirci il volto,
dobbiamo mettere il passamontagna per essere visti, ci disse Marcos.
Adattammo la lezione degli
zapatisti all’Europa e scegliemmo di metterci
addosso una tuta bianca, per
simboleggiare qualcosa che è invisibile ma evidente. Per affermare che ci sono
degli esclusi, che non vengono considerati
soggetti sociali, e che invece sono presenti nella società. Tute bianche per
rendere visibile ciò che è
invisibile. Poi le Tute bianche si sono estese nel nord est e a Roma, e
in tutta Italia. Noi ora siamo un
network .
Si
parte dalla volontà di praticare conflitto. Di dare alla società civile il
ruolo di protagonista dello scenario politico, e necessariamente
si va a scontrarsi
con l’ordine pubblico. Bisogna disobbedire. E quando ti trovi davanti
una linea di poliziotti che ti
impedisce di praticare i tuoi diritti, disobbedisci, non ti fermi, e sappiamo
che a Genova la Polizia reagirà
con la forza, cercherà di disperdere il nostro corteo: e
per tutelarci, noi useremo delle nuove barriere di gomma per
tenerla a distanza. Ma se si
arriverà al copro a corpo cercheremo di passare
lo stesso”.
IL DIBATTITO TRA GLI ALLIEVI TUTE BIANCHE
Ci
si sposta, infine, in palestra. Ci si scambia impressioni davanti a tre scudi di
plexiglass portati dai docenti : “Che effetto ti fa
scontrarti con la Polizia,
da dietro questo scudo?”chiede una signora di mezza età a un signore
attempato, reduce dagli scontri di Napoli. “La Polizia ti fa paura ma ti
farebbe meno paura se tu non avessi niente.
Ne
usciamo sempre con qualche contusione. A Napoli le Tute Bianche che ha fatto
l’azione di sfondamento hanno avuto sì dei
danni fisici, ma chi non si
era difeso con scudi e gommapiuma
è finito all’ospedale. Erano più di 400”
Un
altro docente del training, un
preparatore atletico dell’Isef, spiega
agli incerti: “Ecco perchè noi facciamo questi training, per preparare i
manifestanti A Napoli c’è stato
un precedente. Alcuni
funzionari di forze dell’Ordine per ingraziarsi il nuovo governo hanno
preso l’iniziativa di attaccare i manifestanti.
Se vogliamo uscirne indenni a Genova, dobbiamo inventare
nuove macchine, che aumentano la distanza
tra manifestanti e forze dell’ordine, per evitare i corpi a corpo.
Barriere mobili, catapulte, arieti di gomma, pontili di legno. Ragazzi, ogni
sabato vediamoci qua in palestra.
Venerdì
sera nei laboratori gruppo di lavoro catapulte. Poi sabato training
acquatico all’idroscalo. ”Ultime raccomandazioni ai cadetti: “La
partita è molto grande, andremo almeno in duemila Tute Bianche da Milano fino a
Genova”. “Basta, davanti alla polizia non scappiamo più” giura una
esile ragazzina zapatista. Solleva lo
scudo di plexiglass , barcolla sotto il suo
peso, quindi si asciuga il sudore. Freddo. Poi va in mensa
per una tortilla innaffiata di vin brulè.