24 LUGLIO
Solidarietà dal mondoOtto potenti
due vite
una stroncata dalla ferocia della paura
cranio esploso
un istante
silenzio!
l'altra stravolta nella mente e nel cuore
privata del futuro, vent'anni offerti al potere ed alla grandezza di un folle
mille, diecimila, centomila
di più
di più
una sola speranza, la vita
una sola risposta, la morte
otto simulacri inumani
otto cavalieri della morte.
Il Black bloc: una prolunga per i manganelli
Sono un testimone di Genova e sono un cane sciolto, arrivato con un
pullman organizzato da Rifondazione comunista, il cui corteo ho subito
abbandonato per spingermi in avanti, ho cercato di risalire tutto il corteo e ne
ho viste tutte le componenti, compreso il black bloc, ragazzi spesso al di sotto
dei 20 anni.
Ero all'altezza del corteo degli Anarchici, quelli veri, da quel punto già si
vedevano i fumogeni in lontananza, il corteo era già spezzato e bloccato (i
celerini si erano avvicinati da un lato per venire a controllare un'ambulanza,
poi erano leggermente arretrati, la gente era stata fatta comprimere e
concentrare nella calma e nel silenzio, molti si erano seduti per terra).
Gli elicotteri erano sopra le teste costantemente, io ero con un amico,
intrufolati in mezzo ai Cobas, che avevano un servizio d'ordine, si temeva
infatti che la polizia avrebbe attaccato tra la folla per dei rastrellamenti,
prevedevamo anche che ne avrebbero fatte le spese gli Anarchici, gente che
predilige il nero, e quindi poteva prendere delle botte aggiuntive pur avendo
tenuto per tutto il tempo un corteo esemplare.
In un istante assolutamente uguale a quello precedente, ci siamo ritrovati
immersi nei fumogeni, il primo che ho potuto vedere era stato sparato su di un
tetto, si pensava fosse un incendio, ma il fumo era bianco. Dopo questo primo ho
visto alcuni soggetti che in maniera sospetta e sempre con delle maschere
antigas da seconda guerra mondiale, raccoglieva i fumogeni da terra e li tirava
indietro, in una zona dove non c'era ancora fumo. Il corteo era immediatamente
indietreggiato di 150 metri, i Cobas si dividono, alcuni imboccano una strada
laterale, altri si fermano, le ambulanze vanno avanti e indietro per la via, noi
rimaniamo con quelli fermi, perché la strada laterale che i primi hanno
imboccato, sulla prima a destra porta direttamente in questura. I Cobas
richiamano i compagni che stavano andando inconsapevolmente verso la questura,
ma hanno problemi a ricompattarsi perché i telefoni cellulari sono
completamente bloccati, noi li lasciamo lì per ripiegare, la gente sta
scappando. Altri lacrimogeni dal cielo, in un altro momento di calma assoluta,
molti stavano camminando a ritroso, altri si erano fermati per ricompattarsi, mi
ritrovo un candelotto sui piedi, non portavo né occhialini né maschera. La
dose è di quelle magnum: gli occhi mi bruciano talmente forte che solo per caso
incappo in una ragazza che mi aiuta, dandomi del limone da mettere sotto gli
occhi, vedo la gente passarsi i limoni l'un l'altro, l'acqua. Il mio amico mi
salva mentre inciampo, correndo al buio stavo andando addosso a dello stupido
arredo urbano di cemento, quei bussolotti per vietare l'accesso alle macchine
erano stati spostati tutti di lato. Riesco a scappare solo grazie all'aiuto
altrui.
La gente alle frontiere era stata completamente passata al setaccio, con sistemi
da controspionaggio elettronico.
I carabinieri, come ha chiarito un loro collega di S.Giovanni Valdarno che ha
fatto causa all'arma e poi è stato punito, hanno documentazione sulle abitudini
e idee, di ogni singolo e su ogni associazione in Italia.
La testimonianza diretta di cosa è successo al confine svizzero, mi è stata
fornita da uno studente svizzero italiano che non partecipava agli eventi, ma a
cui è stato vietato di passare, dalla polizia svizzera, pur essendo chiaramente
estraneo al gruppo dei contestatori, i quali riferisce non avevano alcuna arma
(tranne le aste delle bandiere, che comunque non hanno usato). Il mio amico, che
studia in Italia da anni, riferisce anche che il treno su cui si trovava è
stato fermato simulando un guasto sui binari due chilometri prima della
frontiera, la polizia, non quella di frontiera, ha perquisito il treno e gli
occupanti, ricacciando indietro tra gli altri anche un addetto della televisione
svizzerotedesca (sicuramente noto barricadiero e bombarolo).
Questi fatti mi fanno pensare che 350 persone del black bloc sono state lasciate
deliberatamente passare.
Non solo, se come è stato detto dai media, agivano in piccoli gruppi, tanto più
facilmente i poliziotti avrebbero potuto fermare dei ragazzi che si accaniscono
su un concessionario in pieno centro, arrivando a bruciare gli schedari, una
faccenda che per svolgerla con i risultati visti in tv, ci vuole tempo; 20mila
sbirri avrebbero potuto fermarli prima ancora che s'infrangesse una singola
vetrina. Da questo deduco che la devastazione operata dal black bloc, non è
stata ostacolata, ma assistita, con infiltrati vestiti allo stesso modo che
andavano a distruggere per primi e poi farsi seguire, in modo tale da creare, a
tavolino, un'immagine emergenziale da distribuire ai media.
Il mio sentimento di ieri (J22), faceva capo anche alla speranza, che la
reazione popolare alla violenza poliziesca, allo scempio della gente, avrebbe
ingrossato le file del corteo a cui stavo per partecipare, al punto da rendere
la polizia inerme di fronte alla presenza di 100, 200,300mila persone.
Vana e patetica questa speranza: la grande partecipazione alla manifestazione ha
incanaglito ancora di più le forze dell'ordine, che si sono tese a stroncare il
movimento con ancora maggiore fermezza, per fornire al cittadino l'esempio di
cosa gli succede quando partecipa ad una contestazione in Italia, qualsiasi essa
sia e per qualsiasi motivo venga organizzata.
Le prove tecniche dello stato di polizia si sono concluse in nottata, con la
vergognosa aggressione nelle due scuole, io ho visto tutto su Raisat news e in
internet, anche in questo caso, la scusa della polizia è ridicola, i tavoli
delle "prove" sono zeppi di cazzate: telefonini, fazzoletti e macchine
fotografiche. Anche molotov, picconi e mazze, la cui presenza il corrispondente
in diretta del tg3 smentisce in diretta, assieme a tutti gli altri
farfugliamenti del responsabile di polizia. Al tg di oggi ho invece visto i
poliziotti uscire con le prove nascoste in sacchi rossi, di fatto sono state
viste per la prima volta davvero soltanto sui tavoli della questura (assieme
all'altra patetica montatura, il tentativo di accoltellamento di un poliziotto,
chissà come avranno fatto a sapere che è proprio il coltellino che hanno
riposto a fianco allo strappo nell'uniforme, a colpirla, se c'era questo
generale parapiglia?).
Un'altra dimostrazione di questo fatto sembra essere il filmato mostrato ai
media in cui si vede un furgone nero da cui si distribuiscono mazze e altri
oggetti da guerriglia ai blackblockers, bene, come è possibile che il Gsf
fornisce appoggio al black bloc con un furgone pieno di mazze e poi, dopo il
blitz, il Gsf si veda sequestrare il materiale necessario ad armare non più di
tre persone?
Per me è semplice, il furgone era una messa in scena: un tentativo malriuscito
per incastrare il Gsf.
Ho anche visto un militante dei Cobas che disarma con uno scapaccione due
bambocci che preparavano una molotov.
Questo è un momento importante, il governo Berlusconi è attaccato frontalmente
da tutta l'opposizione, qualsiasi risultato positivo sarà additabile come
preciso merito del movimento che era a Genova, il quale ora non deve commettere
l'errore di criminalizzare le tute nere.
E' possibile, da certe voci che mi sono giunte, che alcuni gruppi comunisti
abbiano intenzione di punire gli anarchici, per quel che è successo a Genova.
Bisogna non cadere nella trappola già tesa durante il G8. Come oramai sappiamo,
il Black Bloc è stato strumentalizzato fin dall'inizio, non solo attraverso
l'uso d'infiltrati, la consegna di mazze gratis alla gente giustamente incazzata
e lo sguinzagliamento dei peggiori fascisti e nazistoidi d'Europa, ospiti per
una settimana dagli Italian Brothers. Premetto che anch'io avrei usato una
mazza, se mi fosse stata consegnata in quel frangente, così è successo a molti
anarcopunx e gente di strada di tutte le risme che veniva armata da misteriosi
furgoni; la stessa gente, in un clima migliore, non come quello che
scientificamente è stato creato, sarebbe stata tranquilla e beata, a godersi il
sole. Ma così non è stato perché così Loro hanno deciso, quindi credo che
anch'io avrei fatto lo stesso, ma non contro le vetrine assicurate e contro le
automobili della gente. Proprio perché sono un tipo che fa esperienza in
fretta, la prossima volta la mazza, farò in modo di darla in testa per primo al
suino travestito che me la regala. Il punto è questo, non possono pagare gli
anarchici, se i fascisti sono stati chiamati a divertirsi a Genova, dove pensate
che sarebbero andati tutti i fasci durante il G8, a Predappio in pellegrinaggio?
A mio modesto parere, anche il black bloc dovrà esprimersi, se è vero che è
ben organizzato e consapevole, come Roberto Bui racconta, a proposito di come
intende evitare in futuro di diventare uno strumento dello stato fascista per
giustificare le manganellate.
Johnny 23
Mi hanno portato via
Ciao a tutti, sono Paolo di Parma.
Sono tornato poche ore fa da Genova, anzi da Pavia dove sono stato rinchiuso
per tre giorni per aver partecipato alle manifestazioni in modo assolutamente
tranquillo e pacifico. Stavo aiutando una DOTTORESSA medico con croce rossa su
pettorina bianca ad aver cura di un ferito quando sono arrivati i carabinieri. A
nulla è servito alzare le mani in alto. Mi hanno portato via e menato per una
notte. Le offese gli insulti i pugni e le manganellate che ho preso hanno fatto
qualcosa dentro di me che non dimenticherò.... Ed ora sono accusato di
resistenza aggravata ed altre cose tipo che avrei tirato un sasso al militare,
quando l'unica cosa che avevo in mano era la
mia macchina fotografica e legata alla cintura una borraccia rossa scambiata per
una molotov. Ora sono a casa e non so quando avrò il processo ma rischio
tanto.....
Non mi dilungo in particolari sulle botte perché ora la mia priorità è
trovare testimoni.
VI CHIEDO: se qualcuno può testimoniare o è in possesso di video fatti attorno
alle 14 di venerdì 20 in Via Tolemaide (continuazione di C.so Gastaldi) durante
il corteo partito dallo Stadio Carlini. In questa zona un piccolo cortile
interno sulla sx rispetto al procedere del corteo è servito come via di fuga a
tante persone tra cui il sottoscritto. Io ero vestito come nella foto allegata,
con in più un paliacate al collo, una macchina fotografica al collo ed una
borraccia rossa legata sul fianco dx. Se avete materiale video o foto anche
dubbie vi prego di inviarmele, ve ne sarò grato.
paolo
I lacrimogeni non offuscano il nostro messaggio di
pace
Eravamo anche noi a Genova come Rete Lilliput-Versilia per
incontrarci con le migliaia di persone delle tantissime associazioni che in
tutto il mondo credono che un mondo diverso è possibile. Nonostante le notizie
tristi che nella giornata di venerdì ci giungevano, insieme al Genoa social
forum abbiamo ritenuto importante portare avanti ugualmente la nostra
manifestazione pacifica. Questo perché crediamo che il messaggio di pace da noi
proposto non debba essere offuscato dai lacrimogeni e dalle violenze. Spinti dal
nostro slogan "Globalizzazione sì, ma dei diritti" ci siamo sentiti
impegnati a manifestare a Genova per l'annullamento totale del debito dei Paesi
poveri, il rispetto dell'ambiente e della salute di tutti, per l'introduzione di
una tassazione sulle speculazioni finanziarie (Tobin Tax), contro lo
sfruttamento del lavoro minorile, etc. Siamo partiti in quasi trenta dalla
stazione di Viareggio venerdì sera, siamo arrivati a Genova verso le 24 senza
problemi e ci siamo subito resi conto di essere in una città deserta,
spettrale, quasi si trattasse di un coprifuoco. Gli amici che abbiamo incontrato
ci hanno testimoniato le esperienze vissute nel pomeriggio: in piazza Manin,
dove Rete Lilliput, insieme alle associazioni del commercio equo e solidale,
Legambiente ed altre aveva allestito banchetti con materiale informativo, sono
giunti uno sparuto gruppo di Black Block (anarchici? neofascisti? infiltrati?)
seguiti a breve distanza da un imponente schieramento delle forze dell'ordine. I
black block in precedenza avevano già devastato indisturbati ampie zone della
città, con gravi atti vandalici osservati a debita distanza dalle nostre forse
dell'ordine. Il loro obiettivo, oltre ad una distruzione generalizzata, sembrava
essere proprio il blocco del lavoro che le tante associazioni stavano portando
avanti nelle varie "piazze tematiche", dove si dibattevano vari
argomenti. In Piazza Manin i pacifisti sono riusciti a resistere in maniera
nonviolenta all'assalto delle tute nere, che si sono disperse nelle stradine
laterali, mentre la polizia caricava con inaudita violenza i nostri amici. La
mattina di sabato dopo un'assemblea della Rete Lilliput per valutare i gravi
avvenimenti del giorno precedente, in modo unanime è stato deciso di confermare
la nostra partecipazione alla manifestazione anti-G8. Purtroppo dopo circa 1 Km
dall'inizio della manifestazione le tute nere hanno sfondato il corteo
spezzandolo in due tronconi e provocando una guerriglia urbana con le forze
dell'ordine. Il nostro gruppo, rimasto nello spezzone di coda, ha atteso a lungo
che la situazione si chiarisse ed ha proseguito solo dopo accordi con la polizia
che ci concedeva un percorso alternativo per aggirare piazzale Kennedy. Una
volta imboccato il viale laterale, però, ci siamo trovati soli davanti allo
schieramento poliziesco, che nonostante le nostre mani dipinte di bianco alzate,
ci ha caricato con spari di lacrimogeni. Da questo momento il corteo è stato
sistematicamente disperso e vari gruppi, fra cui il nostro, che cercavano solo
di sfuggire al fumo acre dei lacrimogeni e di tornare verso i propri pullman e
treni, venivano sistematicamente inseguiti e braccati come topi senza via
d'uscita, mentre una gran parte dei manifestanti è riuscita a concludere la
manifestazione.
La strategia adottata dalle forze dell'ordine e dai black block ha ostacolato il
regolare svolgimento della manifestazione, voluta da associazioni eterogenee che
nonostante le loro differenze hanno a lungo lavorato assieme su contenuti e
sogni comuni; tuttavia la maggioranza dei manifestanti nonviolenti ha portato a
termine il corteo. Ci amareggia la constatazione che questi disordini abbiano
ridotto una manifestazione così importante per i suoi contenuti in un problema
di ordine pubblico. Ringraziamo i pochi genovesi rimasti nella loro città per
la cordiale ospitalità che hanno dimostrato nei nostri confronti.
per Rete Lilliput, nodo Versilia
Sabrina Fausto Enrico
Lettera aperta al Gsf
E' martedì 24 luglio e sono a Genova.
Ho scelto di restare qualche giorno per godermi questa bella città, ancora
sconvolta, ma più quieta, tornata a quella normalità chiamata, a torto, pace.
Tutte le immagini, le emozioni, le ambivalenze di questi giorni mi attorniano ed
attraversano, alcune gustose, digeribili,anche dolci; altre ancora indigeste,
nauseanti, opache. Sono giorni che lasciano il segno, che nessuno potrà
dimenticare.
Saranno giorni che, nel bene e nel male, si porranno come soglia tra una fase e
un'altra, appena iniziata, della politica italiana. Nella confusione, lo sento
con sufficiente chiarezza. Siamo agli esordi, forse anche in ritardo, ma
qualcosa finalmente- si è mosso, ed anche la superficie si increspa, dopo tanti
anni di lavoro silenzioso e sommerso.
Cerchiamo di non perdere questa nuova, preziosissima occasione.
Mi pare che nella "rete di reti", nel "movimento dei
movimenti" che si sono espressi a Genova si possano rintracciare alcuni
nodi di consapevolezza davvero comuni, alcuni "fondamenti" condivisi e
"radicali" tra tutti e tutte:
1. la percezione diretta di una democrazia senza qualità, che ha superato la
soglia di decadimento e di involuzione, che degrada verso derive regressive ed
autoritarie, verso un regime regolato da monopoli informativi e decisionali (per
la costruzione del consenso-assenso) e da repressioni aperte (per la
rimozione-criminalizzazione dei conflitti).
2. la percezione diffusa di uno sviluppo distruttivo ed insensato, che non
lascia scampo alla vita, alla natura, alle culture, che ha superato la soglia di
tollerabilità e si avvicina rapidamente al rischio di catastrofi irreversibili
e a condizioni di "non ritorno".
3. la percezione verificata di una ripresa massiccia della cultura di guerra
che, dalla Guerra del Golfo a quelle balcaniche, ha tracciato l'ultimo decennio,
dopo le speranze aperte dal Movimento per la Pace e dalla perestroika negli anni
80.
4. la voglia di resistere con tutte le nostre forze a tutto questo, a lottare,
insieme e diversi.
E' un patrimonio enorme proprio perché è comune e va salvaguardato, perché è
davvero prezioso, con pazienza, ascolto, fiducia, attenzione.
La domanda da cui ora partirei, definiti i punti comuni, è sul punto che ci
differenzia di più e sul quale rischiamo di crescere o di saltare insieme:
COME resistere, COME lottare ?
In questi giorni la creatività dei movimenti si è espressa: dalla preghiera
alle spranghe, dalle animazioni teatrali alle parate con tute e caschi, dai
blocchi nonviolenti dei varchi agli assalti mortali. Ognuno rischia di trarre le
sue conclusioni da solo, per la sua parte e, in condizioni di incomunicabilità
reciproca, il movimento dei movimenti non ci sarebbe più e tutto questo lavoro
comune, anziché a crescere, andrebbe a disfarsi ancora una volta.
Vorrei perciò offrire alcune riflessioni personali, alla ricerca di un
confronto con tutti/e:
1. Non possiamo in questo momento fare qualcosa per cambiare la polizia o i
black blockers o i rapporti tra loro: sono organizzazioni troppo ideologizzate e
strutturate, troppo poco trasparenti, come devono essere le formazioni militari,
più o meno legali.
Credo che possiamo e dobbiamo lavorare solo su di noi: se lo faremo produrremo
dei cambiamenti anche nei contesti esterni e nei potenziali alleati-avversari.
2. Per quanto ci riguarda quindi, è decisivo, anche solo tatticamente, non
favorire in alcun modo la ripresa del perverso circuito della violenza e della
guerra.
E' importante ed urgente:
- non mostrificare nessuno, non creare capri espiatori, non trasferire
colpevolezze totali in una sola parte; assumersi ciascuno la propria
responsabilità in termini di azione o di omissione.
-non utilizzare la violenza diretta e strutturale degli altri per giustificare
la propria o quella dei propri alleati; criticare comunque la violenza e la
distruzione della vita da chiunque provenga.
-non mitizzare i caduti, solo perché sono morti e sono stati uccisi dal nostro
avversario; se ci dissociamo dalle loro azioni in vita, dobbiamo farlo anche in
morte (il che non significa che non piangiamo e che non ci arrabbiamo per una
vita spezzata).
3. E' fondamentale che, nei prossimi mesi:
- l'area rosa (nonviolenta e non-violenta) accresca i suoi livelli di
consapevolezza, di formazione e di organizzazione, in vista di metodologie ed
azioni che siano capaci di maggiore SICUREZZA-RASSICURAZIONE
COMUNICAZIONE-VISIBILITA' EFFICACIA-EFFICIENZA CREATIVITA'-NOVITA'.
Ho riscontrato ancora (ma è ovvio, siamo davvero agli inizi !) un livello di
improvvisazione e di inconsapevolezza troppo alto, che -se non corretto- ci
porterà a rischi tali da indurre molte persone desiderose di esserci a stare a
casa, ad abbandonare il campo.
E' invece il momento di diffondere la nonviolenza attiva, di renderla ancora più
ricca di esempi e di sperimentazioni, di unire in essa la capacità di allargare
l'area delle persone coinvolte e le differenti radicalità convergenti
nell'azione stessa.
-l'area gialla (disobbediente anti-violenta) rifletta sulle sue scelte e su come
stare nella rete. Ho assistito con piacere e speranza (a differenza di quanto
scrive
Repubblica nell'intervista di venerdì scorso) allo sviluppo di tattiche
creative e meno violente rispetto alle origini fatte proprie dai Centri sociali
di cui Luca Casarini appare come portavoce. Sono fiducioso sul fatto che la
riflessione tra le tute bianche ci sarà e che la scelta fatta nel recente
passato non sarà rinnegata, perché ha le sue
motivazioni non solo tattiche, ma anche strategiche. Credo e spero che saprà
tenere insieme consenso e conflitto. Sono preoccupato però da alcuni
atteggiamenti e da alcune scelte fatte qui a Genova e che proseguono a
manifestarsi sui mass media in questi giorni. Temo una regressione dell'area
gialla verso il circuito perverso descritto
al punto 2. Sarebbe un passaggio involutivo gravissimo tale da generare la crisi
prematura e forse letale del movimento unito nel Gsf. Non solo non permetterebbe
la diffusione della cultura anti-violenta (che resta, mi pare, anche dalle
dichiarazioni fatte da tutti alla conferenza stampa del 22 luglio, uno degli
obiettivi comuni del Gsf), ma rischierebbeun ritorno al già visto, con effetti
disastrosi sul movimento e sui suoi
programmi.
4. per favorire processi positivi ed evitare rischi di questa portata proporrei
al Gsf di organizzare subito dopo l'estate, su questi temi, un
seminario-training di riflessione comune e di confronto tra le due aree, per
evitare fratture e derive divergenti, ma anche confusioni ed ambiguità. Mi
dichiaro disponibile sin d'ora a collaborare per questo e per altri momenti di
incontro tra noi e con altri.
La fase è molto delicata e la nostra esperienza è davvero giovane e nuova, in
gran parte sconosciuta e inaspettata. Siamo però usciti dalla palude politica e
culturale in cui ci siamo trovati per anni. E' vero: la violenza ed il sopruso,
da tempo covati, ora escono alla luce. Ma credo che sia un bene. Ognuno può
vederli, considerarli, scegliere. Ci vediamo, a Genova, in Italia, in Sardegna,
davanti alle prefetture o dove
sia, tra poche ore.
Buona estate a tutti e a tutte
Enrico Euli
Questo non è un sogno
E' un racconto, vissuto dai e con i miei occhi. E' la storia di una
festa, gioiosa, colorata, ma anche determinata e ferma, finita in tragedia. E
tristezza. E' la storia di una giovane vita spezzata, assassinata dalla
protervia e dall'arroganza, dalla certezza dell'impunità. E' la cronaca di un
giorno di follia, cui ne seguiranno altri, che sarebbe giusto definire di follia
se non fosse per la sua scientifica programmazione.
Eravamo partiti di notte, mercoledì 19, intorno alle ventitré, alla volta di
Genova, per essere puntuali il giorno dopo, alle otto, orario di appuntamento
con gli altri di "Un Ponte per…" per preparare la nostra
partecipazione alla manifestazione del 20 luglio, indetta dai sindacati di base
ma, soprattutto, per portare il nostro contributo nelle piazze tematiche, vero e
proprio clou dell' anti G8, dove saremo presenti con le nostre iniziative
all'interno del variegatissimo mondo del movimento anti globalizzazione.
Il vento ci sposta il pulmino, decisamente anche lui No Global, con la sua targa
napoletana, la scarsa tenuta di strada, le ammaccature varie che ci fanno temere
fermi e sequestri molto prima di Genova. Non si va più di ottanta all'ora.
Quando sembra finire tutto, una sventagliata di acqua e vento ci investe e ci fa
perdere un attimo il controllo. Ma che siano tutti tentativi per scoraggiarci?
Restiamo calmi e andiamo avanti, Genova arriverà. E arriva, Genova, senza
fermi, senza controlli tutto apparentemente normale. Ci spostiamo con gli altri
che troviamo al centro sportivo Sciorba, per andare a Piazza Rossetti, davanti
la Fiera. Lì iniziamo il nostro lavoro. Distribuiremo datteri iracheni
importati illegalmente per via dell'embargo che, in dieci anni, ha causato,
anche se in tempi di globalizzazione sarebbe più corretto dire prodotto…
quasi due milioni di morti. Laggiù, davvero il G8 se lo ritrovano tutti i
giorni, a tavola quando manca il cibo, nelle farmacie quando mancano le
medicine, fra le braccia di una madre e lo sguardo impotente di un padre, quando
muore un loro figlio. Ed è proprio quello che dico distribuendo i nostri
volantini "Fermiamo il massacro in Iraq". Sembra fantascienza, oppure
una presa in giro… Fermare un massacro mangiando datteri? Ebbene è proprio
così ed è per questo, cominciamo a pensare, che c'è tanta polizia,
tassativamente in assetto guerresco, che la città è deserta, che le serrande
dei negozi ma pure delle finestre sono abbassate. Perché attraverso gesti
semplici e quotidiani, ma dettati da scelte di fondo, che si mettono in crisi i
grossi poteri economici delle multinazionali contro le quali, a parole, tutti
sono contro, salvo legittimarle ogni volta che si sceglie anche solo un semplice
prodotto alimentare.
La situazione è irreale, per comprare un giornale si fanno chilometri, di un
bar manco a parlarne, tranne qualche temerario. Ma temerario, perché? Stanno
per calare i barbari, o sono già arrivati da un pezzo?
Il nostro pulmino è visibile, coi suoi datteri, i ventagli, le magliette con la
scritta "Contrabbandiere Etico", i manifesti che annunciano le
prossime iniziative contro l'embargo. Siamo pronti. Partiamo, in prima, piano
piano, alla volta della prima delle piazzette tematiche che intendiamo
raggiungere. Cominciamo da Piazza Carignano, vicino a Piazza Dante. C'è già
molta gente, iniziamo la distribuzione, qualcuno lascia sottoscrizioni, non ci
avevamo pensato e così un cesto lo attrezziamo per i soldi e si riempie subito.
Chi mille, chi diecimila, ognuno per quello che può, se può, altrimenti è lo
stesso. La solidarietà la si coglie negli sguardi curiosi di chi chiede, di chi
si informa, nella telecamera di uno dei registi impegnati nel girare il film sul
movimento anti G8.
Inizia il corteo verso la famigerata zona rossa, e ci accodiamo per fermarci un
poco prima, anche perché un attivista di Attac, movimento non violento francese
ma con tante sedi anche in Italia, ci consiglia di fermarci e girare il
furgoncino per essere pronti a una eventuale fuga, sempre da mettere in conto.
Gli diamo retta, anche se tutto sembra tranquillo, ognuno calato nel suo ruolo,
nella sua parte. Passano gli ottoni, intonano Bella Ciao, e poi musiche di
Bregovic, l'Internazionale, la Tammurriata Nera. E' tutto molto colorato e
davanti a quelle ridicole inferriate, e oscene, va in onda uno spettacolo di
fantasia e leggerezza che è un piacere. Si incontra 'O Zulù, dei 99 Posse, si
canta e si balla. Nel nostro volantino si fa il verso a Manu Chao, ricordando le
nostro campagne… Jugoslavia, clandestina! Palestina, clandestina! Kurdistan,
clandestino! Dattero Iracheno, ILLEGAL!!!
Poi, arriva il tempo di andare via. C'è stato lo sfondamento, adesso le
uniformi sono schierate e si teme un attacco più pesante delle scariche di
acqua che provocano bruciore sulla pelle. Ce ne andiamo. La strada è in salita
e a metà, due persone ci chiedono di accompagnare un'anziana signora. Lo
facciamo volentieri, il suo volto mi è noto, la sua lingua… è argentina, è
nel movimento, poi quelle parole… sono la presidente… Madri de Plaza de Majo…
Stiamo dando un passaggio a Hebe de Bonafini! Siamo commossi, io la tocco, come
fosse un'icona e lo è, ma è vivente! Quando scende l'abbraccio forte, spero di
non aver esagerato. Lei ringrazia e se ne va. Ma madre Hede due parole le ha
dette, pure. "C'è molta polizia in borghese, bisogna stare attenti".
E lei se ne intende…
Cominciano ad arrivare notizie di scontri. La nostra prossima tappa è piazza
Manin, ma per arrivarci ci rendiamo subito conto che sarà un bel problema. Non
abbiamo radio, le uniche notizie che circolano sono i tam tam nel movimento.
Cominciamo a scendere da piazza Carignano per ripassare a piazza Rossetti, ma ci
sono vie bloccate. Via via che avanziamo, il paesaggio lunare della mattina ci
appare in tutta la sua devastazione. Eppure da quelle parti non doveva passarci
nessun corteo, come mai tutta quella distruzione? Vetrine spaccate, auto coi
vetri rotti, cassonetti dati alle fiamme. Sembra un assaggio, perché
l'atmosfera è quella del passaggio di un uragano che deve essere andato oltre.
E oltre, è dove ci dirigiamo noi.
Per piazza Manin è impossibile passare. Ci dirigiamo, allora, verso viale
Gastoldi, dovremmo incrociare uno spezzone del corteo dei Cobas e delle tute
bianche che, in realtà, per l'occasione hanno dichiarato che avrebbero dismesso
le tute, quasi a voler rimarcare la loro completa adesione a un movimento che
diventa sempre più importante e composito. Ma anche lì non si passa. Si vede
tanto fumo, laggiù in fondo al vialone, la strada è sbarrata, c'è un
andirivieni di ambulanze. Qualcuno di noi telefona a casa, anche per sapere cosa
succede. Arrivano le prime notizie, si parla di due ragazzi morti, uno travolto
da un blindato della polizia, un altro ammazzato da un colpo di pistola. Col
tempo, sapremo che erano la stessa persona. Carlo Giuliani è stato ammazzato.
Cominciamo a girare cercando strade per continuare la nostra opera, coscienti
che siamo qui per dare voce agli invisibili, emarginati dal mondo che li
schiaccia con scelte infami ma infinitamente redditizie per il grande potere
economico. No, non ci sentiamo ridicoli a distribuire datteri in mezzo a gente
che è appena stata massacrata di botte da altra gente pagata, non so quanto e
non mi interessa, per farlo. Anzi! A ridosso di piazza Manin ci infiliamo in
mezzo a tanti ragazzi con gli occhi gonfi, la pelle irritata, qualcuno pestato.
Stanno scendendo verso piazzale Kennedy, il ritrovo del Gsf. Sono impauriti,
molti di loro fanno parte di quell'associazionismo cattolico che ha deciso di
starci concretamente, dalla parte degli oppressi e contro gli oppressori. Ci
viene spontaneo, ci fanno tenerezza, sono giovani, noi siamo tutti intorno ai
quaranta, chi più chi meno. Scendiamo, li chiamiamo, vengono intorno, hanno
bisogno di sicurezza, diamo loro datteri, addolciscono la bocca, abbiamo anche
acqua che questa città, tranne un bar con lo stemma di Rifondazione e un quadro
di Fabrizio De André che ha resistito alla chiusura, ha loro negato, negandosi.
Per la paura di una vetrina infranta, o di un esproprio, insomma… del proprio
giardino insozzato. Ma non insozzano nessuno, questi ragazzi, guardateli come
sono belli nella loro stanchezza, nella loro voglia di andare avanti, di farsi
cacciare da una porta per rientrare dalle finestre della vostra coscienza! Sono
infiniti, sono tenaci, non li disperderete mai coi vostri lacrimogeni, perché
sanno piangere anche lacrime vere, perché hanno la sensibilità che la vostra
ipocrisia non ha mai conosciuto. La vostra ipocrisia che ha paura dei loro passi
leggeri, del loro battito d'ali, aquiloni al vento, ipocrisia che si sente
rassicurata da uniformi come marziani schierate coi fucili spianati, coi loro
passi ritmici e pesanti come macigni. Statevene pure rintanati, voi si, come
topi, scappate pure in vacanza, come vi hanno consigliato per settimane, non vi
unite a noi, che sennò verrete appestati. Di sensibilità, di amore per la
propria coscienza, di rabbia per chi opprime, di solidarietà per chi è
oppresso. E queste, sono malattie davvero incurabili.
Continuiamo con loro. Alcuni ragazzi con degli strumenti musicali, le loro
uniche armi, ci regalano delle belle suonate in cambio dei datteri. Proseguiamo
fino a quando, al momento di svoltare per via Torino, ci si accorge che le
schiere di uniformi sono già pronte alla guerra. Davanti c'è fumo, a destra ci
sono i marziani, a sinistra c'è fumo, dietro, ancora marziani. Che fare? Fabio,
il nostro presidente, vuole parlamentare coi marziani, ma non lo fanno
avvicinare. Ci spostiamo col furgoncino per non intasare il traffico di auto che
cercano un varco per guadagnare la strada di casa, verso sinistra.
All'improvviso, sirene di ambulanza gettano tutti in apprensione. Poi, altre
sirene, stavolta dei blindati in uniforme, si lanciano a folle velocità verso
tutti noi. Ci spostiamo ancora per non farci travolgere, arrivano da laggiù,
facciamo appena in tempo. Dal tetto dei blindati, qualche uniforme ostenta il
suo fucile di precisione, altri i manganelli, agitandoli quasi a dire
"Adesso veniamo!". Qualcuno gli sputa contro saliva di ragazzo, altri
gridano tenere parole di rabbia, altri ancora carezze di bastone da scopa. Di
violento c'è, davvero, solo ciò che si vede e che sta nei nostri occhi. E ciò
che si vede viene da dentro ed è rabbia. Impotenza. Voglia di giustizia.
Consapevolezza della sua inesistenza.
Il corteo si disperde e arretra. E' iniziata la carica. Hanno perso la testa,
forse. O, invece, ce l'hanno ben salda. Ragazzi si fanno avanti a mani alzate,
ma non trovano la forza per andare avanti. Hanno paura, abbiamo paura. La paura
è sentimento nobile ed è nobile ammetterla. Non siamo eroi, nessuno qui è un
eroe. Ma stare qui a frapporre i propri corpi, i propri volti davanti a tanta
protervia, in nome di ideali nobili e così tanto concreti, come… azzeramento
del debito per i paesi in via di sviluppo… destinazione di una cospicua parte
del prodotto interno lordo per sviluppo e cooperazione, quella vera… lotta
alle multinazionali che producono Ogm, pesticidi, mucche pazze sempre e solo in
nome del profitto, il loro… lotta al commercio di armi… lotta ai guadagni
selvaggi in borsa… restituzione della dignità ai paesi più poveri…
abolizione dei paradisi fiscali.. lavoro per tutti, senza sfruttamento… stare
li per questo, beh… ti fa sentire forte.
Solo che quando parte la carica, o sei veramente armato ma non come ci hanno
raccontato, inebetendoci, i mezzi di informazione, chiamiamoli così, cioè con
sassi, bastoni o altre stupidaggini del genere. O sei armato di bazooka e bombe
a mano, oppure è meglio che te ne vai. Noi ce ne siamo andati, anche perché
qualcuno cominciava ad avere davvero paura di finire in mezzo a quelle uniformi,
che nulla di umano lasciavano presagire. E questa cosa, gli deve piacere
tanto…
La sera, a piazzale Kennedy, c'è un atmosfera di rabbia e tristezza. E tanta
tensione. Per arrivarci, abbiamo dovuto fare un giro lunghissimo, arrivando fino
a Nervi dopo essere usciti dall'autostrada, percorrendo tutto il lungomare.
Chissà perché, stasera il mare non mostra il suo solito aspetto seducente. Non
mancano le provocazioni, come quell'elicottero che continua a volteggiare sul
piazzale pieno di gente del Genoa Social Forum. Illumina chiunque, col suo
fascio (fascio…) di luce, arrogante, provocatorio, insolente. Ai cancelli, si
viene quasi alle mani. Passa una volante (ma proprio di là deve passare?).
Parte una bottigliata contro il fianco dell'auto in uniforme, parte un ragazzo
all'inseguimento, forse è ubriaco, dove crede di andare da solo? Ma non è
solo, la volante lo sa, perciò sgomma e schizza via, impaurita. Dal palco si
invita a non uscire in gruppetti, potrebbe essere pericoloso, si rischia di
essere caricati o portati via. Si decide di confermare la manifestazione per
domani, come si potrebbe altrimenti?
C'è Gad Lerner, il giornalista, che cerca di iniziare una trasmissione
straordinaria sugli accadimenti del giorno. Trova, con quel clima, il coraggio
di sorridere mentre dice… Se però continuate a mandare affanculo
l'elicottero, non si sente più niente! Dice che si collegherà con Ferrara,
altro giornalista, perché si deve sentire anche chi la pensa in modo diverso.
Ci sono boati di fischi.
Diverso da chi? Diverso da cosa? C'è stato un ragazzo ammazzato, come si fa a
pensare qualcosa di diverso da questo? Un ragazzo che stava li come tutti noi,
che non ha accettato di stare a subire cariche e botte, che ha provato a
difenderci, a difendere la sua, la nostra, la libertà di tutti e per questo è
morto. E chi sostiene che era un violento, è in marcia malafede, perché
sempre, la nostra società, vuole spiegazioni accettabili alle efferatezze che
accadono. No, non c'è giustificazione, un ragazzo è morto mentre manifestava,
costretto ad attaccare per difendersi, costretto a prendere in mano la prima
cosa che ha trovato a terra per gettarla su chi non faceva distinzione di sorta
nello sparare ad altezza d'uomo, nel tirare lacrimogeni ad altezza d'uomo, nel
picchiare selvaggiamente chiunque gli si parasse davanti. Su chi da cielo, terra
e mare, ha mostrato muscoli e li ha usati su gente inerme, forte solo della
propria volontà e dei propri ideali.
Ce ne torniamo a casa alla spicciolata, nonostante gli inviti del palco,
nonostante dall'ospedale tanta gente sia stata portata via dalle uniformi ferita
e sanguinante, senza neppure aspettare le cure mediche, coi medici impotenti a
fermare l'ingiustizia. Perché non corriamo tutti la, per proteggerli? Sono
nostri compagni e qui, c'è gente che mangia e beve birra. Perché, perché non
corro la? Non dormiamo da due giorni, forse è arrivato il momento di farlo. In
questa atmosfera che qualcuno definiva "cilena" , arriva qualche
bottigliata sul palco allestito per l'occasione. Alla fine, la trasmissione non
si farà. Troppa tensione, troppa rabbia. Lerner se ne va senza le sue domande
da fare e le sue risposte da dare. Forse, stasera, c'è ben poco da capire.
Forse, stasera, c'è solo da restare tutti, in silenzio.
Ho dormito nel furgoncino, alla fine. Non ho voglia di lavarmi, non ho voglia di
mangiare, solo di tornare in quelle piazze. Ho bisogno, abbiamo tutti bisogno di
ritrovarci, di contarci. Saranno partiti in tanti per la manifestazione
conclusiva di oggi? Mi telefonano degli amici, stanno già li, è una gioia
sentirli. Sono venuti in tanti, sono qui per Carlo, gli canteranno Bella Ciao, a
questo partigiano che, come si cerca di fare con tutti i partigiani, si cercherà
di sporcare nella memoria. Ma non ci riusciranno, perché non lo sanno che
essere partigiani significa il rispetto degli uomini e delle donne che hanno
sempre combattuto per la libertà. Non lo sanno, perché per loro la libertà è
avere una bella auto, una bella casa, spendere per cene e pranzi e feste, e
fregarsene del prossimo. Perché per loro, un partigiano è un semplice
idealista, nulla a che fare coi divertenti furbi che ci ha regalato il nostro
bene amato paese. Sono questi, oggi, i nostri degni rappresentanti.
Andiamo verso il centro col nostro furgoncino, vorremmo passare in piazza
Alimonda e portare un sacchetto di datteri a Carlo, solo per dirgli che non
molleremo. Ma è difficile, c'è già tanta gente, notizie di scontri, schiere
di uniformi dappertutto. Passiamo davanti a una questura, due uniformi ci
indicano col dito. Avviso i miei compagni che ci stanno venendo dietro.
Arrivano. Sono in tre, a sirene spiegate, ci fermano e urlano di scendere, come
in preda a raptus di follia, per calmarsi un istante dopo, quando capiscono che
non siamo noi ciò che stanno cercando. Perché questi non cercano persone,
cercano cose. Per questi, tutto è impersonale, da trattare senza rispetto.
Fanno per rientrare in macchina, ma altri due furgoni arrivano sgommando e
inchiodando. Ne scendono altre uniformi, altre divise, altra follia, la stessa.
Urlano, sfoderano pistole che puntano alla tempia di Alessandro e Massimo che
stanno davanti. Calmi, bravissimi, straordinari, i miei compagni si lasciano
schiacciare a terra da ginocchia, pugni, braccia, stivali, pistole. Cervelli in
uniforme…
Davanti ad Adriana, si para in ginocchio un uniforme con pistola puntata contro.
Altre divise gridano che "Non sono loro", ma queste nuove uniformi non
sentono, cercano di aprire il portellone laterale, dove sono io e un altro
compagno, ma non ci riescono. Grido che aprirò io, ma, ancora, d'incanto…
"Non sono loro, non sono loro! Andiamo via e voi, andatevene!"
Ripartono, fra sgommate e sterzate, in preda alla loro lucida, fredda, calcolata
follia, davanti agli occhi di gente che assiste, incredula, allo spettacolo,
riportandosi via ginocchia, pugni, braccia, stivali, pistole. E i loro cervelli
in uniforme... Grido "Assassini!" ma, per fortuna, il rombo delle loro
auto in uniforme è più forte della mia voce. Non sentono, non hanno sentito.
Non sentiranno mai, nulla. Arriviamo a piazzale Kennedy, dove abbiamo
appuntamento con Marinella. Risaliamo il corteo che è già partito, non avendo
retto alla spinta, sempre maggiore, della folla che, come un fiume in piena, ha
bisogno di trovare il suo sbocco al mare. Ed eccolo qua, il mare, quello di
Genova, quello cantato da Fabrizio De Andrè. Chissà cosa ne penserebbe di
tutto questo e dell'infame uso strumentale che si continua a fare del termine
anarchico. Ma cosa pensava ce lo ha raccontato. Lui, dalla parte delle minoranze
c'è sempre stato e per davvero.
Ci sistemiamo col furgone e cominciamo il nostro lavoro. Otto scatole di datteri
se ne vanno in oltre mille e cinquecento bustine di carta e bicchieri.
Distribuiamo almeno cinquemila volantini, ottomila adesivi con la scritta
"IO ROMPO", riferita all'embargo all'Iraq. Incontriamo tanta gente,
anche amici di altre città… Anche tu? Si, anche io! Mi commuovo incontrando
un mio amico torinese, Roberto, partito nonostante tutto, come tanti,
soprattutto dopo quello che è successo. Sono abbracci forti, veri, non c'è
spazio per tentennamenti. Stiamo dalla stessa parte, è quella giusta, lo
sentiamo dentro, è così. Mi compare davanti Michele, sorride, poi scoprirò
che era il sorriso di chi ha vissuto momenti drammatici e per questo è felice
di vederti. Anche io lo sono, è davvero bello starci.
Si rimane così, quando la passione ti fa fare delle scelte. Puri e semplici,
come dovrebbe essere la vita di tutti, di ognuno e chi non è d'accordo, che se
ne vada. Sulla luna o su Marte. E proprio da Marte sembrano provenire quegli
elicotteri, minacciosi, quegli scafi e quei gommoni, che controllano, quegli
scudi laggiù. Chiudiamo il furgone, l'aria si fa pesante, il corteo si blocca,
comincia a indietreggiare. Continuo a volantinare, gridando di stare calmi,
dicendo che in Iraq, questi hanno saputo fare di molto peggio, non facciamoci
prendere dal panico che siamo qui per difendere anche chi non può nemmeno
farlo. Mi ritrovo a cinquanta metri da quelle uniformi, partono i lacrimogeni,
il corteo, già spezzato in due precedentemente, ora indietreggia, poi si
arresta, prova a riorganizzarsi ma non ce la fa. C'è gente anziana, ragazzi coi
fazzoletti sulla bocca, i limoni servono a poco. Si tenta di restare calmi, ma
mentre mi volto, un'ondata di fumogeno mi investe ed è terribile. Sono nuovi,
ti soffocano, ti fanno sentire un topo alla ricerca di aria, proprio non puoi
resistere. Sto per svenire, lo sento, ora mi travolgono, penso, ora cado e resto
per terra, preda delle uniformi. Con l'ultima energia possibile, metto un
fazzoletto alla bocca, me lo ha regalato un turco, protestava per le decine e
decine di prigionieri turchi che si sono lasciati morire in carcere di fame,
quando non massacrati direttamente dalla polizia di un governo che se ne frega
dei diritti umani, che ancora non fa parte del grande circo ma sta per entrarci
con pieno diritto. Vestito da boia. Comincio a correre anche io, cosa che non ha
fatto Carlo, ieri. Ma qui si rischia di restare travolti. All'improvviso
compaiono persone vestite di nero, gridano parole incomprensibili, corrono verso
le strade laterali, portandosi dietro gente, mentre i megafoni urlano di non
lasciare il lungomare, di arretrare ma di non ficcarsi nelle stradine laterali.
Trovo un'oasi senza fumogeno, ho gli occhi che mi stanno uscendo, mi brucia
tutto. Le lacrime non sono lacrime vere e si sente. Mi vengono in mente i miei
due bambini e corro via. Più in là, sono state spaccate delle condutture dalle
quali esce acqua in abbondanza. Ci si sciacqua, di corsa e si beve. Sarà buona?
Non è che ci salviamo dalle uniformi e ci infettiamo con l'acqua? Genova, hai
chiuso tutti i tuoi rubinetti, ma l'acqua te l'abbiamo presa ugualmente.
Scusaci, ma ne avremmo davvero fatto a meno.
Ci siamo persi, il furgone è caduto in mani nemiche e i telefoni non
funzionano. Si prova finché non incontro un amico di Milano, ma anche lui non
ha più visto nessuno. Finalmente, ci ritroviamo. Tentiamo di riprendere il
furgone e torniamo indietro. Ce la facciamo. Aspettiamo che si calmi anche la
zona della stazione e poi proviamo a passare. Direzione Nervi, per il lungomare.
Da li, autostrada e poi, Roma
Giungiamo nella zona di Recco. Abbiamo lasciato Genova da poco, attraversando il
lungomare, riaperto dopo i blocchi. Elicotteri e gommoni, camionette e furgoni,
schiere di uniformi in assetto di guerra, sono lontani da noi. Non negli occhi,
però, ne nelle orecchie e, soprattutto, nell'animo.
Ci fermiamo in un ristorante per rilassarci prima del viaggio. E' un po' caro e
ci arrangiamo. Due tavoli più in là, una bella ed elegante signora parla con
altri commensali, di un altro tavolo. Aria snob, auto lussuosa al parcheggio,
sbraita contro comunismo e dimostranti, tutti vandali e violenti, insozzatori
della sua bella città, quasi se la fosse comprata o scelta, prima di nascere. E
alla fine, il classico… "Han fatto bene a sparare!".Cerco aria,
proprio come qualche ora prima in mezzo ai lacrimogeni. Ma non riesco a trovarla
e, alla fine, proprio uno non ce la fa più. Vado là davanti e dico…
"Scusate, volevo solo tranquillizzare la signora. Ce ne stiamo andando,
stia tranquilla, signora e scusi, davvero, ci scusi tanto se le abbiamo sporcato
la città col rosso del nostro sangue. La prossima volta andremo a sporcare
altrove e lei, non avrà più da preoccuparsi". In silenzio, si volta e
riesce solo a prendere una boccata cancerogena dalla sua sigaretta, fumata con
tanta eleganza.
Arriviamo di notte. Non sapevamo ancora che altro sangue avrebbe sporcato quella
città.
Alessandro Di Meo
Si era perfino avviato un dialogo con la polizia
Venerdì 20 pomeriggio, ero in piazza Marsala, la gente era
tranquilla, si era perfino avviato un dialogo con le forze di polizia, ed in
segno di distensione parecchi manifestanti avevano fatto foto insieme ai
celerini. I "neri" sono apparsi in cima alla salita di via Palestro,
hanno dato fuoco ad una Mercedes, hanno danneggiato altre macchine, hanno levato
i freni ai cassonetti che sono arrivati in discesa sul fronte compatto dei
poliziotti, sempre in piazza Marsala. Intanto il 99 per cento dei manifestanti
pacifici era andato via…Io sono rimasto in tutta tranquillità, poiché da un
paio d'ore ero in piazza Marsala e non avevo visto nessun episodio preoccupante,
e anche la polizia aveva avuto evidenza della mia condotta assolutamente non
violenta e non mi ha considerato in alcun modo.
Inoltre ero conscio dell'importanza di essere "testimone".
La polizia si è mantenuta sempre in piazza Marsala, compatta dietro gli scudi,
e si è limitata a sparare alcuni lacrimogeni. Non è stato fatto nessun
tentativo di fermare i danneggiamenti, né di inseguire o identificare i
"neri". Ritiratisi i "neri" in circonvallazione, sono salito
in cima a via Palestro per osservare. Essendo la situazione ormai
"tranquilla" sono salito in corso Magenta. Decine di "neri"
giravano indisturbati, tranquilli. Giovanissimi, molti centro-nord europei,
alcuni con bastoni. Diversi tondini di ferro neanche nascosti, ma semplicemente
appoggiati nelle aiuole.
Nessun poliziotto in giro. Questo fino a tutto corso Paganini
Alessandro Paganini
privato cittadino di Genova
Non riesco a pensare ad altro
Rabbia, indignazione e impotenza sono i sentimenti che mi
attanagliano lo
stomaco. Non riesco a pensare ad altro che alle immagini trasmesse in tv, alle
testimonianze di amici che c'erano, che hanno visto la violenza perpetrata dalle
forze dell'ordine ai danni di manifestanti inermi e soprattutto in pieno diritto
di trovarsi a Genova a dimostrare il proprio dissenso. Ma non dimentico neppure
le azioni di distruzione e vandalismo, i cui autori, chiunque essi fossero-
definirli anarchici mi sembrerebbe decisamente un complimento- non sono stati
fermati deliberatamente e resi invece liberi di violentare Genova. A questa città
offesa, ai suoi abitanti, a Carlo e a coloro che hanno subito la repressione
della polizia va il mio pensiero costante e a tutti coloro che c'erano dico:
parlate!
Monica
Capite?
Non ci sono parole per descrivere tutto quello che è accaduto a
Genova e le sensazioni provate, sono ancora molto agitato, avvilito, shockato, e
cercherò di raccontare le cose con un po' di ordine, ma capisco che oggi la
cosa è molto difficile,
non sarà un racconto chiaro, ma vorrei che vi passasse tutto il mio dolore ed
il mio sgomento. Vi scrivo perché penso che sia un mio dovere di testimone
raccontare le cose viste e quelle che i miei amici hanno vissuto in questa vera
e propria guerra di Genova. Sono partito per Genova con gli altri ragazzi e
ragazze del CAG8veneziano
(Coordinamento Anti G8), circa una trentina di persone. Abbiamo preso il treno
mercoledì 18 speciale delle tute bianche (alcune centinaia di persone) e siamo
arrivati a Genova di sera verso le 2000. Abbiamo deciso di andare a dormire a
Sciorba, in un campeggio allestito ad hoc dall'organizzazione che ci aveva
destinati lì; un po' fuori mano, ma lo abbiamo preferito allo stadio Carlini
dove erano ospitati i centri sociali per evitare eventuali possibili casini.
Siamo partiti allegri, certo un po' preoccupati per il massiccio dispiegamento
di polizia, però con molta voglia di cambiare questo mondo, di poter urlare e
dimostrare che un altro mondo è possibile. Ciò che è accaduto a Genova è di
una gravità impressionante, non esistono parole per descrivere il clima di
terrore che le forze dell'ordine (dell'ordine????) hanno creato tra le migliaia
di persone tranquille persone che si erano recate a Genova per dire no a questa
globalizzazione. La manifestazione di giovedì 19 (quella in difesa dei
migranti)si era svolta in modo pacifico, sereno, allegro: all'urlo di
"mutande, mutande" i pochi cittadini rimasti in città sventolavano la
biancheria di casa, irridendo a quello stupido ordine di Berlusconi e
solidarizzando con noi, con la nostra
pacifica lotta. Venerdì 20, invece, si è visto il vero volto delle forze
armate: hanno
lasciato liberi i Black Bloc (poche centinaia di persone), facendoli scorazzare
per la città, quasi scortandoli e permettendogli di raggiungere le
manifestazioni dei pacifisti, per poi seminare terrore tra le persone inermi,
incredule per ciò che stava accadendo.
Io ero in piazza Manin, una piazza da cui era partita la manifestazione della
rete di Lilliput (il massimo del pacifismo e della non violenza) che aveva
"assediato" con un sit in una parte della zona rossa. Il sit in era
praticamente finito e le persone, (donne, bambini, migliaia di persone con le
mani dipinte di bianco per dire che noi avevamo le mani pulite, che rifiutavano
con fermezza la violenza) tornavano verso la piazza
alla spicciolata. Ad un certo punto una decina di ragazzi del Black block si
sono fatti
avanti, ed abbiamo creato un blocco pacifico, per impedirgli di andare nella
strada da dove stavano tornando gli altri manifestanti, per impedirgli di
portare la violenza nei luoghi che noi avevamo scelto per manifestare.
Paradossalmente stavamo noi difendendo la zona rossa, stavamo difendendo la
nostra natura di persone non violente, difendevamo con la fermezza di chi vuole
combattere il G8 con determinazione, ma senza la violenza. Era una bellissima
immagine vedere 100-150 persone con le mani bianche alzate di fronte alla strada
che portava alla zona rossa, respingere passivamente questi ragazzi e la cultura
(?) che portano con loro.
La situazione sembrava relativamente tranquilla, non avevamo informazioni degli
scontri che c'erano nelle altre zone della città, tutto sembrava andare per il
verso giusto, visto che i Bb si erano fermati e restavano una sparuta minoranza
(10-15).
Poi, in pochi attimi, la devastazione. Ho visto del fumo in fondo alla piazza,
poi sono arrivati una quantità enorme di lacrimogeni. I Bb che sembravano pochi
si sono moltiplicati fino a sembrare essere 100-200, sono filtrati agevolmente
tra le nostre mani bianche alzate, le nostre menti stordite. In una frazione di
secondo, quindi, i lacrimogeni, il loro passaggio, e tra il fumo la visione dei
celerini che ci caricavano a manganellate! noi, ragazze e ragazzi, signore,
signori, tutte persone con le mani alzate, pitturate di bianco, noi! Non hanno
seguito i Bb. Si sono accaniti su di noi.
Io, con altre persone mi ero rifugiato su un lato della strada dove c'era una
scanso per un portone. Il fumo dei lacrimogeni era densissimo, non si respirava,
gli occhi lacrimavano, il naso grondava; ho fatto in tempo a dare un po' di
acqua e limone a un mio amico, per respirare attraverso la bandana, o una
maglietta. Poi, ci siamo stretti verso il portone. Stefano era ad un metro da
me, è stato preso a manganellate, così come Gianni. Io, le persone intorno a
me, tutti eravamo impauriti; alcuni avevano
attacchi di panico: perché tutto questo, perché???? Due mie amiche mi hanno
raccontato di aver visto un celerino che aveva messo lo scarpone sul petto di
una ragazzina di 16 anni, tenendola a terra, picchiandola con il manganello e
urlano "sei una puttana! stai zitta troia!!!!". Capite? Capite cosa
significa questo? Ci hanno fatto uscire dallo scanso, minacciandoci con i
manganelli ci hanno intimato di metterci verso il muro con le mani alzate, di
non parlare, di stare fermi. Urlavano. Un ragazzo era a terra grondante di
sangue e non permettevano a nessuno di avvicinarsi per soccorrerlo, per alcuni
minuti quello è dovuto stare là, solo. L'ambulanza è arrivata dopo circa 10
minuti. Un'altra ragazza era a terra e due signore sono riuscite a tirarla su, a
farla appoggiare verso il muro. Queste due signore, entrambe sulla sessantina,
erano tutte e due con la testa sanguinante; una di questa era un medico e
cercava di calmare le persone in difficoltà. Ho dato una mia maglietta (quelle
con scritto voi G8
e noi 6000000000 di persone) per tamponare le ferite, ho quindi saputo che una
di loro è parlamentare di Prc, si chiama Elettra. Siamo stati 10 minuti circa
in piedi , appoggiati al muro, coni poliziotti che urlavano davanti; nel
frattempo erano arrivati alcuni ragazzi/e inglesi, anche lor malmenati, con un
responsabile che gli rassicurava e gli diceva come comportarsi (sedersi dove
diceva la polizia, stare immobili, non
parlare con loro). Durante quei 10 minuti ho cercato di mantenere la calma e di
rassicurare le persone che ci stavano a fianco, di unirci, di stare vicino.
C'era una
ragazza che aveva visto picchiare le sue amiche e che non le trovava più; sono
stato con lei e poi l'ho portata dove c'erano i nostri amici, finché non si
calmava.
Capite? Purtroppo le cose le ho scritte in fretta, mancano ancora mille altre
cose
da dire. Ad esempio delle camionette della polizia da cui scendevano i
poliziotti per manganellare persone che semplicemente camminavano verso il loro
campeggio. O degli insulti che gli stessi tutori dell'ordine rivolgevano in
corsa alle ragazze ( ).
Capite?
Dopo gli scontri ci siamo rifugiati in alto, su una collina vicino ad un
castello. Abbiamo appreso dell'uccisione del ragazzo genovese. Quel giorno, così
come il giorno dopo abbiamo sempre ragionato in questi termini: come possiamo
raggiungere il campeggio (o il corteo, oppure la sede del Gsf) in modo sicuro,
senza essere presi e pestati gratuitamente dalla polizia????
Capite?
Abbiamo dovuto raccogliere informazioni diverse per scegliere che percorso fare
per raggiungere la sede del Gsf, e da là per andare il campeggio ci veniva
detto di non allontanarvi da soli e nemmeno in gruppo, perché nessuno poteva
garantire per la nostra incolumità. Siamo andati al campeggio solo quando era
stato organizzato un apposito servizio navetta concordato col sindaco e la
prefettura.
Capite?
Domani continuerò raccontandovi di Genova distrutta, dell'ultima grande
manifestazione e del continuo clima di terrore che c'era. Restano moltissime
domande.
Perché non siamo stati difesi? la polizia sapeva benissimo dove i BB stavano
andando, li controllava con gli elicotteri. Perché non si sono messi tra noi e
loro? perché non ci hanno protetti? perché ci hanno colpito? terrorizzato? chi
gli ha detto di farlo?
Capite?
Capite che tutto quello che hanno fatto a noi lo hanno fatto anche a voi?
SASA RAICEVICH
Con l'odore dei lacrimogeni addosso
Mi riallaccio a quello che Sasa vi ha raccontato riguardo a quello che
molti come noi hanno subito a quello che stentiamo tuttora a credere. Venerdì
dopo la carica subita, nel tentativo di raggiungere incolumi ed al più presto
il campo dove dormivamo (Sciorba) abbiamo deciso di unirci al gruppo di
lillipuziani che da piazza Manin stavano raggiungendo Piazzale Kennedy.
Telefoniamo in giro per sapere la situazione (fortunatamente i cellulari non
erano oscurati) ci viene suggerito di raggiungere al più presto il gruppo
numeroso di lillipuziani, ci suggeriscono di muoverci in piccoli gruppi che non
diano nell'occhio, dovevamo stare attenti alle forze dell'ordine!!!!!
Dopo un po' decidiamo di rischiare e partire per raggiungere il gruppo, non ci
imbattiamo in nessuna pattuglia riusciamo a raggiungere gli altri. Erano tutti
fermi poiché non ci era consentito procedere per raggiungere piazzale Kennedy,
poi ci fanno passare. Davanti a noi si apre la devastazione. Odore di bruciato.
Attraversiamo un buio sottopassaggio, di fianco a noi vediamo un tipo che
raccoglie una lista di legno lunga 3-4 metri e cammina di fianco a noi.
Terrorizzati che fosse un individuo pericoloso iniziamo ad urlargli: "chi
sei, chi cazzo sei", e dopo un po' ci dice che stava dando una mano ad un
amico a chiudere la pizzeria che gli avevamo demolito. Si apre uno scenario
terrificante. Iniziamo a percorrere un lungo viale, largo almeno 30 metri,
cassonetti bruciati, rovesciati, negozi grandi e piccoli, banche, vetrine,
concessionari, qualsiasi locale che non fosse un'abitazione era stato sventrato,
in molti casi svuotato, talvolta bruciati.
Una camionetta dei carabineri in centro alla strada carbonizzata. Tra di noi il
gelo, non una parola, solo sguardi. Era tutto distrutto, in quel momento un
enorme macigno stava schiacciando le nostre speranze. Rabbia, lacrime. In quel
momento non esistevano più nemmeno i vicinissimi ricordi dei lacrimogeni (di
cui tutti avevamo ancora l'odore addosso) e delle manganellate (che qualcuno di
noi si era preso), dentro avevamo un male boia.
Poi qualcuno ha iniziato a tirare su i cassonetti e rimetterli a posto, un gesto
disperato che accapponava la pelle, un gesto che in quel momento voleva dire
tutto.
Bastonati, offesi, picchiati dai "tutori dell'ordine", in mezzo ad una
città devastata ci avrebbero anche accusato di aver causato quella
devastazione. Arriviamo in piazzale Kennedy, lì rimaniamo assediati dalla
polizia. Ci comunicavano ogni 10 minuti di non muoverci assolutamente finché
non avessero raggiunto assicurazione che saremmo giunti indenni ai luoghi dove
si dormiva.
Dopo due, forse tre ore torniamo con degli autobus navetta a Sciorba.
Dormiamo, cerchiamo di dormire, io e Stefano abbiamo un sussulto quando sentiamo
un passo vicino alle nostre teste. Siamo tutti assolutamente tesi, temiamo una
delle retate come nei giorni precedenti avevano fatto al Carlini. Perché
temiamo delle retate? Perché se non abbiamo fatto assolutamente niente se non
prenderle mentre tenevamo le mani alzate? Con che animo fare la manifestazione
del giorno dopo.
Perché fare la manifestazione il giorno dopo? Forse con le ultime forze che ci
rimanevano speravamo ancora che una moltitudine di gente pacifica avrebbe
annientato. Forse dovevamo iniziare fin dal giorno dopo a denunciare lo stato
di assedio in cui avevamo vissuto il giorno prima.
Forse, forse, forse. Di certo c‚era solo una cosa in quel momento: tanta paura
e incredulità per l'incubo nel quale eravamo finiti. Ma adesso si continua, e
l'indignazione e la rabbia la trasformeremo in forza per urlare ancora più a
squarciagola che tutti insieme lo stiamo già costruendo.
un altro mondo.
Un abbraccio forte a tutti.
Dedicato alle tute bianche
Noi non possiamo essere le voci, il vento, i colori che stanno oltre
le mura
Noi dobbiamo essere il silenzio che faccia sentire
Il vuoto che lasci passare
Il bianco che lasci vedere
Noi non abbiamo linee da valicare
Luoghi dove stare
Noi siamo l'erba della pianura dove ci sarà la battaglia
Saremo la volontà e il desiderio e la pazienza di aspettare quel giorno
Angela Granzotto
Ancora stentiamo a crederci
G8 - Vergogna internazionale di un paese "civile"
Genova ringrazi Polizia e Carabinieri
Di sicuro Polizia e Carabinieri non sono i soli a cui addossare la colpa della
situazione disastrosa in cui è stata lasciata Genova dalla tre giorni del G8.
Non bisogna dimenticare i Black Block che hanno eseguito materialmente le
selvagge azioni di distruzione della città. Ma di sicuro i Bb hanno potuto
agire indisturbati, col tacito consenso delle cosiddette "forze
dell'ordine" (che chiamerei piuttosto "forze di repressione
antidemocratica" in cerca di scuse, di legittimazione), se non addirittura
con la loro collaborazione, come si vocifera fra i manifestanti, come
conseguenza logica di una serie di fattori - la libertà d'azione concessa al Bb;
lo strano ripetersi di scontri, in luoghi e momenti precisi, atti a legittimare
un intervento dei carabinieri contro i manifestanti; l'assenza, durante gli
scontri di cui sopra, di veri e propri impatti fisici: nessun ferito, nessun
arresto - , e come anche il Genoa Social Forum sostiene, addirittura con delle
prove: fotografie di "gruppo" con carabinieri e Bb immortalati
insieme.
Di sicuro Polizia e Carabinieri non possono nascondersi dietro all'alibi delle
"tremende" difficoltà di distinguere i Bb, i vandali, i distruttori,
dai manifestanti pacifici. C'è chi dice che il numero dei manifestanti arrivi a
300.000, chi a 100.000, chi a 150.000. Beh, un tale numero di persone avrebbe
potuto radere al suolo la città… mentre a sole 2.000 persone, animate da
ideali anarchici (forse… o forse da ideali reazionari) è stato permesso di
fare il proprio comodo: di organizzare balletti con tamburi, veri e propri inni
di guerra; di procurarsi armi: bastoni, spranghe di ferro, molotov (che come è
noto sono facilissime da realizzare, da trasportare ed è anche facilissimo
procurarsi i materiali occorrenti); di distruggere a loro piacimento intere vie,
banche, concessionari d'auto e le stesse auto, in blitz relativamente rapidi,
durante i quali le forze dell'ordine stavano a GUARDARE. E la strategia della
polizia, come nel caso dell'INCURSIONE (perché di certo non si è trattato di
una perquisizione) nelle scuole assegnate dal comune al Gsf, è stata quella di
aspettare, quella di permettere a questi individui di svestire i loro panni e di
confondersi con gli altri manifestanti e solo in quel momento, hanno deciso di
usare il pugno di ferro… Solo che hanno colpito sempre e comunque le persone
sbagliate. Adesso, possiamo noi accettare che questo sia dovuto a degli errori?
Che i carabinieri e la polizia siano talmente cechi, miopi da non distinguere un
corteo variegato formato da persone adulte più disparate ma anche da anziani,
donne, ragazzi, bambini, vestiti nei colori più diversi, uniti in associazioni
pacifiste al di sopra di ogni sospetto come ARCI, rete LILLIPUT, FIOM oppure
sotto le bandiere del proprio partito, da un gruppo di persone tutte vestite
allo stesso modo: i Black Block, vestiti di nero, armati di spranghe e molotov,
coperti da passamontagna ? Dobbiamo pensarli cosi cechi? Oppure addirittura così
stupidi da voler colpire nel mucchio nella speranza di raggiungere qualcuno dei
responsabili, senza pensare alle centinaia di vittime innocenti ? Oppure
dobbiamo pensarli così male addestrati e inefficienti da farsi prendere dal
panico e da non rendersi conto della gravità delle loro azioni?
Di sicuro la risposta è NO. Lo spero altrimenti vorrebbe dire che sarebbe
meglio sciogliere entrambi i corpi ed affidarsi a qualche mercenario. Anche se
forse questa idea è già venuta a qualcun altro, forse proprio agli stessi
"tutori" dell'ordine. La risposta è NO quando pensiamo che volevano
colpire nel mucchio. Su cento manifestanti inermi massacrati a colpi di
manganello ne beccheremo almeno 2? Potevano pensare questo? O piuttosto volevano
una scusa per poter attaccare, per poter sfogare la loro violenza, su persone
prive di mezzi di difesa, per poter rovinare la festa ad un corteo che procedeva
senza creare problemi, addirittura autodisciplinandosi, lungo il percorso
prestabilito, per poter arrecare dolore a quelle persone che non dovevano essere
lì, che non dovevano OSARE alzare la testa e gridare le loro idee e che
soprattutto memori delle percosse subite non lo dovranno fare mai più?
Terrorismo. Terrorismo è la parola che nasce unica nella mia mente. La risposta
è ancora NO quando ci chiediamo: potevano pensare giusto e utile incalzare da
dietro la parte anteriore del corteo con cariche e lacrimogeni, quando questo
procedeva pacificamente, quasi allegramente, verso la sua meta, una volta
sfuggito alle REPRESSIONI di Piazza Kennedy, repressioni INGIUSTIFICATE e
INDISCRIMINATIVAMENTE SELVAGGE? La risposta è ANCORA NO quando ci domandiamo se
è possibile, se è democraticamente concepibile che i TUTORI DELL'ORDINE
cerchino di METTERE SOTTO con i loro mezzi blindati, e con le loro Jeep, dei
manifestanti PACIFICI. Se è giustificabile accelerare, lanciare i mezzi a
velocità sostenuta in mezzo alla gente, senza curarsi della possibilità di
ferire, e addirittura di uccidere degli esseri umani.
Di sicuro l'incursione devastante e barbara compiuta dalla Polizia nelle due
scuole assegnate al Gsf non potrà bastare come contentino per nessuno. Sarei
molto deluso se non fosse così. Non potrà bastare come contentino perché la
base di 2000 persone non può essere un luogo che ne ospita 100. Perché il
massacro di 100 giovani, molti dei quali stranieri, molti dei quali sorpresi nel
sonno non può essere giustificato da NESSUNO. Né tantomeno dai loro
rappresentanti; se prendiamo come esempio il rappresentante del SAP che, in
diretta televisiva, invece di rispondere alle domande fattegli, ha attaccato un
disco composto da molotov, sassi, bastoni e "poveri" poliziotti e
carabinieri feriti. Che ha dichiarato che LORO NON HANNO MAI UCCISO NESSUNO
dimenticandosi di un ragazzo che, battendosi contro il loro tentativo di
instaurare un REGIME DI TERRORE, è morto sotto i colpi esplosi dalla pistola di
un carabiniere. E dimenticandosi anche di tutti gli esecutori materiali degli
assurdi ordini provenienti dall'alto, risalendo la scala gerarchica su fino al
capo della polizia, al ministro degli interni e al presidente del consiglio dei
ministri. Di tutti quei carabinieri e poliziotti, pochi, che non avevano ceduto
alle loro tecniche di condizionamento, ai loro ipnotici tentativi di convincerli
di trovarsi di fronte a delle bestie assetate del loro sangue. E anche di tutti
quei rappresentanti dell'ordine che non passerebbero una visita psichiatrica
neanche con un potente calcio in culo e che sono diventati loro delle BESTIE
ASSETATE DI SANGUE, e che, come cani affamati, si scagliano contro la prima
persona che gli capita, quando la catena che li legava viene sganciata. Spero
che nessuno potrà giustificare i metodi usati da questi animali
istituzionalizzati, che nessuno possa pensare: "Bravi! Sono riusciti a
scovare quei bastardi che hanno distrutto Genova", che nessuno possa
credere alle loro menzogne. Perché oramai non sono più credibili e si può
tranquillamente accettare l'idea che sono stati LORO a portare tute nere,
molotov, ecc. che poi hanno "ritrovato" nella scuola occupata per la
maggior parte da stranieri., che sono stati LORO a picchiare giornalisti e
avvocati, scusandosi poi, da ipocriti quali sono, che sono stati LORO a rubare i
documenti raccolti dai legali del Gsf, le documentazioni video dei fatti, per
ovvi motivi e cioè per sottrarre prove a loro sconvenienti.
Di sicuro, per finire, mi aspetto e mi auguro che chi era lì, chi stava in
corteo e ne è uscito illeso così come chi ha subito la violenza di chi
istituzionalmente dovrebbe proteggerlo, si faccia testimone di quanto ha visto e
non permetta ai media, giornali, radio, televisione, di convincere le persone
che non c'erano che gli asini volano: ovvero che le forze dell'
"ordine" hanno fatto il loro dovere bagnando col loro sangue il
"campo di battaglia", che i manifestanti erano tutti dei teppisti, o
che perlomeno spalleggiavano gli anarchici del Black Block, e quindi ogni
azione, anche la più violenta, era ammissibile contro di loro.
Anche il lavoro dei G8, si è dimostrato più una vacanza che un vero e proprio
lavoro, in cui, fra le altre cose, si è deciso di appoggiare il boicottaggio
del protocollo di Kyoto da parte degli USA, senza proporre nient'altro per un
problema grave come quello del surriscaldamento del globo e si è deciso di
stanziare un fondo per le malattie epidemiche, corrispondente a mala pena ad 1/5
di quanto necessario. In questo caso: meglio di niente…
Non solo violenza per le strade di Genova
Parlare solamente delle violenze che, purtroppo, si sono consumate
effettivamente per le strade di Genova, corrisponderebbe solo a fare il gioco
dei potenti. A consentire loro di affermare che l'unico aspetto di spicco di
questo evento sono stati gli scontri e la devastazione.
NON È COSÌ
Facendosi prendere da un eccesso di possibilismo che, sfociando nella fantasia,
non ci è consentito concederci, dopo i fatti avvenuti in questi i giorni, è
facile immaginarsi, come sarebbe stato bello per tutti, manifestanti,
poliziotti, carabinieri, genovesi, veder sfilare un corteo pacifico di 200.000
persone per le strade di Genova. Ma lasciamo da parte queste immagini ormai
irrealizzabili…
NONOSTANTE TUTTO quello che è stato fatto per impedire che la manifestazione si
svolgesse nel migliore dei modi, non sono riusciti a fermare i manifestanti né
il corteo di cui facevano parte. Un corteo pieno di colori diversi, facce
diverse, persone diverse; ognuna appartenente a gruppi grandi o piccoli, oppure
da sola, con alle spalle idee e ideali diversi ma tutti con la stessa idea:
quella di non accettare che un gruppo di 8 potenti che si sono arrogati il
diritto di decidere le sorti del mondo possa fare i propri comodi. All'interno
del corteo si potevano trovare aderenti provenienti da ambienti e organizzazioni
fra le più differenti e disparate: ARCI, ATTAC, Rete Lilliput, Arcigay e
Arcilesbica, gruppi scout, centri sociali provenienti da tutta Italia (dopo
quello che ho visto mi crea dei problemi utilizzare la maiuscola, ma l'Italia
siamo NOI e non quelle "brave persone" che la governano e comandano
chi dovrebbe "mantenere" l'ordine), le tute bianche, COBAS, CISL,
esponenti di Greenpeace e di Amnesty e di chissà quante altre associazioni
intervenuti a titolo personale oltre ai vari gruppi politici, dai Verdi ai
Giovani Comunisti, dai Democratici di Sinistra intervenuti, anche se non
ufficialmente, nonostante la defezione dei loro "capi", a Rifondazione
Comunista, fino alla Sinistra giovanile. Ma questo rischia di divenire un elenco
sterile…
L'importante era che erano tutti lì per manifestare PACIFICAMENTE lungo le
strade di Genova. Il corteo di sabato è iniziato senza problemi ed è
continuato tranquillamente fino a Piazza Kennedy, dove, grazie all'aiuto dei
Black Block, che hanno provocato dei finti scontri con la polizia, il Blue
Block, le cosiddette "forze dell'ordine", ha avuto la scusa per
caricare e malmenare i manifestanti inermi, per riempirli di lacrimogeni e per
spezzare in due il corteo. Da notare che nei cosiddetti "scontri" fra
Black e Blue NON ci sono stati feriti né arresti anche perché tutto si è
limitato ai Black che lanciavano pietre verso i Blue, mentre quest'ultimi si
ritiravano senza voler dare nessun segno di intervenire contro le 20 persone che
li facevano bersaglio di un lancio di sanpietrini (e forse di molotov).
Comunque, il corteo è stato diviso in due tronconi e mentre quello posteriore
veniva fatto indietreggiare e tornare indietro da dove era venuto con cariche e
lacrimogeni, quello anteriore veniva incalzato ad avanzare con maggior celerità
con gli stessi metodi, ma alle spalle: cariche unite a lanci di lacrimogeni.
Mentre, avendo superato Piazza Kennedy, la coda del corteo di testa procedeva
alla volta di Corso Sardegna, le cariche si susseguivano alternate al lancio di
lacrimogeni. La gente fuggiva terrorizzata, per evitare sia di essere malmenata
dai facinorosi del Blue Block, sia per impedire di essere calpestata da quanti
giungevano da dietro, che per sfuggire ai fumi tossici dei lacrimogeni. Mi
sembra ancora di sentirne l'odiato odore… Alla fine ci hanno lasciato andare e
il corteo è giunto senza problemi fino a destinazione.
Nel frattempo, nei dintorni di Piazza Kennedy, la situazione si era fatta
insostenibile. Il Blue Block, dopo aver spezzato in due il corteo, voleva far
tornare indietro quelli che erano rimasti tagliati fuori. Cariche e lacrimogeni
si susseguivano, con violenze ingiustificate sui manifestanti che non riuscivano
ad allontanarsi abbastanza dal raggio d'azione dei Blue. Questo era infatti
difficile, visto che il corteo spingeva ancora per proseguire e quindi si stava
creando una congestione che impediva qualsiasi movimento. Alla fine la
situazione si è sbloccata e il corteo è tornato indietro. In questo frangente,
alcune persone, che erano rimaste bloccate nelle vicinanze del Blue Block, sono
state aiutate da un ragazzo genovese, che li ha fatti rifugiare dentro casa sua.
Sull'altro fronte nel frattempo, il corteo procedeva con ritrovata serenità. I
pochi genovesi rimasti in città si affacciavano dalle loro case e sostenevano i
manifestanti in maniere diverse. Sul balcone di una casa c'era uno striscione
anti-G8 applaudito dai manifestanti, mentre alcuni degli abitanti lanciavano
dalle loro abitazioni secchiate d'acqua per rinfrescare quelli che erano in
marcia, ormai da ore, sotto il sole cocente. Intanto si alternavano i cori di
"GE-NO-VA LI-BE-RA" e il battere ritmico delle mani e i simpatici cori
di "FUORI LE MUTANDE". Già, perché a causa di un'ordinanza comunale,
durante i giorni del vertice era proibito stendere i panni lungo le strade della
città interessate dall'evento. Malgrado ciò lungo il nostro percorso abbiamo
incontrato abitazioni che esponevano file di mutande lungo i balconi e le
facciate, apprezzate come segno di ribellione alle condizioni fasciste che erano
state imposte a genovesi e manifestanti tutti.
Intanto a casa del ragazzo genovese si erano raccolte una cinquantina di
persone, che, grazie a lui, erano riusciti a sfuggire alla furia del Blue Block.
Sembra quasi di rievocare fasi della nostra storia che pensavo ormai superate
per sempre. Si vede che mi sbagliavo, ciecamente. I nuovi inquilini sono stati
accolti con grande solidarietà, hanno potuto riprendersi dai lacrimogeni e
dallo spavento, bere acqua o tè e osservare ciò che accadeva in televisione o
dal balcone dell'abitazione. Proprio da quel balcone hanno potuto assistere a
come i Black Block procedessero alla distruzione di macchine, vetrine,
cassonetti, ecc. sotto lo sguardo disattento, forse sornione del Blue Block,
quasi che fossero dei vecchi amici ognuno con esigenze diverse e che si
compiacciono quando uno dei due esaudisce le proprie: evidentemente ai Black
piace distruggere le cose mentre ai Blue piace distruggere le persone. Gli
abitanti temporanei dell'abitazione, sono rimasti lì fino a quando non sono
potuti andare via senza temere per la propria incolumità.
A Piazza Galileo Ferraris, intanto, dove era stato approntato il palco del Genoa
Social Forum, si sono susseguiti una serie di interventi conclusi da quelli del
Dott. Agnoletto. Dopodiché è cominciato il deflusso dalla piazza, anche per
consentire agli ultimi partecipanti al corteo di potervi entrare. Purtroppo la
tensione non era finita lì, perché per tornare verso i pullman, le macchine, o
gli altri mezzi che li avrebbero condotti a casa, molti manifestanti hanno
dovuto fare dei larghi giri per Genova, poiché le zone già percorse erano
ormai territorio di Black e Blue ed era alquanto sconsigliabile passarci, onde
evitare spiacevoli incontri e soprattutto spiacevoli manganellate e arresti.
Alla fine tutti, spero, sono riusciti a tornare ai loro mezzi e a contenere i
danni, che purtroppo ci sono stati: con un conto complessivo, che tratterei come
approssimato, di 560 feriti e 140 arresti, non possiamo certo dire di essere
felici, tranne per quelli, che, per fortuna, sono arrivati in fondo sulle
proprie gambe e con tutte le ossa intere. Per tutti i feriti, gli arrestati
maltrattati e soprattutto per Carlo Giuliani, morto venerdì sotto i colpi
esplosi dalla pistola di un carabiniere, non possiamo che essere tristi e
incazzati… (spero mi scuserete se tratto poco, anzi quasi per niente della
morte del ragazzo genovese, ma è stata largamente coperta dai media e non so
cosa altro aggiungere che non sia la mia sofferenza e rabbia, poco esprimibili
entrambi sulla carta).
In tutto questo sono stato contento di notare come alcuni cittadini Genovesi
abbiano capito e condiviso le idee portate avanti e supportato in diversi modi i
partecipanti alla manifestazione, anche assumendo dei ruoli vitali, come nel
caso del ragazzo che ha ospitato quel gran numero di persone. Sono soprattutto
contento di scoprire che non tutti si fanno abbindolare dalle menzogne
istituzionali che vengono per bocca di individui, che, a mio avviso, non sono
degni di vivere in una società civile, visto che dalle loro azioni si deduce
che la loro società ideale è fatta di inganni, violenza e costrizioni.
Sarò ancora più contento quando il numero degli scettici aumenterà, e quando
le molte persone che ignorano o sottovalutano problemi che li RIGUARDANO
DIRETTAMENTE apriranno gli occhi e risorgeranno dal percorso funebre in cui i
potenti, le multinazionali, gli sfruttatori in generale e i media da loro
controllati, li hanno relegati e da cui non vogliono che emergano più.
GRAZIE AI GENOVESI che ci hanno aiutato a portare avanti le nostre idee.
Naturalmente sono profondamente dispiaciuto per la distruzione che si è
abbattuta sulla loro città, ma come ho spiegato in precedenza, spero che si
rendano conto di chi sono i veri responsabili: e non sono certo coloro che hanno
partecipato pacificamente alla manifestazione di sabato. Tirate voi le vostre
conclusioni (le mie l'ho già tirate ed esposte)
Un ragazzo di 25 anni presente
PUNTO G: gli 8 stadi dello schifo
Appunti sparsi di un giovin(?!?) pensatore comunista(?),
....ehm....pensatore di sinistra(?)....... di un pensatore anti-fascista......di
un libero pensatore
1) grazie al Bertinotti: che nell'infuocato incontro con Fini, la sera stessa
dell'omicidio(?) o della legittima difesa del poliziotto(fate Voi), si impegna
in una polemica contro il più degno nipotino di Almirante, adducendo linguaggi,
concetti, formulazioni verbali propri dello scontro dialettico del 68; che
finisce (lui stesso che aveva premesso che non era il momento per parlare) di
strumentalizzare la morte del ragazzo, che permette al Segretario di Alleanza di
assurgere a paladino dell'italiano medio e del buon senso che lo
contraddistingue, che indica nel movimento presentatosi a Genova un esempio di
civiltà (convinto Lui, almeno qualche distinzione); che alla resa dei conti fa
più profitto che danno; che mi mette nella condizione(grazie a Dio ho ancora
una testa per pensare e grazie alla quale di affrancarmi dall'opinione di
partito ) di essere più volte d'accordo con Fini che con Lui(Santa Madonna!!!),
che in poche parole alla fine mi getta nello stato d'animo di indagare su che
cosa ancora sia io,....... grazie a Bertinotti, quindi, che riesce a far
vacillare ogni mio più radicata ideologia politica, e che mi fa domandare se io
sia ancora Comunista
2) Grazie al Pds, al baffuto Massimo, a Folena e C. che mi insegnano che cosa
significhino concetti quali coerenza politica e onestà intellettuale. Prima si
impegnano per la preparazione del G8, scelgono Genova quale sede e poi si
trovano a marciare su Genova stessa, a capo del corteo che dovrebbe, nelle loro
virginee intenzioni, boicottare quella stessa manifestazione da loro stessa
pianificata. Per una volta ne uscito meglio il "piacione" capitolino,
che almeno si è fatto da parte..........quindi grazie a i cervelloni del Pds
che mi hanno fatto domandare se sia io ancora di sinistra
3) Grazie al Berlusca che nella conferenza post-misfatto, a fianco del
Presidente (perché dovevano farla congiuntamente? Ormai va la telecronaca in 2,
come nelle partite?)inscena un singolar tenzone con Ciampi a chi riesca ad
assumere l'espressione più contrita. Magnifici attori di una studiata
pantomima, fieri seguaci delle coppie comiche degli anni 50', mi ricordano Aldo,
Giovanni e Giacomo quando facevano la scenetta di vomitino, personaggio pupazzo
mosso da dietro da uno degli altri componenti, solo che qui viene da vomitare a
me. Il Berlusca (ma è lo stesso che invitava 1 milione di cialtroni ad andare a
lavorare?) prende la parola 2 volte, entrambe ripete non solo gli stessi
concetti ma li ripropone con le medesime parole e assicura" provvederemo a
eliminare dal mondo queste problematiche di povertà, di guerra, di
epidemie....questi inconvenienti (lo ripete 2 volte) INCONVENIENTI. Forse il
bambino africano con la mosca in faccia, le sacche di sfruttamento
globalizzato(questo si) di bambini, il turismo sessuale a danno di ragazzine, le
guerre e le epidemie a spazzare il Pianeta , per Lui non sono che un
inconveniente. Per me occorre pensare, dare significato alle parole che si usano
, tutta la psicanalisi moderna si fonda sull'uso specifico di un termine in
luogo di un altro. Indica INCONVENIENTI, li battezza, nomina, qualifica come
INCONVENIENTI....ostacoli, fastidiosi ostacoli sul cammino del
progresso........grazie al Berlusca che mi ha fatto capire perché io sia ancora
della sinistra
4) Grazie ai Black Bloc, ai Blokbuster, ai Black boys e ai tutti quei cazzoni
che paiono non aver altro canale comunicativo che la violenza, a questi
neolanzichenecchi a vivere queste loro giornate di ribellione sociale con
compiaciuta spavalderia ,a tutti quelli che hanno trasformato quella che doveva
essere una manifestazione pacifica in una vergognosa guerriglia urbana. A quelli
che non hanno fatto che il gioco di tutte le destre al modo, che hanno permesso
all'italiano medio di scrollare la testa a tavola, che hanno legittimato in
maniera perfetta tutti i timori di quelli che temevano la manifestazione
definendola il semplice incontro di 4 sbandati, a questi spettacolari
propagandisti dell'idiozia a quelli che una volta sarebbero stati definiti come
"provocatori oggettivi", a chi fa dell'insensatezza delle azioni,
della vacuità di pensiero, se non del più spregevole doppiogiochismo il
vessillo sotto il quale riparare la propria triste e fatua mediocrità.
5) Grazie alle Forze di Polizia che ancora una volta hanno efficacemente
realizzato l'equazione POLIZIA=PREPOTENZA. Se da un lato mi pare francamente
fuoriluogo la retorica populista con la quale la Sinistra si ostini a prendere
le difese di gesti, comunque, non definibili che come delinquenziali e; se
comprendo la tensione e la rabbia di chi possa essere bersagliato per 2 giorni
dal lancio di qualunque corpo contundente e che possa avere legittimamente
voglia di vendicare il compagno che viene trasportato via colpito da una fitta
sassaiola, dall'altro, però, certe scene di violenza completamente gratuita, le
manganellate "regalate" a donne e a gente completamente estranea a
certe manifestazioni di violenza(e completamente identificabile), gli insulti
gridati a pacifici manifestanti(età media 50 anni) costretti a mani alzate a
(TG 2 Domenica sera ore 22) fanno sì che in certe frangenti le forze
dell'ordine(Ordine?) o per meglio dire i responsabili delle stesse siano degni
del loro più celebre epigono il Generale Bava Beccaris
6) Grazie alle Destre, alle Sinistre, all'informazione esaustiva, agli anchor
man con un fazzoletto in mano, a tutti i Fede del mondo che fanno 3 intere
puntate sull'arrivo di un pacco bomba indirizzato a loro e che avrebbe potuto
ucciderli se non fosse per il semplice fatto che non li apriranno mai i pacchi
bomba, ma sarà sempre compito della Segretaria-sguattera di turno, dell'operaio
tuttofare , del travet della situazione; a tutti quanti giocano a farTi perdere
fiducia nella gente, che riescono a farTi sentire idiota per il fatto di avere 2
ideali, a tutti coloro che muovono i fili di quel quotidiano spettacolino teso a
schifarTi della politica, a chi crea scientificamente le condizioni per farTi
credere CHE TUTTI SONO UGUALI, CHE OGNUNO FA SOLO I SUOI INTERESSI, a chi tende
a narcotizzarTi con la spugna intrisa di qualunquismo per poter meglio gestire i
suoi sporchi affari; grazie a quel POTERE secolare, millenario che pare
perpetuarsi di anno e anno e che sotto le spoglie del costume del secolo e
imbevendoTi di sana demagogia condanna i molti a favore dei pochi trincerandosi
dietro alla contingente Ragion di Stao e immolando (sempre e sotto ogni
latitudine)il 23enne all'altare della patria, del confine vietnamita, del Piave,
della fabbrica , della Piazza di Tien Men, della fabbrica periferica di Niger o
del corteo genovese; a quanti
strumentalizzano una morte, strumentalizzano il dramma di un ragazzo di 21, e ne
vivisezionano atti, emozioni, panici; dissertano su dove possa arrivare a
giungere il confine del panico di un carabiniere, stabiliscano fin dove un uomo
possa avere terrore, a questa OPULENZA mediatica che mi dettaglia sec. per sec.
una morte, a chi premette come si tratti di immagini forti ma poi le ripropone
centinaia di volte, ne mostra differenti angolature, compie iperbolici rallenty,
sublima la morte commercializzandola sino al midollo e confenzionandola fra 2
interruzioni commerciali "perché questa è la
Televisione"......grazie alla Santa e obiettiva informazione
7) Grazie alle Tute Bianche, agli Agnolotti e a tutte le diverse organizzazioni
che trascinano(giustamente migliaia di persone) senza domandarsi se siano in
grado di gestirle, di tutelarle, a chi(riesce dopotutto, seppur animato dalla più
ingenua, splendente, umanissima buona fede) riesce a non nutrire la più piccola
perplessità, a non interrogarsi per un solo momento se non abbia una qualche
responsabilità del macello che sta andando in onda. A chi dapprima protesta
vibratamente per il blocco delle Frontiere, solidarizza con gli espulsi salvo
poi indignarsi per il fatto che non tutti siano stati bloccati per tempo.
E un grazie a Casarini, alle Tute Bianche e a tutti coloro che tengono in stato
d'assedio un'intera zona, allo scopo di entrarVi, alzare le mani e trionfalmente
tornarsene indietro; a tutti coloro che trasformano il problema della
Globalizzazione in una straordinaria farsa, in una specie di torneo medioevale,
in una Giostra del Saraceno in grande stile, in un assedio di Ivrea in qualche
cosa solo di più imponente e ardito. Ma cazzo, che senso ha? Ma non è
possibile trovare soluzioni alternative? E' necessario che un ragazzo (scarpe
della Nike, zainetto Invicta, t-shirt Benetton e Big Mac in fase digestiva)
debba lanciare residui di selciato. Non è possibile scegliere forme di protesta
diverse, con forse una visibilità minore, ma ben più incisive. Boicottare IL
Mac Donald della situazione, accendere pira con prodotti di certe industrie
(quelle che si avvalgono della manodopera infantile, per intenderci) subissare
di migliaia di email i siti di apparati informativi e "bad company",
cercare di sollevare la ben più forte forza dell'indignazione popolare
8) Grazie al Ministro degli Interni, On. Scajola , che giusto per non fare si
che debba ricredermi, architetta un blitz notturno degno, come direbbe Ciampi
della Democrazia del nostro paese. Ogni più elementare diritto violato, copioso
sangue a scorrere nel greto del dialogo, documentazione sottratta e sequestrata,
il tutto teso al rinvenimento di armi (c'erano realmente...a parte che se non ci
fossero state sarebbero spuntate ugualmente).
A chi additi i violenti, giudichi le persone, e poi con la complicità della
notte, e sotto l'ipocrita camuffamento di una divisa, ne condivida bestialità
ed insensatezza chiamando intervento quello che nel pomeriggio prendeva il nome
di violenza. Se ai delinquenti per strada ci pensano le forze dell'Ordine, chi
si occuperà dei delinquenti in divisa? grazie , quindi al Min Scaiola , che mi
permette il lusso di potere, seppur esprimendolo con concetti piani,
semplificandone la terminologia, mi permette di poter tornare a chiamare le cose
con il proprio nome: se chi spranga e mette a fuoco una città è un
delinquente, chi fa interventi come quello notturno di ieri sera, calpestando
ogni più primitiva regola di Democrazia non cha un nome: FASCISTA
CHE LA LOTTA CONTINUI!!!!!!( ma che continui pacificamente, perché concordo
con Goethe quando affermava "E' meglio lasciare che accadano ingiustizie
piuttosto che rimuoverle, commettendone altre").
BEPPE
Quello che ho visto e quello che non ho visto
Amici di Carta, mi hanno detto che raccogliete testimonianze sui
fatti di Genova, così ho deciso di scrivervi e di darvi la mia.
Ero nel corteo di sabato scorso. Sono stata fortunata perché non sono stata
ferita, non ho preso né i manganelli della polizia né i sassi da quelli che
chiamano le "tute nere".
Ma è stata solo una questione di fortuna perché sempre, poco prima o poco
dopo, ci sono stati episodi di violenza nei punti dove passavamo.
Solo per fare due esempi: a piazza Kennedy non ci siamo passati perché c'era già
il fumo bianco dei lacrimogeni e quello nero degli incendi, così le persone
incaricate del servizio d'ordine del Gsf o dei gruppi del corteo ci hanno fatto
deviare prima; quando abbiamo passato la galleria sotto la stazione Brignole
poco dopo lì è stato l'inferno. Ci sono stati momenti di grande tensione in
cui bisognava accellerare il passo perché la polizia cominciava a caricare da
dietro, abbiamo sentito più volte l'odore acre ed irritante dei lacrimogeni che
ci cadevano vicino. Inoltre bisognava fare in modo che quelli dietro di noi, il
resto del corteo, non si trovasse incastrato nei punti pericolosi, quindi
bisognava andare avanti, non fermarsi, scorrere per permettere anche agli altri
di salvarsi.
Ma c'è una cosa soprattutto che ho visto ed un altra che non ho visto. Ho visto
ragazzi spesso giovanissimi armati di mazze e pietre ed uno in particolare che
girava con un carrello della spesa dei supermaket pieno di pietre. Li ho visti
camminare veloci ai bordi del corteo per tutto il lungomare, il primo tratto del
percorso della manifestazione. Ho visto loro sì, ma non c'era un poliziotto o
un carabiniere, nemmeno uno in giro. Le forze dell'ordine, per un lungo tratto
della manifestazione, le ho viste solo schierate sulle vie laterali che
aspettavano di caricare, era chiaro che non erano lì per difenderci, io per lo
meno non mi sono mai sentita tutelata dalla polizia, bensì minacciata.
Noi nel corteo cercavamo di difenderci creando cordoni laterali tenendoci per
mano, in modo da non fare entrare gente armata o sospetta.
Ho sentito altre persone, amici e altri manifestanti che ho conosciuto durante
la manifestazione, ed ho letto altre testimonianze che fanno accaponare la
pelle. A me è andata bene, ma tutti proprio tutti quelli erano lì, hanno corso
lo stesso rischio di rimanere feriti o ammazzati. Il pericolo era ovunque.
Sono preoccupata, mi fa paura quello che sta succedendo, le dichiarazioni
rilasciate dal governo e, ancor peggio, l'indifferenza di molte persone, la loro
incoscienza e voluta inconsapevolezza. Per questo oggi tornerò a manifestare
pacificamente, con una maglietta bianca ed un cerotto sulla bocca insieme a
tanti altri miei compagni. Alle cinque sarò a piazza della Repubblica a Roma.
Vorrei che quello che è successo non fosse dimenticato né domani né mai.
Francesca Spaziani - Roma
A Genova con la sedia a ruote
...ero vicino a due persone con la sedia a rotelle non c'erano tracce
di scontri se non alla radio, quando sono cominciati a piovere lacrimogeni e
poco dopo una stupida ed inutile carica della polizia e guardia di finanza, non
mi sono mosso per indicare la presenza dei disabili e per non schiacciare con
tutti gli altri, le persone, i compagni, gli anziani e tutta la gente alle
nostre spalle, al prossimo G8 li metterei tutti legati a una sedia con i
fumogeni sotto e i manganelli....
Quanto a Carlo Giuliani...è un miracolo che sia stato uno solo, per fermare
pochi che hanno imparato solo la violenza come forma di espressione contro
l'ingiustizia, carichi 200mila persone che lavorano ogni giorno contro le
prepotenze del nostro sistema... e subiscono violenze...e reagiscono continuando
ad impegnarsi, studiare, vivere, manifestare...hanno avuto pura che la
manifestazione andasse bene, e non gli è sembrato vero, che alcuni trovassero
sfogo solo spaccando finanziarie e negozi di auto di lusso, per difendere i
vetri di una banca, colpisse centinaia di migliaia, inermi, con le mani alzate,
seduti, perché senza possibilità di scappare...a quel punto era come se i
pompieri fossero arrivai con le taniche di benzina...il gioco era fatto...alla
faccia delle ostriche per la fame nel mondo. Siamo vivi, tranne Carlo Giuliani,
siamo rimasti in piedi, ma molto stanchi, più consapevoli, più arrabbiati, più
decisi a continuare a lavorare ogni santo giorno contro tutte le prepotenze,
dentro e fuori i movimenti , i g8, nelle nostre città,
un abbraccio forte
andrea
Black bloc indisturbato a mangiare focaccette
Ho assistito dalle finestre di casa all'assalto, da parte di una
cinquantina di black block, alle carceri di Marassi a Genova. Hanno potuto agire
indisturbati per almeno 15 minuti, malgrado tre blindati dei carabinieri e due
jeep, che si sono ritirate a circa trecento metri di distanza rimanendo ad
osservare. Hanno incendiato il portone, hanno rotto le telecamere esterne, si
sono arrampicati lungo le pareti del carcere, hanno sfondato i vetri di due
locali lanciando bottiglie molotov, incendiandoli. Erano i padroni assoluti
della piazza antistante e del fronte principale delle carceri. Questa scena è
stata vista da moltissimi abitanti delle vie dell'alta Val Bisagno. Un
elicottero osservava le mosse di questi incursori senza mai abbassarsi (Esistono
delle immagini filmate di quanto sopra, alcune delle quali solo parzialmente
trasmesse da una Tv locale (Tg8 star). Questi personaggi sono poi risaliti
indisturbati e con tutta calma per una scalinata, raggiungendo la via Montaldo
(prossima a piazza Manin). In questa via hanno tranquillamente bivaccato,
mangiando focaccette farcite e bevendo birra per altri 15 minuti, sempre senza
che le forze dell'Ordine intervenissero. Dopo aver fatto razzia della benzina
dalle moto posteggiate degli abitanti sono poi ripartiti alla volta di piazza
Manin, dove era in corso la manifestazione della rete Lilliput e delle donne.
Hanno sfasciato tutto, fronteggiando manifestanti disarmati e pacifisti, che
nulla potevano contro gente armata di spranghe e molotov. Quando si sono diretti
verso corso Armellini e la via Palestro, è arrivata in piazza Manin la polizia,
che ha pensato bene di non seguirli ma di caricare ragazzi pacifici, donne e
bambini con i palloncini colorati!!!!!!! Sono stata testimone di molti altri
episodi in cui risulta chiara la volontà da parte delle autorità di
"lasciar fare" alle frange di violenti e "terrorizzare" o
"massacrare" i manifestanti. Sono tanti i genovesi che hanno visto
come sono andate le cose in città tra venerdì e sabato. Di tutto quanto
accaduto le autorità dovrebbero rispondere, ma pare che l'Italia stia ormai
seguendo l'esempio del Cile anni '70, specie per quanto concerne l'informazione
edulcorata resaci dalle TV nazionali.
Non abbiate paura
grazie a tutti voi , grazie per le notizie, non sono stata
fisicamente a Genova ma vi sono vicino spero, che tutti, TUTTE le 200mila
persone che hanno manifestato democraticamente e che hanno visto o subito
violenze abbiano la forza di denunciarle alla magistratura, le incoraggio a
testimoniare, e a parlare,e a non avere paura.
grazie ancora
anna
Gli ultimi mesi
Negli ultimi mesi ho assistito ad una cosa straordinaria. Ho visto
decine di persone, associazioni e gruppi che si impegnavano, assieme, per
cambiare un mondo sempre più ingiusto. Un mondo in cui mentre i bambini muoiono
di fame o per diarrea si sperimentano gli scudi spaziali, un mondo sempre più
inquinato, in cui poche multinazionali possono decidere della vita di interi
popoli, un mondo dove i ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri sempre più
poveri.
E' stato bellissimo vedere tante persone, le più diverse, lavorare assieme per
dire basta, per poter gridare agli otto grandi che non si può andare avanti così,
che il valore imprescindibile non è il profitto ma la vita dell'uomo.
Per urlare tutto questo sono andato a Genova. Ci sono andato con l'intenzione di
protestare gridando, cantando e ballando, fregandomene delle zone gialle o rosse
e delle bandiere di partito, attento solo ad evitare, in ogni caso, qualsiasi
forma di violenza che, comunque, fa passare dalla parte del torto. Come me una
marea di persone, centinaia di migliaia le cui uniche armi erano la voce, i
colori e gli ideali di giustizia.
A Genova, qualche centinaio di deficienti ha rovinato tutto. Perché?
Perché in una città blindata, migliaia di poliziotti e carabinieri non sono
riusciti a fermare, in due giorni, ragazzi vestiti di nero che hanno potuto
tranquillamente mettere a ferro e fuoco una città?
Perché le forze dell'ordine(?) hanno caricato centinaia di persone che
pacificamente manifestavano il loro dissenso al G 8?
Perché ero terrorizzato alla sola idea di poter essere fermato da coloro che mi
avrebbero dovuto proteggere?
Perché ho avuto più che una sensazione riguardo al fatto che forze
dell'ordine(?) e Black Block fossero d'accordo tra loro?
Le risposte a questi perché ancora non le conosco, immagino però la paura che
può fare un nuovo movimento, che mette assieme tante persone, tanto diverse tra
loro ma con una grande comune certezza, quella che UN ALTRO MONDO E' POSSIBILE.
A chi ha cercato di rovinare tutto voglio però dire che quello che ho imparato
da questa esperienza, è che gli eserciti, siano questi di forze dell'ordine(?)
o di Black Block, non riusciranno mai a fermare un grande ideale di giustizia
per il quale, assieme a tante altre persone continuerò a lottare.
Francesco Vascellari
Non sarò affatto conciso, non ci riesco.
Sabato 21 luglio.
Ore 8: partiamo da Torino, io mia moglie ed alcuni amici aderenti al Torino
social forum; come noi partono quelli della Rete di Lilliput, di Mani Tese, di
Rifondazione del Wwf. In largo Brescia ci saranno almeno una quarantina di
pullman. Siamo ancora sgomenti per gli eventi del giorno precedente.
Ore10.00 circa: pausa idrica in autostrada. Troppo emozionato e anche un po'
vergognoso. Non riesco a far niente.
Ore 11 circa: Al casello di Genova Nervi: coda. Ci si aspetta una perquisizione
che invece non avviene. Nuova coda in corso Europa. In senso opposto scorre una
colonna di almeno dieci cellulari della polizia, stipati di militi, ognuno
sormontato da un poliziotto con relativo fucile lancia-lacrimogeni. Rimango
raggelato o forse mi sono soltanto perso gli ultimi mesi di questa realtà
genovese.
Mezzogiorno circa: decidiamo come gli altri manifestanti di scendere dal pullman
e proseguire a piedi verso il punto del concentramento. I Genovesi non ci
sembrano ostili malgrado l'ennesima invasione. Passiamo accanto al centro di
accoglienza dell'ex ospedale psichiatrico; mi sorprende l'ordine attorno alle
tende, non un sacchetto né un materassino o sacco a pelo. Dai balconi qualcuno
ci applaude, il corteo risponde festoso.
L'una circa: raggiungiamo Sturla: folla enorme e variegata. Ammiro con invidia
certe acconciature coloratissime. D'accordo con gli altri del gruppo decidiamo
di risalire il corteo alla ricerca dello striscione del Torino social forum.
Dopo circa mezz'ora li perdiamo e rimaniamo in quattro, io Patrizia Caterina e
Fabio. Risaliamo ancora il corteo lungo corso Cavallotti alla ricerca di qualche
gruppo conosciuto cui poterci aggregare. Troviamo un'amica delle Donne In Nero e
veniamo accolti nel loro gruppo. In una traversa intravedo a molta distanza da
noi un gruppo con i caschi azzurri, ma saranno a circa 500 metri! Lungo il
percorso non ne abbiamo trovati e non ne troveremo altri. Ci accompagna
l'inquietante volo di due o più elicotteri che forse ci stanno riprendendo;
saluto di rito.
Ore 14.00 circa: davanti alla chiesa di Boccadasse un pullman a due piani di
tipo londinese di quelli di DROP THE DEBT: ballano sul tetto.
Ore 14.30 : incontriamo fortunosamente Alessandro che per quelli di UN PONTE
PER… sta distribuendo datteri simil-iracheni. Ci abbracciamo, siamo
emozionati, mi racconta di una brutta disavventura capitatagli al mattino, ma
questa è un'altra storia o forse fa sempre parte della stessa? Ci salutiamo con
la promessa di incontrarci ancora…non accadrà.
Ore 15.00: il corteo staziona sul lungomare, siamo a fianco di un muro con
cartello di LIMITE INVALICABILE, vetri rotti a terra. In alto sul terrazzo
dell'edificio interno scorgo alcune persone: uno mi sembra in borghese con in
testa un casco azzurro, gli altri vestiti di nero con un copricapo nero.
Un'anziana signora esce da una finestra di una casa vicina, ci applaude. Alcuni
hanno messo a disposizione un tubo per l'acqua dal giardino, molti cercano
refrigerio. Fa un caldo terribile! Ma tutto va bene; il gruppo che ci precede
balla a ritmo di samba.
Ore15.20: Ripartiamo. Qualcuno ha sentito tramite telefonino che in piazza
Kennedy sono in corso violenti scontri. Sappiamo di dover passare lì vicino.
Primi segnali di nervosismo. Tutti i gruppi, compreso il nostro, dispongono un
doppio cordone sui lati per evitare infiltrazioni di qualsiasi tipo.
Ore 15.30: il corteo si arresta; sulla sinistra, oltre gli alberi, c'è il mare,
sulla destra c'è un muro di pietre al disopra del quale mi sembra di percepire
la presenza di un giardino. Oltre la testa, non molto distante, si vede il fumo
dei lacrimogeni; davanti scorgo le bandiere dei Verdi. Dietro c'è uno spezzone
di Rifondazione di Napoli (?). Scorgo diverse persone con le magliette della
Rete di Lilliput.
Momenti di tensione: alcuni urlano di sedersi a terra per poter evitare
pericolose fughe indietro, altri consigliano di indietreggiare di un passo,
altri ancora di avanzare. Siamo costretti a stare seduti sul marciapiede di
destra, contro il muro, alzando le mani in segno di PACE. Ci rialziamo sempre
con le mani alzate. Alterniamo momenti in piedi ad altri seduti.
Ore 16.00 circa: SI SCATENA LA FOLLIA! Il fumo dei lacrimogeni si fa più
vicino. Vedo qualcosa con una scia che arriva dal giardino sopra di noi spremo
il limone sul fazzoletto, così a mia moglie Patrizia. Arrivano altri
lacrimogeni più in basso la gente scappa all'indietro veniamo schiacciati e
bloccati contro il muro ho paura di essere schiacciato come negli stadi ho paura
per Caterina che è più piccola di noi e scompare. Il fumo mi prende gli occhi
e la gola limone limone limone sul fazzoletto su quello di Patrizia sugli
occhiali di Fabio. Funziona non soffoco più la folla in fuga mi schiaccia un
po' di meno.
SENTO QUALCOSA BATTERE RITMICAMENTE CHE SI AVVICINA!
Ci troviamo di fronte della gente con scudi e manganelli urlano cose che non
capisco dietro le loro maschere. Abbiamo tutti le braccia alzate gridando
continuamente PACE PACE. Mi arriva il primo colpo su un fianco cado per terra
cerco di ripararmi la testa con le braccia alzate sento dolore intenso al polso
destro mi butto verso Patrizia cerco di ripararle la testa prendo un altro colpo
sulla mano mi sembra meno forte meno male!
Quell'uomo è mancino, impugna il manganello con la mano sinistra e tiene lo
scudo con la destra, mi colpisce soprattutto sul lato destro. Da qualche parte
sento che stanno pestando Fabio PACE AAHIA…MA PACE, CAZZO! Quell'uomoverde
continua mi prende a calci a terra sento un dolore fortissimo dietro al
ginocchio destro mi brucia, fino alle palle.
Ha la tuta grigioverde, sul petto porta due strisce dorate, su una sta scritto
GUARDIA DI FINANZA; su quella sulla sua sinistra c'è qualcosa in inglese come
ANTITERRORISM NUCLEUS o GROUP o altro di simile. Sul casco verde c'è un'aquila
gialla, mi sembra. Continua ad urlare come un orco non so se parla in
italiano…fa cenno di picchiarmi ancora. Si intromette qualcuno senza casco,
pelato, in camicia chiara con le stelle una due tante stelle, dice BASTA…..
l'interruttore: due posizioni VAI PICCHIA/STOP FERMATI.
Minacciosamente qualcuno mi fa cenno di alzarmi, urlano. Patrizia vicino a me
PIANGEGRIDA BASTA BASTA PERCHE' CONTINUI, COSA TI HO FATTO IO? In piedi con le
braccia alzate iniziamo a camminare, continuiamo a dire PACE a chiunque, PACE,
PACE… paceuncazzo, mentre cammina Patrizia prende una manganellata sulla
coscia destra da un altro orco verde senza maschera.
Mentre camminiamo dispensando pace, alla nostra destra arrivano velocissimi due
blindati azzurri che si fermano affiancati al centro della strada. Passiamo
vicini ad un altro con manganello, con casco e interamente ricoperto da
un'armatura di plastica nera; è altissimo. Non ha alcun segno di
riconoscimento, né sull'armatura né sul casco. Non mi sembra abbia la maschera
antigas eppure non vedo il chiaro del viso, non ne percepisco gli occhi. Si
vedono soltanto spuntare strisce di tessuto nero sotto l'armatura che ricopre le
cosce, forse una tuta sportiva con una scritta BIANCA ripetuta in sequenza in
campo nero. Svoltiamo in corso Piave (?) e cerco di zittire una ragazza che urla
BASTARDI, ho paura che ricomincino a picchiare. Ci seguono braccia alzate pace
camminare pace pace; un'anziana signora vicina a me continua a ripetere AIUTO HO
PAURA MI SENTO MALE! Qualcuno la porta via. Caterina incazzata si avvicina ad un
signore in borghese con la pettorina blupolizia e incomincia a chiedergli
ERAVAMO SEDUTI CON LE BRACCIA ALZATE, CI AVETE ATTACCATO, PERCHE' ?
Lo sentiamo rispondere TANTO SIETE TUTTI DEI BOMBAROLI.
Porto via Caterina che insiste, il tipo si sta innervosendo.
Riconosciamo degli amici che ci accolgono; ho male al polso destro, dietro il
ginocchio destro ho una vasta ecchimosi, il pantalone è strappato in più
punti. Patrizia alza la gonna e scopre un'ecchimosi di circa dieci cm. sulla
coscia destra. Fabio ha due staffilate sull'avambraccio destro e una vasta
ecchimosi sul cavo popliteo destro (amici anche in questo).
Un anziano signore ci spiega la strada più breve per raggiungere l'appuntamento
con il pullman, vorrebbe ospitarci ma non vogliamo disturbarlo. Siamo distrutti
fuori e dentro, ci sediamo sullo scalino del portone, ci abbracciamo E' TUTTO
FINITO, DAI!
Ore 16.45 circa: siamo in via Trento. Mezz'ora di apparente tranquillità.
Avvertiamo via telefono il capo pullman dell'accaduto e lo preghiamo di
aspettarci.
Lì vicino c'è un cespuglio; mi vergogno un po' ma …piscio, finalmente! E non
smetto più, ma non basta.
Ore 17.00 circa: vediamo alcuni avvocati del Gsf e qualche giornalista di Carta,
vorremmo denunciare l'accaduto ma hanno la nostra stessa faccia e non gli
rompiamo le palle.
Ore17.30 circa: continuano a passare lividi, teste rotte, nasi sfasciati di
tutte le età e tutti i colori. Salutiamo i compagni e proseguiamo lungo via
Trento, al fondo troveremo via Tolemaide con l'appuntamento.
In rapida successione passano cinque cellulari blupolizia con rispettivo omino
lanciagas incastonato sul tetto.
Curva sgommate colpi sordi lacrimogeni. Ci risiamo, fermi. Svolta l'angolo, vedi
ragazzini proni a terra con mani alzate, poliziotti sotto lo sguardo della
pettorina blu responsabile del sillogismo MANIFESTANTI=BOMBAROLI mollano a
casaccio calci sui fianchi o manganellate.
Scendi la scaletta, dai! Due macchine bruciate… Ma è via Tolemaide… e laggiù
i nostri compagni di viaggio: ci medicano , ci abbracciano e io inizio a parlare
e parlo parlo parlo e non smetto più, non riesco a smettere , non ci riesco.
Vorrei piangere,invece, ma il grilletto non riesce a scattare porca troia! E
parlo parlo, anche con un giornalista del Tg3 Piemonte, ma sono stanco e poco
incisivo e poi tagliano anche un pezzo d'intervista. Ma siamo già a Torino, non
te n'eri accorto? E poi domani rivedremo ANITA , dai nonni; Anita che di
lacrimogeno conosce solo la cipolla e che con i manganelli ha visto solo
Arlecchino e Pulcinella e che quando le dici NON PASSARE DI LA , NON SI PUO' ti
chiede severa PERCHE' ?
A proposito il 21 era il giorno del mio 40° compleanno, non è stata una bella
festa e come regalo mi rimangono dei segni difficili da cancellare, dei grossi
lividi sul corpo e nell'animo di Patrizia e il braccio ingessato del mio amico
Fabio.
Ho voluto inviarvi questo sfogo perché non riesco a sfogarmi per niente e voi
mi capite. Potete farne ciò che riterrete più opportuno: come testimonianza,
come lettera, come riempitivo, potete anche tagliuzzarla in tanti pezzi e
inserirli qua a la quando meno te l'aspetti, ma VI PREGO, CREDETEMI E FATE IN
MODO CHE MI CREDANO, PERCHE' IO ANCORA FACCIO FATICA. GRAZIE.
NANETTI ROBERTO
Settimo Torinese, 24.7 2001
Ho alzato le mani davanti ai tedeschi, non ho più voglia di farlo
con 'sti stronzi!
Sono stato a Genova? Davvero? Mi sembra un secolo fa, sembra un brutto sogno, un
b-movie. Prendiamo la navetta da Sestri la mattina di sabato. L'emozione per
l'uccisione di un manifestante si è un po' attutita nella notte. Non ho più la
tensione e la paura che mi attanagliavano quando siamo partiti da Torino. La
rabbia, quella sì, e' rimasta... Credo che andrà tutto bene. E la gente che ho
intorno mi fa ben sperare. Ci sono un sacco di giornali che girano. Si parla, si
scherza. Una volta a Nervi cerchiamo di capire come muoverci. Telefono a un
amico della Rete di Lilliput per un gancio. Mi da appuntamento in via Pisa. Dopo
mezz'ora riusciamo a salire su un autobus. Qualcuno parla al telefonino e
riferisce che ci sono già scontri. Dove? Non si sa. Dalle parti di piazza
Sturla c'è un cordone di polizia. Ma nessuno gli rompe le palle e loro
ricambiano l'indifferenza. Vediamo uno di quelli del Black Block. Volano un paio
di "testa di cazzo" che non sembrano impressionare più che tanto il
responsabile guerrigliero. Iniziamo a risalire il corteo. Volano insulti verso
chi sta facendo come noi. Hanno ragione, ma vorremmo provare a cercare alcuni
amici. Dai balconi piove acqua. Bacinelle e pompe dei genovesi danno una bella
prova di solidarietà. Riscalda il cuore. Grazie Genova. Sfiliamo fino alla
chiesa di Sant'Antonio. C'è gente con cartelli in tutte le lingue che invitano
al silenzio e all'annullamento del debito. Proseguiamo lungo Corso Italia.
Fischi, urla di "Assassini-Assassini" davanti alla caserma dei
carabinieri. Ma il servizio d'ordine tiene a distanza dal cancello. Qualcuno
improvvisa un concerto di percussioni su un cartello che riserva un parcheggio
agli eroici tutori della legge. Ci picchia sopra quasi con delicatezza. Gente
che balla divertita. Un paio di volontarie ci dicono che avanti ci sono i
lacrimogeni. "Non abbiate paura e continuate ad avanzare". Ma non si
può. Da lontano vediamo la battaglia. Ci avviciniamo un po'. Sembra che chi sta
attaccando la polizia sia un piccolo gruppo. Lacrimogeni sparati anche dai
terrazzini. Illusione ottica? Eppure sembra proprio così. Scendiamo alla
spiaggia. Ci sono delle docce e fa davvero caldo. Quando torniamo in strada, un
quarto d'ora dopo, la situazione sembra essere peggiorata. Il lancio di
lacrimogeni si fa più lungo. C'è una scalinata gremita di gente che porta a
un'altra strada. Un lacrimogeno finisce lassù fra le urla di paura e
indignazione. Un altro proprio dentro un balcone. Applausi per l'ottimo lancio.
Le tute nere non avrebbero saputo fare di meglio. Di colpo da spettatori dello
scontro ci trasformiamo, nostro malgrado, in attori. Iniziano a cadere
lacrimogeni fra di noi. Quelli coi guanti corrono a prenderli per gettarli in
mare. Ancora applausi, ma non siamo più tanto tranquilli. C'è un momento di
panico. Arretriamo. Camminando all'indietro. Non dev'essere piacevole beccarsi
uno di quei cosi in testa. Non ci posso credere! Non stavamo facendo
assolutamente niente! Eppure corriamo. C'è uno slargo, un cancello aperto che
porta al mare... Viaviavia! Urlo un paio di volte. "Piano, non
correte!" Inutile. Scavalchiamo una staccionata per arrivare al cancello.
Una ragazza urla disperata che sta male, che qualcuno la aiuti. Si tiene un
braccio. E' il panico totale. Mi giro un secondo. I celerini sono già lì.
Scena apocalittica. E' un uomo quell'armadio con la maschera antigas che emerge
fra il fumo? Sono le lacrime che non mi fanno vedere bene? Solo allora sento le
urla del motore di un blindato. Via. Di corsa. Arriviamo al cancello. Un ragazzo
urla istericamente di chiuderlo. Non si può, la gente continua ad arrivare.
Testa a posto. Scenderanno anche qui? Ci siamo persi un paio di amici. Una è
rimasta più in su per cercare il suo ragazzo. La recuperiamo. Ancora il fumo
dei lacrimogeni...Occhi e faccia che bruciano. Un ragazzo non dice niente e ci
passa un limone. Forse è straniero. C'è gente che scende portata a braccia,
facce insanguinate. Un altro in preda all'isteria "Di qui non si esce, non
c'è uscita, siamo fottuti". Bestemmie. Poi ci si calma. Non sono scesi.
Decidiamo di salire noi. Non siamo dell'umore di farci un bagno e ad ogni modo
il mare è pieno di gommoni della polizia. Ma quanti sono? Sopra, come sempre,
le pale degli elicotteri. Fermo un ragazzo. "Ci sono gli sbirri su?":
"Do you speack english?". "Sì, ma fanno passare". Andiamo
allora... Sfiliamo braccia alzate davanti a loro. Due o tre ci filmano. Uno ci
guarda sarcastico dicendo "Pace e amore". Se non fossi sotto shock
riuscirei almeno a pensare che quel manganello glielo ficcherei volentieri nel
culo. Ci sono auto rovesciate e un poliziotto che, senza la giacca e il casco
sembra Robocop per via delle protezioni, che sta aiutando a medicare una signora
ferita dai suoi colleghi. Sangue. Fermano un paio di persone. Non ci sono
manganellate arbitrarie. Solo l'arroganza di alcuni e la stanchezza di altri. Ma
i giornalisti sono a due passi. Cosa accadrebbe se non ci fossero? Arriva un
furgone che scarica acqua e panini. Mangiamo controvoglia. Lo stomaco è chiuso.
Cerchiamo di raggiungere il resto del corteo. C'è una banca con i vetri
sfasciati e un paio di macchine bruciate. Il rumore improvviso che sentiamo è
quello di un blindato che centra una macchina parcheggiata. Non passiamo per
piazza Alimonda. Non c'è niente da vedere. Incontriamo un signore, 65 anni. E'
col gruppo di Pinerolo (credo) di Rifondazione. E' arrabbiato. "Bisognava
venire organizzati! Io ho alzato le mani davanti ai tedeschi, non ho più voglia
di farlo con 'sti stronzi!" Costeggiamo la ferrovia. Non ho idea di dove
siamo. Un gruppo di cinque tute nere scavalca un cancello e si dà alla fuga fra
gli applausi ironici di quelli che stanno lì attorno. Urla di sirene. Paura. Ci
lanciamo dall'altra parte del corso. Se ne vanno. No! Una jeep si ferma davanti
a una casa dello studente. Alziamo le mani. Ma non vogliono noi. C'è gente che
corre giù per le scale. Le mani alzate. Uno si becca una manganellata. Perchè?
Cos'ha fatto? Non abbiamo visto niente. La jeep riparte. Elicotteri nel cielo e
fumo da più parti. Non sappiamo dove andare. Siamo stanchi e non abbiamo più
voglia di vedere giacche blu. Il sentimento è diffuso. Il corteo non si sa bene
dove sia finito. Sono le sei. Decidiamo di tornare a casa. Come sarà andata?
Quanti eravamo? Le voci ci inseguono sull'autobus. 300mila persone, scontri
ovunque, infiltrati, polizia brutale. Un romano in stazione ci dice che ci sono
state manifestazioni parallele in varie città. Parla anche di scontri. Più
tardi un tipo in televisione parla dell'attacco di migliaia di anarchici con
spranghe e pietre al fondo di corso Italia. Che queste cazzate le vada a
raccontare agli inviati de "Il giornale" e di "Libero". Ci
credono soltanto loro. Sono successe davvero queste cose? Ero io? E' realistico,
è credibile, che io mi senta fra quelli che non hanno visto quasi niente di
quanto è successo? Se fosse un romanzo qualcuno lo considererebbe realistico?
Era Genova quella città desolata? Erano tutori dell'ordine democratico quelli
che tiravano i lacrimogeni fra gente che si riposava all'ombra, anziani
sorridenti, ragazzini di 13 anni?
Volevo raccontare quello che ho visto a Genova, Io sono arrivata a Genova lunedì
16 per seguire le conferenze del Gsf. Il Convergence point mi ha mandato a
dormire al "Valletta Cambiaso". Era mezzogiorno quando ho montato la
tenda. In questo giardino pubblico (racchiuso però entro una cancellata con due
uscite e annesso a un centro sportivo di tennis)c'erano ancora solo una decina
di tende. Verso sera già un terzo del posto era pieno. Il giorno dopo era pieno
del tutto (circa 500 persone). Eravamo circa 6-7 tende di italiani (da quello
che ho potuto constatare vivendo lì fino a giovedì 20). Tutti gli altri erano
stranieri: tedeschi, inglesi, francesi, spagnoli, irlandesi. Sono arrivati
quindi a Genova molto presto, e sono sempre stati nel campeggio. Io mi
meravigliavo che erano venuti così presto, ma non partecipavano alla vita del
GSF (conferenze, concerto Manu Chao, punti di ristoro). Facevano molte riunioni,
appendevano un sacco di cartelli in inglese sul cancello all'entrata del
giardino dove annunciavano gli orari delle riunioni , di cui alcune al centro
sociale Pinelli. Erano i classici squatters, punkabbestia con i cani, i capelli
rasta ecc....però credevo fossero i classici nomadi refrattari
all'inquadramento borghese, o meglio, imperante in ogni strato sociale. Infatti
la maggior parte di loro è arrivata su camioncini trasformati in case,
attrezzati ecc..... C'era addirittura un pullman grosso (quelli da viaggio da 60
posti) tutto disegnato, taggato,di loro proprietà insomma, tedesco. Dava
sicuramente nell'occhio. La mattina del 20, verso le 7, sono stata svegliata da
rumori di attività "preparatoria": rompono, tagliano,
"scocciano"...Verso le 11.30 erano in fila come un plotone (non
veramente schierati, ma in attesa.......): avevano taniche di benzina (questo me
l'ha detto un italiano lì dentro), spranghe,bastoni, pietre, erano tutti
incappucciati. Circa alle 12 sono usciti tutti insieme.Il campeggio si è
letteralmente svuotato. Noi pochi italiani siamo usciti dalle tende (in realtà
eravamo intimoriti, ma si capiva che non ci avrebbero fatto niente). Ci siamo
trovati in cinque davanti ai giochi (quelli tipici dei giardini)e abbiamo
guardato esterefatti lo smantellamento minuzioso di due panchine, di tombini di
ferro, buchi per terra per prendere sassi. Nei bagni del tennis abbiamo
incontrato il guardiano sconsolato che non ci ha guardato in faccia. Tutti gli
spogliatoi erano stati occupati. Avevano staccato delle porte. Qui devo però
fare una precisazione:il posto era disastrato più che altro perché ci
circolava e ci dormiva un sacco di gente; i bagni erano intasati e tutto era
sporchissimo....c'erano palline da tennis dapperttutto, però non si può dire
vero vandalismo. C'erano le macchine per le bibite, il caffè ed erano
integre...per prendere le cose avevano pagato, mentre avrebbero potuto benissimo
spaccare tutto e anzi prendere i soldi. C'era un televisore assolutamente
integro, dei quadri-posters appesi, i cartelloni coi risultati dei tornei
intatti e così molte altre cose che sono state rispettate......c'era sì
moltissima pattumiera in giro, ma la sensazione era quella che prendessero il
minimo indispensabile per i loro bisogni (che erano sostanzialmente quelli di
procurarsi armi per la manifestazione). Tutto quello che avevano in mano l'hanno
preso lì. Noi cinque italiani abbiamo pensato che era meglio smontare la tenda
e andarsene perchè con quello che sarebbe successo in manifestazione la
polizia, pensavamo, avrebbe come minimo invaso o assediato il "Valletta
Cambiaso", tanto più che era già di per sè recintato e con due uscite
controllabilissime. Pensavamo già alla guerriglia e agli arresti a tappeto che
sarebbero avvenuti lì la sera e non volevamo esserci in mezzo. Per di più
avevano lasciato nel campeggio una cariola con molte pietre, molti grossi
bastoni e qualche spranga. Abbiamo nascosto i nostri zaini nella veranda del bar
lì vicino e siamo andati in manifestazione (ho detto subito al convergence
point quello che ho visto). La devastante manifestazione del 20 si è conclusa
in piazza Kennedy con la creazione di cortei di sicurezza per i manifestanti
affinchè raggiungessero incolumi i campi dove dormire (Carlini e Sciorba).Eravamo
terrorizzati perchè solo noi andavamo nella direzione di Valletta Cambiaso per
recuperare gli zaini nascosti. Avevo più paura della polizia che dei black
blocs. Eppure per tutta la strada non abbiamo incontrato nessuno schieramento,
nessun controllo.....vedevamo arrivare alla spicciolata dei "neri"
senza cappuccio e senza armi, entrare nel campeggio e tranquillamente cucinare
ecc....Abbiamo fatto un sopraluogo...organizzavano i turni di ronda per la
notte, ma nessuno, neanche di giorno è entrato per perquisire il campo.Eppure
vicino al Valletta Cambiaso, in zona Albaro c'è una caserma di carabinieri
(quella delle foto incriminate)e non posso credere che non sapesse niente. Sono
usciti armati, erano lì da 4-5 giorni, mettevano cartelli di riunioni sul
cancello esterno......e poi erano il prototipo del black bloc. Io in realtà
odio le generalizzazioni e non voglio creare questa figura astratta e universale
del black bloc. Credo che queste frange più violente non siano un unicum, ma al
contrario siano molto variegate, otre ad ad avere molti
"falsi".........Non credo che i ragazzi del Valletta Camiaso fossero
infiltrati della polizia, non credo neanche che avessero qualche complicità
implicita.....mi è sembrato davvero un movimento organizzato, magari in rete,
attraverso i centri sociali europei sedi di certe forme di anarchismo
combattente......credo ci sia stato un passaparola per far convergere tutti lì.
Dire che siano portatori di una proposta politica forse è troppo,ma sui muri
prima del sottopassaggio che porta a Brignole ho letto queste scritte: "animals
liberation front" e " vegetarians warriors"; in realtà ne avevo
già sentito parlare. Questi ragazzi avevano molti cani, ma questo è
frequente......mi ha però colpito un particolare, è solo un particolare così,
emotivo (anche io sono animalista):a differenza dei punk a bestia, che io odio
perchè trattano male i loro cani e se li portano dietro ovunque (concerti
assordanti, manifestazioni,rave), loro avevano dei cani di aspetto
"curato", li trattavano molto bene e non se li sono portati dietro in
manifestazione, ma li hanno lasciati nei furgoni coi finestri il più possibile
aperti.........certo, dovevano scappare, ma comunque ho notato questa
differenza. Credo che questi black fossero anarchici che hanno sottoscritto il
comunicato pubblicato dai black blocs su indymedia: distruggono "solo"
banche e assicurazioni e altri simboli del capitalismo perchè sono bersagli
simbolici ,non incendiano macchine o cassonetti. Al di là della mia opinione su
questo modo di manifestare dissenso alla globalizzazione, agli organi di potere
e al sistema culturale imperante, voglio sottolineare che LA POLIZIA HA
DELIBERATAMENTE VOLUTO LASCIARE AGIRE INDISTURBATE QUESTE FRANGE PIU' VIOLENTE,
STRUMENTALIZZANDOLE PER CREARE UN CLIMA DI TERRORE E PER POTERE AGIRE ESSA
STESSA IN MANIERA TERRORISTICA ATTRAVERSO DELI INFILTRATI ANCORA PIU' VIOLENTI E
DISTRUTTIVI (NON SOLO DELLE COSE, MA ANCHE DELL'UNITA' E DEL PACIFISMO DEL
MOVIMENTO DEL GSF).
Non è ammissibile che la polizia abbia perquisito, schedato e ostacolato le
tute bianche, caricato pacifisti del GSF e non abbia sequestrato le armi di
questi ragazzi del "Valletta Cambiaso".Vorrei che questo si sapesse,
mettendo l'enfasi non tanto sulla violenza dei black, quanto sulla
PREMEDITAZIONE della polizia contro gli sforzi di ordine e pacifismo del GSF ( e
a quanto pare Berlusconi è arrivato a "poter dichiarare", dopo
l'assalto al media center, che il GSF contiene-copre i black blocs!!!).
Sarebbe importante fare un sopraluogo al Valletta Cambiaso ( lungomare dopo
Punta Vagno e poi, una volta al Bagno Roma, su a sinistra) e cercare di parlare
con il custode del tennis perchè è sempre stato presente e per di più ,
parlando, mi aveva detto che dopo il saccheggio delle porte degli spogliatoi
aveva avvisato credo la polizia e gli era stato detto di andare a casa e non
occuparsi di niente (lui invece, poverino veniva sempre...)
Buon lavoro
Silvia Tagliabue
PS:Credo che il black nella foto in prima pagina del Corriere di domenica
sia un falso, anzi quell'immagine è un vero simulacro della violenza, della
prepotenza, del machismo,della forza tipicamente di destra, gloriosa nel
mostrarsi dominatrice e superiore..........credo proprio che non abbia niente a
che fare con l'atteggiamento degli anarchici ( almeno con quelle centinaia che
ho visto io in campeggio). Inoltre, un particolare frivolo, ma per me lampante:
questi squatters-punk non metterebbero mai la cintura e la maglietta dentro i
pantaloni! Erano più trasandati, più mingherlini...insomma, questa foto stona
alla prima occhiata.
Cari Lillipuziani,
Questo è il primo messaggio che riesco a scrivere dopo una
settimana. Credo che sia perciò necessario anche scusarmi con voi.
L'eccezionale "concentrazione" di eventi di questa settimana genovese
ha di fatto reso evidente la nostra insufficiente organizzazione nella gestione
di eventi come questo. La mancanza d'informazioni dirette è solo un aspetto di
questa questione che credo faremo bene a porci per il futuro. La Rete Lilliput
è stata indiscutibilmente protagonista all'interno del Genoa social forum e
dele sue iniziative tanto che la maggior parte di noi è stata
"risucchiata" dalle necessità organizzative urgenti. Il sottoscritto
è stato letteralmente sommerso dall'esigenza di coordinare i lavori del Public
Forum che, sia detto per inciso, è stato un pezzo importantissimo della
mobilitazione contro il G8 e che è stato possibile soprattutto grazie
all'impegno assoluto della Rete (non avendo però a disposizione neppure un
computer nella struttura messa a disposizione è stato però impossibile render
conto in diretta di questo lavoro, cercherò di farvi un resoconto complessivo
entro un paio di giorni). Tutte le persone del nodo lillipuziano genovese hanno
lavorato al massimo per le mobilitazioni di questa settimana (penso a Stefano
Lenzi "perno" dell'ufficio stampa ad Alberto Zoratti e Chiara Malagoli
impegnati nelle continue riunioni sull'organizzazione delle mobilitazioni comuni
del Genoa Social Forum ed in quelle specifiche dei lillipuziani e dei gruppi
d'affinità per le azioni dirette nonviolente a tutti i lillipuziani genovesi
sommersi dalle necessità organizzative del Forum e delle manifestazioni, a
Valerio impegnato a tenere il minimo di contatti indispensabili per le
manifestazioni).
Mi consolo solo il fatto che l'abbondante cronaca uscita in queste settimane sui
giornali abbia riflesso, tutto sommato, abbastanza fedelmente quello che stava
accadendo a Genova.
E' però sicuro che anche nel corso delle mobilitazioni di piazza è emersa una
nostra difficoltà ad organizzarsi, a far circolare le informazioni, a prendere
decisioni in tempo rapido. E' questo un aspetto da tenere sicuramente in
considerazione per il futuro. Abbiamo bisogno di una maggiore organizzazione
della rete, di migliori canali di comunicazione, di dedicare più energie e
competenze al lavoro interno di discussione, decisione e collegamento.
Dopo una lunghissima e difficile discussione tra le varie componenti del Genoa
Social Forum su come fosse possibile manifestare a Genova in maniera determinata
ma senza violenza gli ultimi due giorni delle mobilitazioni genovesi sono invece
stati segnati dalle violenze degli altri.
Per chi ha vissuto direttamente le giornate del 20 e del 21 non ci possono
infatti essere dubbi che la terribile violenza scatenatesi a Genova è stata
subita dal GSF, anzi ha avuto come principale obiettivo proprio la distruzione
delle mobilitazioni che in questi mesi avevamo messo in piedi.
Su questo non possono esserci dubbi. Ho ancora negli occhi il fumo dei
lacrimogeni e l'immagine dei tanti lillipuziani caricati dalla polizia a Piazza
Manin (dove tutti assieme avevamo costruito la nostra "piazza
tematica") mentre a mani alzate eravamo quasi riusciti ad impedire ai black
block d'invadere la nostra zona. Risultato della giornata una carica ed un bel
po' di manganellate ai lillipuziani, un difficilissimo rientro al luogo
d'incontro a Piazzale Kennedy, mentre i black continuavano a far ciò che
volevano in città. Come non ricordare ancora il lungo spezzone del corteo del
21 caricato pesantemente dalla polizia sulla salita di fronte al mare mentre lo
spezzone più consistente della Rete aveva appena fatto in tempo a deviare in
fretta e furia fra il fumo dei lacrimogeni o l'incredibile scena da
"deportazione cilena" a cui ho assistito sabato sera mentre un
centinaio di poliziotti e carabinieri impedivano l'accesso alla scuola di fronte
all'ufficio stampa del Genoa Social Forum dal quale continuavano ad uscire
persone selvaggiamente picchiate e caricate in fretta e furia sulle ambulanze?
E' importante ricordare che né nel giorno del 20, né nella difficilissima
giornata del 21 la violenza è scaturita dalle manifestazioni organizzate dal
Genoa Social Forum. Ma certo rimane il problema politico vero: al di là delle
provocazioni ed infiltrazioni della polizia, della sicura presenza all'interno
del blocco nero di pezzi dei movimenti fascisti, come è possibile difendersi
dalla violenza gratuita di chi crede che la propria protesta si esprima
semplicemente nel devastare ogni cosa e che, fatalmente, considera chi organizza
una protesta politica contro la globalizzazione come il proprio vero nemico,
senza dover per questo abbandonare la piazza e le mobilitazioni di massa per
colpa di qualche migliaio di persone organizzate scientificamente nel
distruggere tutto? E' indiscutibile che la grande partecipazione di massa al
corteo del 21 (nonostante le terribili violenze culminate nella morte di una
persona il giorno prima) esprime, oltre all'adesione ideale all'idea di una
diversa globalizzazione, la voglia di "riprendersi le piazze" di un
movimento forse strutturalmente debole e scarsamente organizzato ma ricco
d'ideali politici e di voglia di partecipare. E' perciò un compito
assolutamente necessario trovare le forme possibili per esprimere questa voglia
di "contare" senza incorrere nella violenza di venerdì e sabato
scorso.
E' sicuramente un problema nostro (i lillipuziani non possono essere ridotti al
silenzio) ma anche di tante altre realtà del Genoa Social Forum che in questi
anni hanno pensato di poter "organizzare" ed "indirizzare"
una certa dose di violenza all'interno delle proprie forme di mobilitazione
(penso ad esempio all'universo dei centri sociali e dei cobas).
Penso che rivendicando radicalmente il diritto di manifestare e di violare certi
divieti a Genova durante il vertice abbiamo condotto assieme una grande
operazione politica i cui risultati in questi mesi si sono visti. Ma
l'impermeabilità di istituzioni internazionali come il G8 (avete notato la
scelta del paesino sperduto in Canada per il prossimo vertice G8 che fa il paio
con il Quatar del WTO?) rende indispensabile continuare a pensare ad una
strategia di mobilitazioni di piazza che però non possono più essere
realizzate al costo delle violenze subite e dei rischi ancora maggiori che
abbiamo corso sabato. Fra l'abbandono del "conflitto" di piazza e
l'eccessiva ostentazione di una "violenza controllata" (ma che
controllare realmente è sempre più impossibile) deve esistere un'altra
alternativa ed è un preciso compito politico necessario saperla trovare. Si
tratta in un certo senso di reinventare una strategia nonviolenta che non sia né
"rassegnazione", né semplice rifiuto della violenza come scelta
individuale ma sappia comunque organizzare le persone per resistere alla
violenza strutturale di questa globalizzazione. Che ne direste di dare
finalmente avvio a quel percorso di ricerca sulla nonviolenza che a Marina di
Massa intuimmo come necessario ma a cui non abbiamo mai dato corso se non come
discussione teorica? Mi sembra invece che la mobilitazione di Genova segni
concretamente la necessità "pratica" d'individuare un nuovo percorso
fattibile.
Credo che potremmo scrivere a lungo sul paradosso per cui una struttura
evidentemente debolissima dal punto di vista organizzativo e con notevoli
differenze al proprio interno come il Genoa Social Forum sia riuscita ad
innescare un dibattito politico così forte ed importante come quello in cui
abbiamo assistito in queste settimane a proposito del G8.
Restano per me alcuni dati di fatto essenziali:
La mobilitazione del GSF rimane un pezzo importantissimo di una possibile
"strategia lillipuziana" per una diversa globalizzazione. La Rete
Lilliput ha contribuito fortemente a condurre avanti questa esperienza ed a
questo punto dobbiamo considerare seriamente quali possono essere i futuri
sviluppi di questa esperienza. E' chiaro infatti che se non abbiamo nessun
interesse ad annullare la nostra specificità in una più vasta "rete di
reti" allo stesso tempo non possiamo non tener conto della necessità
sempre più urgente di confrontare le nostre mobilitazioni con altri soggetti a
noi esterni ma con cui vogliamo dialogare (ed anche con altri soggetti che
ancora non fanno parte di questo dialogo come il sindacato). Perciò la proposta
di trovare momenti futuri di mobilitazione comuni anche più centrati sui
contenuti come la creazione di un coordinamento italiano del World Social Forum
di Porto Alegre o la costruzione di una mobilitazione italiana a novembre
cogliendo l'occasione del vertice della FAO a Roma che coincide con l'apertura
del vertice dell'OMC in Quatar sono secondo me da prendere altamente in
considerazione.
Allo stesso tempo occorre rispondere tutti quanti al nuovo tentativo di
"criminalizzazione" della protesta, alla nuova strategia della
tensione, ai fatti inaccettabile della "notte cilena" di sabato scorso
a Genova. Il GSF ha già individuato per domani un primo momento comune di
mobilitazione per la libertà di manifestare e contro la criminalizzazione del
movimento davanti alle prefetture italiane ed è bene che tutti i lillipuziani
raccolgano questo invito facendo valere appieno i contenuti che ci portano a
rivendicare la scelta di scendere in piazza oltreché la battaglia
indispensabile per la democrazia ed il diritto di manifestare.
Infine, come già accennato prima, occorre anche con altri soggetti condurre un
confronto sulle possibile strategie di mobilitazione per il futuro superando
l'impasse molto pericolosa dell'impossibilità di scendere in piazza senza
incorrere nei vecchi stereotipi delle manifestazioni contro la repressione o
della "militarizzazione" delle mobilitazioni.
Da ultimo un saluto a tutti i lillipuziani che hanno partecipato alle
manifestazioni genovesi ed un abbraccio particolare (senza nessuna retorica) a
tutti quelli che sono stati coinvolti nelle cariche della polizia pagando con la
paura o con le ferite il prezzo di una democrazia sempre più difficile.
Un ringraziamento particolare anche a tutti gli amici genovesi per l'incredibile
mole di lavoro svolto.
Ciao
Fabio Lucchesi
Mi scuso in anticipo per quello che scriverò.
Confesso di non sentirmi per nulla preparato. Ma dopo lo scazzo con
alcuni giovani di Centri Sociali, dovevo capirmi e cercare di farmi capire. Ho
sempre ritenuto e ritengo quei giovani come gli unici ad aver cercato e
praticato modelli alternativi. Altri hanno o taciuto, o si sono omologati, o
hanno difeso l'indifendibile. Perché durante il presidio ad Ascoli mi sono
frapposto tra parte del presidio e esponenti di Forza Nuova là presenti con
intenti chiaramente provocatori?
Come ho cercato di dire, perché il Global Forum, ben prima di Genova, raccoglie
le forze e gli individui più diversi che si riconoscono, per dirla molto in
sintesi, su un no' forte alla "globalizzazione neoliberista" in atto.
Non su ipotesi di lotte politiche che chiamano alle mani.
Prendo dall'odierno articolo di Agnoletto sul Manifesto: "Il movimento è
riuscito a imporsi come soggetto politico autonomo …coniugando la protesta con
una forte e autorevole capacità propositiva su temi quali: la cancellazione del
debito, la Tobin Tax (o la tassazione delle transazioni finanziarie), il
trattato di Kyoto, contro i monopoli delle multinazionali sui farmaci, l'accesso
all'acqua potabile per le moltitudini del Sud de mondo, la riconversione
produttiva delle fabbriche di armi…". Io aggiungo, da Carta, il tema,
dopo Porto Alegre, della democrazia municipale. E altro ancora. Come
l'annullamento progressivo del lavoro come diritto; la mercantilizzazione della
vita; gli Ogm., ecc.
La repressione 'cilena', come riportato da non pochi osservatori, delle forze
dell'ordine a Genova non nasce per i pochi provocatori fescisti e nazisti
lasciati liberi, dalle stesse forze dell'ordine, di spaccare, di provocare, ma
dal fatto che quel movimento "composito e variegato", oltre che, lo si
deve aggiungere, pacifico e non violento, tocca temi che colpiscono nel cuore
quella "globalizzazione neoliberista".
E' una globalizzazione che non solo ci tocca già da vicino, come possono dire i
disoccupati, i sotto occupati, i lavoratori con sempre minori diritti (a Genova
un lavoratore ha ricordato la recente legge che ha annullato la gratuità delle
cause di lavoro), le precarietà e peggio diffuse di ogni specie, ma che ha in
progetto, si vedano i punti del Dpef del nuovo governo, una accelerazione che
probabilmente ha bisogno di uno stato ancora più autoritario. Si pensi alle
richieste confindustriali di eliminare l'articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori sull'obbligo del reintegro in caso di licenziamento senza giusta
causa. O la privatizzazione dei servizi pubblici locali. O l'uso del territorio
a scopi edificatori non più in base al solo Piano Regolatore Generale, ma alla
bisogna del privato. La progressiva privatizzazione, come da richieste del WTO,
anche della scuola e della sanità.
In breve, lo sconvolgimento della prima parte della Costituzione. Per
intenderci, è come se, leggendone il sottostante articolo 3, al posto di:
'della Repubblica', mettessimo: 'del mercato': "E' compito 'della
Repubblica' (n.d.r. 'del mercato') rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione
di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del
Paese". Si sfida chiunque a rispondere di quale "libertà" e di
quale "uguaglianza" può farsi portatore il 'mercato'. Conosciamo lo
'stato leggero' statunitense. Ma anche le sue diseguaglianze e gli effetti del
suo imperialismo.
Se quanto detto sopra è solo un po' vicino a quello che ci aspetta è forse più
facile capire perché questa sera mi sono frapposto fra parte del presidio e i
provocatori di forza nuova. E' possibile anche solo pensarli davanti a tanta
sfrontatezza di chi gestisce il potere economico? Sono essi il vero problema? O
non sono invece messi là per distoglierci, e peggio, da quello che il sistema
politico dominante d'intesa con i poteri economici ci stanno rifilando e
preparando?