Flessibilità o lavoro garantito?

Flessibilità vuol dire poter licenziare un lavoratore se non serve più, e quindi in pratica vuol dire creare una società di persone che alternano la loro vita tra la ricerca di un lavoro e la paura di perdere quello che hanno trovato. Questo non credo proprio che sia auspicabile al fine di migliorare la produttività perché non ha senso pensare alla produttività se poi si fa una vita da cani. Eppure questo è quello che sta accadendo e soprattutto per i giovani e' pura utopia quella di sperare in un posto fisso.

Al tempo stesso sappiamo ormai bene che non c'e' alcuna relazione tra aumento della produttività e crescita dei posti di lavoro, anzi, l'informatizzazione tenderà sempre di più a liberare posti e ad aumentare le merci prodotte mentre la flessibilità renderà sempre più stressante la vita di chi lavora. Tutto questo vuol significare che non e' più possibile pensare realisticamente a dei posti di lavoro garantiti, perché stanno scomparendo i lavori non specializzati e la forza lavoro necessaria sarà sempre più soggetta alle fluttuazioni e alle esigenze dell'economia e alle innovazioni tecnologiche. Ma non si può per questo arrendersi ad una situazione per cui poche persone possono disporre della vita delle altre.

L'unica soluzione che mi convince è quella relativa all'istituzione di un reddito di cittadinanza per tutti i cittadini, e ciò mi pare inevitabile nel momento in cui non sarà più possibile far confluire la forza lavoro dal terziario verso qualcos'altro dal momento che questo qualcos'altro non esiste, a meno che non si voglia affermare che i posti da ricercatore e da programmatore (e quindi posti altamente specializzati) in futuro riusciranno a compensare le perdite del terziario. Quindi non c'e' neppure da sforzarsi nel tentare di dimostrare che e' possibile istituire un reddito di cittadinanza per convincere qualcuno dal momento che in breve ciò sarà necessario, a meno che non si decida di vivere d'aria.

Io credo infatti che il problema sia tutto politico e non economico, nel senso che se qualcosa si rende necessario allora non si può affermare che non funzionerebbe, ma al contrario bisogna ingegnarsi affinchè' funzioni. Come ho scritto sopra questo reddito di cittadinanza non puo' essere considerato un sussidio, una cosa di cui vergognarsi, e proprio per questo deve essere distribuito tra tutti i cittadini indipendentemente dal fatto che questi lavorino o meno e deve essere considerato come un diritto alla vita. Credo che questo fine sia importantissimo non soltanto da un punto di vista pratico ed economico, ma soprattutto per ciò che riguarda la qualita' della vita, infatti e' del tutto assurdo perdere tempo lavorando, e lo e' a maggior ragione se lavorare non serve per produrre.

Purtroppo oggi viviamo ancora circondati da una logorante cultura del lavoro per cui ha una dignità soltanto chi lavora, ed e' una tristezza notare che le lotte che ancora vengono portate avanti sono finalizzate soltanto a strappare posti di lavoro. Il problema e' che lottare per il lavoro vuol dire lottare per la morte della vita, perché lavorare vuol dire dimenticarsi che si sta vivendo.