Le storie dei testimoni
SONO storie che prendono allo stomaco.
Drammatiche, incredibili, come lo sono le storie dentro le tragedie. Sono i
racconti dei testimoni: di chi ha visto cose che non avrebbe mai pensato di
vedere, di chi si è salvato per un niente (come Ian Thorpe, il campione del
nuoto), di chi ha perso tutto.
L'AVVOCATO
"Sono arrivato per primo in ufficio all'ottantacinquesimo piano, erano le
8.20, dovevo andare via presto per festeggiare la sera il compleanno di mio
figlio. Ho sentito un tremenda esplosione. Per il vento la torre un po'
ondeggiava sempre, ma mai in questo modo. E' andata avanti e poi indietro. Sono
uscito dalla mia stanza e ho cominciato a riunire le persone presenti. C'era chi
piangeva e chi urlava, nessuno diceva nulla. Continuavo a ripetere a tutti
'calma, calma'. Poi abbiamo cominciato a scendere a piedi. Finché non siamo
arrivati fuori, sul lato orientale. Ero stupito che ci fosse qualcuno che si
avvicinava. Io mi sono allontanato e poi ho sentito un enorme rombo... Eravamo
usciti dieci minuti prima".
LA FAMIGLIA IRLANDESE
Una donna irlandese di 45 anni e sua figlia di 4 muoiono nello schianto contro
una delle Torri Gemelle dell'aereo dirottato a bordo del quale si trovavano; il
fratello della donna, appena entrato nel Wtc al momento dell'attentato,
sopravvive miracolosamente. Ruth McCourt e sua figlia Juliana, di origine
irlandese, erano partite da Boston dirette a Los Angeles con il volo 175 dell'Ua,
il primo lanciato dai kamikaze contro le Torri. Al momento dello schianto, il
fratello della donna, Ronnie Clifford, aveva da poco varcato la porta d'ingresso
al piano terra della Torre quando, racconta un altro fratello, John, "la
donna che si trovava davanti a lui è stata colpita da una palla di fuoco".
LA STUDENTESSA
"Stavo andando a un corso universitario, proprio lì dietro quando ho
sentito un tremendo boato. Ero a pochissima distanza dal World
Trade Center e subito dopo la terra ha tremato, si è scossa. Il tempo di
avvicinarmi e ho cominciato a vedere dappertutto gente ferita. C'era chi cercava
rifugio in una banca, un ragazzo aveva la testa insanguinata, perdeva molto
sangue dalla tempia destra. La folla era impazzita, si spingeva, urlava. C'era
chi veniva calpestato dalla calca. Poco distante ho incontrato una signora che
vagava sperduta, non aveva più le scarpe, i suoi piedi erano insanguinati. Era
passato pochissimo temo, stavo impazzendo. E ho pensato a mio fratello. Il suo
ufficio è in una delle torri. Ero terrorizzata. Non riuscivo a capire come
sapere se gli era accaduto qualcosa. Solo dopo molte ore ho saputo che non era
andato al lavoro".
IL POMPIERE
John Latham, un pompiere arrivato dal Bronx, si trovava nella prima torre del
World Trade Center quando il secondo jet si è schiantato sulla torre numero
due: "I polmoni mi si sono riempiti di detriti. Tutto è diventato
nero", ha raccontato. L'addestramento lo ha salvato mentre la gente in
preda al panico brancolava nel buio: assieme al gruppo che stava portando in
salvo, formato da decine di persone terrorizzate, Latham è riuscito a scappare
attraverso un tunnel sotterraneo ed è riemerso a Chinatown. Altri sei pompieri,
bloccati per quattro ore in uno spazio chiuso dello stesso grattacielo, sono
stati tratti in salvo e ricoverati al St. Vincent Hospital.
MARITO E MOGLIE
Lei: "Ero a casa quando ho visto in televisione le notizie dell'attacco,
mio marito lavora in un ufficio sotto le torri. Ho cominciato a fare
disperatamente i numeri di telefono del cellulare e dell'ufficio. Con il passare
del tempo la mia disperazione cresceva. Non sapevo se precipitarmi sul posto o
aspettare notizie a casa. Ogni volta che il telefono squillava pregavo:
"Dio, fai che sia lui".
Lui: "Una delle cose peggiori era sapere che lei sapeva dov'ero, quel che
accadeva e io non riuscivo a parlarle per dirle che ero salvo. Allontanato
dall'ufficio ero in mezzo a una folla alla deriva che picchiava inutilmente sui
tasti del proprio telefono per dire ai propri cari che era salvo. Alla fine sono
riuscito a far sapere a mia moglie che ero salvo parlando con mia figlia che
vive a Nashville".
IL SOCCORRITORE
"Facevo parte delle squadre di soccorso formate da volontari e davanti
a noi si è presentato uno spettacolo spaventoso. Ho visto immagini di una
carneficina inimmaginabile. Parti di corpi umano che galleggiavano in un alto
strato di rifiuti e detriti. Quel che restava di due grattacieli di centodieci
piani ridotti a un ammasso alto non più di un palazzo di cinque piani. C'erano
vestiti ovunque, pezzi di cadaveri dappertutto. Pensavo di essere finito in un
incubo, per qualche tempo ho sperato davvero che fosse solo un bruttissimo
sogno. Non potevo neppure immagine una devastazione di queste dimensioni. Non
riuscivo a credere a quel che vedevo. Molto rapidamente ho perso il conto dei
corpi che vedevo, ma non riuscivo a smettere di scavare, di cercare tra quelle
macerie".
IL CAMPIONE
Il fuoriclasse del nuoto australiano Ian Thorpe avrebbe dovuto trovarsi in
cima del World Trade Centre al momento dell'attacco terroristico. Ma aveva
dimenticato la macchina fotografica ed è tornato indietro. "Se l'attacco
fosse avvenuto 20 minuti dopo - ha detto uno dei suoi manager alla radio
australiana Abc - Thorpe sarebbe stato sulla piattaforma belvedere in cima ad
una delle torri". Ieri con il suo manager David Flaskas si è messo in fila
con migliaia di altri per donare il sangue.
LA SIGNORA JUGOSLAVA
Ljljana Zivkovic, jugoslava, impiegata di una banca che si trovava in una
delle torri gemelle, è riuscita a salvarsi scendendo a piedi per 80 piani.
"Sono sopravvissuta ai bombardamenti sulla Yugoslavia nel 1999 - ha
raccontato la donna - ho pensato solo a salvarmi. Ero all'ottantesimo piano
quando ho sentito l'esplosione nel grattacielo vicino. Ho deciso di prendere le
scale, ed ero arrivata al trentesimo piano quando ho sentito l'esplosione nel
grattacielo dove mi trovavo. Sono scesa di corsa e alla fine sono riuscita a
uscire". La signora Zivkovic ha aggiunto che molti suoi colleghi, tra cui
il presidente della banca presso cui lavorava, sono rimasti intrappolati
nell'edificio.