"Finché
a
Kabul
non
ci
sarà
un
governo
che
goda
della
fiducia
degli
Usa
e
della
nostra
compagnia,
quell'oleodotto
non
sarà
possibile".
L'audizione
di
un
petroliere
al
Congresso
americano
Quello
che
segue
è
il
testo
dell'audizione
di
John
J.
Maresca
davanti
al
sottocomitato
per
l'Asia
e
il
Pacifico
della
Camera
dei
rappresentanti
Usa,
il
12
febbraio
del
1998.
Maresca
è
il
vicepresidente
delle
relazioni
internazionali
della
Unocal
Corporation,
una
delle
principali
compagnie
al
mondo
per
le
risorse
energetiche
e
lo
sviluppo
di
progetti.
É
bene
tener
presente
l'importanza
delle
riserve
di
gas
e
di
petrolio
presenti
in
Asia
centrale
e
il
ruolo
che
queste
giocano
nel
determinare
la
politica
Usa.
Vorrei
concentrarmi
su
tre
questioni.
Primo,
la
necessità
di
numerose
vie
di
transito
in
cui
far
passare
gli
oleodotti
e
i
gasdotti
per
le
riserve
di
petrolio
e
di
gas
presenti
dell'Asia
centrale.
Secondo,
la
necessità
che
l'America
sostenga
gli
sforzi
regionali
e
internazionali
tesi
a
soluzioni
politiche
equilibrate
e
durature
dei
conflitti
nella
regione,
compreso
l'Afghanistan.
Terzo,
il
bisogno
di
assistenza
strutturata
per
incoraggiare
le
riforme
economiche
e
lo
sviluppo
nella
regione
di
un
clima
appropriato
per
gli
investimenti.
A
questo
proposito,
noi
sosteniamo
in
modo
specifico
l'annullamento
o
la
rimozione
della
sezione
907
del
Freedom
Support
Act.
La
regione
del
Caspio
contiene
enormi
riserve
di
idrocarburi
intatte.
Solo
per
dare
un'idea
delle
proporzioni,
le
riserve
di
gas
naturale
accertate
equivalgono
a
oltre
236mila
miliardi
di
piedi
cubici.
Le
riserve
petrolifere
totali
della
regione
potrebbero
ammontare
a
oltre
60
miliardi
di
barili
di
petrolio.
Alcune
stime
arrivano
fino
a
200
miliardi
di
barili.
Nel
1995
la
regione
produceva
solo
870.000
barili
al
giorno.
Entro
il
2010
le
compagnie
occidentali
potrebbero
aumentare
la
produzione
fino
a
circa
4,5
milioni
di
barili
al
giorno,
un
aumento
di
oltre
il
500%
in
soli
15
anni.
Se
questo
dovesse
accadere,
la
regione
rappresenterebbe
circa
il
5%
della
produzione
totale
di
petrolio
al
mondo.
C'è
tuttavia
un
grosso
problema
da
risolvere:
come
portare
le
vaste
risorse
energetiche
della
regione
ai
mercati
che
ne
hanno
bisogno.
L'Asia
centrale
è
isolata.
Le
sue
risorse
naturali
sono
sbarrate,
sia
geograficamente
che
politicamente.
Ciascuno
dei
paesi
del
Caucaso
e
dell'Asia
centrale
vive
difficili
sfide
politiche.
Alcuni
paesi
hanno
guerre
irrisolte
e
conflitti
latenti.
Altri
hanno
sistemi
in
via
di
trasformazione
in
cui
le
leggi
e
anche
i
tribunali
sono
dinamici
e
mutevoli.
Inoltre,
un
importante
ostacolo
tecnico
che
noi
dell'industria
petrolifera
riscontriamo
nel
trasporto
del
greggio
è
l'infrastruttura
esistente
nella
regione
per
quanto
riguarda
gli
oleodotti.
Essendo
stati
costruiti
durante
l'era
sovietica,
con
Mosca
come
suo
centro,
gli
oleodotti
della
regione
tendono
a
dirigersi
a
nord
e
a
ovest
verso
la
Russia.
Non
ci
sono
collegamenti
verso
il
sud
e
l'est.
Ma
attualmente
è
improbabile
che
la
Russia
possa
assorbire
altri
grossi
quantitativi
di
petrolio
straniero.
Improbabile
che
nel
prossimo
decennio
essa
possa
diventare
un
mercato
significativo
in
grado
di
assorbire
nuove
riserve
energetiche.
Le
manca
la
capacità
di
trasportarle
ad
altri
mercati.
Due
grossi
progetti
infrastrutturali
stanno
cercando
di
rispondere
al
bisogno
di
una
maggiore
capacità
di
export.
Il
primo,
sotto
l'egida
del
Caspian
Pipeline
Consortium,
prevede
la
costruzione
di
un
oleodotto
a
ovest
del
Caspio
settentrionale
fino
al
porto
russo
di
Novorossiysk
nel
Mar
Nero.
Il
petrolio
viaggerebbe
poi
con
le
petroliere
attraverso
il
Bosforo
fino
al
Mediterraneo
e
ai
mercati
mondiali.
L'altro
progetto
è
sponsorizzato
dall'Azerbaijan
International
Operating
Company,
un
consorzio
di
undici
compagnie
petrolifere
straniere
tra
cui
quattro
compagnie
americane:
Unocal,
Amoco,
Exxon
e
Pennzoil.
Questo
consorzio
considera
possibili
due
vie
di
transito.
Una
di
esse
si
dirigerebbe
a
nord
e
attraverserebbe
il
Caucaso
settentrionale
fino
a
Novorossiysk.
L'altra
attraverserebbe
la
Georgia
fino
a
un
terminale
di
spedizione
sul
Mar
Nero.
Questa
seconda
via
potrebbe
essere
estesa
a
ovest
e
a
sud
attraverso
la
Turchia
fino
al
porto
di
Ceyhan
sul
Mediterraneo.
Ma
anche
se
entrambi
gli
oleodotti
fossero
costruiti,
la
loro
capacità
totale
non
sarebbe
sufficiente
a
trasportare
tutto
il
petrolio
che,
si
pensa,
la
regione
produrrà
nel
futuro.
Essi
non
avrebbero
nemmeno
la
capacità
di
arrivare
ai
mercati
giusti.
Bisogna
costruire
altri
oleodotti
per
l'export.
Noi
dell'Unocal
riteniamo
che
il
fattore
centrale
nella
progettazione
di
questi
oleodotti
dovrebbe
essere
la
posizione
dei
futuri
mercati
energetici
che
verosimilmente
assorbiranno
questa
nuova
produzione.
L'Europa
occidentale,
l'Europa
centrale
e
orientale
e
gli
stati
ora
indipendenti
dell'ex
Unione
sovietica
sono
tutti
mercati
a
crescita
lenta,
in
cui
la
domanda
crescerà
solo
dallo
0,5%
all'1,2%
all'anno
nel
periodo
1995-2010.
L'Asia
è
tutto
un
altro
discorso.
Il
suo
bisogno
di
consumo
energetico
crescerà
rapidamente.
Prima
della
recente
turbolenza
nelle
economie
dell'Asia
orientale,
noi
dell'Unocal
avevamo
previsto
che
la
domanda
di
petrolio
in
questa
regione
si
sarebbe
quasi
raddoppiata
entro
il
2010.
Sebbene
l'aumento
a
breve
termine
della
domanda
probabilmente
non
rispetterà
queste
previsioni,
noi
riteniamo
valide
le
nostre
stime
a
lungo
termine.
Devo
osservare
che
è
nell'interesse
di
tutti
che
vi
siano
forniture
adeguate
per
le
crescenti
richieste
energetiche
dell'Asia.
Se
i
bisogni
energetici
dell'Asia
non
saranno
soddisfatti,
essi
opereranno
una
pressione
su
tutti
i
mercati
mondiali,
facendo
salire
i
prezzi
dappertutto.
La
questione
chiave
è
dunque
come
le
risorse
energetiche
dell'Asia
centrale
possano
essere
rese
disponibili
per
i
vicini
mercati
asiatici.
Ci
sono
due
soluzioni
possibili,
con
parecchie
varianti.
Un'opzione
è
dirigersi
a
est
attraversando
la
Cina,
ma
questo
significherebbe
costruire
un
oleodotto
di
oltre
3.000
chilometri
solo
per
raggiungere
la
Cina
centrale.
Inoltre,
servirebbe
una
bretella
di
2.000
chilometri
per
raggiungere
i
principali
centri
abitati
lungo
la
costa.
La
questione
dunque
è
quanto
costerà
trasportare
il
greggio
attraverso
questo
oleodotto,
e
quale
sarebbe
il
netback
che
andrebbe
ai
produttori.
Per
quelli
che
non
hanno
familiarità
con
la
terminologia,
il
netback
è
il
prezzo
che
il
produttore
riceve
per
il
suo
gas
o
il
suo
petrolio
alla
bocca
del
pozzo
dopo
che
tutti
i
costi
di
trasporto
sono
stati
dedotti.
Perciò
è
il
prezzo
che
egli
riceve
per
il
petrolio
alla
bocca
del
pozzo.
La
seconda
opzione
è
costruire
un
oleodotto
diretto
a
sud,
che
vada
dall'Asia
centrale
all'Oceano
Indiano.
Un
itinerario
ovvio
verso
sud
attraverserebbe
l'Iran,
ma
questo
è
precluso
alle
compagnie
americane
a
causa
delle
sanzioni.
L'unico
altro
itinerario
possibile
è
attraverso
l'Afghanistan,
e
ha
naturalmente
anch'esso
i
suoi
rischi.
Il
paese
è
coinvolto
in
aspri
scontri
da
quasi
due
decenni,
ed
è
ancora
diviso
dalla
guerra
civile.
Fin
dall'inizio
abbiamo
messo
in
chiaro
che
la
costruzione
dell'oleodotto
attraverso
l'Afghanistan
che
abbiamo
proposto
non
potrà
cominciare
finché
non
si
sarà
insediato
un
governo
riconosciuto
che
goda
della
fiducia
dei
governi,
dei
finanziatori
e
della
nostra
compagnia.
Abbiamo
lavorato
in
stretta
collaborazione
con
l'Università
del
Nebraska
a
Omaha
allo
sviluppo
di
un
programma
di
formazione
per
l'Afghanistan
che
sarà
aperto
a
uomini
e
donne,
e
che
opererà
in
entrambe
le
parti
del
paese,
il
nord
e
il
sud.
La
Unocal
ha
in
mente
un
oleodotto
che
diventerebbe
parte
di
un
sistema
regionale
che
raccoglierà
il
petrolio
dagli
oleodotti
esistenti
in
Turkmenistan,
Uzbekistan,
Kazakhstan
e
Russia.
L'oleodotto
lungo
1.040
miglia
si
estenderebbe
a
sud
attraverso
l'Afghanistan
fino
a
un
terminal
per
l'export
che
verrebbe
costruito
sulla
costa
del
Pakistan.
Questo
oleodotto
dal
diametro
di
42
pollici
(poco
più
di
un
metro,
ndt)
avrà
una
capacità
di
trasporto
di
un
milione
di
barili
di
greggio
al
giorno.
Il
costo
stimato
del
progetto,
che
è
simile
per
ampiezza
all'oleodotto
trans-Alaska,
è
di
circa
2,5
miliardi
di
dollari.
Data
l'abbondanza
delle
riserve
di
gas
naturale
in
Asia
centrale,
il
nostro
obiettivo
è
collegare
le
risorse
di
gas
con
i
più
vicini
mercati
in
grado
di
assorbirle.
Questo
è
basilare
per
la
fattibilità
commerciale
di
qualunque
progetto
sul
gas.
Ma
anche
questi
progetti
presentano
difficoltà
geopolitiche.
La
Unocal
e
la
compagnia
turca
Koc
Holding
sono
interessate
a
portare
forniture
competitive
di
gas
alla
Turchia.
Il
prospettato
gasdotto
Eurasia
trasporterebbe
il
gas
dal
Turkmenistan
direttamente
all'altra
parte
del
Mar
Caspio
attraverso
l'Azerbaijan
e
la
Georgia
fino
in
Turchia.
Naturalmente
la
demarcazione
del
Caspio
rimane
una
questione
aperta.
Lo
scorso
ottobre
è
stato
creato
il
Central
Asia
Gas
Pipeline
Consortium,
chiamato
CentGas,
e
in
cui
la
Unocal
ha
una
cointeressenza,
per
sviluppare
un
gasdotto
che
collegherà
il
grande
giacimento
di
gas
di
Dauletabad
in
Turkmenistan
con
i
mercati
in
Pakistan
e
forse
in
India.
Il
prospettato
gasdotto
lungo
790
miglia
aprirà
nuovi
mercati
per
questo
gas,
viaggiando
dal
Turkmenistan
attraverso
l'Afghanistan
fino
a
Multan
in
Pakistan.
Il
prolungamento
proposto
porterebbe
il
gas
fino
a
New
Delhi,
dove
si
collegherebbe
a
un
gasdotto
esistente.
Per
quanto
riguarda
il
proposto
oleodotto
in
Asia
centrale,
CentGas
non
può
cominciare
la
costruzione
finché
non
si
sarà
insediato
un
governo
afghano
riconosciuto
internazionalmente.
L'Asia
centrale
e
la
regione
del
Caspio
è
benedetta
da
riserve
abbondanti
di
petrolio
e
gas
che
possono
migliorare
la
vita
dei
suoi
abitanti,
e
fornire
energia
per
la
crescita
sia
all'Europa
che
all'Asia.
Anche
l'impatto
di
queste
risorse
sugli
interessi
commerciali
e
sulla
politica
estera
degli
Stati
Uniti
è
significativo.
Senza
una
risoluzione
pacifica
dei
conflitti
nella
regione,
difficilmente
saranno
costruiti
oleodotti
e
gasdotti
attraverso
le
frontiere.
Noi
chiediamo
all'Amministrazione
e
al
Congresso
di
sostenere
con
forza
il
processo
di
pace
in
Afghanistan
condotto
dagli
Stati
Uniti.
Il
governo
Usa
dovrebbe
usare
la
sua
influenza
per
contribuire
a
trovare
delle
soluzioni
per
tutti
i
conflitti
nella
regione.
L'assistenza
Usa
nello
sviluppare
queste
nuove
economie
sarà
cruciale
per
il
successo
degli
affari.
Noi
incoraggiamo
anche
forti
programmi
di
assistenza
tecnica
in
tutta
la
regione.
In
particolare,
chiediamo
l'annullamento
o
la
rimozione
della
sezione
907
del
Freedom
Support
Act.
Questa
sezione
restringe
ingiustamente
l'assistenza
del
governo
Usa
al
governo
dell'Azerbaijan
e
limita
l'influenza
Usa
nella
regione.
Sviluppare
itinerari
per
l'export
a
costi
competitivi
per
le
risorse
dell'Asia
centrale
è
un
compito
formidabile,
ma
non
impossibile.
La
Unocal
e
altre
compagnie
americane
similari
sono
pienamente
preparate
a
intraprendere
il
compito
e
a
riportare
ancora
una
volta
l'Asia
centrale
al
centro
dei
traffici
come
era
in
passato.
Traduzione
di
Marina
Impallomeni
|