Al
via
la
nostra
partecipazione
alla
guerra
in
Afghanistan.
Costerà
al
nostro
Paese
100
miliardi
al
mese
L'Italia
è
in
guerra
Taranto,
salpano
le
navi
per
"Libertà
duratura"
Martino:
"La
missione
non
sarà
né
breve
né
facile"
TARANTO
-
La
prima
nave
a
partire
per
l'Afghanistan
è
stato
il
pattugliatore
della
Marina
Militare
italiana
''Aviere''.
Poco
dopo
hanno
lasciato
il
porto
anche la
fregata
Zeffiro
e
la
rifornitrice
Etna.
L'ultima
a
salpare
alle
13.45,
trainata
da
due
rimorchiatori,
la
portaerei
Garibaldi
con
a
bordo
gli
ufficiali,
sottufficiali
e
i
marinai
della
prima
missione
militare
italiana
nell'ambito
dell'operazione
internazionale
enduring
freedom,
in
tutto
1476
marinai
diretti
in
Afghanistan.
All'ordine
''poppa
e
prua
libere''
il
comandante
del
Garibaldi,
capitano
di
vascello
Salvatore
Coppola,
ha
cominciato
la
manovra
per
dirigere
verso
il
mare
aperto.
"L'intervento
militare
contro
il
terrorismo
internazionale
potrà
subire
cambiamenti
e
non
ne è
prevedibile
la
durata.
Anzi,
forse,
diventa
ancora
più
complesso,
impegnativo,
difficile''.
Poco
prima
proprio
sul
ponte
di
volo
della
Garibaldi,
il
ministro
della
Difesa
Antonio
Martino,
aveva
salutato
con
queste
parole
i
marinai
italiani
in
partenza
per
l'Afghanistan.
"Voi
rappresentate
l'avanguardia
dei
soldati
della
libertà
che
l'Italia
mette
in
campo'',
questo
invece
il
messaggio
del
presidente
del
Consiglio,
Silvio
Berlusconi,
letto dal
Gianfranco
Fini
ai
militari
impegnati
nell'operazione
''Enduring
Freedom''.
Martino
che
era
affiancato
anche dal
Capo
di
Stato
Maggiore
della
Difesa,
Rolando
Mosca
Moschini
e
dal
Capo
di
Stato
Maggiore
della
Marina,
Marcello
De
Donno,
ha
poi
sottolineato
che
''la
situazione
strategica è
in
evoluzione.
Permangono
gli
elementi
critici.
I
capi
del
terrorismo
non
sono
stati
assicurati
alla
giustizia''.
"Gli
sforzi
per
smantellare
le
reti
del
terrore
-
ha
spiegato
-,
si
aggiungono
quelli
di
peace
keeping
nel
territorio
afghano
liberato.
Le
operazioni
in
Afghanistan
hanno
conseguito
risultati
decisivi.
Kabul è
caduta,
i
Talebani
sono
in
rotta
e,
anche
se
tra
mille
difficoltà,
prende
corpo
la
soluzione
politica''.
In
un
simile
contesto,
''questa
forza
navale
-
ha
concluso
il
ministro
-
porta
con
sé
una
efficace
capacità
d'intervento
che
consentirà
di
controllare
e
di
gestire
dal
mare
lo
sviluppo
della
crisi,
operando
in
modo
autosufficiente
e
continuativo:
dunque,
modulando
presenza
e
intervento
in
funzione
dell'evolversi
della
situazione.
La
pace
ha
poi
precisato
il
ministro
"si
può
mantenere
ma
non
si
può
imporre:
quando
c'è
già
una
pacificazione,
un
accordo
tra
le
fazioni,
allora
una
forza
multinazionale
può
intervenire
per
il
mantenimento
della
pace.
Ma
fintanto
che
questo
non
accade
non
si
tratta
di
peace
keeping
ma
di
peace
enforcing".
Costerà
tra
i
novanta
e
cento
miliardi
al
mese
la
partecipazione
italiana
all'operazione
Libertà
Duratura,
ha
inoltre
precisato
Martino.
Da
questa
mattina
in
attesa
della
partenza
della
navi
italiane
che
partecipano
all'operazione
Enduring
Freedom,
un
centinaio
di
persone
si
era
radunato
alla
Rotonda
del
lungomare
di
Taranto
dinanzi
a
uno
dei
due
maxi
schermi
allestiti
dalla
Marina
Militare.
Tra
la
gente
c'erano
anche
alcuni
parenti
dei
marinai
imbarcati
per
sulle
quattro
navi
che
prenderanno
il
largo
dalla
base
navale
per
la
missione
in
Afghanistan.
Tra
gli
invitati
eccellenti c'era
anche
Anita
Garibaldi,
pronipote
di
Giuseppe, chiamata
dalla
Marina
per
portare
il
saluto
della
famiglia
e
per
rendere
omaggio,
come
donna
e
come
madre
ai
militari,
che
stanno
per
partire. Polemica
con lo
Stato
italiano
che
non
è
stato
in
grado
di
tutelare i
diritti
dei
meridionali,
tradendo
il
pensiero
e
il
volere
del
nonno
Anita
ha
spiegato
però che
"Giuseppe
Garibaldi
avrebbe
sicuramente
preso
parte
alla
missione
italiana".
"Questa
infatti
è
una
guerra
in
difesa
della
libertà
e
come
tale
merita
di
essere
combattuta",
ha
commentato la
donna di
ritorno
da
New
York.
Intanto
in
città
Peacelink
e
altre
associazioni
pacifiste in
contemporanea
con
la
cerimonia
al
molo
Chiapparo, hanno
dato vita
a
una
catena
umana
per
testimoniare
la
loro
contrarietà
alla
guerra
e
alla
partenza
delle
navi.
Alla
catena
umana
non hanno
partecipato
i
Cobas,
animatori
della
rete
antiglobalizzazione
locale,
e
neppure
i
'No
Global'
napoletani
che
insieme
organizzano,
invece,
un
corteo
che
è
partito
dalla
città
vecchia,
un
quartiere
popolare
per
"sottolineare
che
le
spese
della
guerra
ricadono
sempre
sulla
povera
gente".
Il
corteo
raggiungerà
il
ponte
girevole,
di
fronte
al
quale
c'
è
la
sede
del
Comando
in
Capo
del
Dipartimento
marittimo.
Qui
di
fatto
s'incontreranno
i
partecipanti
alle
due
manifestazioni.