Clima, Casa Bianca contro tutti
cancellati gli accordi di Kyoto

La nuova amministrazione non riconosce il protocollo firmato da Al Gore. È scontro con l'Europa

ANTONIO CIANCIULLO

NEW YORK - Quando, prendendo il primo caffè del mattino, il rappresentante giapponese Yoriko Kawaguchi è sbiancato all'improvviso, si è capito che la partita era chiusa: Kenneth Brill, il capo della delegazione americana, aveva appena finito di pronunciare le parole che tutti temevano «Kyoto è morto». In quel momento, prima ancora che iniziasse la riunione ufficiale dei 42 paesi che guidano la trattativa sul clima, è diventato chiaro che Bush è deciso a marciare come un bulldozer contro il resto del mondo stracciando il protocollo delle Nazioni Unite firmato nel '97 in Giappone.
Una decisione che ha suscitato una doppia reazione. Il vice premier inglese John Prescott ha risposto con toni tanto polemici da suscitare un lungo e irrituale applauso. L'Unione europea, che sta assumendo la leadership della battaglia a difesa del clima, ha fatto circolare immediatamente un comunicato in cui si afferma che «i cambiamenti climatici sono un punto centrale nelle politiche internazionali», che non ci sono alternative al protocollo di Kyoto e che i Quindici lo ratificheranno entro il prossimo anno. Il ministro dell'Ambiente tedesco Jurgen Trittin, in un'intervista alla radio, ha ripetuto che Ue, Russia, Giappone e Paesi dell'Est hanno i numeri per far diventare operativo l'accordo a difesa del clima anche senza gli Stati Uniti.
Contemporaneamente anche il Gruppo dei 77 e la Cina hanno deciso di assumere una posizione netta: «Il protocollo di Kyoto è uno strumento internazionale valido e non può essere rinegoziato. Siamo molto preoccupati per le ripercussioni destabilizzanti della decisione di Washington sul complesso delle negoziazioni multilaterali». I paesi in via di sviluppo fanno quadrato perché difendono la formula trovata a Kyoto («responsabilità comuni ma differenziate») che prevedeva un impegno in due tappe. Fino al 2010 i paesi industrializzati (responsabili della gran parte del dissesto atmosferico finora prodotto) avrebbero ridotto del 5 per cento le emissioni di gas serra: a partire da quella data anche gli altri paesi avrebbero avviato la loro riconversione industriale.
Proprio questa strategia in due tappe è uno dei punti che vengono ora contestati dalla Casa Bianca che ha annunciato un'opposizione di principio al protocollo di Kyoto considerato colpevole di tre peccati: offrire un vantaggio ai paesi in via di sviluppo, non essere efficiente, costare troppo. Per questo dal primo aprile Washington ha fatto circolare un memorandum in cui si propone di contrastare i cambiamenti climatici mettendo a punto meccanismi alternativi a quelli suggeriti dal protocollo del '97.
L'amministrazione repubblicana considera insomma un impegno non suo la firma apposta da Al Gore a Kyoto e intende cancellare nove anni di trattative sul clima ripartendo da zero. Cioè dalla proposta che sta elaborando la task force di esperti messa al lavoro da Cheney. Attorno a questo programma alternativo gli Stati Uniti tenteranno di costruire un cartello che potrebbe comprendere i paesi del continente americano, l'Australia e la Nuova Zelanda.
Secondo il ministro dell'Ambiente italiano, Willer Bordon, la creazione di un protocollo alternativo a Kyoto ha però poche possibilità: «Anche Australia e Nuova Zelanda, pur esprimendo posizioni vicine a quelle degli Stati Uniti, intendono procedere all'interno del trattato firmato sotto l'egida delle Nazioni Unite. Uscire da questi binari comporterebbe ripercussioni gravi sull'intero sistema degli accordi internazionali: diventerebbero carta straccia se ogni volta che cambia il presidente americano bisogna rimettere tutto in discussione».
A questo punto è difficile intravedere una via d'uscita al braccio di ferro sull'ambiente. La mediazione proposta dal presidente della conferenza Onu sul clima, Jan Pronk, che pure è considerata dagli europei troppo sbilanciata verso le posizioni di Washington, è stata liquidata ieri dal delegato americano come un «interessante esercizio intellettuale».
«Bush rappresenta gli interessi delle lobbies del carbone e del petrolio, non i cittadini americani», accusa Jennifer Morgan, del Wwf Usa. «Dobbiamo spingere per una ratifica del protocollo di Kyoto senza gli Stati Uniti. E' un processo possibile. Un processo che metterebbe in difficoltà la Casa Bianca che sul clima viene bocciata da sette americani su dieci».

da Repubblica