BIOPIRATERIA

Messico, la svendita della biodiversità

Piante, funghi, batteri , organismi con proprietà particolari ;potrebbero essere l'oro del futuro per gli stati che vantano la maggiore biodiversità nel loro territorio. Ma nel caso del Messico e di molti altri paesi questa ricchezza andrà a esclusivo vantaggio delle multinazionali straniere. Una delle poche voci critiche in un articolo de "La Jornada".

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Il Messico, capitale mondiale della biopirateria

Andrés Barreda

Da anni in Messico avviene un saccheggio di ogni genere di ricchezza biologica, specie note per il loro uso scientifico e economico. Un furto organizzato da imprese transnazionali legate all'industria farmaceutica e chimica, alla produzione di semenze e alimenti, al crimine organizzato, eccetera.

Il danno che queste attività provocano all'ambiente, e il trasferimento di ricchezza che i paesi del nord provocano a danno di quelli del sud, spingono per la formulazione di una normativa internazionale che controlli minimamente queste attività. Allo stesso tempo, la crescita dei giardini botanici e le banche dei germi del primo mondo, così come lo sviluppo dell'ingegneria genetica e dei sistemi di ricognizione geografica hanno permesso di cominciare a sfruttare elementi e conoscenze locali in forma più sofisticata e sottile.

Da alcuni anni diverse imprese transnazionali rigettano le denunce e le critiche contro la biopirateria come una questione del passato, dato che il nuovo sfruttamento e uso della biodiversità comincia presuntamente ad essere remunerata attraverso una ripartizione dei benefici, con denaro, equipaggiamento tecnico, riqualificazione scientifica, programmi di sviluppo ambientale, ecc. Come riflesso di questo, le ditte transnazionali e istituzioni pubbliche statunitensi che si dedicano alla bioprotezione hanno trasformato il Messico in un paese esemplare nella sperimentazione delle varianti più sofisticate e aggressive di questa nuova biopirateria e della sua presunta "ripartizione dei benefici".

Quattro contratti di bio-prospezione rappresentano la punta visibile di un grande iceberg, che solamente dal 1999 ha cominciato a far arricciare le narici, da quando Alejandro Nadal ha presentato una critica pubblica del contratto tra l'impresa transnazionale Diversa e l'Istituto di Biotecnologia dell'Unam. Poco dopo, si è aperta un'altra crisi, al divenire pubblico di un altro contratto tra El Colegio de la Frontera Sur, l'Università della Georgia e l'impresa Molecular Nature Limited. Esistono inoltre un altro paio di contratti: uno firmato dall'impresa Sandoz (oggi Novartis) e la Unión de comunidades forestales zapotecas y chinantecas della Sierra Juárez dello stato di Oaxaca, e un altro tra le imprese transnazionali American Cyanamid e American Home Products, insieme all'Università dell'Arizona, e il Giardino Botanico dell'Istituto di Biologia e la Facoltà di Chimica della Unam (Università nazionale autonoma del Messico, la più grande università messicana, ndt.).

Il primo contratto, vigente, è destinato all'estrazione di batteri che sopportino condizioni naturali estreme (come temperatura, salinità, pressione, ecc.) da tutte le aree naturali protette del paese.

Il secondo contratto, anch'esso in vigore, cerca di ottenere il consenso da parte delle comunità indigene degli Altos di Chiapas (le montagne dello stato meridionale, ndt.) sulla raccolta di migliaia di varietà di piante medicinali.

Il terzo, concluso l'anno scorso, ha estratto migliaia di esemplari di funghi microscopici dalla sierra del nord di Oaxaca. Mentre l'ultimo, vigente, si dedica a raccogliere cactus e altre piante da tutti i deserti messicani.

Tanti i batteri messicani, come l'enorme varietà di funghi, come le nostre piante del deserto hanno una importanza strategica unica. Eppure, gli strumenti tecnici per lo sfruttamento di queste risorse e gli scopi delle investigazioni realizzate dalle imprese transnazionali sono al di fuori delle possibilità di giovarsene da parte del paese. La società messicana non ha consapevolezza dell'enorme importanza tecnica, economia e anche militare che questo tipo di ricerche potranno avere per le imprese transnazionali e il potere dei paesi dominanti.

Senza un chiarimento di questa funzione di fondo, risulterà impossibile comprendere fin dove il cattivo uso di una risorsa strategica collettiva, che rapidamente assume il profilo della principale risorsa della nazione, metterà in pericolo la sovranità del paese. Mentre la gestione segreta di questi contratti tra istituzioni o comunità indigene e imprese transnazionali non tarderà a scatenare conflitti di interesse che indeboliranno la nazione e favoriranno il capitale predatore.

In cambio dei quattro contratti, al Messico e a certe comunità indigene sono stati promessi premi ridicoli (che per di più sarà difficile ottenere nel futuro) o sono state forniti scarsi equipaggiamenti tecnici e qualificazione scientifica, che invece di risolvere questo squilibrio tendono a trasformare il Messico in un paese specializzato nello sfruttare la sua biodiversità a favore della nuova industria mondiale transgenica.

Di fronte a una crisi di questa natura urge una mobilitazione nazionale a favore di una moratoria contro tutti i contratti di bio-prospezione vigenti o futuri, che ci permetta di discutere e far conoscere quel che è realmente in gioco e che cosa conviene di più ai nostri interessi nazionali.

da La Jornada del 12 ottobre