CUBA OGGI
CUBA, 40
ANNI DOPO Doppio anniversario a Cuba. Quarant'anni fa, il
16 aprile '61, Fidel Castro proclamò per la prima volta che la rivoluzione
giunta al potere il primo gennaio del '59, sarebbe stata socialista; il giorno
dopo, 17 aprile, i 1500 esuli esuli cubani addestati dalla Cia sbarcavano alla
Baia dei Porci, nella provincia centrale di Matanzas.
Il 16 aprile del 1961 Fidel proclamò
che la rivoluzione era "socialista", il giorno successivo ci fu
l'attacco alla Baia dei porci
Da "Il Manifesto"
Fidel Castro non poteva lasciarsi sfuggire l'occasione. Se domenica,
congedandosi dal presidente cinese Jiang Zemin che partiva dall'aeroporto di
Varadero diretto a Caracas, è rimasto silenzioso e ha lasciato parlare il
fratello Raul, ministro della difesa (che invece ha lanciato bordate a Bush),
ieri pomeriggio il lider maximo è tornato nella stessa strada dell'Avana
in cui il 16 aprile '61 aveva lanciato il suo proclama (riportato dal Granma):
"Operai e contadini, questa è la rivoluzione socialista e democratica
degli umili e per gli umili. Giurate voi di difendere la rivoluzione fino
all'ultima goccia del vostro sangue?"
Probabilmente quando Fidel lanciò il proclama, quel 16 aprile, sapeva già quel
che stava per accadere di lì a poche ore. Si disse che furono i sovietici ad
avvertirlo, ma il messaggio era già stato portato dai B-26 Usa, decollati dal
Nicaragua, che il 15 aprile avevano bombardato l'aviazione cubana (obiettivo
solo parzialmente riuscito, l'ordine di un secondo attacco fu revocato da
Washington).
Il 17 aprile gli uomini della Brigada 2506, addestrata dalla Cia in
Guatemala, sbarcarono sulla spiaggia della Playa Girón, credendo che sarebbe
stato un gioco da ragazzi rovesciare la giovane rivoluzione dei barbudos.
Tanto più che dietro, al largo in mare, c'era qualche nave da guerra Usa e che
si aspettavano una "copertura aerea" da parte dell'aviazione Usa.
E' noto come - per fortuna - andò a finire. Il presidente John Kennedy non se
la sentì di andare fino in fondo, le navi e gli aerei non intervennero, la
resistenza delle forze armate e della milizia cubane furono molto più forti ed
efficaci del previsto, la popolazione non pensò minimamente a ribellarsi. Due
giorni dopo era tutto finito. L'attacco era costato sui 150 morti fra i
difensori e un centinaio fra gli attaccanti. Più di mille furono catturati.
Da allora Cuba non ha più avuto pace dagli Stati uniti e da tutti i presidenti
- democratici e repubblicani, una decina ormai - che si sono succeduti alla Casa
bianca. Nel '62 ci fu lo show-down fra Kennedy e Krusciov per i missili
sovietici a Cuba, che alla fine furono ritirati facendo infuriare Fidel (erano i
tempi in cui le masse cantavano "Nikita mariquita, lo que se dà no se
quita"). Poi cominciarono le decine di tentativi di assassinare Fidel e
l'embargo, che dopo 40 anni è ancora in piedi. Come Fidel del resto.
E, nonostante il suo anacronismo storico (e la sua oscenità etica) ovvero le
crescenti pressioni del business Usa, l'amministrazione Bush jr. non
sembra affatto intenzionata a rimuoverlo. "E' nel nostro interesse
mantenere l'embargo e le pressioni su Fidel Castro, finché non consentirà
libere elezioni, libera stampa e non avrà lasciato andare i prigionieri
politici", ha detto di recente. Di certo non lo smuoverà l'evidenza che il
blocco non solo non è riuscito a liquidare Castro e il castrismo ma semmai lo
ha rinforzato e perpetuato.
E' anche grazie al blocco esterno americano che il regime cubano giustifica il
blocco politico interno, ritrovando lo spunto per riprendere i toni allarmati e
belligeranti che erano stati messi in parte accantonati durante
l'amministrazione Clinton.
Domenica, salutando Jiang Zemin al termine della sua (preziosa) visita a Cuba,
il ministro della difesa Raul Castro ha ammonito gli Stati uniti di fronte a una
possibile invasione militare. "Siamo pronti come mai a resistere", ha
detto e se "loro" attaccano devono sapere che dovranno mettere in
conto "alti costi di sangue". "Se loro ci bombarderanno
dall'alto, noi li colpiremo dal basso: le mine sono le armi dei poveri e noi
abbiamo preparato tutto", ... "è certo che loro ci possono invadere,
che possono occupare parte del paese, ma poi che?",... "a Santiago
tutto è predisposto e la città può scendere sotto terra",..."intere
città e divisioni combatterebbero dai tunnel e dai rifugi scavati ovunque in
questi vent'anni". Da quando Bush jr. è diventato presidente a Cuba si
nota un ritorno in forze della presenza di Raul e il presumibile rafforzamento
dei falchi dall'altra parte dello stretto della Florida viene usato per
sostentare l'appoggio interno al regime - forse non più così monolitico come
in passato - e il nazionalismo cubano - sempre forte e che non ha mai dimentico
quel che fu il cortile cubano prima dell'avvento di Castro.
Poi c'è anche l'aspetto più immediato e contingente - e qui rientra anche la
visita di Jiang Zemin - del prossimo voto alla Commissione Onu per i diritti
umani, previsto per questa settimana. A Ginevra Washington ha presentato
l'ennesima risoluzione di condanna contro Cuba (e la Cina). L'anno scorso riuscì
per la prima volta a farla passare di stretto margine. I cubani (e i cinesi)
stanno lavorando perché quest'anno Washington non trovi i voti necessari.