8 x mille? Lo tengo per me!
Il finanziamento alla Chiesa Cattolica, deciso
con la revisione concordataria del 1984, con l'inghippo dell'otto per mille
sottoscritto da Craxi per acquisire benemerenze presso il Vaticano, è, nella
formulazione italiana, null'altro che una truffa in quanto la percentuale dei
contribuenti che firmano l'otto per mille a favore della Chiesa cattolica è di
circa il 45%, che poi in sede di liquidazione dell'importo calcolato diventa
quasi il 90%.
In altri paesi con forte presenza cattolica le cose sono regolate in modo più
giusto e trasparente. In Germania ad esempio il credente versa volontariamente
alla sua chiesa un 9 per cento dell'imposta sul reddito pagato, chi non vuole
semplicemente non paga; in Spagna il contribuente può dichiarare che lo 0,5 per
cento del gettito fiscale possa essere destinato alla Chiesa o allo Stato, in
assenza di scelta la cifra è destinata ad altri fini. In Italia invece la
Chiesa Cattolica, mai sazia di privilegi, è riuscita a mettere a punto e far
approvare un meccanismo perverso che le consente di incamerare quasi totalmente
il cosiddetto otto per mille dell'IRPEF, qualunque sia la scelta o la non scelta
degli italiani. La relativa legge che consente la truffa può essere quindi
considerata più rispondente a reciproci interessi politico-economici che a una
precisa definizione della volontà dei cittadini.
Il nuovo sistema di finanziamento dell'organizzazione ecclesiastica è oggi
regolato dalla legge 222 del 20.05.1985, e recepisce gli accordi raggiunti il
15.11.1984 da Mons. Attilio Nicora e dal prof. Francesco Margiotta Broglio. Al
secondo titolo del punto 3 del Protocollo Addizionale Beni ecclesiastici e
sostentamento del clero", viene superato il precedente sistema della
congrua sia nella forma dell'erogazione sia nella gestione dei fondi. L'articolo
21 infatti prevede la creazione di un " Istituto per il sostentamento del
clero" alle dipendenze del vescovo di ogni diocesi, e di un " Istituto
Centrale" alle dipendenze della CEI, dove far confluire l'enorme tributo
dell'otto per mille e i versamenti fino a due milioni detraibili dalla denuncia
dei redditi. L'articolo 46, che prevede appunto questa forma di erogazione,
chiamata "obolo" perché elargisce un contributo personale, grava
comunque sulle pubbliche finanze sotto forma di minori introiti di imposta. C'è
da aggiungere che gli esperti finanziari pensavano che da queste libere offerte
venisse la parte più rilevante del finanziamento della chiesa, ma così non è
stato. Il loro gettito è stato di circa 45 miliardi l'anno, ed è attualmente
in diminuzione. Questo smacco dimostra in maniera clamorosa che il nuovo
finanziamento in nessun modo si può chiamare "Autofinanziamento".
L'entità dell'otto per mille dell'IRPEF è attualmente di circa mille miliardi
ma, per effetto dell'inflazione, è ovvio che il suo aumento farà sempre
lievitare la percentuale da attribuire alla Chiesa Cattolica. Questo versamento
effettuato da TUTTI i cittadini può essere suddiviso mediante una scelta
espressa fra lo Stato, la Chiesa Cattolica e le altre piccole confessioni
religiose che hanno accettato di partecipare alla spartizione (i Testimoni di
Geova, i più pericolosi concorrenti del Vaticano, sono da dieci anni in attesa
di essere inseriti, ma inutilmente).
Ma il meccanismo perverso che favorisce la Chiesa Cattolica è la quota
dell'otto per mille di quei cittadini che, intendendo sottrarsi a tale invito,
non firmano nessuna preferenza e di quei cittadini che, riconoscendosi in
un'etica laica, scelgono lo Stato Italiano e loro malgrado sono quasi totalmente
aggiunti alla quota riservata alla Chiesa Cattolica, in virtù di uno
stratagemma ideato per aggirare l'ostacolo dei non credenti e mantenere il più
alto possibile l'introito per la Chiesa Cattolica.
Lo stesso comma 3 si conclude così: ...in caso di scelta non espressa da parte
dei contribuenti la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte
espresse. Quale che sia, cioè, la percentuale delle scelte espresse, anche la
quota su cui non è stata effettuata nessuna scelta viene distribuita alla
Chiesa Cattolica o allo Stato, in percentuale alle scelte a loro favore. Solo
fra loro, perché le altre confessioni dignitosamente non hanno accettato di
partecipare a questa ulteriore spartizione.
Un esempio concreto: se su 100 cittadini 90 non si esprimono (per disinteresse o
per tacita delega allo Stato), e solo 8 firmano per la Chiesa Cattolica, l'80
per cento della quota IRPEF stabilita andrà alla Chiesa Cattolica. Ecco come in
Italia una evidente minoranza può diventare la quasi totalità degli italiani
che finanzieranno, loro malgrado, un'associazione religiosa. Anche le somme
accumulate per la scelta a favore dello Stato sono convogliate ad opere
assistenziali, in Italia quasi interamente in mano alla Chiesa Cattolica. In tal
modo non viene assolutamente rispettata la volontà di chi, non scegliendo o
scegliendo lo Stato, ha inteso sottrarsi all'obbligo di partecipare a questa
specie di referendum che, fra l'altro, viola il diritto di riservatezza. Non
solo viene limitata la libertà di scegliere o non scegliere, ma è evidente
l'intrusione nel segreto delle coscienze.
Questa situazione si aggrava ulteriormente da quando la legge consente ai
lavoratori dipendenti di affidare al datore di lavoro la redazione della proprio
denuncia dei redditi, per possibili rischi di rappresaglie sul posto di lavoro.
Un'altra cosa non corretta è il sistema di conteggio delle scelte effettive dei
contribuenti la cui percentuale non viene attribuita contando la reale
destinazione della scelta espressa, ma con un sorteggio a campione che molti
ritengono addirittura illegale.
Quanto all'entità delle somme erogate alla CEI sulla base di tale forma di
finanziamento, è previsto un complesso sistema di transizione che stabilisce
anticipi e conguagli annuali e di triennio in triennio. Gli acconti versati
dallo Stato alla CEI con il nuovo sistema dell'otto per mille sono di circa 700
miliardi l'anno, salvo poi conguagli e ulteriori anticipi che nel 1996 hanno
raggiunto la ragguardevole cifra di 1500 miliardi più 800 miliardi, sempre a
conguaglio, che la magnanimità dei vescovi ha accettato fossero rateizzati.
Dopo l'erogazione di quest'enorme cifra, che dalle disastrate casse della
Repubblica Italiana è passata a rimpinzare quelle del Vaticano, il Card.Ruini
ha avuto modo di dichiararsi soddisfatto e durante una recente assemblea della
CEI ha indicato anche come saranno ripartiti i 1500 miliardi appena ricevuti:
565 miliardi per mantenere e assicurare gli stipendi ai 40.000 preti italiani.
10 miliardi per un fondo domestiche, vista la quasi scomparsa delle perpetue.
390 miliardi alle diocesi per l'edilizia, per i monasteri di clausura, per le
facoltà di teologia e altri enti del genere.
190 miliardi al restauro dei beni culturali ecclesiastici e a iniziative nel
campo delle catechesi.
10 miliardi a un fondo per la cultura.
30 miliardi per case canoniche delle parrocchie del sud.
280 miliardi alle spese di carità, ma di questi 140 saranno dirottati per opere
(?) nel terzo mondo.
Un esempio di opere nel terzo mondo sono anche i 40.000 dollari donati dal
Vaticano alla Croazia durante la guerra con la Bosnia.
Come è a tutti evidente solo una minima parte dell'otto per mille va in opere
di carità, che oltretutto non sono verificabili da nessuno, come conferma
l'art.44 del titolo 2 sempre del Protocollo Addizionale: si stabilisce che la
CEI trasmetta annualmente all'Autorità Statale un rendiconto relativo
all'effettiva utilizzazione delle somme ricevute a vario titolo direttamente dai
cittadini o dallo Stato". Su tali rendiconti, però, non sono previsti né
controlli né verifiche.
Prima lo Stato stipendiava direttamente i preti, ora, con la nuova intesa, il
finanziamento va direttamente ai vescovi, aumentando notevolmente l'autorità
nei loro confronti. Di diversa natura sono i contributi che vanno a sostenere
opere e associazioni cattoliche nel contesto del finanziamento di attività
sociali, assistenziali, scolastiche, editoriali di vario genere: sono
finanziamenti in gran parte assicurati dalle Regioni, dai Comuni e ancora dallo
Stato. La verità è che tra una cosa e l'altra lo Stato Italiano sta
concentrando un'enorme quantità di denaro nelle casse di uno stato straniero
non democratico e non controllabile. C'è da osservare infine che nella
pubblicità svolta attraverso radio, televisioni pubbliche e private, giornali,
opuscoli e perfino le comunicazioni bancarie ai clienti e con l'aiuto massiccio
delle aziende a partecipazione statale come la SIP prima, la Telecom adesso, la
CEI afferma di non ricevere più contributi diretti dallo Stato, in seguito ad
una scelta di libertà e di povertà evangelica. Niente di più falso.
La legge parla esplicitamente di somme ricevute "direttamente" dallo
Stato, come del resto i fatti confermano. Il regime di privilegio si evidenzia
anche perché a fare propaganda è sostanzialmente solo la gerarchia cattolica,
lo Stato non entra praticamente in competizione e le altre confessioni non hanno
la forza per garantirsi una vera campagna di spot.
La Chiesa con i suoi enormi patrimoni ha da tempo capito che la forza del
cristianesimo sta nel potere che si mantiene con il possesso e il continuo
accumulo di ricchezze, catturando e azzannando i beni della terra. Attilio
Nicora detto "Monsignor otto per mille" e ora vescovo di Verona è un
esempio attuale della febbrile penetrazione della Chiesa nel mondo della
finanza.
A lui, per aver ideato la truffa dell'otto per mille, il Vaticano sta riservando
una luminosa carriera (prossimo arcivescovo di Milano?); intanto a Verona,
attraverso l'opera sua, è sorto un grosso Pool di Banche cattoliche, una sorta
di IOR, che per importanza è il terzo polo in Italia. Il Pool unisce infatti la
Cariverona, l'Unicredito a cui fanno capo la Cassamarca di Treviso, la Cassa di
Risparmio di Trieste, la Cassa di Risparmio di Gorizia, quella di Udine e
Pordenone, la Banca di Trento e Bolzano (già della Curia Trentina).
E' in patto con l'Ambro-Veneto e con la Cassa di Risparmio di Torino e Genova,
ed ha comprato quote della Popolare di Verona (la Popolare con quei soldi ha
pagato il Banco dei Santi che ora fa parte della Popolare, il cui presidente
Zanotto, come i suoi dirigenti, è sempre dell'Opus Dei).
Alla Chiesa adesso non interessano più i partiti di riferimento: il gregge è
ormai politicamente disperso. Alla Santa Chiesa interessano ora più che altro
le BANCHE. Il grande polo bancario padano dovrebbe essere di 43 mila miliardi di
raccolta, 26 mila miliardi di impieghi, 7 mila miliardi di patrimonio con 800
sportelli. Tutto sotto l'egida della Chiesa Cattolica e la protezione dello
Spirito Santo. E' sotto gli occhi di tutti l'immagine di un cristianesimo
aziendale, di possesso e di rapina, visto che i loro immensi patrimoni
immobiliari e le loro ricchezze in genere non pagano una lira di tasse. La
degenerazione capitalista tanto denunciata da Wojtyla è solo ipocrisia.