HAPPY HOUSE

È morta.

Io ho bisogno di un po’ di calzini puliti.

Dritto giù per Via Saragozza con gli auricolari piantati nel cervello e Siouxsie che ulula monitor nella luce vischiosa di mezzestate. Che cazzo guardi…sarei il principe…sarei…’frega niente. Non ho voglia di gelato. Il sole mi sfugge alle spalle. Prima di scomparire dietro le mie colline mi tocca la nuca e piano la schiena. Come a dirmi addio senza disturbare. Ma brucia.

Manca dieci alle nove quando suono al campanello e spengo il walkman.

Suono. Suono. Suono. Suono tre volte ancora.

Mi mordo via lo smalto nero da un’unghia.

"Siii…?"

"Dammi il tiro, sono io."

"Non le hai le chiavi?"

"Le ho dimenticate. Aprimi."

SDDRRZZZ

C’è odore di incenso, bagnoschiuma al cocco, canna e fritto.

Per tutte le scale fino alla porta dell’attico.

Lysa sta ripassando le sue verdure nel wok mentre aspetta che le si faccia la tinta. Truccatissima, sotto una calotta di alluminio, gira per casa in reggiseno. Si è fatta un tatuaggio nuovo sulla schiena dall’ultima volta che l’ho vista. O forse no.

Mi viene a baciare con il cucchiaio in mano.

Un bacio buono. Lucidalabbra al lampone. Odore di ammoniaca.

"Stefi è in bagno?"

"No è il suo ragazzo (quello di Milano). Stefi è uscito a prendere il fumo. Torna fra un po’. Resti?"

"Un po’…questa posta è mia?"

"Quella che non ho buttato l’ho messa nel cestino rosa. Ha chiamato tua nonna. E una volta tuo padre. Un mese fa, credo."

Raccolgo lettere cartoline bollette. Davide Forestan, via…

"Ha chiamato mio padre…?"

Sarà stato importante. Poteva richiamare, allora.

Elimino le bollette e tengo le lettere.

Nonna.

Nonna.

Nessun mittente.

Amen.

Mi mette una certa tristezza leggere le lettere che la nonna continua a scrivere a Davide. Poi le mando un’ e-mail. Anzi un SMS dal cellulare del ragazzo di Stefano. Ma non mi ricordo il numero a memoria.

"Ma deve proprio cantare mentre fa la doccia?"

"Canta sempre"

"Sempre la Carrà?"

"No quella solo in bagno. È un tipo allegro. Mi piace. Resta tre giorni poi parte per la Sardegna. Stefi aspettava che tu gli dessi il permesso."

"Forse."

Infilo la lettera senza mittente in tasca. Apro il frigo. Prendo una schweppes e il gin. "Vuoi?"

"Adesso no, vado a togliermi il domopak dalla testa. Senti, mi sa che non faccio in tempo a mangiarle queste, le vuoi tu?".

È morta.

Io sono sdraiato sul tappeto di casa a mangiare con le dita verdure in salsa di soja. Guardo i filmini dei Traumgarden. A velocità doppia.

"Sei tu quello che canta vero?"

Mi volto. C’è un tizio palestrato che sgocciola sul mio pavimento asciugandosi con il mio asciugamano. Le mutande sono di Stefano. Almeno quelle. Ha una cicatrice pallida sulla pancia abbronzata. I capelli biondi bagnati sugli occhi.

"Sì sono io. Piacere Dav…

"Evàn ti chiami, no?Stefano mi ha parlato di te. Torni qui a dormire stasera? Noi ci possiamo mettere sul divano o in camera di Lysa se lei non torna."

"Non ti preoccupare. Ho fatto giusto un salto, devo dare due cosa a Stefano e poi me ne vado"

Grugnisce qualcosa e si stappa l’orecchio con un dito. E zampetta fino in camera. Mia. Cammina come un papero.

Peccato.

Il profumo del sandalo e il vapore bollente invadono il soggiorno e mi riempiono di un torpore appiccicoso. Ho voglia di togliermi la maglietta e addormentarmi tra i cuscini. Gin e tonica. Ancora. Ho la pancia calda. S’incollano le ciglia.

Sul video il mio viso bianco, sudato, si disfa in grani di luce mentre pigio sul tasto della pausa.

Folgorato in un primissimo piano. Davide? Davide guardami. Non dormire. Guardami.

Gli occhi freddi del mio involucro mi sorridono attraverso il cristallo. Ha il trucco colato sotto le palpebre, a formare due laghi lividi, e la bocca serrata in una smorfia che non sa né di gioia né di disprezzo…mi sorride per un tempo lunghissimo.

Poi si passerà una mano dietro la nuca. Come faccio sempre quando sono imbarazzato o triste in mezzo alla folla. E si accarezzerà il collo. Stacco nero.

Ho visto questa cassetta centinaia di volte.

Poi ci siamo io e Lysa che facciamo i deficienti mentre dipingiamo la sua camera. Stefi si riprende l’ombelico. Poi la cena con l’amica di Lysa che fa il sushi e io che mi ubriaco e vado a vomitare in cucina. Qui faccio le prove-smorfia-da-concerto davanti allo specchio del bagno… idiota… l’immagine svanisce in un nero compatto con due graffi d’argento. Stacco. Grigio formicolante. Stacco. Io che dormo…quando cazzo mi hanno ripreso? Avanti. Avanti veloce. Dieci, quindici minuti di Davide che dorme appallottolato nelle lenzuola nere, sotto il poster dei Bauhaus. Ho le palpebre incrostate di glitter e la bavetta agli angoli della bocca. Tanti lividi su un braccio. Fine.

È morta.

Io sono un ragazzo ubriaco. Ubriaco e addormentato. Da tre anni.

Davide? Davide?

Dorme.

Indietro. Indietro veloce. Stop. Rec.

"Quel tuo…la tua tipa, puoi mica chiederle se mi assume nel suo salone? Mi sono rotta di spazzare capelli da terra…"

Lysa torna in salotto. Pettinata come la cugina cattiva di Sailor-Moon.

"Mi rasi per favore?". Lei annuisce e corre a prendere la macchinetta.

Adora mettere le mani in testa alla gente.

Mentre mi aggiusta la cresta in cucina arriva il tipo di Stefano che chiede se è tornato. No. No. No grazie non vogliamo della pasta. Sì. Sì. Certo prendi pure quello che vuoi.

Si siede a guardare la tv mangiando yogurt dal barattolo.

"…è stato bello sui colli, l’altra sera…una figata…non vuoi parlarne? ok…io mi iscrivo a Tai-chi a settembre e siccome Stefi non sa, pensavo che tu…e non ridere che ti viene storta…"

Ciuffetti di capelli cadono a terra.sulle piastrelle scure. Abbiamo voluto i pavimenti scuri perché così lo sporco si vede meno.

"Bisogna raccogliere i capelli. Tutti. Li porto via in un sacchetto."

Non bisogna lasciare tracce di sé. Mai. I luoghi, le persone, le cose. Devono perdere ogni contatto con te. Lasciarle senza sfiorarle. Tutto e tutti. O i tuoi nemici potranno farti del male attraverso di loro. Mai far saper che ci sei. Che esisti.

È morta.

Il mio letto non è più al suo posto. Stefano l’ha unito al suo. Prima di portarci il suo ragazzo (è quello di Milano o di Firenze?). I miei vestiti sono ancora al loro posto. Le mie foto invece no. Capisco. Se porti il tuo ragazzo a casa mica puoi far trovare le foto del tuo coinquilino in maglietta di latex sul comodino.

I cd dei Traumgarden sono in cima agli altri. La custodia di Persephone è vuota.

PLAY.

"Ah…sei qui."

Stefano accende la luce. Lui al buio non ci vede.

Sorrido. Alla fine Lysa è riuscita a tagliargli quei capelli. Mi piace di più così. A un lobo porta un pendente a forma di chiave.

Stefano, che era il miglior amico di Davide, ora è cavaliere guardiaconfini del Principe Evàn.

Gli ho anche regalato una spada. Ma, come le foto, è meglio che la tenga nascosta dove solo lui sa.

"Sono venuto a prendere due cose…che hai?"Mi viene vicino. È strano.

"Qui cosa ti hanno fatto?"Allunga una mano. I braccialetti gli scivolano sul braccio. Mi sfiora la fronte. Sangue?

"Il corno?Non c’è più…". Fa strano.

È morta.

Profumo di fata in tutta la stanza. Imperla le labbra, la pelle del collo. Ma…ora levati che sta arrivando quel papero del tuo ragazzo, mi sposto brusco verso l’armadio, Stefano vola ad aprire le imposte della finestra e si volta a guardarmi mentre dalle casse rimbombano le note cupe dell’ultimo pezzo del Cd.

Alla fine raccolgo un po’ di vestiti. Metà non sono miei. Tre o quattro libri. Stefano, che stupido, leva le foto e lascia in giro libri di trecento anni…

" Posso prendere gli Ultraviolence? Mi piace ascoltarli in macchina."

"Prendi pure…io adesso ascolto solo chill-out."

"Ah."

Il suo ragazzo ci guarda, seduto sul fondo del letto. La metà che un tempo era il mio letto. Cazzo guardi…sarei il principe…sarei…’frega niente. Anche lui, come tutti là fuori, non mi vede. E la sua ignoranza mi umilia. Quando mi fissa così, senza meraviglia né timore, è come se mi sputasse addosso. Vorrei rifugiarmi negli occhi di Stefano. Ma è troppo facile. Troppo facile questa elemosina d’incanti se appari sempre trasfigurato in magia liquida, gorgo d’argento e di ombre, anche quando sei in ginocchio a cercare di appaiare calzini scovati in fondo a un armadio.

"Se vai in Sardegna anche tu allora…ti lascio il numero di una mia amica. Ma non levarti l’orecchino quando sei con lei. Mai." Mimo una specie di malizia.

Infilo mutande calzini magliette coi buchi lettere della nonna matite per gli occhi CD la felpa dei NIN i miei libri di stregoneria in due grosse buste della PAM. Gin Tonic e salsa di soja si affrontano rumorosamente nel mio stomaco. Arrossisco. Ma nessun mortale vedrà.

"Ciao Lysaaa…"urlo. Lei è in camera a incollarsi le unghie.

"Ciaaaoooo…"corre alla porta. Dal mignolo le penzola qualcosa di incredibilmente lungo e ricurvo. Viola metalizzato. In tono con i suoi capelli. "Senti, io nel week-end non ci sono, però vorrei vederti prima di andare a Berlino, va bene se ti chiamo lunedì sera? Vieni a cena da noi, porta pure la Morte Nera o Tamara se vuoi…"

"Ok, chiama". Tanto in fondo a ColleCavo non c’è campo.

Stefano mi accompagna alla porta.

È morta.

Prendo la strada lunga per tornare a ovest. Mentre cammino faccio farfalle. Lente nel volare. Con ali pelose e scure e lunghe antenne sfrangiate per palpare la notte. Sulle dita lasciano una polverina viola metalizzato. La spargo nell’aria e la guardo cadere. Mi infilo gli auricolari…in the happy house and we are happy here…

È morta.

"Che hai?"

Mi ha chiesto Stefano sul pianerottolo. Il suo ragazzo guardava gli Aristogatti. La cassetta era di Stefano ma il videoregistratore mio.

"Senti, ve lo paga ancora mia nonna l’affitto?"

"Perché scusa? Noi…"

"No, volevo dire…se i pagamenti sono in regola, bollette e tutto."

"Sì, sì, tutto a posto. Te l’ha detto Lysa che ha chiamato un sacco di volte?"

"Sì."

"Perché non la richiami?"

"Perché è la nonna di Davide. Io neanche so che faccia abbia."

"Però lei non lo sa. E le farebbe pia…

"Lo so benissimo. Ma non la chiamo. Chiuso. Torno a Collecavo."

"Eri venuto a dirmi qualcosa, no?"

"No. Sono solo passato a prendere un po’ della mia roba. Vado che Tamara mi aspetta. Divertiti in Sardegna e chiamami appena torni, ok?"

"Non vado in Sardegna. I cavalieri non vanno in vacanza."

"Resta."

E Guardami. Sempre.

"Evàn, le gatte mi hanno detto che l’Usurpatrice è morta…"

Sì.

È morta.