NocturNo
"You are my little voodoo-dolly"
Clack...clack.
Apro la porta piano, nel buio. Mi appoggio e si richiude alle mie spalle, in un silenzio quasi perfetto. Faccio due passi ma il solito deficiente ha dimenticato il sacco del rusco proprio in mezzo al corridoio e per poco non cado.
Merda.
Respiro.
Dalle finestre aperte sui tetti di Bologna entra una luce arancione, molto molto dolce, che dilaga poi sui tappeti, tra i cuscini di seta indiana sparsi a terra e i cumuli di riviste impilate. Rimangono lunghe tracce di notte vischiosa, qua e là. Sul fondo l'acquario brilla di uno spettrale blu. Sciami di bolle riempiono l'ombra di guizzi argentati e misteriose iridescenze. Disegnano reticoli di luce mercuriale sul soffitto.
Respiro.
Ci sono decine di bottiglie vuote negli angoli, e bicchieri di carta abbandonati un po' ovunque. I posacenere pieni e i cartocci del take-away, come al solito, davanti alla tv. C'è persino un tizio che dorme sul divano. Ma non lo conosco. Ha i capelli chiari, puliti. Se li tocco non si sveglia. E io comincio a essere stanco. E vecchio.
Respiro.
Nella stanza è rimasto odore di gente e di fumo e di qualcosa di morbido e un po' nauseante, come fiori appassiti nell'acqua. Sulle dita è rimasto invece profumo di shampoo da bimbi. Quel tizio usa shampoo da bimbi. Mandorle, mi pare, o una cosa così.
Buono.
Respiro.
Faccio qualche passo verso il frigo, ma ho paura di fare rumore e svegliare tutti. E così vado dritto verso il corridoio avendo cura di non sfiorare i ninnoli etnici appesi allo stipite della porta. Una cascata di campanelli d'argento e collane di ceramica e piccole pietre dure che abbiamo legato a cordicelle colorate un pomeriggio che pioveva, tornati dalla Montagnola. Bisogna fare molta attenzione, e camminare con leggerezza, quasi come sulle foglie morte.
Respiro.
Entro in camera di Lysa.
Respiro.
Dal terrazzo arriva un po' di fresco, e luce fioca. Le tende tremano appena, ma nella stanza permane l'odore tiepido e inconfondibile degli incensi, della crema - corpo alla vaniglia, della nicotina.
Su tutti i muri sono appiccicate stelline fosforescenti. Rosa.
Lysa dorme col suo amico in un bozzolo di lenzuola e vestiti abbandonati.
Respiro.
Respira anche lei.
Un respiro pesante, ansiogeno, come se ogni volta fosse l'ultima. Rimane in apnea per un istante che pare eterno. Ti chiedi se respirerà ancora. Fa così da quando la conosco. All'inizio pensavo piangesse al buio. Invece dorme. Anche il suo amico dorme, senza rumore.
Sul comodino, tra decine di smalti per unghie, c'è una bottiglia di rum. Semi vuota.
Sulla libreria, tra una parrucca d'argento e l'autografo di Bowie, una sontuosa collezione di Barbie e qualche libro. Di fashion, di fate.
Respiro. Faccio sempre più fatica a respirare. Ho bisogno di...e qui intorno vedo risplendere molte cose, che vorrei subito spegnere e sporcare, e sento questi loro sogni appena sepolti sotto palpebre sporche d'ombretto, morbide come i petali, sottilissime...da schiacciare come le bacche di sambuco tra le dita. O come le ali delle farfalle.
Respiro.
Lysa mormora qualcosa rigirandosi nel letto.
Respiro.
Prendo una bambola dallo scaffale. Lysa le ha acconciato i capelli in un'alta corona di trecce e piccoli frammenti di carta dorata. Presi da chissà quali caramelle. La bambola mi sorride, con le sue labbra di plastica viola, serrate e inebetite. Che simpatica. Continua a sorridermi anche quando do fuoco alla sua gonna di raso. Mentre spargo d'alcol le piccole giacche di panno e le fruscianti sete della Mattel, lo chiffon rosa pesca e i nastrini colorati. Quando la fiamma schizza dall'accendino i primi ad andarsene sono i capelli di nylon. Si arricciano per il calore, perdono forma, ingrigiscono e si squagliano in colate di nero fuso. Con un puzzo acre scivolano su quei sorrisi idioti, sulle tettine puntute e dure, sulle gambe rigide da troietta paralitica con quegli insulsi moncherini di piede... intanto si rapprendono e si accartocciano gli abiti sintetici finto Dior... le pelliccette e le stole di velluto rasato...quella specie di broccato plasticato e tutti quei sandaletti colorati.
Lysa adorava le sue bambole.
"Che cazz...David...David, che cazzo fai..."
Lysa adorava le sue bambole.
Mi salta subito alle spalle. Neanche mi volto. Le rifilo una gomitata in mezzo ai denti. Lei ricade sul letto con le gengive spappolate. Il sangue e la saliva le colano tra le gambe nude. Mi sembra che pianga.
Respiro.
Nel puzzo dei suoi sogni che bruciano comincio a stare meglio.
Il suo amico si sveglia. E' ancora un po' ubriaco e quando vede il sangue urla. Un grido impastato e un po' stridulo. Non te lo aspetteresti da un tipo palestrato con tutta quella roba tatuata sulla pancia. Ma forse è il fumo pesante che già riempie la stanza e che gli entra nei polmoni insieme alla paura. Ha paura di me, ma non crederà mai ai suoi occhi. Per questo gli spacco la boccia di rum sulla radice del naso e lo lascio a bestemmiare per terra.
Lysa schizza alla libreria. Si tiene una mano sulla bocca. Cerca di strappare al fuoco almeno la principessa. Che invece crolla di lato sulle spose disciolte. Le guance rosate si sfregiano nel calore. Tutta la libreria ribolle di formica bruciata. Lei si agita scomposta impigliandosi nelle lenzuola che le si attorcigliano alle caviglie. Le guardo le spalle agitate da quei suoi urli soffocati.
Mi sento persino un po' freddo mentre fisso quell'impasto di carne macilenta e denti rotti che Lysa trattiene a stento tra le dita. Mentre cerca di salvare il suo tesoro che invece le rimane appiccicato alla pelle. Dappertutto.
Ora piange in bassissimi singhiozzi.
Questo perché la bocca le fa un male cane.
Credo.
Quando l'altro tizio prova a prendermi, gli schiaccio le palle con l'anfibio fino a farlo svanire.
"Ma che cazzo fai, che cos'hai?"
Nella luce rosa degli sticker fosforescenti la mia faccia deve apparire un'irritante maschera di freddezza.
Forse è caso che me la levi...
Ma la porta della stanza si apre e un incantesimo mi investe come un getto di aria calda e dorata. Mi si rizzano tutti i peli della schiena. Ho le scintille impigliate tra le ciglia.
Respiro.
Questo è Stefano che prova i due o tre trucchetti che gli ho insegnato.
Guardami.
Con un gesto veloce della mano richiamo l'arte. Con una sillaba invoco il mio dominio sulla materia.
Guardami Stefi, questa è magia.
In una pioggia di calcinacci strappo i cavi elettrici dal muro. Tante serpi di filo di rame lo avviluppano segandogli piano piano la carne.
Siccome ho cura di stringergli per bene la gola non può urlare. Un filo di sangue nero comincia a scorrere sulla maglietta.
Però capisco benissimo quello che mi vuole dire con i suoi occhi sbarrati e tutto quell'inutile piangere. Quell'inutile piangere...Forse non mi basta più quell'inutile piangere che gli impongo da anni per farmi sentire desiderato. Sognato. Per sentirmi meno stanco e meno vecchio.
"Cosa hai fatto...Davide...perché me lo hai fatto...io..."
Lysa raccoglie le sue cose. Rallentata dalla sua miseria.
"...io..."
Tu?
Suuu...dimmelo, tu? O rimarrai a ciondolare in silenzio con le mani piene di sangue e nera plastica, con la bocca che gronda di un liquido rosato piegata in una orrenda smorfia...che ti fa sembrare vecchissima Lysa...vecchia e bruttissima...parla o smetti di piagnucolare...
"...io...ma io...ti volevo bene..."
Bene? Bene. Sai cosa me ne faccio io del vostro bene, del bene di tutti? sai cosa me ne faccio io della vostra nauseante pretesa a volermi bene, che bene mi volete, che b e n e ...
Altra magia.
Il primo incantesimo per soffocare il tizio con i capelli profumati di bimbo.
Il secondo per gettare Lysa a terra.
C'è tanta paura qui che la vedo crepitare come folgore intorno alle loro teste. Dalle loro teste alle mie dita. Dove la loro paura diviene la mia magia.
E dalla tua collezione bruciata ne ho presa di magia, Lysa. Ne ho presa abbastanza per sentirmi giovane e vivo per giorni e giorni. Ma tu lo sai quanto me che a volte non ti basta mai. Mai. Sei tu quella che si alzava alle tre, alle quattro del mattino, a cucinare e a mangiare e a vomitare. Fin che almeno lo schifo, lo schifo dico, ti fa sentire pieno. Completo. Indegno. Ma presente. E io che ti tenevo i capelli mentre vomitavi nel cesso, e la tua saliva colava dappertutto.
Lecco tutto il bene che mi vuole.
Lo lecco via dai suoi seni magri, sporchi di saliva e sangue. Sanno di ferro e rum.
La schiaccio a terra, la stringo tra le mie cosce e lecco via tutto il bene che mi vuole.
Dalla linea del suo sterno fino alle clavicole sporgenti, dai nervi del suo collo teso fino alla coppa scura della bocca spaccata, così gonfia che si può mordere come un frutto strano e carnoso. Mordere e mordere fino a spremere ancora sangue.
E intanto lei smette di tremare.
Docile tra le mie gambe.
Sento le sue unghie lasciare la pelle della mia schiena.
I suoi capelli rosa sono sparsi sul tappeto in un'aureola luccicante. Pezzi di barbie bruciate cadono a terra come calabroni stecchiti.
Quando le bacio piano le palpebre incrostate di sale ha smesso di piangere da un bel po'.
E' così vuota che potrebbe essere morta.
Io continuo a leccarla. Anche se non ha più paura, né rabbia, né un motivo per piangere. Continuo a leccarla anche se ha perso ogni sapore.
"Evàn".
Stefano si è liberato.
Mi tocca leggermente la nuca.
"Evàn, adesso basta, vieni via".
Stefano ha pianto molto. Ha la faccia e la gola e la pelle nuda delle braccia e della gambe segnata da una trama fittissima di tagli scuri. La maglietta dei Sonic Youth, ridotta a striscette sottili, gli pende sui fianchi magri. Adorava quella maglietta. E anche dalla sua rovina prendo un po' di magia.
Mi solleva dalle spalle come si regge un ubriaco e mi trascina fuori facendomi scavalcare i due ragazzi svenuti nella stanza.
Mi pulisce la bocca con un po' di carta.
Mi tocca con delicatezza estrema. Vede le mie cicatrici e quella ferita che mi attraversa la fronte, aperta e suppurante da più di mille anni. Senza aver mai smesso di far male una sola fottutissima notte. La vede, eccome. E vede allora anche la smorfia che mi ha cementato le ciglia e la bocca, in un grugno schifato e orrendo, che sono sicuro, mi fa sembrare...vecchissimo...bruttissimo...
Ma sono così pieno di magia.
La sento sulle dita, scorre come il burro fuso. E nella bocca si mescola dolcemente con il sapore salato della pelle di Lysa.
Mentre mi pulisce gli tocco per un istante la fronte.
Perché non smette di sognarmi? Perché?
Con un bacio improvviso gli rendo l'incantesimo che aveva tentato di scagliarmi contro, per fermarmi.
Sul Principe mica funziona...cavaliere idiota...
"Vado".
Ho lasciato le chiavi di quella casa sul tavolo e scendendo ho grattato via il mio nome dalla buchetta della posta.
Due giorni dopo Stefano ha accompagnato Lysa al treno. Torna da sua madre per un po'. Intanto hanno denunciato il tipo tatuato per aggressione eccetera...forse con la scusa che era ubriaco se la caverà. Non che mi importi.
A questo punto chi vuoi che mi importi?