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Interpretazioni del termine umanesimo
e dell’inizio dell’età umanistico-rinascimentale

Sono riscontrabili interpretazioni contrastanti sia sul piano filosofico sia su quello dell’indagine storica: pur essendo i tratti dell’umanesimo e dell’inizio dell’età moderna chiari nelle loro differenze specifiche rispetto al M.E., essi risultano ad una analisi più precisa sfumati o anche sovrapposti a quelli medievali.
Dunque, soprattutto non è applicabile una schematizzazione rigida; tuttavia si può proporre una separazione fra un primo e un secondo umanesimo, ricordando Petrarca come primo umanista, e considerare il Rinascimento in senso stretto come una matura espressione delle istanze umaniste nel XVI secolo.

I umanesimo (XIV e inizio XV sec.) II umanesimo (dopo la metà del XV sec.)
civile: vita activa (C. Salutati) filosofico: vita contemplativa (Pico)
filologico (L. Valla) sviluppo delle signorie (mecenatismo)








Punti di vista della storiografia

  • J. Burckhardt, nella sua vecchia e classica visione, esalta le qualità del Rinascimento come «pieno sviluppo del sentimento dell’individuale» contro il «velo tessuto di fede, d’ignoranza infantile, di vane illusioni» tipico dell’oscuro Medioevo.
  • Mentre per J. Huizinga: «chiunque cerchi con serietà di segnare una linea tra medioevo e rinascimento si avvede sempre che i confini gli si vanno allargando e spostando. Scopre nel lontano Medioevo forme e movimenti che sembrano già recare l’impronta del Rinascimento [...] Ma è vero anche il contrario: chi studia senza preconcetti il Rinascimento scopre in esso un carattere molto più ‘medievale’ di quanto la teoria voglia ammettere».
  • Allo stesso modo J. Le Goff parla di un «lungo medioevo» includendovi anche aspetti del XVI secolo.
  • Dopo Burckhardt e dopo «una generazione di specialisti, strettamente settoriale, [che] ha infranto l’unità del Rinascimento in migliaia di frammenti colorati e splendenti» per J. Macek si può mostrare come fra il 1300 e il 1530 «siano apparse in Italia evidenti manifestazioni e ripercussioni della crisi del feudalesimo [...] anche rapporti di produzione capitalistici e [...] lotte rivoluzionarie del popolo» tanto che sorge «un nuovo stile di vita della borghesia e del patriziato» e l’Umanesimo ha così «impresso il suo marchio allo sviluppo della conoscenza dell’uomo e della natura per mezzo della scienza e dell’arte.»

Punti di vista filosofici

  • Per P.O. Kristeller il termine ‘umanesimo’ va ristretto alle discipline retorico-letterarie (le humane literae di Cicerone): gli umanisti si occupano di filosofia e scienza solo indirettamente. Essi non furono riformatori del pensiero filosofico perché non furono filosofi; inoltre è soprattutto la tradizione aristotelica e scolastica ad occuparsi di filosofia della natura e logica, e ciò avviene nelle istituzioni universitarie e di pensiero del M.E. anche se con influssi umanistici.
  • Per E. Garin, invece, l’umanesimo ha una precisa valenza filosofica: solo chi pensa alla filosofia come costruzione sistematica di grandi proporzioni «nega che la filosofia possa essere anche un altro tipo di speculazione non sistematica, aperto, problematico e pragmatico [...] Le indagini sono concrete, definite, precise nella direzione della scienza morale (etica, politica, economia, estetica, retorica) e delle scienze della natura coltivate iuxta propria principia, al di fuori di ogni vincolo e di ogni auctoritas...»
    Proprio questa attenzione «filologica» a problemi particolari «costituisce la nuova filosofia» sviluppata appunto su temi che riguardano l’uomo o la morale (1) o lo studio della natura (2).
    Lungo la prima linea si vedranno le riflessioni politiche di Machiavelli nel Rinascimento e successivamente quelle di Hobbes o Locke; mentre sulla seconda bisognerà collocare sia l’interesse neoplatonico per la magia, le forze vive, il numero (anche Leonardo), sia gli sviluppi neoaristotelici dell’umanesimo a inizio XVI sec. (Pomponazzi), ma anche la rivoluzione scientifica con Copernico, Galileo, Keplero.
    Se si afferma questo, si sta anche indicando l’umanesimo come inizio della modernità.
  • Ma di nuovo, questa valenza filosofica non è così disgiunta dagli aspetti religiosi così come solo gli ultimi sviluppi dell’età moderna ci hanno abituato. Ecco che per H. de Lubac non esiste un umanesimo ateo e neanche laico (se per laico si intende il non-fedele): l’esaltazione della libertà dell’uomo anche da parte di un umanista come Pico è sempre una esaltazione della creazione e della potenza divina. Lo stesso parallelo fra macro- e micro-cosmo, caro alla tradizione neoplatonica, va visto in questo senso.

Punti di vista sociale e antropologico

Il Rinascimento italiano è un fenomeno legato alla vita cittadina di strati borghesi e nobili (non più ecclesiastici) prevalentemente in quattro regioni: Toscana, Veneto, territori pontifici, Lombardia. Proprio in queste inizia la separazione fra cultura popolare (o folklorica) e cultura alta: nei suoi sviluppi la cultura alta sarà sempre più espressione di corte legata a un signore-mecenate, mentre quella popolare rimarrà più vicina a quella medievale.
Una separazione in qualche modo simile si era già avuta nel Medio Evo: da un lato, la cultura religiosa espressa nell’arte sacra (dalla scultura alla musica) e nelle università; dall’altro, tutte le manifestazioni di religiosità popolare. Tuttavia tale separazione, pur vedendo punte contrapposte, è generalmente non così forte come nell’età moderna.
Cultura folklorica e delle classi dominanti divengono infatti sempre più lontane dal XV sec. e le forme popolari verranno sempre più attaccate nei secoli successivi sia in ambito cattolico sia protestante (in questo senso è interpretabile anche la caccia alle streghe). Tuttavia ciò non toglie che forme artistiche delle classi alte a volte prendano o riprendano materiali popolari, come ancora avviene nel XX sec.
In età umanistica l’artista, anche se fa ancora parte di una corporazione come nel M.E., tende a rendersi autonomo dalla tradizione sacra e popolare per venire incontro a esigenze mutate esaltando Dio tramite l’uomo e l’imitazione «non già di forme e risultati raggiunti [dalla classicità], ma dei processi per raggiungerli» (Garin, La cultura del Rinascimento, p. 46).
Invece la cultura popolare continuerà ad esprimersi con leggende e fiabe, credenze e riti magici, scongiuri, cantilene, giochi, feste paesane facendo perno sulla gestualità, sul riso, sul gusto per la parodia o l’irriverente.



Bibliografia

Burckhardt, JacobLa civiltà del Rinascimento in Italia 1860 ed. orig.
de Lubac, HenriL’alba incompiuta del Rinascimento (Pico della Mirandola) 1974 ed. orig.
Garin, Eugenioè autore di diversi studi sul Rinascimento anni ‘50-‘60
Huizinga, JohannL’autunno del medioevo 1919-38 ed. orig.
Kristeller, Paul Oskarè autore di diversi studi sul Rinascimento anni ‘50-‘60
Le Goff, Jacquesè autore di diversi studi sul Medioevo anni ‘70-’80
Macek, JosefIl Rinascimento italiano 1965 ed. orig.

Ampliato: Venerdì, 13 settembre 2002


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