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Aggiornamenti normativi per l'anno scolastico 2001 - 2002:
Tutti i membri della commissione saranno interni: come nell'esame di terza media.
Si può fare riferimento all'OM n. 43/02.
Aggiornamenti normativi per l'anno scolastico 2000 - 2001:
D.M. 26/10/2000 n. 243 Certificazioni e relativi modelli rilasciati al superamento dell'esame di Stato conclusivo dell'istruzione secondaria superiore
C.M. 11/12/2000 n. 272 Norme sulla formazione delle commissioni degli esami di Stato
Ottobre 2000: La nuova struttura della prova scritta di matematica
D.M. 20/11/2000 Regolamento sulle modalità di svolgimento della I e II prova scritta
D.M. 20/11/2000 Regolamento sulle modalità di svolgimento della III prova scritta
In relazione a quest'ultimo è aumentato il numero delle materie che possono essere proposte: da quattro a cinque.
Conseguentemente è ancora aumentato il numero di quesiti per le varie tipologie (5 argomenti per la trattazione sintetica; da 10 a 15 per la risposta singola, da 30 a 40 per la risposta multipla); è confermata la possibilità di prove con tipologia mista (ma solo mettendo assieme risposta singola e multipla).
Aggiornamenti normativi per l'anno scolastico 1999 - 2000:
OM n. 31 del 4/2/99 modalità organizzative e operative.
alcune Circolari (le n. 277, 278, 280 del 19/11/99) danno indicazioni sulla formazione delle commissioni, sulle classi sperimentali e sui candidati esterni
DM 8/11/99 n. 518 Regolamento su materie e commissari
DM 8/11/99 n. 519 Regolamento sulla I e II prova
DM 8/11/99 n. 520 Regolamento sulla III prova
DM 24/2/2000 n. 49 riguarda, invece, le tipologie di esperienze che danno luogo ai crediti formativi.
In relazione alla III prova sono aumentati i numeri di quesiti per alcune tipologie (da 8 a 12 per la risposta singola, da 20 a 30 per la risposta multipla) e si dà la possibilità di prove con tipologia mista (ma solo mettendo assieme risposta singola e multipla).
Ritengo, tuttavia, ancora insufficiente il numero di quesiti (il cui rapporto col numero massimo di materie proponibili rimane ugualmente troppo basso) e, anche se si tratta di un miglioramento, considero sempre valide le osservazioni critiche proposte qui.
Tutte queste norme sono reperibili al sito del Ministero, cliccando poi sulle News o sui link per gli esami di Stato.
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1.1 Innanzi tutto la motivazione della scelta di questo argomento per il presente lavoro. Sebbene l’esame di Stato riguardi solo, per ogni anno, la classe V è fra gli obiettivi di questa innovazione non solo far cambiare punteggi e numero delle materie da preparare, ma anche far cambiare la didattica e la valutazione negli anni precedenti l’ultima classe, particolarmente del triennio: già da quest’anno occorre tener presente struttura, finalità, difficoltà del nuovo esame anche nell’attività svolta nelle classi III e IV. La cosiddetta innovazione «dal tetto», per quanto ovviamente graduale, consiste in questa esigenza. Contenuto irrinunciabile dell’esame, al di là delle trasformazioni nello svolgimento del colloquio e nell’introduzione della III prova scritta, è la pluridisciplinarietà: questo è il nucleo, infatti, attorno cui sviluppare gli argomenti specifici di ciascuna disciplina, la programmazione, la valutazione. 1.2 Pluri- o multi- disciplinare vuole indicare che le conoscenze e le competenze degli allievi per essere autenticamente formative vanno sviluppate nel complesso delle discipline; ché nessuna di queste è eliminabile (per quanto ovviamente si possano fare scelte diverse in relazione all’offerta formativa di ciascun indirizzo e oggi, con l’autonomia scolastica, anche in riferimento all’offerta formativa di ciascun istituto): tanto meno eliminabile in sede di esame conclusivo. 1.3 Programmazione, modulo, unità didattica 1.4 Consiglio di classe, valutazione e credito scolastico 1.5 Riflessioni conclusive 1 Alcuni riferimenti bibliografici a studi per una considerazione della filosofia da prospettive metodologiche e didattiche diverse possono essere: a) A. Girotti: «La filosofia per unità didattiche», ed. Pagus, 1993; b) AAVV: «Filosofia e ricerca didattica», IRRSAE Puglia, 1995; c) AAVV: «Didattica breve - materiali 1» (italiano, storia, filosofia), IRRSAE Emilia-Romagna 1995. torna al testo 2 Uso qui il termine ipertesto per alludere ad abilità «vecchie» di alto livello. Qualunque lettore esperto e abbastanza intelligente è in grado di prendere un libro tradizionale (cartaceo) e utilizzare indice e indice analitico per cercare le informazioni che gli servono senza dovere leggere tutto il libro e, nel caso le informazioni cercate siano diverse, si muove come «navigando» fra argomenti e paragrafi. Il possibile rischio con un ipertesto e un lettore inesperto è che si trovino ben poche informazioni; inoltre i link sono prestabiliti e io posso solo accettarli o rifiutarli.torna al testo |
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2.1 La normativa con la legge 425 del dicembre 1997 all’articolo 1 individua il fine del nuovo esame conclusivo della secondaria nella: «analisi e verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione a obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo.» E’ una indicazione generica e generale, una legge non poteva essere più specifica, ma è già chiara: vanno analizzati e verificati obiettivi determinati; non è una valutazione globale sulla persona definita «maturità» (Legge 119 del 1969) né una valutazione che possa solo riferirsi a nozioni, ma deve includere una pluralità di obiettivi generali e specifici; anche se direi che questa seconda esigenza era già da tempo entrata nella legislazione e nell’uso quotidiano didattico, ma ciò che è fondamentale sta nel fatto che questa esigenza sia colta dal legislatore come base per il nuovo esame.
2.2 Le «tre C» e la «ratio» del nuovo esame 2.3 Ma cosa significa tutto questo nella concreta attività didattica? Ci sono due esigenze da compenetrare. Da un lato la disciplinarietà (che si lega alla pluridisciplinarietà nel momento in cui pongo nel curricolo formativo discipline di tipo diverso), o meglio l’esigenza sentita a livello disciplinare di fornire conoscenze sia di base sia approfondite in ottemperanza ai programmi ministeriali. Dall’altro, la necessità di rendere gli studenti autonomi, capaci cioè di uscire dagli argomenti svolti in classe, pur tenendo il lavoro scolastico come esempio di esperienza precisa e specifica. [Nel prosieguo mi riferirò a queste due esigenze come «esigenza a)» e «esigenza b)»]. 2.4 Riflessioni conclusive e sulla taratura dei test 3 Queste ultime osservazioni sulla «ratio» dell’esame sono prese dal corso di aggiornamento tenuto dal prof. Giuseppe Colosio al Liceo di Rovato e dal materiale da lui fornito. torna al testo |
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3.1 Cosa significano i termini interdisciplinarietà e multidisciplinarietà? L’articolo 4 del Regolamento, sui contenuti dell’esame, evidenzia la pluridisciplinarietà particolarmente per il colloquio, ma è obiettivo anche della III prova quello di integrare conoscenze e competenze delle materie dell’ultimo anno. Anni fa si è cercato di puntare sulla interdisciplinarietà, anche a livello di vecchio esame, e per i ragazzi con le votazioni più alte capitava di leggere nel giudizio di maturità, in aggiunta ad altre note lodevoli, frasi del tipo: «il candidato ha evidenziato capacità di collegamento, anche interdisciplinare.» Cosa significava? Che il candidato era riuscito a svolgere collegamenti non solo fra temi della stessa disciplina, ma in qualche caso pure fra temi di discipline diverse, magari fra italiano e filosofia o storia, o di nuovo filosofia e fisica (per fare l’esempio di un liceo, ma ciò era ovviamente possibile anche in un istituto tecnico o in un professionale): quindi con un taglio trasversale (inter-, appunto) fra le discipline. Scrivono Maragliano e Vertecchi nel 1984 («La programmazione didattica», p. 183, ed. Riuniti): «negli ultimi tempi è venuta crescendo una domanda di interdisciplinarietà, vista come esigenza di abbandonare il carattere separato e discriminante delle singole materie e di infrangere l’antica scissione tra studio teorico e momento applicativo, tra lavoro manuale e intellettuale, tra umanesimo, scienza e tecnica.» Le ipotesi di realizzazione sono però incerte perché il taglio trasversale è rappresentato da: a) la dimensione temporale; b) qualche aspetto metodologico; c) «un indefinito ‘spirito critico’ che tenderebbe a problematizzare tutto, ma... con approccio retorico e verbalistico» (idem, cit. p. 183). In questo terzo caso manca proprio la dimensione interdisciplinare perché non c’è «l’acquisizione critica delle abilità e delle conoscenze di base che costituiscono la caratteristica più significativa, almeno sul piano formativo, di ciascun ambito disciplinare... [di ogni] area culturale omogenea» (idem, cit. p.184); cioè l’interdisciplinarietà quando sia solo verbalistica fa perdere di vista le stesse valenze disciplinari e «va da sé che la disciplinarietà non comporta la separazione degli insegnamenti; al contrario...» (idem., cit. p. 184). Occorre sottolineare che, anche se nei brani citati appare il termine interdisciplinarietà, il titolo del capitolo, invece, registra quello di multidisciplinarietà. Quali le differenze? Per rispondere bisogna fare riferimento al documento sui Saperi essenziali (p. 3), sviluppato nel maggio 1997: vanno superate «le tradizionali partizioni disciplinari; il traguardo finale sarà un insegnamento - apprendimento organizzato per temi... in cui l'analisi dei contenuti specifici sia accompagnata ed arricchita da aspetti storico-epistemologici e tecnico-applicativi». In sostanza, come 13 anni prima nel testo di Maragliano e Vertecchi: 1) si parte da una base forte di disciplinarietà; 2) si consigliano «temi» che evidentemente hanno sia una dimensione temporale (storica) sia una di tipo metodologico o anche tecnico-applicativa. Ciò può valere per discipline, come la storia o la filosofia, che si sviluppano sostanzialmente su un piano diacronico, sia per discipline il cui insegnamento è meno legato allo sviluppo storico, come quelle scientifiche. Ciò che in modo più chiaro rimane fuori dalla multidisciplinarietà e che poteva rientrare a volte nell’interdisciplinarietà è lo «spirito critico di tipo verbalistico» (peraltro già criticato da Maragliano e Vertecchi). La multidisciplinarietà ha allora un obiettivo più basso (non il collegare le discipline) ma più chiaro, perché più chiaramente verificabile: proporre la consapevolezza dello sviluppo di un argomento su più discipline mantenendone forte e ferma la base di partenza di tipo disciplinare. Si è aggiustato il tiro rendendo l’obiettivo oltre che più chiaro (più definito) anche più raggiungibile. Direi che alla base di questo tipo di obiettivo stanno anche le teorie curricolari, che partono dagli studi di Dewey. Cito rapidamente alcuni passi da Becher, Taylor e Thomas, un testo derivato da un convegno organizzato dall’OCSE addirittura nel 1970 («Curricolo per una nuova scuola», ed Giunti e Lisciani, p. 32) sulle nuove esigenze riguardo ai curricoli: «1) la scuola verrà considerata più un agente di trasformazione che di trasmissione delle tradizioni culturali... più aperta ai cambiamenti che si producono nella società... 8) lo sviluppo delle capacità comunicative... sarà parte integrante di tutti gli insegnamenti del curricolo e verrà conferita alla creatività... la medesima importanza dell’allenamento all’analisi... 9) assumeranno un ruolo di primo piano le attività che consistono nel risolvere come nel porre problemi nuovi...» Alcune linee guida di queste affermazioni (non certo una loro applicazione radicale) possono ritrovarsi anche nella normativa sul nuovo esame: si è già visto nel cap. 2 come il tema della creatività entri nella I prova scritta e come quello della capacità di risolvere problemi nuovi sia una delle motivazioni fondamentali della multidisciplinarietà. Inoltre le teorie curricolari hanno il loro punto di forza (ed anche di difficoltà) nel richiamo ad un programmazione per obiettivi su abilità e conoscenze di ampio respiro attraverso tutti gli anni della durata di un ciclo scolastico, ma anche attraverso una collaborazione fra le discipline che è diversa ma non certo incompatibile con la multidisciplinarietà. 3.2 I saperi essenziali 3.3 Dalle formulazioni generali sui saperi alla didattica: i moduli 3.4 La ricerca metodologico-disciplinare per una didattica di qualità7 3.5 Riflessioni conclusive 4 Sempre Becher, Taylor e Thomas, non per caso, affermano che «gli insegnanti dovrebbero collaborare più strettamente nella elaborazione dei curricoli» (cit. p. 20). 5 Ribadisco la non incompatibilità ed anche in certi casi la convergenza con le nuove esigenze riguardo ai curricoli prospettate nel testo di Becher, Taylor, Thomas (cit.). torna al testo 6 Spesso il tema è stato retorica, ma in realtà esso è innanzi tutto un testo argomentativo e qualora sia effettivamente sviluppato come tale non ne vedo l’inadeguatezza con gli obiettivi che ci si propongono sia col nuovo esame sia a livello di saperi essenziali, anzi. torna al testo 7 Prendo spunto dal titolo di una lezione tenuta dal prof. Nicola Flocchini come parte del Corso di formazione per i docenti neonominati. Mi pare particolarmente significativa la connessione fra qualità didattica, Didattica Breve, e ricerca metodologica proposta da Flocchini, peraltro in accordo con le posizioni del prof. Ciampolini. torna al testo 8 «La DB è l’insieme di tutte le metodologie di insegnamento vecchie e nuove che, a parità di rigore scientifico e di contenuti di programma rispetto alla didattica tradizionale, si pongono anche l’obiettivo di una significativa riduzione nei temi dell’insegnamento e dell’apprendimento.» Da Contadini, «Un percorso di ‘Didattica Breve’ verso la qualità nel recupero scolastico e nella ricerca metodologica disciplinare», p. 11. Nelle pagine 25-28 viene inoltre chiarito che DB = RMD. torna al testo |
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4.1 L’iter dell’esame Di fronte a una Commissione per metà esterna (le materie vengono preventivamente individuate dal Ministero) e metà interna, designata da ciascun Consiglio di classe fra i docenti delle materie non esterne, si presentano sia i candidati interni che esterni, i quali non sono più «privatisti» che presentano propri programmi, ma candidati che semplicemente non appartengono alla classe. Ecco che per tutti i candidati (oltre che per i commissari esterni) è un punto di riferimento il «Documento del Consiglio di classe» da compilare entro il 15 maggio (circa un mese prima della fine delle lezioni) che contiene indicazioni su: a) obiettivi realizzati in relazione alle «tre C»; b) contenuti disciplinari o pluridisciplinari, con indicazione di tempi, metodi e mezzi; c) attività curricolari e extracurricolari; d) eventuali esempi di prove effettuate (particolarmente delle III prove) e tipologie scelte; e) criteri e strumenti di valutazione, criteri per l’assegnazione del credito scolastico e formativo. Sia i candidati interni che esterni arrivano alle tre prove scritte mediante la quantificazione del credito scolastico e formativo eventuale (massimo 20 punti, in tutto). Il credito formativo valuta esperienze significative compiute al di fuori della scuola sia di tipo coerente con le materie insegnate nel corso di studi, sia a livello di impegno sociale o civile; per i candidati esterni si tiene conto anche del possesso di altri titoli di studio e viene attribuito dalla Commissione d’esame con pubblicazione il giorno della I prova scritta. Almeno due giorni prima della prova orale i candidati conoscono il punteggio ottenuto in ciascuno scritto (massimo 15 punti per ogni prova); tali punteggi sommati a quello dell’orale (massimo 35 punti) danno il punteggio finale (con una eventuale integrazione di massimo 5 punti per chi già raggiunge almeno 70 punti e 15 di credito: Regolamento art. 4, comma 6) su base 100 che viene pubblicato il giorno stesso dell’orale. La sufficienza negli scritti equivale a 10 punti, mentre nell’orale a 22 punti; nel complesso dell’esame a 60 punti. Il punteggio viene attribuito alle prove a maggioranza assoluta dei membri della Commissione, se non la si raggiunge e sono proposti più di due punteggi diversi si vota a maggioranza (Regolamento art. 5, comma 9). Delle tre prove scritte ho già parlato nel cap. 2.3; qui occorre aggiungere qualche osservazione sul colloquio. 4.2 Il colloquio come perno della pluridisciplinarietà 4.3 Riflessioni conclusive sul colloquio, la certificazione europea, il credito 9 Va però ricordato che alcune sperimentazioni già lo usavano: alludo al progetto SIRIO dei corsi serali. In questo progetto addirittura il credito ottenuto, dopo un esame su questa o quella disciplina che ne attesti il raggiungimento degli obiettivi e l'acquisizione dei contenuti, permette di non frequentare quella materia: è un sistema di crediti e debiti compiutamente realizzato e non solo pensato in funzione di un punteggio per l’esame di Stato.torna al testo |
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5.1 Quanto e come il nuovo esame è entrato nella mia attività didattica Innanzi tutto una premessa: è ovvio che le riflessioni che ho svolto fin qui sono nate anche dall’esigenza sentita in tutto quest’anno di comprendere e ragionare sul significato delle innovazioni cui ci si veniva a trovare di fronte e, di conseguenza, dalla necessità di iniziare ad applicarle nella concreta attività didattica. Ecco che tutti i paragrafi precedenti sono nati anche da una necessità di analisi e chiarificazione delle mie attività didattiche. Conseguenza, prevedibile, di questa premessa sta nel fatto che la riflessione sul significato metodologico delle innovazioni e sulla loro possibilità di applicazione e realizzazione ha preso buona parte del tempo così che l’attività didattica effettivamente svolta è risultata da un compromesso fra esigenze nuove e presenza di metodi e criteri forse vecchi, ma già collaudati. La classe nella quale per forza di cose più si è cercato di applicare le indicazioni provenienti dalla normativa sul nuovo esame di Stato è la V; pertanto la si lascerà per ultima presentando anche un esempio di modulo svolto. Gli altri moduli o unità didattiche sono stati generalmente più tradizionali, ovvero più aderenti al libro di testo, ferma restando la possibilità di integrazioni date dal docente o da altri testi. 5.2 Attività svolta nella classe III 5.3 Attività svolta nella classe IV 5.4 Attività svolta nella classe V 5.5 Un esempio di modulo per la classe V ° 5.5.1 Contesto storico-sociale. ° 5.5.2 Analisi dell’arco parlamentare attraverso la storia. ° 5.5.3 Incontro con l’opera e nozioni di base: proposta dell’epitome da Bobbio e sua analisi. ° 5.5.4 Altri richiami. ° 5.5.5 Conclusioni e riflessioni sullo svolgimento del modulo. |
Sabato, 11 dicembre 1999