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Mi azzardo non in una riflessione, ma in una copia (molto variata) a memoria di quel dialogo di Bateson (variata anche perché non ho più un ricordo preciso dell'originale, e la copia della memoria è sempre molto labile: è il difetto della memoria di essere spesso labile, anche se non per questo psicolabile; per quanto sempre si tratti di una labilità psichica): una fotocopia, dunque, e pure sfocata.
Va tenuto presente che la fotocopia fa parte della filosofia del metà prezzo!
Anzi non semplice filosofia, ma vera e propria forma di esistenza; un «andar per libri a metà prezzo (bouquiner)» come qualità esistenziale... (sto scherzando?).



Solo chi è troppo razionale non riesce a capire che lo scherzo è uno dei modi più seri possibile di dire delle verità, verità forse non serie, ma delle verità serie in quanto verità.

Complicato?

No: è semplicissimo.
Basta pensare alla battuta sullo scavare («abbiamo toccato il fondo e continuiamo a scavare»), è bellissima come battuta e verissima, altrettanto geniale e vera (per tutta le serie di presupposizioni che comporta, di significati che si incastrano una volta scoperti) è quella sull'arbitro («arbitro, 'un ce l'ho con te, ma con la tu' moglie che ti ci ha mandato!»)...
Per vero intendo qui qualcosa con un riscontro nel mondo reale, non solo nel mondo del gioco o della battuta, ma nel mondo in carne e ossa, in quello in cui si soffre e si ride (in quello da cui si esce con un gioco o con una battuta [ma da cui non si esce con il dolore] [N.B. in prosa l'utilizzo delle parentesi è diverso dalla matematica: le quadre possono essere un sottoinsieme delle tonde; inoltre, generalmente è sconsigliabile l'uso delle graffe]).

Il mondo del gioco costruisce un altro mondo, non meno vero, ma con confini e regole un po' diverse, se non altro perché chi le segue può deciderle di volta in volta, ma non proprio a proprio piacimento, infatti nel gioco la cosa più importante è rispettare il gioco, non il mondo reale, ma il mondo del gioco stesso, altrimenti il gioco finisce più o meno malamente.


Dialoghetto sul gioco

Inizio il tentativo di dialoghetto con l'indicazione dei personaggi (copiati, quindi sempre a metà prezzo): un padre e una figlia, dell'età approssimativa di sei anni (la figlia, non il padre, è ovvio).

P: devi smettere di giocare, è tardi e devi andare a letto.
F: perché, io non sono stanca.
P: perché non puoi stare qui a giocare tutta la notte, sei una bambina e devi andare a dormire presto la sera.
F: io voglio continuare a giocare, poi non sono più così piccola.
P: ma sì che sei ancora piccola, non vedi quanto sono più alti di te i grandi?
F: uffa solo perché sono così bassa ve ne approfittate, ma non è colpa mia e poi io voglio continuare a giocare.
P: non puoi; è tardi.
F: Cosa è il gioco?
P: perché mi chiedi cosa è il gioco, vuoi stare qui ancora, vero?
F: sì voglio stare qui, non voglio andare a letto e poi voglio sapere cosa è il gioco, perché i bambini devono andare a letto quando i grandi continuano a giocare.
P: noi grandi non giochiamo.
F: come non giocate, tu giochi sempre con me.
P: sì gioco con te, ma non gioco quando dormi.
F: Non GIOCHI! Che triste, è così bello giocare.
P: sì è bello anche per me.
F: ma se è bello perché non continui a giocare, tu ora che rimani ancora sveglio?
P: perché non posso, perché i giochi sono per i bambini.
F: che triste, quando sarò grande non potrò più giocare, allora?
P: ma sì che potrai giocare, ma non come adesso.
F: non capisco.
P: il gioco è un modo per far divertire i bambini, ma non è la realtà della vita, che tu ancora non conosci.
F: sì il gioco è divertente, ma per me è serissimo.
P: come fa ad essere serio un gioco, tu sei una bambina.
F: un gioco è serio perché se non rispetti le regole finisci subito, come quando con i maschietti non si riesce mai a portare avanti un gioco assieme perché loro barano, o se stanno perdendo dicono che non è un gioco serio e se ne vanno. Ma non è vero che non è serio, ci sono le regole e il gioco è divertente proprio perché si seguono quelle regole.
P: ma tu a volte cambi le regole, tu per prima non le rispetti, tu tante volte ti arrabbi se stai perdendo.
F: sì è vero, ma io sono una bambina e mi posso anche arrabbiare se sto perdendo.
Poi fa parte del divertimento del gioco cambiare le regole: così ci si diverte di più, si fa diventare meno noioso il gioco.
P: ma se cambi le regole non stai più giocando a quel gioco.
F: sì sto giocando, magari a un gioco un po' diverso, ma sto sempre giocando. Questo è importante.
P: ho capito che per te il gioco è importante e serio quanto per me la vita reale, ma sta di fatto che la vita reale viene prima del gioco ed è più importante, un giorno lo capirai. E' per questo che ora devi andare a letto: nella vita reale ora è troppo tardi perché una bambina della tua età continui a restare sveglia.
F: sempre così voi grandi non sapete giocare, e quando state perdendo mandate noi piccoli a letto.
Ma il gioco è più importante, a me sembra che questa vita reale non sia altro che un gioco molto brutto e molto noioso in cui nessuno mai si diverte. E' per questo che voi grandi, quando siamo svegli noi piccoli, ci dite di voler giocare, ma poi non sapete stare alle regole...
P: forse sì, ma comunque ora è tardi e devi andare a dormire.


Penso che il dialogo abbia dei difetti, soprattutto nel fatto che alcune posizioni sono troppo comprensibili e probabilmente non attribuibili a una bambina di sei anni (per quanto a volte i bambini siano molto intelligenti), ma purtroppo io non ho il tempo per limarlo e migliorarlo...

Mercoledì, 1 marzo 2000





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