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Schema su Fichte

(1762-1814)









Il problema di Fichte e del suo idealismo etico è “come è possibile l’io quale autocoscienza”.
Pur partendo da Kant, egli ne vuole migliorare i risultati e ottenere un più coerente idealismo (già di tipo assoluto), dunque lo critica:
  1. a) la cosa in sé è un residuo dogmatico;
  2. b) Kant non si è adeguatamente posto il problema dell’essere stesso dell’Io, infatti l’io penso come autentica autocoscienza è intuizione intellettuale.

L’Autocoscienza è l’atto puro e libero con cui il soggetto pone sé a sé stesso (il primo principio: “l’Io pone se stesso”); è un conoscere ed è il fatto di coscienza da cui deriva tutto il resto.
Tuttavia non è un essere assoluto con in sé tutta la realtà, ma piuttosto un io generalissimo una soggettività pura che è atto e libertà. Tale punto di partenza vuole proprio ottenere una base solida e incondizionata (autofondante) per lo sviluppo della filosofia, una base che non sia dipendente dalla coscienza empirica o dall’esperienza che, come tale, è invece variabile e condizionata.
Al primo principio fa seguito, in modo necessario e implicito, il secondo: “all’io è opposto assolutamente un Non-io”. La ‘posizione’ di una realtà (l’Io) comporta anche quella di qualcosa di diverso e di opposto rispetto ad essa, e la richiede in maniera forte cioè non come semplice contesto bensì come effettivo principio.
Ma come può l’Io infinito essere limitato da un non-io a lui esterno? “All’interno dell’Io; l’Io oppone all’Io divisibile un non-io divisibile”: l’io divisibile è ciascun soggetto in ogni situazione sociale e ogni non-io divisibile è in primo luogo ciascun altro soggetto di fronte a lui (cioè io e non-io sono gli io individuali all’interno dell’Io assoluto, puro e primo).
L’unico non-io degno di contrapporsi all’io è un altro io e non tanto un oggetto immoto e morto (o un mondo di oggetti): ecco che l’intersoggettività è fondata a monte nel primo principio.
Questi sono i tre principi della “Dottrina della scienza” (1794), l’opera teoretica principale di Fichte in cui è comunque visibile la curvatura etica del suo idealismo e l’impronta morale data alla teoresi1.

Conosciamo per agire: questo è l’imperativo etico che segue la legge morale “agisci sempre secondo la migliore convinzione del tuo dovere” cioè agisci secondo la tua coscienza. L’infinito è l’ordine etico del mondo che ha il suo inizio in un atto libero, perciò l’Io produce la natura in modo pratico e libero (un fare autonomo, attivo, autofondato) e giunge ai rapporti con gli altri uomini (la società).

Nello scritto “Lo stato commerciale chiuso” (1800) Fichte prospetta uno stato sociale basato sul diritto al lavoro (attività) più che sulla proprietà; allora nazione è un insieme di individui uniti dal senso di una continuità spirituale (missione) e non tanto dalla legge e la vera sede del valore etico-politico è lo Stato (l’insieme) più che i singoli.


nota

1. Anche per Kant si può affermare sia più importante la Critica della Ragion pratica di quella della Ragion pura: l’esistenza di Dio, dell’anima e la sua libertà sono un punto fondamentale per la Ragione pura pratica che la Ragione teoretica deve e può solo usare e accettare.

Martedì, 30 settembre 2003

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