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Forme di colonialismo e aree geografiche interessate

statiaree geografichetipo di colonialismo periodi
Spagna latino-americana depredamento inizio sec. XVI
anche insediamento sec. XVII-XVIII
Portogallocoste Africa, alcune zone Asia, Brasile e Antille  di scali commerciali sec. XVI-XVII
Olanda spesso prendono il posto dei portoghesi di scali e piantagioni sec. XVII-XVIII
Inghilterra  nord America, Sud Africa, India, Australia... insediamento e commerci sec. XVII-XIX
Francia nord America, poi Indocina e nord Africa insediamento e commerci sec. XVIII-XIX
Germania alcune aree Africa (anche interno) imperialismo (pure GB-F) sec. XIX
Italia alcune aree Africa sbocco demografico sec. XIX-XX
USA sud America, Pacifico influenza pol.-econ./uso forza  sec. XIX-XX
Giappone estremo oriente imperialismo sec. XX
Dopo la I guerra mondiale e specie dopo la II si ha la decolonizzazione, ma anche il neocolonialismo.








Il colonialismo di depredamento è praticato con l’unico scopo di prelevare ricchezze (prevalentemente oro e argento): è la prima forma di colonialismo.
Quando però si inizia a sentire la necessità di ottenere anche prodotti agricoli o sfruttare le miniere, si attuano forme di insediamento e di trasferimento della popolazione. Infatti, da un punto di vista ‘giuridico’, tutte le terre del nuovo continente sono un possedimento diretto della corona spagnola che le gestisce tramite l’encomienda (XVI-XVII sec., anche se dopo il 1542 è trasformata nel repartimiento): un’istituzione di tipo feudale che affida ai conquistadores un territorio perché venga amministrato, colonizzato e evangelizzato grazie a pieni poteri su cose e persone e col solo obbligo, spesso disatteso, di versare al Re un quinto delle ricchezze che ne vengano ricavate.
L’effettivo controllo del territorio è solo teoricamente dipendente dalla corona, mentre è legato alle iniziative e agli interessi dei notabili locali, che riescono ad attuarlo anche per il crollo demografico delle civiltà precolombiane.

Il colonialismo di scali commerciali viene attuato per ottenere prodotti di valore (spesso dalle zone interne) e poi commercializzarli in Europa. Olandesi e portoghesi, non avendo nazioni demograficamente numerose, preferiscono non dare origine a flussi migratori; comunque ciò non significa che non vengano attuati controlli anche molto rigidi su alcuni territori mediante basi commerciali e militari.
I portoghesi realizzano il loro controllo coloniale fra il 1505 e il 1511, sostituendosi con la forza ai mercanti arabi verso le Indie ma, per lo sviluppo e la forza delle società orientali, essi si insediano solo in alcune enclave; mentre in Brasile sopperiscono alla scarsità demografica con la tratta negriera.
Gli olandesi, invece, realizzano nelle Molucche un colonialismo di piantagioni: il territorio viene controllato per insediare monocolture e un’economia schiavistica. Essi solo in Sud Africa coi boeri (contadini), in seguito anche alla fuga dall’Europa cattolica dei protestanti (e dopo il 1685 degli ugonotti), portano avanti un colonialismo di insediamento, poi sostituito dagli inglesi.

Il colonialismo di insediamento fa sorgere nelle aree coloniali delle intere comunità provenienti dall’Europa, riducendone così la pressione demografica. Questa forma di colonialismo può realizzarsi assieme a interessi commerciali o imperialistici.
Nel XVIII sec. gli inglesi assistono a un forte incremento demografico nelle colonie americane e si inizia lo sterminio degli indiani; mentre i francesi del Canadà o della Louisiana hanno concentrazioni demografiche inferiori.

L’imperialismo è una forma di colonialismo motivata, oltre che dalla necessità di ricevere materie prime, anche da quella di ottenere degli sbocchi commerciali per l’industria europea; quindi si attuano forme di controllo politico-territoriale sulle colonie.
Nel 1877, per iniziativa del governo conservatore di Disraeli, la Regina Vittoria diviene «Imperatrice delle Indie»: è l’avvio della spartizione del mondo concordata fra le potenze europee al Congresso di Berlino (1884-85) voluto da Bismarck anche per ragioni di prestigio.
L’imperialismo ha caratteri diversi a seconda delle condizioni storico-politiche e capitalistico-industriali delle nazioni europee: 1) quello inglese è il proseguimento di una secolare e planetaria esperienza coloniale e punta al controllo di aree strategiche (da Suez, a Città del Capo, a Singapore), alla conquista territoriale (Africa e India), all’espansione demografica (Australia e Sud Africa, cui lascia maggiore autonomia amministrativa); 2) quello francese attua forme di gestione diretta e autoritaria col suo sviluppo industriale di inizio ‘800 (come poi quello belga in Congo); 3) la Germania ha un grosso sviluppo industriale e conseguentemente coloniale solo a fine ‘800 e si orienta verso l’Africa centro-orientale (Camerun, Tanganica); 4) l’Italia attua una precisa politica imperialistica solo nel ‘900, ma non avendo ancora visto un forte sviluppo industriale continua a chiedere terre per uno sbocco demografico; 5) va ricordata anche la Russia che nel XIX-XX sec. realizza una politica, ormai millenaria, di controllo sui propri territori asiatici; 6) il Giappone, per il suo tardivo ma rapido sviluppo industriale, punta alla conquista di territori vicini.

Il neocolonialismo si basa sul controllo economico (e quindi anche politico) di quelle che ufficialmente sono ex-colonie (territori o nazioni resesi indipendenti con la decolonizzazione): per questo esso va tenuto distinto dall’«imperialismo informale» della «diplomazia del dollaro» statunitense che rappresenta una egemonia economica e militare (in alcuni casi viene usata la forza) sul continente americano.

Ampliato: Mercoledì, 26 dicembre 2001

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