Felice Peretti  -  Papa Sisto V°

(Grottammare 1520 - Roma 1590)  Papa dal 1585 al 1590

 

(detto ER PAPA TOSTO)

 

Felice Peretti, di umile origine, nacque il 13 dicembre 1521 a Grottammare (Ascoli  Piceno). In giovane età, a soli 12 anni,  entrò nell'Ordine dei Frati Minori conventuali (frati Francescani), nel convento di Montalto delle Marche (AP). La sua formazione avvenne nei collegi dell'Ordine, a Fermo, a Ferrara e a Bologna. Nel Settembre del 1544 conseguì, a Rimini, il titolo di Baccalaureus in teologia e quattro anni dopo, a Fermo, quello di dottore in teologia. Fu' ordinato sacerdote nel 1547 dopo aver studiato in diverse universita'. Il 17 Gennaio 1557 venne nominato inquisitore apostolico per Venezia e il suo dominio, nel 1560 ebbe l'incarico di teologo e consultore del Santo Uffizio a Roma. A lui venne affidata anche la riforma di numerosi conventi dell'Ordine.

 

Lettore di teologia all'Università di Roma, nel Settembre del 1561 fu nominato Procuratore generale dell'Ordine. Dal capitolo di Firenze del 1565 fu eletto anche Socius Cismontanus del Ministro generale. Come teologo partecipò alle discussioni della Congregazione per il Concilio di Trento. Promosso vescovo di Sant'Agata dei Goti, venne consacrato a Napoli nella chiesa di San Lorenzo Maggiore il 12 Gennaio 1567. Nel 1570 venne creato cardinale prete e il 9 Giugno di quell'anno ricevette il titolo di San Gerolamo degli Schiavoni. Il 24 Aprile 1585 fu eletto papa con il nome di Sisto V°  all'unanimità come successore di Gregorio XIII, grazie a un compromesso tra due fazioni rivali. Il suo pontificato fu contrassegnato da enormi spese per lavori pubblici a Roma, tra i quali la costruzione del palazzo Lateranense e del Quirinale. Nel 1586 portò il numero dei cardinali a settanta e nel 1588 fondò quindici congregazioni cardinalizie (dipartimenti) per amministrare gli affari secolari e spirituali della Santa Sede. Amministratore capace e severo, rafforzò il decreto del concilio di Trento contro la simonia e l'accumulazione dei benefici e delle cariche ecclesiastiche, varando egli stesso riforme e aumentando gli aiuti alle missioni d'oltremare.Riuscì infine a risanare le finanze papali, imponendo tasse e istituendo prestiti ad alto rendimento. Morì a Roma il 27 Agosto 1590 e fu sepolto in San Pietro. L'anno successivo, il suo corpo venne traslato nella tomba monumentale, posta nella cappella del presepio, in Santa Maria Maggiore a Roma.

 

 

Felice Peretti - PAPA SISTO V°

 

Dei molti papi che ebbero nelle proprie mani le sorti di Roma, Sisto V°  fu davvero un esponente particolare. Più di ogni altro, in soli cinque anni di regno, egli trasformò l'aspetto della città secondo gli schemi rinascimentali. Collocò quattro degli antichi obelischi nei luoghi dove sorgono tutt'ora, aprì strade lunghe e diritte attraverso i fatiscenti quartieri medioevali che ricoprivano gran parte della superficie urbana di Roma, restaurò ponti e realizzò nuove fontane, e soprattutto finanziò la costruzione di un importante acquedotto, che giungeva oltre tredici secoli dopo quello realizzato in epoca antico-romana sotto l'imperatore Settimio Severo. Anche le finanze cittadine conobbero un miglioramento, con la promulgazione di diverse leggi riguardanti il commercio; ad esempio, venne stabilito un nuovo sistema di misure per la vendita al dettaglio del vino, uno dei settori economici più importanti di Roma. Tuttavia ciò per cui Sisto V° viene ricordato maggiormente è la sua fermezza nell'amministrare la giustizia, fermezza che gli valse il soprannome di "er papa tosto" fra i cittadini di Roma.

 

 

PAPA SISTO V°



Una tale reputazione fece fiorire sul suo conto molte leggende. Eccone alcune.
A quei tempi il Colosseo era usato come covo dai molti banditi di Roma. Le guardie non erano mai riuscite a liberare la città da questo flagello, e i cittadini venivano depredati di giorno e di notte. Così una sera Sisto V° si travestì da eremita e, portando sotto al mantello una grossa fiasca di vino, si incamminò verso il Colosseo. Trovò i banditi, e chiese loro di lasciargli trascorrere la notte in quel luogo. Quelli stavano arrostendo della carne sul fuoco; così gli dissero di occuparsene lui, in cambio dell'ospitalità. Mentre girava lo spiedo, il papa continuava a borbottare "non può durare in eterno". Quindi, durante il pasto, tirò fuori la bottiglia, e ne offrì in abbondanza a ciascuno di costoro. Ma il vino era stato drogato, così uno dopo l'altro i banditi si addormentarono. Egli lasciò rapidamente il Colosseo, facendo un segnale alle guardie, che lo attendevano all'esterno. Il giorno dopo, i malviventi già pendevano dal capestro.


Questa storia diede vita ad un vecchio detto locale: non può durare in eterno, come diceva quello che girava lo spiedo. 
In un'altra circostanza, al papa era stato riferito del malcontento degli osti riguardo al nuovo sistema di misure per il vino che era stato recentemente introdotto. Ancora una volta sotto mentite spoglie, entrò in un'osteria, chiedendo una mezza foglietta (circa 1/4 di litro). Anziché berla, non visto, versò il vino in una fiasca che si era portato dietro. Ne ordinò un'altra, poi un'altra ancora, e continuò così per parecchie volte. Ad ogni ordine, l'oste doveva scendere in cantina a riempire la piccola misura con quella minima quantità di vino; ben presto questa seccatura cominciò ad infastidirlo, e prese a bestemmiare e a maledire il nuovo sistema e il papa che l'aveva voluto.
Il giorno seguente, quando l'oste andò ad aprire bottega, trovò che nottetempo era stato innalzato un patibolo proprio lì vicino. Pensando che un'esecuzione avrebbe richiamato pubblico, e quindi molti clienti per l'osteria, cominciò ad allestire i tavoli, ma le prime due persone a varcare la soglia furono il boia e il suo assistente. Pochi minuti dopo, l'oste era appeso al centro della piazza, come monito a rispettare le nuove disposizioni.

 

 

PAPA SISTO V°



Un giorno Sisto V° fece chiamare il boia. Gli ordinò di innalzare il patibolo in Piazza del Popolo, e il giorno successivo, appena la vicina Porta del Popolo fosse stata aperta, di impiccare la prima persona che fosse entrata in città. Il boia, pur stupito dal desiderio del papa, conoscendone l'indole ovviamente si affrettò ad obbedire alle sue direttive.
Il giorno dopo, all'alba, le guardie e il boia erano là in attesa, curiosi di conoscere lo sfortunato a cui sarebbe toccato subire una tale sorte. Non molto dopo, si vide un giovanotto che veniva in direzione della città; stava per passare, quando appena lì fuori si fermò per allacciarsi le scarpe. In questo lasso di tempo, un vecchio attraversò la porta, e le guardie immediatamente lo fermarono, annunciandogli che sarebbe stato giustiziato su due piedi. Il vecchio rimase di sasso; poi, inaspettatamente, levò le mani al cielo gridando: "Oh Dio onnipotente, quanto sei giusto!".  Confessò loro che, molti anni addietro, aveva ucciso tutti i membri della propria famiglia, che in seguito aveva ucciso altre persone, e che non era mai stato preso. Quindi il boia si sentì abbastanza sollevato nel mettere in pratica in quattro e quattr'otto il desiderio del papa. Come Sisto V° avesse fatto, nessuno seppe spiegarlo, ma diverse persone erano convinte che possedesse poteri sovrannaturali.

Tuttavia, la leggenda più celebre riguardante questo papa è proprio quella a proposito del suo scetticismo verso i miracoli.
Un giorno a Roma si sparse la notizia che in un fondo appena fuori città un'immagine lignea di Cristo aveva preso a trasudare sangue. Il luogo divenne presto meta di folle di persone, e di ciò il proprietario del terreno ne ricavava un ottimo introito. La notizia giunse alle orecchie del papa, così anch'egli si recò a prenderne visione. Dopo che l'immagine prodigiosa gli fu mostrata, Sisto V° si fece portare un'ascia, e profferendo le parole "come Cristo ti adoro; come legno ti spacco", mollò un violento fendente sulla statua, mandandola in pezzi. All'interno vi si trovò una spugna imbevuta di sangue animale, e una corda che, tirata, strizzava la spugna, e quindi faceva sanguinare la statua. Il proprietario del fondo fu portato a Roma, e giustiziato.
Anche da questa storia scaturì un proverbio locale: Papa Sisto non la perdonò neppure a Cristo!

 

 

INSEGNE DI PAPA SISTO V°

 
Parte del testo tratto dal sito  ROMA VIRTUALE