Felice Peretti, di umile
origine, nacque il 13
dicembre 1521 a
Grottammare (Ascoli Piceno). In
giovane età, a soli 12 anni, entrò nell'Ordine dei Frati Minori conventuali
(frati Francescani), nel
convento di Montalto delle Marche (AP). La sua formazione avvenne nei
collegi dell'Ordine, a Fermo, a Ferrara e a Bologna.
Nel Settembre
del 1544 conseguì, a Rimini, il titolo di Baccalaureus in teologia e
quattro anni dopo, a Fermo, quello di dottore in teologia. Fu'
ordinato sacerdote nel 1547 dopo aver studiato in diverse
universita'. Il 17
Gennaio 1557 venne nominato inquisitore apostolico per Venezia e il
suo dominio, nel 1560 ebbe l'incarico di teologo e consultore del
Santo Uffizio a Roma. A lui venne affidata anche la riforma di
numerosi conventi dell'Ordine.
Lettore di teologia all'Università di
Roma, nel Settembre del 1561 fu nominato Procuratore generale
dell'Ordine. Dal capitolo di Firenze del 1565 fu eletto anche Socius
Cismontanus del Ministro generale. Come teologo partecipò alle
discussioni della Congregazione per il Concilio di Trento. Promosso
vescovo di Sant'Agata dei Goti, venne consacrato a Napoli nella
chiesa di San Lorenzo Maggiore il 12 Gennaio 1567. Nel 1570 venne
creato cardinale prete e il 9 Giugno di quell'anno ricevette il
titolo di San Gerolamo degli Schiavoni. Il 24 Aprile 1585 fu eletto
papa con il nome di Sisto V°
all'unanimità come successore di Gregorio XIII, grazie a un
compromesso tra due fazioni rivali.
Il suo pontificato fu contrassegnato da enormi spese per lavori
pubblici a Roma, tra i quali la costruzione del palazzo Lateranense
e del Quirinale. Nel 1586 portò il numero dei cardinali a settanta e
nel 1588 fondò quindici congregazioni cardinalizie (dipartimenti)
per amministrare gli affari secolari e spirituali della Santa Sede.
Amministratore capace e severo, rafforzò il decreto del concilio di
Trento contro la simonia e l'accumulazione dei benefici e delle
cariche ecclesiastiche, varando egli stesso riforme e aumentando gli
aiuti alle missioni d'oltremare.Riuscì
infine a risanare le finanze papali, imponendo tasse e istituendo
prestiti ad alto rendimento.
Morì a Roma il 27 Agosto 1590 e fu
sepolto in San Pietro. L'anno successivo, il suo corpo venne
traslato nella tomba monumentale, posta nella cappella del presepio,
in Santa Maria Maggiore a Roma.
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Felice Peretti - PAPA SISTO V° |
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Dei molti papi che
ebbero nelle proprie mani le sorti di Roma, Sisto V° fu
davvero un esponente particolare. Più di ogni altro, in soli cinque
anni di regno, egli trasformò l'aspetto della città secondo gli
schemi rinascimentali.
Collocò quattro degli antichi obelischi nei luoghi dove sorgono
tutt'ora, aprì strade lunghe e diritte attraverso i fatiscenti
quartieri medioevali che ricoprivano gran parte della superficie
urbana di Roma, restaurò ponti e realizzò nuove fontane, e
soprattutto finanziò la costruzione di un importante acquedotto, che
giungeva oltre tredici secoli dopo quello realizzato in epoca
antico-romana sotto l'imperatore Settimio Severo.
Anche le finanze cittadine conobbero un miglioramento, con la
promulgazione di diverse leggi riguardanti il commercio; ad esempio,
venne stabilito un nuovo sistema di misure per la vendita al
dettaglio del vino, uno dei settori economici più importanti di
Roma. Tuttavia ciò per cui Sisto V° viene ricordato maggiormente è
la sua fermezza nell'amministrare la giustizia, fermezza che
gli valse il
soprannome di "er papa tosto" fra i cittadini di Roma.
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PAPA
SISTO V° |
Una tale reputazione fece fiorire sul suo conto molte leggende.
Eccone alcune.
A quei tempi il Colosseo era usato come covo dai molti
banditi di Roma. Le guardie non erano mai riuscite a liberare la
città da questo flagello, e i cittadini venivano depredati di giorno
e di notte.
Così una sera Sisto V° si travestì da eremita e, portando sotto al
mantello una grossa fiasca di vino, si incamminò verso il Colosseo.
Trovò i banditi, e chiese loro di lasciargli trascorrere la notte in
quel luogo. Quelli stavano arrostendo della carne sul fuoco; così
gli dissero di occuparsene lui, in cambio dell'ospitalità. Mentre
girava lo spiedo, il papa continuava a borbottare "non può durare in
eterno". Quindi, durante il pasto, tirò fuori la bottiglia, e ne
offrì in abbondanza a ciascuno di costoro. Ma il vino era stato
drogato, così uno dopo l'altro i banditi si addormentarono. Egli
lasciò rapidamente il Colosseo, facendo un segnale alle guardie, che
lo attendevano all'esterno. Il giorno dopo, i malviventi già
pendevano dal capestro.
Questa storia diede vita ad un vecchio detto locale: non può
durare in eterno, come diceva quello che girava lo spiedo.
In un'altra circostanza, al papa era stato riferito del
malcontento degli osti riguardo al nuovo sistema di misure per il
vino che era stato recentemente introdotto. Ancora una volta sotto
mentite spoglie, entrò in un'osteria, chiedendo una mezza foglietta
(circa 1/4 di litro). Anziché berla, non visto, versò il vino in una
fiasca che si era portato dietro. Ne ordinò un'altra, poi un'altra
ancora, e continuò così per parecchie volte. Ad ogni ordine, l'oste
doveva scendere in cantina a riempire la piccola misura con quella
minima quantità di vino; ben presto questa seccatura cominciò ad
infastidirlo, e prese a bestemmiare e a maledire il nuovo sistema e
il papa che l'aveva voluto.
Il giorno seguente, quando l'oste andò ad aprire bottega, trovò che
nottetempo era stato innalzato un patibolo proprio lì vicino.
Pensando che un'esecuzione avrebbe richiamato pubblico, e quindi
molti clienti per l'osteria, cominciò ad allestire i tavoli, ma le
prime due persone a varcare la soglia furono il boia e il suo
assistente. Pochi minuti dopo, l'oste era appeso al centro della
piazza, come monito a rispettare le nuove disposizioni.
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PAPA
SISTO V° |
Un giorno Sisto V° fece chiamare il boia. Gli ordinò di innalzare il
patibolo in Piazza del Popolo, e il giorno successivo, appena la
vicina Porta del Popolo fosse stata aperta, di impiccare la prima
persona che fosse entrata in città. Il boia, pur stupito dal
desiderio del papa, conoscendone l'indole ovviamente si affrettò ad
obbedire alle sue direttive.
Il giorno dopo,
all'alba, le guardie e il boia erano là in attesa, curiosi di
conoscere lo sfortunato a cui sarebbe toccato subire una tale sorte.
Non molto dopo, si vide un giovanotto che veniva in direzione della
città; stava per passare, quando appena lì fuori si fermò per
allacciarsi le scarpe. In questo lasso di tempo, un vecchio
attraversò la porta, e le guardie immediatamente lo fermarono,
annunciandogli che sarebbe stato giustiziato su due piedi. Il
vecchio rimase di sasso; poi, inaspettatamente, levò le mani al
cielo gridando: "Oh Dio onnipotente, quanto sei giusto!".
Confessò loro che, molti anni addietro, aveva ucciso tutti i
membri della propria famiglia, che in seguito aveva ucciso altre
persone, e che non era mai stato preso. Quindi il boia si sentì
abbastanza sollevato nel mettere in pratica in quattro e quattr'otto
il desiderio del papa. Come Sisto V° avesse fatto, nessuno seppe
spiegarlo, ma diverse persone erano convinte che possedesse poteri
sovrannaturali.
Tuttavia, la leggenda più celebre riguardante questo papa è proprio
quella a proposito del suo scetticismo verso i miracoli.
Un giorno a Roma
si sparse la notizia che in un fondo appena fuori città un'immagine
lignea di Cristo aveva preso a trasudare sangue. Il luogo divenne
presto meta di folle di persone, e di ciò il proprietario del
terreno ne ricavava un ottimo introito. La notizia giunse alle
orecchie del papa, così anch'egli si recò a prenderne visione. Dopo
che l'immagine prodigiosa gli fu mostrata, Sisto V° si fece portare
un'ascia, e profferendo le parole "come Cristo ti adoro; come legno
ti spacco", mollò un violento fendente sulla statua, mandandola in
pezzi. All'interno vi si trovò una spugna imbevuta di sangue
animale, e una corda che, tirata, strizzava la spugna, e quindi
faceva sanguinare la statua. Il proprietario del fondo fu portato a
Roma, e giustiziato.
Anche da questa storia scaturì un proverbio locale: Papa Sisto
non la perdonò neppure a Cristo!
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