INTRODUZIONE
È
con vivo piacere che diamo vita a questi due soggetti, per potere presentare e
dimostrare la verità biblica a loro riguardo. E vogliamo farlo così da
iniziare un vero cammino di fede in ubbidienza al Signore della gloria, che con
desiderio e amore la lasciò, per venire a dare la Sua vita in sacrificio per
l’intera umanità.
La
“Santa Cena”, è
il nome dato dall’Apostolo Paolo alla commemorazione istituita dal Signore, la
sera prima della crocifissione (1Cor11:20). È il ricordo dell’opera compiuta
dal Signore sulla croce. Si precisa che nella Bibbia non vi è nessun rito o
ordinamento che possa conferire una grazia particolare, ma come il battesimo, vi
sono solo simboli visibili di realtà interiori, invisibili e spirituali.
La
“Messa”,
è il rito fondamentale della liturgia cattolica che rinnova il sacrificio di
Cristo sulla croce. È la trasformazione miracolosa del pane e del vino nel
corpo e nel sangue di Gesù Cristo, che prende il nome difficile e complicato di
Transustanziazione. Entriamo subito nel vivo di questo argomento, raccontando il
dialogo che H. V. ebbe un giorno con un prete.
LA
TRANSUSTANZIAZIONE
Un
pomeriggio di qualche anno fa entrai nella Cattedrale Cattolica Romana di
Westminster a Londra; era in fase di restauro. Da qualche tempo ero tormentato
da un grave dubbio: mi era sorto un sospetto sul significato genuino e intimo
della messa e sull’importanza che essa ha nel culto cattolico romano.
Desideravo un maggiore approfondimento sulla dottrina della transustanziazione,
ossia la trasformazione miracolosa del pane e del vino nel corpo e nel sangue di
Gesù Cristo.
Quel
pomeriggio, trovandomi nella
cattedrale, osservai un sacerdote che pareva essere del luogo. Egli entrò nella
chiesa da una porta laterale e con passo lesto si avviò lungo la navata verso
il fondo dell’edificio. Intuii che forse era giunto per me il momento
opportuno per interrogano; così lo seguii subito. Questi oltrepassò l’enorme
blocco di granito, un monolito di circa venti tonnellate destinato per
l’altare maggiore, già collocato al suo posto, ma non ancora consacrato a
tale ufficio; salì alcuni gradini del palco retrostante, poi si voltò e rimase
a guardare la vasta navata che si stendeva davanti a lui e che senza dubbio, con
la sua immaginazione vedeva riempita, in un non lontano futuro, di popolo e di
sacerdoti che con gran pompa rendevano omaggio alla Eucaristia.
Mi
diressi in fretta verso di lui e in breve mi trovai al suo fianco. La prima
osservazione che gli feci fu in relazione all’immenso edificio che era stato
costruito, cosa che egli accolse con manifesta soddisfazione.
“É
quello”, chiesi indicando il colossale blocco di granito che ci
stava davanti, “è o sarà l’altare maggiore sul quale saranno dette le
messe?” - “Sì, è l’altare maggiore” rispose. Allora aggiunsi: “Mi
permette di farle una o due domande?” Egli acconsentì. Così dissi: “Credo
che la vostra chiesa insegni che dopo le parole di consacrazione pronunciate dal
sacerdote, la materia di cui è composta l’ostia subisce una totale
trasformazione e diventa in realtà il corpo ed il sangue del nostro Signore Gesù
Cristo. Ha luogo un miracolo invisibile, così che sotto le forme esteriori del
pane e del vino, Cristo stesso è presente sui vostri altari, non è vero?”
“Proprio così”, rispose. “Credete realmente e sinceramente” continuai,
“che lo stesso Cristo che visse sulla terra 2000 anni fa e morì sulla croce
del Calvario, è presente in persona sull’altare dopo che l’ostia ha subito
il processo di consacrazione, per mezzo di un sacerdote, e che il sacerdote
tiene veramente nelle mani Cristo stesso?” - “Sì”, rispose il prete,
mentre appoggiava una mano sulla mia spalla. “Noi lo tocchiamo così come ora
io tocco voi”. - “Volete dire” soggiunsi, “che Cristo è presente sotto
la forma dell’ostia, così come in realtà il mio braccio è sotto la manica
del mio cappotto?” “Sì”, rispose. “Ebbene” dissi, “non credo
questo, ma supponiamo per un momento che sia come voi affermate e che il dogma
della Transustanziazione sia vero, la domanda che desidero porvi era questa:
Quando avete il Signore Gesù Cristo sui vostri altari, e di fatto nelle vostre
mani, cosa ne fate di Lui? Dichiarate di farlo morire?” - “Sì” fu
la sua risposta. “Dichiarate d’ucciderlo, d’immolarlo, di far morire Gesù
Cristo sui vostri altari?” - Confesso che un brivido mi assalì mentre facevo
questa domanda e mi preparavo ad ascoltare la risposta. Ebbi l’impressione di
avergli tolto ogni difesa, o piuttosto direi che Roma non ha difesa su questo
punto vitale del suo sistema, altrimenti lui avrebbe potuto evadere alla mia
domanda. Avevo scosso i suoi sentimenti.
La
colossale cattedrale cattolica nella quale ci trovavamo, con le solenni
cerimonie del suo culto, non era forse stata fatta per il dogma della Messa? La
stessa parola ostia, dal latino hostia, non significa sacrificio, vittima
che è stata immolata? La parola “altare” è connessa con l’atto del
sacrificio; e quale altra vittima è offerta sugli altari cattolici, secondo il
dogma di Roma, se non Cristo? E non parla anche l’apostolo Paolo di coloro che
“crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono a infamia?” Lo
stesso apostolo dice che essi fanno questo per conto loro (Ebrei 6:6).
Essi parlano di “adorabile Sacramento dei nostri altari”. Proclamano al
mondo (per citare le loro parole): la nostra ferma fede nel mistero centrale
della nostra religione, il fatto che il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo,
vero Dio e vero Uomo, offre sempre sé stesso (ossia è offerto dai nostri
sacerdoti), come sacrificio sull’altare delle nostre chiese e dimora
incessantemente nei nostri tabernacoli”. Colui che morì una volta per sempre
per i peccati di tutto il mondo (Eb.10:10-12), è messo a morte ogni giorno,
come sostiene il dogma della Transustanziazione, nell’interesse di una setta,
e per il solo beneficio dei suoi aderenti, beneficio dal quale sono esclusi
tutti gli acattolici (cioè i sei settimi della razza umana), da come essi
insegnano. Buon per noi che 5. Pietro, colui che aprì il Regno dei cieli a
tutti gli uomini, e San Paolo, la cui missione era per “ogni creatura sotto il
cielo” (Col. 1:23), non predicarono mai un Evangelo così anticattolico,
settario ed esclusivo.
Il
sacerdote entrò in conversazione sotto l’impressione evidentemente che il mio
scopo fosse di discutere la questione della Transustanziazione, per cui ritornò
sull’ argomento. “Noi crediamo” proseguì: “che il sacrificio della
Messa è proprio lo stesso sacrificio che fu offerto sul Calvario; quello”,
indicando il grande blocco di pietra grigia fredda, “è il nostro Calvario”.
“E voi” dissi io, “insieme a tutti i sacerdoti della vostra chiesa, fate
morire Cristo là sopra?” - “Sì”, disse lui, ma questa volta vi era un
po’ di esitazione nella sua risposta. Avevo capito che la dottrina della Messa
conducesse a questa conclusione, ma sinceramente non ero preparato a sentirla
affermare così apertamente come aveva fatto lui. Replicando gli dissi:
“Ricordate chi furono quelli che crocifissero Cristo?” - “I Giudei”,
rispose. “E anche i Romani” aggiunsi. “Allora i sacerdoti della vostra
chiesa, che ripetono nella Messa lo stesso sacrificio del Calvario, sono i
successori degli ebrei e dei romani”. A questo punto sembrò perdere la sua
sicurezza e iniziò ad imbrogliarsi. “Oh”, disse lui, “i giudei erano gli
strumenti!” - “E voi” aggiunsi io, “voi chi siete?” - “Oh, ma noi
non lo facciamo morire in realtà, non abbiamo il Suo corpo glorificato, quello
è in Cielo; facciamo questo fin dove possiamo”. “Voi fate fin dove potete,
ma fareste di più se potreste farlo?” replicai. “È una figura”, disse
lui. “Ma allora, se è una figura non è una realtà; perché non dite questo
ai fedeli dicendo loro: “Buona gente, questa cerimonia della Messa è il n
ostro modo di rappresentare la morte di Gesù sulla croce?”. - “No, no”
esclamò lui, “è una realtà, noi crediamo che per la Transustanziazione,
Cristo è veramente sull’altare sotto la forma esteriore e visibile, o come
diciamo noi, in propria persona”.
Allora
gli dissi: “Se il miracolo della
Transustanziazione abbia luogo o no, non è questo ora il mio punto, so che il
vostro dogma asserisce che Cristo, secondo il catechismo del Concilio di Trento
è realmente là, carne, ossa, nervi e divinità, sotto forma di pane e vino,
elementi da cui sono scomparse le peculiari proprietà. Ripeto ancora una volta
che il mio punto è che quando voi avete Cristo così sul vostro Calvario, che
ne diviene di Lui? Cosa ne fate di Lui? Lo fate morire di nuovo?” - “Sì”,
rispose. “Allora, io affermo che secondo le vostre parole, i vostri sacerdoti
provano di essere i successori non degli apostoli, come essi pretendono, ma i
successori e i rappresentanti dei giudei e dei romani. - “Ma no”, ribatté
il prete, “è una figura!” - “Perdonatemi”, replicai “se dico che
siete un po’ confuso su questo soggetto, una cosa non può essere nello stesso
tempo una pura figura di una realtà e la realtà stessa. O si tratta del vero
sacrificio di Cristo che voi immolate sui vostri altari, o non vi è sacrificio
affatto. Se dichiarate di far morire Gesù nel sacrificio della Messa, voi lo
crocifiggete di nuovo e vi ritenete allora successori di coloro che San Pietro
stesso accusava di essere gli “uccisori del principe della vita” (At.
3:15) / e che S. Stefano stigmatizzò come i “Suoi traditori ed
uccisori”. “Ma” continuai “essendo Cristo risuscitato dai morti,
la morte non ha più potere su di Lui (Romani 6:9); perciò il vostro dogma
sulla ripetizione del sacrificio di Cristo nella Messa è falso”.
Il
sacerdote frattanto sembrava
molto a disagio e quando pronunciai le parole:
“La vostra posizione non può reggere, deve cadere, e Roma
con essa”, lui mi lasciò bruscamente e scomparve da una porta dietro la
tribuna.
Dopo
questa conversazione avvenuta nella
cattedrale cattolica romana di Londra, mi trovai un giorno in Vaticano, in una
delle sale conosciute sotto il nome di “Stanze” e osservavo un dipinto che
si dice sia uno degli affreschi più perfetti di Raffaello. Il soggetto è “La
Messa di Bolsena”. L’oggetto principale del quadro è un’ostia consacrata
dalla quale sprizza sangue. Da un lato si vede il sacerdote che l’aveva
consacrata, il quale non credeva alla miracolosa trasformazione che rendeva
l’ostia non più pane, ma Cristo Gesù in persona. Il miracolo, così dice la
tradizione, doveva convincerlo del fatto. Nell’altro lato del quadro c’è il
Papa Giulio 11, inginocchiato in adorazione e in atteggiamento di calma
compostezza. Completano il quadro le figure del cardinale Raffaello Riario,
donne e fanciulli. 11 depliant che avevo in mano raccontava così questa storia:
“11 miracolo di Bolsena, soggetto di un celebre affresco di Raffaello in
Vaticano, avvenne nel 1263. Un sacerdote boemo era piuttosto scettico circa la
dottrina della Transustanziazione, ma si convinse della sua verità in seguito
all’apparizione miracolosa di gocce di sangue sull’ostia che lui stesso
aveva appena consacrata”.
In
memoria di questo miracolo, il Papa
Urbano IV istituì la festa del Corpus Domini, Corpus Christi (corpo di
Cristo), che ebbe perciò origine direttamente da questo miracolo. La
manifestazione principale della festa, che fu istituita per rendere popolare il
miracolo, è “la processione dell’Eucaristia”, ossia la processione della vittima
dei sacerdoti.
Nel
1215 Roma decretò ufficialmente il dogma della Transustanziazione e cinquanta
anni più tardi, mentre questo dogma passava al di sopra del buon senso e
dell’intelligenza, ebbe luogo il miracolo che doveva dare al dogma la sua
sanzione e la sua consacrazione soprannaturale. Un’ostia composta di acqua e
farina, cotta in forno, diventa per consacrazione sacerdotale un Cristo
sanguinante, un sacrificio propiziatorio offerto a Dio per i vivi e per i morti.
La
Messa di Bolsena, l’affresco del
Vaticano, l’affermazione del sacerdote a Westminster, sono tre testimonianze
che si accordano in una sola. Così in ogni Messa cattolica, Cristo è
dichiaratamente messo a morte.
Sotto
questo aspetto è espressa
l’antitesi diretta della Santa Cena, che è la Festa del Vivente, mentre
invece la Messa è il sacrificio di un morto. L’altare cattolico è una tomba,
non metaforica ma nella realtà. Nessun altare può essere usato per la
consacrazione della Messa se non vi è stato celebrato un servizio funebre, con
tutti i riti della morte, e se non vi sia stata scavata una piccola tomba e non
vi siano state depositate le ossa di qualche santo, in mancanza dell’intero
corpo.
Ritornando
nella cattedrale di Westminster in un altro momento, trovai un operaio che stava
scolpendo una tomba sulla superficie del blocco di pietra che doveva servire per
l’altare, presso il quale ebbe luogo la conversazione che ho raccontata.
L’altare diviene la sede e il trono della morte. La tavola della Santa Cena
invece è per il vivente, mentre un altare cattolico è per il morto.
Ponendo
l’accento sull’altare cattolico, è possibile fare riferimento a due tipi di
altari neI mondo: il giudaico, che era quadrato (vedi Esodo 27:1; 30:2; 37:25;
38:1) e simboleggiava la perfetta umanità, mentre l’altro è l’altare
dalla forma oblunga (rettangolare), successore dell’altare pagano, che
racchiude o copre una spoglia corporea. I fiori, le candele, che decorano un
altare cattolico, il “corporale” che copre il calice, sono tutte cose
attinenti alla morte.
Ma
quale è allora veramente la morte
che ha luogo nella Messa cattolica? Rispondiamo subito che non è la morte di
Cristo, non la ripetizione del sacrificio che fu una volta per sempre offerto
sul Calvario, come insegna il suo dogma, e come asseriscono i suoi sacerdoti.
Cristo vive in eterno, Lui ha vinto la morte ed ha messo in luce la vita e
l’immortalità per mezzo dell’Evangelo. “Io sono il primo e l’ultimo,
e il Vivente. Ero morto, ma ecco sono vivo per i secoli dei
secoli” (Ap.1:17-18). Cosa è che viene immolato sull’altare cattolico?
Vi muore l’intelletto umano, ossia il buon senso e il discernimento dato da
Dio. Credere nella Messa, è lo stesso che smentire l’evidenza del buon senso
e colpire fatalmente i principi più elementari della ragione. La chiesa di Roma
amministra tre poteri tremendi della morte: la Mariolatria, il Confessionale, e
la Messa. La Mariolatria è la morte degli affetti, il confessionale la morte
della coscienza, la Messa è la morte della comprensione. Già prima della
Riforma furono mossi degli attacchi contro la Messa, più tardi contro la
Confessione e quindi contro la Mariolatria. Alcuni Riformatori videro la natura
insidiosa del dogma della Transustanziazione e la combatterono. Tu cosa
farai?
LA SCELTA
A tal proposito
vorrei inserire un commento particolare di C. S. Davie.
Caro amico, tu hai compreso senza dubbio,
quanto siano profonde le tenebre che ti circondano e quanto sia grave l’errore
di coloro che affermano di seguire gli insegnamenti di Cristo e non lo fanno.
Forse tu conoscevi poco o nulla di quanto leggerai in questo libretto; spero che
i tuoi occhi siano stati aperti e che tu abbia conosciuto la VERITÀ la quale,
secondo la Bibbia è: “che Cristo è morto UNA VOLTA per sempre, ed ORA VIVE
in cielo per non morire più”. Ecco quello che Dio dice nella Sua Santa
Parola: “Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che
viene 11 giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato OFFERTO UNA VOLTA SOLA
per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a
coloro che lo aspettano per la loro salvezza... In virtù di questa volontà noi
siamo stati santificati, mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo FATTA
UNA VOLTA... dopo aver offerto UN UNICO SACRIFICIO PER I PECCATI, E PER SEMPRE,
si è seduto alla destra di Dio” (Ebrei 9:27-28; 10:10,12). L’ERRORE
del dogma Cattolico Romano sta nel far morire ogni giorno sugli altari delle
proprie chiese, Gesù Cristo; quale cosa terribile! Per liberarti dal giudizio
che sopra di essa incombe, Dio dice: “Uscite da essa (Babilonia), o
popolo mio, affinché non siate complici dei suoi peccati e non siate coinvolti
nei suoi castighi” (Ap.18:4).
Ed in Deuteronomio 30:15,19 sta scritto: “...vedi
io metto oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male... Io prendo
oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che Io ti ho posto davanti
la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita,
affinché tu viva.
Cristo
è MORTO UNA VOLTA e quell’unico sacrificio è pienamente sufficiente per
salvarti per l’eternità. Il Suo sangue, SPARSO UNA VOLTA PER SEMPRE,
cancella, se tu credi, tutti i tuoi peccati.
CRISTO
VIVE PER SEMPRE ALLA DESTRA DI DIO, come dichiara l’apostolo Paolo in Romani
6:9 “Sapendo che Cristo, risuscitato dai morti NON MUORE PIÙ; LA
MORTE NON HA PIÙ POTERE SUDILUI.
Ed
ancora in Ebrei 7:24-25 leggiamo: “Egli (Cristo Gesù), poiché
rimane in eterno... può salvare perfettamente quelli che per mezzo di Lui si
avvicinano a Dio, dal momento che VIVE SEMPRE per intercedere per loro. Abbandona
dunque, i dogmi umani che ti portano all’eterna condanna; ed attieniti alla
Parola di Dio che sola può rigenerarti e darti la vita eterna.
“Credi
nel Signore Gesù; e sarai salvato tu e la tua famiglia” (Atti
16:31).
LA
SANTA CENA
Dopo
questo accorato avvertimento di C. 5. Davie per fare la scelta giusta che
porta alla salvezza e alla certezza della vita eterna, vorrei concludere questo
argomento importante con alcune considerazioni sulla “Santa Cena “.
Quando Gesù
istituì la celebrazione della “Santa Cena” con il pane e il vino,
cioè, il modo di come ricordare il sacrificio che compì in croce per noi e
al nostro posto, dopo aver detto la benedizione, rompendo il pane, disse
ai
suoi discepoli: “Prendete, mangiate, questo è il mio corpo” Poi preso un
calice rese grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti, perché questo è
il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono
dei peccati” (Mt. 26:26-28). I discepoli ne presero tutti senza sollevare
obiezioni, poiché
la
questione apparentemente cannibalistica come potrebbe apparire in un primo
momento, per le strane parole pronunziate da Gesù, era stata chiarita
precedentemente. Infatti ancora prima di questo momento Gesù aveva detto:
“Io
sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne, che darò per la vita
del mondo... se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il Suo
sangue, non avete vita in voi Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha
vita eterna; e io lo risusciterò nell‘ultimo giorno“.
All’udire queste parole, l’uditorio giustamente esclamò: “Come può
costui darci da mangiare la sua carne?” Perciò molti classificando questo
suo dire come un parlare duro si tirarono indietro e non andarono più con Lui.
Ma Gesù rassicurò i dodici (gli unici che rimasero, perché solo in Gesù
trovavano parole di vita eterna), con parole che anche un bambino può capire: “È
lo Spirito che vivifica, la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho
dette sono spirito e vita” (Gv6:48-69).
Gesù
in questo caso parlava spiritualmente, ma in un modo figurato. Quindi per avere
la vita eterna bisogna riceverlo, accettano nel cuore spiritualmente. È perciò
sicuro che non intendeva formare una tribù di cannibali. Certamente quando Gesù
dice “Io sono la porta” o “Io sono l’Alfa e
l’Omega” (Gv.10:9; Ap.1:8) o altro, non intende certamente dire che Egli
è una porta o delle lettere dell’alfabeto greco. Mangiare la Sua carne e bere
il Suo sangue significa quindi nutrirsi per fede della Sua persona, che è
l’equivalente di credere.
Riguardo
al vino Gesù disse: “Bevetene tutti “. Non si capisce come mai da
sempre solo il prete beve il vino e ai fedeli si dà solo l’ostia, storpiando
deliberatamente questo semplice comando di Gesù, anche se nel tempo recente, in
certi casi intingono l’ostia nel vino e poi la danno ai fedeli. Gesù compì
questo atto solo nei riguardi di Giuda, prima che lo tradisse: “E intinto
il boccone, lo prese e lo diede a Giuda figlio di Simone Iscariota. Allora dopo
il boccone, Satana entrò in lui” (Gv.13:26-27). In questo caso i preti
delegano i fedeli ad esercitare la stessa funzione di Giuda. Se si ubbidisse
alla Parola di Dio certi equivoci non salterebbero fuori. Gesù sempre
accoratamente avvisa: “Guardate che nessuno vi seduca (cioè, confonda
la mente, facendo credere ciò che è falso). Poiché molti verranno nel mio
nome, dicendo: “Io sono il Cristo “. E ne sedurranno molti” (Mt.
24:5). A questo proposito bisogna aprire una parentesi. Gesù mentre era
in preghiera col Padre, usò un’espressione piena di riverenza che si trova
una volta sola in tutte le Sante Scritture. Egli disse: “Padre Santo” (Gv.
17:11). Eppure un uomo divenendo papa, si fa chiamare “Santo Padre”, un
titolo che appartiene solo a Dio. Si dice che siede come Cristo nel Vaticano, e
che quando parla dal trono papale, parla lo Spirito Santo. In essenza gli
vengono attribuiti tutti i titoli della trinità. Papa Bonifacio VIII disse:
“Il pontefice romano giudica tutti gli uomini, ma non è giudicato da nessuno.
Noi dichiariamo, asseriamo, definiarno e pronunciamo: che l’essere soggetto al
pontefice romano è, per ogni creatura umana, necessario per la salvezza..,
quello che fu detto di Cristo: “Tu hai sottoposto ogni cosa sotto i suoi
piedi” (Eb.2:8), può benissimo riferirsi a me, io ho l’autorità del Re
dei re. Io sono tutto ed al di sopra di tutti, così che Dio stesso ed io, il
vicario di Dio, abbiamo un unico concistoro, ed io ho l’abilità di fare tutto
quello che Dio fa. Cosa potete, quindi, farne di me, se non Dio?” Anche papa
Leone XIII dichiarò di occupare in terra il posto del Dio Onnipotente.
All’attentato di Giovanni Paolo lI, fu scritto: “È come sparare a Dio”.
Non
è questo qualcosa che sa di presunzione? Un giorno l’anticristo alla sua
venuta, farà lo stesso, quando si siederà nel tempio di Dio, mostrando sé
stesso e proclamandosi Dio (2Ts. 2:3-4). Da secoli, si è avuta una successione
di papi i quali hanno dichiarato di venire nel nome ed al posto di Gesù,
seducendo molti.
Anche un semplice
sacerdote è definito “Alter Christus”, cioè, “un altro Cristo”, un
piccolo papa, nonostante Gesù avesse detto: “Non chiamate
nessuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro,
quello che è nei cieli” (Mt. 23:9). Certamente ognuno di noi ha il
proprio padre naturale, vi sono poi i padri che hanno contribuito
all’istituzione o alla formazione di qualcosa come
Abramo, chiamato il
padre della fede (Rm.4:12)
o
Lavoisier, il padre della chimica moderna, ma spiritualmente possiamo avere un
solo Padre, cioè Dio, poiché è l’unico che può generare spiritualmente
(Gc.1:17-18). Per quale motivo bisogna chiamare “padre” degli uomini
che non hanno figli? E perché chiamare questi religiosi “sua eccellenza,
eminenza o sua santità”, e chinandosi baciare il loro anello? Non ha forse
detto Gesù: “Ma voi non vi fate chiamare “Rabbi “, perché uno
solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli” (Mt.23:8)?
Tornando
alla nostra questione, secondo la dottrina romana, vengono attribuiti al
sacerdote dei poteri impressionanti: il far scendere Gesù Cristo dal cielo. Al
suo comando, benché Creatore del cielo e della terra, deve essere di nuovo
ucciso e dato in pasto a chiunque il sacerdote offre l’ostia. Quando il
sacerdote ripone l’Eucarestia (Gesù Cristo stesso) nell’ostensorio, i
fedeli si inginocchiano al loro Gesù, per adorano e baciarlo, per poi
ben richiuderlo nel tabernacolo. Negare questa dottrina significa essere
maledetti e condannati come eretici. Perché si continua a ripetere il
sacrificio della messa. Gesù non stava certo mentendo quando disse: È
compiuto
La Bibbia riguardo a
Gesù e del Suo sacrificio sul calvario dice:‘infatti Cristo non è entrato
in un luogo santissimo fatto da mano d’uomo... (tipo ostensorio, tabernacolo
ecc...) ma nel cielo stesso, per comparire ora alla presenza di Dio per noi; non
per offrire sé stesso più volte... In questo caso Egli avrebbe dovuto soffrire
più volte dalla creazione del mondo... ma ora, dopo aver offerto un unico
sacrificio per i peccati, e per sempre, si è seduto alla destra di Dio... In
virtù di questa “volontà” noi siamo stati santificati, mediante
l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre... Infatti con
‘unica offerta Egli ha (anche) reso perfetti per sempre quelli che sono
santificati” (Ebrei 9 e 10). La lettera agli Ebrei per dieci volte afferma
che il sacrificio espiatorio della croce è unico e non va ripetuto.
In
definitiva il pane e il vino, senza complicazioni religiose, indicano
semplicemente un rinnovo nella memoria, per come Gesù stesso ha enfatizzato: “...fate
questo in memoria di me” (Lc.22:19). È vero, sono due semplici elementi
nutritivi eppure nessun altro simbolo potrebbe parlare con più forza e
rappresentare più vivamente l’immane sacrificio di Gesù Cristo: il corpo
spezzato e il sangue sparso per i nostri peccati. Prendendo questi simboli si
ricorda quanto gli sono costati i nostri peccati, le sofferenze della croce, e
avvicinandosi alla Tavola del Signore come “peccatori perdonati” adorandoLo
con gratitudine, diciamo con il cuore e con sospiri ineffabili per lo Spirito
Santo: “Grazie Gesù che ci hai salvati! “, niente di meno e niente
di più. Tuttavia non ha senso prendere il pane ed il vino se non si è stati
realmente perdonati e salvati dalla morte, dall’inferno, da una vita senza
senso.
Quindi
quando Gesù istituì la celebrazione (celebrazione = ricordare con
riconoscenza) della “Santa Cena”, ossia prendere il pane e il vino in
ricordo del Suo sacrificio, alla fine disse: “Vi dico che da ora in poi non
berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con
voi nel regno del Padre mio” (Mt. 26:29). L’apostolo Paolo a riguardo
ancora dice: “Poiché ho ricevuto dal Signore qw4lo che vi ho anche
trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del
pane, e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse: “Questo è il mio corpo che
è dato per voi; fate questo in memoria di me “. Nello stesso modo,
dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è il nuovo
patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di
me.
Poiché
ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la
morte del Signore, finché Egli venga” (1Cor11:23-26).
Che meraviglia, con questi semplici simboli si annuncia al mondo l’amore
grande infinito di Dio che: “ha
tanto amato il mondo, che ha dato (a soffrire sulla croce) il Suo unico
figlio (Gesù) affinché chiunque crede in Lui non perisca (all’inferno) ma
abbia vita eterna. (Gv3:16).
E
si farà finché Egli verrà, e ci porterà con sé, nel Suo regno meraviglioso,
liberati finalmente dal fango terrestre, per gioire nel Suo regno eterno. Lì,
nel regno del Padre, berremo di nuovo insieme il frutto della vigna per come
Egli ha promesso. Alla Sua tavola, alla Sua mensa, uniti per sempre, vi sarà
una festa eterna, ci sarai tu? Te lo auguriamo, e che il Signore ti
benedica.
Un’ultima
breve considerazione sul passo biblico che segue, prima di concludere. “Ho
vivamente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi, prima di soffrire” (Luca.
22:15). Gesù disse queste parole quella stessa sera, prima di istituire la
“Santa Cena”. Quella sera vi fu il passaggio dalla vecchia pasqua,
consistente nel mangiare un agnello che riportava alla mente il fatto che il suo
sangue venne sparso sugli stipiti delle porte, preservando dalla morte tutti i
primogeniti del popolo d’Israele, mentre in assenza di esso tutti i
primogeniti degli egiziani morirono quando il Signore passò (Esodo 12). Segnava
anche la liberazione dalla schiavitù d’Egitto fino all’entrata nella terra
promessa. “Passaggio” quindi dalla vecchia alla nuova pasqua, dal Vecchio al
Nuovo Patto, dalla legge alla grazia, dalla morte alla vita e dalla terra al
cielo. Era finito il tempo della legge in cui i peccati venivano perdonati
tramite il sangue di un animale, sacrificato al posto del peccatore. In quel
modo il peccato veniva solamente coperto, ma già il giorno dopo, altri animali
puri, dovevano morire per dei peccati nuovi. Il sacrificio di Gesù invece è
totale, completo ed eterno, un sacrificio che non ha bisogno di essere ripetuto.
L’aspersione del sangue degli animali, il tabernacolo e tutti gli arredi del
culto del vecchio patto che Dio stipulò con Mosè, erano simboli che
raffiguravano le realtà celesti del nuovo patto (Eb9).
Nel
vecchio patto venivano consacrati tantissimi sacerdoti, perché la morte
impediva loro di durare, ma Gesù Cristo il gran Sommo Sacerdote delle anime
nostre, garante di un patto migliore, poiché Egli rimane in eterno, ha un
sacerdozio che non si trasmette. Perciò può salvare perfettamente tutti coloro
che per mezzo di Lui si avvicinano a Dio (Eh. 7:20-25).
Un’ultima
analisi sul brano citato di Luca 22:15: Gesù aveva il grande desiderio di
mangiare la pasqua con 12 uomini, dei quali uno Lo tradì, un altro Lo rinnegò,
mentre tutti gli altri andarono a nascondersi. Bisogna chiedersi: se Egli aveva
questo gran desiderio con 12 uomini simili, quale desiderio avrà nel fare la
stessa cosa con la Sua Sposa, la Sua Chiesa, che ha riscattata con il Suo sangue
prezioso!? Che posizione privilegiata hanno tutti coloro che gli appartengono. Fai
tu parte della Sposa, della Chiesa di Gesù?
Questo
grande desiderio portò Gesù alle sofferenze della croce per amore nostro.
Siamo realmente disposti a vivere e morire per Lui? Giovanni, l’apostolo
dell’amore, nella sua prima lettera al capitolo 3 versetto 16 dice: “Da questo
abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la Sua vita per noi; anche noi
dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli “.
Un
giorno ci sarà la raccolta di tutti
quelli che hanno amato Gesù, e lo hanno atteso con gioia, fede e certezza. Gesù
ha così espresso questo momento glorioso:
“E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno del cieli” (Mt. 8:11). Lì si festeggerà la nuova pasqua, quella eterna, alla tavola della gioia, alla Sua gloriosa presenza. E ripetiamo, ci sarai tu? Che così sia.