1.
Il cambiamento di atteggiamento della chiesa cattolica nei
confronti dell’ecumenismo
3. .L’unita’ della chiesa secondo la scrittura …………………..
4.
L’enciclica ut unum sint di Giovanni Paolo II
…….….....…
5. Il dialogo
cattolico/pentecostale A livello internazionale
... .
6. In Italia
……………………………………….……...….….
7. Il progetto ‘unità attraverso la diversità’ di Oscar.Culmann. .
8. Cose passate da non dimenticare. “Le persecuzioni contro i Valdesi, gli Ugonotti, gli
Anabattisti e i Pentecostali” …..
9. Le torture, le prigionie, e le sentenze capitali inflitte ‘nel nome di Dio’ dall’Inquisizione
10. L’astuzia
e la malvagità usate dai Gesuiti per ‘la maggior gloria di Dio’
11. Come stanno oggi le cose ……………………….
12.
Conclusione ……………………………………
L’ecumenismo |
IL CAMBIAMENTO DI ATTEGGIAMENTO DELLA CHIESA
CATTOLICA NEI CONFRONTI DELL’ECUMENISMO |
Nell’enciclica
Mortalium Animos (1928) di Pio XI (1922-1939) si legge: ‘Ma dove
sotto l’apparenza di bene si cela più facilmente l’inganno è quando
si tratta di promuovere l’unità tra tutti quanti i cristiani. Non forse
è giusto - si sente dire - anzi non è doveroso che quanti invocano il
nome di Cristo si astengano dalle recriminazioni mutue e si uniscano una
volta tanto con un poco di carità vicendevole? E chi può asseverare di
amare Cristo, se non fa il possibile per andare incontro ai desideri di
Lui, che pregava il Padre affinché i discepoli fossero ‘una cosa
sola’? (...) Lo stesso Gesù non volle forse che i Suoi discepoli
conservassero come una caratteristica e come un distintivo, l’amore tra
di loro? (...) Se tutti i cristiani - si aggiunge - divenissero un giorno
‘una cosa sola’, sarebbero così più forti a respingere la peste
dell’empietà, che, serpeggiando e diffondendosi ogni giorno più, si
apparecchia a indebolire l’Evangelo. Discorsi come i precedenti o simili
si fanno con grandi arie dai cosiddetti pancristiani; gente questa
più numerosa assai di quel che non si creda, se è vero che formano
gruppi speciali e società di larga diffusione, sotto la guida di persone
le quali, o la pensino in un modo o nell’altro, quello che è certo, per
lo più non sono cattoliche. L’impresa è condotta così attivamente,
che sta guadagnandosi per cento vie l’opinione pubblica; e tenta e
lusinga anche parecchi cattolici, coll’idea che l’unione da ottenere
non disdirà alla Santa Madre Chiesa e ai suoi desideri se si pensa che
non ha avuto mai cosa tanto a cuore quanto di richiamare e ricondurre nel
suo grembo gli sviati (...) i cattolici sappiano cosa pensare e come
regolarsi, davanti alle iniziative di riunire in una maniera qualunque e
in un solo corpo quanti si chiamano cristiani (...) Ciò posto, è
evidente che la Sede Apostolica non può in nessuna maniera prendere parte
ai loro congressi, e in nessuna maniera devono i cattolici aderire o
tenere mano a simili tentativi; altrimenti vengono a dar autorità a una
pretesa religione cristiana, che è lontana le mille miglia dalla sola
Chiesa di Cristo (...) E allora come si può pensare a una Confederazione
cristiana, i cui membri, anche in materia di fede, possono ritenere
ciascuno quel che gli pare e piace, quand’anche gli altri hanno idee e
sentimenti opposti? E in che maniera, se è lecito, posson fare parte di
una medesima confederazione di fedeli persone che la pensano diversamente?
persone, per esempio, che affermano essere la tradizione fonte genuina
della divina rivelazione, con persone che ciò negano? persone che credono
istituita da Dio la gerarchia con Vescovi, preti e ministri, e persone che
la dicono introdotta via via in diverse circostanze di tempo e di fatti?
persone che adorano Cristo presente realmente nella SS. Eucarestia in virtù
di quella mirabile conversione del pane e del vino che ha il nome di
transustanziazione, e che vi riconoscono la natura di sacrificio e di
Sacramento, e persone che non la ritengono che una memoria, un ricordo
della Cena del Signore? persone che ritengono buono ed utile invocare
devotamente i Santi che regnano con Cristo e prima di tutti Maria Madre di
Dio, e venerarne le immagini, e persone che sostengono non potersi
prestare questo culto, perché lesivo dell’onore di Gesù Cristo? (...)
Con una disuguaglianza tale di opinioni, non sappiamo come si possa tener
buona via verso l’unità della Chiesa, se questa unità non può nascere
che da unico magistero, unica legge del credere ed unica fede dei
cristiani (...) Cosicché, Venerabili Fratelli, sarà ora chiaro perché
la Sede Apostolica mai abbia permesso ai suoi fedeli d’intervenire ai
congressi degli acattolici: la riunione dei cristiani non si può favorire
in altro modo che favorendo il ritorno dei dissidenti all’unica vera
Chiesa di Cristo, dalla quale, precisamente, un giorno ebbero l’infelice
idea di staccarsi: a quella unica vera Chiesa di Cristo, diciamo, che è
visibile a tutti, e che tale, per volontà del suo Fondatore, resterà,
quale Egli stesso la fondò per la salvezza di tutti (...) Tornino dunque
i figli dissidenti alla Sede Apostolica (...) ma tornino (...) per darsi
al suo magistero e governo (...)’ (Tutte le encicliche dei sommi
pontefici, vol. 1, Milano 1979, pag. 803-811). |
Ecco come la
pensava il papato sull’ecumenismo settanta anni fa. In sostanza esso
riteneva difficile, anzi impossibile, un unione con coloro che negavano
gran parte dei dogmi essenziali della chiesa cattolica, e quindi riteneva
che ogni tentativo di mettersi assieme sarebbe stato vano e perciò i
Cattolici dovevano astenersi dal partecipare ad iniziative che non
potevano dare alcun risultato. Adesso però le cose sono notevolmente
cambiate, nel senso che ora è la chiesa cattolica stessa ad incoraggiare
iniziative ecumeniche per la riunificazione di tutti i Cristiani (questa
svolta si è verificata con il concilio Vaticano II che fu convocato da
Giovanni XXIII, 1958-1963, e poi proseguito da Paolo VI, 1963-1978).
Quindi essa non reputa più inutili i tentativi in vista della
unificazione delle chiese come allora faceva il suo capo Pio XI.
Unificazione poi che in sostanza consiste nel portare i cosiddetti
dissidenti nel suo grembo, sotto la guida del suo magistero, in altri
termini, in un ritorno all’’ovile’ di coloro che si sono allontanati
da esso (anche se oggi la si sente parlare raramente del grande ritorno
perché adesso parla non più di assorbimento delle chiese separate ma di
una loro unità con Roma nella diversità e nel rispetto delle
particolarità storiche, liturgiche e dottrinali di ciascuna chiesa).
Dinanzi a questo suo nuovo atteggiamento mi trovo dunque costretto,
fratelli, a parlarvi dell’ecumenismo da essa sbandierato (e purtroppo
anche da talune Chiese evangeliche) al fine di avvertirvi sui pericoli che
si nascondono dietro di esso e affinché sappiate come rispondere a coloro
che in finti sembianti e con parole dolci vengono a voi a proporvi questo
ecumenismo. |
Il decreto del concilio Vaticano II
sull’ecumenismo |
Propongo ora alla vostra attenzione alcuni passaggi del decreto su
l’ecumenismo del concilio Vaticano II datato 21 Novembre 1964, decreto
che per molti costituisce una svolta storica della chiesa romana perché
essa per mezzo di esso si è dichiarata aperta al dialogo con ‘le altre
chiese cristiane’ per ristabilire l’unità dei Cristiani abbandonando
così la sua posizione passata. Anche da parte nostra riconosciamo che una
svolta si è realmente verificata nell’ambito della chiesa cattolica
perché essa si è messa a dialogare con quelli che ella ora chiama ‘i
fratelli separati’; ma tutto qui, perché nella sostanza la chiesa
romana non ha affatto rotto con il passato ma è rimasta la stessa dei
secoli passati. Per questo siamo d’accordo con le seguenti parole del
cardinale Gabriel-Marie Garrone (che partecipò al concilio Vaticano II)
da lui dette nel 1985, secondo le quali quanto emerge dal Vaticano II
talora ‘non sottolinea in modo adeguato l’elemento di continuità con
il passato. Qualcuno vi potrebbe leggere addirittura un rifiuto delle
concezioni precedenti. Mentre non vi è nulla di più falso che leggere il
Concilio in chiave di rottura con il passato’ (Intervista a ‘30
giorni’, Marzo 1985, pag. 23) . Ma veniamo alle parole del decreto su
l’ecumenismo (Concilio Vaticano II, (1962-1965), Sess. V - 21 Novembre
1964). |
Ÿ
‘Il ristabilimento dell’unità da promuoversi fra tutti i cristiani è
uno dei principali intenti del sacro concilio ecumenico Vaticano secondo.
Da Cristo Signore la chiesa è stata fondata una e unica, eppure molte
comunioni cristiane propongono se stesse agli uomini come la vera eredità
di Gesù Cristo; tutti asseriscono di essere discepoli del Signore, ma la
pensano diversamente e camminano per vie diverse, come se Cristo stesso
fosse diviso. Tale divisione contraddice apertamente alla volontà di
Cristo, ed é di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della
predicazione del vangelo a ogni creatura. Il Signore dei secoli, che con
sapienza e pazienza persegue il disegno della sua grazia verso di noi
peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore
abbondanza nei cristiani tra loro separati l’interiore ravvedimento e il
desiderio dell’unione. Moltissimi uomini in ogni parte del mondo sono
stati toccati da questa grazia, e anche tra i nostri fratelli separati è
sorto, per impulso della grazia dello Spirito santo, un movimento ogni
giorno più ampio per il ristabilimento dell’unità di tutti i
cristiani. A questo movimento per l’unità, chiamato ecumenico,
partecipano quelli che invocano la Trinità e professano la fede in Gesù
signore e salvatore, e non solo singole persone separatamente ma anche
riunite in gruppi, nei quali hanno ascoltato il vangelo e che i singoli
dicono essere la chiesa loro e di Dio. Quasi tutti però, anche se in modo
diverso, aspirano alla chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente
universale e mandata a tutto il mondo, perché il mondo si converta al
vangelo e così si salvi per la gloria di Dio (ibid., Dal proemio
) (...) E il Figlio, prima di offrirsi vittima immacolata
sull’altare della croce, pregò il Padre per i credenti, dicendo:
"Perché tutti siano uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te,
anch’essi siano uno in noi, cosicché il mondo creda che tu mi hai
mandato" (Gv. 17:21), e istituì nella sua chiesa il mirabile
sacramento dell’eucarestia, dal quale l’unità della chiesa é
simboleggiata e prodotta (...) Per stabilire dovunque fino alla fine dei
secoli questa sua chiesa santa, Cristo affidò al collegio dei dodici la
funzione di insegnare, di reggere e di santificare. Tra di loro scelse
Pietro, sopra il quale, dopo la sua confessione di fede, decise di
edificare la sua chiesa; a lui promise le chiavi del regno dei cieli e,
dopo la sua professione di amore, affidò tutte le sue pecore perché le
confermasse nella fede e le pascesse nella perfetta unità, restando lo
stesso Cristo Gesù la somma pietra angolare e il pastore delle anime
nostre in eterno. Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del
Vangelo, dell’amministrazione dei sacramenti e del governo esercitato
nell’amore da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i
vescovi con a capo il successore di Pietro, sotto l’azione dello Spirito
santo, vuole che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione
nell’unità: nella confessione di una sola fede, nella comune
celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di
Dio (.....) In questa chiesa di Dio una e unica sono sorte fino dai
primissimi tempi alcune scissioni, che l’apostolo riprova con gravi
parole come degne di condanna; ma nei secoli posteriori sono nati dissensi
più ampi e comunità non piccole si sono staccate dalla piena comunione
della chiesa cattolica, talora non senza colpa di uomini d’entrambi le
parti. Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in
tali comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e
la chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore. Quelli
infatti che credono in Cristo e hanno ricevuto debitamente il battesimo
sono costituiti in una certa comunione, sebbene imperfetta, con la chiesa
cattolica. Non v’è dubbio che, per le divergenze che in vari modi
esistono tra loro e la chiesa cattolica, sia nel campo della dottrina e
talora anche della disciplina, sia circa la struttura della chiesa,
impedimenti non pochi, e talvolta proprio gravi, si oppongono alla piena
comunione ecclesiastica, al superamento dei quali tende appunto il
movimento ecumenico. Nondimeno, giustificati nel battesimo della fede,
sono incorporati a Cristo e perciò sono a ragione insigniti del nome di
cristiani e dai figli della chiesa cattolica sono giustamente riconosciuti
come fratelli nel Signore (....) Perciò le stesse chiese e comunità
separate, quantunque crediamo che abbiano delle carenze, nel mistero della
salvezza non sono affatto spoglie di significato e di peso. Poiché lo
Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di
salvezza, il cui valore deriva dalla stessa pienezza della grazia e della
verità che è stata affidata alla chiesa cattolica. Tuttavia i fratelli
da noi separati, sia presi singolarmente sia le loro comunità e chiese,
non godono di quella unità, che Gesù Cristo ha voluto elargire a tutti
quelli che ha rigenerato e vivificato insieme per un solo corpo e per una
vita nuova; unità che le sacre scritture e la veneranda tradizione della
chiesa apertamente dichiarano. Infatti, solo per mezzo della cattolica
chiesa di Cristo, che è lo strumento generale della salvezza, si può
ottenere tutta la pienezza dei mezzi di salvezza. In realtà al solo
collegio apostolico con a capo Pietro crediamo che il Signore ha affidato
tutti i beni della nuova alleanza, per costituire l’unico corpo di
Cristo sulla terra, al quale bisogna che siano pienamente incorporati
tutti quelli che già in qualche modo appartengono al popolo di Dio (...)
Per ‘movimento ecumenico’ si intendono le attività e le iniziative
che, a seconda delle varie necessità della chiesa e l’opportunità dei
tempi, sono suscitate e ordinate a promuovere l’unità dei cristiani,
come sono: in primo luogo, tutti gli sforzi per eliminare parole, giudizi
e opere che non rispecchiano con equità e verità la condizione dei
fratelli separati e perciò rendono più difficili le mutue relazioni con
essi; poi, nei congressi che si tengono con intento e spirito religioso
tra i cristiani di diverse chiese o comunità, il ‘dialogo’ avviato
tra esponenti debitamente preparati, nel quale ognuno espone più a fondo
la dottrina della propria comunità e ne presenta con chiarezza le
caratteristiche. Infatti con questo dialogo tutti acquistano una
conoscenza più vera e una più giusta stima della dottrina e della vita
di entrambe le comunioni, e inoltre quelle comunioni conseguono una più
ampia collaborazione in qualsiasi servizio richiesto da ogni coscienza
cristiana per il bene comune e, nel modo come è permesso, si radunano per
pregare insieme (...) I fedeli cattolici nell’azione ecumenica devono
senza dubbio essere solleciti dei fratelli separati, pregando per loro,
comunicando a loro le cose della chiesa, facendo i primi passi verso di
loro. Ma innanzi tutto devono essi stessi con sincerità e diligenza
considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa famiglia
cattolica, affinché la sua vita renda una testimonianza più fedele e più
chiara della dottrina e delle istituzioni tramandate da Cristo per mezzo
degli apostoli. Benché infatti la chiesa cattolica sia stata arricchita
da Dio di tutta la verità rivelata e di tutti i mezzi della grazia,
tuttavia i suoi membri non se ne servono per vivere con tutto il dovuto
fervore, per cui il volto della chiesa meno rifulge davanti ai fratelli da
noi separati e al mondo intero e la crescita del regno di Dio ne è
ritardata. Perciò tutti i cattolici devono tendere alla perfezione
cristiana e sforzarsi, ognuno secondo la sua condizione, perché la
chiesa, portando nel suo corpo l’umiltà e la mortificazione di Cristo,
vada di giorno in giorno purificandosi e rinnovandosi, fino a che Cristo
se la faccia comparire innanzi risplendente di gloria, senza macchia né
ruga (ibid., cap. 1). (...) Ecumenismo vero non c’è senza
interiore conversione; poiché il desiderio dell’unità nasce e matura
dal rinnovamento della mente, dall’abnegazione di se stessi e dalla
liberissima effusione della carità (...) In alcune speciali circostanze,
come sono le preghiere che vengono indette ‘per l’unità’, e nei
congressi ecumenici è lecito, anzi desiderabile che i cattolici si
associno nella preghiera con i fratelli separati. Queste preghiere in
comune sono senza dubbio un mezzo molto efficace per impetrare la grazia
dell’unità, sono una genuina manifestazione dei vincoli, con i quali i
cattolici sono ancora uniti con i fratelli separati (....) I cattolici
debitamente preparati devono acquistare una migliore conoscenza della
dottrina e della storia, della vita spirituale e liturgica, della
psicologia religiosa e della cultura, propria dei fratelli. A questo scopo
molto giovano i congressi, con la partecipazione di entrambe le parti, per
discutere specialmente su questioni teologiche, dove ognuno tratti da pari
a pari, purché quelli che vi partecipano sotto la vigilanza dei vescovi
siano veramente competenti (.....) Inoltre nel dialogo ecumenico i teologi
cattolici, restando fedeli alla dottrina della chiesa, nell’investigare
con i fratelli separati i divini misteri devono procedere con amore della
verità, con carità e umiltà. Nel mettere a confronto le dottrine si
ricordino che esiste un ordine o ‘gerarchia’ nelle verità della
dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della
fede cristiana. Così si preparerà la via, nella quale, per mezzo di
questa fraterna emulazione, tutti saranno spinti verso una più profonda
conoscenza e una più chiara manifestazione delle insondabili ricchezze di
Cristo (ibid., cap. 2). (...) Le comunità ecclesiali da noi
separate, quantunque manchi la loro piena unità con noi derivante dal
battesimo e quantunque crediamo che esse, specialmente per la mancanza del
sacramento dell’ordine, non hanno conservata la genuina e integra
sostanza del mistero eucaristico, tuttavia, mentre nella santa cena fanno
memoria della morte e della risurrezione del signore, professano che nella
comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta
gloriosa. Bisogna quindi che la dottrina circa la cena del Signore, gli
altri sacramenti, il culto e i ministeri della chiesa costituiscano
l’oggetto del dialogo’ (ibid., cap. 3). |
Come potete
vedere noi ci troviamo davanti ad un documento dove l’errore è
mescolato abilmente alla verità; e dove le menzogne, la falsità e le
ipocrisie sono presentate con dolcezza e lusinghe dalla curia romana.
Notate come nelle suddette parole venga ribadito che la chiesa cattolica
romana è la Chiesa costituita da Cristo perché possiede il successore di
Pietro e i successori degli apostoli, cioè i vescovi; e poi anche perché
possiede tutti i mezzi della grazia, cioè i sacramenti tramite cui viene
conferita la grazia agli uomini, e che l’unità dei Cristiani passa
obbligatoriamente per essa. Questo basta per capire che in effetti la
chiesa cattolica romana è la stessa di secoli fa, perché - anche se
talvolta in maniera un pò diversa di quanto faceva un tempo - continua a
ritenere di essere il punto di riferimento per tutti i Cristiani, e che
quindi in realtà essa non è per nulla a favore dell’ecumenismo vero,
ma è solo intenta a procacciare il suo dominio temporale e ad imporre la
sua volontà agli altri. Lei è la madre delle chiese, tutte le altre sono
sue figlie e perciò quest’ultime si devono riconciliare con essa e
tornare a farsi allattare da lei perché questa, secondo loro, è la
volontà di Dio! E questa riconciliazione - naturalmente - può avvenire
solo riconoscendo l’autorità papale, il magistero cattolico, i suoi
sacramenti, e tutta la sua tradizione; questo è in sostanza il messaggio
di fondo che porta avanti la chiesa cattolica romana in questo sforzo
ecumenico, dal 1964 in poi. Alcuni Evangelici però ritengono che la
chiesa cattolica romana si sia aperta con questo decreto
sull’ecumenismo; ma noi diciamo; ‘Ma che cosa ha aperto? Di certo i
Cattolici non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere
salvati; ma hanno aperto una fossa ben profonda e ben camuffata nella
quale fare cadere i semplici; ecco che cosa hanno aperto i Cattolici
davanti a noi. |
Ora, ho già
confutato in precedenza le affermazioni fatte da parte cattolica secondo
le quali il papa è successore di Pietro, e la chiesa romana lo strumento
di salvezza per il genere umano; perciò qui mi limiterò a fare delle
considerazioni alla luce delle Scritture sull’unità di cui parla la
Scrittura; ritengo doveroso farle, sapendo che il Vaticano sta
intensificando i suoi sforzi per instaurare un dialogo sempre più
‘fruttuoso’ con molti credenti, che ha come fine quello di farli
scadere dalla grazia, farli sviare dalla verità, e corromperli. In verità
bisogna dire che il diavolo sta tentando più che mai in questi ultimi
termini dei tempi di fare apostatare i credenti dalla fede, e noi
riconosciamo che uno dei mezzi di cui si sta usando per compiere ciò è
appunto questo ecumenismo così come lo intende la chiesa romana e
purtroppo anche alcune Chiese evangeliche che si sono lasciate sedurre
dalle sue lusinghe. Quello a cui noi assistiamo é questo, e cioè che
mentre quando ci fu la Riforma protestante la chiesa romana infuriata
oltremodo nel constatare che tanti suoi membri uscivano da essa perché
persuasi che le cose che essa insegnava e praticava erano contrarie
all’insegnamento di Cristo e degli apostoli, cercò con la sua brutale
forza (l’Inquisizione) di fare rientrare nel suo mezzo quelli che essa
aveva perduto, oggi essa ha cambiato tattica. Essa ha smesso di usare la
spada materiale - ossia l’Inquisizione - contro i figliuoli di Dio ed ha
imbracciato la spada dello Spirito, cioè la Parola di Dio ma sempre col
fine di farci cadere nel peccato. Non c’é da meravigliarci del fatto
che essa cerca di farci entrare a fare parte di essa (ripeto che questo è
il suo pensiero e scopo finale, anche se il suo parlare talvolta può non
essere così esplicito su questo punto) servendosi proprio della Parola di
Dio (che essa detesta perché nei fatti l’ha annullata svuotandola della
sua efficacia). Perché? Perché anche Satana, il tentatore, quando tentò
Gesù per farlo peccare si usò della Parola di Dio. E chi può dire che
il Diavolo ami la Parola di Dio? Sta di fatto però che ne fece uso, ma al
solo fine di indurre Gesù Cristo a disubbidire al Padre suo! Ma noi non
ignoriamo le macchinazioni di Satana ordite contro la Chiesa dell’Iddio
vivente, colonna e base della verità, per questo rispondiamo ai
Cattolici, che ci sbandierano i passi della Scrittura concernenti l’unità
della Chiesa, nella stessa maniera in cui fece Gesù nei confronti del
diavolo; noi diciamo loro: "Egli è altresì scritto..." (Matt.
4:7). Ora, essi dicono che è scritto che Gesù Cristo, il Signore pregò
per l’unità della Chiesa, e questo è vero; ma è altresì scritto che
Gesù ha detto: "Perché mi chiamate Signore, Signore, e non fate
quel che dico?" (Luca 6:46). Quindi, perché essi chiamano Gesù,
Signore, capo della Chiesa, ma rifiutano di piegare il collo sotto di lui
ma lo tengono ben rigido? Con la bocca riconoscono la Signoria di Cristo
ma con le loro opere rinnegano le loro parole perché mostrano di non
avere nessuna intenzione di rinunciare a tutte le loro eresie di cui si
vantano pure di essere custodi. Come dice il profeta Ezechiele essi
ascoltano le parole di Dio ma non le mettono in pratica perché con la
bocca fanno mostra di molto amore, ma il loro cuore va dietro alla
cupidigia (cfr. Ez. 33:31-33), il loro cuore va dietro agli idoli. |
Essi devono
innanzi tutto riconoscersi dei peccatori e non più i membri della Chiesa
di Dio; devono poi implorare la misericordia di Dio affinché Egli abbia
pietà di loro; e poi devono fare dei frutti degni del ravvedimento i
quali sono ancora del tutto assenti in loro. Ora, noi sappiamo che quando
un Cattolico romano si ravvede e crede nel Vangelo smette subito di
adorare e pregare Maria, smette di pregare Paolo, Pietro, Giovanni, Luigi,
Giuseppe ecc., e gli angeli; egli smette di partecipare alla messa, smette
di tenersi appesi addosso ed in casa crocifissi, immagini ed idoli di
qualsiasi tipo e grandezza, smette di andare in pellegrinaggio a qualsiasi
santuario, smette di chiamare il papa ‘padre santo’, e di considerarlo
il capo della Chiesa sulla terra, smette di partecipare alle funzioni
religiose di ogni tipo e genere tenute nei luoghi di culto della chiesa
cattolica romana, smette in sostanza di osservare la tradizione cattolica
romana e di credere in tutte le sue eresie. E tutto ciò avviene in lui
perché Cristo viene a dimorare in lui e gli rinnova la mente. Egli
comincia a stimare la Parola di Dio come la sola guida della sua vita
mettendo al bando ogni tradizione di uomini che si oppone ad essa; per lui
la Parola di Dio non è più un libro qualsiasi o un libro che deve essere
messo allo stesso livello dei decreti conciliari del Vaticano o della
secolare tradizione della chiesa romana; e per questo comincia ad amarla
ed a rispettarla come mai aveva fatto prima. Questo è quello che è
successo in tutti i nostri fratelli che hanno trovato il Signore e sono
usciti dal seno di questa organizzazione religiosa; quindi noi siamo
persuasi che questi Cattolici romani che ancora non hanno smesso e non
hanno nessuna intenzione di smettere di professare la religione cattolica
romana - perché di fatto ci vogliono rimanere attaccati a tutti i costi
-, benché parlino della signoria di Cristo e della sua preghiera per
l’unità dei credenti, ancora non si sono ravveduti e non hanno creduto
nel nome di Cristo Gesù, e di conseguenza ancora non fanno parte del
corpo di Cristo e con essi non possiamo avere comunione di spirito. Sia
ben chiaro quindi: fino a quando il papa dei Cattolici romani e i suoi
vescovi e tutti i loro seguaci si mostreranno sordi alla voce del Signore
nostro Gesù Cristo rifiutando di convertirsi dai loro idoli al Signore e
rifiutando di riconoscere nella sola Scrittura la sola ed unica regola di
fede mettendo al bando la loro perversa tradizione secolare non ci potrà
essere nessuna comunione tra di noi e loro, come non ci può essere
comunione tra uno che adora Dio e uno che adora Satana. ‘Ma proprio
nessuna?’ qualcuno dirà. Sì, proprio nessuna. Siete certi? Sì, siamo
certi. Voi ci direte allora: ‘Ma perché non smettete di essere così
rigidi e diventate più flessibili e più ragionevoli? Non lo vedete che
questa vostra presa di posizione impedisce la comunione con i Cattolici?
Ma non lo vedete che questo vostro modo di parlare impedisce una qualsiasi
forma di dialogo con loro? Perché non riconoscete anche voi nella chiesa
cattolica romana una chiesa consorella che è pure essa nella verità
quantunque permangono in essa delle tradizioni umane? Perché dunque non
riconoscete anche voi i suoi sacramenti e l’autorità del papa nella
Chiesa?’ No; noi non scenderemo a nessun compromesso, non acconsentiremo
a mettere da parte nessuna parte del consiglio di Dio perché amiamo la
verità che ci ha reso liberi, ma con fermezza e con forza ribadiremo loro
sino alla fine tutto il consiglio di Dio affinché i Cattolici romani
tornino a noi. Essi torneranno a noi, ma noi non torneremo a loro, perché
sappiamo che essi tutti giacciono nelle tenebre e in un pantano fangoso
fatto di precetti d’uomini che voltano le spalle alla verità. A loro
che ci accusano di non osservare la loro tradizione diremo ancora quello
che Gesù disse ai Farisei: "E voi, perché trasgredite il
comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?" (Matt. 15:3).
Ma allora - ci diranno alcuni - non vi importa nulla dell’ecumenismo che
vuole la chiesa cattolica romana? No, della loro amicizia non ci importa
nulla, della loro cosiddetta comunione neppure, di dialogare con i sordi
neppure, perché sappiamo bene che per ottenere queste cose bisogna
accondiscendere in qualche cosa ad essa, bisogna attenersi alle sue
direttive! E quali direttive? Evitare la polemica, evitare i giudizi
contro le loro false dottrine che possono compromettere il dialogo,
stimarli fratelli e non nemici della verità, e così via. Con questo
vogliamo dire che noi facciamo benissimo a meno dell’amicizia e
dell’apparente e falsa comunione che ci offrono i Cattolici romani, ma
non possiamo fare a meno né di fare dimorare in noi la verità che è in
Cristo Gesù perché da essa dipende il bene della nostra anima in questo
nostro pellegrinaggio terreno e la sua salvezza eterna, e né dal
combattere in sua difesa come hanno fatto gli apostoli prima di noi perché
questo nostro combattimento è utile alla salvezza delle anime e
all’edificazione della Chiesa. Dichiarateci pure fanatici, dichiarateci
pure settari; ricordatevi però che quelli che in questa nazione ci hanno
preceduto per farci pervenire il messaggio della salvezza per grazia
mediante la fede hanno dovuto soffrire molte cose proprio dai Cattolici
romani; sì proprio da loro che dicono di essere Cristiani. E che se loro
fossero scesi a qualche compromesso con la curia romana ci avrebbero
annunziato non il vero Vangelo che si fonda sulla grazia di Dio, ma quello
sovvertito dalla curia romana fondato sulle opere meritorie che non può
recare nessuna salvezza a chi lo accetta. Svegliatevi dunque! |
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L’UNITA’ DELLA CHIESA SECONDO LA SCRITTURA |
Vediamo ora
alcune Scritture che ci mostrano cosa intende Dio per unità. Ma prima di
fare ciò, vi ricordo che l’unità di cui parlò Gesù ed anche gli
apostoli si riferisce ad una unità nell’ambito della fratellanza, e non
di una unità che i credenti devono procacciare con coloro che ancora non
sono nati di nuovo. Dico questo per farvi comprendere che è impossibile
procacciare unità con i Cattolici romani o parlare di unità con loro
perché loro ancora si devono ravvedere e credere nel Vangelo come invece
abbiamo già fatto noi. Il fatto é però che se fossero i Buddisti o gli
Induisti a chiamarsi Cristiani e a cercare di unirsi a noi o di farci
unire a loro, subito molti risponderebbero che non si può dialogare con
loro in alcun modo fino a che non si saranno convertiti dagli idoli
all’Iddio vivente, ma siccome che questa cosiddetta unità e questo
cosiddetto dialogo fraterno con noi li cercano i Cattolici romani che si
dicono Cristiani perché parlano anche loro di Gesù, dicono di credere in
Gesù, nella sua divinità, nella sua morte e nella sua risurrezione, (ma
nei fatti rinnegano il Vangelo perché sono dati all’idolatria e schiavi
del peccato nella stessa maniera di tanti altri pagani), allora pare che
molti fra noi abbiano perso il discernimento perché hanno cominciato a
chiamare fratelli gli idolatri e i peccatori. Ora, fino a quando sono i
Cattolici romani a chiamarci fratelli separati è comprensibile perché
sono ciechi e pensano di essere la unica e vera famiglia di Dio
illudendosi, ma quando sono alcuni di fra noi che cominciano a chiamarli
fratelli allora la cosa é molto preoccupante perché è segno che alcuni
non sanno neppure cosa si intende con il termine fratello. Gesù un giorno
disse: "Mia madre e miei fratelli son quelli che ascoltano la parola
di Dio e la mettono in pratica" (Luca 8:21); quindi non si possono
chiamare fratelli di Gesù persone che non si sono ravvedute ancora dai
loro peccati, che non hanno creduto nel Vangelo e rifiutano di osservare i
comandamenti di Cristo. E dato che non sono ancora fratelli di Gesù
Cristo, non sono neppure nostri fratelli perché non facenti parte della
famiglia di Dio. Ma ditemi? Come facciamo a chiamare fratelli i Cattolici
romani quando essi nei fatti antepongono la loro tradizione alla Parola di
Dio, calpestando la Parola di Dio in ogni maniera? Come facciamo a
chiamare fratelli persone che dicono di credere ma nello stesso tempo
dicono di non avere la vita eterna? Non ha forse detto Gesù: "Chi
crede ha vita eterna" (Giov. 6:48)? Allora come mai essi affermano di
non possedere la vita eterna come invece l’affermiamo noi per la grazia
di Dio? La ragione è perché essi non hanno ancora creduto nel Vangelo!
Hanno sentito parlare del Vangelo, alcuni di loro lo insegnano pure, ma
sta di fatto che ancora non ci hanno creduto. Come mai siamo accusati da
loro di essere dei presuntuosi perché diciamo di avere la vita eterna e
che il Signore ci ha salvati e che quando moriremo andremo a vivere con
Gesù Cristo nel paradiso di Dio? La ragione é sempre la stessa: essi
ancora non hanno né gustato e né visto la bontà di Dio come invece
l’abbiamo vista e gustata noi per la grazia di Dio. (Sia ben chiaro però
anche questo: non si possono chiamare fratelli neppure tutti quegli
Evangelici che frequentano il locale di culto ma non sono ancora nati di
nuovo). |
Basterebbe
questo discorso sin qui fatto per giungere alla conclusione che è
totalmente sbagliato chiamare fratelli quelli che ancora sono schiavi del
peccato e che non se ne parla neppure di procacciare l’unità con loro
che sono nell’errore, ma voglio proseguire in questo esame scritturale
sull’unità tra i credenti di cui parla la Parola affinché nessuno vi
tragga in errore. Citerò a riguardo alcuni passi che sono sovente citati
dai teologi papisti quando parlano di unità tra i Cristiani. |
Ÿ
Gesù nella notte in cui fu tradito disse al Padre: "Io non prego
soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della
loro parola: che siano tutti uno; che come tu, o Padre, sei in me, ed io
sono in te, anch’essi siano in noi; affinché il mondo creda che tu mi
hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché
siano uno come noi siamo uno; io in loro, e tu in me; acciocché siano
perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu m’hai
mandato, e che li ami come hai amato me" (Giov. 17:20-23). Innanzi
tutto Gesù pregò per dei futuri credenti, ed in particolare per coloro
che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola predicata dai suoi
apostoli; quindi questa unità che lui chiese al Padre la chiese per dei
figliuoli di Dio. Egli non pregò affinché i credenti e gli increduli
fossero uniti cioè affinché andassero d’accordo perché questo è
impossibile che avvenga dato che non c’é comunione alcuna tra la luce e
le tenebre. Questo è quello che ancora alcuni tra di noi non hanno
capito, e cioè che coloro che hanno veramente creduto non possono andare
d’accordo con quelli che non hanno ancora creduto, e perciò ogni
tentativo di mettersi d’accordo è tempo sprecato. Spiego questo
concetto in questa maniera: Gesù non cercò di mettersi d’accordo con
gli scribi e i Farisei attorno ai precetti della legge che essi avevano
annullato con la loro tradizione, per non apparire uno che non voleva
l’unità dei Giudei, ma li riprese chiamandoli ciechi, stolti, razza di
vipere, ipocriti perché questo essi meritavano. Essi avevano annullato la
Parola di Dio e Gesù non avrebbe potuto compiacere agli scribi ed ai
Farisei nel mostrarsi d’accordo con i loro comandamenti per mezzo dei
quali avevano annullato la Parola di Dio. Non cercò minimamente di
mostrarsi tollerante verso di loro ma li riprese severamente. Gesù non
compiacque neppure ai Sadducei che non credevano nella risurrezione dei
morti, infatti li ammonì dicendo loro che essi erravano perché non
conoscevano le Scritture e né la potenza di Dio e gli turò così la
bocca. Nella stessa maniera noi suoi discepoli non possiamo metterci a
barattare la verità con l’unità che ci offrono queste guide cieche
della chiesa romana; ma con forza dobbiamo riprenderli come fece Gesù
verso i Farisei e i Sadducei esortandoli a ravvedersi e a credere nel
Vangelo. Ho dimostrato innanzi come la chiesa romana abbia annullato in
moltissimi punti la Parola di Dio e come essa rifiuta di credere in tutto
il consiglio di Dio, e come le loro guide insegnano ai loro seguaci molte
cose storte e malvagie: come si può quindi pensare di collaborare o di
mettersi a discutere con loro che partono col presupposto di avere ragione
e che la loro chiesa é quella fondata da Cristo, quella che possiede la
verità, la retta interpretazione delle parole di Gesù e degli apostoli?
Non è forse il caso di ammonirli come fece Gesù in verso i Farisei e i
Sadducei? Certo, questo dobbiamo fare. |
E’ chiaro,
leggendo il decreto del concilio Vaticano, che noi credenti siamo da loro
considerati come i seguaci di coloro che hanno deciso di uscire dal loro
mezzo, ma i fatti sono altri. Noi siamo seguaci di Cristo Gesù perché in
lui abbiamo creduto, lui seguiamo e lui amiamo; il nostro capo o fondatore
non é Calvino, né Lutero, e né nessun altro all’infuori di Cristo Gesù.
Venendo considerati come delle persone che si sono separate da loro e
facendoci apparire agli occhi dell’opinione pubblica come persone in un
certo senso ribelli all’ordine di Cristo perché rifiutiamo di
sottostare al presunto successore di Pietro, é inevitabile che siamo
fatti passare come quelli che ancora devono capire che la unica e vera
Chiesa é quella cattolica romana e che fuori di essa non c’é speranza
di essere salvati! (A proposito, sappiate che essi stanno pregando per noi
affinché torniamo alla chiesa madre!) Ma d’altronde questo è il
trattamento che attende tutti coloro che decidono di ubbidire al Vangelo,
ma noi ci rallegriamo quando sentiamo dire ai Cattolici che siamo dei
settari che hanno perduto il senno e che non capiamo nulla perché questo
è un vituperio che subiamo a motivo di Cristo. Ci sentiamo chiamare ‘i
fratelli separati’, come se fossimo membri della stessa famiglia ma
viviamo per conto nostro. Ma noi non siamo i loro fratelli separati e non
sentiamo affatto il bisogno di riconciliarci con loro. La coscienza di
tutti coloro che si sono separati da loro non li riprende per nulla, ma
gli attesta per lo Spirito Santo che hanno fatto bene a separarsi da loro.
Loro si devono prima riconciliare con Dio; altro che ecumenismo! Qui a
loro si deve ancora parlare di ravvedimento dalle opere morte, gli si deve
dire di convertirsi dagli idoli muti all’Iddio vivente e vero! |
Adesso,
leggendo le suddette parole che Gesù rivolse in preghiera al Padre per
coloro che avrebbero creduto in lui per mezzo della parola degli apostoli,
non possiamo non riconoscere che noi siamo tra coloro che hanno creduto in
Cristo Gesù per mezzo della parola degli apostoli, perché anche se non
abbiamo conosciuto personalmente gli apostoli del Signore pure è stato
mediante le parole scritte anche da Matteo, da Giovanni e da Pietro che
noi abbiamo creduto nel Signore. Dopo avere detto ciò domandiamoci: Fu
esaudita la preghiera di Gesù? Certo che fu esaudita perché in effetti
noi credenti formiamo un corpo unico, siamo membri di una sola famiglia, e
facciamo parte di una sola casa. Il fatto che tra di noi esistano diverse
denominazioni che portino nomi diversi ed abbiano delle convinzioni
diverse su alcune cose relative al regno di Dio (che bisogna dire non
annullano la giustificazione per fede) non significa che i fratelli
facenti parte di una denominazione cessano a motivo di questo di essere
membri del corpo di Cristo o membri della famiglia di Dio. Affatto, e
questo perché noi continuiamo ad avere in comune la stessa speranza, lo
stesso battesimo, lo stesso Spirito, la stessa fede, lo stesso Dio e lo
stesso Signore. Nella realtà c’é una sola Chiesa sulla terra, che è
la Chiesa di Dio, di cui fanno parte tutti coloro che sono nati di nuovo
mediante l’azione dello Spirito Santo e della Parola di Dio. Certo,
riconosciamo che in Cristo siamo uno secondo che é scritto ai Galati:
"Siete tutti figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù. Poiché
voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di
Cristo. Non c’é qui né Giudeo né Greco; non c’é né schiavo né
libero; non c’é né maschio né femmina; poiché voi tutti siete uno in
Cristo Gesù" (Gal. 3:26-28), ma riconosciamo anche che tra di noi
persistono delle divergenze dottrinali per cui non possiamo dire che siamo
perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo parlare e
sentire. I motivi per cui esistono queste divergenze che alcune volte sono
marginali, altre volte più sostanziose, sono di svariato genere. Non mi
metterò ad esaminarli in quest’occasione; sta di fatto che queste
diverse convinzioni dottrinali che hanno gli altri non sono tali da
farceli disconoscere come fratelli. Sarà bene ricordare che anche la
Chiesa di Corinto era una Chiesa di Dio al tempo degli apostoli, però
come é noto nel suo seno vi erano delle divisioni difatti vi erano coloro
che dicevano: "Io sono di Paolo", ed altri: "Io sono di
Apollo", ed altri ancora: "Io di Cefa". Ma che fece
l’apostolo quando scrisse loro? Smise forse di chiamarli fratelli, o non
riconobbe più in loro dei fratelli? Affatto; tanto é vero che si
indirizza a loro ancora come a dei fratelli chiamandoli appunto fratelli.
A conferma di ciò ecco le seguenti espressioni di Paolo: "Ora,
fratelli, io v’esorto, per il nome del nostro Signor Gesù Cristo, ad
aver tutti un medesimo parlare, e a non aver divisioni fra voi, ma a stare
perfettamente uniti in una medesima mente e in un medesimo sentire. Perché,
fratelli miei, m’é stato riferito intorno a voi da quei di casa Cloe,
che vi son fra voi delle contese" (1 Cor. 1:10,11); "Ed io,
fratelli, non ho potuto parlarvi come a spirituali, ma ho dovuto parlarvi
come a carnali, come a bambini in Cristo" (1 Cor. 3:1); "Io vi
scrivo queste cose non per farvi vergogna, ma per ammonirvi come miei cari
figliuoli" (1 Cor. 4:14). Fu proprio ai Corinzi nel cui mezzo vi
erano delle divisioni che Paolo disse: "Or voi siete il corpo di
Cristo, e membra d’esso, ciascuno per parte sua" (1 Cor. 12:27);
quindi non perché vi erano quelle divergenze tra quei credenti essi non
erano più figliuoli di Dio. Ma essi avevano creduto; essi erano nati di
nuovo! Ma nel caso della chiesa romana ci troviamo davanti non a uomini
che hanno come fondamento Cristo Gesù ma il papato, la tradizione che
annulla la Parola di Dio, il culto a Maria, agli angeli e ai loro santi,
quindi non si possono definire fratelli. Come si possono definire membri
della Chiesa di Dio persone che dicono che il paradiso ce lo si deve
guadagnare facendo del proprio meglio? O che dopo morti si deve andare in
purgatorio a espiare la pena dei nostri peccati che il sangue di Cristo
non ha potuto cancellare? |
Ÿ
Gesù disse: "Ho anche delle altre pecore, che non son di
quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la
mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore" (Giov. 10:16).
Anche queste parole sono prese dalla curia romana quando parla di
ecumenismo; ma il significato che danno ad esse è veramente arbitrario
infatti secondo loro il solo gregge è ‘la chiesa cattolica romana’,
ed il solo pastore è il capo dello Stato del Vaticano. Si sbagliano
grandemente dandogli questa interpretazione; sì sono delle pecore pure
loro, ma sono perdute infatti essi seguono la loro propria via ed hanno
bisogno di tornare al Sommo Pastore che è Cristo Gesù. Ma quello che
costoro dimenticano o fanno finta di ignorare é che Gesù ha detto delle
sue altre pecore che avrebbe raccolto di fra i Gentili: "Ed esse
ascolteranno la mia voce" (Giov. 10:16), quindi una pecora del
Signore si riconosce dal fatto che essa ascolta la voce di Cristo Gesù.
Non ha forse detto Gesù più avanti: "Le mie pecore ascoltano la mia
voce" (Giov. 10:27)? Non mi pare proprio che i Cattolici ascoltino la
voce del Signore Gesù; essi ascoltano la voce del loro magistero, del
loro capo, dei loro sacerdoti ma non ascoltano quella di Gesù perché non
la conoscono. Mi sbaglio forse? No, perché i fatti parlano molto più
chiaro di quanto faccia il decreto del concilio Vaticano. Ora, non é
difficile ascoltare membri (anche influenti) della chiesa romana farci
questo discorso: ‘Ma che cosa sono queste divisioni che ci sono fra noi?
Non siamo forse tutti Cristiani? Perché dunque essere divisi se abbiamo
uno stesso Padre?’ Quello che essi nella sostanza ci propongono é di
metterci con loro e di mettere da parte certe nostre convinzioni. Ma come
rispondiamo noi a queste loro proposte lusinghevoli? Noi rispondiamo che
non acconsentiremo affatto a mettere in un cantuccio o a soffocare la
verità per amore di unità; ben inteso, la loro unità. No, noi non ci
metteremo con tutti coloro che pure dicendosi Cristiani sono idolatri
perché Dio ce lo ha ordinato per mezzo dell’apostolo Paolo con queste
parole: "V’ho scritto di non mischiarvi con alcuno che, chiamandosi
fratello, sia un... idolatra.." (1 Cor. 5:11), e: "Non vi
mettete con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual
comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione
fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è
di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di
Dio e gl’idoli?" (2 Cor. 6:14-16). L’ecumenismo proclamato dalla
chiesa romana non é un giogo per i santi; come tanti credenti che si sono
uniti in matrimonio con degli infedeli, dopo non molto tempo, se non
subito, hanno abbandonato la comune adunanza e si sono gettati dietro alle
spalle i comandamenti di Dio perché trascinati dalle parole dolci e
lusinghiere del loro coniuge incredulo, così tanti credenti essendosi
uniti in un matrimonio spirituale con gli infedeli che hanno la parvenza
di fedeli, si sono corrotti e pian piano sono tornati a voltolarsi nel
fango delle eresie cattoliche romane. Hanno commesso adulterio davanti a
Dio, perciò sono gente adultera; parlano ed agiscono come gli adulteri,
infatti per loro bisogna cercare di stare assieme ai Cattolici romani a
tutti i costi, anche a costo di mettere da parte una parte del consiglio
di Dio. No, noi non siamo disposti a scendere a nessun compromesso né con
loro e né con altri. Si ravvedano prima dalle loro opere morte, credano
nel Vangelo e facciano frutti degni del ravvedimento. Il papa, i vescovi,
i cardinali, i monsignori, i preti e le suore e tutti i loro consoci si
ravvedano e dimostrino con i fatti di essere diventati dei Cristiani: di
parole ne sentiamo molte, ma di frutti degni del ravvedimento da parte di
questi che parlano tanto di ecumenismo e di unità dei Cristiani non ne
vediamo. Vogliono veramente unirsi a noi o che noi ci uniamo a loro?
Ebbene, si convertano dagli idoli all’Iddio vivente credendo nel Vangelo
della grazia, (il che significa riconoscere che la salvezza si ottiene per
sola fede in virtù dei meriti di Cristo senza nessuna opera meritoria); e
poi distruggano tutti i loro idoli raffiguranti Maria, Giuseppe, Pietro e
tutti gli altri, tutte le loro immagini cosiddette sante, li riducano in
frantumi e vadano a buttarle all’immondezzaio; smettano di adorare e
pregare Maria, di adorare la croce, di venerare le reliquie, di fare
processioni, pellegrinaggi e di compiere qualsiasi pratica che si oppone
al Vangelo; insomma smettano di osservare la loro tradizione, e poi
potremo metterci assieme per pregare, per adorare Iddio, per servire
Iddio. Ma essi non vogliono fare questo, vogliono tenersi i cadaveri dei
loro idoli, e rimanere attaccati alla loro tradizione, perciò non si può
in nessuna maniera chiamarli fratelli e collaborare con loro. Lo Spirito
che Dio ha fatto abitare in noi ci brama fino alla gelosia fratelli,
sappiatelo questo, perciò non vi lasciate trarre in inganno da coloro che
in finti sembianti vengono a voi a parlarvi di ecumenismo ma non vogliono
sentire parlare di tutto il consiglio di Dio. Sì, parlano di unità, e
fanno sfoggio pure di versetti della Scrittura che parlano di unità; ma
noi crediamo nell’unità della Chiesa, ma in quella fondata sulla verità,
e non in quella fondata su un miscuglio fatto di verità e di eresie che
proclama la chiesa romana, perché quella non è unità ma confusione.
Diletti, rimanete attaccati alla fedele Parola di Dio, rimanete uniti al
Signore per camminare uniti a lui fino alla fine; nessuno vi tragga in
errore con i suoi dolci discorsi. Ricordatevi che nella Chiesa si sono
sempre insinuati dei ministri di Satana travestiti da ministri di Cristo
al fine di portare eresie di perdizione e confusione; "anche Satana
si traveste da angelo di luce" (2 Cor. 11:14), dice Paolo. Il
serpente antico sedusse Eva con la sua astuzia infatti le disse che non
sarebbero morti se avessero mangiato il frutto dell’albero della
conoscenza del bene e del male; esso non le disse esplicitamente:
‘Mangia il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male per
disubbidire a Dio ed allontanarti da lui’, ma: "No, non morrete
affatto". E le seguenti parole di Paolo VI: ‘Noi apriamo le braccia
a tutti coloro che si glorificano del nome di Cristo, li chiamiamo col
dolce nome di fratelli; sappiano che troveranno in noi comprensione e
benevolenza, che troveranno in Roma la casa paterna che valorizza ed
esalta con nuovo splendore i tesori della loro storia, del loro patrimonio
culturale, della loro eredità spirituale’ (Citato da Leonard Emile G.
in Storia del protestantesimo, Milano 1971, vol. 3, pag. 367),
tendono nella sostanza proprio a farci fare la stessa cosa che il serpente
antico con le sue dolci parole indusse Eva a fare, cioè farci disubbidire
a Dio mettendoci con gli infedeli e farci così morire spiritualmente. |
|
L’ENCICLICA UT UNUM SINT DI GIOVANNI PAOLO
II |
Adesso voglio
commentare l’enciclica di Giovanni Paolo II intitolata Ut unum sint
(Che siano tutti uno) datata 25 Maggio 1995 e che ha come tema l’impegno
ecumenico della chiesa cattolica, i frutti del dialogo tra la chiesa
cattolica romana e le altre chiese ed anche la maniera in cui si può
raggiungere l’unità visibile tra la chiesa cattolica e le altre chiese.
Il fine che mi propongo con questo esame, fratelli, è quello di farvi
capire che cosa intende per ecumenismo e per unità delle chiese la chiesa
cattolica romana, che questa unità che essi stanno procacciando
apparentemente con le Chiese evangeliche è una trappola, e come parlare
con loro significa parlare con persone che hanno orecchi ma non odono e
perciò è inutile cercare di dialogare con loro. Prima di cominciare
questo esame, voglio fare questa premessa; nell’enciclica di Giovanni
Paolo II ci sono tanti riferimenti al decreto sull’ecumenismo del
concilio Vaticano II (di cui ho citato alcune parti innanzi); inoltre di
volta in volta sarò costretto a ripetere, quantunque in maniera diversa,
concetti già spiegati innanzi. Avverto il lettore che non prenderò tutta
l’enciclica ma solo una parte di essa, che pur essendo consistente,
ritengo sia necessario trascrivere e confutarla pubblicamente al fine di
palesare a tutti l’astuzia di questo uomo. |
Ÿ
‘Assieme a tutti i discepoli di Cristo, la chiesa cattolica fonda sul
disegno di Dio il suo impegno ecumenico di radunare tutti nell’unità.
Infatti la chiesa non è una realtà ripiegata su se stessa bensì
permanentemente aperta alla dinamica missionaria ed ecumenica, perché
inviata al mondo ad annunciare e testimoniare, attualizzare ed espandere
il mistero di comunione che la costituisce: raccogliere tutti e tutto in
Cristo; a essere per tutti ‘sacramento inseparabile di unità’. Già
nell’Antico Testamento, riferendosi a quella che era allora la
situazione del popolo di Dio, il profeta Ezechiele, ricorrendo al semplice
simbolo di due legni prima distinti, poi accostati l’uno all’altro,
esprimeva la volontà divina di ‘radunare da ogni parte’ i membri del
suo popolo lacerato: ‘Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio
popolo. Le genti sapranno che io sono il Signore che santifico Israele (cf.
37,16-28). Il Vangelo giovanneo, da parte sua, e di fronte alla situazione
del popolo di Dio a quel tempo, vede nella morte di Gesù la ragione
dell’unità dei figli di Dio: ‘Doveva morire per la nazione e non per
la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano
dispersi’ (11,51-52). Infatti, spiegherà la Lettera agli Efesini,
‘abbattendo il muro di separazione, (...) per mezzo della croce,
distruggendo in se stesso l’inimicizia’, di ciò che era diviso egli
ha fatto una unità (cf. 2,14-16). L’unità di tutta l’umanità
lacerata è volontà di Dio. Per questo motivo egli ha inviato il suo
Figlio, perché, morendo e risorgendo per noi, ci donasse il suo Spirito
d’amore. Alla vigilia del sacrificio della croce, Gesù stesso chiede al
Padre per i suoi discepoli, e per tutti i credenti in lui, che siano
una cosa sola, una comunione vivente. Da ciò deriva non soltanto il
dovere, ma anche la responsabilità che incombe davanti a Dio, di fronte
al suo disegno, su quelli e quelle che per mezzo del battesimo diventano
il corpo di Cristo, corpo nel quale debbono realizzarsi in pienezza la
riconciliazione e la comunione. Come è mai possibile restare divisi, se
con il battesimo noi siamo stati ‘immersi’ nella morte del Signore,
vale a dire nell’atto stesso in cui, per mezzo del Figlio, Dio ha
abbattuto i muri della divisione? La divisione contraddice apertamente
alla volontà di Cristo, ed è di scandalo al mondo e danneggia la
santissima causa della predicazione del Vangelo a ogni creatura’ (Il
Regno, N° 752, Anno 1995, pag. 395). |
Giovanni Paolo
II, da come parla, sembra che abbia il cuore affranto nel constatare che
le chiese cristiane sono divise tra loro; naturalmente tra le chiese
cristiane c’è pure la chiesa cattolica romana, e non potrebbe essere
altrimenti, perché essa si reputa la Madre delle chiese. Egli afferma che
Dio tramite Ezechiele fece conoscere la sua volontà che era quella di
radunare il suo popolo da ogni parte, e tramite Giovanni di radunare i
figliuoli di Dio dispersi tramite la morte del suo Figliuolo; e che Cristo
morendo ha abbattuto il muro della divisione per fare una unità. Poi
passa a dire che Dio vuole radunare tutta l’umanità lacerata da queste
divisioni, e che Gesù pregò per l’unità dei suoi discepoli e dei
credenti. Da qui il dovere, secondo lui, che hanno tutti coloro che
mediante il battesimo diventano membri del corpo di Cristo, di cercare la
riconciliazione all’interno dei credenti. E poi dice che la divisione è
di scandalo al mondo e danneggia la causa di Cristo. Lui dunque include la
chiesa cattolica tra le chiese cristiane; noi invece non la includiamo
perché essa con la sua tradizione ha annullato la parola di Cristo
mettendosela sotto i piedi. Lo abbiamo visto questo quando abbiamo
confutato le sue dottrine; quindi è superfluo che io mi dilunghi più di
tanto su questo aspetto della questione. Si dicono figliuoli di Dio perché
hanno ricevuto il battesimo per infusione da bambini; ma noi sappiamo che
non si diventa figli di Dio in quella maniera, ma ravvedendosi e credendo
nel nome del Figlio di Dio. Essi pensano di essere entrati a fare parte
del corpo di Cristo mediante quel rito battesimale; il che non è vero.
Inoltre, loro assieme a noi formano, secondo lui, il corpo di Cristo,
seppellito nella morte di Cristo; perciò è contraddittorio che ci siano
nel nostro mezzo delle divisioni quando Gesù è morto per riunire in uno
i figliuoli di Dio. La divisione è di scandalo, lui dice. Ma a questo
punto bisogna fare questa precisazione: i nostri fratelli prima di noi,
non hanno dato affatto motivo di scandalo uscendo dalla chiesa cattolica
romana; anzi ne sono usciti per volere di Dio. Ma non sono usciti dal
corpo di Cristo, o separati da esso; ma si sono ritirati da idolatri, da
superstiziosi, da persone che hanno in abominio la santa Parola di Dio. In
altre parole essi sono stati riscattati da una assemblea pseudocristiana,
quale è la chiesa cattolica romana; al pari di quei nostri fratelli che
prima erano tra i cosiddetti Testimoni di Geova, o fra i Mormoni. Ma per
essere ancora più chiari, noi riteniamo che tra i nostri fratelli che
sono usciti dalla chiesa cattolica romana e quelli che sono usciti dal
Buddismo o dall’Induismo, o dallo Scintoismo, l’unica differenza è
che essi si sono ritirati da persone che si dicono Cristiani (cosa che non
dicono di essere i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti), perché nella
realtà sono idolatri come i Buddisti, gli Induisti e gli Scintoisti perché
vanno anch’essi dietro agli idoli muti. Con questo noi vogliamo dire che
la divisione che si è venuta a creare tra la chiesa cattolica romana e
tutti coloro che hanno conosciuto la verità e ne sono usciti, non è
affatto qualcosa di contraddittorio, ma qualcosa di inevitabile, di
giusto, che rientra nella volontà di Dio. Anche quando al tempo degli
apostoli si convertivano dei Giudei avveniva una divisione tra i Giudei
che ritenevano che si veniva giustificati per le opere della legge e
quelli invece che dicevano che si viene giustificati per la fede soltanto,
senza le opere della legge. Abbiamo un esempio di ciò, in quello che
avvenne ad Efeso: "Ma siccome alcuni s’indurivano e rifiutavano di
credere dicendo male della nuova Via dinanzi alla moltitudine, egli
ritiratosi da loro, separò i discepoli, discorrendo ogni giorno nella
scuola di Tiranno" (Atti 19:9); ed anche in quello che avvenne ad
Antiochia di Pisidia: "E dopo che la raunanza si fu sciolta, molti
de’ Giudei e de’ proseliti pii seguiron Paolo e Barnaba" (Atti
13:43). Ecco la divisione inevitabile! Ma tutto ciò è normale, perché i
credenti in ogni età sono chiamati a separarsi dagli increduli secondo
che è scritto: "Uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il
Signore..." (2 Cor. 6:17). Ma qual’è lo scandalo di cui quei
Giudei credenti si resero colpevoli separandosi da quei Giudei duri di
cuore, che contraddicevano la parola di verità? E così, qual’è lo
scandalo di cui si sono resi colpevoli quelli che avendo creduto tra i
Cattolici si sono separati da loro? Nessuno, perciò al bando la
definizione di scandalo data alla divisione che si è venuta a creare tra
la chiesa cattolica romana e tutte quelle chiese che si attengono al
Vangelo della grazia; perché questa non è un’opera della carne, ma un
opera potente compiuta dal nostro Dio. Noi possiamo dire di essa: "Ciò
è stato fatto dal Signore, ed è cosa maravigliosa agli occhi
nostri" (Matt. 21:42). Nel decreto sull’ecumenismo è scritto:
‘Quelli poi che ora nascono e sono istruiti nella fede in Cristo in tali
comunità non possono essere accusati del peccato di separazione, e la
chiesa cattolica li abbraccia con fraterno rispetto e amore’ (Concilio
Vaticano II, Sess. V, cap. 7). Questo vuole dire che quelli che si
separarono anticamente dalla chiesa cattolica romana a motivo della loro
fede, possono essere accusati del peccato di separazione. No, non è
affatto così, perché Lutero e molti altri quando si separarono dalla
chiesa cattolica non commisero alcun peccato di separazione; in questo,
dobbiamo dire, essi non operarono uno scandalo. Lo scandalo semmai lo
operava la chiesa cattolica romana con a capo i suoi ministri che si
abbandonavano alla dissolutezza, che invece che pascere il gregge
pascevano se stessi, vendendo indulgenze e appropriandosi dei beni del
popolo in ogni maniera. Per quanto riguarda poi questo fraterno rispetto e
amore con cui la chiesa cattolica dice di abbracciarci, noi non lo
vediamo; anzi vediamo il contrario. Vediamo sia nei preti, che nelle loro
pecore una particolare avversione verso noi figliuoli di Dio. Lusinghe,
falsità, ipocrisie; ecco che cosa sono tali frasi. Non è la divisione
che si è venuta a creare tra Cattolici e Evangelici ciò che scandalizza
le persone, ma sono piuttosto il lusso, l’arroganza, l’amore per il
potere e l’amore per il denaro che ci sono nella chiesa cattolica
romana; cominciando dal suo capo carismatico. Ho voluto così mettere le
cose in chiaro, prima di proseguire l’esame di questo discorso; affinché
nessuno pensi che noi proviamo o dobbiamo provare qualche senso di colpa
per la nostra avversione al papato, alla tradizione cattolica romana. Ma
quale senso di colpa? Noi anzi proviamo una grande gioia nel difendere il
Vangelo confutando le eresie della chiesa cattolica romana; abbiamo la
grazia di potere combattere per l’Evangelo come l’hanno avuta prima di
noi molti altri; e questo faremo fino a che avremo un’alito di vita. |
Ÿ
‘...La chiesa cattolica accoglie con speranza l’impegno ecumenico come
un imperativo della coscienza cristiana illuminata dalla fede e guidata
dalla carità. Anche qui si può applicare la parola di san Paolo ai primi
cristiani di Roma: L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori
per mezzo dello Spirito Santo’, così la nostra ‘speranza non
delude’ (Rm. 5,5). Questa è la speranza dell’unità dei cristiani,
che nell’unità trinitaria del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo
trova la sua fonte divina’ (Il Regno, N° 752, pag. 395). |
La chiesa
cattolica, da come parla Giovanni Paolo II, desidera ardentemente l’unità
visibile di tutte le chiese; questo è il suo disegno ed il suo papa si è
fatto portavoce e promotore di questo ecumenismo; ma essa non vedrà
giammai realizzarsi questo disegno di unità visibile che sta con gran
vigore perseguendo; la sua speranza in questa unità sarà frustrata perché
il suo è un astuto disegno che tende a fare confluire i figliuoli di Dio
nella chiesa cattolica romana sotto il loro papa, e Dio farà sì che
quelli che hanno conosciuto la verità non rimangano ingannati dalle
lusinghe papali. Egli "sventa i disegni degli astuti sicché le loro
mani non giungono ad eseguirli" (Giob. 5:12), dice la Parola, per
questo siamo fiduciosi che l’astuto disegno della curia romana andrà in
fallimento. Rimarranno grandemente delusi, ne siamo sicuri; Dio ha sempre
avuto in ogni tempo dei servi fedeli che si sono rifiutati di
accondiscendere alla menzogna e all’idolatria. Al tempo di Elia, benché
il popolo avesse abbandonato il patto di Dio e molti di coloro che
parlavano da parte di Dio erano stati messi a morte dal popolo ribelle,
pure Dio si era conservato un residuo di settemila uomini che non aveva
piegato il loro ginocchio davanti a Baal e non lo aveva baciato. E così
nel popolo di Dio benché alcuni apostateranno dalla fede e si lasceranno
sedurre dalle lusinghe papali pure rimarranno sempre coloro che
rifiuteranno fino alla fine di piegare il loro ginocchio davanti al papa e
di baciargli il piede o la mano. Alcuni diranno: ‘Ma perché parli così?
Il papa ci vuole bene e si sta impegnando grandemente per mettere assieme
tutti i Cristiani!’ Io dico: Voi non sapete quello che dite; fra poco
potrete da voi stessi constatare che costui, che voi dite che ci vuole
bene, benché parli con voce graziosa ha sette abominazioni in cuore suo
ed un grande odio verso la verità che però riesce a camuffare molto
bene. Lui dice che l’amore di Dio è stato sparso nei loro cuori
mediante lo Spirito Santo; ma la Scrittura dice che: "Questo è
l’amor di Dio: che osserviamo i suoi comandamenti" (1 Giov. 5:3), e
noi quest’osservanza di comandamenti da parte loro non la vediamo. Essi
hanno lasciato i comandamenti di Dio per amore della loro tradizione, e
poi prendono le parole di Paolo per sostenere che nei loro cuori c’è
l’amore di Dio. Ma quale amore di Dio hanno? Quello finto certamente,
perché se avessero quello vero osserverebbero la Parola di Dio e noi
avremmo comunione con loro. Nessuno v’inganni fratelli, Giovanni dice:
"Chi dice: Io l’ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è
bugiardo, e la verità non è in lui" (1 Giov. 2:4). Quello che cerca
di fare Giovanni Paolo II non è di unire, ma di sedurre per via di
lusinghe coloro che non fanno parte della chiesa cattolica romana affinché
ne entrino a fare parte, o almeno si alleino con essa per servire assieme
ad essa gli idoli muti per i quali va in delirio. Lo vedremo in appresso
qual’è il disegno e il desiderio di Giovanni Paolo II; altro che unità,
altro che disegno di Dio; altro che verità, altro che amore di Dio! |
Ÿ
‘...Passando dai principi, dall’imperativo della coscienza cristiana,
alla realizzazione della via ecumenica verso l’unità, il Concilio
Vaticano II mette soprattutto in rilievo la necessità della
conversione del cuore. L’annuncio messianico ‘il tempo è compiuto
e il regno di Dio è vicino’ e l’appello conseguente ‘convertitevi e
credete al Vangelo’ (Mc 1,15) con cui Gesù inaugura la sua missione,
indicano l’elemento essenziale che deve caratterizzare ogni nuovo
inizio; la fondamentale esigenza dell’evangelizzazione in ogni tappa del
cammino salvifico della chiesa. Ciò riguarda, in modo particolare, il
processo al quale il concilio Vaticano II ha dato avvio, inscrivendo nel
rinnovamento il compito ecumenico di unire i cristiani tra loro divisi. Ecumenismo
vero non c’è senza interiore conversione. Il concilio chiama sia
alla conversione personale sia a quella comunitaria. L’aspirazione di
ogni comunità cristiana all’unità va di pari passo con la sua fedeltà
al Vangelo. Quando si tratta di persone che vivono la loro vocazione
cristiana, esso parla di conversione interiore, di un rinnovamento della
mente. Ciascuno deve dunque convertirsi più radicalmente al Vangelo e,
senza mai perdere di vista il disegno di Dio, deve mutare il suo sguardo.
Con l’ecumenismo la contemplazione delle ‘meraviglie di Dio’ (mirabilia
Dei) si è arricchita di nuovi spazi nei quali il Dio trinitario
suscita l’azione di grazie: la percezione che lo Spirito agisce nelle
altre comunità cristiane, la scoperta di esempi di santità,
l’esperienze delle ricchezze illimitate della comunione dei santi, il
contatto con aspetti insospettabili dell’impegno cristiano (.....) Così
la vita intera dei cristiani è contrassegnata dalla preoccupazione
ecumenica ed essi sono chiamati a farsi come plasmare da essa (...) Per
quanto riguarda la chiesa cattolica, a più riprese, come ad esempio in
occasione dell’anniversario del battesimo della Rus, o del
ricordo, dopo undici secoli, dell’opera di evangelizzazione dei santi
Cirillo e Metodio, ho richiamato tali esigenze e prospettive. Più
recentemente, il Direttorio per l’applicazione dei principi e delle
norme sull’ecumenismo, pubblicato con la mia approvazione dal
Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, le ha
applicate al campo pastorale. Per quanto riguarda gli altri cristiani, i
principali documenti della Commissione ‘Fede e costituzione’ e le
dichiarazioni di numerosi dialoghi bilaterali hanno già fornito alle
comunità cristiane utili strumenti per discernere ciò che è necessario
al movimento ecumenico e alla conversione che esso deve suscitare. Tali
studi sono importanti sotto una duplice angolatura: essi mostrano i
notevoli progressi già raggiunti e infondono speranza perché
costituiscono una base sicura per la ricerca che va proseguita e
approfondita...’ (Il Regno, N° 752, pag. 396-397). |
Adesso,
Giovanni Paolo II passa a parlare delle cose che occorrono per raggiungere
il vero ecumenismo; comincia a parlare della conversione interiore e del
rinnovamento della mente perché, secondo lui, senza di essi non si può
raggiungere la perfetta unità tra le chiese. Ma in cosa consistono nella
pratica questa conversione interiore e rinnovamento della mente?
Consistono, per i Cattolici, nel mettersi a pensare che bisogna cercare
strenuamente l’unità visibile con tutte le chiese; e perciò devono
darsi da fare per cercare il dialogo con gli altri Cristiani, come ci
chiamano loro. Naturalmente questo dialogo essi lo devono cercare, come
vedremo anche dopo, rimanendo attaccati alla loro Tradizione; quindi
all’idolatria, alla menzogna e alla superstizione. Quindi in effetti, i
Cattolici non vogliono un vero ecumenismo ma un falso ecumenismo; perché
loro partono dal presupposto di essere nella verità e che si devono
convertire più radicalmente all’Evangelo, il che significa che essi
pensano di essersi già convertiti al Vangelo ma questa conversione deve
essere più radicale. Noi, dal canto nostro, diciamo che essi ancora non
si sono per nulla convertiti al Vangelo, e di questo ne abbiamo le
seguenti prove inconfutabili. Pregano e adorano Maria, pregano e adorano i
santi (quelli veri e quelli falsi) e gli angeli, si prostrano davanti a
statue e immagini; partecipano alla messa che per loro è la ripetizione
del sacrificio di Cristo, credono in ogni specie di superstizione; non
credono nel Figlio di Dio perché dicono di non essere certi di avere la
vita eterna e di essere stati salvati dal Signore. In effetti, loro per
avere comunione con noi devono ravvedersi dai loro peccati, credere nel
Vangelo e abbandonare la loro tradizione, ed ogni sorta di idolatria; ma
questo per i Cattolici, è chiaro, non rientra affatto nelle cose
necessarie al raggiungimento di questo ecumenismo, anzi per loro, di
queste cose non si deve neppure parlare se si vogliono avere dialoghi
fruttosi con loro. Quindi; che dialogo ci può essere con i sordi?
Naturalmente questa conversione interiore e questo rinnovamento della
mente deve essere reciproco, secondo Giovanni Paolo II, il che significa
che noi, secondo lui, dovremmo convertirci alla causa dell’ecumenismo,
ma a quell’ecumenismo come lo intendono loro. Ma questa non sarebbe una
conversione più radicale al Vangelo per noi, ma un vero e proprio
traviamento; in altre parole noi siamo convinti, che se cominciassimo a
vedere le cose come le vedono i Cattolici ci svieremmo e danneggeremmo noi
stessi. Perché questo? Perché da come parlano i Cattolici romani, noi se
vogliamo l’ecumenismo non dobbiamo polemizzare con loro; detto in altre
parole, non dobbiamo riprovare le loro eresie di perdizione, la loro
idolatria e tante altre cose storte, perché questo non si addice a
persone che cercano di stare assieme. Ma allora questo significa che noi
dovremmo smettere di combattere il buon combattimento che la Scrittura ci
dice di combattere! allora noi non dovremmo più difendere il Vangelo, ma
accondiscendere alle loro eresie per amore di unità visibile. Ma allora
ci dovremmo mettere a tavola con loro e dirgli: ‘Rispettiamoci
reciprocamente, noi rispettiamo le vostre dottrine e voi rispettate le
nostre!’ Ma io domando a voi: ‘Ma Gesù quando si trovò a tavola con
i Farisei che fece? Disse forse: ‘Sentite, cerchiamo di metterci
d’accordo sulla legge, voi dite questo ma io dico quest’altro su
questi comandamenti; però abbiamo in comune Mosè, la religione giudaica,
quindi non diamo motivo di scandalo ai Gentili; stiamo assieme ma non
polemizziamo; io non giudico voi, ma voi neppure dovere giudicare me’?
Affatto, ma li rimproverò per la loro ipocrisia, e perché essi avevano
annullato la Parola di Dio con la loro tradizione. Ecco che cosa devono
fare i discepoli di Cristo che amano la verità; ammonire coloro che pur
dicendosi Cristiani hanno annullato con la loro tradizione i comandamenti
di Dio. Altro che non polemizzare; altro che non essere anticattolici! Noi
siamo anticattolici; perché sappiamo che le dottrine della chiesa
cattolica romana fino adesso hanno menato nel fuoco dell’inferno
moltitudini di persone. Esse sono là nei tormenti, e noi dovremmo cercare
di riconoscere le dottrine cattoliche che li hanno condotti là? Non può
essere; ci perseguitino pure, ci guardino pure male; noi continueremo a
distruggere i vani ragionamenti della curia romana. Ma su questo fatto del
dialogo torneremo più avanti, perché c’è altro da dire. |
Ÿ
‘...Riprendendo un’idea che lo stesso papa Giovanni XXIII aveva
espresso in apertura del concilio, il decreto sull’ecumenismo menziona
il modo di esporre la dottrina tra gli elementi della continua riforma.
Non si tratta in questo contesto di modificare il deposito della fede, di
cambiare il significato dei dogmi, di eliminare da essi delle parole
essenziali, di adattare la verità ai gusti di un’epoca, di cancellare
certi articoli del Credo con il falso pretesto che essi non sono più
compresi oggi. L’unità voluta da Dio può realizzarsi soltanto nella
comune adesione all’integrità del contenuto della fede rivelata. In
materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è verità.
Nel corpo di Cristo, il quale è ‘via, verità e vita’ (Gv 14,6), chi
potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della
verità? (...) Uno ‘stare insieme’ che tradisse la verità sarebbe
dunque in opposizione con la natura di Dio che offre la sua comunione e
con l’esigenza di verità che alberga nel più profondo di ogni cuore
umano...’ (ibid., pag. 397). |
In questo
brano Giovanni Paolo II dice in sostanza che da parte loro non si deve
modificare il deposito della fede, i dogmi dei papi, quali quello
dell’immacolata concezione, dell’infallibilità papale, e così via,
perché l’unità dei Cristiani si può realizzare solo con l’adesione
all’integrità della fede rivelata, in altre parole aderendo a tutte le
loro tradizioni (ricordatevi che essi reputano la tradizione come verità
rivelata da Dio al pari della Scrittura). Quindi, ancora una volta, essi
reputano la loro tradizione verità; e dicono in sostanza che l’unità
deve essere fondata su questa verità. Ma noi credenti abbiamo edificato
la nostra vita sulla verità e non abbiano nessuna intenzione di cambiare
il fondamento vero con uno falso. Se la tengono la loro ‘verità’, si
pascano delle loro menzogne; noi di certo non ci metteremo a barattare la
verità che abbiamo conosciuto con le loro falsità. Ma come possono
pensare di eliminare l’abisso che ci separa da loro senza punto
ravvedersi e senza abbandonare la loro tradizione? Sembrerà incredibile,
ma questo è quello che stanno cercando di fare. Ci sono due modi di
comportarsi nei confronti dei Cattolici. Il primo è quello di abbandonare
la verità che abbiamo conosciuto e aderire alle loro menzogne; il secondo
è quello di predicare loro il ravvedimento dalle opere morte e la
remissione dei peccati mediante la fede nel nome di Gesù, e pregare Dio
che conceda loro di ravvedersi, in questo caso i ravveduti smetterebbero
di essere membri della chiesa romana per unirsi a noi. Noi siamo per il
secondo che è quello che fa infuriare il papato; d’altronde noi
sappiamo in chi abbiamo creduto, e che questa nella quale siamo è la via
che mena alla vita, mentre quella che battono loro è la via che mena alla
perdizione. E non paia ad alcuno che seguire questo comportamento non è
segno di amore verso i Cattolici romani; perché le cose stanno proprio al
contrario. Solamente dicendo ai Cattolici romani di ravvedersi e di
credere nel Signore e fare frutti degni di ravvedimento, si mostra vero
amore verso di loro. Lusingandoli e cercando di venire a compromesso con
loro, invece, è segno di non volere la loro salvezza ma solo di volere la
loro amicizia. L’apostolo ha detto: "Siccome siamo stati approvati
da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare l’Evangelo, parliamo
in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri
cuori" (1 Tess. 2:4); sia questo il sentimento di tutti coloro che
sono stati approvati da Dio e chiamati alla predicazione del Vangelo.
Certo, i Cattolici non gradiscono che noi parliamo contro le loro dottrine
e pensano che noi li odiamo; ma questo è l’inevitabile reazione di chi
giace ancora nell’errore contro chi gli mostra la via della salvezza
senza lusingarlo. |
Ÿ
‘...Così credeva nell’unità della chiesa papa Giovanni XXIII e così
egli guardava all’unità di tutti i cristiani. Riferendosi agli altri
cristiani, alla grande famiglia cristiana, egli costatava: E’ molto più
forte quanto ci unisce di quanto ci divide’ (Il Regno, N° 752,
pag. 398). |
Vorrei
soffermarmi brevemente su quest’ultime parole; ma io dico: ‘Ma come
fanno a dire tali cose quando fra noi e loro non c’è niente che ci
unisce? Noi domandiamo come l’apostolo Paolo: "Perché qual
comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione
fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è
di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di
Dio e gl’idoli?" (2 Cor. 6:14-16) Ma vogliamo pure rispondere a
queste domande dicendo che non c’è nessuna comunanza tra la giustizia e
l’iniquità, nessuna comunione tra la luce e le tenebre, nessuna armonia
fra Cristo e Beliar, e niente di comune tra il fedele e l’infedele, e
nessun accordo tra il tempio di Dio e gli idoli. Quindi, fratelli, non vi
lasciate trascinare pure voi a dire che con i Cattolici è più forte
quello che ci unisce che quello che ci divide; perché questo è falso.
Tra noi e loro non c’è nulla in comune , tra noi e loro non c’è accordo, e neppure comunione, come non ce
n’è con i Buddisti, gli Induisti e i Mussulmani; anche se
apparentemente parrebbe il contrario. Non guardate all’apparenza; non
giudicate dall’apparenza. |
Ÿ
‘...Quando i fratelli che non sono in perfetta comunione tra loro si
riuniscono insieme per pregare, il Concilio Vaticano II definisce la loro
preghiera anima dell’intero movimento ecumenico. Essa è un mezzo
molto efficace per impetrare la grazia dell’unità, ‘una genuina
manifestazione dei vincoli, con i quali i cattolici sono ancora uniti con
i fratelli separati’. Anche quando non si prega in senso formale per
l’unità dei cristiani, ma per altri motivi, come, ad esempio, per la
pace, la preghiera diventa di per sé espressione e conferma dell’unità.
La preghiera comune dei cristiani invita Cristo stesso a visitare la
comunità di coloro che lo implorano: Dove sono due o tre riuniti nel mio
nome, io sono in mezzo a loro (Mt. 18,20). Quando si prega insieme tra
cristiani, il traguardo dell’unità appare più vicino (...) Sulla via
ecumenica verso l’unità, il primato spetta senz’altro alla preghiera
comune, all’unione orante di coloro che si stringono insieme attorno
a Cristo stesso. Se i cristiani, nonostante le loro divisioni, sapranno
sempre di più unirsi in preghiera comune attorno a Cristo, crescerà la
loro consapevolezza di quanto sia limitato ciò che li divide a paragone
di ciò che li unisce. Se si incontreranno sempre più spesso e più
assiduamente davanti a Cristo nella preghiera, essi potranno trarre
coraggio per affrontare tutta la dolorosa e umana realtà delle divisioni,
e si ritroveranno insieme in quella comunità della chiesa che Cristo
forma incessantemente nello Spirito Santo, malgrado tutte le debolezze e
gli umani limiti (...) La preghiera ‘ecumenica’ è a servizio della
missione cristiana e della sua credibilità. Per questo essa deve
essere particolarmente presente nella vita della chiesa e in ogni attività
che abbia lo scopo di favorire l’unità dei cristiani (...) E’ motivo
di gioia il constatare come i tanti incontri ecumenici comportino quasi
sempre la preghiera e anzi culminino con essa (...) In questi anni, tanti
degni rappresentanti di altre chiese e comunità ecclesiali mi hanno fatto
visita a Roma e con loro ho potuto pregare, in circostanze pubbliche e
private’ (Il Regno, N° 752, pag. 398, 399). |
Ora, Giovanni
Paolo II mette molta enfasi sulla preghiera per l’unità dei Cristiani;
secondo lui questa preghiera ecumenica è molto importante per raggiungere
l’unità. Il Direttorio per l’ecumenismo, organo cattolico, costituito
per dirigere i cattolici in questa via dell’ecumenismo incoraggia i
cattolici a partecipare a delle riunioni di preghiera con i membri delle
Chiese evangeliche. Naturalmente, a tale riguardo, esso dà loro delle
chiare direttive come per esempio queste: A) ‘Tale preghiera dovrebbe
essere preparata di comune accordo, con l’apporto dei rappresentanti di
chiese, comunità ecclesiali o altri gruppi. E’ insieme che converrebbe
precisare il ruolo degli uni e degli altri e scegliere i temi, le letture
bibliche, gli inni e le preghiere da utilizzare’; B) ‘Sebbene la
propria chiesa sia il luogo in cui una comunità ha l’abitudine di
celebrare normalmente la propria liturgia, le celebrazioni comuni, di cui
si è ora parlato, possono avere luogo nella chiesa dell’una o
dell’altra delle comunità interessate, con il consenso di tutti i
partecipanti. Qualunque sia il luogo di cui ci si serve, occorre che sia a
tutti gradito, che possa essere convenientemente sistemato e che favorisca
la devozione’; C) E’ necessario che si presti sempre seria attenzione
tanto a ciò che è stato detto sul riconoscimento delle reali differenze
di dottrina che esistono, quanto all’insegnamento e alla disciplina
della chiesa cattolica sulla condivisione sacramentale’; D) Dato che la
celebrazione dell’eucarestia nel giorno del Signore è il fondamento e
il centro di tutto l’anno liturgico, i cattolici, fatto salvo il diritto
delle chiese orientali, hanno l’obbligo di partecipare alla messa la
domenica e nei giorni di precetto. Per questo motivo si sconsiglia di
organizzare servizi ecumenici la domenica e si ricorda che, anche quando
dei cattolici partecipano a servizi ecumenici e a servizi di altre chiese
e comunità ecclesiali, nei giorni suddetti rimane l’obbligo di
partecipare alla messa’ (Il Regno, N° 718, anno 1994, pag. 24).
Qual’è la nostra convinzione a riguardo di questa preghiera ecumenica
con i Cattolici che il loro papa tanto incoraggia? Questa; che noi non
possiamo metterci a pregare con i Cattolici romani affinché Dio ci unisca
a loro; perché preghiamo per loro affinché siano salvati e diventino così
dei Cristiani. E’ veramente assurdo mettersi a pregare con degli
increduli affinché Dio unisca noi con loro quando bisogna invece pregare
per la loro salvezza. Paolo era Giudeo di nascita, ma non se ne andava a
pregare con i Giudei disubbidienti che contrastavano alle cose che lui
diceva, ma pregava per la loro salvezza infatti disse ai Romani:
"Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per
loro è che siano salvati" (Rom. 10:1). Per questo anche noi non ci
pensiamo a riunirci con il papa, i vescovi, i preti, le suore e gli altri
Cattolici romani per pregare con loro per la nostra unità; perché
sappiamo che essi sono perduti e preghiamo Dio affinché li salvi. E dato
che siamo in tema di preghiera, ricordiamo la famosa giornata mondiale di
preghiera organizzata da Giovanni Paolo II ad Assisi nel 1986. In quel
giorno, lui dice, che ‘i cristiani delle varie chiese e comunità
ecclesiali hanno invocato con una sola voce il Signore della storia per la
pace nel mondo. In quel giorno, in modo distinto ma parallelo, hanno
pregato per la pace anche gli ebrei e i rappresentanti delle religioni non
cristiane, in una sintonia di sentimenti che hanno fatto vibrare le corde
più profonde dello spirito umano’ (Il Regno, N° 752, pag. 410).
In quel giorno si riunirono i capi di 62 religioni per pregare; i
Pellerossa, i Buddisti, gli Induisti, i Mussulmani e tanti altri con in
mezzo Giovanni Paolo II si misero a pregare. Che confusione! Altro che
vibrazione delle corde più profonde dello spirito umano; qui abbiamo
assistito ad una manifestazione di ipocrisia. In quel giorno tutte quelle
personalità riunite a pregare ci hanno ricordato le parole di Gesù:
"E quando pregate, non siate come gl’ipocriti; poiché essi amano
di fare orazione stando in piè nelle sinagoghe e ai canti delle piazze
per esser veduti dagli uomini. Io vi dico in verità che cotesto è il
premio che ne hanno" (Matt. 6:5). E questa sarebbe la preghiera
ecumenica che lui ritiene efficace per l’unità dei Cristiani e per la
pace nel mondo? Ma per quanto riguarda in specifico la preghiera dei
Cattolici per l’unità bisogna dire pure che essi s’appoggiano sulla
mediazione di Maria quando pregano per l’unità infatti si legge nella
rivista Alleluja: ‘Maria prega per l’unità delle chiese,
conducendoci a suo figlio per pronunciare insieme il nome di Gesù. Ella
ci invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione
fraterna....’ (Alleluja, N° 6, anno 1979, pag. 12). |
Quindi
concludendo, il fatto che essi si mettono a pregare con i Mussulmani, con
i Buddisti, con gli Induisti, e con tanti altri pagani, e il fatto che
essi si appoggiano sulla mediazione di Maria confermano chiaramente che
essi sono sotto la potestà delle tenebre, e che è impensabile mettersi a
pregare con loro. Giovanni Paolo II dice di essere contento che tante
riunioni ecumeniche terminano con la preghiera comune; noi dal canto
nostro siamo rattristati nel constatare non soltanto che taluni dei
nostri, illusi dalla chiesa cattolica romana, si sono messi a dialogare
con i rappresentanti cattolici per raggiungere non sappiamo quale accordo
con costoro che non hanno nessuna intenzione di rinunciare alle loro
eresie, ma anche che si mettono pure a pregare con loro. |
Ÿ
‘...Se la preghiera è l’anima del rinnovamento ecumenico e
dell’aspirazione all’unità, su di essa si fonda e da essa trae
sostentamento tutto ciò che il concilio definisce ‘dialogo (...)
il dialogo non è soltanto uno scambio di idee. In qualche modo esso
è sempre uno ‘scambio di doni’. Per questo motivo, anche il decreto
conciliare sull’ecumenismo pone in primo piano tutti gli sforzi per
eliminare parole, giudizi e opere che non rispecchiano con equità e verità
la condizione dei fratelli separati e perciò rendono più difficili le
mutue relazioni con essi. Questo documento affronta la questione dal punto
di vista della chiesa cattolica e si riferisce al criterio che essa deve
applicare nei confronti degli altri cristiani. Vi è però in tutto questo
un’esigenza di reciprocità. Attenersi a tale criterio è impegno di
ciascuna delle parti che vogliono fare dialogo ed è condizione previa per
avviarlo. Occorre passare da una posizione di antagonismo e di conflitto a
un livello nel quale l’uno e l’altro si riconoscono reciprocamente partner.
Quando si inizia a dialogare, ciascuna delle parti deve presupporre una
volontà di riconciliazione nel suo interlocutore, di unità nella
verità. Per realizzare tutto questo, le manifestazioni del reciproco
contrapporsi debbono sparire. Soltanto così il dialogo aiuterà a
superare la divisione e potrà avvicinare all’unità (....) Il dialogo
ecumenico ha un importanza essenziale. Infatti con questo dialogo tutti
acquistano una conoscenza più vera e una più giusta stima della
dottrina e della vita di entrambe le comunioni, e inoltre quelle comunioni
conseguono una più ampia collaborazione in qualsiasi dovere
richiesto da ogni coscienza cristiana per il bene comune e, nel modo come
è permesso, si radunino per pregare assieme’ (Il Regno, N° 752,
pag. 399,400). |
Eccoci al
dialogo a cui ho accennato prima, e che il Vaticano considera molto
importante tenere con noi. Innanzi tutto bisogna dire che il Vaticano ha
deciso, per rendere fruttuosi i suoi dialoghi con alcune chiese cristiane
evangeliche, di eliminare dai suoi discorsi tutte quelle parole e giudizi
e comportamenti che rendono più difficile il suo dialogo con esse;
infatti è da notare che quando parla ufficialmente dei Protestanti non li
definisce né sette e neppure eretici e apostati; ma li chiama ‘fratelli
separati’, ‘gli altri cristiani’, ‘comunità ecclesiali’, e
‘le altre chiese’ che sono tutti termini che fanno apparire la chiesa
cattolica romana gioiosa per la nostra esistenza, e fanno credere che essa
ci riconosce come Cristiani anche se non facciamo parte di essa. Certo, a
differenza di molti papi del passato, Giovanni Paolo II è uno di quelli
che usa belle parole verso noi. Però, quantunque la chiesa romana usi
questi termini verso noi essa afferma che le stesse chiese e comunità
separate, hanno delle carenze perché, come dice il decreto
sull’ecumenismo, ‘solo per mezzo della cattolica chiesa di Cristo, che
è lo strumento generale della salvezza, si può ottenere tutta la
pienezza dei mezzi di salvezza’. E qui cade di nuovo in contraddizione!
Ma che cosa vuole dire con queste parole? Che noi non possediamo tutta la
pienezza dei mezzi di salvezza, perché questa la possiede solo lei! Ma
allora siamo perduti? Affatto, perché noi abbiamo conosciuto Cristo Gesù,
il Salvatore del mondo. Egli dimora in noi e della sua pienezza noi
abbiamo ricevuto e grazia sopra grazia. In lui noi abbiamo tutto
pienamente; perché "Cristo è ogni cosa e in tutti" (Col.
3:11). Certo, noi non possediamo i sette sacramenti che ha la chiesa
cattolica e che essa definisce i mezzi della salvezza, ma vogliamo
ricordare che la salvezza si ottiene per mezzo di una persona, Cristo Gesù,
che è lo strumento della salvezza di Dio. E’ la fede in lui che salva,
non la pratica dei sacramenti cattolici. Ma veniamo a questo dialogo.
Giovanni Paolo II fa chiaramente capire che il dialogo con ‘le altre
chiese’, per essere fruttuoso, esige che anche ‘gli altri cristiani’
eliminino parole e giudizi che possono urtare gli animi dei Cattolici e
rendere difficile il dialogo. Che significa questo? Significa che noi se
vogliamo metterci a dialogare con loro dobbiamo metterci a chiamarli
fratelli, Chiesa di Dio; non dobbiamo dirgli che la dottrina del
purgatorio è un’eresia, che il culto a Maria è idolatria, che il papa
non è né il capo della Chiesa e neppure il successore di Pietro; che la
salvezza è impossibile ottenerla per mezzo dei loro sacramenti e tante
altre cose. Insomma ci dovremmo mettere a discutere delle cose relative al
regno di Dio alla loro maniera, dicendogli che hanno ragione pure loro e
che noi riconosciamo che anche in loro c’è la verità, e perché? Per
non urtarli, e per non porre ostacoli al dialogo!! Sia ben chiaro
fratelli; con i Cattolici non si può e non si deve mai passare da una
posizione di antagonismo ad un livello nel quale si accettano come
fratelli o si riconoscono i loro sacramenti o altre loro eresie. Chi si
mette a farlo si corrompe; chi lo fa diventa sale insipido che non serve
più a nulla. Badate dunque a voi stessi. Non vi lasciate trarre in
inganno da questi loro sofismi. La verità è una; e non si trova nei riti
e nelle dottrine della chiesa cattolica; quindi c’è poco da dialogare.
Bisogna esortarli a ravvedersi e a credere nel Vangelo! Noi non siamo
affatto disposti ad abbassare la guardia e a smettere di contrapporci
all’arroganza e alle menzogne della chiesa cattolica romana. Paolo disse
a Timoteo: "Ti ripeto l’esortazione che ti feci quando andavo in
Macedonia, di rimanere ad Efeso per ordinare a certuni che non insegnino
dottrina diversa né si occupino di favole e di genealogie senza fine, le
quali producono questioni, anziché promuovere la dispensazione di Dio,
che è in fede" (1 Tim. 1:3,4); ed a Tito disse che il vescovo deve
essere "attaccato alla fedel Parola quale gli è stata insegnata,
onde sia capace d’esortare nella sana dottrina e di convincere i
contraddittori. Poiché vi son molti ribelli, cianciatori e seduttori di
menti... ai quali bisogna turar la bocca.." (Tito 1:9-11); quindi
ogni ministro di Dio è chiamato a convincere i contraddittori, e a turare
la bocca a coloro che insegnano cose perverse per amore di disonesto
guadagno. Non mi sembra che Paolo abbia detto a Timoteo o a Tito di
mettersi a dialogare attorno ad un tavolo con i ribelli per cercare un
accordo con loro, e per conoscere meglio le loro dottrine per essere
arricchito spiritualmente! Quando il proconsole Sergio Paolo, chiamati a sé
Barnaba e Saulo, chiese di udire la Parola di Dio, è detto che Elima, un
falso profeta Giudeo, cercava di stornare il proconsole dalla fede. Ma che
fece Paolo? Gli disse fraternamente: ‘Ascolta caro fratello Elima,
cerchiamo di dialogare, e così capirai che noi stiamo dicendo il vero?
Affatto, ma gli disse: "O pieno d’ogni frode e d’ogni furberia,
figliuol del diavolo, nemico d’ogni giustizia, non cesserai tu di
pervertir le diritte vie del Signore? Ed ora, ecco, la mano del Signore è
sopra te, e sarai cieco, senza vedere il sole, per un certo tempo. E in
quell’istante, caligine e tenebre caddero su lui; e andando qua e là
cercava chi lo menasse per la mano" (Atti 13:10,11). Quando Stefano
parlò davanti al Sinedrio, disse loro: "Gente di collo duro e
incirconcisa di cuore e d’orecchi, voi contrastate sempre allo Spirito
Santo; come fecero i padri vostri, così fate anche voi. Qual dei profeti
non perseguitarono i padri vostri? E uccisero quelli che preannunziavano
la venuta del Giusto, del quale voi ora siete stati i traditori e gli
uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non
l’avete osservata" (Atti 7:51-53). Ecco come si espressero degli
uomini pieni di Spirito Santo verso coloro che contrastavano lo Spirito
Santo. Elima pervertiva le diritte vie del Signore e cercava di stornare
il proconsole dalla fede; e il Sinedrio contrastava lo Spirito Santo,
tutte cose che fa pure la curia romana; perché anch’essa cerca di
stornare le persone dalla fede e contrasta lo Spirito Santo e perverte le
diritte vie del Signore; e noi che faremo? Lasceremo che essi dicano tutto
quello che vogliono, senza levare la nostra voce di protesta contro di
loro? Così, non sia! Non ci tacceremo; non smetteremo di contrapporci a
costoro; ma con la grazia di Dio vogliamo turare la loro bocca affinché
le persone comprendano di essere state ingannate da essi. Badate a voi
stessi, o ministri del Vangelo perché la chiesa cattolica romana cerca
con le sue dolci parole in tutte le maniere di renderci malleabili; per
dirigere le cose nella direzione che essa vuole. Sappiate che voi siete
nella verità e loro sono nell’errore; voi siete nella luce e loro nelle
tenebre; voi siete salvati e loro perduti; voi potete arricchire loro ma
loro possono solo derubarvi la vostra ricchezza! Portate il messaggio
dell’Evangelo ai Cattolici; ma con ogni franchezza; senza celare loro
nulla; non lusingateli altrimenti Dio chiederà conto del loro sangue alla
vostra mano. Sono loro che devono riconoscere che noi siamo nella verità;
sono loro che devono tornare a noi e non noi a loro. Sono loro che devono
riconoscere i nostri ordinamenti e non noi i loro sacramenti! Noi lo
diciamo chiaramente: noi conosciamo già a fondo le dottrine cattoliche, e
non abbiamo bisogno di dialogare con loro per acquistare una conoscenza più
vera di esse, e meno che meno per acquistare una più giusta stima di
esse. Ma io domando a coloro che sono in favore di questi dialoghi
ecumenici: ‘Ma quale più giusta stima pensate si può acquistare delle
eresie della chiesa cattolica romana che hanno menato nel soggiorno dei
morti decine e decine di milioni di persone di tutto il mondo fino a
questo presente giorno? No, noi non possiamo acquistare nessuna stima
delle eresie della chiesa cattolica romana; possiamo e dobbiamo solo
confutarle e riprovarle privatamente e pubblicamente. Non ci sono
alternative! |
Ÿ
‘...Il dialogo è anche strumento naturale per mettere a confronto i
diversi punti di vista e soprattutto esaminare quelle divergenze che sono
di ostacolo alla piena comunione dei cristiani tra di loro. Il decreto
sull’ecumenismo si sofferma, in primo luogo, a descrivere le
disposizioni morali con le quali vanno affrontate le conversazioni
dottrinali: Nel dialogo ecumenico i teologi cattolici, restando fedeli
alla dottrina della chiesa, nell’investigare con i fratelli separati i
divini misteri devono procedere con amore della verità, con carità e
umiltà... ‘ (Il Regno, N° 752, pag. 401). |
Continuiamo a
parlare di questo dialogo che la chiesa cattolica romana dopo il concilio
Vaticano II ha instaurato con molte Chiese evangeliche, tra cui anche
diverse chiese pentecostali (il dialogo con i Pentecostali è iniziato
ufficialmente nel 1972 e prosegue tuttora). Come potete vedere a distanza
di trenta anni dal concilio Vaticano II (che ha segnato l’inizio dello
sforzo ecumenico cattolico) il capo della chiesa cattolica romana si
esprime a riguardo di questo dialogo dicendo che i teologi romani devono
rimanere fermi nella dottrina cattolica romana in questo dialogo con i
‘fratelli separati’. Questo significa che non devono cedere su nessun
punto, ma portare avanti le loro dottrine senza vacillare; e sono passati
ben trent’anni dalla fine del concilio Vaticano II! Ma allora è
inevitabile domandarsi; ‘Ma se parlano in questa maniera perché cercano
in tutte le maniere il dialogo con le Chiese evangeliche? Le conoscono
bene quali siano le abissali divergenze dottrinali che ci separano da
loro; quindi, secondo noi, è falsa la loro affermazione secondo la quale
essi cercano il dialogo con noi per conoscere meglio quello che noi
insegniamo e per acquistare una più giusta stima della dottrina che
professiamo. Giovanni Paolo II ha definito anche il dialogo con i
Cristiani evangelici uno scambio di doni; ma quali sono questi doni che
durante questi ultimi tre decenni hanno preso dagli Evangelici? Nessuno;
difatti nel Catechismo della chiesa cattolica del 1993, a cura di
Rino Fisichella, che è presentato ai Cattolici da lui stesso ci sono le
stesse dottrine che ci sono sul Nuovo manuale del catechista di
Giuseppe Perardi del 1939. I fatti parlano chiaro; hanno tenuto tanti e
tanti dialoghi e sono rimasti fermi su tutti i loro punti dottrinali! Non
è questo un segno sufficiente per capire che questo loro dialogo che
vogliono avere con gli Evangelici ha come fine quello di strappare loro
delle concessioni e di offrirgli la loro amicizia e ‘fraternità’ a
condizione che essi facciano un qualche compromesso? Facciamo un esempio
per fare comprendere ciò; il Vaticano vuole il reciproco riconoscimento
dei battesimi difatti lo stesso Giovanni Paolo II ha detto: ‘Il Direttorio
per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo auspica
un reciproco e ufficiale riconoscimento dei battesimi. Ciò che va ben al
di là di un atto di cortesia ecumenica e costituisce una basilare
affermazione ecclesiologica’ (ibid., pag. 403). Che significa
tutto ciò? Significa che se noi riconosciamo il loro battesimo essi
riconosceranno ufficialmente anche il nostro; ma per riconoscere il loro
battesimo per infusione dovremmo non solo dare un altro significato al
battesimo perché dovremmo dire che esso cancella i peccati, ma dovremmo
pure affermare che esso può essere ministrato agli infanti e per
infusione perché è valido lo stesso. Quindi è da escludersi nella
maniera più assoluta che noi ci mettiamo a barattare la verità sul
battesimo in cambio della ‘fraternità’ cattolica. Ma non tutti sono
disposti a disconoscere il battesimo per infusione della chiesa cattolica
romana, perché sanno che il dialogo ecumenico in questo caso si
interromperebbe o subirebbe un grave colpo. Tra costoro c’è Cecil M.
Robeck Jr. che è un membro di spicco delle Assemblee di Dio americane che
da anni dialoga a livello ufficiale con la chiesa cattolica romana. In un
suo scritto (redatto assieme a Jerry L. Sandidge che ora è morto ma che
al tempo era membro anche lui delle Assemblee di Dio americane) afferma
quanto segue: ‘Noi crediamo che i paralleli che esistono fra la pratica
Pentecostale della dedicazione degli infanti e la pratica Cattolica Romana
del battesimo degli infanti possiedono una grande promessa per
l’apprezzamento e la comprensione reciproci (hold great promise for
mutual understanding and appreciation). Noi suggeriamo quindi che il
battesimo dei credenti (sia esso dei bambini di età appropriata che degli
adulti) continui ad essere affermato nella teologia e nella pratica
Pentecostale e che il battesimo degli infanti compiuto in un’altra
famiglia confessionale Cristiana può essere visto come un alternativa
accettabile ed equivalente basata su considerazioni storiche e teologiche.
Così, se una persona che si unisce a una chiesa Pentecostale era stata
battezzata da infante o da bambino e se quel battesimo è stato vivificato
e reso pieno di significato attraverso un susseguente e incontro
spirituale con Cristo, i Pentecostali non hanno bisogno di insistere sul
battesimo in acqua da adulti’ (Cecil M. Robeck, Jr., and Jerry L.
Sandidge, ‘The ecclesiology of Koinonia and baptism: a pentecostal
perspective’, [L’ecclesiologia della koinonia e del battesimo: una
prospettiva pentecostale] in Journal of Ecumenical Studies
[Giornale di studi ecumenici], 27:3. Summer 1990, pag. 531). E allora che faranno? Lo vedremo presto; perché la chiesa cattolica
romana sta facendo forza affinché le Chiese evangeliche con cui dialoga
riconoscano il suo battesimo e la sua dottrina sul battesimo. Ma comunque
non importa se alcune Chiese evangeliche riconosceranno il battesimo
cattolico; noi continueremo a ribadire che il battesimo cattolico romano
è nullo. Ma il fatto è che se la chiesa cattolica romana strapperà a
certe Chiese evangeliche il riconoscimento del suo battesimo, allora sarà
incoraggiata a proseguire su questa linea, e cercherà subito di strappare
un altro riconoscimento ancora più importante per lei che è quello della
sua messa. Voi sapete che la messa, o eucaristia, secondo la dottrina
cattolica è la ripetizione del sacrificio di Cristo; quindi se qualche
Chiesa evangelica riconoscerà la sua messa vuole dire che riconoscerà in
essa la ripetizione del sacrificio di Cristo, il che significa dire
‘amen’ ad una bestemmia. Non vi illudete voi che siete per
l’ecumenismo con la chiesa cattolica romana; perché il fine che si
propone il Vaticano è quello di portare gli Evangelici a riconoscere la
sua messa e a parteciparvi. Lo ha detto chiaramente lo stesso Giovanni
Paolo II quando ha detto: ‘E’ come se noi dovessimo sempre ritornare a
radunarci nel cenacolo del Giovedì santo, sebbene la nostra presenza
insieme, in tale luogo, attenda ancora il suo perfetto compimento, fino a
quando, superati gli ostacoli frapposti alla perfetta comunione
ecclesiale, tutti i cristiani si riuniranno nell’unica celebrazione
dell’eucaristia’ (Il Regno, N° 752, pag. 398). Quindi non vi
lasciate trarre in inganno dalle loro dolci parole; perché questa loro
cosiddetta fraternità che essi sbandierano e vi offrono ha un prezzo: la
verità. Che farete dunque? Venderete la verità in cambio della loro
amicizia, o direte: ‘No, noi non possiamo spostare i limiti posti dagli
apostoli’? Io vi dico: Non vendete la verità; difendetela strenuamente
anche dinanzi ai Cattolici: disconoscete tutte le loro eresie; turategli
la bocca e ritiratevi da questo dialogo che avete intrapreso con loro
inutilmente. |
Ÿ
‘Quanto detto sopra a proposito del dialogo ecumenico dalla conclusione
del concilio in poi induce a rendere grazie allo Spirito di verità
promesso da Cristo Signore agli apostoli e alla chiesa (cf. Gv 14,26).
E’ la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità
dei cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa a un
ambito tanto vasto. Ciò è già un immenso dono che Dio ha concesso e che
merita tutta la nostra gratitudine (..) Uno sguardo d’insieme sugli
ultimi trent’anni fa meglio comprendere molti dei frutti di questa
comune conversione al Vangelo di cui lo Spirito di Dio ha fatto strumento
il movimento ecumenico. Avviene ad esempio che - nello stesso spirito del
discorso della montagna - i cristiani appartenenti a una confessione non
considerino più gli altri cristiani come nemici o stranieri, ma vedano in
essi dei fratelli e delle sorelle. D’altro canto, persino
all’espressione fratelli separati, l’uso tende a sostituire
oggi vocaboli più attenti a evocare la profondità della comunione -
legata al carattere battesimale - che lo Spirito alimenta malgrado le
rotture storiche e canoniche. Si parla degli ‘altri cristiani’, degli
‘altri battezzati’, dei ‘cristiani delle altre comunità’. Il Direttorio
per l’applicazione dei principi e delle norme sull’ecumenismo
designa le comunità alle quali appartengono quei cristiani come ‘chiese
e comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la chiesa
cattolica’ (...) In una parola, i cristiani si sono convertiti a una
carità fraterna che abbraccia tutti i discepoli di Cristo’ (ibid.,
pag. 402). |
In questa
parte del suo discorso, Giovanni Paolo II mostra la sua gioia per i
progressi che si sono fatti in questo dialogo ecumenico con molte Chiese
evangeliche incominciato trent’anni fa circa. Egli ha ragione nel dire
che ‘è la prima volta nella storia che l’azione in favore dell’unità
dei cristiani ha assunto proporzioni così grandi e si è estesa a un
ambito tanto vasto’, perché in effetti non ci sono mai state così
tante chiese cristiane evangeliche di tutte le denominazioni, comprese
anche delle denominazioni pentecostali, che hanno intrattenuto questo
dialogo ecumenico con i Cattolici romani, come ci sono oggi. All’inizio
erano poche, ma adesso sono veramente tante. Noi siamo grandemente
rattristati invece nel vedere ciò, ma anche preoccupati per molti nostri
fratelli i cui pastori li trascinano in questa fossa dell’ecumenismo con
i Cattolici romani. Ma questo segno non è altro che uno degli albori
della apostasia che deve esserci prima della venuta del Signore; devono
avvenire queste cose; perciò non ce ne meravigliamo. Paolo ha detto che
"un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta" (1 Cor. 5:6);
per questo non c’è da meravigliarsi se questo cancro dell’ecumenismo
si è diffuso così tanto nel corpo di Cristo. Ora, noi consideriamo un
dato molto preoccupante che i Cattolici, a livello ufficiale, si siano
messi a chiamare molti Cristiani evangelici ‘fratelli separati’; e non
più eretici, o apostati; perché questo sta a dimostrare come molti di
coloro che si rifanno nei punti cardini della loro dottrina alla Riforma,
hanno smesso di protestare contro la chiesa cattolica romana, hanno smesso
di combattere per l’Evangelo come fecero alcuni secoli fa i riformatori.
Ma perché siamo giunti a questa conclusione? Perché al tempo della
Riforma, cioè circa quattrocento anni fa, in Europa e nel mondo i papi
non chiamavano ‘fratelli separati’ Calvino, Lutero e molti altri, ma
li chiamavano con ogni sorta di appellativo spregevole! Basta andare a
rispolverare alcuni dei libri dei teologi cattolici di quel tempo, o anche
leggere discorsi dei papi d’allora per rendersene conto. Come mai allora
questo cambiamento di espressioni da parte cattolica, quando le sue
dottrine di demoni sono rimaste nella sostanza le stesse, anzi ve ne sono
aggiunte molte altre e noi ci atteniamo ancora in diversi punti alle
dottrine proclamate dai riformatori? E’ semplice; perché molti di
quelli che essa chiama Protestanti, non protestano più contro di essa,
come facevano i loro predecessori! Ma il motivo è anche un altro; la
chiesa cattolica romana col passare del tempo si è resa conto che molte
persone uscivano da essa per unirsi a noi, e che con la forza non
riuscivano a farli tornare nel suo seno; quindi ha cambiato tattica. Oggi
usa le lusinghe, i riconoscimenti e tante altre astuzie ad essi collegati
per fare tornare in essa quelli che l’hanno lasciata. Non è qualche
cosa da sottovalutare questo cambiamento di atteggiamento formale da parte
della chiesa cattolica, perché con esso, in molti casi, è riuscita ad
ammorbidire e talvolta a fare scomparire la protesta di molti Cristiani
evangelici. Questo lo si può constatare anche dal fatto che oggi molti,
proprio perché la chiesa cattolica romana apparentemente si umilia e dice
di riconosce in noi dei Cristiani, non vogliono più polemizzare con essa,
ossia non vogliono che si confutino con vigore e con ogni franchezza le
sue dottrine, come si faceva una volta; perché questo potrebbe
raffreddare il dialogo che hanno instaurato con i ribelli. Dove sono oggi
i libri dove vengono messe a nudo le eresie della chiesa romana e vengono
annullate mediante la Scrittura? Dove sono oggi i predicatori che
denunciano dal pulpito con ogni franchezza le dottrine di questa
organizzazione come facevano secoli addietro i riformatori? Si possono
veramente contare; perché si fanno sempre più rari col tempo. Ecco una
delle cose che ha prodotto questo dialogo ecumenico! Ma a questo punto,
bisogna dire anche che è molto preoccupante e rattristante constatare che
molti di quelli che si dicono Cristiani evangelici si sono messi a
chiamare i Cattolici, ‘cristiani’, ‘fratelli’; perché? Perché
allora viene di domandarsi: Ma allora non c’è più bisogno di predicare
il ravvedimento e la fede ai Cattolici, se essi sono tutti dei nostri
fratelli? Sono già salvati; quindi che bisogno c’è di scongiurarli a
salvarsi? Ma qui il fatto è che bisogna predicare il ravvedimento e la
fede a quei cosiddetti Cristiani evangelici che o non sono mai nati di
nuovo o che hanno perduto il discernimento. A voi che portate il nome di
Cristiani evangelici ma che non siete affatto dei Cristiani, io vi dico;
Ravvedetevi e credete al Vangelo per ottenere la remissione dei vostri
peccati e scampare all’ira a venire’; e a voi fratelli che invece
siete stati ingannati dalle lusinghe papali diciamo invece: Ravvedetevi e
tornate al Signore dal quale vi siete allontanati per cercare il favore
dei Cattolici romani. |
Ÿ
‘...Accade sempre più spesso che i responsabili delle comunità
cristiane prendano insieme posizione, in nome di Cristo, su problemi
importanti che toccano la vocazione umana, la libertà, la giustizia, la
pace, il futuro del mondo. Così facendo essi ‘comunicano’ in uno
degli elementi costitutivi della missione cristiana; ricordare alla società,
in un modo che sappia essere realista, la volontà di Dio, mettendo in
guardia le autorità e i cittadini perché non seguano la china che
condurrebbe a calpestare i diritti umani (....) Numerosi cristiani di
tutte le comunità, a motivo della loro fede, partecipano insieme a
progetti coraggiosi che si propongono di cambiare il mondo nel senso di
fare trionfare il rispetto dei diritti e dei bisogni di tutti, specie dei
poveri, degli umiliati e degli indifesi. Nella lettera enciclica Sollicitum
rei socialis ho constatato con gioia questa collaborazione,
sottolineando che la chiesa cattolica non può sottrarvisi (...) Oggi
constato con soddisfazione che la già vasta rete di collaborazione
ecumenica si estende sempre più. Anche per influsso del Consiglio
ecumenico delle chiese si compie un grande lavoro in questo campo’ (Il
Regno, N° 752, pag. 403). |
Cambiare il
mondo per fare trionfare la giustizia! questo è dunque il progetto della
chiesa cattolica romana, e in questo suo progetto ha trascinato e sta
trascinando pure molte Chiese evangeliche. Cominciamo col dire che è un
inganno pensare che si può cambiare questo mondo e far trionfare la
giustizia in esso; Gesù quando venne in questo mondo non cambiò il
mondo, nel senso che ai suoi giorni continuarono ad esserci i poveri, i
perseguitati a cagione di giustizia, e quelli che subivano ogni sorta di
soprusi, e di conseguenza continuarono ad esserci coloro che procacciavano
il male del loro prossimo. Anche ai giorni degli apostoli, il mondo
continuò ad essere lo stesso; difatti continuarono ad esserci le
ingiustizie sociali. Ma sia Gesù che gli apostoli non si impegnarono
nella lotta sociale per fare trionfare la giustizia sociale. Loro
predicarono l’Evangelo e molti si ravvidero e credettero in esso, fecero
del bene agli uomini; ma non si misero in testa che potevano cambiare il
mondo e fare trionfare il rispetto dei diritti di tutti. Loro stessi erano
poveri e furono perseguitati a motivo di giustizia; subirono ogni sorta di
ingiustizie, furono nel bisogno, abbandonati e derisi dai loro nemici;
eppure sopportarono tutto ciò con pazienza sapendo di essere stati
chiamati a questo. Ed anche noi non ci illudiamo; se vogliamo seguire le
orme di Cristo e quelle degli apostoli, anche i nostri diritti saranno
calpestati dagli uomini; anche noi subiremo ingiustizie di ogni genere
dagli uomini che non conoscono Dio perché Gesù ha detto: "Se hanno
perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Giov. 15:20), e Paolo ha
detto che "tutti quelli che voglion vivere piamente in Cristo Gesù
saranno perseguitati" (2 Tim. 3:12). La Chiesa di Dio che vuole
condursi in modo degno del Vangelo sarà perseguitata; non può essere
altrimenti. Queste sono le ragioni per cui noi crediamo che, in qualsiasi
caso, non ci si deve mettere in testa il pensiero che se ci mettiamo tutti
assieme, potremo levare la nostra voce in favore della giustizia in
maniera più forte e trasformare questo mondo di tenebre. Ma questo è
proprio quello che la chiesa romana vuole fare pensare agli altri. State
attenti perché questo modo di parlare della chiesa romana ha come fine
quello di distrarvi dal buon combattimento e coinvolgervi nella politica.
Sì, nella politica a cui essa da molti secoli si dà; non dimenticate che
la chiesa romana è politica. Noi credenti non abbiamo nessuna intenzione
di darci alla politica o di fare politica per cercare di fare trionfare il
diritto in questo mondo. Noi, la politica la lasciamo fare a quelli che
Dio a preposti a farla, e per loro preghiamo affinché Dio li guidi e li
aiuti. Giovanni Paolo II è a capo di un impero temporale; quindi parla e
si comporta da uomo potente della terra; per questo non parla e non vive
come Gesù Cristo o come l’apostolo Pietro di cui si dice il successore.
Ed essendo capo di uno Stato anche lui cerca di salvaguardare gli
interessi del suo Stato, e di estendere in una maniera o nell’altra il
suo potere nel mondo; esattamente quello che hanno fatto i suoi
predecessori durante i secoli passati. Quindi è comprensibile che lui
parli di lotta sociale e di iniziative che hanno come fine quello di
persuadere le autorità di uno Stato a fare o non fare qualche cosa. Ha il
potere di farlo e lo fa. Ma il fatto è che lui sta cercando di
coinvolgere in questa lotta politica, perché tale è, anche noi che dalla
politica ce ne dobbiamo stare fuori e lontano per non corromperci. Ma
badate che il fine che egli si propone non è quello di fare trionfare il
rispetto dei diritti; ma il rispetto verso di lui e verso la chiesa
cattolica romana. E’ manifesto questo, chi ha gli occhi aperti lo vede
bene tutto ciò. Quello che invece noi vogliamo fare è annunciare il
ravvedimento e la parola della fede alla chiesa cattolica romana e
denunciare le sue eresie, le sue ipocrisie, le sue falsità, che tengono
milioni di persone lontano dalla giustizia di Dio che è in Cristo Gesù.
Questa è la lotta che noi perseguiamo. Certo, sappiamo che non tutta la
chiesa cattolica romana si convertirà al Signore; comunque vogliamo fare
di tutto affinché molti suoi carcerati vengano alla conoscenza della
verità e siano così liberati dal giogo di questa religione organizzata.
Quindi, per concludere; il papa dei Cattolici è contento che molte Chiese
evangeliche si impegnano, come fa lui ed assieme a lui, a livello politico
per fare trionfare il rispetto dei diritti; o meglio per estendere il loro
potere temporale sulla terra dimenticando che il regno di cui Cristo, il
capo della Chiesa, è a capo non è di questo mondo. Noi perciò siamo
rattristati nel constatare che anche delle Chiese evangeliche vogliono
costituire il loro papato sulla terra, e riproviamo questo loro
comportamento fatto di compromessi, di interessi personali, di menzogne e
di ipocrisie. La Chiesa di Dio deve predicare il Vangelo agli uomini e
pregare per la loro salvezza; perché solo se gli uomini accettano il
Vangelo potranno mettersi a procacciare la giustizia e il bene altrui. |
Ÿ
‘I progressi della conversione ecumenica sono significativi anche in un
altro settore, quello relativo alla Parola di Dio. Penso prima di tutto a
un evento così importante per svariati gruppi linguistici come le
traduzioni ecumeniche della Bibbia (....) Tali traduzioni, opera di
specialisti, offrono generalmente una base sicura alla preghiera e
all’attività pastorale di tutti i discepoli di Cristo. Chi ricorda
quanto abbiano influito sulle divisioni, specie in Occidente, i dibattiti
attorno alla Scrittura, può comprendere quale notevole passo in avanti
rappresentino tali traduzioni comuni’ (Il Regno, N° 752, pag.
403). |
Eccoci ora ad
un altro argomento importante, che è quello delle traduzioni della Bibbia
fatte tra Cattolici e Protestanti. Giovanni Paolo II parla di progressi,
di passo in avanti e si mostra soddisfatto per queste traduzioni; ma noi
dal canto nostro non possiamo parlare affatto di progressi perché
constatiamo che queste traduzioni ecumeniche portano l’impronta del
cattolicesimo romano, innanzi tutto perché contengono i libri apocrifi
che non sono ispirati, poi perché la Parola di Dio risulta adulterata in
molti punti, e poi perché contengono note esplicative ambigue in taluni
casi, e confermanti le dottrine cattoliche in altri. Insomma sono delle
Bibbie di compromesso inaffidabili. Ma d’altronde che cosa ci si poteva
aspettare da una traduzione fatta tra i traduttori Cattolici che sono
specializzati sia nell’adulterare la Parola di Dio e sia nel mettere le
note esplicative del magistero romano, e persone di Chiese evangeliche che
per portare avanti questo dialogo ecumenico sono disposti a fare
compromessi a scapito della Parola di Dio e della sana dottrina? Per farvi
comprendere perché Giovanni Paolo II si mostri soddisfatto per le
traduzioni ecumeniche sottopongo ora alla vostra attenzione alcuni passi
(con o senza le note esplicative di alcuni di essi) di alcune di queste
traduzioni. |
T.O.B
(Torino 1976). |
A)
‘Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo
del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la
conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù’ (Matt. 1:24,25).
La nota dice che ‘il testo non permette di affermare che Maria abbia
avuto in seguito rapporti con Giuseppe’. E ci credo che il testo non lo
permette; è stato adulterato! Il testo originale dice: "E non la
conobbe finch’ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù"
(Matt. 1:25); da questo testo si apprende che Giuseppe dopo che Maria
partorì Gesù la conobbe, cioè ebbe delle relazioni carnali con lei. Il
che poi è confermato dal fatto che egli ebbe dei figli e delle figlie da
Maria. |
B) ‘Mentre
egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori
in disparte, cercavano di parlargli’ (Matt. 12:46). La nota dice:
‘Nella Bibbia, come ancora oggi in Oriente, la parola fratelli può
indicare i figli della stessa madre, ma anche i parenti prossimi (Cf Gn
13,8; 14,16; 29,15; Lv 10,4; I Cr 23,22). Qui, il discorso nella nota è
giusto perché in effetti talvolta nella Bibbia il termine fratelli indica
anche dei parenti prossimi come cugini nipoti ecc., ma è evidente che una
tale nota non s’addice affatto in riferimento ai fratelli di Gesù;
perché? Perché noi siamo sicuri che i fratelli di Gesù di cui Matteo
parla in questo passo sono i figli di sua madre e non suoi cugini o
nipoti; e non ci mettiamo a pensare neppure per un attimo che questi
fratelli potessero essere dei suoi parenti prossimi. Una tale nota posta
in questo passo fa comprendere ancora una volta quanto lo spirito
ecumenico possa influire negativamente non solo nella traduzione ma anche
nel commento alle note. In questa nota, nessuno si sbilancia; nessuno
prende posizione, si lascia al lettore di pensare che i fratelli di Gesù
potevano essere i figli di sua madre ma anche che potevano essere i suoi
parenti prossimi. Ecco una forma di compromesso ecumenico che tende a
soffocare la verità che Maria non è rimasta vergine perché Giuseppe,
dopo che nacque Gesù, ebbe da lei dei figli. |
C) ‘Quando
però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo
amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di
giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di
rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo’ (Tito 3:4,5). La
nota in riferimento al lavacro di rigenerazione dice: ‘Allusione al
battesimo’. Perché? Per accontentare i Cattolici che affermano che il
battesimo degli infanti rigenera. Ma le parole di Paolo a Tito non fanno
allusione al battesimo, ma alla rigenerazione compiuta in noi dall’acqua
della Parola di Dio. |
D) ‘Perciò,
fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso così
dalla nostra parola come dalla nostra lettera’ (2 Tess. 2:15). La nota
dice: ‘Si può pensare alla prima lettera canonica. Ma Paolo, per mezzo
di Timoteo, ha avuto altre occasioni di comunicare con i tessalonicesi. Le
tradizioni sono le verità riguardanti la fede e la vita cristiana,
che Paolo ha ricevuto dalla Chiesa primitiva e che insegna, a sua volta,
alle comunità da lui fondate’. Perché questa nota dice questo? Per
sostenere la tradizione cattolica che, secondo la curia romana, è
l’insegnamento degli apostoli trasmesso a voce ma non scritto. Nella
nota c’è una menzogna perché Paolo non ricevette verità riguardanti
la fede e la vita cristiana dalla Chiesa primitiva perché lui
l’Evangelo non lo ricevette e non lo imparò da nessun uomo ma lo
ricevette per rivelazione di Gesù Cristo. Basta ricordare, per confermare
ciò, che a riguardo della cena del Signore l’apostolo non ha detto di
averla trasmessa come l’aveva ricevuta dagli apostoli ma come l’aveva
ricevuta dal Signore stesso! |
E) ‘Ora,
mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione,
lo spezzò e lo diede ai discepoli...’ (Matt. 26:26). La nota dice:
‘Matteo presuppone, senza dirlo esplicitamente come Lc (22,19) o Paolo
(I Cor 11,24), che i discepoli devono fare questo in memoria di Gesù. Su
iniziativa di Gesù non si tratta soltanto di ricordarsi di questo fatto o
di ripetere la Cena, ma di attualizzare il gesto sacrificale compiuto da
Gesù sulla croce e di anticipare il banchetto escatologico’. Ecco
spuntare pure la messa cattolica (la cosiddetta ripetizione del sacrificio
di Cristo) sotto le parole ‘attualizzare il gesto sacrificale compiuto
da Gesù sulla croce’! |
Questi qui
sopra citati sono solo alcune delle note fuorvianti che compaiono in
questa traduzione ecumenica fatta da ‘specialisti’! |
Parola del
Signore (Roma 1976). |
A) E Gesù le
disse (a sua madre): ‘Donna, perché me lo dici? L’ora mia non è
ancora giunta’ (Giov. 2:4,5). Perché non mettere "che v’è fra
me e te?" (Giov. 2:4)? E’ chiaro il motivo, per non fare apparire
così severa la riprensione di Gesù nei confronti di sua madre. E quindi
per innalzare in una certa maniera Maria. |
B) ‘Gesù le
dice (alla donna samaritana): ‘Dio è spirito. Chi lo adora deve
lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità di Dio’ (Giov. 4:24).
Perché non mettere "bisogna che l’adorino in ispirito e verità"
(Giov. 4:24)? E’ evidente; perché la vera traduzione rende meglio
l’idea che Dio non deve essere affatto adorato con l’ausilio di statue
e di immagini, ma solo in ispirito perché Egli è spirito. |
Parola del
Signore (Torino 1986) . |
A) ‘Perciò
nessuno può spiegare con le sue sole forze le profezie che ci sono nella
Bibbia’ (2 Piet. 1:21). Perché non mettere: "..poiché non è
dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia" (2 Piet.
1:21)? Perché in questo caso il lettore avrebbe capito che la Scrittura
non procede da vedute particolari perché gli uomini che la scrissero non
scrissero di loro volontà perché furono sospinti dallo Spirito Santo.
Mentre nel testo ‘ecumenico’ c’è ampio posto per metterci la guida
‘infallibile’ nella comprensione della Scrittura del magistero
papista. |
B) L’angelo
entrò in casa e le disse: - Ti saluto, Maria! Il Signore è con te: egli
ti ha colmata di grazia’ (Luca 1:28). Come mai i traduttori non hanno
messo "o favorita dalla grazia" (Luca 1:28) o "tu cui
grazia è stata fatta" (Luca 1:28 Diod.)? Perché così i Cattolici
possono sempre spiegare la immacolata concezione di Maria e il fatto che
ella durante la sua vita non commise mai peccato. |
C) ‘Fate
attenzione; nessuno vi inganni con ragionamenti falsi e maliziosi. Sono
frutto di una mentalità umana...’ (Col. 2:8). Come mai i traduttori
hanno fatto sparire la filosofia e la tradizione degli uomini secondo che
è scritto: "Guardate che non vi sia alcuno che faccia di voi sua
preda con la filosofia e con vanità ingannatrice secondo la tradizione
degli uomini..." (Col. 2:8)? E’ chiaro il perché: per non fare
apparire dannose la filosofia e la tradizione umana presenti ampiamente
nella chiesa cattolica romana. |
D) ‘Se
qualcuno di voi è malato, chiami i responsabili della comunità’ (Giac.
5:14). Come mai i traduttori hanno fatto sparire "gli anziani della
chiesa" secondo che è scritto: "C’è qualcuno fra voi
infermo? Chiami gli anziani della chiesa" (Giac. 5:14) ed hanno messo
i responsabili della comunità? Perché così i Cattolici possono dire che
i responsabili della comunità di cui parla Giacomo sono i preti (che però
ministrano l’estrema unzione) e i Protestanti possono dire che si tratta
del pastore o degli anziani. Ma la parola greca presbyteros va
tradotta con anziani e non con responsabili della comunità; anche se gli
anziani sono i responsabili della comunità. |
E) ‘Avete
ricevuto lo Spirito Santo quando siete diventati cristiani?’ (Atti 19:2)
Come mai i traduttori non hanno messo "quando credeste"? E’
semplice; perché per i Cattolici si diventa Cristiani e perciò si riceve
lo Spirito Santo quando da infanti si riceve il battesimo, mentre per gli
Evangelici si diventa Cristiani quando si crede da adulti e perciò si
riceve lo Spirito Santo (qui mi riferisco ad una misura di Spirito Santo e
non alla pienezza che si riceve dopo avere creduto) da adulti. E così la
traduzione accontenta ambedue le parti, ma soprattutto i Cattolici perché
in questa maniera gli Evangelici non possono dire che si riceve lo Spirito
Santo solo da adulti quando si crede, mentre i Cattolici possono dire che
il neonato riceve lo Spirito Santo senza credere!!! |
F) ‘Per
questo io ti dico che tu sei Pietro e su di te, come su una pietra, io
costruirò la mia Chiesa’ (Matt. 16:18). Perché i traduttori hanno
messo ‘su di te’ e non "su questa pietra"? Superfluo dirlo,
perché secondo i Cattolici la Chiesa di Cristo ha come pietra
fondamentale Pietro!!! Anche se la nota esplicativa cita pure questa
traduzione e fa presente che le chiese non sono concordi nella spiegazione
del testo, bisogna dire che quel ‘su di te’ odora fortemente di
cattolicesimo. E’ un compromesso, non c’è dubbio. |
G)
‘Fratelli, vi ho parlato di me e di Apollo per darvi un esempio.
Imparate a non andare oltre certi limiti’ (1 Cor. 4:6). Il testo rivisto
da Luzzi afferma invece: "Or, fratelli, queste cose le ho per amor
vostro applicate a me stesso e ad Apollo, onde per nostro mezzo impariate
a praticare il ‘non oltre quel che è scritto" (1 Cor. 4:6). Come
mai quindi non hanno messo ‘il non oltre quel che è scritto’ ma
‘oltre certi limiti’? Perché così i Cattolici possono mettere i
limiti che vogliono loro e noi non possiamo più dirgli che non si deve
praticare oltre quello che sta scritto (e quindi che non si deve osservare
la loro tradizione che non è parte della Scrittura). |
Ÿ
‘...Il fine ultimo del movimento ecumenico è il ristabilimento della
piena unità visibile di tutti i battezzati. In vista di questa mèta,
tutti i risultati raggiunti sinora non sono che una tappa, anche se
promettente e positiva (..) Da tale unità fondamentale, ma parziale, si
deve ora passare all’unità visibile necessaria e sufficiente, che si
iscriva nella realtà concreta, affinché le chiese realizzino veramente
il segno di quella piena comunione nella chiesa, una, santa, cattolica e
apostolica che si esprimerà nella concelebrazione eucaristica. Questo
cammino verso l’unità visibile necessaria e sufficiente, nella
comunione dell’unica chiesa voluta da Cristo, esige ancora un lavoro
paziente e coraggioso..’ (Il Regno, N° 752, pag. 410). |
Eccoci adesso
all’ultima parte del discorso di Giovanni Paolo II. Come potete vedere
in queste parole il papa dei Cattolici parla del fine che si propone il
movimento ecumenico che consiste nel ristabilimento visibile di tutti i
battezzati, cioè, secondo lui, di quelli che sono stati battezzati da
adulti dopo essersi ravveduti e di quelli che sono stati battezzati da
bambini senza essere mai nati di nuovo. E questo ristabilimento
dell’unità si concretizzerà, secondo lui, nella celebrazione della
messa; ossia nella celebrazione della cosiddetta ripetizione del
sacrificio di Cristo! Il papa dei Cattolici riconosce che ancora ci sono
molte divergenze dottrinali che separano i Cattolici dalle chiese
cristiane evangeliche, ma nonostante ciò si mostra ottimista visti i
progressi che si sono compiuti sulla via dell’ecumenismo e incoraggia i
suoi seguaci e quelli che lui chiama ‘gli altri cristiani’ a
proseguire per questa via. Che dire? Diremo per l’ennesima volta che noi
credenti non dobbiamo in nessuna maniera metterci a dialogare con persone
che con dolci e lusinghiere parole, con il pretesto di volere l’unità
di tutte le chiese, non vogliono fare altro che portare tutti sotto il
dominio del papato a celebrare quell’atto abominevole che è la messa!
Attenti fratelli, perché questo papa dei Cattolici è una volpe! Qualcuno
dirà: ‘Ma che dici fratello?’ Dico che questa unità visibile di
tutte le chiese è un disegno malefico che il papato ha ben preparato
nelle sue camere segrete per fare sviare i credenti dalla verità. Non vi
lasciate ingannare da questi lupi camuffati da pecore! |
Ÿ
‘...Tra tutte le chiese e comunità ecclesiali, la chiesa cattolica è
consapevole di aver conservato il ministero del successore dell’apostolo
Pietro, il vescovo di Roma, che Dio ha costituito quale perpetuo e
visibile principio e fondamento dell’unità, e che lo Spirito sostiene
perché di questo essenziale bene renda partecipi tutti gli altri. Secondo
la bella espressione di papa Gregorio Magno, il mio ministero è quello di
servus servorum Dei. Tale definizione salvaguarda nel modo migliore
dal rischio di separare la potestà (e in particolare il primato) dal
ministero, ciò che sarebbe in contraddizione con il significato di potestà
secondo il Vangelo: ‘Io sto in mezzo a voi come colui che serve’ (Lc
22,27), dice il Signore nostro Gesù Cristo, capo della chiesa. (...) La
missione del vescovo di Roma nel gruppo di tutti i pastori consiste nel
vegliare (episkopein) come una sentinella, in modo che, grazie ai
pastori, si oda in tutte le chiese particolari la vera voce di
Cristo-Pastore. Così, in ciascuna delle chiese particolari loro affidate
si realizza l’una, sancta, catholica et apostolica ecclesia.
Tutte le chiese sono in comunione piena e visibile, perché tutti i
pastori sono in comunione con Pietro, e così nell’unità di Cristo. Con
il potere e l’autorità senza i quali tale funzione sarebbe illusoria,
il vescovo di Roma deve assicurare la comunione di tutte le chiese. A
questo titolo, egli è il primo tra i servitori dell’unità. Tale
primato si esercita a svariati livelli, che riguardano la vigilanza sulla
trasmissione della Parola, sulla celebrazione sacramentale e liturgica,
sulla missione, sulla disciplina e sulla vita cristiana. Spetta al
successore di Pietro di ricordare le esigenze del bene comune della
chiesa, se qualcuno fosse tentato di dimenticarlo in funzione dei propri
interessi. Egli ha il dovere di avvertire, mettere in guardia, dichiarare
a volte inconciliabile con l’unità di fede questa o quella opinione che
si diffonde. Quando le circostanze lo esigono, egli parla a nome di tutti
i pastori in comunione con lui. Egli può anche - in condizioni ben
precise, chiarite dal concilio Vaticano I - dichiarare ex cathedra
che una dottrina appartiene al deposito della fede. Testimoniando così
della verità, egli serve l’unità (ibid., pag. 412, 413). (...)
Sono convinto di avere a questo riguardo una responsabilità particolare,
soprattutto nel costatare l’aspirazione ecumenica della maggiore parte
delle comunità cristiane e ascoltando la domanda che mi è rivolta di
trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in
nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione
nuova (....) La chiesa cattolica, sia nella sua praxis sia nei
testi ufficiali, sostiene che la comunione delle chiese particolari con la
chiesa di Roma, e dei loro vescovi con il vescovo di Roma, è un requisito
essenziale - nel disegno di Dio - della comunione piena e visibile.
Bisogna, infatti, che la piena comunione, di cui l’eucaristia è la
suprema manifestazione sacramentale, abbia la sua espressione visibile in
un ministero nel quale tutti i vescovi si riconoscano uniti in Cristo e
tutti i fedeli trovino la conferma della propria fede. La prima parte
degli Atti degli apostoli presenta Pietro come colui che parla a nome del
gruppo apostolico e serve l’unità della comunità - e ciò nel rispetto
dell’autorità di Giacomo, capo della chiesa di Gerusalemme. Questa
funzione di Pietro deve restare nella chiesa affinché, sotto il suo solo
capo, che è Cristo Gesù, essa sia visibilmente nel mondo la comunione di
tutti i suoi discepoli (ibid., pag. 414). (...) Io, Giovanni Paolo,
umile servus servorum Dei, mi permetto di fare mie le parole
dell’apostolo Paolo, il cui martirio, unito a quello dell’apostolo
Pietro, ha conferito a questa sede di Roma lo splendore della sua
testimonianza, e dico a voi, fedeli della chiesa cattolica, e a voi,
fratelli e sorelle delle altre chiese e comunità ecclesiali, ‘tendete
alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti,
vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi... La
grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello
Spirito Santo siano con tutti voi (2 Cor 13,11.13)’ (ibid.,
pag. 415). |
Per concludere
il suo lungo discorso il papa dei Cattolici non poteva essere più chiaro
sul ruolo che lui pensa di avere in questo ristabilimento dell’unità
tra le chiese e quale è il suo proposito. Abbiamo capito; lui, in
sostanza, dice che non ci può essere unità senza di lui perché lui è
il fondamento visibile di questa unità a cui Cristo ha affidato il
compito di sorvegliare pecore e pastori; e poi fa chiaramente capire che
lui vuole riunire tutti sotto di lui, affinché tutti ascoltino la vera
voce di Cristo che parla in lui naturalmente! Ecco perché noi dichiariamo
l’ecumenismo papale nient’altro che una macchinazione del diavolo per
fare tornare nel seno della chiesa cattolica quelli che per la grazia di
Dio ne sono usciti! Che non ci venite a dire dunque che siamo spietati,
senza amore fraterno e settari nel non volere accettare di dialogare con
la curia romana e in generale con i Cattolici al fine di procacciare la
loro unità; perché questo non è vero. La verità è che noi amiamo la
verità e vogliamo che essa non venga messa sotto i piedi per amore di
questa cosiddetta unità; ma coloro che cercano a tutti i costi di
mettersi d’accordo con la curia romana, quando è impossibile farlo
senza soffocare la verità, non amano la verità e non cercano neppure la
gloria che viene da Dio ma cercano la gloria che viene dagli uomini. Non
ci importa come siamo catalogati a motivo di questa nostra presa di
posizione; sappiamo però di non avere nessun rimorso e che la nostra
coscienza non ci riprende. Chi ha orecchi da udire oda. |
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IL DIALOGO CATTOLICO/PENTECOSTALE |
A livello internazionale |
Dopo alcune
discussioni preliminari iniziate nel 1970, discussioni che ebbero come
interlocutori da una parte il Segretariato per l’Unione dei Cristiani
fondato da Giovanni XXIII nel 1960 e dall’altra singoli membri di chiese
pentecostali, nel 1972 iniziarono i dialoghi internazionali tra Cattolici
e Pentecostali. Originariamente, la delegazione pentecostale fu scelta
personalmente da David Du Plessis, il quale era stato invitato anni prima a
partecipare come osservatore al concilio Vaticano II , e più tardi da suo fratello Justus, ma gradualmente alcune
denominazioni pentecostali hanno cominciato a mandare dei delegati
ufficiali. Per quanto riguarda le Assemblee di Dio degli Stati Uniti
occorre dire che non è ufficialmente rappresentata, benché a questo
dialogo vi partecipano alcuni suoi membri come Cecil Robeck, Gary McGee e
Del Tarr, ministri ordinati della denominazione americana. Prima che
iniziasse il dialogo fu detto che lo scopo di questo dialogo non era
‘interessarsi ai problemi di un’unione strutturale imminente’, ma
era che ‘la preghiera, la spiritualità e la riflessione teologica
diventino una preoccupazione a livello internazionale, sotto la forma di
un dialogo tra il Segretariato per l’Unione dei Cristiani della Chiesa
cattolica e i capi di alcune chiese pentecostali e alcuni partecipanti ai
movimenti carismatici nelle Chiese protestanti e anglicane’. |
Durante il
primo quinquennio di dialoghi furono discussi questi argomenti: battesimo
con lo Spirito Santo (1972, Horgen, Svizzera); il rapporto tra il
battesimo con lo Spirito Santo e i riti d’iniziazione, e il ruolo dello
Spirito Santo e i doni dello Spirito Santo nella tradizione mistica (1973,
Roma, Italia); teologia dell’iniziazione cristiana, natura
dell’attività sacramentale e battesimo dei bambini e degli adulti
(1974, Schloss Craheim, Germania Federale); culto pubblico, con
particolare riferimento alla celebrazione eucaristica, e dimensione umana
nell’esercizio dei doni spirituali e discernimento degli spiriti (1975,
Venezia, Italia); preghiera e lode (1976, Roma, Italia). |
Durante il
secondo quinquennio (nel 1978 non fu tenuto nessun incontro a motivo della
morte di Paolo VI) furono invece discussi i seguenti argomenti; parlare in
altre lingue e la relazione dell’esperienza con la fede (1977, Roma,
Italia); relazione tra Scrittura e tradizione, e il ministerio di
guarigione nella chiesa (1979, Roma, Italia); chiesa come comunità
adorante e tradizione e tradizioni (1980, Venezia, Italia); il ruolo di
Maria, cioè la sua intercessione, la sua venerazione, la sua maternità
ecc. (1981, Vienna, Austria); a proposito di questo incontro occorre dire
che Jerry L. Sandidge afferma che la locazione di questo dialogo
‘costituiva una particolare preoccupazione per i Pentecostali. Fu deciso
di trasferirsi fuori dall’Italia per favorire le Assemblee di Dio
italiane, che si erano opposti ad esso perché sia in Roma che in
Italia’ (Jerry L. Sandidge, Roman Catholic/Pentecostal Dialogue
(1977-1982). A Study in developing ecumenism, [Dialogo
Cattolico/Pentecostale [ 1977-1982] . Uno Studio sull’ecumenismo che si sviluppa] vol. I, Frankfurt am Main 1987, pag. 234). L’ultimo incontro di questa seconda serie di
incontri fu tenuto a Collegeville nel Minnesota, nel 1982 e fu discusso il
ministero nella chiesa. |
Durante il
terzo quinquennio furono discussi i seguenti soggetti; la comunione dei
santi (1985, Riano, Roma); ‘lo Spirito Santo e la visione
neotestamentaria della koinonia’ (1986, Sierra Madre, California, U.S.A.);
‘Koinonia, Chiesa e Sacramenti’ (1987, Venezia, Italia); ‘Koinonia e
battesimo’ (1988, Emmetten, Svizzera); Koinonia, la Chiesa come
comunione (1989, Roma). |
Nel quarto
quinquennio i temi discussi sono stati: l’evangelizzazione (1990,
Emmetten, Svizzera); il biblico e sistematico fondamento
dell’evangelizzazione (1991, Venezia, Italia); evangelizzazione e
cultura (1992, Rocca di Papa, Roma); evangelizzazione e giustizia sociale
(1993, Parigi); evangelizzazione, testimonianza e proselitismo (1994,
Kappel am Albis, Svizzera); testimonianza comune (1995, Brixen, Italia). |
Il dialogo
prosegue dunque da più di venti anni e quantunque da parte pentecostale
(come anche da parte cattolica) ci sia il riconoscimento che permangono,
dopo più di venti anni di dialoghi, delle grandi divergenze dottrinali su
diversi punti, esso non dà per nulla segno di fermarsi. E’ veramente
preoccupante dunque constatare che da parte di questi membri influenti di
queste chiese pentecostali non ci sia la risoluzione ad abbandonare questo
dialogo; ma come è possibile che non abbiano ancora capito che con questo
dialogo non si possono e non si potranno mai mettere d’accordo con i
Cattolici perché essi sono nemici della verità e non amici di essa? Ma
non hanno ancora capito che le menzogne insegnate dalla chiesa cattolica
romana non hanno nulla a che fare con la verità che dimora in noi? Ma non
hanno ancora capito che se vogliono andare d’accordo con i Cattolici
devono rinunciare prima o poi alla verità e farsi nemici di Dio con tutte
le nefaste conseguenze che da ciò ne vengono? No, pare proprio che non lo
abbiamo ancora capito molti di loro, anzi non lo vogliono per nulla capire
perché sono divenuti duri d’orecchi e di cuore ingannati dai sorrisi e
dalle lusinghe dei Cattolici romani. Vogliono a tutti costi stare in buoni
rapporti con i Cattolici, vogliono a tutti costi guadagnarsi la loro
amicizia e il loro rispetto; anziché esortarli a ravvedersi e uscire dal
mezzo di questa chiesa idolatra. Ah, come sono privi di discernimento
questi credenti che hanno intrapreso questo sforzo ecumenico con la chiesa
cattolica romana! |
Da parte
cattolica si continua a sentir dire che ‘lo scopo del dialogo è
l’approfondimento del reciproco rispetto e della reciproca comprensione,
non un organica o una strutturale unità’, ma dobbiamo ancora una volta
dire che da parte di coloro che si mettono a parlare con i Cattolici
romani se da un lato ci deve essere il rispetto in verso la persona, sia
esso prete, vescovo o cardinale, dall’altro non ci può essere e non ci
deve essere nessun rispetto e nessuna pietà nei confronti delle eresie
della chiesa romana che hanno già scaraventato e stanno ancora
scaraventando milioni di persone all’inferno! Le eresie bisogna
distruggerle facendo uso della Parola di Dio; bisogna riprovarle con tutte
le forze, e le si devono chiamare con il loro vero nome, cioè eresie,
dottrine di demoni, e non con qualche altro nome, come per esempio,
opinioni differenti, vedute differenti, per non urtare l’animo dei
Cattolici romani! No, non è l’approfondimento del reciproco rispetto o
della reciproca comprensione lo scopo di questo dialogo che la chiesa
romana ha voluto anche con le chiese pentecostali dopo il concilio
Vaticano II, perché il vero scopo è quello di indurre i Pentecostali (la
cui evangelizzazione ‘aggressiva’ preoccupava e preoccupa la chiesa
cattolica romana perché ha allontanato da essa decine di milioni di
persone in tutto il mondo) a riconoscere i suoi sacramenti e le sue
dottrine, e a distoglierli così dall’evangelizzare i suoi membri.
Insomma, questa cosiddetta reciproca comprensione e questo cosiddetto
reciproco rispetto che hanno sin qui cercato di approfondire i Cattolici
con questo dialogo sono solo dei pretesti di cui essa si serve per
distoglierli dal confutare con vigore le sue dottrine (cosa che col
passare del tempo, sia in Europa che in America e sud America, si è
notevolmente affievolita rispetto a decenni fa), e strappargli ulteriori
membri dalle sue fauci. Forse - o meglio, sicuramente - questo nostro
atteggiamento verrà considerato settarismo o dimostrazione di non volere
l’unità della Chiesa ma la sua distruzione, ma in effetti non è così
perché la vera unità della Chiesa la si può procacciare solo camminando
nella verità, e quindi rimanendo attaccati a tutto il consiglio di Dio
così come esposto nella Scrittura e camminando con tutti coloro che dopo
avere conosciuto la verità sono decisi a dimorare nella verità, a costo
di perdere la propria vita e la stima e l’amicizia di coloro che prima
li stimavano e amavano, insomma con coloro che di puro cuore invocano il
Signore, e non con delle persone che hanno messo la verità non nel loro
cuore ma sotto i loro piedi e la calpestano invece di difenderla. Perché
mettersi a chiamare fratelli e amici coloro che contrastano e annullano
con le loro eresie le dottrine portanti del cristianesimo quali la
giustificazione per sola fede, il battesimo per immersione come simbolo
della rigenerazione ottenuta per fede, la mediazione unica e sufficiente
di Cristo, la signoria di Cristo sulla Chiesa, e così facendo serrano il
regno dei cieli davanti a loro stessi e davanti a coloro che ammaestrano?
Ma non è questa una follia? Eppure questo è quello che avviene in questi
dialoghi e negli incontri ecumenici da parte pentecostale verso i
Cattolici! E’ ora che questi Pentecostali vengano di nuovo
evangelizzati, è ora che si ravvedano pure loro per tornare a camminare
per sentieri diritti perché con questo loro comportamento dimostrano in
maniera inequivocabile di essersi incamminati per vie tortuose. |
Adesso, oltre
che di dialogare costoro parlano persino di mettersi a evangelizzare con i
Cattolici romani; infatti a proposito del dialogo cattolico-pentecostale
tenutosi a Brixen (Italia) dal 15 al 22 Luglio 1995, dove si è discusso
dell’Evangelizzazione in comune, si legge nella rivista Information
Service: ‘Il tema di questa fase del dialogo è
l’Evangelizzazione. La discussione di una comune testimonianza ha
rivelato il bisogno da parte del mondo di sentire il Vangelo, e le
difficoltà dei Cristiani a testimoniare assieme a causa delle loro
divisioni. Nello stesso tempo fu fatto notare che ci sono casi in
differenti posti dove la testimonianza comune fra Cristiani, inclusi
Pentecostali e Cattolici Romani, si sta già sviluppando. Tutti e due i
documenti presentavano un numero di suggerimenti che offrono opportunità
per vie possibili di testimoniare per il Vangelo assieme nel futuro. Le
discussioni furono condotte in uno spirito di candore, reciproca fiducia e
apprezzamento’. E chi erano i Pentecostali che hanno partecipato a
questo cordiale incontro che si è studiato di gettare le basi per una
futura evangelizzazione assieme ai Cattolici romani? Li voglio citare così
come li leggo nella rivista sopra citata: ‘Rev. Cecil M. Robeck, Jr. (Assemblies
of God, Pasadena, California, U.S.A) (...) Rev. Cheryl Bridges Johns (Church
of God, Cleveland, Tennessee, U.S.A.); Rev. Ronald Kydd (Pentecostal
Assemblies of Canada, Keene, Ontario, Canada), Rev. Gary McGee (Assemblies
of God); Rev. Francois Moller (Apostolic Faith Mission); Rev. Steve
Overman (International Church of the Foursquare Gospel, Eugene, Oregon,
U.S.A.); Rev. Raymond M. Pruitt (Church of God of Prophecy, Cleveland,
Tennessee, U.S.A.); Rev. Del Tarr (Assemblies of God). Dalla lista ho omesso i partecipanti da
osservatori. Che dire? Bisogna dire che di questo passo andrà a finire
che molti smetteranno di evangelizzare i Cattolici romani, per mettersi
assieme a loro nell’evangelizzazione! . Qui, siamo all’apostasia. Ma
noi vorremmo domandare a questi Pentecostali che hanno partecipato a
questo incontro a Brixen: ma avete mai letto i libri di catechismo della
chiesa romana? Ma avete mai letto qualcuno dei suoi libri di teologia
dogmatica? Ma sapete che cosa è il cattolicesimo? Ma avete mai letto la
storia della Riforma e della controriforma? Ma non sapete che oggi la
chiesa romana per sostenere le sue eresie, dopo più di quattro secoli
dalla Riforma, cita ancora il concilio di Trento che fu tenuto per
controbattere alla Riforma, come lo citava cento o duecento anni fa? Ma
non vi rendete conto che nulla è cambiato nella chiesa romana dai giorni
della Riforma fino ad adesso? Voi direte: ‘E’ cambiato qualcosa nella
forma, nella liturgia, e nell’atteggiamento ufficiale che essa tiene in
verso le Chiese evangeliche sorte dalla Riforma’. Sì, è vero questo,
ma nella sostanza tutto è rimasto come era prima, perché le eresie di
cinque secoli fa ci sono ancora tutte, anzi sono aumentate. Il lupo ha
cambiato il colore del pelo, ma è sempre lupo e non è diventato una
pecora. Quand’anche voi diceste che quello che viene chiamato papa, i
cardinali, i vescovi e i preti fossero delle pecore, perché li sentite
parlare con una voce dolce e li vedete amichevoli, errereste grandemente,
perché dietro quel loro abito di pecora rimangono lupi rapaci, come lo
erano i loro predecessori nei secoli passati. Non v’illudete. Ma forse,
alcuni di voi diranno che ci sono vescovi e preti e tanti ‘laici’
cattolici che parlano anche loro in altre lingue! Ma noi diciamo: ‘Ma se
essi hanno per davvero ricevuto lo Spirito della verità come fanno a
rimanere attaccati alle dottrine cattoliche romane che annullano la verità
e stanno conducendo nelle fiamme dell’inferno centinaia di milioni di
persone in tutto il mondo? Come fanno a rimanere nella chiesa romana, in
mezzo all’idolatria, quando ancora in questa generazione tanti preti e
Cattolici romani che sono usciti dal suo mezzo per unirsi ai santi hanno
dichiarato in svariate, ma inequivocabili maniere, che per loro dopo che
hanno conosciuto la verità non è stato più possibile rimanere in mezzo
a questa chiesa idolatra e anticristiana? Che dovremmo dire dunque di
tutti questi ex-Cattolici romani? Che mentono quando dicono che Dio li ha
tirati fuori da questa fossa di perdizione che è la chiesa romana? O
forse dovremmo dirgli di ritornare nel grembo della chiesa romana perché
anche là per loro è possibile dimorare nella verità perché ci sono
alcuni che parlano in lingue? No, nulla di tutto ciò; noi crediamo che
essi abbiano piena ragione nel dichiararsi liberati, per la grazia di Dio,
dal giogo della religione cattolica romana e che essi debbano rimanere
assieme a noi fuori da essa e cercare con l’aiuto di Dio di fare sì che
tanti altri escano, per la potenza di Dio, da sotto la potestà del
papismo. Che dunque? Che tutti coloro che dicono di avere ricevuto lo
Spirito Santo escano immediatamente dalla chiesa romana dimostrando così
con i fatti di possedere in loro lo Spirito di Dio che brama i figliuoli
di Dio fino alla gelosia! E se vengono visti dubbiosi o riluttanti a farlo
siano scongiurati dai ministri del Vangelo a farlo senza stare punto in
dubbio, ma non vengano per nulla incoraggiati a rimanere nel grembo di
questa chiesa che si prostituisce da secoli con i re e i popoli della
terra per non essere partecipi delle sue piaghe quando l’ira di Dio si
rivelerà contro di essa. Non vogliono assolutamente farlo questi
Cattolici romani che dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo questo
passo di uscire dalla chiesa romana, perché ritengono che la chiesa
romana sia nella verità perché ha il capo visibile della Chiesa, ossia
il cosiddetto successore di Pietro? Questo significa che essi non hanno
ricevuto proprio nulla da Dio, ma si sono ingannati credendo di avere
ricevuto lo Spirito Santo. |
Ma torniamo
alla questione dell’evangelizzazione in comune tra Cattolici e
Pentecostali; una cosa è certa, di questo passo, nel futuro molti
credenti nelle Chiese pentecostali cominceranno ad essere mal visti e
perseguitati proprio dai loro fratelli con i quali andavano al culto e ad
evangelizzare assieme, e tutto ciò perché si rifiuteranno di collaborare
nell’evangelizzazione con i Cattolici. I pastori che dovevano pascerli
con assennatezza, li scacceranno dalla loro presenza, perché riterranno
che essi siano d’impedimento all’evangelizzazione; saranno considerati
di scandalo e di intoppo perché rifiuteranno di associarsi ai Cattolici
romani nell’evangelizzazione. Sicuramente questo già succede in quei
casi dove dei pastori di chiese pentecostali si sono messi a evangelizzare
con i preti. Si adempie così la parola del profeta Ezechiele: "Voi
mi profanate fra il mio popolo per delle manate d’orzo e per de’ pezzi
di pane, facendo morire anime che non devono morire, e facendo vivere
anime che non devono vivere, mentendo al mio popolo, che dà ascolto alle
menzogne... avete contristato il cuore del giusto con delle menzogne,
quand’io non lo contristavo, e avete fortificate le mani dell’empio
perché non si convertisse dalla sua via malvagia per ottenere la
vita..." (Ez. 13:19,22). Ma a suo tempo Dio farà ricadere
l’ingiustizia di questi pastori dati a questo falso ecumenismo sulle
loro teste; loro porteranno la pena di questo loro comportamento. Essi
seminano vento e mieteranno tempesta; pensano di seminare grano ma
mieteranno spine e triboli a motivo della loro caparbietà di cuore. Sì,
sono caparbi; rifiutano di ascoltare i precetti di Dio per seguire il loro
cuore ingannato dalla curia romana. Hanno tutto l’interesse a farlo,
perché questo loro comportamento compiacente nei confronti dei Cattolici
romani accresce il loro prestigio tra i Cattolici romani, e gli permette
di arricchirsi perché ecumenismo oggi è sinonimo di guadagno. La chiesa
cattolica romana infatti costituisce una vasta clientela per questi
cianciatori e speculatori; libri, video cassette e audio cassette,
conferenze ed altro. Non sono questi per loro un buon motivo per
proseguire questo sforzo ecumenico? Ecco dunque che cosa spinge costoro a
cercare la collaborazione dei Cattolici; l’amore di fama e di denaro.
Altro che amore della verità, altro che desiderio di unità! |
In Italia |
‘Il tutto
iniziò quando l’oratore, il pastore Giovanni Traettino, impostò il suo
discorso sulla Pentecoste come necessità di ritrovarsi nel Cenacolo in
unità e concordia e nel servizio amorevole e, a simbolo del servizio che
i cristiani devono rendersi nell’amore gli uni agli altri, lavò i piedi
a un frate (....) Quello che abbiamo colto è il significato spirituale;
che attraverso l’umiliazione di Giovanni, è iniziato un processo di
guarigione tra le due chiese. Da questo gesto infatti è iniziato il
dialogo ufficiale. E’ accaduto in quel momento qualcosa che ha cambiato
e cambierà il corso della storia. Vi sono delle grosse ferite tra
evangelici e cattolici, provocate reciprocamente; basta ricordare quelle
impartite ai pentecostali nel periodo del fascismo e postfascismo (...) Ma
lì nello stadio di Bari, con quel gesto ci è sembrato cogliere come se
il mondo evangelico perdonasse i propri persecutori’ (Tempi di
Restaurazione, Giugno 1994, pag. 24-25); sono le parole di Matteo
Calisi, responsabile nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito Santo)
per il dialogo ecumenico, intervistato da Ernesto D. Bretscher. Ecco
dunque come è iniziato ufficialmente il dialogo tra i Cattolici e i
Pentecostali in Italia; tramite la lavanda dei piedi fatta da Giovanni
Traettino (pastore di una Chiesa in Caserta) ad un frate allo stadio San
Nicola di Bari davanti ad una folla di migliaia di Cattolici. Ma lasciamo
parlare lo stesso Traettino (Traettino adesso è Co-Presidente della
Consultazione Carismatica Italiana assieme a Matteo Calisi) su questo
‘storico’ incontro del 1992 a cui lui accettò di partecipare come
oratore e su questo gesto da lui compiuto davanti a così tanti Cattolici:
‘Giovanni, vorremmo onorare il debito che abbiamo con i nostri fratelli
pentecostali. Le nostre radici sono nel movimento pentecostale evangelico.
Puoi venire a parlare al 25° anniversario mondiale del Rinnovamento nello
Spirito Santo? Crediamo che il modo migliore sia quello di invitarti nella
qualità di pastore pentecostale per ministrare a tutti noi. Allora il
Signore mi disse: ‘Alzati...ammazza e mangia. Le cose che Dio ha
purificate non farle tu impure... Alzati, và con loro, senza fartene
scrupolo, perché li ho mandati io’ (Atti 10:13-15,20). I miei
fratelli confermarono che la guida era dal Signore, e che bisognava
rispondere all’invito. ‘Entra per la porta che il Signore apre, ed
Egli confermerà’. La vigilia di Pentecoste, a Bari, Dio mi incontrò
ancora. ‘Domani laverai i piedi a uno dei responsabili del Rinnovamento
carismatico’. ‘Signore - risposi - non è possibile! Cosa significa?
Cosa capiranno i cattolici e come l’intenderanno i miei fratelli
evangelici? Tu lo sai, Signore, che non è lecito a un evangelico
conservatore nel nostro paese associarsi ai cattolici (cfr. Atti 10:28), e
che già solo questo sarà oggetto di discussione e causa di confusione.
Ora mi chiedi perfino di lavare loro i piedi?!’. ‘Sono io che te lo
chiedo, figlio mio’ mi disse allora il Signore. Cercai di resistere al
Signore, ma Egli mi avvolse della Sua presenza e della Sua forza di
convinzione, e mi espugnò. Mi vinse ed io mi lasciai vincere. ‘Tu sei
mio servo, ama col mio cuore... riconosci la mia azione nella loro vita:
la nuova nascita, il battesimo nello Spirito Santo...’. Chi ama suo
fratello rimane nella luce e non c’è nulla in lui che lo faccia
inciampare’ (1° Gv. 2:10). La guarigione, una guarigione profonda
era all’opera nella mia anima e nel mio spirito. Lo Spirito di Dio mi
stava toccando, guarendo, illuminando, il mio cuore era intensamente
riscaldato dentro di me ed ero avvolto dal senso tangibile della presenza
di Dio. ‘In verità comprendo che Dio non ha riguardi personali; ma
che in qualunque nazione (ed io pensai: quanto più se è una
denominazione cristiana’), chi lo teme e opera giustamente gli è
gradito’ (Atti 10:34-35) Quando fui davanti alla folla variopinta
dello stadio di S. Nicola di Bari in quel pomeriggio assolato del giorno
di Pentecoste del ‘92, lo Spirito di Dio scese sopra di me. ‘La
Pentecoste è frontiera; lo Spirito Santo è spirito di frontiera. Il
movimento pentecostale evangelico e cattolico è alle sue radici e nella
sua natura più profonda movimento di frontiera..’. La folla era in
piedi ed acclamava Gesù Signore e Re della vita personale e della Chiesa.
Le mie mani ora lavavano i piedi di frate Antonio. Le lacrime mi
riempivano gli occhi attoniti mentre avvertivo il calore delle braccia del
mio fratello intorno alle mie spalle e il suo volto poggiato sul mio capo.
Piangeva... Come piangeva! Fu un attimo lunghissimo. Ci trovavamo
abbracciati, intensamente uniti nel cuore. La folla magnificava Dio nello
Spirito e Lo lodava applaudendo con tutto il cuore. Fu un appuntamento
divino, Eravamo entrati per la porta che lo Spirito aveva aperto. La sua
presenza tangibile e l’opera profonda di guarigione operati in tutti noi
furono chiaro segno della Sua approvazione. ‘Se dunque Dio ha dato a
loro lo stesso dono che ha dato anche a noi che abbiamo creduto nel
Signore Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?’ (Atti
11:17)’ (ibid., pag. 3). Quindi secondo le parole di Traettino il
tutto è opera di Dio; la porta che si è aperta tra i Cattolici
gliel’ha aperta Dio; notate infatti quante volte usa il nome del Signore
dicendo che lui gli ha parlato di fare determinate cose tra cui anche di
lavare i piedi ad un responsabile del RnS! Ed oltre a ciò egli si usa del
racconto di Luca sul come Dio chiamò Pietro a casa di Cornelio per
annunziargli la Parola, come similitudine, a sostegno del suo andare dai
Cattolici carismatici. Da allora, cioè dal 1992, si sono cominciati a
tenere annualmente degli incontri ufficiali tra membri del RnS e pastori
di Chiese evangeliche. Oltre a ciò delegazioni di pastori di Chiese
evangeliche si recano dietro invito alle conferenze del RnS. Vogliamo
adesso riferire delle impressioni di Ernesto D. Bretscher (uno dei pastori
a favore del dialogo instauratosi) sulla Convocazione nazione del
Rinnovamento nello Spirito svoltasi a Rimini dal 22 al 25 Aprile 1994, per
fare capire quale sentimento aleggia in mezzo a costoro: ‘Il padre
Emiliano Tardif, dopo una breve riflessione sulla misericordia di Dio
espressa attraverso Gesù in cui cita Isaia 53, pone l’enfasi sul
pentimento, trasformando il convegno in una grande riunione di umiliazione
davanti a Dio. I corridoi si riempiono di persone, molte delle quali in
lacrime, che vanno a confessare i loro peccati ai tanti sacerdoti
mobilitati per l’occasione. La delegazione evangelica rimane commossa
nell’osservare questi sacerdoti che abbracciano, pregano, consolano,
impongono le mani e pronunciano l’assoluzione, mentre il coro continua
ad adorare il Signore (...) La teologia è essenzialmente evangelica e
cristocentrica. Per usare le parole di Giovanni Traettino, ‘ritrovo un
pezzo di evangelismo pentecostale in un contesto cattolico e non posso non
sentirmi come a casa mia’ (...) Faremo bene a mettere da parte le nostre
diffidenze e il nostro spirito anticattolico...’ (ibid., pag.
12,13,14). Che dire? Diremo che anche qui in Italia le cose hanno preso
una brutta piega anche sul fronte delle relazioni tra i credenti e i
Cattolici. Certamente Traettino e coloro che sono d’accordo con lui nel
mettersi a dialogare e a pregare e a collaborare con i Cattolici romani
sono una piccola frazione della fratellanza sparsa in questa nazione; ma
pure bisogna prendere atto di questo loro atteggiamento nei confronti dei
Cattolici carismatici e riconoscere che il cattolicesimo ha fatto breccia
anche in mezzo al popolo di Dio. Difatti questo dialogo che si è
instaurato non è una porta aperta per la Parola in mezzo ai Cattolici, ma
uno spiraglio aperto al cattolicesimo in mezzo al popolo di Dio. Dopo
avere esposto queste cose vogliamo innanzi tutto dire questo. Noi non
crediamo in quello che dice Traettino quando dice che il Signore gli ha
parlato e gli ha detto tutte quelle cose; perché se veramente fosse stato
il Signore a chiamarlo là in quello stadio, come chiamò Pietro a casa di
Cornelio, egli avrebbe predicato agli astanti il ravvedimento e la
remissione dei peccati mediante la sola fede nel nome di Gesù (perché
questo è il messaggio da portare ai Cattolici romani), e non un messaggio
ecumenico. Che fece infatti Pietro a casa di Cornelio? Gli annunciò la
parola della croce e la remissione dei peccati nel nome di Gesù; perché
egli sapeva che essi erano ancora perduti (quantunque Cornelio temesse Dio
con tutta la sua casa) ed avevano bisogno di esser salvati dai loro
peccati (cfr. Atti 10:38-43). L’apostolo non andò ad una riunione di
fratelli, ma andò a predicare a persone che divennero fratelli in
seguito; quando credettero nel suo messaggio (cfr. Atti 11:13,14). Si
contraddice da sé dunque Traettino quando parla in quella maniera volendo
far intendere che gli avvenne qualcosa di simile a quello che era avvenuto
a Pietro. Per quanto riguarda la sua lavanda di piedi fatta al frate; essa
è frutto della sua immaginazione e non un comando divino. Senza nulla
togliere al gesto della lavanda dei piedi che è un gesto di umiltà che
pure Gesù fece nei confronti dei suoi discepoli; noi vediamo in
quell’atto, un gesto astuto da lui compiuto per accaparrarsi le simpatie
dei Cattolici. Gesto che gli è stato contraccambiato dai Cattolici alla
XIX Convocazione Nazionale del Rinnovamento nello Spirito, tenutasi a
Rimini nell’aprile 1996, con il bacio dei piedi . |
Per quanto
riguarda infine le parole di Bretscher diciamo che il fatto che la
delegazione evangelica si sia commossa nel vedere i Cattolici andare a
confessarsi dai preti e ricevere da loro l’assoluzione in quella
convocazione, ci fa soltanto disgustare. Ma come si può rimanere commossi
nel vedere persone che invece di andare direttamente da Dio a chiedere
perdono dei loro peccati vanno da degli altri peccatori che ritengono di
essere dei mediatori tra Dio e gli uomini? Ma che si vadano a leggere cosa
dice la teologia romana sul sacramento della confessione! Anzi che si
ravvedano di essersi commossi dinanzi alla pratica di una delle
abominazioni cattoliche romane che tiene legate al peccato e fa illudere
centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Che si sveglino dal
sonno nel quale sono caduti!! Quanto poi alla esortazione di Bretscher di
mettere da parte le nostre diffidenze e la nostra avversione verso il
cattolicesimo romano, non se ne parla nemmeno; perché così facendo
inganneremmo noi stessi. Come possiamo abbandonare le nostre diffidenze e
la nostra avversione nei confronti del cattolicesimo romano dopo avere
letto i loro catechismi ed altri loro libri? Come si può fare ciò nel
constatare che la chiesa cattolica romana è la stessa nella sostanza di
quella dei tempi di Lutero e Calvino? Che anche costui rientri in se
stesso e si svegli dal sonno in cui è caduto e allora non parlerà più
così. Così Traettino e la sua squadra si sono messi ufficialmente con i
Cattolici romani trasgredendo all’ordine di Paolo: "Non vi mettete
con gl’infedeli sotto un giogo che non è per voi; perché qual
comunanza v’è egli fra la giustizia e l’iniquità? O qual comunione
fra la luce e le tenebre? E quale armonia fra Cristo e Beliar? O che v’è
di comune tra il fedele e l’infedele? E quale accordo fra il tempio di
Dio e gl’idoli?" (2 Cor. 6:14-16). Fratelli, guardatevi da costoro
e non lasciatevi ingannare dai loro vani ragionamenti. Perché dietro a
tutti questi proclami d’amore fraterno si nascondono dei compromessi e
tante cose nascoste e vergognose. |
Concludiamo
dicendo che noi non escludiamo che tra i carismatici cattolici di tutto il
mondo ci possano essere persone che abbiano veramente gustato la bontà di
Dio e siano state salvate dai loro peccati e neppure persone che abbiano
veramente ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo; perché il Signore
si fa trovare da tutti quelli che lo cercano con tutto il cuore in mezzo a
tutte le chiese, anche in quelle pseudocristiane come nel caso della
chiesa cattolica. E questo perché lui è giusto, senza riguardi
personali. Ma una cosa è certa; queste persone saranno sospinte dallo
Spirito Santo fuori dal cattolicesimo romano, perché lo Spirito brama a
gelosia i figliuoli di Dio e non vuole che essi continuino a recitare il
Rosario, a confessarsi dai preti, a partecipare alla messa ed altre cose
abominevoli nel cospetto di Dio. Questa è l’opera dello Spirito Santo
che hanno potuto avvertire nella loro vita tutti quei Cattolici visitati
da Dio in seno alla chiesa cattolica romana. Bisogna dunque dire a questi
carismatici cattolici di uscire dalla chiesa cattolica romana; per il loro
bene, esclusivamente per il bene dell’anima loro. |
Attenzione a
non dire quello che ha detto Geoffrej Allen: ‘..la mia speranza non è
che i carismatici escano dalla Chiesa Cattolica, piuttosto che il
cattolicesimo, per tutti gli aspetti in cui non è biblico, esca dai
carismatici!’ (Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 29).
Perché questo è un parlare contraddittorio dato che se uno vuole che il
cattolicesimo non biblico (che è la massima parte) esca dai carismatici
certamente vuole che essi escano dalla chiesa cattolica romana e che non
vi rimangano. Mentre se uno vuole che il cattolicesimo non biblico esca
dai carismatici, ma contemporaneamente non vuole che essi escano dalla
chiesa cattolica romana; allora egli vuole che il cattolicesimo non
biblico rimanga in loro, perché non è possibile rimanere nella chiesa
cattolica romana senza aderire - se non proprio a tutte - a molte delle
dottrine diaboliche che ci sono in essa. E per rendersi conto di questo si
veda di quante dottrine diaboliche è formato il cattolicesimo romano, e
come esse sono strettamente collegate tra di loro in maniera da non
lasciare alternativa; o rimanere e dare retta al magistero, o uscire. |
|
IL PROGETTO ‘UNITÀ ATTRAVERSO LA DIVERSITÀ’
DI OSCAR CULMANN |
Oscar Culmann,
eminente teologo luterano, ha scritto un libro dal titolo Unità
attraverso la diversità. In questo libro parla di come secondo lui
sia possibile avere comunione (in greco koinonia) con i Cattolici
romani infatti afferma: ‘..abbiamo constatato la necessità di
rispondere affermativamente alla questione di sapere se questa comunione
è possibile in via di principio’ (Oscar Culmann, L’unità
attraverso la diversità, Brescia 1987, pag. 52. Oscar Culmann ha
ricevuto il premio internazionale Paolo VI 1993 per l’ecumenismo). In
altre parole, per lui è possibile l’unità con la chiesa romana
attraverso la diversità. Certo, lui riconosce nel suo libro che
permangono delle divergenze dottrinali non indifferenti tra la chiesa
cattolica romana e quella luterana (questo si può dire anche in relazione
alle altre chiese ‘protestanti’) che impediscono ancora una unità
visibile e specialmente strutturale, ma pure è convinto che questa unità
nella diversità (come lui la chiama) è possibile e suggerisce nel
capitolo secondo come attuare praticamente questa unità da lui
propugnata. Esamineremo i punti fondamentali di questo suo discorso per
queste ragioni; innanzi tutto per dimostrare come dopo cinque secoli dalla
Riforma che portò uno dei suoi protagonisti principali, ossia Lutero, con
molti e molti altri a separarsi dalla chiesa cattolica romana a motivo
della corruzione e della menzogna che essa perpetrava a danno degli
uomini, ci siano oggi uomini, nella Chiesa cosiddetta luterana cioè a
quella Chiesa che dice di rifarsi agli insegnamenti di Lutero (alcuni dei
quali però sono errati) e che al tempo della Riforma fu scomunicata e
perseguitata dalla chiesa romana perché affermava che la giustificazione
si ottiene soltanto mediante la fede senza le opere, e non accettava il
primato del ‘papa’, e il valore delle indulgenze, e l’invocazione di
Maria e dei santi ed altre dottrine cattoliche, che oggi a differenza di
Lutero, che un giorno affermò che loro si ritenevano ‘separati per
l’eternità’ dalla chiesa cattolica romana, dicono che si può e si
deve collaborare con i Cattolici romani (mantenendo questi tutti i loro
insegnamenti falsi) perché sono anche loro dei Cristiani. Ma c’è un
altro motivo per cui vogliamo esaminare e confutare questo discorso di
Culmann; ed è quello di mettere in guardia i credenti che si trovano
nelle diverse ‘denominazioni’ cristiane da simili discorsi vani.
Occorre dire infatti che il discorso che fa Culmann lo fanno, con qualche
variante, tanti altri teologi e non teologi anche in altre chiese
protestanti; il che costituisce una spinta in verso questa cosiddetta unità
nella diversità, come viene chiamata, che in effetti, in base
all’insegnamento biblico, non è per nulla una unità vera, ma solo una
trappola, una rete, un laccio, un qualcosa di malefico che ha come fine di
fare dimenticare a molti credenti che la salvezza si ottiene soltanto
credendo in Cristo Gesù e non facendo opere buone, cioè il messaggio
principale da portare agli uomini, e di farli alleare con quelli che sono
dei nemici dichiarati della giustificazione per sola fede, cioè con la
chiesa romana. Siamo persuasi che questo nostro discorso, in questo tempo
in cui si parla tanto di ecumenismo, scandalizzerà molti o li farà
rimanere perplessi, ma non possiamo parlare altrimenti. I fatti parlano
chiaro come parlavano altresì chiaramente cinque secoli fa in Europa; la
chiesa cattolica romana è idolatra, fonda la sua esistenza
sull’impostura, sulla superstizione, sulla menzogna e con essa i veri
credenti non possono e non devono in nessuna forma e misura allearsi per
non corrompersi anche loro e sviarsi dalla semplicità e dalla purità
rispetto a Cristo. Ma veniamo ora alle parole di Oscar Culmann. |
Ÿ
‘L’unità nella diversità si può realizzare visibilmente in due
modi: anzitutto grazie a una cooperazione ecumenica in certi ambiti
particolari, senza che vi sia un’organizzazione della comunione delle
chiese; secondariamente grazie a una struttura speciale (...) questa
cooperazione dovrà essere continuamente intensificata e le manifestazioni
individuali di solidarietà dovranno essere sempre più numerose’ (Oscar
Culmann, op. cit., pag. 54-55). E tra le forme di questa solidarietà
che devono essere intensificate Culmann ricorda i dialoghi teologici
ecumenici allo scopo di redigere testi comuni, ricerche bibliche comuni,
liturgie e culti comuni, istituti comuni, attività sociali comuni; ma si
sofferma in particolare sui dialoghi teologici e le celebrazioni
ecumeniche. Poi dice che ‘nel campo della teologia i maggiori progressi
ecumenici sono stati compiuti nel campo della scienza biblica’ e
ci sono ‘delle importanti collane di commenti pubblicate in comune. Le
società scientifiche di studi dell’Antico e del Nuovo Testamento
comprendono indifferentemente esegeti delle tre confessioni cristiane.
L’elaborazione di traduzioni ecumeniche della Bibbia ha dato risultati
molto positivi’ (ibid., pag. 56-57), e subito dopo parla della
traduzione ecumenica della Bibbia, la TOB (Traduction oecuménique de la
Bible, Paris 1975), di cui lui parla con soddisfazione. |
Anche in
questo caso, si deve constatare un errore di fondo che è comune a tutti
questi teologi quando parlano dei Cattolici romani, che è quello di
considerarli fratelli in Cristo. A parte il fatto che secondo noi se uno,
anche se dice di fare parte di una Chiesa evangelica, si mette a chiamare
fratelli i Cattolici romani dati all’idolatria e alla superstizione che
affermano che dire di avere la vita eterna è presunzione, deve lui stesso
ancora nascere di nuovo, perché morto nei suoi falli e nelle sue
trasgressioni, infatti ciò significa che anche lui è ancora un figlio
della disubbidienza al pari dei Cattolici romani. Ma noi diciamo a costoro
che parlano come parla Culmann: ‘Ma come mai al tempo della Riforma
queste forme di solidarietà con la chiesa romana non erano per nulla
ricercate dai riformatori? Come mai Lutero o qualcun altro riformatore non
avrebbe mai pensato di instaurare un dialogo con i Cattolici romani per
dopo redigere un testo comune e neppure mettersi a tradurre la Bibbia
assieme ai Cattolici, o di studiare la Bibbia assieme ai Cattolici romani?
Non è forse perché la chiesa romana li scomunicava e li insultava
dichiarandoli eretici e figli della perdizione, e li paragonava alla
peste? E perché avveniva questo? Perché i riformatori, con tutti i loro
difetti e quantunque talvolta affermarono delle cose sbagliate, erano dati
alla confutazione delle eresie cattoliche romane che stavano menando in
perdizione le anime, e desideravano far avere al popolo delle traduzioni
della Bibbia nella loro lingua, cosa che la chiesa romana non faceva e non
voleva fare perché reputava la Bibbia molto pericolosa nelle mani del
popolo da lei considerato ignorante. E il loro lavoro portò molto frutto,
infatti molti, leggendo i libri di controversia di questi riformatori e la
Bibbia in lingua volgare, si resero conto che la salvezza era per grazia e
non bisognava fare nulla per meritarla, e che quindi la chiesa romana era
nell’errore e seduceva le anime. Non esistevano i dialoghi ecumenici con
la stesura di testi comuni come oggi; non esisteva e non veniva
procacciata nessuna collaborazione con i Cattolici romani da parte
protestante, e questo perché i riformatori erano affaticati
nell’intento di strappare dalle fauci del papismo più anime possibili.
Oggi invece, quantunque la chiesa cattolica romana è la stessa se non
peggio di come era nel sedicesimo secolo, molti di coloro che hanno
beneficiato dell’opera di quei coraggiosi riformatori che per la loro
opera esposero la loro vita alla morte, si sono messi in testa che si deve
cercare la maniera di unirsi in qualche maniera alla chiesa cattolica
romana. Quindi, il messaggio di costoro ai Cattolici romani non è più
quello antico, e cioè: ‘Convertitevi dagli idoli all’Iddio vivente e
uscite da essa’, ma: ‘Fratelli, le nostre chiese si devono unire perché
siamo fratelli’; quindi rimanete dove siete, perché siete al sicuro.
Ecco, a quale punto sono giunti le cose oggi; ma io dico: ‘Ma se Lutero
o Calvino ed altri fossero vivi oggi, cambierebbero il loro messaggio nei
confronti della chiesa romana? Non credo affatto. E così la Riforma dopo
secoli, rimane per molti solo un evento storico che alla fin fine non
insegna proprio nulla; i riformatori sono solo delle persone il cui
messaggio contro la chiesa romana oggi non è più valido! Il messaggio da
portare ai Cattolici, per molti Protestanti, è un altro oggi! E’ triste
constatare tutto questo, quando ci si ricorda delle sofferenze e dei
sacrifici che hanno dovuto compiere tanti uomini nei secoli passati qui in
Europa per portare l’Evangelo ai Cattolici romani! Eppure, e questo lo
voglio ribadire con forza, la chiesa cattolica romana, è la stessa di
allora!! Eppure, gli anatemi del concilio di Trento contro tutti coloro
che non accetteranno i loro sacramenti, i libri apocrifi come canonici, la
loro tradizione come rivelazione di Dio, e tante altre imposture vengono
ancora citati dai teologi romani per sostenere le loro dottrine!! Eppure,
se si leggono i libri di teologia di Bellarmino che combatté molto contro
i riformatori, e i libri dei moderni teologi non c’è alcuna differenza
(quanto alla sostanza ben inteso perché il linguaggio si è mitigato)!!
Ma allora cosa c’è che non va? C’è che molti di quelli che si dicono
Protestanti o Evangelici sono ancora morti nei loro falli, e non hanno mai
sperimentato la nuova nascita, non si sono mai convertiti a Cristo come i
Cattolici romani e perciò stanno bene assieme. Si sa d’altronde che i
perduti stanno bene assieme! |
Ÿ
‘Quanto ai culti comuni, quelli che sono incentrati sulla
predicazione non fanno problema al fine di manifestare la comunione delle
chiese. E’ con questo spirito che papa Giovanni Paolo II ha predicato a
fianco del pastore luterano nella piccola chiesa luterana di Roma.
Attualmente esiste uno scambio di predicatori tra numerose comunità.
Occorre certamente vegliare, a questo riguardo, perché la predicazione
proclami le verità cristiane fondamentali che uniscono tutti i cristiani
ed eviti di offendere gli uni o gli altri’ (ibid., pag. 58),
prosegue Culmann. |
Che vergogna,
che follia! noi diciamo. Ma qualcuno dirà: questo accade solo tra i
Luterani. No, non è vero che lo scambio di predicatori c’è solo tra
loro. Io poco dopo essermi convertito ho partecipato ad un congresso del
‘pieno Evangelo’ a Lugano organizzato dall’associazione Uomini
Nuovi, dove fu invitato a predicare un prete cattolico romano. La ragione
della sua presenza era da ricercarsi nell’abbondanza di carismatici
cattolici romani presenti a quel congresso i quali dovevano anche loro
avere un loro rappresentante e non sentirsi a loro disagio. Ci sono
inoltre diverse Chiese evangeliche che permettono ai preti e ai vescovi di
parlare nei loro locali di culto anche in questa nazione. Quello che una
volta era scandalo oggi per molti non lo è; e naturalmente questo scambio
di predicatori può avvenire solo perché la parte non cattolica ha
rinunciato a denunciare le false dottrine della chiesa romana. ‘Sono più
le cose che ci uniscono, che quelle che ci dividono’, si sente sovente
ripetergli. ‘No, semmai è il contrario’ rispondiamo noi. E poi, in
effetti, che cosa unisce costoro? Che cosa c’è alla base di questa
alleanza? L’amore del denaro; ecco la colla che li unisce. Certamente
non è l’amore della verità o della giustizia, perché chi ama la verità
e la giustizia non può allearsi con un prete o un vescovo o con un
cardinale o con il cosiddetto papa. |
Ÿ
Culmann, facendo poi notare come ancora, dato che permangono divergenze
dottrinali sul significato della cena del Signore con la chiesa romana,
non è possibile celebrare l’eucaristia assieme a loro dice: ‘Dal
momento che oggi non è possibile un’intercomunione generale, vorrei
tornare su un suggerimento da me già altra volta avanzato: quello di
riprendere un uso della chiesa antica reintroducendo, a fianco
della celebrazione dell’eucaristia, l’antica celebrazione delle
‘agapi’ alle quali possono partecipare le chiese separate (...)
Queste agapi dovrebbero svolgersi nelle sale parrocchiali, o meglio
ancora, possibilmente in case private e a turno tra cattolici e
protestanti’ (ibid., pag. 62). |
E quindi,
secondo costui, noi credenti dovremmo organizzare delle agapi con i
Cattolici romani perché essi sono nostri fratelli. Non abbiamo nulla
contro l’agape in se stessa, ma noi non ci sentiamo di invitare i
Cattolici romani che adorano statue e immagini ad un agape perché Paolo
dice: "Quel che v’ho scritto è di non mischiarvi con alcuno che,
chiamandosi fratello, sia un ... idolatra (...) con un tale non dovete
neppur mangiare" (1 Cor. 5:11). Altra cosa invece è l’invitare un
Cattolico romano a mangiare perché è nel bisogno, con lo scopo
naturalmente di guadagnarlo a Cristo. |
Ÿ
Passando poi ad esaminare la questione se ‘una comunione degna di questo
nome è possibile senza un minimo di struttura’ (Culmann, op.
cit., pag. 64), Culmann afferma: ‘..la comunità di chiese che
progettiamo, benché non sia a sua volta una chiesa, dovrebbe essere
dotata di una soprastruttura, più o meno flessibile, rispettosa delle
strutture particolari delle chiese accolte nel suo seno. Anche qui: unità
nella diversità’ (ibid., pag. 65). Ma c’è un problema, ed è
quello del papa che si ritiene il garante dell’unità delle chiese
cristiane perché secondo i Cattolici Dio ha costituito il successore di
Pietro, ossia il vescovo d Roma, ‘perpetuo e visibile principio e
fondamento dell’unità’. Come risolvere questa questione molto
complicata? In altre parole Culmann domanda: ‘In che modo la chiesa
cattolica, senza abbandonare la sua pretesa di possedere già nel
ministero petrino la garanzia dell’unità, può trovare il posto che le
compete in seno a una comunità nella quale le chiese membri ricercano
insieme una unità?’ (ibid., pag. 77). Ed egli dà pure la
risposta: ‘A meno di rinunciare definitivamente ad accogliere la più
grande delle chiese cristiane, non è possibile nessuna struttura comune
senza una concessione reciproca: da una parte la concessione delle chiese
non cattoliche nella forma di una accettazione limitata di certi elementi
costitutivi della chiesa cattolica per la creazione di una soprastruttura,
alla condizione che ciò non sia in contrasto con la loro fede;
dall’altra parte la concessione della chiesa cattolica sotto la forma di
un riconoscimento di questa limitazione, senza abbandono dei propri
dogmi’ (ibid., pag. 77). |
E’ chiaro
dunque il progetto di Culmann; cercare di formare una superstruttura
facendo delle concessioni, cioè riconoscendo in un certo limite il papa,
e da parte cattolica fare la concessione di accettare questa limitazione!
E tutto questo per quale motivo? Per non perdere la più grande delle
chiese cristiane! Errore, grave errore quello di Culmann nel definire
Chiesa cristiana la chiesa cattolica romana. Questo significa che lui ha
dimenticato che cosa è il cristianesimo e che cosa fa cristiana una
chiesa, e non solo, egli ha pure dimenticato che la chiesa cattolica
romana nel definire il suo papa segno visibile dell’unità e principio e
fondamento dell’unità, non fa altro che dire, o riconoscete il papa e
vi sottomettete a lui perché costituito da Dio per mantenere unita la
Chiesa di Cristo, o altrimenti non avrete mai l’unità delle chiese.
Insomma, senza il papa, l’unità non è possibile, il suo servizio è
indispensabile!! Ma, a prescindere che il cosiddetto successore di Pietro,
è un impostore, da quando in qua nella Scrittura si legge che Pietro
fosse il principio e il fondamento dell’unità, come se fosse Pietro che
teneva unita la Chiesa intera al suo tempo? E’ l’amore e non il papa
che tiene legati i credenti l’uno all’altro infatti Paolo pregando per
i Colossesi dice: "affinché siano confortati nei loro cuori essendo
stretti insieme dall’amore..." (Col. 2:2). Quindi non c’è
proprio bisogno di questo cosiddetto servizio petrino per rimanere uniti
ai credenti delle altre chiese; basta amarli come Cristo ci ha comandato
di fare. Sì, i fratelli quando mediante l’amore servono gli uni gli
altri si mantengono uniti, e non hanno bisogno di Giovanni Paolo II e
neppure dei suoi prossimi successori. E poi, i papi hanno sempre cercato
il loro interesse; la storia ce lo insegna; sono avidi di potere dal primo
all’ultimo; ma che servizio possono giammai rendere alla Chiesa di Dio?
Semmai, cercano di distruggerla, ma non cercano proprio di edificarla!
Questo ancora oggi, nel ventesimo secolo. Molti Protestanti oggi nei loro
discorsi ecumenici dicono: ‘Con Pietro, ma non sotto Pietro’; volendo
così dire che sono disposti a collaborare assieme al cosiddetto
successore di Pietro ma non a riconoscere in lui il capo della Chiesa per
un suo particolare diritto divino accordatogli da Dio. Noi riteniamo che
in base all’insegnamento biblico, questa volpe non debba essere fatta
entrare nella vigna di Dio perché con la sua astuzia e il suo potere la
guasterebbe; è uno di quelli di fuori. Il suo posto non è in mezzo al
popolo di Dio riscattato con il sangue di Cristo, ma in mezzo agli
idolatri, ai superstiziosi, ai figli della disubbidienza come lui. Si
ravveda, e creda nel Vangelo, ed esca dalla chiesa romana abbandonando la
sua posizione, allora, e solo allora lo potremo accogliere come un nostro
fratello, ma non prima. Qualcuno dirà: ‘Ma che dici? Guarda che il papa
vuole il bene della Chiesa’. No, lui non vuole il nostro bene, come non
lo hanno voluto i suoi predecessori. Da che cosa si comprende questo? Dal
fatto che lui nell’ovile delle pecore cerca di entrarci non per la porta
ma da un’altra parte. E Gesù ha detto: "In verità, in verità io
vi dico che chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi
sale da un’altra parte, esso è un ladro e un brigante" (Giov.
10:1). E chi è la porta? Cristo. Ma lui questa porta la ignora; egli ha
un’altra porta ed è Maria, la ‘porta del cielo’. Seguendo lei però,
nella maniera in cui prescrive la chiesa romana, non si entra né nella
Chiesa di Dio e neppure nel cielo, ma si rimane nel buio e si va
all’inferno. |
Per
concludere; noi riteniamo che è impossibile avere comunione con i
Cattolici romani perché noi siamo luce nel Signore mentre loro sono
tenebre e non v’è comunione tra la luce e le tenebre. Come fanno dunque
alcuni credenti a pensare di potere avere comunione con le tenebre? Noi
abbiamo parlato con molti Cattolici romani fino adesso, ma con nessuno di
essi abbiamo sentito comunione. Il fatto dunque che alcuni ci stiano bene
assieme a loro è segno che essi o prima camminavano nella luce e poi si
sono corrotti perché le tenebre gli hanno accecato gli occhi o altrimenti
sono nelle tenebre e non hanno mai visto la luce nella loro vita.
Quantunque siamo contro l’ecumenismo, pure siamo per la verità e
cerchiamo il bene dei Cattolici romani; il nostro desiderio infatti, nello
scrivere contro questo falso ecumenismo, è che i Cattolici romani vengano
salvati e vengano alla conoscenza della verità. Diletti, ho voluto
esporvi brevemente queste cose per mettervi in guardia da coloro che
cercano di sedurvi con le loro dolci parole ecumeniche; affinché
perseveriate nella fede, e riteniate fermamente fino alla fine quello che
avete udito dal principio per ottenere in quel giorno dal Signore la
corona di giustizia. |
|
COSE PASSATE DA NON DIMENTICARE |
Le persecuzioni contro i Valdesi, gli Ugonotti, gli
Anabattisti e i Pentecostali |
A questo punto
fratelli voglio parlarvi di diverse cose che il papato nel corso dei
secoli passati ed anche in questo nostro secolo ha fatto e detto contro
coloro che si separarono dalla chiesa cattolica a motivo della loro fede
nel Vangelo. Il tempo verrebbe meno se dovessi mettermi a parlare di tutte
le persecuzioni che secoli fa i papi qui in Europa perpetrarono contro
tanti uomini che predicarono la parola della fede, che predicarono contro
la tradizione della chiesa papista, che fecero di tutto per fare avere al
popolo le Scritture tradotte nella loro lingua. Mi limiterò quindi a
parlare solo di alcune di queste persecuzioni eccitate da papi sanguinari,
violenti e spietati. Ma prima di iniziare a parlarne voglio citare alcune
parole di Agostino di Ippona perché è su di esse che la chiesa cattolica
romana si è perlopiù basata nel corso dei secoli per sostenere che è
giusto perseguitare coloro che ancora non fanno parte di essa affinché si
convertano al cattolicesimo e coloro che escono dal suo seno per farli
tornare nel suo grembo. In sostanza, secondo queste parole di Agostino è
giusto da parte della Chiesa - per mezzo delle autorità statali - fare
perseguitare gli increduli affinché si convertano al cristianesimo e fare
perseguitare gli eretici, ossia coloro che si sviano dalla verità per
andare dietro ad eresie, per farli tornare nel seno della Chiesa. Ecco le
sue affermazioni a tale proposito: ‘Tu pensi che nessuno deve essere
costretto alla virtù, sebbene tu legga che il padre di famiglia disse ai
servi: Costringete ad entrare tutti quelli che troverete. Pensi così,
sebbene tu legga come Saulo, che poi divenne Paolo, fu spinto a conoscere
ed abbracciare la verità con un atto di forza compiuto da Cristo, che ve
lo costrinse (...) E tu pensi che non si devono usare i mezzi coercitivi
con le persone, perché si liberino dalla calamità dell’errore, mentre,
dagli esempi incontestabili surriferiti, vedi che agisce in questo modo
proprio Dio, di cui nessuno ci ama in modo più vantaggioso per noi’
(Agostino, Le lettere, 93,2,5. Lettera a Vincenzo, vescovo di
Cartenna); ‘E’ comunque certo che i cattivi hanno sempre perseguitato
i buoni, ed i buoni i cattivi, gli uni nocendo con l’ingiustizia, gli
altri giovando con le sanzioni disciplinari; agendo gli uni inumanamente,
gli altri moderatamente; servendo gli uni alla cupidigia, gli altri
all’amore. Voglio dire: il carnefice non bada al modo con cui strazia,
il medico invece bada al modo con cui taglia; questi infatti cerca di
ottenere la sanità, quello invece la cancrena. Gli empi uccisero i
Profeti, ma pure i Profeti uccisero degli empi. I Giudei flagellarono
Cristo, ma anche Cristo flagellò i Giudei (...) Sia nel Vangelo, sia
negli scritti degli Apostoli, non si riscontra alcun caso in cui ai re
della terra sia stato chiesto l’intervento a difesa della Chiesa contro
i suoi nemici. Chi lo nega? Bisogna però tenere presente che ancora non
si era avverata la profezia che dice: E adesso, o re, fate giudizio;
ravvedetevi, o giudici della terra; servite il Signore con timore! Ancora
infatti si avverava quanto si legge poco prima nel medesimo salmo: Perché
mai le genti si sono agitate e i popoli hanno meditato vani disegni? Sono
insorti i re della terra, i principi hanno cospirato contro il Signore e
contro il suo Cristo. D’altra parte però, se i fatti narrati dai Libri
profetici erano figure di quelli che sarebbero accaduti in futuro, nel
monarca chiamato Nabucadonosor erano pure raffigurati due periodi della
storia: il periodo cioè trascorso dalla Chiesa sotto gli Apostoli e
quello prefigurato nel periodo in cui il summenzionato re costringeva i
buoni e i giusti ad adorare la propria statua e faceva gettare nel fuoco
quelli che vi si rifiutavano. Adesso invece si avvera quello che accadde
nel periodo successivo, prefigurato nel medesimo re, quando cioè egli,
convertitosi al culto del vero Dio, decretò che se uno nel suo regno
avesse bestemmiato il Dio di Sidrac, Midrac e Abdenago, venisse punito coi
meritati castighi. Il primo periodo di quel re indica perciò il primo
atteggiamento dei re pagani, in cui i Cristiani furono perseguitati invece
degli infedeli; il periodo successivo di quel re, invece, prefigurò i
tempi dei re posteriori, già fedeli, nei quali invece dei Cristiani,
vengono perseguitati gli infedeli. Ma senza dubbio verso quei Cristiani
che errano perché sono stati sedotti dagli eretici, si usa una severità
temperata, e di preferenza la mansuetudine (...); mediante le pene
dell’esilio e di multe cerchiamo di richiamarli a considerare che cosa e
per qual causa essi le subiscono, in modo che imparino a preferire alle
chiacchiere e alle calunnie umane le Sacre Scritture da essi lette’
(Agostino, op. cit., 93, 2,8; 3,9-10). Ecco cosa insegnava colui
che i Cattolici romani chiamano il santo dottore o il più grande dei
dottori della Chiesa e che persino tanti credenti tengono in alta stima!
Questa è una eresia (una delle sue tante) che si oppone nettamente alle
parole di Cristo e degli apostoli. I figliuoli di Dio non devono per nulla
ricorrere alle autorità statali per convertire con la forza gli increduli
o per fare tornare nel loro mezzo coloro che si sono sviati dalla verità;
ma essi devono predicare loro il Vangelo, dimostrare loro ogni
mansuetudine e pregare per loro nella speranza che Dio dia il ravvedimento
ad ambedue. Paolo scongiurava Giudei e Gentili a ravvedersi e a credere
nel Signore Gesù Cristo, e per loro pregava, lasciandoci così
l’esempio; ma mai insegnò a fare uso o lui stesso fece uso direttamente
o indirettamente della persecuzione per convertirli, perché egli sapeva
che Dio dice: "Non per potenza né per forza, ma per lo Spirito
mio..." (Zacc. 4:6). L’apostolo sapeva che il ravvedimento è Dio a
concederlo secondo il beneplacito della sua volontà a chi vuole e che la
fede non è qualcosa che un uomo può imporre con la forza al suo simile
perché essa è il dono di Dio. E la stessa cosa vale per coloro che si
sono sviati dalla verità: Egli dice infatti a Timoteo come deve
comportarsi con loro: "Or il servitore del Signore non deve
contendere, ma dev’essere mite inverso tutti, atto ad insegnare,
paziente, correggendo con dolcezza quelli che contraddicono, se mai
avvenga che Dio conceda loro di ravvedersi per riconoscere la verità; in
guisa che, tornati in sé, escano dal laccio del diavolo, che li avea
presi prigionieri perché facessero la sua volontà" (2 Tim.
2:24-26). Nessuna forza quindi è lecito usare alla Chiesa - né
direttamente, e né indirettamente ricorrendo al braccio secolare - per
persuadere e convertire gli increduli o gli sviati. E potrei prendere
molte e molte altre Scritture per dimostrare che Agostino ha detto il
falso quando dice che la Chiesa fa bene a perseguitare gli infedeli e gli
eretici al fine di bene cioè al fine di persuaderli che sono
nell’errore e farli volgere alla verità. Ma io dico: ma non è forse
vero che Gesù ha detto di amare i nostri nemici e di fare del bene a
quelli che ci odiano (i quali naturalmente non sono d’accordo con noi in
materia di fede e dottrina), e che lui stesso ci ha lasciato l’esempio
perfetto di cosa significa amare i propri nemici e pregare per coloro che
sono nemici, e che questo esempio noi dobbiamo seguire? Che hanno a che
fare dunque i ‘castighi meritati’, che Agostino dice è giusto
infliggere ai pagani e agli eretici appoggiandosi sull’autorità
statale, con il Vangelo? Niente. Come la notte non ha nulla a che fare con
il giorno, come l’iniquità non ha nulla a che fare con la giustizia.
Che dire allora dei ragionamenti fatti da Agostino a sostegno dell’uso
della forza da parte della Chiesa contro i suoi nemici? Essi sono vani,
diabolici, follia . Il suo modo di ragionare in sostanza è
questo: ‘Il fine buono, cioè la conversione degli increduli e quella
degli eretici, giustifica la persecuzione da parte dei credenti (e quindi
il male compiuto) nei loro confronti’. Ma la Parola di Dio non dice così;
essa condanna coloro che la pensano in questa maniera. Paolo disse ai
santi di Roma a riguardo di coloro che attribuivano a lui e ai suoi
collaboratori la massima: "Perché non facciamo il male affinché ne
venga il bene? La condanna di quei tali è giusta" (Rom. 3:8). Perciò
al bando i sofismi di Agostino, i suoi perversi ragionamenti che nel corso
dei secoli sono serviti al papismo, per perseguitare e torturare - con le
sue mani o per mezzo delle mani delle autorità - i non Cattolici per
farli diventare Cattolici, e quelli che esso chiamava ‘eretici’ per
farli tornare nel suo seno. Chi vuole accertarsi di persona quali siano
state le nefaste conseguenze dell’errata interpretazione agostiniana
alle parole di Gesù: "Costringili ad entrare" (Luca 14:23), si
vada a leggere la storia del papato da Agostino in poi e soprattutto la
storia dell’Inquisizione (che fece centinaia di migliaia di morti). Ma,
dicono ora i Cattolici, il medioevo fece male a giustificare i suoi abusi
con la dottrina agostiniana e di certo se Agostino fosse stato vivo non li
avrebbe approvati quegli abusi. Quindi, la dottrina agostiniana è retta
per i Cattolici romani, ma la chiesa del medioevo compì l’errore di
usarla per difendere i suoi abusi! Ma qui non si tratta di stare a dire
che gli abusi del medioevo furono a torto giustificati con la dottrina
agostiniana, il fatto è che la dottrina agostiniana è storta in ogni
caso, sia che venga usata per giustificare degli abusi o per giustificare
quelli che non vengono definiti abusi. La forza umana, la molestia, la
paura e il terrore di essere torturati o messi a morte da altri uomini, ed
ogni tipo di persecuzione non devono essere usati da parte della Chiesa di
Dio in nessuna misura contro gli increduli o contro coloro che si sviano
dalla verità. Chi lo fa è corrotto, riprovato quanto alla fede; e benché
dica di essere da Dio è dal diavolo. |
Ma vediamo ora
quali sono state alcune conseguenze pratiche di questo perverso e
diabolico modo di pensare della curia romana (che lo ripeto si basa molto
sulle parole di Agostino), che personalmente ritengo sia ancora presente
nei cuori di coloro che sono ai vertici della chiesa romana per il
semplice motivo che i decreti contro gli eretici emanati dai concili
ecumenici (che citeremo fra breve) sono considerati irreformabili e non
possono essere smentiti perché pronunciati sotto l’assistenza
infallibile dello Spirito Santo (e poi se la chiesa cattolica dichiarasse
quei decreti malvagi dovrebbe di conseguenza mettersi contro i suoi
‘santi’ papi, il che non ritengo proprio essi siano disposti a farlo,
e poi risulterebbe che la chiesa ha errato nel passato e perciò non è
infallibile come dice di essere, il che andrebbe contro l’immagine che dà
la chiesa papista agli ignoranti). In sostanza io ritengo che se essi
potessero cioè se le circostanze fossero uguali a quelle di un tempo, ci
imprigionerebbero, ci torturerebbero e ci metterebbero a morte bruciandoci
vivi o impiccandoci o tagliandoci la testa, appoggiandosi ancora sulle
parole di Agostino, come hanno fatto verso molti altri nei secoli
addietro. Lo so che passo da grande pessimista dicendo queste cose in
questo periodo di intenso ecumenismo, ma non posso parlare altrimenti dopo
avere studiato il comportamento della chiesa cattolica romana nel corso
dei secoli passati. |
Ÿ
La persecuzione contro i Valdesi. |
Nel 1179 il
concilio del Laterano, sotto Alessandro III, affermò contro gli eretici:
‘...tutti i fedeli devono opporsi energicamente a questa peste (catari,
ecc.) ed anche prendere le armi contro di essi. I beni di questa gente
saranno confiscati e sarà permesso ai principi di ridurli in schiavitù.
Chiunque, seguendo i consigli dei vescovi, ecc., prenderà le armi contro
di essi, avrà una remissione di due anni di penitenza e sarà, come tutti
i crociati, posto sotto la protezione della Chiesa’ (Concilio del
Laterano III, can. 27). E nel 1208 per ordine di Innocenzo III, che si
rifece al suddetto canone, ci fu una dura persecuzione contro i Catari e
gli Albigesi nel sud della Francia: le vittime secondo alcuni ammontarono
ad oltre sessantamila persone. E’ vero che i Catari e gli Albigesi, quantunque dicevano di
basarsi sul Nuovo Testamento, insegnavano delle eresie (affermavano per
esempio che il vero Dio non si era incarnato in Cristo e condannavano il
matrimonio) ma questo non giustifica affatto il comportamento verso di
loro della chiesa papista perché non è questo l’atteggiamento che, in
base alla Scrittura, si deve avere verso gli eretici. Che poi non si può
dire che furono dei Cristiani a perseguitare quegli eretici, ma altri
eretici cioè i Cattolici romani di allora . Ma tra coloro che furono oggetto della
persecuzione del 1208 ordinata da Innocenzo III contro gli eretici, ci
furono anche i Valdesi che eretici non erano (quantunque qualche residuo
di cattolicesimo l’avevano ancora). Il movimento Valdese aveva fatto la
sua comparsa in Francia durante l’ultimo quarto del dodicesimo secolo.
Esso aveva preso il nome da Pietro Valdo, un ricco mercante di Lione che
convertitosi al Vangelo verso il 1176 organizzò una compagnia nota col
nome di ‘Poveri di Lione’. Egli voleva assieme ai suoi seguaci
predicare l’Evangelo rimanendo ‘laico’, ma questo gli fu vietato dal
papa che scomunicò sia lui che i suoi seguaci perché essi si rifiutarono
di smettere di predicare. Molti di loro, in seguito alla grande
persecuzione che ci fu nel sud della Francia sotto Innocenzo III, si
ritirarono nell’Italia settentrionale; soprattutto nelle valli del
Piemonte. Ma anche qui continuarono ad essere visti di malocchio dal
papato; e furono periodicamente perseguitati dalle autorità che venivano
incitate contro di loro dal clero romano che voleva estirparli dal
Piemonte. Durante la persecuzione che essi subirono in alcune valli
Piemontesi nel 1655 (per citare solo una delle tante), essi furono
minacciati di morte e di confisca dei beni dalle autorità nel caso non
avessero abiurato la ‘Religione riformata’ e non fossero tornati alla
chiesa romana. Ma essi preferirono fuggire e lasciare i loro beni anziché
rinnegare la loro fede; ecco come viene descritta questa loro fuga in un
libro che parla delle loro persecuzioni subite nel 1655: ‘Abbandonarono
le loro case con mogli e figli, grandi e piccoli, sani e malati,
trascinandoli sotto la pioggia, la neve, nel gelo e nella miseria, tra
singhiozzi e lamenti, come ognuno può immaginare. Tutte queste migliaia
di persone, povere e mal vestite, costrette a fuggire sulle montagne e
nelle caverne per cercare un riparo, senza poter portare quasi nulla dei
loro beni, si raccomandavano tuttavia a Dio ed erano risolute a giungere
fino all’estremo pure di non cambiare Religione. Il coraggio che Dio
dette loro di abbandonare piuttosto i beni terreni che non quelli celesti,
fu di grande consolazione per le altre chiese e meravigliò gli avversari:
tanto più che ognuno conosce i grandi vantaggi che vengono offerti in
quelle terre a tutti coloro che abiurano la Religione riformata, vale a
dire la grazia per i criminali, la liberazione per i prigionieri,
l’esenzione dalla taglia ed ogni altra imposta ed aggravio reale e
personale per la durata di cinque anni dal giorno dell’abiura’ (Enea
Balmas e Grazia Zardini Lana, La vera relazione di quanto è accaduto
nelle persecuzioni e i massacri dell’anno 1655, Torino 1987, pag.
220-221). Ma ci furono anche coloro che furono trucidati dalle truppe di
S.A.R, da sei Reggimenti dell’esercito francese, dalla milizia del
Piemonte ed anche da banditi e malfattori liberati dalle prigioni. Nel
libro appena citato viene detto anche che ‘i confessori, poi, per
infervorare il più possibile il popolo perché accorresse a questa
crociata, avevano distribuito dei biglietti stampati con la promessa di
indulgenza plenaria a chiunque si rendesse utile per la distruzione di
quei pretesi eretici’ (Enea Balmas, op. cit., pag. 223). Nel
racconto dello sterminio di quelle persone in alcuni paesi troviamo le
seguenti parole: ‘L’indomani 22 (Aprile 1655), gli incendiari e i
massacratori non rimasero certo inerti: un monaco dell’ordine di San
Francesco ed un prete, che hanno voluto avere l’onore di essere i
principali incendiari, potendo agire con le loro armi speciali in tutta
tranquillità, appiccarono il fuoco al tempio di San Giovanni e a quasi
tutto ciò che rimaneva in piedi di case a Torre e a parte di Angrogna. Là
dove trovavano ancora qualche angolo risparmiato dai primi incendi, il
prete non faceva altro che sparare un colpo della sua carabina incendiaria
per completare la distruzione. E i soldati, implacabili, corsero fin sui
punti più alti delle montagne, in posti che sembravano inaccessibili, per
sgozzare tutte le creature che incontravano, benché non opponessero
alcuna resistenza (anzi, avrebbero dovuto con le loro lacrime fare cadere
le armi dalle mani dei più barbari cannibali). Nel solo Tagliaretto,
paese posto su una delle colline più alte di Torre, dopo avere fatto
mille obbrobri a 150 donne e bambini, tagliarono loro la testa. Ne hanno
fatto cuocere altre e ne hanno mangiato il cervello, ma poi hanno smesso
dicendo che era troppo scipito e avrebbe fatto loro male allo stomaco: di
questo si è vantato un uomo di Cumiana in presenza di tre persone del
Delfinato degne di fede. Molti poi sono stati fatti a pezzi ed i carnefici
se li gettavano l’un l’altro. Ad una povera donna che è sfuggita loro
e vive ancora, benché sia stata orribilmente mutilata, hanno preso il
bimbo in fasce e sono andati a sbatacchiarlo sull’orlo di un precipizio;
altri fanciulli sono stati schiacciati contro le rocce, altri uccisi
crudelmente sotto gli occhi delle loro madri. Molti sono stati dilaniati e
tagliati a metà. Infatti due soldati prendevano una di queste creature
innocenti, uno da una parte e uno dall’altra, tiravano ognuno dalla sua
parte e poi se la scagliavano l’un l’altro. Hanno spogliato
interamente molte persone senza distinzione né di età, né di sesso, ne
hanno tagliuzzato i corpi in modo da fare fremere al solo sentirlo
raccontare, vi hanno poi sparso del sale e della polvere, li hanno
rivestiti con camicie imbevute di alcol e, appiccatovi il fuoco, le hanno
fatte bruciare su quei poveri corpi martoriati. Ad altri sono stati
conficcati dei chiodi e dei cunei nella testa, altri sono stati legati
nudi, la testa fra le gambe, e fatti rotolare da precipizi senza
risparmiare un tale Pierre Simond di Angrogna, centenario, né sua moglie
novantacinquenne. Molti sono stati bruciati nelle loro case, senza prima
averli voluti uccidere, cosa che essi invocavano come una grazia. Per
esempio a San Giovanni, in una frazione chiamata i Brunerols, i soldati
fecero irruzione da Maria di Praviglielmo e da Margherita della Carrettera,
che, per la debolezza della loro età ed altre infermità, non avevano
potuto fuggire: dopo averle sollecitate ad andare alla messa, cosa che
esse rifiutarono tenacemente, le bruciarono vive insieme alle loro case.
Fecero lo stesso a ‘Madona’ Lena della Torre, ottantenne cieca, a
‘Magna’ Jeanne, novantenne, ed a molti altri sia uomini che donne. Ad
alcuni è stato squarciato il petto, ad altri sono state strappate le
viscere e tagliate le parti vergognose; dopo avere abusato di alcune donne
hanno conficcato loro nel ventre molte pietre e in questa posizione sono
state trascinate finché non hanno esalato l’ultimo respiro’ (ibid.,
pag. 225, 226, 227). E tutto questo avvenne perché il clero romano aveva
fatto pressione sulle autorità piemontesi affinché distruggesse i
Valdesi. |
Ÿ
La persecuzione contro gli Ugonotti in Francia. |
Gli effetti
della Riforma iniziata in Germania si fecero sentire anche in Francia,
dove molte migliaia di persone adottarono i principi della Riforma dando
importanza alla Bibbia in questioni di fede e di morale ed alla dottrina
della giustificazione per fede. Anche costoro, come tutti quelli che
adottarono questi principi, furono chiamati dalla curia romana
Protestanti. Essi in seguito furono chiamati Ugonotti. Contro di loro
furono ordite persecuzioni da parte di Francesco I e di Carlo IX. A
proposito della persecuzione ordita da Carlo IX contro gli Ugonotti ci
sono le prove che fu l’allora papa Pio V (1566-1572) a fomentarla e ad
incoraggiarla. Le prove sono queste lettere che lo stesso Pio V scrisse.
In una di queste egli eccita il re Carlo IX ‘ad esterminare tutti quei
scellerati eretici, a massacrare tutti i prigionieri di guerra, senza
avere riguardo per alcuno, senza rispetto umano, e senza pietà; imperocchè
non vi poteva né vi doveva mai essere pace fra Satana e i figli della
luce’. Essi dovevano essere intieramente sterminati, ‘affinché la
razza degli empi non pullulasse di nuovo, ed anche per piacere a Dio, il
quale preferisce ad ogni altra cosa che si perseguitino apertamente e
piamente i nemici della religione cattolica’. In un altra lettera allo
stesso re, Pio V dice: ‘E questo otterrai (cioè di ristabilire la
Francia nel suo splendore), se niun riguardo di persone o di cose potrà
giammai indurti a perdonare ai nemici di Dio (...) imperciocchè in niun
altro modo potrai placare Iddio, se non punirai severessimamente, con le
pene dovute, le ingiurie che questi uomini scelleratissimi fanno a Dio’.
Temendo che il re Carlo IX non fosse abbastanza crudele, Pio V scrisse
alla regina madre: ‘Ci è stato detto che costì vi sieno alcuni i quali
si adoperano acciò sieno liberati alcuni di quegli eretici prigionieri, e
cerchino rimandarli impuniti. Tu adunque devi fare di tutto acciò cotali
scelleratissimi uomini sieno puniti coi dovuti supplizi’, ed in un altra
lettera: ‘Guardati bene, carissima figlia in Cristo, dal credere che si
possa fare qualche cosa più cara e più accetta a Dio, fuori di quella di
distruggere i suoi nemici per amore della religione cattolica’. Fu in
questa maniera che Pio V (il quale è annoverato tra i santi della chiesa
romana e come santo è venerato e pregato) preparò la strage di migliaia
di Ugonotti detta della notte di Bartolomeo, avvenuta a Parigi nelle notti
del 23 e 24 Agosto 1572 . Vediamo ora come fu accolta a Roma la notizia dell’avvenuta
strage. Giacomo Augusto de Thou Presidente del parlamento di Parigi,
autore cattolico, nel libro 53 della sua Storia Universale, racconta la
gioia che fu dimostrata dalla corte di Roma al primo annunzio della strage
eseguita. Ecco le parole di de Thou: ‘Giunta in Roma la notizia del
massacro di Parigi, la gioia che essa vi arrecò fu al di là di quanto
possa dirsi. Le lettere del Nunzio furono lette il 6 Settembre nel
concistoro; e tosto fu risoluto che il papa (che era Gregorio XIII
succeduto a Pio V morto nel mese di maggio del 1572) accompagnato dai
cardinali andrebbe alla Chiesa di S. Marco per ringraziare Dio
solennemente della grazia singolare che aveva fatto alla S. Sede ed a
tutta la cristianità: che il lunedì seguente si canterebbe una messa di
ringraziamento alla Minerva colla assistenza del papa e cardinali, e che
si pubblicherebbe un giubileo universale; perché i nemici della verità e
della Chiesa erano stati massacrati in Francia’. Oltre a ciò il papa
fece dipingere i principali episodi della strage dal celebre pittore
Vasari, nella sala dei re al Vaticano, e fece coniare una medaglia col
busto del papa da un lato, e dall’altro un angelo colla spada nella
destra, e una croce nella sinistra, in atto di uccidere gli Ugonotti, col
motto UGONOTTORUM STRAGES 1572 . Leggendo queste cose ci vengono alla
mente le parole di Gesù Cristo: "L’ora viene che chiunque
v’ucciderà, crederà di offrir servigio a Dio. E questo faranno, perché
non hanno conosciuto né il Padre né me" (Giov. 16:2,3). |
Ÿ
La persecuzione contro gli Anabattisti. |
Furono
chiamati inizialmente Anabattisti perché ribattezzavano coloro che erano
stati battezzati da fanciulli non considerando valido il battesimo dei
neonati. Comparvero in Europa nel primo ventennio del sedicesimo secolo;
erano, oltre che contro il pedobattesimo e le altre imposture del papato,
contro il prestare giuramento, erano antimilitaristi e contrari a
qualsiasi uso di forza o per offesa o per difesa . E per queste ragioni essi furono
crudelmente perseguitati dalla chiesa papista . Molti di loro furono annegati nei fiumi, sepolti vivi, bruciati vivi
ed altri decapitati. Tra le tante testimonianze dei martiri di questi
nostri fratelli che si trovano nel libro Storia popolare dei Battisti
trascrivo queste: ‘Due giovinette, da poco battezzate a Bamberg furono
arrestate, incarcerate e severamente torturate. Ma esse non cedettero
davanti alle sofferenze. Quando furono menate alla morte portavano in
testa delle corone di paglia, poste loro per derisione. ‘Giacché Cristo
- disse una di loro alla sua compagna - portò una corona di spine per
noi, perché non dobbiamo noi in onore suo portare queste corone di
paglia? Il nostro Dio fedele, al posto di queste ci metterà in testa una
bella corona d’oro, e di fiori che non appassano’. Così andarono con
gioia al rogo’ (W. Kemme Landels, Storia popolare dei Battisti,
Torino 1918, pag. 83); ‘Filippo II, figlio dell’imperatore Carlo V,
rinnovò l’editto del 1550, coll’aggiunta di alcuni articoli nel 1560
e di nuovo nel 1563. Un riassunto di esso farà comprendere la condizione
pericolosa dei credenti di quell’epoca nei Paesi Bassi: ‘Nessuna
persona doveva lasciare le Fiandre e l’Olanda senza permesso dei
sacerdoti e dei magistrati. Ogni immigrante era obbligato a dare le prove
del battesimo dei suoi figliuoli, secondo il rito della chiesa di Roma. Le
levatrici, sotto giuramento, dovevano assicurare il battesimo di ogni
neonato, alla cui nascita assistevano, e dare rapporto ai magistrati in
ogni caso di trascuranza. Le riunioni protestanti dovevano essere proibite
e soppresse. I genitori dovevano mandare i loro figliuoli in Chiesa ed
alla scuola. I negozi dei librai, come i fagotti dei rivenditori
ambulanti, dovevano essere perquisisti in cerca di pubblicazioni
ereticali. Ognuno era obbligato ad assistere alla Messa ogni Domenica ed
ogni festa di precetto. L’assenza di un mese portava una pena a
discrezione dei giudici. Nessuno sospetto di eresia poteva occupare un
posto di fiducia. Oltre a tutto questo rimasero in vigore tutti i
provvedimenti riguardo alla distruzione degli eretici, col fuoco, colla
decapitazione, coll’annegamento, ecc.’ (W. Kemme Landels, op. cit.,
pag. 92); ‘Nell’anno 1551 Jeronimus Segerson ed un altro furono
bruciati ad Anversa. Le lettere di Segerson, scritte mentre era in
carcere, dimostrano uno spirito di profonda pietà e di virile fermezza:
‘Preferirei - egli disse - essere torturato dieci volte al giorno, ed
essere infine arrostito sulla graticola, anziché rinunziare alla fede che
io ho confessata’. La moglie di lui fu annegata. La storia del suo
martirio è così interessante che conviene riprodurla qui. (...) Essa
apertamente e con grande coraggio confessò la sua fede davanti al
tribunale, nella presenza dei magistrati e della moltitudine. Fu
interrogata innanzi tutto sul battesimo. Essa disse: Io riconosco un sol
battesimo, quello che era praticato da Cristo e dai suoi discepoli, e che
è stato trasmesso a noi’. ‘Che cosa ritenete voi riguardo al
battesimo dei neonati?’ domandò lo sceriffo. A cui Lysken rispose:
‘E’ null’altro che un’istituzione umana!’ Allora i magistrati si
levarono per consultarsi insieme, mentre Lysken spiegava al popolo la
ragione della sua fede (...) Mentre era condotta via dal tribunale essa
disse al popolo: ‘Sappiate che io non soffro per disonestà, né per
omicidio, né per qualsiasi peccato, ma solo per la incorruttibile Parola
di Dio!’ Quando fu di nuovo racchiusa nel carcere i frati tentarono
invano di distoglierla dalla sua fede. La mattina dopo soffrì il martirio
(...) condussero quella pecora al fiume Scheldt, la misero in un sacco, e
l’annegarono...’ (ibid., pag. 94-95.). Spero vivamente che
queste testimonianze servano a risvegliare dal sonno coloro che in mezzo
alle Chiese evangeliche hanno intenzione di riconoscere il pedobattesimo
cattolico per amore della cosiddetta unità cristiana sbandierata dalla
chiesa papista. |
Ÿ
La persecuzione contro i Pentecostali in Italia. |
Il movimento
pentecostale italiano sin dal suo ‘sorgere’ all’inizio di questo
secolo incontrò la forte opposizione della chiesa papista. Certo, anche
gli altri movimenti evangelici nei primi decenni di questo secolo in
Italia incontravano la forte ostilità del clero romano; perché
anch’essi predicavano la parola della fede e riprovavano le eresie della
chiesa romana (ricordiamo quello battista, quello metodista e quello della
Chiesa dei Fratelli). Ma qui vogliamo soffermarci brevemente sulla
persecuzione che, a cominciare dal 1935, subirono quei nostri fratelli che
venivano chiamati Pentecostali perché accettavano e predicavano il
battesimo con lo Spirito Santo che gli antichi discepoli ricevettero il
giorno della Pentecoste; ed anche ‘tremolanti’ perché, sotto la
potenza dello Spirito Santo taluni venivano visti tremare. Diciamo dal
1935 in poi, perché fu in quell’anno che uscì da parte del Ministero
degli Interni del governo fascista capeggiato da Mussolini, la circolare
n. 600/158 che vietava l’esercizio del culto pentecostale, e che la
persecuzione contro i nostri fratelli si fece molto più dura. La
circolare venne diramata dal sottosegretario Buffarini-Guidi ai prefetti
del Regno, e in essa l’autorità diceva che il culto professato dai
Pentecostali si concretava ‘in pratiche religiose contrarie all’ordine
sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza’, e
pertanto si doveva provvedere subito alla chiusura delle sale di riunione,
allo scioglimento delle associazioni in parola dei pentecostali, e si
doveva vigilare ‘allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e
manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere
luogo in qualsiasi altro modo o forma’. Qualcuno dirà: ‘Ma che cosa
c’entra la chiesa cattolica romana in tutto questo’’ C’entra,
perché nel 1929 vi era stato il concordato tra la chiesa cattolica romana
e lo Stato, mediante il quale avveniva la rappacificazione tra lo Stato
Italiano e la Curia romana, e mediante il quale il governo Italiano si
impegnava ad assecondare i desideri e gli scopi della chiesa romana. E tra
questi desideri e scopi della chiesa romana vi era pure quello di impedire
ai Protestanti di diffondere tra il popolo cattolico romano quelle che
essa chiama le idee della Riforma avvenuta secoli addietro, ma che noi
chiamiamo semplicemente la Buona novella della pace. A conferma che la
chiesa cattolica romana fece pressione sul regime fascista affinché
questo frenasse la propaganda pentecostale in questa nazione esibiamo le
seguenti dichiarazioni contenute in un fascicolo a stampa, di
distribuzione riservata, sul tema Il proselitismo dei protestanti in
Italia che il Vaticano trasmise al governo italiano nel 1934:
‘Particolare segnalazione meritano i pentecostali o tremolanti.
Nelle loro adunanze, gli adepti sono eccitati fino al parossismo, con
grande pericolo soprattutto per le donne e i bambini. Per accertarsi
basterà inviare un medico psichiatra a fare, senza preavviso e
cautamente, un sopralluogo nella loro sede di via Adige 20, in Roma. Gli
stessi protestanti non approvano il loro sistema (...). E’ bene tenere
presente che la legge italiana ammette culti diversi dalla religione
cattolica, ‘purché non professino principi e non seguano riti
contrari all’ordine pubblico e al buon costume’. Quindi non si
comprende come il culto pentecostale continui ad essere ammesso in
Italia’ (Citato da Giorgio Rochat in Regime Fascista e Chiese
evangeliche, Torino 1990, pag. 37), ed ancora: ‘Sua Eccellenza il
capo del governo, nel gran discorso alla seconda assemblea quinquennale
del regime del 18 Marzo ultimo scorso, ha dichiarato: ‘L’unità
religiosa è una delle grandi forze di un popolo. Comprometterla e anche
soltanto incrinarla è commettere un delitto di lesa nazione’.
Questa categorica affermazione, che vuol essere un programma di condotta
per tutte le autorità dello stato, resterebbe sterile se ad un delitto
così grave e così autorevolmente qualificato non corrispondessero nella
legislazione misure convenienti a prevenirlo e a reprimerlo. Per tutti gli
altri delitti di lesa maestà, di leso regime, di lesa nazione, la legge
italiana ha proporzionati rimedi’ (Citato da Giorgio Rochat in op.
cit., pag. 37). Dinanzi a queste chiare affermazioni contro i
Pentecostali e queste richieste fatte dal Vaticano a Mussolini appare
chiaro che la circolare Buffarini-Guidi, emanata l’anno seguente dal
regime fascista contro i Pentecostali, non fu altro che la misura
legislativa tanto desiderata da parte vaticana contro di loro al fine di
punirli per il loro delitto. E qual’era il loro delitto? Compromettevano
l’unità religiosa dello Stato italiano oltre che professavano riti
contrari al buon costume !! La storia si è ripetuta; come nei secoli addietro molti re e
principi per avere l’appoggio del papato favorirono il più possibile i
disegni della chiesa romana tra cui anche quello di distruggere i credenti
che erano usciti da essa, vale a dire quelli che essa chiama i Protestanti
(non si deve mai dimenticare che la chiesa romana nel corso dei secoli in
Europa si è usata dei governi degli Stati per perseguitare tanti
fratelli), così il governo fascista incitato dalla chiesa cattolica si
scagliò con veemenza contro i nostri fratelli. Ma esaminando da vicino
questo modo di agire del governo fascista contro i nostri fratelli, si
riscontrerà pure una forte somiglianza con il comportamento di Ponzio
Pilato nei confronti di Gesù. Voglio dire con questo che Ponzio Pilato
sentenziò che Gesù fosse flagellato e condannato per soddisfare il
desiderio del popolo giudaico che era quello di togliere di mezzo Gesù
infatti è scritto che Ponzio Pilato "sentenziò che fosse fatto
quello che domandavano" (Luca 23:24), ed anche: "Pilato, volendo
soddisfare la moltitudine, liberò loro Barabba; e consegnò Gesù, dopo
averlo flagellato, per esser crocifisso" (Mar. 15:15). Ma come fu nel
piano di Dio che Ponzio Pilato accondiscendesse a quello che il popolo dei
Giudei gli domandò di fare contro Gesù, così era nel piano di Dio che
le autorità fasciste accondiscendessero a quello che la chiesa romana
chiese loro di fare contro i nostri fratelli. E come dalla morte di Cristo
ne è derivato tanto bene, così pure dalla persecuzione dei santi è
scaturito tanto bene, e questo perché Dio converte il male in bene. A Lui
sia la gloria in eterno. Amen. |
Ma veniamo
alla persecuzione che la chiesa romana per mano dell’autorità fascista
fomentò contro i nostri fratelli, per vedere quali furono le sofferenze
che i credenti sopportarono per amore del Vangelo durante gli anni che
seguirono la diramazione della circolare Buffarini-Guidi. (Questa
circolare rimase in vigore fino al 1955). Citiamo a tale proposito delle
parole del fratello Roberto Bracco: ‘Intere famiglie sono vissute
smembrate per anni ed anni; decine e centinaia di fratelli si sono
consumati nell’esilio o nelle prigioni. Posizioni sociali rovinate,
salute distrutta, affetti calpestati; queste sono state le conseguenze
della persecuzione (...) Diversi fratelli, forniti di bicicletta, si
misero alla ricerca, nelle zone estremamente periferiche della città, di
campagne deserte, cave, grotte, boschi che comunque avessero potuto
accoglierci (...) Non posso nascondere che il disagio e la fatica erano
notevoli. Ogni sera bisognava affrontare gli stessi pericoli e la medesima
fatica e dopo le riunioni, se si riusciva a rientrare nelle nostre
abitazioni, si doveva constatare che avevamo sorpassata notevolmente la
mezzanotte (...) Anche in questi vari luoghi eravamo raggiunti
sistematicamente dalle autorità esecutive ed arrestati e imprigionati’
(Roberto Bracco, Persecuzione in Italia. Ricordi e bozzetti, Roma
1954, pag. 22, 46, 47, 48). Ma oltre a queste parole del fratello Bracco,
vogliamo dire altre cose a proposito del trattamento che i nostri fratelli
ricevevano dai Cattolici negli anni in cui era in vigore la circolare
Buffarini-Guidi. Queste sono le cose che noi che apparteniamo a questa
generazione e che non abbiamo vissuto quegli anni abbiamo sentito dai
fratelli anziani che vissero in quel periodo. Chi si convertiva dagli
idoli all’Iddio vivente, cioè chi abbandonava la chiesa romana dopo
essersi ravveduto e dopo avere creduto nel Vangelo, veniva messo al bando
nel suo paese o nel suo quartiere perché veniva considerato un apostata,
uno che aveva dato retta al diavolo, senza parlare degli insulti e dei
torti che riceveva nella sua vita privata dai preti e dai loro fedelissimi
seguaci. Gli stessi parenti li trattavano come se fossero stati degli
appestati capaci di trasmettergli una malattia infettiva morale. Quando li
sentivano parlare in altre lingue dicevano che avevano il diavolo ed altre
diavolerie. I bambini venivano mandati dai preti a disturbare le riunioni
di culto che si tenevano nelle case dei credenti lanciando le pietre
contro le porte di casa o sul tetto; talvolta questi piccoli emissari
lanciavano gli insulti che il prete gli comandava di lanciare contro i
cosiddetti evangelisti. In quei tempi le nostre Bibbie erano messe al
bando infatti i preti ordinavano a tutti coloro che ne entravano in
possesso di non leggerle, ma di bruciarle o di portarle a loro. |
Le torture, le prigionie, e le sentenze capitali
inflitte ‘nel nome di Dio’ dall’Inquisizione |
Ho accennato
innanzi all’Inquisizione. Vediamo di spiegare brevemente che cosa era e
come agiva. L’Inquisizione era uno speciale tribunale ecclesiastico che
aveva come scopo quello di combattere e sopprimere l’eresia . Il papato lo istituì quando constatò la sua impotenza dinanzi ai
progressi dei Catari e dei Valdesi. Il papa che la istituì fu Gregorio IX
(1227-1241) il quale tra il 1231 e il 1234 istituì per l’Europa dei
tribunali d’Inquisizione, presieduti da degli inquisitori permanenti, i
quali esercitavano i loro poteri entro determinate circoscrizioni. A tale
scopo Gregorio IX scelse i Francescani e i Domenicani, i quali dapprima
furono designati a tale ufficio dai loro superiori e più tardi dal papa
stesso. Questo papa pubblicò una decretale che diventò il fondamento
della legislazione inquisitoriale nei tempi posteriori; in questa
decretale egli affermava che gli eretici che venivano condannati come
tali, dovevano essere abbandonati al braccio secolare per ricevere un
castigo esemplare, mentre coloro che facevano ritorno alla chiesa
cattolica dovevano essere condannati alla prigione a vita. Nel 1252
Innocenzo IV (1243-1254) con la bolla Ad Extirpanda confermò
l’Inquisizione autorizzando la tortura contro tutti gli eretici. Nel
1480 su licenza papale venne istituita l’Inquisizione in Spagna, che nel
corso dei secoli sterminò migliaia e migliaia di persone (tra cui pure
tanti Ebrei che, secondo la chiesa cattolica, dopo essersi convertiti al
cattolicesimo apostatarono tornando al giudaismo) . Nel 1542 Paolo III
(1534-1549) con la bolla Licet ab initio istituì l’Inquisizione
romana, che doveva combattere l’eresia in ogni luogo, ponendo su basi
amministrative centralizzate la vecchia Inquisizione medioevale. Ecco uno
dei passi salienti di questa bolla: ‘Noi, mentre aspettiamo il giorno
del Concilio testè indetto, volendo provvedere intanto perché tutto non
vada in rovina, e non potendo portare a termine tutto quanto occorre da
soli, occupati come siamo, da gravi compiti, nominiamo e deputiamo, in
base all’autorità apostolica e al valore del presente decreto, i nostri
diletti figli cardinali: Giovanni Pietro, Giovanni, Pietro Paolo,
Bartolomeo, Dionigi e Tommaso, commissari inquisitori generali e
generalissimi in vece nostra e della sede apostolica, in materia di fede
in ogni singola città, villaggio, terra e luogo della cristiana
repubblica, sia al di qua sia al di là dei monti, ovunque, compresa
l’Italia e la Curia romana. E abbiamo fiducia nella fede, nella dottrina
e nella virtù dei predetti nostri diletti figli cardinali; Giovanni
Pietro di San Clemente, Giovanni di San Sisto, Pietro Paolo di Santa
Balbina, Bartolomeo di San Cesareo, Dionigi di San Marcello, e Tommaso del
titolo di San Silvestro. Diamo ad essi il potere d’investigare contro
quanti si allontaneranno dalla via del Signore e dalla fede cattolica, o
la intendano in modo errato, o siano in un modo qualunque sospetti
d’eresia (‘alias quomodolibet de haeresi suspectos’), e
contro i seguaci, fiancheggiatori, e difensori, e contro chi presta loro
aiuto, consiglio e favori, sia apertamente che di nascosto, a qualunque
stato, grado, ordine, condizione e rango appartenga. E ciò anche
indipendentemente dagli ordinari del luogo, nelle stesse cause in cui
questi debbano intervenire di diritto. Conferiamo, inoltre: il potere di
procedere con il sistema dell’inquisizione o dell’investigazione, o
altrimenti anche d’ufficio; d’incarcerare chiunque risulterà
colpevole o sospetto in base agli indizi suddetti; di procedere contro di
loro, compresa la sentenza finale; di punire chi è stato trovato
colpevole; con pene adeguate in conformità alle sanzioni canoniche; e di
confiscare, a norma di legge, i beni dei condannati alla pena di morte’.
L’Inquisizione romana presentava delle novità rispetto a quella
medievale: esse erano le seguenti. Innanzi tutto mentre nel medioevo
l’azione penale era affidata ai vescovi che ne restavano i titolari
anche quando erano aiutati dagli inquisitori delegati, ora invece il
potere di inquisire e giudicare è trasferito totalmente agli inquisitori
generali nominati dal papa. In secondo luogo questa Inquisizione può
procedere contro i vescovi, gli arcivescovi, i metropoliti e persino i
cardinali (questo lo affermerà con chiarezza Pio IV nella sua bolla Romanus
pontifex). Altra novità era l’universalità della sfera di
competenza di questa Inquisizione, perché mentre nel medioevo i vescovi
potevano inquisire solo nell’ambito della loro diocesi e gli inquisitori
solo nel territorio fissatogli dal papa adesso gli inquisitori generali
avevano giurisdizione su tutto il mondo. L’Inquisizione fu confermata in
seguito da Gregorio XIII e Sisto V. |
Vediamo ora
come procedeva l’Inquisizione contro gli ‘eretici’. Bastava un
sospetto, una denuncia, un accusa per fare sì che l’inquisitore citasse
le persone compromesse davanti a lui o farle trarre in arresto sia dalle
autorità civili che dai propri dipendenti (sergenti, messaggeri, notai,
carcerieri). Erano sufficienti due testimoni per stabilire la colpevolezza
dell’imputato (faccio notare che i ‘maestri’ dell’Inquisizione lo
chiamavano reo perché per loro egli era già colpevole dal momento che
veniva accusato e doveva solo confessare le sue colpe); ma le accuse dei
testimoni venivano notificate all’accusato solo quando gli era stata
estorta la confessione oppure quando l’inquisitore riteneva che ormai
l’accusato non avrebbe più confessato, e ciò avveniva senza fargli
conoscere i nomi dei testimoni. Una volta davanti al tribunale
dell’Inquisizione all’eretico per scampare alla morte rimaneva solo
una via quella di confessare la sua eresia e di abiurarla. Va detto però
che anche nel caso abiurasse egli non otteneva la libertà perché veniva
condannato alla prigione a vita che veniva reputata dalla chiesa una
penitenza da fargli scontare per la ‘salvezza’ dell’anima sua dato
che era tornato, secondo loro, in seno alla vera Chiesa. Sia nel caso egli
confessasse di rigettare dei dogmi della chiesa cattolica romana e di non
volere abiurare le sue convinzioni, e sia nel caso egli non volesse
confessare di essere un eretico, per lui c’era la morte perché veniva
considerato un eretico impenitente. Nel caso l’imputato, interrogato
dall’inquisitore (questa parte della procedura era chiamata ‘esame
semplice’), non volesse confessare di essere un eretico il tribunale
faceva ricorso contro di lui ad ogni mezzo per estorcergli la confessione;
l’imputato veniva posto in celle strettissime senza luce, con i ceppi ai
piedi e le catene ai polsi, gli veniva fatto mancare il cibo, non veniva
fatto dormire, o se veniva fatto dormire veniva fatto dormire sulla nuda
terra. Oltre a ciò egli veniva torturato con ogni sorta di torture
fisiche perché la tortura (che veniva chiamata ‘esame rigoroso’) era
reputata un mezzo lecito da usare in vista della ‘salvezza’
dell’accusato (ricordatevi sempre che il fine che la chiesa cattolica si
proponeva con l’Inquisizione era quello di ‘purgare’ le anime
dall’eresia per ‘salvarle’ dalla perdizione, per cui secondo lei
ogni mezzo che potesse portare l’eretico a confessare i suoi errori e ad
abiurare era lecito). Ecco cosa si trova scritto nel libro L’Arsenale
della S. Inquisizione a proposito dell’utilità della tortura da
infliggere: ‘Il reo (notate che ancora prima che sia stata emanata la
sentenza l’individuo era definito colpevole), negando i delitti, ed
essi non essendo provati, se nel tempo assegnato per le difese, non ha
dato alcuna ragione convincente a sua discolpa, ovvero se, finite le
difese, non si è purgato dagl’indizi che si hanno contro di lui nel
processo, per trarre da lui la verità, è necessario venire contro di lui
all’esame rigoroso; essendo stata inventata la tortura per supplire al
difetto delle testimonianze, quando esse non bastano per fornire la prova
intera contro il reo; e questo non è punto contrario né alla
mansuetudine, né alla dolcezza ecclesiastica; anzi quando gli indizi sono
legittimi, sufficienti, chiari e concludenti nel loro genere,
l’inquisitore può e deve farlo senza alcun biasimo, acciò i rei,
confessando i loro delitti, si convertano a Dio, e salvino l’anima
loro’ (L’Arsenale della S. Inquisizione, Roma 1730, pag. 263) . Per quanto riguarda il modo di ministrare la tortura ecco le parole
del Direttorio degl’inquisitori di Eymeric: ‘Appena pronunciata la
sentenza di tortura, i ministri si dispongono a tormentare il reo: e
mentre essi preparano l’occorrente, il Vescovo e l’Inquisitore, o
personalmente, o per mezzo di altri uomini pii e zelanti nella fede,
inducono il reo a confessare liberamente la verità: che se egli non
confessa, ordinano ai ministri di spogliarlo (anche se è donna), ed essi
ubbidiscono prontamente, non allegri, ma quasi turbati (non laeti, sed
quasi turbati), e lo spogliano sollecitamente, e mentre lo spogliano
lo inducono a confessare. Che se ancora è ostinato, sia bello e nudo
tratto a parte da uomini probi, e gli si prometta salva la vita se
confessa, purché giuri di non ricadere nello stesso delitto... che se né
per promesse né per minacce vorrà confessare, allora sia tormentato
ecc.’ (De tertio modo procedendi in causa fidei per tormenta,
pag. 480,481). La tortura durava mezz’ora e non si poteva ripetere, ma
gli inquisitori riuscivano ad eludere la legge. Ecco cosa lo stesso
Direttorio diceva infatti: ‘Che se, abbastanza tormentato, non vorrà
confessare la verità, gli si facciano vedere tutti gli altri tormenti, e
gli si dica che bisogna che li provi tutti fino a che non avrà
confessato. Che se neppure in tal modo si spaventerà, allora si assegnerà
l’indomani, o il giorno dopo per continuare la tortura, non per
replicarla; perché essa non deve essere ripetuta, ma non è proibito di
continuarla’. Tra le torture applicate c’erano quella della corda,
quella del fuoco e quella dell’acqua. Quella della corda era compiuta in
questa maniera: si disponevano le braccia dell’imputato dietro la
schiena legandogli i polsi con una corda che scorreva per una carrucola
fissata al soffitto. Tirando la fune si sospendeva il torturato per aria,
e lo si lasciava in quella posizione per mezz’ora (così gli veniva
provocata la slogatura delle braccia). La tortura del fuoco veniva
applicata in questo modo. Dopo che il reo aveva sofferto la tortura della
corda veniva portato davanti ad un camino pieno di carboni accesi e veniva
saldamente legato ad un cavalletto in maniera che non potesse fare il più
piccolo movimento. Vi veniva legato con i piedi nudi, unti con del lardo,
ritenuti in ceppi e a patire per mezz’ora sul fuoco acceso. La tortura
dell’acqua consisteva invece nello stendere la persona sopra una specie
di cavalletto fatto a guisa di mangiatoia e legarvela fortemente. Poi un
carnefice con una corda per mezzo di un randello stringeva le due gambe
alle caviglie, ritenendo sempre in mano il randello; un altro stringeva
nella stessa maniera i due polsi. Si portava un gran secchio d’acqua, ed
un terzo carnefice, dopo avere con una specie di piccola tenaglia di legno
chiuso bene il naso al torturato, poneva con la sinistra nella bocca del
sofferente un imbuto, mentre con la destra attingeva con una tazza dal
secchio l’acqua che versava nell’imbuto, e nel mentre gli altri due
carnefici stringevano il randello. |
Qualcuno forse
si domanderà se in questo processo vi fossero gli avvocati? Sì gli
avvocati esistevano ma di fatto non difendevano l’imputato perché
collaboravano con gli inquisitori. Prima di tutto non venivano scelti
dall’imputato ma dagli inquisitori e poi erano uomini di fiducia degli
inquisitori. I loro compiti erano questi: parlare poco con l’imputato (e
sempre in presenza dell’inquisitore) e poi convincerlo a confessare il
suo crimine. Non potevano portare testimoni a difesa dell’imputato perché
questo era proibito. E poi dovevano essere molto cauti nel ‘difendere’
l’imputato perché ogni affermazione in favore di un eretico poteva
essere presa dall’Inquisizione come prova che anche loro fossero degli
eretici e perciò dovevano essere processati anche loro per eresia.
(Secondo l’inquisitore Bernardo Gui quegli avvocati che avessero il
coraggio di difendere gli eretici si dovevano considerare come colpevoli
del delitto di complicità nell’eresia). Ecco a che cosa si riduceva il
ruolo dell’avvocato nell’Inquisizione. |
Quando poi il
tribunale ecclesiastico sentenziava la condanna dell’eretico e lo
consegnava al braccio secolare (cioè all’autorità civile) faceva
giurare questo di trattarlo con dolcezza, di risparmiare la sua vita e di
non versare il suo sangue, ma risulta dai fatti che quel giuramento che
veniva richiesto era un giuramento ipocrita. Il motivo per cui l’autorità
ecclesiastica implorava la clemenza delle autorità civili sul condannato
era che essa non voleva prendere parte apertamente all’esecuzione delle
pene capitali perché ‘la chiesa aborrisce il sangue’. Perché essa
nella realtà voleva la morte dell’eretico] e voleva che l’autorità civile lo mettesse a morte infatti essa
aveva introdotto nei codici le leggi più feroci contro gli eretici e
obbligava i funzionari pubblici ad eseguirle sotto pena di essere
considerati anche loro degli eretici. Nel 1244 il concilio di Narbona
aveva dichiarato che nel caso una persona rivestita di potere temporale si
fosse dimostrata pigra nel sopprimere l’eresia, sarebbe stata dichiarata
come complice degli eretici, e quindi andava incontro alle medesime pene
di costoro. La chiesa cattolica reputava il mettere a morte un eretico un
atto pio tanto che concedeva l’indulgenza plenaria a coloro che
portavano la legna per erigere il rogo. Dichiarare dunque, come fanno
taluni che difendono l’Inquisizione, che l’esortazione alla clemenza
fatta dal tribunale dell’Inquisizione fosse sincera e che la
responsabilità della morte dell’eretico ricadesse tutta sul magistrato
secolare, è totalmente falso, è un sofisma usato per fare credere che la
chiesa cattolica romana fu sempre innocente del sangue degli eretici
quando essa in realtà è sempre stata assetata del sangue di coloro che
non si volevano sottomettere ad essa e quel sangue un giorno gli sarà
domandato. |
Condotto al
luogo del supplizio, se il condannato dichiarava di pentirsi e di
rinnegare i suoi errori il tribunale lo restituiva all’inquisitore, il
quale lo sottoponeva ad un interrogatorio molto serrato nel quale il
penitente doveva denunciare i suoi complici e rinnegare una per una le sue
eresie. Dopodiché egli veniva condannato al carcere a vita. Nel caso
invece il ‘reo’ rimanesse impenitente fino alla fine allora veniva
bruciato o vivo o dopo essere stato ucciso pubblicamente . Voglio citare ora tre esempi di uomini bruciati per ordine
dell’Inquisizione a motivo della loro fede in Cristo Gesù e che quindi
vanno annoverati tra i martiri di Gesù, Giovanni Huss, Giaffredo Varaglia
e Aonio Paleario. |
Dell’esecuzione
contro Huss, che fu condannato a morte dal concilio di Costanza nel 1415,
un testimone oculare ha raccontato le seguenti cose. Huss fu costretto ad
inginocchiarsi sopra un mucchio di fascine e venne legato saldamente con
corde al palo; le corde lo tenevano strettamente avvinto alle caviglie,
sotto le ginocchia, sopra le ginocchia, all’inguine, alla cintola e
sotto le braccia. Gli fu passata anche una catena attorno al collo.
Attorno a lui fu accumulata della legna mista a paglia, fino all’altezza
del mento. Allora, il conte palatino Luigi, il quale sorvegliava
l’esecuzione, si avvicinò in compagnia del maresciallo di Costanza ed
invitò Huss a ritrattare. Essendosi egli rifiutato, si ritirarono e
batterono le mani; questo era il segnale convenuto coi carnefici che
aspettavano di accendere il rogo. Quando tutto fu consumato dal fuoco i
carnefici distrussero completamente il corpo carbonizzato, il quale venne
fatto a pezzi, le ossa furono spezzate, e i frammenti e le viscere buttati
nuovamente sopra il rogo. |
Della morte di
Giaffredo Varaglia, un credente che fu presente alla sua morte scrisse le
seguenti cose a delle chiese. ‘Carissimi fratelli, il portatore della
presente, volendo visitare le vostre Chiese, non ho voluto mancare di
darvi avviso di quanto ha piaciuto a Dio che sia accaduto questi giorni
tra noi per l’avanzamento della sua parola, chiamando a se il nostro
buon fratello e Ministro, M. Giaffredo Varaglia, per la croce del
martirio. Il quale essendoli annunziata la morte da un collaterale della
Corte, gli rispose che non la temeva, e disse ciò con una costanza
mirabile senza turbarsi niente in quel primo incontro, contra la natura
quasi di ogni uomo. Appresso, uscendo fuora della prigione, per andare al
luogo del supplicio, un prete se gli accostò dicendoli et esortandolo che
si convertisse. A cui egli rispose ridendo: Convertitevi voi ch’io sono
per gratia di Dio già convertito. Era condotto legato con quell’altro
buon huomo vecchio che conoscete; il quale anch’egli sofferse assai per
la medesima querela essendo stato condannato di assistere alla esecutione
dell’altro e di essere scopato, marcato della marca del Re, e bandito.
Andava dunque M. Giaffredo consolando costui, e recitando ad alta voce il
Salmo: In te Domine speravi. Ma essendo giunto al luogo, con volto ridente
disse al suo compagno: non mancate di salutare in nome mio tutte le chiese
dove passerete, voi restate qua, et io me ne vado alla gloria del mio
Padre. Finalmente salito sopra il legnaio, havendo una corda al collo,
cominciò così a dire: Fratelli carissimi, primieramente io perdono a
tutti quelli che sono cagione della mia morte, molto volentieri, perciocchè
in vero non sanno quel che si fanno, e priego Dio che gli voglia
illuminare. In quanto poi alla causa, per la quale io sono posto a morte,
è per tenere a fare una medesima confessione di fede, che ha tenuto e
fatto S. Pietro e S. Paolo e tutti gli altri Santi Apostoli e Martiri per
la diffensione dell’Evangelio del Signor nostro Giesù Christo, che vuol
dire buona nuova, per la quale ci è annuntiata la remissione dei peccati
per esso Signor Giesù, il quale Iddio ha costituito solo Avvocato,
Mediatore et Intercessore fra lui e noi poveri peccatori. Quando servivo
al Diavolo, io moriva ogni giorno per gli miei peccati enormi,
bestemmiando il suo Santo nome, se io fossi morto a quel tempo sarei morto
dannato. Ma ora io muoio per vivere eternalmente con lui; non già che io
pensi che questa morte sia cagione della mia salute, consistendo nel solo
sangue di Giesù Christo. E se qui si trova alcuno il quale habbia
cognitione dell’Evangelio e tutti gli altri ancora, vi esorto a
ricercare la S. Scrittura e governarvi secondo quella, che sola contiene
la regola del ben vivere; lasciando i peccati come sono idolatrie e
fornicationi, detrattioni, furti et altre simili enormità. La quale
regola ho sempre seguitata da poi che Iddio mi ha illuminato et al
presente la ratifico con la mia morte, aspettando il guiderdone da colui
che mi ha fatto tanta gratia et onore che dopo essere stato Araldo della
sua parola, mi ha ora fatto un tanto Cavaliero e dei suoi martiri. E
sappiate che io credo alla S. Chiesa Cattolica e non ricevo nessuna
inventione umana, ma mi appoggio alla sola parola di Dio. Alle quali
humane inventioni vi priego non volere credere, perciocchè sono molto
dannose. Appresso avere detto questo e qualche altra cosa per lo spatio di
un quarto di hora, pregò tutta la moltitudine che si degnasse pregare Dio
insieme con lui: poi inginocchiatosi, recitò l’oratione del Signore e
gli articoli della fede in volgare italiano, et ad alta voce,
distintamente, e senza apparenza alcuna di essere spaventato. Perciochè
egli non era niente cambiato di colore, et havea sempre il viso giocondo e
quasi ridente: di maniera che la più gran parte del popolo si maravigliò,
dicendo: ei pare che vada a nozze. E quando recitava gli articoli di fede
si levò un mormorio della moltitudine, dicendo alcuni: e come? si dicea
che costui non credesse in Dio, e che dicea tanti mali della Vergine Maria?
il che vediamo hora non esser vero. Donde viene questo? Appresso a tutte
queste cose ei disse al manigoldo, che facesse il suo ufficio a suo
piacere. Il quale domandogli perdono, egli disse: Amico mio, io ti ho di
già perdonato, et ora di nuovo ti perdono con tutto il cuore. E così,
havendo raccomandato lo spirito a Dio, fu dal boia strangolato et
abruciato. Et in questa maniera è passato a miglior vita M. Giaffredo
Varaglia fedel servo e martire del Signore a’ 29 di Marzo in Turino del
58’ (ossia 1558). |
A proposito
del supplizio di Aonio Paleario viene detto che dopo essere stato
processato e condannato dal tribunale dell’Inquisizione qui a Roma , all’alba del 3 luglio 1570 fu portato dinanzi a Castel
Sant’Angelo dove per lui era stata preparata una forca e il rogo.
C’era molta gente; giunto a piè della forca un frate gli gridò:
‘Riconciliati con Dio, o eretico: l’ora della tua morte è
arrivata!’. Il condannato lo guardò con uno sguardo severo e fu udito
pronunciare queste parole con voce distinta: ‘Sentimi frate, io già mi
sono riconciliato con Dio: né ho bisogno del tuo ufficio ond’egli mi
ascolti!... Chi sei tu che ti poni tra il Creatore e la creatura? Polvere
come me, umiliati... e prega! Poco dopo salì sul patibolo e fu messo a
morte. Dopodiché il suo corpo fu gettato nelle fiamme . |
Qualcuno dirà:
‘Ma oggi la chiesa cattolica romana come ne parla dell’Inquisizione?
La condanna condannando coloro che la promossero? Affatto; quando ne parla
o in un modo o nell’altro la giustifica (condannando solo certi
comportamenti di taluni inquisitori che lei chiama ‘abusi’). Nell’Enciclopedia Cattolica per esempio alla voce
Inquisizione alla fine si leggono le seguenti parole: ‘I moderni hanno
giudicato severamente l’istituzione dell’Inquisizione e l’hanno
tacciata di essere contraria alla libertà di coscienza. Ma dimenticano
che in passato si ignorava questa libertà e che l’eresia incuteva
orrore nei ben pensanti, che erano certamente la grande maggioranza anche
nei paesi più infetti di eresia’ (Enciclopedia Cattolica, vol.
7, 47). Questo implicitamente significa che essa è ancora in favore
dell’uso della forza contro coloro che non si vogliono sottomettere ad
essa e che minacciano in una maniera o nell’altra il suo prestigio e il
suo potere. E che sia così è confermato dal fatto che, come abbiamo
visto, la chiesa cattolica romana è per l’uso della violenza nei
confronti dell’aggressore. Se si considera infatti il loro insegnamento
sulla legittima difesa si noterà che è permesso ad un gruppo di reagire
con la violenza ad un aggressione. Ecco quanto si legge nel loro Dizionario
di morale cattolica: ‘Fin qui si è esaminato il diritto di
legittima difesa in termini individuali: ma ciò si applica ugualmente
anche a un gruppo. Minacciato (...) nella sua identità culturale
(distruzione del patrimonio culturale...).... un popolo può invocare il
diritto di legittima difesa’ (Jean-Louis Bruguès, op. cit., pag.
122). Facciamo un esempio: la chiesa cattolica romana (che non
dimenticatevi oltre ad essere un organizzazione religiosa è un
organizzazione politica, uno Stato come tanti altri) si sente minacciata
dalla eresia, per cui il suo ‘patrimonio culturale’ è messo a
repentaglio? Come reagire a questa minaccia? Con la violenza; che poi la
chiesa cattolica romana farebbe un uso diretto della violenza o indiretto
ricorrendo, come tante volte ha fatto, alle autorità civili, questo poco
importa. L’importante per essa è fermare coloro che minacciano la sua
esistenza. Pio IX (sotto cui fu proclamato il dogma dell’infallibilità
papale) lo fece capire molto bene quando nel Sillabo degli Errori
condannò come eretica la 24esima proposizione che dice: ‘La Chiesa non
ha potestà di usare la forza, né alcuna temporale potestà diretta o
indiretta’. Ma d’altronde come potrebbe il papato condannare
l’Inquisizione quando essa fu istituita e confermata da degli
‘infallibili’ papi di cui alcuni sono pure stati fatti santi? Come
potrebbe condannarla senza condannare con essa i suoi sostenitori il che
significherebbe rinnegare l’infallibilità della chiesa cattolica nel
corso dei secoli e perciò apparire contraddittoria? |
Badate dunque
a voi stessi fratelli, perché questo loro insegnamento sulla legittima
difesa può essere da loro preso in qualsiasi momento per ritornare ad
inquisire i suoi nemici, tra cui ci siamo tutti noi che rifiutiamo di
sottoporci al papa e ai dogmi papisti. Non illudetevi perché essa
possiede sempre qualche insegnamento con cui sostenere e giustificare un
eventuale sua violenta reazione contro gli ‘eretici’. Anche perché, e
qui mi ripeto, vi dovete ricordare che essa è uno Stato con tanto di
ambasciatori (i nunzi) nel mondo. |
L’astuzia e la malvagità usate dai Gesuiti per
‘la maggior gloria di Dio’ |
Quando si
parla delle persecuzioni che tanti nostri fratelli subirono in Europa dopo
che scoppiò la Riforma non si può non parlare dei Gesuiti, chiamati
anche Compagnia di Gesù e a ragione soprannominati ‘gli uomini del
papa’ per la loro cieca ubbidienza al papa. E questo perché essi furono
coloro che più di altri si diedero da fare con il permesso del papa per
estirpare il ‘protestantesimo’ da dove si era diffuso e convertire al
cattolicesimo coloro che lo avevano abbandonato. Vediamo dunque di dare
qualche cenno storico e dottrinale su questo ordine della chiesa cattolica
romana tuttora esistente nel suo seno e tuttora molto influente in essa. |
Il fondatore
di questo ordine fu uno spagnolo di nome Ignazio Loyola (1491 ca. - 1556).
Costui assieme a dieci suoi amici che egli aveva reclutato per formare un
ordine che doveva avere come obbiettivo la conversione degli infedeli,
dopo avere assieme a loro redatto gli statuti della loro Società ed
averla chiamata ‘Compagnia di Gesù’ ne chiese l’approvazione a
Paolo III il quale gliela accordò il 17 settembre del 1540. Ai tre voti
ordinari di castità, di povertà e di obbedienza, la società ne aggiunse
un altro. Essa giurava di ‘votare la sua vita al servizio costante di
Cristo e dei papi, di combattere sotto la bandiera della Croce, di servire
solo il Signore e il romano pontefice, suo vicario in terra; essa
s’impegnava d’obbedire al papa ed i suoi successori in tutto quanto
concerneva la salvezza delle anime e la propagazione della fede, qualunque
fossero i paesi ove li avrebbero condotti gli ordini di Sua Santità’.
Così il papa si trovò a sua disposizione un ordine pronto a tutto pur di
difendere i suoi interessi che in quel tempo erano fortemente attaccati
dai Protestanti le cui idee si erano diffuse per tutta l’Europa. |
L’ordine era
strutturato gerarchicamente. Al suo vertice c’era il generale. Egli
aveva il diritto di fare le costituzioni e le regole, conferiva tutte le
cariche, regolava ed ordinava a suo piacimento tutta la società; tutta
l’autorità dei provinciali e degli altri superiori dipendeva da lui;
poteva dispensare dalle costituzioni e dai voti; insomma era un monarca
assoluto a cui tutti dovevano una obbedienza cieca. Il primo generale fu
Ignazio Loyola. |
Il corpo della
compagnia era composto da quattro categorie o gradi. La prima categoria o
grado era quella dei preti professi che avevano pronunciato i tre voti
solenni di povertà, castità, e obbedienza e aveva fatto uno speciale
voto di ubbidienza al papa. Anche se tutti i Gesuiti erano tenuti ad
ubbidire al papa i preti professi facevano questo particolare voto. Solo i
Gesuiti di questa categoria potevano accedere alla carica di generale e ai
posti immediatamente inferiori. |
La seconda
categoria o grado era costituita da preti che prendevano i voti semplici,
non solenni, e che non pronunciavano il quarto voto al papa. Erano
chiamati coadiutori spirituali. |
Il terzo grado
era quello dei fratelli laici; questi non diventavano mai preti, ma
prendevano i tre voti semplici ed erano incaricati del lavoro manuale
nelle case: cucinare, pulire, ecc. |
La quarta
categoria era quella dei giovani allievi, generalmente chiamati scolastici
perché la loro preparazione avveniva attraverso le varie scuole del
sapere. Alla fine dei loro studi venivano ordinati preti e a secondo dei
loro progressi entravano tra i professi o tra i coadiutori spirituali. |
Per entrare
nell’ordine occorreva prima seguire un periodo di noviziato che durava
due anni durante il quale il novizio era sottoposto ad una dura disciplina
perché doveva perdere la sua individualità e mettersi interamente nelle
mani del suo superiore. Chi riusciva a superare il noviziato prendeva i
tre voti semplici; alcuni restavano fratelli laici, altri continuavano
come scolastici per diventare professi o coadiutori spirituali. Alla fine
dell’istruzione pronunciavano i voti finali; i professi aggiungevano
anche il quarto voto speciale. |
Gli effettivi
della compagnia erano organizzati in ‘provincie’ in cui si trovavano
le diverse case dell’ordine che erano di sei tipi. Le residenze (per
scrittori, studiosi, superiori locali, membri a riposo o malati); le case
di studio (per giovani Gesuiti); un noviziato (dove venivano esaminati e
preparati gli aspiranti della provincia); e poi c’erano scuole e collegi
destinati all’educazione dei laici e case per il ritiro spirituale dove
i laici andavano in cerca di aiuto spirituale o per compiere delle
devozioni. Ogni casa aveva un superiore (sotto cui c’erano altri
superiori intermedi), e al di sopra di tutti i superiori delle case della
provincia c’era un provinciale e al di sopra di tutti i provinciali
c’era un assistente che risiedeva a Roma con il generale. |
Ad ogni
Gesuita era richiesto di ubbidire incondizionatamente al suo superiore
qualunque cosa egli gli ordinasse infatti nel libro delle regole dei
Gesuiti dal titolo Regulae societatis Jesu alla costituzione numero
36 si legge: ‘Ciascuno persuada sé stesso, che coloro che vivono sotto
la ubbidienza, sono condotti e diretti dalla divina provvidenza; e che
perciò debbono lasciare che i superiori lo trattino come se fosse un
cadavere, che si lascia far tutto senza lagnarsi; ovvero come il bastone
di un vecchio, il quale colui che lo tiene in mano se ne serve quando,
dove, ed in qualunque cosa egli vuole’. Il Gesuita doveva vedere nella
persona del superiore Gesù stesso: nella regola n° 16 e 18 si legge:
‘Non guardate nella persona del superiore l’uomo soggetto ad errare, e
sottoposto alle umane miserie; ma riguardate in lui la stessa persona di
Cristo, che è somma sapienza, immensa bontà, e carità infinita, il
quale né può essere ingannato, né può volere ingannare voi. E siate
certi che seguendo la volontà del superiore, voi seguite con tutta
certezza la divina volontà. Voi dovete fermamente credere che tutto
quello che il superiore comanda è precetto e volere di Dio’. Con simili
regole è chiaro che il Gesuita ritenesse il suo superiore infallibile e
perciò disubbidirgli per lui avrebbe significato disubbidire a Dio. E poi
che il superiore si trovava nei confronti di coloro che erano alle sue
dipendenze in una posizione che gli permetteva di far fare loro tutto
quello che avrebbe voluto senza essere contraddetto. Inoltre, affinché il
superiore conoscesse bene i suoi schiavi alla costituzione n° 40 era
prescritto al Gesuita che entrava nella compagnia che egli ‘debba
manifestare al superiore tutta la sua coscienza con grande umiltà, purità
e carità, non nascondendo nulla di quello col quale avesse potuto
offendere Iddio, e renda ad esso, od a chi sarà da lui deputato, un
intero conto della sua vita precedente; ed ogni sei mesi renda poi lo
stesso conto incominciando dall’ultimo’. Il Gesuita aveva inoltre
l’ordine di non riferire agli esterni le cose dell’ordine. Le regole
comuni n° 38 e 39 dicono infatti: ‘Nessuno riferisca a quei di fuori
quello che si fa o si pensa fare fra noi. Nessuno, senza espressa licenza
del superiore, comunichi le nostre costituzioni, i nostri libri, ovvero
scritti nei quali si contengono le nostre ordinazioni o privilegi. Nessuno
dia o mandi fuori le istruzioni spirituali, le meditazioni, o gli esercizi
della società’. |
L’ordine si
proponeva di convertire gli eretici e i pagani tramite la predicazione,
l’insegnamento e la confessione. Esso affermava di fare tutto ad
majorem Dei gloriam (a maggiore gloria di Dio) il che significava a
maggiore gloria del papato perché per i Gesuiti glorificare il papa - per
loro il vicario di Cristo sulla terra - significava glorificare Dio. Ecco
perché diversi papi concessero loro tanti privilegi e li appoggiarono;
perché la loro opera tendeva a consolidare ed estendere il dominio del
papato nel mondo. Ma nello stesso tempo, e questo lo si deve ben tenere
presente, l’ordine procacciava pure i suoi propri fini che erano quelli
di voler dominare il mondo e arricchirsi. |
Ma l’ordine
affermava altresì che per raggiungere i propri obbiettivi erano leciti
tutti i mezzi anche quelli illeciti (o come esso affermava tutti i mezzi
erano indifferenti), e quindi la menzogna , l’astuzia, il furto , la frode e la violenza ecc. erano consentiti. Avevano una morale che
giustificava il peccato con ogni sorta di sofismi, cosicché l’aborto,
l’omicidio, l’adulterio, il furto, il duello, la menzogna, la
doppiezza, l’idolatria, l’impurità, erano permessi in svariate
circostanze e se non diventarono proprio delle virtù di certo venivano
fatti passare per delle lievi colpe o per cose da nulla. Insomma il
peccato nelle mani dei Gesuiti divenne irriconoscibile e nei loro libri
introvabile. Per cui con le loro lusinghe si acquistarono il favore di
coloro che prendevano piacere in ogni sorta di peccato. Perché questo era
il loro scopo, volgere più persone dalla loro parte per dopo spogliarle
dei loro beni se erano ricche e se in posti di autorità per usarsi di
loro per estendere la compagnia nel loro paese. La diabolica massima il
fine giustifica i mezzi era (ed è) l’essenza del gesuitismo. Si
insediarono alle corti dei re e dei principi sia come predicatori che come
confessori e riuscirono con la loro astuzia ad avere da loro il permesso
di aprire collegi ed altre istituzioni e a persuaderli a distruggere
quelli che per loro erano degli eretici. In Italia aprirono diversi
collegi, furono protetti dai principi e presero parte ai massacri dei
Valdesi sia al nord che al sud d’Italia. Anche nelle altre nazioni
aprirono dei collegi, e si cattivarono l’amicizia di imperatori e
principi (facendogli credere che cercavano il loro interesse) per indurli
a favorire la loro società e sterminare i Protestanti . Quando qualche re dimostrava di favorire
il protestantesimo a danno del cattolicesimo o di non gradire la
‘Compagnia di Gesù’ nel suo paese essi erano pronti a toglierlo di
mezzo o ad incoraggiare altri a farlo. Perché anche questo era permesso ad
majorem Dei gloriam. Suarez, uno dei loro teologi più conosciuti
disse infatti che un re eretico prima può essere deposto, e dopo, se
continua a regnare può essere legalmente ucciso come un tiranno. Ecco le
sue parole: ‘Ma però data che è la sentenza, (il Sovrano) è decaduto
dal trono, sicché per giustizia, non può più possederlo. Fin d’allora
adunque può essere trattato come un Tiranno, e come tale da qualunque
privato può essere ucciso’ (Franc. Suarez,
Def. Fid. Cathol. lib. VI, cap. 4) (questa diabolica dottrina si chiama regicidio).
Alcuni esempi che confermano questo loro modo di agire sono i seguenti.
Baldassare Gèrard, l’assassino di Guglielmo d’Orange, ‘confessò
che aveva partecipato la sua intenzione al rettore del collegio dei
Gesuiti di Trèves, il rettore la aveva approvata, gli aveva impartito la
benedizione, assicurandolo che ove avesse perduto la vita eseguendo
l’attentato, sarebbe stato compreso nel numero dei martiri’ (G. Huber,
I Gesuiti, Roma 1909, pag. 134). Ma non sempre riuscirono i loro
complotti contro i re; per esempio il re del Portogallo scampò
all’attentato che i Gesuiti avevano ordito per ucciderlo e per questo vennero espulsi con la forza
dal paese, imbarcati su navi reali e sbarcati sulle coste dello Stato
della chiesa e tutte le loro proprietà furono confiscate (questo avvenne
tra il 1759 e il 1761). Anche in Inghilterra un tentativo di assassinare
il re non ebbe il risultato che essi volevano perché fu scoperta la mina
che doveva fare saltare il parlamento alla sua apertura il 7 febbraio
1605. I tre Gesuiti che erano tra i congiurati fuggirono, ma furono presi,
processati e condannati a morte. |
L’ordine fu
soppresso (anche se i Gesuiti nella pratica continuarono a sussistere in
Prussia e in Russia) da Clemente XIV nel 1773 ma fu restaurato da Pio VII nel 1814. E in mezzo a molte polemiche
sussiste ancora in seno alla chiesa cattolica romana . |
|
COME STANNO OGGI LE COSE |
Ma oggi come
stanno le cose? Ancora oggi in questa nazione benché per certi versi le
cose sono diverse, nella sostanza le cose non sono cambiate da come erano
allora. Perché? Perché la chiesa romana, benché ufficialmente abbia
moderato il suo parlare contro di noi arrivando a definirci comunità
ecclesiali (non vere chiese perché la sola vera Chiesa è lei), nei fatti
ci detesta considerandoci delle sette formatesi per opera di alcuni usciti
dal suo mezzo o dal mezzo del protestantesimo storico. Certo, contro di
noi non ci sono persecuzioni a morte come ci furono contro tanti nostri
fratelli nei secoli passati in Europa o il carcere o il confino, ma la
persecuzione sussiste anche se è solo verbale nella massima parte dei
casi; e non può essere altrimenti perché noi predichiamo la Parola di
verità e riproviamo le eresie e le opere infruttuose della chiesa romana
come fecero i nostri fratelli antichi. Ma noi non cesseremo di parlare in
difesa del Vangelo e contro le false dottrine di questa organizzazione che
conduce milioni di anime all’inferno. Siamo odiati, scherniti, reputati
pazzi, fanatici, da persone che si chiamano ‘Cristiani facenti parte
della santa chiesa apostolica’; sì fratelli é così, ma siamo felici
di subire questi loro oltraggi perché Gesù ha detto: "Beati voi,
quando v’oltraggeranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro
a voi ogni sorta di male per cagion mia. Rallegratevi e giubilate, perché
il vostro premio é grande ne’ cieli; poiché così hanno perseguitato i
profeti che sono stati prima di voi" (Matt. 5:11,12). Noi sappiamo
che i profeti furono perseguitati dai Giudei disubbidienti perché essi
parlarono da parte del Signore. I profeti riprovarono tra le molte opere
malvagie del popolo anche l’idolatria a cui esso si era abbandonato e
perciò furono perseguitati, perché parlarono contro quegli spauracchi
dei loro idoli per i quali gli Israeliti andavano in delirio. Perché
dunque meravigliarci se i Cattolici romani ci odiano e ci oltraggiano, e
se potessero ci toglierebbero di mezzo con la forza perché parliamo
contro quei cadaveri dei loro idoli che essi adorano, pregano e portano in
spalle nelle loro processioni? Perché meravigliarci dei loro insulti come
se ci avvenisse qualcosa di strano, quando secoli addietro delle altre
persone per avere riprovato e confutate le loro eresie furono derisi,
odiati, e messi a morte? Fratelli, sappiate che é inevitabile che si
venga perseguitati da coloro che giacciono nell’errore quando si dice
loro la verità. |
Infine vorrei
dire - e qui torno a quello detto precedentemente - che benché oggi la
chiesa cattolica romana ufficialmente non si rivolge più nei confronti di
coloro che escono da lei nella stessa maniera in cui hanno parlato certi
papi del passato e certi suoi dottori nei secoli passati (appoggiandosi
sulle parole di Agostino), cioè dichiarando che bisogna usare la forza
per fare ritornare gli apostati all’ovile o che gli eretici bisogna
sterminarli in ogni maniera per estirpare così l’eresia, pure essa
conserva in lei lo stesso sentimento di odio verso coloro che, dopo avere
conosciuto il Signore escono dal suo mezzo e cominciano a riprovare le sue
dottrine diaboliche e a cercare di strappare dalla sua bocca le anime.
Basta che li guardiate negli occhi o li sentite parlare dopo avere loro
detto che Maria non la si deve pregare e non gli si deve prestare alcun
culto o che il papa non è il capo della Chiesa o che è inutile
confessarsi al prete o fare battezzare i fanciulli appena nati, per
rendervi conto di questo. Solo che a differenza di secoli addietro, è
impossibilitata ad usare la forza contro di loro per farli tornare nel suo
mezzo - cioè non può mettere su l’Inquisizione come nei tempi addietro
e incitare le autorità a perseguitarci o sterminarci - perché i tempi e
le circostanze non glielo permettono. Ma io sono convinto che questa
situazione sia solo temporanea, perché quando nel futuro le circostanze
cambieranno per volere di Dio, allora i papi della chiesa cattolica romana
torneranno a inebriarsi del sangue dei santi, facendoli trucidare o
bruciare sui roghi, esattamente come fecero Innocenzo III o Giulio III.
Nessuno si dimentichi che la Scrittura dice che "ciò che sarà è già
stato, e Dio riconduce ciò ch’è passato" (Eccl. 3:15). Da questi
millenari nemici della croce di Cristo ci si può aspettare solo male, e
non del bene. Chi ha orecchi da udire oda. Qualcuno dirà forse: ‘Ma
allora non credi che il rinnovamento in atto nella chiesa cattolica romana
sfocerà nella loro conversione? No, non ci credo per nulla; solo un
piccolo numero di loro si convertiranno, ma la maggioranza rimarrà quella
che è sempre stata, attaccata alla tradizione pronta a difenderla anche
con le armi facendo ricorso ad ogni compromesso e ad ogni astuzia. Dalla
strada che la chiesa cattolica romana ha deciso di prendere, essa non
tornerà indietro. |
|
CONCLUSIONE |
Fratelli,
termino questo mio scritto contro la chiesa cattolica romana facendovi
partecipi di alcune cose. |
Un appello
alla fratellanza |
Siamo negli
ultimi termini dei tempi, sappiamo che deve venire l’apostasia e che i
suoi albori sono già apparsi, ma molti tra di noi pare che abbiano
dimenticato da tanto tempo che se l’Evangelo è potuto giungere a noi
come l’abbiamo ricevuto lo dobbiamo alla grazia di Dio, il quale nel
corso dei recenti secoli passati ha illuminato degli uomini qui in Europa
traendoli dalle fauci del papato; degli uomini coraggiosi che benché non
sempre affermarono cose giuste e vere pure ebbero in comune tutti la
dottrina della giustificazione per fede. Essi formarono un potente
esercito contro il quale il papato si scagliò in ogni maniera; cercò
prima di persuaderli che stavano affermando il falso, poi vedendo che si
mantenevano saldi in questa dottrina li scomunicò e li perseguitò. Sì,
li perseguitò in ogni maniera perché li considerò eretici ed apostati,
li maledisse, alcuni di loro li diede nelle mani del braccio secolare
affinché fossero messi a morte. Anche coloro che cominciarono a tradurre
la Bibbia nella lingua volgare per farla conoscere al popolo furono
perseguitati duramente dal papato; e questo perché la curia romana non
voleva che il popolo leggesse ciò che era scritto per paura che si
accorgesse degli errori da essa insegnati e perpetrati. Diversi fatti
storici attestano questo. Ma grazie siano rese a Dio perché nonostante
questa dura opposizione del papato la Parola di Dio si divulgò sempre di
più tra i Cattolici romani che mai prima di allora l’avevano letta; e
molti di essi persuasi da essa che il papa non poteva essere il vicario di
Cristo e i suoi vescovi non potevano essere i successori degli apostoli si
separarono dalla chiesa romana. Ma perché dico tutte queste cose? Per
ricordarvi che in quel tempo quando ancora c’erano le inquisizioni
contro coloro che rifiutavano di sottostare al papa e che proclamavano che
si viene giustificati per la sola fede, ci furono coloro che non si
lasciarono intimidire affatto dalle minacce del papato ma con la forza che
il Signore gli diede proclamarono il Vangelo e lo difesero. E se noi oggi
abbiamo la grazia di leggere la Bibbia nelle nostre lingue è anche perché
degli uomini nel corso dei secoli passati predicarono la Parola di Dio e
la tradussero in lingua volgare quando infuriava contro di loro la
persecuzione del papato. Essi dovettero affrontare tanti scherni, tante
lotte, e tante persecuzioni dall’autorità papale perché difesero
strenuamente il Vangelo, confutarono pubblicamente le eresie cattoliche
romane anche mediante dei loro scritti e non solo a parole. Oggi, però,
da quello che vedo, in seno alla fratellanza qui in Italia le cose sono
per certi versi cambiate perché troppo pochi fanno udire la loro voce di
protesta in difesa del Vangelo e contro le eresie della chiesa cattolica
romana. Eppure le eresie di perdizione della chiesa romana non sono né
scomparse e né diminuite in questi secoli dopo la Riforma, anzi sono
aumentate e non danno segno di diminuire. Vi esorto fratelli, a non
abbassare la guardia, ma a vigilare in ogni cosa perché il diavolo va
ancora attorno ai santi a guisa di leone ruggente cercando chi possa
divorare; oggi come molti secoli fa il diavolo si usa anche della chiesa
romana per sedurre le persone e per cercare di traviare i credenti. Per
questo è necessario continuare a proclamare con ogni franchezza la parola
della fede, e a difendere il Vangelo dai continui attacchi che la curia
romana sferra contro di esso. Oggi, più che mai bisogna darsi da fare per
predicare in ogni maniera la parola della croce ai Cattolici, e per
confutare pubblicamente le loro dottrine malefiche che hanno ingannato
centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Bisogna farlo senza
paura e senza farsi ingannare da questi continui sforzi che essa sta
facendo per farci avvicinare ad essa. Nonostante in alcuni casi hanno
cambiato il vestito, ed alcuni loro atti cerimoniali e nonostante molti di
loro si mettono a cantare alcuni nostri stessi cantici, si mettono a
pregare non più meccanicamente come una volta, nonostante nel suo seno è
sorto il movimento carismatico i cui aderenti affermano di avere ricevuto
lo Spirito Santo e di credere nelle guarigioni per mezzo del nome di Gesù,
pure questa organizzazione rimane sempre la stessa nella sostanza. Si
mantiene in piedi con tutto il suo bagaglio di eresie, con tutta la sua
pompa e con tutto il suo potere temporale; la sua arroganza è la stessa
di secoli fa, la sua astuzia pure. |
Faccio appello
alla vostra carità affinché se fino ad ora siete stati a guardare o ad
ascoltare solamente vi leviate anche voi in difesa del Vangelo, se invece
il vostro sforzo si é infiacchito vi esorto a fortificarvi nella grazia
di Dio ed a perseguire in questa buona lotta con l’aiuto che viene da
Dio. Se invece siete indifferenti a tutto ciò vi dico di svegliarvi dal
vostro sonno. Considerate per un momento gli sforzi che fanno i Cattolici
per diffondere le loro eresie di perdizione; ora, se loro che non si
vergognano di proclamare tante cose storte si affaticano per diffonderle e
difenderle strenuamente non dobbiamo noi che abbiamo conosciuto la verità
dimostrare più zelo ancora nel proclamare la verità? Se loro nella loro
ignoranza cercano di confutare inutilmente la verità che noi proclamiamo,
non dobbiamo noi che abbiamo ricevuto la conoscenza della verità fare di
tutto per confutare le loro eresie? E’ una guerra fratelli; una guerra
nella quale ciascuno mette in campo le sue armi. I nostri nemici carnali
sedotti dai nostri nemici spirituali cercano con la menzogna di annientare
la verità che annunciamo pensando di riuscirci dimenticando che nulla si
può fare contro la verità, perché quello che si può fare è per la
verità. Noi invece che siamo stati illuminati da Dio usiamo la parola
della verità per distruggere i loro vani ragionamenti che si ergono
contro la conoscenza di Dio; la vittoria è nostra perché siamo in Cristo
Gesù. Non è inutile questa guerra, non è tempo sprecato combattere per
il Vangelo cercando di persuadere i Cattolici romani delle cose relative
al regno di Dio; il tempo lo si spreca quando si cerca il loro favore, non
quando li si esorta a ravvedersi e a credere nel Vangelo. Alcuni però si
vergognano di combattere questa guerra, quasi che si trattasse di andare
in guerra contro dei fratelli! Ma quali fratelli? Altri ancora non
vogliono polemizzare - questo è il verbo che usano - con i Cattolici
(questo lo si sente ripetere purtroppo anche a RadioEvangelo qui a Roma).
E qui mi trovo costretto a dire alcune cose. Ora, polemizzare significa,
secondo il dizionario della lingua italiana, ‘discutere per il gusto di
discutere, piuttosto che per arrivare ad una conclusione’ ed è un verbo
che non è presente nella sacra Scrittura. Nondimeno va detto che se per
non volere essere polemici si intende non volere litigare allora anche noi
non vogliamo polemizzare con nessuno perché la Scrittura ci dice che il
servo del Signore non deve contendere cioè non deve essere litigioso ma
mite verso tutti. Ma se per non volere fare polemica si intende che non si
vogliono confutare (che significa dimostrare la falsità di
un’argomentazione) mediante le sacre Scritture (e la sapienza che Dio ci
ha donato) pubblicamente o privatamente le tante dottrine papiste che
stanno menando in perdizione milioni di anime allora noi vogliamo essere
polemici o polemisti perché Gesù prima e gli apostoli poi hanno
confutato le false dottrine dei loro tempi e lo fecero pure pubblicamente.
Cioè essi hanno ribattuto ai loro avversari con le Scritture e con la
sapienza di Dio per dimostrare che essi erravano. Anche Apollo fece ciò
infatti di lui si dice che a Corinto confutava pubblicamente i Giudei. Ma
perché costoro non vogliono polemizzare (inteso nel secondo senso)? Perché
hanno paura del papato, di questo impero che qui in Italia ha la sua sede
centrale e che ancora oggi è in grado di procurare delle ‘noie’ a
coloro che gli danno apertamente fastidio perché basta una parola del
papa (che qui in Italia ha quasi tutti ai suoi piedi) a qualche ministro
del Governo per scatenare una ‘persecuzione’ (anche se solo verbale)
contro di loro. E perciò essi si studiano di avere buoni rapporti di vicinato con
il papato per non trovarsi il governo italiano contro di loro che potrebbe
minacciarli di togliergli certi privilegi ottenuti dal governo (ottenuti
naturalmente col permesso del papa), preferendo tacere o se non proprio
tacere evitare termini o espressioni che potrebbero sembrare offensivi nei
confronti della ‘santa chiesa cattolica apostolica romana’. Per
esempio non dicono chiaramente che pregare Maria, la madre di Gesù, è
idolatria e che quindi coloro che la pregano e invocano sono degli
idolatri sulla via che mena all’inferno; che il papa definendosi vicario
di Cristo bestemmia, e che in effetti non è un ministro di Cristo ma un
ministro di Satana, che i pellegrinaggi, le processioni, e tante altre
devozioni cattoliche sono delle menzogne, che il purgatorio è una
dottrina di demoni, e che la messa è un sacrilegio perché pretende
essere la ripetizione del sacrificio di Cristo, e così via. E se talvolta
devono riprovare qualche cosa del cattolicesimo lo fanno o in tono
scherzoso o superficialmente (di sfuggita) o indirettamente, ma mai con
quella franchezza, gravità e pienezza di convinzione, che ci vogliono per
fare capire ai Cattolici romani che ascoltano o che sono presenti nel
locale di culto che rimanere attaccati al papa, a certe dottrine o
devozioni significa andare all’inferno nelle fiamme. Ricordo che un
giorno, durante il periodo in cui la statua di Maria a Civitavecchia si
era messa improvvisamente a ‘piangere’ sangue, mi capitò di ascoltare
un programma radiofonico a RadioEvangelo in cui si parlava di questi
fenomeni ‘miracolosi’. Bene, quando si trattò di dovere fare
riferimento alla statua di Maria di Civitavecchia non venne menzionata per
nome, però ricordo che quando si trattò di fare riferimento ad un idolo
dell’Oriente (di cui si diceva operasse prodigi) che aveva pure un nome
molto complicato allora il nome fu fatto! La ragione mi sembra ovvia.
Insomma, costoro vogliono procacciare quella che taluni definiscono
erratamente ‘pacifica convivenza fraterna’. E si vedono le conseguenze
negative di questo loro atteggiamento, infatti molti fratelli non sanno
come confutare i Cattolici romani anzi - voglio dire - in molti casi non
vogliono confutarli perché non devono ‘polemizzare’. Ah, se questi
pastori, invece che riempire di battute e di barzellette le loro
predicazioni, o se invece di presentare il Vangelo con discorsi persuasivi
di sapienza umana, si mettessero a confutare pubblicamente le eresie
papiste così tanto radicate nei cuori delle persone in questa nazione
farebbero veramente una cosa lodevole ed utile. |
Io, Giacinto,
termino questo mio scritto dicendo questo. Io sono avverso a ogni dottrina
perversa proclamata da questa organizzazione religiosa, che si definisce
falsamente la Chiesa di Cristo, come lo furono prima di me e come lo sono
tuttora molti altri in questa nazione e all’estero: e questa mia
avversione l’ho manifestata in quest’occasione scrivendo contro le sue
eresie con la speranza che voi fratelli nel Signore leggendo queste
confutazioni possiate capire meglio cosa è il cattolicesimo, e confutarlo
più efficacemente, e molti Cattolici leggendo queste confutazioni siano
persuasi dal Signore stesso di essere stati ingannati e rientrando in loro
stessi escano da questo carcere sotterraneo per unirsi ai santi che
camminano alla luce della Parola di Dio. |
Alcune cose
che si imparano dalla chiesa cattolica romana |
Certamente
dallo studio della storia e delle dottrine della chiesa cattolica romana
si traggono molti ammonimenti a cui noi tutti faremo bene di prestare
ascolto per il nostro bene e quello degli altri. Io ne menzionerò solo
alcuni; quelli che ritengo essere i principali. |
1) La Chiesa
di Dio non deve allearsi per nessuna ragione con lo Stato perché nel
momento che stipula questa alleanza si svia dalla semplicità e dalla
purità rispetto a Cristo. |
Lo abbiamo ben
visto questo quando abbiamo parlato della storia del papato; quando la
Chiesa si alleò con l’impero romano permettendo al potere civile di
intromettersi negli affari interni alla Chiesa, in cambio di onori e
privilegi di ogni genere, assunse un altro volto. Ed ancora oggi a
distanza di tanti secoli ci sono molte chiese che si sono alleate con il
potere civile in cambio di onori e privilegi, non tenendo in nessuna
considerazione né la Parola di Dio e neppure la storia della Chiesa.
Alleanza che anche per loro ha costituito l’inizio del declino
spirituale, dell’inaridimento spirituale, ma più che l’inizio vorrei
dire che è stata una tappa del loro traviamento iniziato ancora prima di
stipulare l’alleanza con lo Stato, perché siamo pienamente persuasi che
per volere mettersi a camminare a braccetto con lo Stato bisogna essere
per forza di cose già traviati, già spiritualmente aridi. Ma vediamo
quali sono gli effetti odierni che produce l’alleanza con lo Stato.
L’alleanza con lo Stato, che si chiama Intesa, provoca un insuperbimento
nei credenti che la stipulano perché gli apporta privilegi e
riconoscimenti di svariato genere di cui non possono usufruire coloro che
non fanno parte del loro ‘gruppo’. Per esempio c’è il privilegio di
sposare, di disporre dell’8 x 1000, di avere i diplomi delle proprie
scuole bibliche riconosciuti dallo Stato, di avere la facoltà di chiedere
il rinvio del servizio militare in caso si è iscritti alla scuola biblica
di quella denominazione, di avere delle facilitazioni fiscali, di avere
delle sovvenzioni statali in caso un locale di culto viene danneggiato da
un terremoto, di avere facilmente permessi di svariato genere, di avere i
propri locali di culto tutelati da delle leggi, ecc. E’ chiaro che i
credenti facenti parte di questo gruppo si sentiranno protetti dallo
Stato; non solo, potranno in qualunque momento invocarne l’aiuto nel
caso qualcuno mettesse in discussione i loro privilegi o qualcuno cercasse
di toglierglieli o nel caso in seno ad una Chiesa succedesse un tumulto in
cui una fazione si impossessasse del locale di culto intestato all’Ente.
Ma se da un lato la denominazione riesce ad ottenere dallo Stato dei
privilegi dall’altro essa deve fare delle concessioni allo Stato perché
quest’ultimo non da simili privilegi in cambio di nulla. Prima di tutto
il governo esigerà il sostegno politico di coloro che fanno parte della
denominazione oggetto dei privilegi; non importa se il governo sarà
fascista, democratico o di qualche altra tendenza, esso vorrà
l’appoggio politico. Quindi i capi della denominazione cercheranno in
svariate maniere, più o meno esplicite, di indurre i credenti a votare
per quello o per quell’altro partito politico a secondo che il partito
in questione voglia o no mantenergli i suoi privilegi. Si metteranno
insomma a fare politica; e tutto per mantenere intatti tutti i loro
privilegi. Faccio un esempio: mettiamo caso che un partito politico di un
certo peso nella vita politica di questa nazione voglia togliergli l’8 x
1000 o abolire sia il concordato con la chiesa cattolica che le intese con
le denominazioni evangeliche ed incamerare i beni della chiesa cattolica e
quelli delle denominazioni evangeliche. Subito i capi preoccupati si
metteranno a invogliare tutti a votare contro quel partito. Siamo sicuri
infatti che quand’anche quel partito volesse l’abolizione del
concordato con la chiesa cattolica e togliergli il potere temporale essi
si schiererebbero in questo caso assieme ai Cattolici contro quel partito.
E perché questo? Perché le denominazioni evangeliche sono dei piccoli
papati che hanno anche loro il loro ‘patrimonio’ che non chiamano però
di San Pietro ma è pur sempre un patrimonio a cui ci tengono molto perché
è il loro orgoglio e la loro forza; ed hanno anche loro i loro papi che
sanno come muoversi nelle sfere politiche per tutelare i loro privilegi e
gli ingenti beni ecclesiastici di cui sono rappresentanti davanti allo
Stato. Loro sono in contatto con ministri, uomini politici di un certo
spessore, e sanno come presentare la loro causa. Ecco alcune ragioni per
cui i credenti non devono formare denominazioni perché esse portano
coloro che ne fanno parte ad insuperbirsi e finiscono col diventare dei
piccoli papati che si immischiano nelle questioni politiche per tutelare i
loro interessi e i loro privilegi. E poi non ci si deve mai dimenticare
dell’ingerenza statale nelle chiese che fanno parte di una
denominazione. Lo so che coloro che hanno fatto l’intesa con lo Stato
affermano che lo Stato non si è ingerito negli affari spirituali delle
‘loro’ chiese, ma questo è falso e a dimostrazione di ciò basta
leggere il loro statuto e il loro regolamento interno. Hanno messo infatti
per iscritto, per compiacere allo Stato, tanti precetti e regole umane che
annullano la Parola di Dio, contrastano e contristano lo Spirito Santo.
Naturalmente bisogna conoscerla la Parola di Dio e camminare per lo
Spirito per potere dire che quelle regole annullano la Parola di Dio e
contrastano e contristano lo Spirito del Signore, altrimenti si finisce
per non farci nessun caso. Dio volendo dimostreremo questo in un altra
occasione; non adesso. Ma d’altronde che cosa ci si può aspettare
dall’autorità terrena di questo mondo che giace tutto quanto nel
maligno? Che lasci la Chiesa di Dio organizzarsi seguendo in tutto e per
tutto la Parola di Dio? No, ma che esiga da questa che è un organismo
perfettamente strutturato e collegato da Dio in ogni parte che si conformi
(se essa vuole acquisire la personalità giuridica) ad un suo schema ben
preciso che è quello delle organizzazioni umane. Lo Stato avrà pure
tutte le sue buone ragioni per offrire la personalità giuridica solo alle
chiese che decidono di strutturarsi nella maniera in cui vuole esso,
questo non glielo contestiamo. Ma la Chiesa di Dio deve rifiutare di
volere diventare un ente giuridico perché non ha bisogno di questo
riconoscimento per servire Dio in questo mondo. Essa può fare benissimo a
meno di tale riconoscimento: basti considerare per esempio che in Italia
sotto la persecuzione fascista quando le chiese erano definite dal governo
delle sette pericolose e non avevano tutti questi privilegi e
riconoscimenti di oggi riuscirono benissimo a continuare a riunirsi per
offrire il culto a Dio, per ascoltare la predicazione della Parola, e
facevano delle opere buone. Se poterono servire Dio quei nostri fratelli
in mezzo a tutte quelle avversità che gli venivano dal governo perché
mai oggi quando il governo non ci perseguita non potremmo servirlo anche
noi senza essere riconosciuti ente giuridico dallo Stato, senza tutti quei
privilegi che una volta era impossibile ricevere dallo Stato? Ah, dicono i
sostenitori dell’Ente Morale, ma con il riconoscimento giuridico si
riesce a servire meglio il Signore? No, vi sbagliate grandemente, perché
non è con l’appoggio dello Stato che si serve meglio Dio ma con
l’appoggio dell’Onnipotente quando c’è la sua testimonianza che
conferma la nostra. Ossia quando Dio opera segni, prodigi e opere potenti
svariate e distribuisce i suoi doni per confermare la sua parola. Ecco in
quali condizioni si serve meglio il Signore e le anime vengono scosse
dall’annuncio dell’Evangelo. Ma purtroppo oggi c’è nella maggiore
parte la corsa dietro i riconoscimenti e i privilegi statali anziché lo
struggente desiderio dei doni spirituali, della manifestazione dello
Spirito Santo. E così molti hanno finito per dimenticarsi dell’utilità
dei doni dello Spirito Santo, delle rivelazioni divine, dei segni e dei
prodigi di Dio. Hanno finito per dimenticarsi che la Chiesa in Gerusalemme
ai giorni dei dodici apostoli moltiplicava e prosperava non in virtù di
riconoscimenti e favori statali, perché di questi non ne avevano anzi
erano duramente perseguitati, ma in virtù della potenza di Dio che era
con essa, in virtù dell’amore che regnava nel cuore dei fratelli per lo
Spirito Santo. Ecco un altra cosa che non bisogna mai dimenticarsi faceva
prosperare la Chiesa antica, l’amore vero e sincero presente nel cuore
di quei poveri ed afflitti fratelli. Amore che era presente perché essi
erano veramente ripieni di Spirito Santo e camminavano seguendo i suoi
desideri. E qui ci tengo a dire che è solo quando si è ripieni di
Spirito e si cammina per Esso che si può avere quell’amore abbondante
verso il Signore e i fratelli. Ed oggi è proprio questo che manca nella
maggiore parte; la pienezza dello Spirito e il camminare per lo Spirito,
ecco qual è la causa della mancanza di amore che così tanto si sente in
mezzo al popolo di Dio in questi tempi così difficili. No, non è quindi
organizzandosi come vuole lo Stato che si servirà meglio il Signore;
questa è un illusione, e di questa illusione ne raccolgono i frutti amari
tutti coloro, sia anziani che giovani, che si appoggiano su questi vani
ragionamenti. Nessuno vi seduca fratelli; tenetevi stretti
all’insegnamento della Scrittura; seguite l’esempio degli apostoli e
Dio sarà con voi. Ma non scendete in Egitto per ricevere il favore di
Faraone, per rifugiarvi all’ombra delle sue ali; perché questo vostro
atto vi tornerebbe a vostra confusione. Come la chiesa cattolica romana molte volte è rimasta confusa
proprio da coloro sotto cui si era rifugiata e a cui aveva offerto denaro
e appoggio spirituale per salvaguardare i suoi interessi patrimoniali,
perché si sa che a capo di una nazione non vi rimane sempre lo stesso
governo e persino lo stesso governo può revocare i favori concessi ad un
gruppo di persone così tutti coloro che hanno cercato il favore
dello Stato di mezzo al popolo di Dio anche qui in Italia verrà il giorno
che si vedranno voltare le spalle proprio dal loro alleato. Quando salirà
al governo un uomo come Mussolini o Stalin vedrete cosa succederà di
tutti i vostri privilegi e riconoscimenti. E questo lo farà Dio per
correggervi e farvi capire come l’aiuto vero e duraturo che non verrà
mai meno è il suo e non quello dello Stato in cui voi confidate. |
2) La Chiesa
di Dio deve vegliare del continuo per non cadere nelle trappole che il
nemico gli prepara sulla sua strada. |
Una delle
maniere in cui il diavolo tenta la Chiesa è questa: cerca di fargli
credere che la persecuzione da parte dello Stato sia un qualcosa di
disonorevole per cui è necessario fare appello allo Stato affinché
smetta di tenere questo atteggiamento nei loro confronti. Badate fratelli
a voi stessi, perché da nessuna parte nella Parola di Dio si dice che sia
un male per i santi essere perseguitati dal mondo, anzi l’apostolo Paolo
diceva che egli si compiaceva in debolezze, in ingiurie, in persecuzioni,
in necessità per amore di Cristo perché quando era debole allora era
forte. Oggi invece molti fanno il contrario; si dispiacciono delle
persecuzioni, delle necessità, delle ingiurie a motivo di Cristo perché
pensano che non s’addice loro un tale trattamento da parte delle autorità
(o da parte di coloro che non sono delle autorità). E così cercano di
forzare il governo a emanare delle leggi in loro favore. E in questi
tentativi applicano il motto dei Gesuiti: ‘il fine giustifica i mezzi’.
La persecuzione contro di loro deve finire; anche loro vogliono avere la
‘libertà di culto’ che ha la chiesa cattolica romana, o i Maomettani
o i Buddisti se sono in paesi mussulmani o buddisti. Questo è un grave
errore in cui sono caduti molti nel corso dei secoli perché è proprio
quando la Chiesa è perseguitata che si manifesta la potenza di Dio a
favore dei suoi, quando tutti sono contro di lei, quando persino le
autorità si schierano contro di essa allora Dio fa vedere i segni del suo
favore a pro del suo popolo; miracoli, guarigioni, liberazioni di
indemoniati, liberazioni dal carcere, liberazioni da pericoli di morte di
svariato genere. E poi di solito quando imperversa contro la Chiesa la
persecuzione i credenti hanno la possibilità di comparire davanti alle
autorità a motivo delle accuse mosse contro di essi ed hanno la
possibilità così di rendere testimonianza della loro fede davanti a
persone che non potrebbero raggiungere in tempo di pace. E quand’anche
qualcuno venisse ucciso a motivo della sua fede in Cristo, la sua morte
porterebbe altri a credere in Cristo o i credenti a fortificarsi nel
Signore. E poi la persecuzione contro la Chiesa è sempre un opportunità
per la Chiesa di dimostrare al mondo che essa cerca il bene delle persone
e non il loro male perché gli fornisce l’occasione di perdonare i
nemici, di fare del bene a quelli che li perseguitano, il che va alla
gloria di Dio da un lato e dall’altro ridonderà anche a lode dei
perseguitati in quel giorno quando il Signore Gesù sarà manifestato. Ed
inoltre la santa condotta dei perseguitati nei confronti dei loro nemici
servirà a turare la bocca agli avversari che calunniano la loro buona
condotta. Ma poi, e questo lo si tenga ben presente, la persecuzione
alimenta sempre l’amore dei credenti perché li porta a cercarsi, ad
aiutarsi, a stringersi invece che a disunirsi. Quello che non avviene
nella maggior parte dei casi invece quando la Chiesa possiede
riconoscimenti e privilegi: è un dato di fatto che nessuno può smentire.
Un altra delle trappole che il nemico prepara contro i credenti è quella
di cercare di spingerli ad accettare dei precetti umani che voltano le
spalle alla verità come si accetta la Parola di Dio. La reazione deve
essere quindi quella di rigettare questi precetti, non importa da chi sono
stati introdotti, non importa se per anni o decenni o per secoli si è
fatto o pensato così, essi devono essere rigettati perché fanno parte di
quelle tradizioni umane che annullano la Parola di Dio. Bisogna sradicarle
per impedirgli di continuare a portare i loro frutti velenosi perché sono
la rovina dei credenti. E non si dimentichi che le tradizioni umane hanno
in loro un germe che li porta a moltiplicarsi automaticamente; la chiesa
cattolica romana ce lo insegna questo abbondantemente. Quindi fratelli, se
volete che la Parola di Dio non continui ad essere soffocata da questi
precetti umani, dovete subito rigettarli. Se volete una riforma dei
costumi, se volete vedere il popolo tornare al Signore, dovete quindi
eliminare qualsiasi comportamento o modo di ragionare che non trova
conferma nella Parola di Dio. |
3) La Chiesa
di Dio non deve adeguare il suo messaggio ai costumi della gente del mondo
cominciando a tollerare questo o quell’altro peccato per accaparrarsi il
loro favore e la loro amicizia. |
Le persone del
mondo giacciono tutte quante nel maligno che è il principe di questo
mondo e perciò giacciono nelle tenebre. Solo il popolo di Dio giace nella
luce e quindi esso deve illuminare il mondo, sia predicando loro la sana
dottrina che praticandola senza per nulla mescolarla con le cose storte e
perverse delle genti che sono tenebre. Se invece la Chiesa si conforma al
mondo allora la Chiesa diventerà come una prostituta che genererà figli
di prostituzione che porteranno le persone del mondo a maledire la Parola
di Dio perché non la vedranno osservata neppure da quelli che si dicono
l’assemblea degli eletti di Dio. |
4) La Chiesa
di Dio deve aborrire l’ignoranza delle sacre Scritture. |
Questo lo deve
fare perché la mancanza di conoscenza degli Scritti sacri costituisce per
il diavolo un forte appoggio alla sua opera di seduzione perché tenendo
nascosta la Parola di Dio ai credenti può fargli accettare se non tutte
le sue menzogne almeno alcune, e vi assicuro che bastano anche poche
menzogne del diavolo per mettere subbuglio nella Chiesa di Dio. Perciò
fratelli vi esorto a investigare diligentemente le sacre Scritture e ad
esaminare ogni cosa mediante di esse. Imparate a rigettare tutto quello
che non è provabile con la Scrittura e ad accettare quello che è in
armonia con l’insegnamento di essa. |
5) La Chiesa
di Dio non si deve organizzare come sono organizzate le organizzazioni
umane, ossia gerarchicamente, in forma piramidale come si è organizzata
la chiesa cattolica romana. |
Quando la
Chiesa si organizza sotto forma di denominazione con un presidente, un
consiglio generale, dei comitati di zona ecc. diventa nel parlare un po’
come la chiesa cattolica romana, nel senso che si mette a sprezzare coloro
che non fanno parte della sua stessa denominazione dicendo o facendo
capire che fuori dalla loro cerchia non c’è salvezza o che coloro che
non sono dentro il loro gruppo denominazionale e non vogliono entrarvi a
fare parte non sono dei fratelli ma solo degli amici (e talvolta arrivano
a dire che neppure amici sono). Il presidente di una organizzazione
pentecostale italiana si è permesso di dire ad un fratello che se loro
non entravano nella loro denominazione non li avrebbe chiamati fratelli
cristiani ma bensì amici cristiani. Non fa lo stesso la chiesa cattolica
romana verso quelli che non sono al suo interno? Non ci chiama forse gli
altri Cristiani ma facendo presente che non possediamo la pienezza dei
mezzi di salvezza? Ma come nel caso della chiesa cattolica romana bisogna
dire che in seno a queste denominazioni che così tanto si vantano della
loro storia secolare o decennale avvengono cose orripilanti a tutti i
livelli. Gli scandali non si contano più sia dei loro presidenti che dei
pastori sotto la loro direzione. C’è un gran numero di persone che
ragionano come i Gesuiti anche in seno alle ‘gerarchie ecclesiastiche’
delle denominazioni non importa se pentecostali, battiste, valdesi ecc. Il
fine giustifica i mezzi; la menzogna, la falsità, la doppiezza, gli
inganni, denaro dato sotto banco, la tolleranza degli omosessuali,
dell’aborto, del divorzio e delle seconde nozze, e dei divertimenti sono
tutte cose che si possono praticare basta che il fine sia quello di
portare più persone nel locale di culto ad ascoltare la Parola di Dio, più
offerte per portare avanti l’opera di Dio, ecc. I Gesuiti dicono di fare
tutto ad majorem Dei gloriam, e loro dicono alla gloria di Dio.
Ma come si può pensare di praticare il male alla gloria di Dio? Ah,
questo gesuitismo che serpeggia in mezzo al popolo di Dio quanto danno ha
fatto e continua a fare! Tutti sono avidi di guadagno, assetati di potere
temporale e non di potere spirituale (doni dello Spirito Santo), sono in
concorrenza tra di loro e si fanno ogni sorta di torto. Sgambetti,
gomitate, sono tutte cose all’ordine del giorno nella vita di questi che
corrono dietro il vento. Sì, perché alla fine la loro è una corsa
dietro al vento perché dice Mosè che quel che ne fa l’orgoglio non è
che travaglio e vanità. Guai a loro porteranno la pena della loro iniquità,
della loro arroganza, della loro invidia, e della loro falsità. Di Dio
nessuno può farsi beffe, perché la pietra torna addosso a chi la rotola,
e chi scava una fossa vi cadrà dentro. Ma costoro pensano che così non
avvenga. Si illudono, a danno della loro anima. Ma arriverà il giorno in
cui il Signore metterà in luce le loro opere inique e allora tutti
vedranno che Dio non ha mai approvato il modo di agire perverso di questi
‘Gesuiti evangelici’ anche se magari durante le loro riunioni qualcuno
si è convertito sentendo la Parola di Dio e il locale di culto in cui
presiedevano la Domenica era pieno o stracolmo. Tutto questo fa parte di
quei frutti amari che porta l’organizzazione ecclesiastica quando questa
rispecchia canoni umani e non la Parola di Dio. Quindi, si tenga presente
questo: l’organizzazione nella Chiesa ci vuole altrimenti ognuno farebbe
quello che gli pare e piace e regnerebbe l’anarchia e il disordine
invece che l’ordine, l’unione e la pace. Ma questa organizzazione deve
essere conforme all’organizzazione della Chiesa antica così come la
troviamo scritta negli Atti, nelle epistole e nell’Apocalisse.
Organizzazione che è confermata dallo Spirito Santo e quindi non lo
contrasta e non lo contrista. Allontanarsi da quell’esempio significa
fare compromessi di ogni genere e riempirsi di guai e di dolori. E credo
che la chiesa cattolica romana faccia capire chiaramente quali sono le
conseguenze amare dei compromessi fatti per difendere i propri interessi e
privilegi terreni. Oggi molti riconoscono che ci vuole un risveglio in
seno alle denominazioni pentecostali perché vedono che oramai regnano la
formalità e la mondanità nel loro mezzo, e questo è un buon sentimento,
se per risveglio non si intende solo più persone che si convertono e
vengono al locale di culto ma anche la presenza della testimonianza di Dio
in aggiunta a quella dei suoi servitori, cioè la presenza di segni,
prodigi, opere potenti svariate e doni dello Spirito Santo, la presenza
dell’amore di Dio fra i fratelli, della pratica della giustizia di Dio,
della santificazione e dell’umiltà così tanto rarefatta oggi. Ma io
vorrei domandare a costoro: ‘Ma non avete mai pensato che
l’organizzazione denominazionale sia uno dei motivi che impediscono ai
credenti di tornare a camminare per i sentieri antichi? Riflettete alle
conseguenze che ha portato la denominazione con tutti i privilegi statali
e vedrete che fino a quando non deciderete di rinunciare anche voi al
vostro papato non potrà esserci nessun ritorno sincero al Signore perché
questo ritorno sarà sbarrato da tanti e tanti impedimenti che trovano la
loro radice nell’organizzazione umana. E quand’anche ci fosse un
principio di ritorno al Signore in seno ad una denominazione da parte di
una comunità di credenti questo non sarebbe ben visto dalla ‘curia
evangelica’ perché un vero ritorno al Signore di una Chiesa significa
perdere il controllo di essa. I vertici cercherebbero subito di soffocare
il risveglio. Ma non ci riuscirebbero perché il vero risveglio è
inarrestabile; potranno ostacolarlo ma non fermarlo. Il vento soffierà
impetuoso; chi cercherà di fermarlo sarà definito un insensato. E così
dovrete uscire dalla denominazione; non ci sarà altra scelta. Rimanere
dentro significherebbe la rovina del risveglio. Ma vegliate affinché una
volta usciti non cadiate nella stessa trappola da cui siete usciti; cioè
badate a non formare voi un altra denominazione. Rimanete organizzati
esclusivamente a livello locale, con un pastore, degli anziani e dei
diaconi, e continuate a servire il Signore nella semplicità del cuore
vostro senza il minimo desiderio di piacere a questo mondo perverso. |
6) Come i papi
hanno perseguitato coloro che mettevano in discussione la loro autorità
temporale e quella spirituale (quando per esempio questi si arrogavano il
diritto di poter deporre i re e sciogliere i sudditi dal giuramento di
fedeltà verso i loro sovrani, o dicevano di essere infallibili e non
giudicabili da parte di nessuno, ecc.) e si mettevano contro le dottrine
che non hanno nessun fondamento nella Scrittura perché invenzioni umane e
che la chiesa cattolica romana predicava, e riprovavano la loro condotta
dissoluta, così anche oggi i presidenti delle denominazioni che sono dei
piccoli papi fanno lo stesso verso coloro che riprovano la loro arroganza,
che riprovano quelle dottrine da loro insegnate che non hanno fondamento
nella Scrittura. |
Sono a capo di
un impero terreno, hanno l’appoggio dell’autorità statale, e quindi
si sentono al sicuro e liberi di potere diffamare o agire in altre maniere
contro tutti coloro che gli danno fastidio, che secondo loro mettono a
repentaglio con i loro scritti e le loro parole l’unione della Chiesa
(un po’ come quando i papi si scagliarono contro i riformatori accusati
da loro di guastare la vigna di Dio). Ora, è vero che taluni sono contro
la Chiesa perché predicano eresie di perdizione e dottrine che quantunque
non siano di perdizione sono sempre malefiche, e perciò vanno ammoniti
severamente. Ma è altresì vero che taluni non sono per nulla contro la
Chiesa insegnando certe cose ma solo contro la menzogna, la falsità e
l’arroganza, e la mondanità ma purtroppo agli occhi di taluni sono
gente che provoca divisioni e che non amano i fratelli, quando non è così.
Costoro naturalmente a chi danno fastidio? A coloro che vogliono che le
cose rimangano in una certa maniera e vadano avanti in una precisa maniera
per interessi personali e denominazionali. E perciò è inevitabile che
essi siano perseguitati da questa categoria di persone. Considerate da
vicino il comportamento dei papi e vedrete che anche in questo caso si
trovano delle forti somiglianze con il comportamento di alcuni che si
dicono Evangelici. |
7) Dio è più
grande dell’uomo e come a suo tempo strappa dalle fauci del papa
cattolico coloro che lui ha predestinato ad essere giustificati, così a
suo tempo strappa dalle mani di questi ‘papi evangelici’ coloro che
lui ha deciso di illuminare per fargli capire che essi sono stati
riscattati a prezzo per servire Dio nella semplicità del loro cuore
seguendo i suoi comandamenti, e non per diventare di nuovo schiavi di
uomini che hanno l’apparenza di servitori di Dio ma nella realtà sono
servi del loro ventre perché provocano scandali di ogni genere e le
dissensioni contro l’insegnamento che abbiamo ricevuto dai santi
apostoli. |
A Dio il
nostro Salvatore che nella sua grazia ci ha tratto all’ubbidienza della
fede e in essa ci rende saldi sia la gloria ora e in eterno. Amen. |
|
|
NOTE |
|
[1] La parola
deriva dal greco oikoumene che significa ‘terra abitata’. Per
ecumenismo si intende quel processo o quello sforzo intrapreso e portato
avanti da diverse parti (sia da parte cattolica che protestante) che ha
come scopo quello di unire assieme tutte le chiese. |
|
[2] E per
capire che le cose in realtà non siano per nulla cambiate, quantunque
sembrerebbe il contrario, basta considerare che la chiesa cattolica romana
dopo il concilio Vaticano II si è rifiutata di entrare a fare parte del
Consiglio Ecumenico che ha la sua sede a Ginevra. Paolo VI nella sua
storica visita al Consiglio ecumenico a Ginevra (1969) dichiarò subito:
‘Il mio nome è Pietro’. |
|
[3] Forse
qualcuno dirà che in comune con i Cattolici abbiamo il Vangelo, ma non è
così perché essi non predicano lo stesso Vangelo che annunciò Cristo
Gesù prima e poi gli apostoli, ma un altro Vangelo che non può salvare
nessuno. E credo questo di averlo ampiamente dimostrato. |
|
[4] Il Robeck
e tutti coloro che la pensano come lui ingannano loro stessi e dimostrano
di non conoscere (o di fare finta di non conoscere) la dottrina cattolica
sul battesimo, ed anche di non tenere per nulla in considerazione
l’insegnamento della Parola di Dio sul battesimo. |
|
[5]
COLLABORATORI. NUOVO TESTAMENTO. |
Traduttori: |
a - cattolici:
Carlo Buzzetti, Carlo Ghidelli |
b -
evangelici: Bruno Corsani, Bruno Costabel |
Revisori: |
a - cattolici:
Giovanni Canfora, Mario Galizzi, Carlo Maria Martini, Renzo Petraglio |
b -
evangelici: Otto Rauch, Alberto Soggin |
Consulenti
stabili: |
a - cattolici:
Sofia Cavalletti, Settimio Cipriani, Paolo De Benedetti, Franco Festorazzi,
Enrico Galbiati, Massimo Giustetti, Michele Pellegrino, Maria Vingiani |
b -
evangelici: Piero Bensi, Luciano Deodato, Edoardo Labanchi, Fausto Salvoni,
Luigi Santini, Francesco Toppi. |
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[6] David Du
Plessis (morto nel 1987) nel 1962, a motivo della sua attività ecumenica,
era stato rimosso dalle Assemblee di Dio americane che gli avevano
ritirato le credenziali presso quella denominazione. Ma egli fu
completamente riammesso nelle Assemblee di Dio americane nel 1979 quando
gli furono restituite le credenziali. Nel 1981 David Du Plessis scrisse
che si era messo a pregare per il papa alla notizia che il ‘Vicario’
di Cristo era stato sparato. Nel 1983 Du Plessis fu invitato a Roma per
ricevere la medaglia Benemerenti da Giovanni Paolo II e dal cardinale
Willebrands. Nel suo libro Simple and Profound (Semplice e
Profondo) egli è arrivato a dire che dopo essere andato a Medjugorje ed
avere parlato con i bambini che ricevevano apparizioni di Maria ‘non
ebbi più alcun dubbio sulla autenticità e sulla validità
dell’apparizione’ (David Du Plessis, Simple & Profound,
Orleans Mass., 1986, pag. 202). Dispiace veramente constatare che un uomo
come David Du Plessis che un giorno era nato di nuovo ed aveva pure
ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo e visto il Signore operare
potentemente in Sud Africa sia rimasto sedotto dalle dolci parole
ecumeniche del papato e per amore di ‘unità’ si sia gettato alle sue
spalle parte del consiglio di Dio. Ma questo è avvenuto per servirci
d’esempio, affinché comprendiamo quanto sia pericoloso e dannoso
mettersi a dialogare (nella maniera in cui vuole la chiesa cattolica
naturalmente) con i teologi papisti partendo dal presupposto che anche
loro sono dei fratelli in Cristo. |
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[7] Era stato
il cardinale Bea, che era presidente del Segretariato per l’unione dei
Cristiani, ad invitarlo come unico osservatore pentecostale al concilio
Vaticano. |
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[8] Assemblies
of God = Assemblee di Dio; Church of God = Chiesa di Dio; Pentecostal
Assemblies of Canada = Assemblee Pentecostali del Canada; Apostolic Faith
Mission = Missione della Fede Apostolica; International Church of the
Foursquare Gospel = Chiesa Internazionale del Vangelo Quadrangolare;
Church of God of Prophecy = Chiesa di Dio della Profezia |
Si noti che
c’erano ben tre membri (di primo piano) delle Assemblee di Dio
americane. Cecil Robeck è professore al Fuller Theological Seminary di
Pasadena (California); Gary McGee è professore di Storia della Chiesa al
Seminario teologico delle Assemblee di Dio in Springfield, Missouri; e Del
Tarr è preside della scuola biblica e della Facoltà di teologia delle
Assemblee di Dio americane. Considerando quindi che questa denominazione
pentecostale americana condiziona in una maniera o nell’altra le
Assemblee di Dio delle altre nazioni tra cui quella presente in Italia,
c’è da aspettarsi che in futuro si vedano entrare in questo dialogo
cattolico-pentecostale internazionale (o magari inizialmente in un dialogo
ufficiale a livello nazionale) anche pastori delle Assemblee di Dio
italiane. Per ora nelle Assemblee di Dio italiane ha prevalso la parte più
prudente per cui esse rifiutano di aderire ad un dialogo ufficiale con i
Cattolici romani, ma purtroppo esistono dei segni che lasciano ben sperare
i Cattolici che anche loro in qualche maniera si apriranno al dialogo.
Matteo Calisi, responsabile nazionale del RnS (Rinnovamento nello Spirito
Santo) e Co-Presidente della Consultazione Carismatica Italiana, ha
affermato infatti: ‘Noto che un atteggiamento più sensibile alle
ragioni del mondo carismatico si va sviluppando nelle ADI soprattutto fra
i giovani, e mi sembra che questo sia un segno positivo per il futuro.
Alcuni membri delle ADI hanno partecipato a nostri incontri a titolo
strettamente personale, senza rappresentare ufficialmente la loro
denominazione. Alcuni musicisti delle ADI hanno collaborato con il
Ministero nazionale della musica del Rinnovamento italiano, sia suonando
in orchestra che effettuando delle registrazioni discografiche. Anche
questi sono piccoli segni di speranza, e certamente auspico che un dialogo
di questo genere possa proseguire su scala più vasta nel futuro’
(Massimo Introvigne, Aspettando la pentecoste, Padova 1996, pag.
58). Anche il fatto che il nome di Francesco Toppi, l’attuale presidente
delle ADI, compare tra i consulenti stabili che hanno partecipato
alla stesura della versione della Bibbia interconfessionale (1986), che
come abbiamo visto è inaffidabile perché cattolicizzata, è un cattivo
segno che purtroppo lascia ben sperare i Cattolici romani in una futura
apertura al dialogo con le ADI. |
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[9] Nel
settembre del 1995 il Gruppo Associato di Lavoro fra il Consiglio Mondiale
delle Chiese e la Chiesa Cattolica Romana ha presentato un documento dal
titolo The Challenge of Proselytism and the Calling to Common Witness
(La Sfida del Proselitismo e la Chiamata alla Testimonianza Comune) il cui
scopo ‘è incoraggiare tutti i Cristiani a perseguire la loro chiamata
per rendere una comune testimonianza dello scopo salvifico e
riconciliatore di Dio nel mondo di oggi e di aiutarli ad evitare ogni
competizione nella missione che contraddice la loro comune chiamata’ (The
Ecumenical Review [
La
Rivista Ecumenica]
, 48,2, 1996, pag. 213). Faccio presente che del Consiglio Mondiale delle
Chiese fanno parte pure alcune denominazioni pentecostali. La Iglesia
Pentecostal de Chile e la Misiòn Iglesia Pentecostal
(entratevi nel 1961), la Igreja Evangelica Pentecostal ‘O Brasil para
Cristo’ (entratavi nel 1969), The International Evangelical
Church (la Chiesa Evangelica Internazionale, entratavi nel 1972, di
cui ci sono diverse comunità anche in Italia tra cui una delle più note
è quella che si riunisce a Via Chiovenda a Roma), la Iglesia de Dios
(denominazione argentina entratavi nel 1980), la Missao Evangelica
Pentecostal de Angola (entratavi nel 1985) e la Iglesia de Misiones
Pentecostales Libres de Chile (entratavi nel 1991). |
|
[10] Il bacio
dei piedi non l’ha ricevuto solo Traettino a quell’incontro ma lo
hanno ricevuto anche altri pastori evangelici; questo è avvenuto alla
fine della processione ecumenica in cui anche Traettino aveva portato la
croce. Riportiamo a tal proposito quanto si legge sul periodico Rinnovamento
nello Spirito Santo di Maggio-Giugno 1996: ‘Momento di intensa
commozione è stato quello della processione ecumenica che ha visto porsi
alla sequela della croce, portata alternativamente da tutti, i
rappresentanti delle diverse confessioni cristiane (oltre dieci) presenti
a questa Convocazione. Questo momento è culminato nel bacio dei piedi e
nell’abbraccio che il Comitato Nazionale di Servizio del RnS ed i
vescovi Bregantini, Chiaretti e Casale si sono scambiati con i fratelli
ritrovati’ (pag. 7). Per quanto riguarda i nomi degli altri Evangelici
che hanno partecipato a quell’incontro segnalo alcuni di questi, così
come li leggo nella sopra citata rivista: rev. Emilio Ursomando, pastore
pentecostale della Comunità Cristiana di Reggio Calabria; dott. Geoffrey
Allen, anziano della Comunità Cristiana di Pavia; dott. Ernesto Bretscher
jr., pastore evangelico della Comunità Cristiana di Torino e segretario
del Consiglio delle Chiese di Torino; rev. Massimo Loda, pastore della
Comunità Cristiana di Pavia, responsabile delle Chiese evangeliche del
nord Italia (cfr. pag. 5). |
|
[11] Ma come
si fa ad affermare che Gesù flagellò i Giudei? Gesù fece solo una
sferza di cordicelle e scacciò tutti dal tempio, pecore e buoi (cfr.
Giov. 2:15); questa non si può chiamare flagellazione. La flagellazione
era tutt’altra cosa. |
|
[12] Altri
passi che attestano che è contrario alla dottrina di Cristo fare alcunché
di male a coloro che non ubbidiscono al Vangelo di Cristo da noi predicato
(e quindi che si oppongono a noi) o che si sono sviati dalla verità sono
questi. Quando quei Samaritani non vollero ricevere Gesù nel loro
villaggio perché egli era diretto verso Gerusalemme, e Giacomo e Giovanni
chiesero a Gesù se voleva che facessero scendere del fuoco dal cielo e li
consumasse, Gesù "rivoltosi, li sgridò, e disse: Voi non sapete di
quale spirito voi siete. Poiché il Figliuol dell’uomo non è venuto per
perder le anime degli uomini, anzi per salvarle" (Luca 9:55,56. Diod.).
Paolo dice di non fare le nostre vendette ma di lasciare il posto
all’ira di Dio perché la vendetta appartiene a Lui (cfr. Rom. 12:19);
Giacomo dice che "l’ira dell’uomo non mette in opra la giustizia
di Dio" (Giac. 1:20); Pietro dice di non rendere male per male od
oltraggio per oltraggio (cfr. 1 Piet. 3:9). |
I santi sono
stati chiamati ad essere perseguitati e a soffrire per il Signore, e non a
perseguitare e fare soffrire coloro che non vogliono credere o che si sono
sviati dalla fede e dalla verità, per indurli ad accettare la verità. A
‘perseguitare’ costoro ci pensa il Signore; voglio dire, che ci pensa
il Signore ad usare la forza e il terrore contro coloro che non gli
ubbidiscono, al fine di correggerli, e fargli accettare la verità, ma la
sua forza, il suo terrore. Egli sa come fare; vi ricordate Saulo da Tarso?
Perseguitava a morte i santi, era ostinato in cuore suo, eppure Dio riuscì
con la sua forza e il suo terrore, a fargli accettare la verità? Nessun
uomo avrebbe mai potuto persuadere con la forza l’ebreo Saulo ad
accettare il Vangelo, ma ci riuscì il Signore. Ora, se il Signore riuscì
a convertire un simile uomo noi crediamo che riuscirà a convertire
qualsiasi uomo che non lo conosce e lo odia, e qualsiasi credente che dopo
avere conosciuto la verità si è sviato da essa. La nostra fiducia è
nella sua forza e non in quella dell’uomo. Certamente non tutti i pagani
e non tutti coloro che si sono sviati dalla verità accetteranno la verità,
perché fino alla fine ci saranno increduli e sviati; ma questo non desta
nessuna preoccupazione in noi perché sappiamo che Dio retribuirà gli
impenitenti come meritano sia sulla terra che in quel giorno; cioè gli
farà trovare il salario della loro condotta. Lui è l’Iddio delle
retribuzioni; abbiamo fiducia nella sua giustizia. |
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[13] A
proposito del massacro degli abitanti di Bèziers, avvenuto nel 1209,
successe che il legato del papa - abate Arnoldo dell’ordine dei
Cistercensi - a chi gli domandava se si dovevano risparmiare i Cattolici,
temendo che gli eretici potessero fuggire col farsi passare per Cattolici,
diede questa risposta: ‘Uccideteli tutti. Dio saprà ben riconoscere i
suoi’. Nel rapporto che poi questo abate fece al papa si legge: ‘La
città presa d’assalto, gli abitanti tutti massacrati; non abbiamo
risparmiato né ceto, né sesso, né età; circa 20.000 persone sono
perite per la spada: la città intera spoglia ed arsa fervendo in modo
meraviglioso contro di essa la vendetta di Dio’. |
|
[14] Sotto lo
spietato Innocenzo III, il concilio Laterano IV (1215), che è chiamato
sacrosanto perché viene asserito che esso si riunì nello Spirito Santo,
a proposito del trattamento da riservare agli eretici confermò e rafforzò
il decreto del concilio del 1179 infatti decretò quanto segue:
‘Condanniamo tutti gli eretici, sotto qualunque nome; essi hanno facce
diverse, ma le loro code sono strettamente unite l’una all’altra,
perché convergono tutti in un punto: sulla vanità. Gli eretici
condannati siano abbandonati alle potestà secolari o ai loro balivi per
essere puniti con pene adeguate (...) Siano poi ammonite e, se necessario,
costrette con censura le autorità civili, di qualsiasi grado, perché, se
desiderano essere stimati e creduti fedeli, prestino giuramento di
difendere pubblicamente la fede; che essi, cioè, cercheranno
coscienziosamente, nei limiti delle loro possibilità, di sterminare dalle
loro terre tutti quegli eretici che siano stati dichiarati tali dalla
chiesa (...) I cattolici che, presa la croce, si armeranno per sterminare
gli eretici, godano delle indulgenze e dei santi privilegi, che sono
concessi a quelli che vanno in aiuto della Terra Santa’. (Concilio
Lateranense IV, cap. III). Ecco quale era il sentimento del papato verso
coloro che dissentivano da esso sotto Innocenzo III. Come si può ben
vedere, dalle suddette dichiarazioni è assente nella maniera più
assoluta quel sentimento di amore e di compassione che la Chiesa di Dio
deve, per comando del suo fondatore, nutrire verso coloro che si sviano
dalla verità, nella speranza che, utilizzando le armi della nostra guerra
che non sono carnali ma spirituali, Dio conceda loro di ravvedersi e
riconoscere la verità. |
|
[15] Quanto
questo papa fosse crudele e spietato e ce l’avesse a morte con i
Protestanti è attestato dal fatto che quando mandò in Francia il conte
di Santafiore a capo di un piccolo esercito per aiutare i Cattolici
francesi diede a costui l’ordine ‘di non prendere prigioniero nessun
ugonotto, e di uccidere subito chiunque gli capitasse nelle mani’ (Leopold
Von Ranke, Storia dei papi, Firenze 1959, pag. 269-270). In seguito
egli ‘si dolse del conte che non havesse il comandamento di lui
osservato d’ammazzar subito qualunque heretico gli fosse venuto alle
mani’ (Leopold Von Ranke, op. cit., pag. 285). Quanto egli si
compiacesse dello sterminio dei Protestanti è attestato anche dal fatto
che egli mandò in premio il cappello e la spada benedetti al crudele duca
d’Alba, per le sue stragi fatte compiere nei Paesi Bassi al tempo di
Filippo II (cfr. Leopold Von Ranke, op. cit., pag. 270, 428-430).
Si ritiene che durante i sei anni di governo del duca d’Alba (1567-1573)
sarebbero state eseguite da sei a ottomila condanne capitali. |
|
[16] Queste
lettere e queste notizie sono state citate da Luigi Desanctis in Roma
papale, Firenze 1882, Terza ediz., pag. 293, 294, 295. Questo stesso
papa sanguinario mentre si rallegrava per la morte di migliaia di Ugonotti
dall’altro trattava con longanimità il prete Guercino, soprannominato
‘il re della campagna’, che si era reso colpevole di ben 44 omicidi ma
non per ‘zelo religioso’ ma solo per derubare e per la voglia di
uccidere. Guercino fu dal papa assolto sia spiritualmente che
corporalmente! |
|
[17] La storia
dice che tra di loro ci furono anche degli scellerati che insegnavano cose
perverse, si abbandonarono alla violenza e all’immoralità, ma questo
non deve indurre a pensare che tutti gli Anabattisti fossero come costoro.
|
|
[18] Si deve
dire purtroppo che gli Anabattisti furono perseguitati anche dai
riformatori Lutero, Melantone, Bucero e Zwingli. A proposito di
quest’ultimo approvò un editto emanato dal consiglio di Zurigo nel 1526
che ordinava che quelli che si facevano battezzare o che battezzavano
altri ‘dovevano essere annegati senza misericordia’. Questo loro
comportamento fu diabolico al pari di quello della chiesa papista; né più
e né meno. |
|
[19] Il testo
della circolare diceva: ‘Esistono in alcune province del regno semplici
associazioni di fatto che, sotto la denominazione di pentecostali o
pentecostieri o neumatici o tremolanti, attendono a pratiche di culto in
riunioni generalmente presiedute da ‘anziani’. Il culto professato
dalle anzidette associazioni, non riconosciute a norma dell’articolo 2
della legge 24 giugno 1929, n. 1159, non può ulteriormente essere ammesso
nel regno, agli effetti dell’articolo 1 della citata legge, essendo
risultato che esso estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie
all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della
razza. Pertanto le Loro Eccellenze provvederanno subito per lo
scioglimento, dovunque esistano, delle associazioni in parola, e per la
chiusura dei relativi oratori e sale di riunione, disponendo
conseguentemente anche per una opportuna vigilanza, allo scopo di evitare
che ulteriori riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte
degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma. Si
gradirà sollecita assicurazione dell’adempimento’. |
|
[20] E’
superfluo che io dica che tutti coloro che affermarono di non volersi
sottomettere al papato ma solo alla Parola di Dio, e perciò rigettarono
la salvezza per meriti umani, il purgatorio, la confessione, le indulgenze
ed altre dottrine di demoni della chiesa romana non furono per nulla
eretici. Gli eretici erano invece i Cattolici romani che perseguitavano
coloro che per la grazia di Dio avevano compreso gli inganni papisti,
erano loro che si dovevano convertire, erano loro che si dovevano
ravvedere. |
|
[21] Già
prima di Gregorio comunque alcuni concili (quello del Laterano del 1179,
di Verona del 1184, e del Laterano del 1215), avevano decretato la
persecuzione contro gli eretici e il loro sterminio, per cui si può dire
che di fatto l’Inquisizione esisteva già prima che questo papa
istituisse i tribunali inquisitori. |
|
[22] Tra i
grandi Inquisitori spagnoli il più terribile fu il frate domenicano
Torquemada che dal 1483 al 1498 inquisì più di centomila persone di cui
circa 10.000 furono condannate al rogo e molte altre alla prigione a vita.
|
|
[23] Faccio
presente che l’Inquisizione nei secoli XIV e XV perseguì anche i
bestemmiatori, gli stregoni, i sodomiti, gli adulteri, gli incestuosi, gli
usurai, ed anche i violatori della domenica. Nel 1908 l’Inquisizione
cambiò nome e prese quello di Sant’Uffizio; ma dal 1965 porta il nome
di Congregazione per la Dottrina della Fede. |
|
[24] Per
sostenere con le sacre Scritture la ‘salutare’ tortura a cui veniva
sottoposto l’eretico i teologi papisti prendevano l’esempio di Paolo
che diede quell’uomo che si teneva la moglie di suo padre in man di
Satana a perdizione (o distruzione) della carne affinché lo spirito fosse
salvo nel giorno di Cristo (cfr. 1 Cor. 5:1-5). Ma noi diciamo: ‘Ma
bisogna essere veramente dal diavolo per sostenere con questo giudizio
pronunciato dall’apostolo Paolo la pratica della tortura
dell’Inquisizione contro gli eretici!’ L’apostolo Paolo con quel suo
gesto non ha per nulla confermato la tortura papista contro gli eretici
tanto è vero che a Tito a proposito dell’uomo settario gli dice:
"L’uomo settario, dopo una prima e una seconda ammonizione,
schivalo, sapendo che un tal uomo è pervertito e pecca, condannandosi da
sé" (Tito 3:10,11); notate che non gli disse: ‘Dopo una prima e
una seconda ammonizione torturalo o fallo torturare fisicamente affinché
rientri in se stesso e riconosca la verità’, ma "schivalo".
Quindi Paolo ordinò a Tito di ammonire e non di torturare o far torturare
i settari. La conclusione dunque a cui si giunge è questa: i papi e tutta
la curia romana che sostennero l’Inquisizione dimostrarono di non tenere
in nessun conto la Parola di Dio, di sprezzarla. Ad essi che erano uomini
violenti e sanguinari, figli del diavolo loro padre di cui volevano fare i
desideri, importava solo mantenere gli uomini sotto il loro dominio per
riempirsi le tasche con il loro denaro; della salvezza delle loro anime
non gli importava proprio nulla. Ma Dio è giusto e come non lasciò
impunito il sangue di Abele, quello di Naboth, e il sangue dei profeti, ma
lo vendicò, così vendicherà il sangue di tutti quei santi messi a morte
dall’Inquisizione papista. Essi hanno sparso il sangue dei santi e Dio
darà loro a bere del sangue; ne sono degni. E affinché nessuno pensi che
siamo pronti a condannare solo i misfatti della chiesa cattolica romana ma
non quelli dei Protestanti, ribadisco con forza che noi come figliuoli di
Dio condanniamo qualsiasi atto di violenza, qualsiasi sopruso, qualsiasi
tortura, qualsiasi incitamento allo sterminio dei Cattolici romani e di
eretici (veri o solo di nome e non di fatto), compiuti dai Protestanti non
importa se Luterani, Calvinisti, Anglicani, Ugonotti o altro, perché di
gente omicida figlia del diavolo che ha usata la violenza contro i suoi
nemici ce n’è parecchia pure tra coloro che erano stati definiti
Protestanti. |
|
[25] A
conferma che fosse così ci sono le seguenti affermazioni papali. Urbano
II (1088-1099) affermò: ‘Noi non riteniamo omicidi coloro che, mossi da
zelo per la loro Madre Cattolica contro le persone scomunicate, hanno
ucciso alcune di esse’. Leone X con la sua bolla Exurges condannò
come eretica la seguente affermazione di Lutero: ‘E’ contrario alla
volontà dello Spirito Santo che gli eretici siano bruciati’. E poi c’è
la seguente affermazione del loro dottore ‘angelico’ Tommaso d’Aquino:
‘... Gli eretici meritano non solamente d’essere scacciati dalla
Chiesa mediante la scomunica; essi meritano altresì d’essere tolti
dalla vita mediante la morte’ (Somma Teologica II, II quest. XI,
art. 3). Ed infine questa del cardinale Baronio: ‘Santo Padre, doppio è
l’ufficio di Pietro: Pascere ed uccidere, giusta il detto: ‘Pasci le
mie pecore’ e giusta quell’altro: ‘Ammazza e mangia’. Quando
intanto il Papa ha da fare cogli ostinati, e cogli avversari, allora è
comandato a Pietro di accopparli e scannarli, e poscia mangiarseli’ (Epist.
al Papa contro i Veneziani). Stando così le cose la chiesa papista si
mise contro Crisostomo uno dei suoi padri che aveva detto: ‘Mettere a
morte un eretico sarebbe introdurre in sulla terra un crimine inespiabile...’
(Homelia XLVI in Mattheum cap. I). Altro esempio questo di
come la chiesa papista contraddice anche i suoi padri quando gli fa
comodo. Ma come facevano i papi e i loro teologi a sostenere con le
Scritture che gli eretici dovevano essere fatti morire? Prendendo quelle
parole della legge di Mosè dove viene detto di non avere pietà neppure
di un proprio familiare nel caso questi avesse predicato l’apostasia ma
di ucciderlo (cfr. Deut. 13:6-11) per togliere il male di mezzo ad
Israele, e le parole di Luca che dice che Anania e Saffira morirono per
avere mentito allo Spirito Santo. Per quanto riguarda la legge di Mosè
diciamo che Gesù è venuta a completarla con l’ordine di amare i nostri
nemici e perciò sotto la grazia non è permesso a noi credenti di
uccidere uno che ha abbandonato la fede perché ha dato retta a dottrine
di demoni. L’amore non fa male alcuno al prossimo, dice Paolo. Questo
non vuole dire che gli apostati vanno tollerati, perché essi devono
essere allontanati dalla fratellanza e considerati come il pagano ed il
pubblicano. Per ciò che riguarda Anania e Saffira diciamo solamente che
non furono gli apostoli a farli morire o a decretare la loro morte, ma Dio
che è giusto e santo. Fu un suo giudizio per cui gli apostoli non si
resero affatto responsabili della loro morte. Accettiamo i giudizi di Dio
quindi anche quando sono dei giudizi di morte perché sono giusti e sono
esercitati dal Giudice dei vivi e dei morti. Ma non accettiamo come giusta
una condanna a morte contro un credente che apostata, o diventa un
sodomita o uno stregone, di un tribunale di una chiesa non importa se
formato da cardinali o vescovi o preti, o da pastori ed anziani, perché
Gesù disse: "Non condannate" (Luca 6:37). E non accettiamo
neppure che un simile tribunale dia il condannato a morte nelle mani delle
autorità civili per farlo mettere a morte da esse pensando così di non
potere essere poi incolpato per la morte di esso perché di fatto un
simile tribunale si rende partecipe dell’uccisione del condannato come
si resero partecipi i membri del Sinedrio dell’uccisione di Gesù
compiuta dalle mani dei Romani. |
|
[26] Si tenga
presente che gli inquisitori condannavano pure i morti infatti esumavano
pure i cadaveri dei presunti rei di eresia, e condannavano le spoglie ad
essere interrate in un luogo non sacro, oppure bruciate, confiscando i
beni agli eredi della prima o della seconda generazione. |
|
[27] I capi
d’accusa mossi contro Paleario furono ristretti ai seguenti quattro
articoli: 1° Ch’egli negava il purgatorio; 2° disapprovava la
sepoltura nelle basiliche; 3° metteva in ridicolo la vita monastica; 4°
diceva che bastava la sola fede in Gesù Cristo per salvarsi, senza
bisogno dei riti e del culto cattolico romano. |
|
[28] Prima di
essere portato al supplizio gli fu concesso di scrivere delle lettere a
sua moglie e ai suoi figli. Ecco la lettera indirizzata a sua moglie
Marietta Paleari: ‘Consorte mia carissima, Non vorrei che tu pigliassi
dispiacere del mio piacere, ed a male il mio bene. E’ venuta l’ora che
io passi da questa vita al mio Signore e padrone e Dio. Io vi vo tanto
allegramente alle nozze del Figliuolo del gran Re, il che ho sempre
pregato il mio Signore per la sua bontà e liberalità infinita mi
concedesse. Sicché, mia consorte dilettissima, confortatevi della volontà
di Dio, e del mio contento, ed attendete alla famigliola sbigottita che
resterà, di allevarla e custodirla col timore di Dio, ed esserle madre e
padre. Io era già di settanta anni vecchio e disutile. Bisogna che i
figli con la virtù e col sudore si forniscano a vivere onoratamente. Dio
Padre e il Signor nostro Gesù Cristo e la comunione dello Spirito Santo
sia con lo spirito vostro. Roma, il dì 3 luglio 1570. Tuo marito Aonio
Paleario. |
|
[29] Per la
chiesa cattolica romana morì anche lui eretico impenitente. Il cardinale
Baronio lo conferma dicendo negli Annali della Chiesa: ‘Quando si
vide chiaro che questo figlio di Belial era ostinato e refrattario, e che
non si poteva in alcun modo farlo tornare dalle tenebre dell’errore alla
luce della verità, fu meritatamente esposto alle fiamme, affinché dopo
avere sofferto in questo mondo pene momentanee, andasse a soffrire le
eterne’. |
|
[30] A
proposito di alcuni inquisitori che hanno compiuto questi ‘abusi’ è
vero che il papato fa presente che li punì e li scomunicò, ma a che
serve dire questo quando il sistema inquisitoriale istituito dai papi, che
si definivano i vicari di Cristo, era iniquo dall’inizio alla fine perché
contrario alla parola di Cristo di cui loro dicevano di fare le veci? I
teologi papisti farebbero meglio e prima a condannare in blocco
l’Inquisizione ed affermare che coloro che la istituirono e la
eseguirono erano dal diavolo e non da Dio anziché mettersi a difenderla
con simili ragionamenti vani che non fanno altro che andare a loro
disonore. |
|
[31] Ecco come
si dovevano comportare i Gesuiti quando facevano una nuova fondazione in
qualche luogo: ‘Si guardino i nostri religiosi di comperar fondi nel
principio della fondazione, ma se ne comprassero qualcheduno a noi comodo,
ciò si faccia con un nome imprestato di qualche amico fedele e segreto;
ed acciocché meglio risplenda la nostra povertà, i beni che sono vicini
ai luoghi nei quali abbiamo i collegi, si assegnino dal provinciale ai
colleghi lontani; dal che succederà che mai il principe o il magistrato
avranno certa notizia delle entrate della Compagnia’ (Secreta monita
societatis Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, capo I,
5). |
|
[32] Si
consideri che quando nel sedicesimo secolo i Gesuiti andarono in Cina a
portarvi il cattolicesimo per conquistare i cinesi al cattolicesimo,
sapendo che essi erano molto attaccati alla loro religione e che non
avrebbero mai accettato il cattolicesimo se fossero stati loro proibiti i
riti della loro religione, predicavano che i cinesi potevano diventare
‘cristiani’ continuando a celebrare i loro riti in onore di Confucio e
dei loro antenati. E per questa ragione si scontrarono con i missionari
Domenicani che erano in Cina che avevano condannato quei riti e dichiarati
incompatibili con il ‘cristianesimo’. Clemente XI (1700-1721) condannò
quei riti e ordinò che tutti i missionari della Cina dovevano giurare di
detestare i riti cinesi e promettere di non tollerarli mai. Ma, ennesima
contraddizione tra i papi, nel 1939 sotto Pio XII la Congregazione de
Propaganda Fide dichiarò che i tempi erano cambiati e che coloro che si
convertivano al ‘cristianesimo’ non dovevano rinunciare al culto degli
antenati. |
|
[33] Sul
furto, Casnedi, un loro teologo, affermava: ‘Dio non proibisce il furto
se non che quando esso è riconosciuto come cattivo; ma quando è
considerato come buono, non è vietato’ (Casnedi, Giudizi teologici,
tomo I, pag. 278). Appoggiandosi su questo diabolico insegnamento i
Gesuiti si sono appropriati nel corso dei secoli per il mondo intero dei
beni altrui con l’astuzia, sempre naturalmente ad majorem Dei gloriam.
Per esempio tante volte hanno carpito con l’inganno a danno dei
legittimi eredi (tra i quali molti sono stati da loro calunniati e poi
fatti cacciare in prigione) donazioni e testamenti. Avendo l’autorità
di confessare quando si presentavano al letto dei ricchi che erano in
procinto di morire e che confessavano di essersi arricchiti illecitamente
gli dicevano che se volevano salvarsi dovevano dare il loro denaro ai
santi in cielo. E per sostenere ciò prendevano le parole di Gesù:
"Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; affinché,
quand’esse verranno meno, quelli vi ricevano ne’ tabernacoli
eterni" (Luca 16:9); che loro interpretavano astutamente in questa
maniera: se essi davano le loro ricchezze acquistate illecitamente ai
preti o ai frati in onore dei santi (facendosi in questa maniera per amici
i santi in cielo) si sarebbero guadagnati il paradiso. E così avveniva
che il moribondo non veniva esortato a pentirsi e a riparare i danni fatti
restituendo i beni a coloro che erano stati da lui frodati ma venivano
esortati a lasciare i suoi beni ai Gesuiti (e i legittimi eredi
naturalmente si ritrovavano senza nulla). Ma questa non è che una delle
svariate maniere in cui i Gesuiti si sono arricchiti alle spalle delle
persone facendo ricorso all’astuzia. Di loro si può ben dire quello che
dice Geremia: "Son diventati potenti nel paese, ma non per agir con
fedeltà; poiché procedono di malvagità in malvagità, e non conoscono
me, dice l’Eterno" (Ger. 9:3). |
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[34] Ecco come
i Gesuiti dovevano comportarsi verso le vedove ricche e verso gli uomini
ricchi: ‘...se queste vedove accettano simili offerte e cominciano a
visitare le nostre chiese, si proveggano le medesime di un confessore dei
nostri per dirigerle, particolarmente per farle perseverare nello stato
vedovile, enumerando e lodando gli effetti e la felicità di questo stato,
e si facciano i nostri padri mallevadori di quell’eterno merito che
verranno esse ad acquistarsi nel conservarsi in un tale stato, e di essere
anche un rimedio efficacissimo per evitare le pene del purgatorio’ (Secreta
monita societatis Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, cap.
VI, 1); ‘...Si descrivano ancora i vizi e i cattivi costumi di altri che
aspirassero alle sue nozze, sempre che si avvegga il direttore che tali
persone sieno di genio alla vedova, acciocché possa con tutti aborrire le
seconde nozze’ (op. cit., capo VI, 9); ‘Si visitino spesso, e
si ricreino, e si rallegrino con giocondi discorsi, ed istorie spirituali,
ed ancor con facezie secondo l’umore ed inclinazione di ciascheduna’ (ibid.,
capo VII, 4); ‘Finalmente, purché non vi sia pericolo che queste vedove
lascino l’affezione alla società e ci voltino le spalle, anzi
proseguiscano ad esserci sempre più fedeli e liberali, si conceda loro
tutto ciò che ricerca il piacere, il lusso e la sensualità, ma
moderatamente ed escluso lo scandalo’ (ibid., capo VII, 7);
‘Per indurre la medesima vedova a testare di tutto ciò che possiede a
favore della nostra Società si proponga la perfezione dello stato degli
uomini santi, i quali, abbandonato il mondo ed i parenti, e rinunciati
tutti i beni, servirono a Dio con gran rassegnazione e con ilarità di
animo. Si espongano a questo effetto tutte quelle cose che si dicono e si
enunciano nella costituzione e nell’esame della Società intorno a
queste rinunzie e distacchi da tutti i beni che si posseggono. Si
alleghino gli esempi di quelle vedove le quali in tal guisa in poco tempo
diventarono sante, con speranza di canonizzazione, perché in tal maniera
hanno perseverato sino alla fine della vita; e si dimostri alle medesime
che non mancherà l’autorità dei nostri religiosi presso il papa per
venire all’atto di questa canonizzazione’ (ibid., capo VII,
10); ‘Tutte queste cose che si sono dette delle vedove dovranno
eseguirsi ancora in ordine ai mercanti, ai ricchi cittadini, agli
ammogliati privi di prole, dai quali la società non rade volte acquisterà
tutta l’eredità, se prudentemente si eseguiranno queste regole’ (ibid.,
capo IX, 4); ‘Se accaderà che le vedove o i ricchi a noi addetti
abbiano figlie, procurino i nostri religiosi di incamminarle dolcemente
allo stato di bizzocche o di monache con far loro lasciare una onesta
dote, e gli altri beni poi a poco a poco si acquistino per la Società.
Che se abbiano figli i quali siano atti per la Società, si procuri di
tirarli alla medesima...’ (ibid., capo IX, 8). |
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[35] Ecco come
i Gesuiti erano ammaestrati a comportarsi nei confronti dei principi delle
nazioni ad majorem Dei gloriam: ‘Insegnando poi la sperienza, che
i principi ed i magnati allora specialmente sono attaccati alle persone
ecclesiastiche quando queste dissimulano le loro odiose pratiche, e
piuttosto interpretano le medesime nel miglior senso, come sarebbe nei
matrimoni da contraersi cogli affini e consanguinei o simili, dovendosi in
tal caso animare ed incoraggiare quei signori che mostrano un tal
desiderio, ed anche speranzarli che per mezzo dei nostri religiosi possano
facilmente impetrarsi simili dispense dal papa, il quale le concederà, se
si spieghino le ragioni, si adducano gli esempi, e si portino le
favorevoli opinioni, col pretesto del bene comune e della maggior gloria
di Dio, che è lo scopo della Società’ (Secreta monita societatis
Jesu - Le norme segrete della società di Gesù -, capo II, 2); ‘Le
persone più particolarmente favorite e domestiche dei principi, delle
quali essi principi si servono familiarmente, dovranno vincersi ed
obbligarsi per mezzo di piccioli doni, e particolarmente per mezzo di
varii offizi di pietà, acciocché informino i nostri religiosi fedelmente
degli umori e delle inclinazioni dei principi e dei magnati; e così
facilmente la Società troverà la maniera di accomodarsi all’animo dei
principi medesimi’ (op. cit., capo II, 5); ‘I nostri religiosi
dirigano talmente le coscienze dei principi e della nobiltà, che
mostrino, che tutto venga da essi religiosi suggerito, tenda unicamente
alla maggiore gloria di Dio, ed a quella medesima autorità di coscienza,
che gli stessi principi richieggono dai medesimi religiosi. Ma per quanto
riguarda la direzione dei medesimi signori ad un esterno e politico
governo, dovrà farsi dai nostri confessori e predicatori a poco a poco,
ed insensibilmente non meno nella confessione, che nei familiari
discorsi’ (ibid., capo IV, 1); ‘Si ricordino principalmente i
confessori e predicatori nostri di trattare soavemente e blandamente i
principi, di non mai riprenderli nelle prediche e nei privati colloqui, di
scacciare da essi tutti i timori e di esortarli particolarmente nella
speranza, nella fede e nella giustizia politica’ (ibid., capo IV,
4). |
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[36] Il cardinale Acciajuoli quando tornò dal
Portogallo avrebbe dichiarato ‘that the Jesuits were undoubtedly the
authors of the attempted assassination of H. M. Dom. Joseph’ (‘che i Gesuiti erano senza
dubbio gli autori del tentato assassinio di H. M. Dom. Joseph’). Cfr.
Leopold von Ranke, op. cit., pag. 1031. |
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[37] Luigi
Desanctis racconta in Roma papale che poco dopo la soppressione dei
Gesuiti si trovò una mattina affisso sulle porte del Vaticano un cartello
con queste lettere I. S. S. S. V. Nessuno capiva il significato ed il
cartello fu portato al papa il quale lo comprese immediatamente perché
prima di diventare papa era stato frate e conosceva i Gesuiti. Egli lo
lesse così: ‘In settembre sarà sede vacante’. Il 22 settembre del
1774 il papa morì. Sia nella maniera in cui morì e sia sul suo cadavere
furono riscontrati i segni di un avvelenamento. |
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[38] La
Pontificia Università Gregoriana, il Pontificio Istituto biblico, e il
Pontificio Istituto di studi orientali, che si trovano qui a Roma sono
tutti gestiti dai Gesuiti. Francis Sullivan e Carlo Maria Martini, ora
arcivescovo cardinale di Milano, tramite cui, viene detto, il movimento
carismatico cattolico si è diffuso qui a Roma sono Gesuiti. Civiltà
cattolica è un periodico dei Gesuiti. Pierre Teilhard de Cardin,
molto apprezzato nel New Age, era un Gesuita che al suo tempo fu
condannato dalla chiesa cattolica per le sue idee panteiste ma oggi è
riconosciuto da molti Cattolici come ‘un teologo all’avanguardia dei
suoi tempi’ e come ‘ il più grande modello per il pensatore cattolico
moderno’. Tra i canonizzati santi della chiesa cattolica Bellarmino,
Francesco Saverio, Luigi Gonzaga, erano Gesuiti. |
Molti Gesuiti
di oggi insegnano apertamente cose che si oppongono alla dottrina
cattolica (per esempio approvano l’omosessualità, l’aborto, il
sacerdozio delle donne, il coinvolgimento diretto nella politica, mettono
in dubbio la divinità di Cristo, l’infallibilità papale, ecc.) per cui
non sono affatto ben visti dal papa. Si deve quindi dire che i Gesuiti nel
loro insieme non sono più gli uomini del papa (quali erano per esempio al
tempo di Loyola) di cui il papa si può fidare per mantenere ed estendere
la sua autorità nel mondo. E’ guerra aperta ormai tra papa e Gesuiti.
Giovanni Paolo I eletto papa il 26 Agosto 1978 aveva un atteggiamento
sfavorevole alla compagnia di Gesù e si proponeva di pronunciare un duro
discorso di monito alla Congregazione generale dei Gesuiti che si sarebbe
tenuta a Roma il 30 settembre 1978. Il papa aveva in mente, se la
Compagnia non ritornava ad assumere il ruolo che gli era stato assegnato,
di liquidare definitivamente l’ordine. Ma quel discorso non poté
tenerlo perché la mattina del 29 settembre fu trovato morto sul suo
letto. Giovanni Paolo II nel 1981 depose l’allora Generale dell’ordine
Pedro Arrupe perché aveva fama di liberale (costui infatti permetteva la
pubblicazione di libri di autori Gesuiti che andavano contro gli
insegnamenti tradizionali della chiesa cattolica) e nominò un altro al
suo posto. Il cattolicesimo rimane comunque fortemente impregnato di
gesuitismo perché molti istituti cattolici sono in mano ai Gesuiti e là
gli studenti imparano la ‘morale’ dei Gesuiti. |
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[39] Per farvi
capire come in questa nazione chi parla apertamente contro il papato si
attira inequivocabilmente anche l’inimicizia del governo italiano e dei
maggiori partiti politici, basterà considerare che nel momento in cui
l’onorevole Umberto Bossi, ha detto della chiesa cattolica romana che
lei si deve occupare di cose spirituali e non di cose temporali, ed ha
ricordato alcuni fatti storici quali l’Inquisizione che perseguitò
anche i ‘dissidenti’ politici che erano avversi al potere temporale
del papato, si è scatenato contro di lui una tempesta perché ha
cominciato ad essere ammonito sia da uomini politici che dal papato. Mi
preme dire che ho citato questo esempio solo per farvi capire come nel
momento che si dicono pubblicamente alla chiesa cattolica romana certe
cose che sono vere, allora quella che è chiamata il ‘gigante buono’
si mostra quella che è sempre stata; la chiesa che non ammette che
qualcuno le dica che non si deve occupare di politica o che il potere
temporale che essa possiede non è in armonia con l’insegnamento del
Vangelo, e tante altre cose. E’ vero che l’onorevole Bossi ha parlato
da uomo politico che porta avanti certe idee politiche che noi non
appoggiamo (come non appoggiamo le idee politiche di nessun altro politico
perché non facciamo politica), che ha usato pure parole oltraggiose nei
confronti della curia romana che noi non siamo chiamati ad usare contro i
nostri nemici, ma rimane un dato di fatto; egli ha detto pure delle cose
vere contro cui, chi conosce la storia del papato, non può dire che siano
false, e che ricordano come il papato nel corso dei secoli ha fatto uso
della violenza per estendere e mantenere il suo potere. Riflettete
fratelli sulla reazione del papato ai discorsi di Bossi, perché essa dice
molte cose. |
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[40] Studiando
la storia degli Ebrei si vedrà che molte volte essi sono scesi in Egitto
in cerca di soccorso e ciò tornò a loro confusione. Per esempio come
dopo la distruzione di Gerusalemme quando i superstiti pensarono che
scendendo in Egitto non avrebbero più visto la guerra, e non avrebbero più
sofferto la fame, e disubbidirono a Dio che gli aveva detto tramite
Geremia di rimanere nel paese di Giuda perché sarebbe stato con loro e
non avrebbero dovuto temere, ed invece Dio li mandò a punire là in
Egitto dove essi si credevano al sicuro (cfr. Ger. 42:1-22; 43:1-13;
44:1-30). |
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[41] La storia
del popolo d’Israele ci insegna questo. Per esempio ai giorni di
Giuseppe gli Ebrei in Egitto ebbero il favore di Faraone, ma morto
Giuseppe sorse un Faraone che li perseguitò. Si tenga presente però che
Giacobbe e i suoi non scesero a rifugiarsi in Egitto perché non
confidavano in Dio, ma perché Dio aveva operato in tale maniera in loro
favore che essi non fecero nulla per ricevere tutti quegli aiuti da
Faraone in quel tempo di bisogno. |