Il movimento carismatico cattolico

 

Nella parte dedicata alla Chiesa (cap. 3) ho accennato al movimento carismatico presente nella chiesa cattolica romana; e dato che di esso si sente molto parlare anche in alcuni ambienti evangelici, ritengo opportuno esporvi brevemente la storia di questo movimento (chiamato anche in ambito cattolico il Rinnovamento carismatico cattolico) ed alcune sue dottrine e caratteristiche, al fine di farvi comprendere cosa sia e cosa divulghi. Trarrò le notizie riguardanti la storia e la dottrina di questo movimento da due riviste; quella dal titolo Alleluja del Rinnovamento carismatico cattolico, e quella dal titolo Tempi di Restaurazione del movimento Comunione e Restaurazione (movimento evangelico pentecostale con sede a Caserta che si è messo a collaborare con i carismatici cattolici) .

 

LA STORIA

‘Il Rinnovamento carismatico cattolico (denominazione oggi corrente per designare il neo-pentecostalismo in ambito cattolico) ha avuto inizio nel 1967. Due studenti cattolici dell’Università Duquesne a Pittsburg, partecipando a un’assemblea di preghiera organizzata da Pentecostali protestanti, fecero l’esperienza tipica di cui abbiamo parlato [l’autore si riferisce al battesimo con lo Spirito Santo], mentre il gruppo pregava e imponeva loro le mani. Poco dopo, durante un ritiro di fine settimana per studenti all’Università Duquesne, questi due ‘battezzati nello Spirito’ condivisero la loro esperienza con altri: si formava il primo gruppo neo-pentecostale cattolico per il fatto che numerosi studenti cominciarono ugualmente a parlare in lingue. Da questa università, il movimento raggiunse quella di Notre Dame e altre; altrettanto rapidamente si aggiunsero adepti nelle parrocchie, conventi e monasteri, un pò dovunque negli Stati Uniti. Il ‘Pentecostalismo cattolico’, come fu chiamato, passò sollecitamente in Canada, nell’America Latina e in Europa; prese piede anche in alcuni paesi dell’Asia e dell’Africa, grazie a missionari reduci da una vacanza nel Nord-America o in Europa (...) Per la maggiore parte dei cattolici in questione, la partecipazione al Rinnovamento carismatico suppone che siano membri di un gruppo di preghiera che si riuniscono ordinariamente per un’ora e mezzo o due una volta alla settimana. In molti gruppi l’assemblea di preghiera settimanale è preceduta o seguita da una celebrazione eucaristica che non sostituisce la celebrazione parrocchiale della domenica. Ciò che distingue l’uno dall’altro i gruppi di preghiera del Rinnovamento carismatico cattolico sono elementi quali: la proporzione dei non cattolici che vi prendono parte; il grado di partecipazione del clero cattolico locale; la loro direzione da parte del laicato o del clero; il loro rapporto con la parrocchia locale (vale a dire l’appartenenza dei loro membri a una o più parrocchie); il luogo scelto per la riunione (eventualmente collegato con una chiesa parrocchiale, una casa religiosa, una università ecc.). Benché numerosi preti abbiano parte attiva in questi gruppi di preghiera, tuttavia il ruolo prevalente nella diffusione del Rinnovamento nella Chiesa viene svolto dal laicato. In molti casi, dei gruppi di preghiera sono stati avviati da laici e soltanto in seguito hanno trovato un prete desideroso di farne parte’ (Francis A. Sullivan S. J, ‘Pentecostalismo’ in Alleluja N°1, Gennaio - Febbraio 1985, pag. 4. ). Per quanto riguarda la sua diffusione nel mondo ed in particolare in Italia si legge in Tempi di Restaurazione: ‘Fino al 1990 il Rinnovamento carismatico si è diffuso in 240 paesi dei cinque continenti fra 82 milioni di cattolici romani (...) Il Rinnovamento Carismatico cattolico ha un Consiglio Internazionale denominato ICCRS (International Catholic Charismatic Renewal Services, riconosciuto dalla Santa Sede, sul piano giuridico-canonico, come Associazione privata di fedeli della Chiesa Cattolica di Diritto Pontificio con un suo ufficio ospitato presso la Cancelleria del Vaticano (...) In Italia si è diffuso da due centri; a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana ad opera di due Padri Gesuiti, Francis Sullivan e Carlo Maria Martini, ora Arcivescovo Cardinale di Milano, e a San Mauro Pascoli, in Romagna, ad opera del missionario canadese P. Valerien Gaudet che aveva fatto l’esperienza all’Università di Notre Dame a South Bend (Indiana) (...) Il numero complessivo dei gruppi carismatici italiani è 1200, mentre esistono una ventina di comunità di varia spiritualità (...) Il numero totale dei membri del Rinnovamento nello Spirito in Italia è di circa 250 mila, fra laici, sacerdoti e vescovi’ (Matteo Calisi, ‘Carismatici Cattolici: chi sono?’ in Tempi di Restaurazione, Giugno 1994, pag. 8).

Il papa e il movimento carismatico

Il movimento carismatico cattolico è sotto il comando e la guida del papa. Paolo VI durante il suo pontificato incaricò il cardinale Suenens di vigilare sul rinnovamento carismatico in tutto il mondo; questo mandato fu confermato a Suenens (questo cardinale è morto nel 1996 ed è stato quindi sostituito) anche da Wojtyla. Il bisogno di vigilare su questo movimento è dovuto al fatto che questo movimento per molti Cattolici tradizionali rappresenta un pericolo. Perché un pericolo? Perché temono che gli adepti di questo movimento diventino dei fondamentalisti, ossia che si mettano a interpretare certi testi della Scrittura in modo troppo letterale o arbitrario (secondo loro naturalmente). Detto in altre parole temono che essi studiando le Scritture si mettano ad interpretare la Parola di Dio rettamente e comprendano che nella chiesa cattolica romana ci sono troppe cose storte che annullano la Parola di Dio e perciò se ne separino come hanno fatto già milioni di Cattolici in questi ultimi decenni. Ma il papa teme anche ‘il falso ecumenismo’ ossia che i carismatici cattolici minimizzino le differenze tra ‘cristiani’ negligendo quello che nella fede e nella prassi è propriamente cattolico; anche qui è evidente che il cosiddetto papa teme che i carismatici cattolici frequentando ‘i Protestanti pentecostali’ siano indotti a pensare che la messa, il culto a Maria, la dottrina del purgatorio e tante altre dottrine propriamente cattoliche comincino ad essere reputate da loro un nulla e se ne escano dalla chiesa cattolica romana.

Per farvi comprendere come i carismatici cattolici romani siano sotto il pieno controllo del papa il quale con le sue lusinghe fa di tutto per farli rimanere attaccati alla tradizione cattolica romana senza distaccarsene in niente, perché si rende conto quale innovazioni ha apportato in certi ambienti della chiesa cattolica romana questo movimento, e che di questo passo, se non fossero frenati, potrebbero pure intendere le Scritture come i Cristiani evangelici, propongo alla vostra attenzione delle affermazioni fatte da Giovanni Paolo II, dal cardinale Suenens, e da altri. Per innovazioni mi riferisco al fatto che gli adepti a questo movimento cantano molti dei nostri cantici, pregano in maniera spontanea, battono le mani, taluni leggono maggiormente le Scritture, altri ricercano l’effusione dello Spirito Santo e il parlare in altre lingue, tanti cosiddetti laici si mettono a pregare per gli ammalati nel nome di Gesù con l’imposizione delle mani, e diverse altre cose che erano impensabili nella chiesa cattolica romana fino ad alcuni decenni fa.

Ÿ Giovanni Paolo II nel 1981 disse: ‘Il prete ha un ruolo unico e indispensabile da esercitare nel e per il rinnovamento carismatico così come per l’insieme della comunità cristiana..’; e in un discorso pronunciato il 15 Novembre 1986 nella basilica di S. Pietro a circa quindicimila partecipanti al convegno del Rinnovamento dello Spirito egli disse tra le altre cose: ‘Aderire alla Chiesa, rimanere a lei uniti, condividere la sua fede, obbedire alle sue leggi, collaborare alla sua missione - anche nell’ambito delle diocesi e delle parrocchie in cui si distribuisce la famiglia dei credenti in Cristo - è la via sicura per giungere al cuore della economia della grazia e attingere alla fonte dello Spirito Santo le energie capaci di operare il rinnovamento delle persone e delle comunità. La vostra presenza, carissimi fratelli e sorelle, accanto al Successore di Pietro, capo visibile della Chiesa universale, e le ripetute attestazioni di comunione sincera e operosa con lui e con i Vescovi delle vostre chiese locali, significano che voi avete ben compreso ciò che il Vangelo insegna, ciò che lo Spirito Santo presente nei cuori ispira come principio centrale della ‘Legge Nuova’, come regola fondamentale dell’azione e della preghiera ecclesiale, come segreto sicuro di ogni rinnovamento e di ogni progresso; essere al servizio del regno di Cristo secondo le indicazioni dello Spirito in comunione di fede, di pensiero e di disciplina con i Pastori della Chiesa. Su questa strada vi auguro di perseverare e di progredire, mentre sulle vostre persone, sulle vostre aspirazioni al bene, sui vostri propositi e il vostro lavoro invoco la benedizione divina, di cui sia pegno la mia benedizione!’ (Alleluja, N° 6, Novembre-Dicembre 1986, pag. 3).

Ÿ Il cardinale Suenens all’incontro del 24 Giugno 1979 al santuario della Madonna di Oropa ha detto: ‘Ora vorrei dire perché la Chiesa è una speranza per il rinnovamento. Perché il rinnovamento non sarà e non vivrà se non nell’ambito della Chiesa, nella piena integrazione nella Chiesa, nella mediazione della Chiesa...’ (Alleluja, N° 5, 1979, pag. 4); Suenens ad Oropa ha affermato anche ‘la necessità di studiare attentamente che cosa è l’ecumenismo e che cosa è il carismatico autentico, per non lasciarsi fuorviare dai numerosi testi pentecostali circolanti, basati su una teologia non accettabile da noi cattolici’ (ibid., pag. 4); e lo stesso cardinale nel suo libro Ecumenismo e Rinnovamento afferma che ‘dichiarare come fondamentale un Cristianesimo che accetta il Cristo ma non la Chiesa; la Parola di Dio e non la Tradizione vivente che la sostiene pur essendole sottomessa; i carismi dello Spirito ma non la struttura ministeriale e sacramentale della Chiesa, significa, fin dal principio, domandare a un cattolico di negare punti essenziali della sua fede e portare il dialogo ecumenico a un impasse’. Come potete vedere da voi stessi questi discorsi parlano molto chiaro; i carismatici cattolici secondo la curia romana devono rimanere nella chiesa cattolica, stare attaccati alla sua tradizione, e stare attenti a non lasciarsi ‘traviare’ dai libri pentecostali perché si fondano su una teologia che i Cattolici non possono accettare in nessuna maniera. Ogni commento è superfluo!.

Maria nel movimento carismatico

Sembrerà strano; eppure coloro che tra i Cattolici dicono di avere ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo e di parlare in lingue, di pregare per i malati, di avere cominciato a vivere in maniera diversa dal loro incontro con il Signore, dico costoro pregano ed adorano Maria. Citerò a tale riguardo prima alcune affermazioni del cardinale Suenens su Maria e poi altre di alcuni membri di questo movimento.

Suenens ad Oropa disse: ‘Come Maria è beata per avere creduto, così vorrei dire a ciascun cristiano: beati quelli che credono nello Spirito Santo operante in Maria: beati quelli che credono nella mediazione di Maria come strumento dello Spirito Santo (...) Ma nell’ordine spirituale il Signore ci invita ad entrare nel mistero della dipendenza spirituale. Ha detto Gesù a Nicodemo: ‘Non si entra nel Regno dei cieli se non si nasce di nuovo’ e Nicodemo non capiva. E’ il segreto, direi mistico, di entrare in questa dipendenza, di pregare con la preghiera di Maria, di avere sempre Maria come mediatrice di tutti i nostri moti spirituali, di vedere con i suoi occhi, di pregare con le sue labbra, di procedere con il suo cuore (...) beato il rinnovamento se oggi e nei tempi futuri rimane fedele a Maria per essere fedele allo Spirito Santo operante (...) La presenza di Maria è indispensabile, come lo era nel Cenacolo nel giorno in cui fu impresso l’impulso apostolico alla Chiesa (...) Che ciascun di voi torni da questo pellegrinaggio con l’anima piena di Spirito Santo, con la forza della Pentecoste; e che Maria sia il sorriso, la dolcezza della vostra vita’ (ibid., pag. 5).

Maria Cristina di Milano ha scritto su Alleluja un articolo sul pellegrinaggio del Rinnovamento carismatico svoltosi a Lourdes dal 29 giugno al 3 luglio; a riguardo delle parole degli oratori che maggiormente toccarono il cuore dei presenti cita pure queste su Maria: ‘Ella c’invita a celebrare ecumenicamente la Pentecoste in una comunione fraterna che ci consente di dire a tutti i fratelli, quale che sia la loro denominazione, la parola dell’Angelo a Giuseppe: Non temere di prendere con te Maria, perché ciò che è nato in lei è opera dello Spirito Santo’ (Alleluja, N° 6, 1979, pag. 12).

Uno scrittore anonimo membro del Rinnovamento dello Spirito Santo ha scritto su Alleluja: ‘Come la Chiesa è sotto la protezione di Maria, così lo è anche il mio matrimonio e tutta la mia vita di relazione con il prossimo. Inizio dunque la seconda parte della mia preghiera con una Ave Maria e, tramite l’intercessione della Vergine, chiedo al Signore un secondo brano perché mi metta sulle labbra una preghiera adatta alla mia situazione (....) Quando un fatto mi turba, o provo una forte emozione, mi rivolgo a Maria con una Ave, con lo scopo di confidare a lei i miei sentimenti e chiederle di intercedere per me....’ (Alleluja, N° 2, Marzo-Aprile 1985, pag. 10).

 

LA DOTTRINA E LA PRASSI

1) Il battesimo con lo Spirito Santo. ‘Battesimo nello Spirito’ - Possiamo descriverlo come un’esperienza religiosa che dà una coscienza indubbiamente nuova della presenza e dell’azione di Dio nella vita di chi lo riceve: questa azione è in genere accompagnata da uno o più doni carismatici (.....) ‘I battezzati’ prendono coscienza di avere una forza nuova per vivere cristianamente e per testimoniare il Vangelo; inoltre, di possedere un dono che consente loro di pregare Dio e di servire il prossimo in maniera più agevole ed efficace. Questi due ordini di cambiamenti corrispondono esattamente alle due caratteristiche del rinnovamento: ‘pentecostale’ e ‘carismatico’. (...) Se è vero che Luca ha distinto il rito battesimale e la discesa dello Spirito come due atti o momenti distinti nell’iniziazione cristiana, nondimeno tutto quanto ha detto porta a congiungerli strettamente l’uno all’altro; manca un sostegno reale per affermare che il modo normale per i cristiani del Nuovo Testamento fosse di essere stati battezzati in acqua, rimanendo poi in attesa e in preghiera in vista d’una second blessing che avrebbe finalmente fatto di loro dei ‘cristiani pieni di Spirito’. La testimonianza di Paolo è ancora più radicale: egli non riconosce nessuno come cristiano se non ha ricevuto lo Spirito Santo e non ammette alcuna iniziazione cristiana indipendentemente dal dono dello Spirito. Quando i Cattolici cominciarono a condividere l’esperienza pentecostale, compresero di dovere spiegare chiaramente come tale esperienza non fosse affatto in contrasto con la dottrina cattolica, secondo la quale lo Spirito Santo è già dato nell’iniziazione cristiana. Dovevano evitare soprattutto di dare l’impressione di considerare il sacramento del battesimo come semplice ‘battesimo in acqua’ e che soltanto attraverso un’esperienza pentecostale si riceveva effettivamente lo Spirito. La soluzione più comunemente proposta nella letteratura del rinnovamento carismatico cattolico è stata di considerare i sacramenti unico ‘luogo’ del ‘dono’ o dell’effusione dello Spirito. In effetti, parlare d’una nuova effusione dello Spirito prescindendo dalla ricezione di un sacramento non sarebbe conforme alla teologia cattolica. Questa soluzione spiega il ‘battesimo nello Spirito’ pentecostale non già come un dono nuovo dello Spirito, bensì come una presa di coscienza vissuta della sua presenza preliminare o come una liberazione della sua forza, accordata di fatto nei sacramenti, ma non ancora sperimentata. Donde la distinzione tra ‘battesimo nello Spirito’ in senso teologico (dove lo Spirito è effettivamente donato, cioè nei sacramenti) ed esperienza vissuta (presa di coscienza della potenza dello Spirito già ricevuto)’ (Francis A. Sullivan S. J in op. cit., pag. 4,5,6). Lo stesso Sullivan ha detto pure: ‘Quello che è chiamato ‘battesimo nello Spirito’ non è in alcun modo necessariamente legato alla glossolalia 1). E’ chiaro che questo non è un rifiuto del dono delle lingue come una manifestazione dello Spirito, bensì un rifiuto di quello che è stato, e con ragione, chiamato ‘la legge delle lingue’ 2). Non è nemmeno un rifiuto dell’idea che ci dovrebbe essere qualche evidenza concreta per dimostrare che una persona è stata realmente ‘battezzata nello Spirito’. D’altronde i cattolici, a differenza dei pentecostali, accettano una varietà considerevole di segni, e non necessariamente le lingue, come evidenza che lo Spirito santo ha cominciato ad essere presente e a lavorare in una maniera nuova nella vita di una persona’ (F. A. Sullivan,L’esperienza pentecostale nel Rinnovamento carismatico cattolico’ in Alleluja N° 2, 1977, pag. 7).

2) Il pregare e cantare in altra lingua. ‘Ci sono senza dubbio molti pentecostali che spiegherebbero le ‘lingue’ come un’attitudine soprannaturale di parlare in qualche idioma reale ma sconosciuto. Nondimeno, oggi si ammette sempre più che si tratta piuttosto di una messa in moto di un’attitudine latente naturale a emettere spontaneamente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo. Né è limitata all’esperienza cristiana: il medesimo fenomeno è attestato in altre religioni. Lo si considera tuttavia un carisma, quando si manifesta come un dono ordinato alla preghiera, particolarmente di lode. Il suo valore sembra consistere nel fatto che un tale dono libera le profondità dello spirito umano per esternare mediante la voce, in maniera udibile (cioè con il corpo come parte integrante del ‘io’) ciò che non può essere espresso in un linguaggio concettuale (...) Possiamo accostare il dono delle lingue a quello delle lacrime (..) In entrambi i casi non si tratta di un dono che conferisca un’attitudine fisica dapprima inesistente; e come non tutti i modi di piangere possono assimilarsi al dono delle lacrime, così non si può rapportare al dono delle lingue ogni forma di glossolalia. Piangere è ‘dono delle lacrime’ quando significa e, insieme, intensifica l’atteggiamento interiore di contrizione, di compassione o di gioia (e quindi con una sorta di efficacia quasi sacramentale)...’ (Francis A. Sullivan in Alleluja N° 2, Marzo-Aprile 1985, pag. 2,3).

3) L’interpretazione delle lingue. ‘Coloro che parlano in lingue per lo più fanno uso di questo dono nella preghiera di lode sia privata sia comunitaria. Ma a volte in un’assemblea, capita che, mentre gli altri tacciono, qualcuno parli per esprimere quello che sembra non tanto una preghiera in lingue quanto la trasmissione d’un messaggio. In genere, a questo segue un tempo di silenzio, dopo di che qualcuno nel gruppo può formulare ciò che in altre circostanze si definirebbe una ‘profezia’, ma che in questo caso è l’interpretazione del messaggio trasmesso in lingue. Qui non si può parlare di traduzione, come se il primo avesse usato una lingua straniera tradotta dal secondo in linguaggio corrente; la migliore spiegazione sembra che il parlare in lingue è stato una specie di segnale dato al gruppo per richiamarne l’attenzione in attesa di una profezia imminente; in altri termini, che il ‘parlare in lingue’ e la successiva ‘interpretazione’ costituiscono due momenti di una medesima profezia’ (ibid., pag. 3). Sullivan conferma questo concetto anche in un altro suo scritto dicendo: ‘Il parlare in lingue è un segnale che il Signore ha una parola da dire al gruppo, e l’interpretazione è la parola che il Signore desidera che il gruppo senta. Essa è ricevuta e pronunciata nella stessa maniera che una profezia è ricevuta e pronunciata. Uno domanderà: se ‘l’interpretazione’ è realmente uguale alla profezia, per quale ragione ha bisogno di essere preceduta dal parlare in lingue? Secondo me, la ragione è che l’anteriore parlare in lingue crea un’atmosfera di intenso ascolto interno, di aspettativa per una parola dal Signore. Esso avverte quelli del gruppo che profetizzano ad essere pronti a ricevere un ispirazione per quello che il Signore vuole che il gruppo senta, ed avverte tutto il gruppo ad essere pronto ad ascoltarlo. Naturalmente, questa spiegazione delle lingue con l’interpretazione dà per scontato che non c’è fra il messaggio in lingue e il messaggio che segue il tipo di corrispondenza che ci sarebbe nel caso l’interpretazione delle lingue fosse veramente una traduzione’ (Francis A. Sullivan, Charisms and charismatic renewal [I carismi e il rinnovamento carismatico), Michigan 1982. pag. 149].

4) La profezia. ‘La profezia è intesa nel Rinnovamento come un messaggio del Signore al gruppo e non già come una comunicazione ritenuta buona da chi la trasmette; dunque come un messaggio scaturente da una sorta di ispirazione divina. Ciò implica prima di tutto che chi parla presenti al gruppo il suo dire come profezia solamente se è convinto che il messaggio viene realmente dal Signore e non dalle sue riflessioni personali, inoltre, implica che la sua convinzione soggettiva sia controllata dal discernimento del gruppo’ (Francis A. Sullivan S. J in Alleluja N° 2, pag. 3).

5) La preghiera di guarigione. ‘La preghiera di guarigione è praticata da tutte le assemblee di preghiera neo-pentecostali. Quel che è notevole in una preghiera di questo genere è la fede viva nella potenza che Dio ha di guarire tutti i nostri mali, sia fisici sia spirituali, ritenuti curabili normalmente o incurabili (...) La reiterata esperienza di guarigioni straordinarie di persone per le quali hanno pregato, ha indotto alcuni a considerarsi come dei chiamati da Dio in modo speciale a un ministero di preghiera per la guarigione. In certi casi, l’esercizio di questo ministero è contrassegnato dal fenomeno definito come ‘riposo nello Spirito’: la persona per la quale si prega cade a terra e vi resta per un pò in una specie di letargo’ (F. Sullivan, Alleluja, N° 2, pag. 3). A proposito del ricorrere al Signore per ottenere la guarigione dalla malattia il Sullivan però, che pure afferma di credere che il Signore guarisce tuttora, afferma quanto segue: ‘E’ ovvio, quindi, che Dio vuole che noi ricorriamo a qualsiasi aiuto medico è disponibile quando noi siamo malati, e che sarebbe presuntuoso rifiutare tale aiuto sul fondamento che questo mostrerebbe una mancanza di fede nella potenza di Dio affinché ci guarisca. Noi non abbiamo alcuna maniera, in nessun particolare caso, di sapere se Dio intende operare un segno della sua potenza sopra la morte guarendoci senza l’aiuto medico. Il rifiuto dell’aiuto medico è veramente una maniera per cercare di forzare Dio a venire con un miracolo - e questa non è un’attitudine di una fede religiosa genuina, ma un tentativo di manipolare Dio’ (F. Sullivan, Charisms and charismatic renewal, pag. 166-167).

Questa trascrizione particolareggiata di quello che insegnano quelli del Rinnovamento carismatico cattolico, forse ad alcuni è parsa troppo lunga o inutile ma noi abbiamo ritenuto necessario farla perché oggi molti, in seno alle Chiese, non sanno cosa in effetti insegnano quelli del movimento carismatico cattolico sul battesimo con lo Spirito Santo e su alcuni doni collegati al battesimo con lo Spirito Santo. Stanno al sentito dire; e così si fanno l’idea che insegnano in tutto e per tutto quello che viene insegnato nel nostro mezzo. Ma come voi stessi avete potuto constatare nel leggere le dichiarazioni di Sullivan, che è un’importante esponente del Rinnovamento carismatico, essi non insegnano affatto dirittamente attorno a diverse cose concernenti il battesimo con lo Spirito Santo e la manifestazione dello Spirito Santo. Passiamo quindi a dimostrare mediante le Scritture la falsità di certi insegnamenti trasmessi in seno a questo movimento cattolico.

CONFUTAZIONE

Il battesimo con lo Spirito Santo si riceve non quando si nasce di nuovo ma dopo essere nati di nuovo; quindi è una esperienza distinta dalla nuova nascita

Il battesimo con lo Spirito Santo è un esperienza che si fa dopo avere creduto; quando diciamo dopo avere creduto però non intendiamo dire per forza di cose dopo essere stati battezzati in acqua perché il caso di Cornelio sta a dimostrare che taluni possono essere battezzati con lo Spirito Santo anche prima di essere battezzati in acqua. Qualcuno dirà: ‘Dopo avere creduto che cosa?’ Dopo avere creduto che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e che egli è morto sulla croce per i nostri peccati, che fu seppellito, e che dopo tre giorni fu risuscitato mediante la gloria del Padre, ed apparve a coloro che egli aveva scelto come suoi testimoni. Ora, siccome che quando si crede con il proprio cuore in ciò che ho qui sopra detto avviene che si riceve la remissione di tutti i peccati secondo che è scritto: "Chiunque crede in lui riceve la remission de’ peccati mediante il suo nome" (Atti 10:43); si viene giustificati cioè resi giusti da Dio perché è scritto: "Col cuore si crede per ottener la giustizia" (Rom. 10:10) ed anche: "Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio" (Rom. 5:1); si viene vivificati dallo Spirito di Dio perché lo Spirito Santo entra in noi portando la vita in luogo della morte perché Giovanni dice: "Affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome" (Giov. 20:31); si riceve la vita eterna perché Gesù ha detto che "chi crede ha vita eterna" (Giov. 6:48); e si diventa figliuoli di Dio secondo che è scritto: "Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma son nati da Dio" (Giov. 1:12,13); dico, in virtù di tutte queste cose affermiamo che quando si crede si nasce da Dio. D’altronde non ha forse detto Giovanni: "Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio?" (1 Giov. 5:1); quindi perché meravigliarsi nel sentire dire che si nasce di nuovo quando si crede nel nome del Figliuolo di Dio? Va poi detto che quando si diventa figliuoli di Dio, mediante appunto la nuova nascita, si è certi di essere tali per questa ragione scritta da Paolo ai Romani: "Avete ricevuto lo spirito d’adozione, per il quale gridiamo: Abba! Padre! Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio" (Rom. 8:15,16): perciò in coloro che credono c’è lo Spirito di Dio altrimenti non potrebbero essere sicuri di essere figli di Dio e di appartenere a Cristo. In altri termini una persona che ha creduto da pochi attimi ha lo Spirito di Cristo in lui e mediante di esso sa di appartenergli. Di certo se egli non avesse lo Spirito di Cristo non potrebbe affermare di essere un figlio di Dio lavato nel prezioso sangue dell’Agnello e di essere un membro del corpo di Cristo, e di certo Dio stesso non potrebbe chiamarlo suo figliuolo; e neppure noi potremmo chiamarlo nostro fratello perché Paolo dice che "se uno non ha lo Spirito di Cristo, egli non è di lui" (Rom. 8:9). Dicendo ciò escludiamo che lo Spirito Santo si riceva quando si viene battezzati in acqua perché Esso si riceve quando ci si ravvede e si crede nel Signore, ovvero quando si nasce di nuovo (prima di essere battezzati in acqua). Ma dicendo ciò escludiamo anche che lo Spirito Santo venga a dimorare nel bambino quando il prete versa la cosiddetta acqua santa sul capo del bambino, e questo perché il neonato non ha per nulla la fede nel Signore, non avendo ancora la capacità di credere; l’acqua del prete non ha il potere di nettarlo dal peccato perché è solo mediante la fede che i peccati vengono cancellati dalla coscienza umana. Ma noi sappiamo anche che lo Spirito Santo i fanciulli non lo ricevono neppure con la cresima; e i motivi li ho esposti quando ho parlato della cresima. Quindi Sullivan erra quando afferma che lo Spirito Santo si riceve nell’iniziazione cristiana, cioè quando si ricevono il battesimo e la cresima. Questa è la ragione per cui i carismatici cattolici parlano di nuova effusione dello Spirito Santo in relazione al battesimo con lo Spirito Santo, perché essi sostengono che lo Spirito Santo è già in coloro che sono stati battezzati da fanciulli e poi cresimati (nella cresima secondo la teologia romana si riceve la pienezza dello Spirito), ma col battesimo con lo Spirito Santo si prende coscienza della potenza dello Spirito già ricevuto. Tutto questo lo dicono per cercare di conciliare il battesimo con lo Spirito Santo con la teologia cattolica romana; conciliazione che non può esserci. Come potete vedere dalle parole di Sullivan si evince chiaramente che il Rinnovamento carismatico cattolico rimane pur sempre attaccato alla teologia cattolica e non se ne distacca nei suoi punti cardini. Quanto poi alla sua affermazione secondo la quale manca un sostegno reale per affermare che il modo normale per i Cristiani del Nuovo Testamento fosse di essere stati battezzati in acqua, rimanendo poi in attesa e in preghiera per essere riempiti di Spirito Santo, essa non è da accettare perché il sostegno c’è: è quello dei discepoli in Gerusalemme. Che fecero infatti essi dopo che Gesù fu assunto in cielo, loro che erano stati battezzati in acqua? Non pregavano forse assieme e aspettavano di ricevere lo Spirito Santo? La Scrittura dice che gli apostoli "perseveravano di pari consentimento nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui" (Atti 1:14); e questo avvenne nei giorni prima che fossero battezzati con lo Spirito Santo. Non aspettarono forse di essere battezzati con lo Spirito Santo? Certo, infatti Gesù aveva detto loro di non dipartirsi da Gerusalemme "ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre" (Atti 1:4).

Anche il caso dei credenti di Samaria conferma che il battesimo con lo Spirito Santo lo si riceve normalmente (le eccezioni ci sono) dopo avere creduto ed essere stati battezzati in acqua infatti prima è scritto: "Ma quand’ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la buona novella relativa al regno di Dio e al nome di Gesù Cristo, furon battezzati, uomini e donne" (Atti 8:12), e poi che gli apostoli Pietro e Giovanni "essendo discesi là, pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Allora imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo" (Atti 8:15-17).

Anche nel caso dei circa dodici discepoli di Efeso essi furono battezzati con lo Spirito Santo dopo essere stati battezzati in acqua infatti è scritto: "Udito questo, furon battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano" (Atti 19:5,6).

Ed infine citiamo le parole che Pietro il giorno della Pentecoste rivolse a quei Giudei che furono compunti nel cuore: "Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo" (Atti 2:38).

Quindi, da tutte queste Scritture si comprende che il battesimo con lo Spirito Santo è una esperienza contraddistinta dalla nuova nascita perché si riceve dopo avere creduto, e che solitamente, tranne che in alcuni casi, esso si riceve dopo essere stati battezzati in acqua.

Dopo avere ciò detto è inevitabile che qualcuno domandi: ‘Ma se quando le persone nascono di nuovo lo Spirito Santo viene a dimorare in loro, perché è necessario che esse preghino e aspettino di essere battezzati con lo Spirito Santo?’ La ragione è per essere rivestiti di potenza, infatti bisogna sempre ricordare che quando Gesù Cristo battezza con lo Spirito Santo chi ha creduto in lui, costui viene rivestito di potenza perché Gesù disse: "Voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra" (Atti 1:8). Questa è la ragione per cui Gesù disse ai suoi discepoli di non dipartirsi da Gerusalemme ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre, cioè di aspettarvi di essere battezzati con lo Spirito Santo. Sia ben chiaro: i discepoli prima di essere battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste avevano una misura di Spirito Santo infatti quando Gesù gli apparve disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo" (Giov. 20:22), però essi non erano ancora rivestiti di potenza altrimenti Gesù non avrebbe detto loro di aspettare di essere rivestiti di potenza e che essi avrebbero ricevuto potenza quando lo Spirito Santo sarebbe venuto sopra di loro. Quindi il battesimo con lo Spirito Santo corrisponde al rivestimento di potenza.

Ma vi è un’altra questione a cui rispondere ed è questa: ‘Se i discepoli prima del giorno della Pentecoste avevano lo Spirito Santo, perché si dice che essi furono battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste? Non è questa una contraddizione? Ora, per comprendere la differenza che ci fu tra la ricezione dello Spirito che essi sperimentarono quando Gesù apparve loro e la ricezione del battesimo con lo Spirito Santo che essi sperimentarono il giorno della Pentecoste bisogna tenere presente che il battesimo con lo Spirito Santo è il riempimento di Spirito Santo del credente. In altri termini i discepoli quando Gesù disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo" (Giov. 20:22), ricevettero una certa misura di Spirito Santo senza esserne riempiti, ma quando essi furono battezzati con lo Spirito Santo il giorno della Pentecoste essi ne furono ripieni secondo che è scritto: "E tutti furon ripieni dello Spirito Santo..." (Atti 2:4). Come potete vedere non c’è nessuna contraddizione tra i due eventi, perché il battesimo con lo Spirito Santo non è altro che la ricezione di una misura maggiore di Spirito Santo da parte del credente.

Il parlare in altra lingua è strettamente collegato al battesimo con lo Spirito Santo perché è il segno esteriore che ne attesta l’avvenuta ricezione

Veniamo ora alla così tanto dibattuta questione sul segno delle lingue. Sullivan afferma che quello che è chiamato battesimo con lo Spirito Santo non è necessariamente legato alla glossolalia, cioè al parlare in altre lingue. Questo è falso perché la Scrittura insegna che il battesimo con lo Spirito Santo e il parlare in altre lingue sono due cose che non si possono scindere l’una dall’altra; vogliamo dire con questo che non c’è un battesimo con lo Spirito Santo senza il relativo e consequenziale parlare in lingue, perché quando si viene battezzati con lo Spirito Santo si comincia a parlare in altre lingue perché lo Spirito Santo del quale si viene riempiti dà subito di parlare in altra lingua. Questo lo fa lo Spirito Santo automaticamente quando scende sul credente; per questo non c’è assolutamente bisogno di domandarsi: ‘Ma come farò a parlare in altra lingua?’ Lo Spirito Santo quando scende su un credente e lo riempie, si impossessa della bocca del credente e della sua lingua; e lo sospinge dal di dentro in maniera potente, ma nello stesso tempo incomprensibile, a proferire frasi incomprensibili con un suono e una sintassi tutta diversa da quella della sua lingua. Lo Spirito Santo lo fa parlare in una lingua straniera, senza che il credente l’abbia mai studiata: la lingua che gli fa parlare è perfetta, quindi sia il suono delle parole, la loro sintassi che la grammatica sono perfette e non difettano in nulla. Tutto ciò lo opera lo Spirito Santo, per questo non vi è difetto alcuno. Le Scritture che attestano che quando i credenti vengono battezzati con lo Spirito Santo (tenete presente che si può dire anche ‘quando ricevono lo Spirito Santo’, ‘quando ricevono il dono dello Spirito Santo’, ‘quando lo Spirito Santo scende su loro’) si mettono subito a parlare in altra lingua per lo Spirito Santo sono queste:

Ÿ "E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi" (Atti 2:4);

Ÿ "Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio" (Atti 10:44-46);

Ÿ "Udito questo, furon battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano" (Atti 19:5-6).

Come potete vedere in tutti questi tre casi in cui lo Spirito Santo scese su quei credenti essi si misero a parlare in altre lingue. Nel caso di Efeso si misero pure a profetizzare, il che conferma che quando si viene battezzati con lo Spirito Santo si possono ricevere anche dei doni di parola (questi doni dello Spirito Santo sono la diversità delle lingue, la interpretazione delle lingue, e il dono di profezia) oltre che anche altri doni dello Spirito Santo. Ma è bene a questo punto fare una distinzione nel campo delle lingue tra le lingue come segno e le lingue come dono. Il segno delle lingue comincia ad essere presente nel credente nel momento in cui viene battezzato con lo Spirito Santo, il dono delle lingue invece può riceverlo sia quando viene battezzato con lo Spirito Santo sia tempo dopo avere ricevuto il battesimo con lo Spirito Santo, ma può anche non riceverlo. Il dono della diversità delle lingue è un dono dello Spirito Santo mediante il quale lo Spirito Santo dà al credente di parlare in più lingue straniere, e non è presente in tutti coloro che sono stati battezzati con lo Spirito Santo perché Paolo dice: "Parlan tutti in altre lingue?" (1 Cor. 12:30) (ossia ‘hanno tutti il dono della diversità delle lingue?’). Ricapitolando; tutti coloro che sono battezzati con lo Spirito Santo parlano in altra lingua (almeno una), ma non tutti sono in grado di parlare in più lingue straniere.

Esaminiamo ora la descrizione del pregare in altre lingue fatta dal Sullivan: ‘Una messa in moto di un’attitudine latente naturale a emettere spontaneamente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo’. E’ conforme all’insegnamento della Scrittura questa definizione? No, perché nel parlare in altre lingue, sia che esso sia segno che dono, non c’è nulla di naturale perché esso è soprannaturale; questa è la ragione per cui non si può comprendere appieno e perché l’uomo naturale lo considera una pazzia. Le cose che il credente dice in altra lingua, quantunque lui non le comprende, sono cose vere, cose giuste dette in una lingua straniera sconosciuta. Non si tratta di frasi senza senso, dette e fabbricate dall’uomo a suo piacimento appunto perché è lo Spirito che parla per bocca del credente. C’è una evidente prova di questo nel parlare in lingue dei discepoli il giorno della Pentecoste infatti la Scrittura dice che quando la moltitudine di quei Giudei presenti in Gerusalemme per la festa si radunò presso la casa dove si trovavano i discepoli del Signore che stavano parlando in lingue straniere sospinti dallo Spirito Santo, "fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nel suo proprio linguaggio. E tutti stupivano e si maravigliavano, dicendo: Ecco, tutti costoro che parlano non son eglino Galilei? E com’è che li udiamo parlare ciascuno nel nostro proprio natìo linguaggio? Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia Cirenaica, e avventizî Romani, tanto Giudei che proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlar delle cose grandi di Dio nelle nostre lingue" (Atti 2:6-11). Notate che quegli uomini Ebrei sentirono parlare i discepoli del Signore, anch’essi Ebrei ma provenienti dalla Galilea, nelle loro lingue delle cose grandi di Dio. Altro dunque che suoni simili ad un linguaggio; si trattava di vere e proprie lingue straniere ben parlate da quegli uomini Galilei che non le avevano studiate e ben comprese da coloro che venivano dal posto dove esse erano parlate.

Noi comprendiamo bene cosa voglia dire Sullivan quando dice suoni simili a un linguaggio; lui vuole dire in definitiva parole inventate dall’uomo che non hanno nessun significato, ma che appaiono lingue straniere. Queste sono cose che non hanno nulla a che fare con la manifestazione dello Spirito e perciò le rigettiamo. Noi sappiamo che quando lo Spirito prega per i santi lo fa con sospiri ineffabili, che non sono affatto ‘una messa in moto di un’attitudine latente naturale’; ma un imperscrutabile opera dello Spirito Santo. Al bando quindi tutti quei discorsi che tendono a fare apparire il parlare in altre lingue come un qualcosa di naturale e non di soprannaturale. Naturalmente questo tipo di insegnamento errato ha prodotto i suoi effetti nell’ambito del movimento carismatico cattolico; tanti e tanti Cattolici romani dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo ma non hanno ricevuto proprio niente; sì, proferiscono sillabe e parole che apparentemente danno l’impressione che essi sono stati battezzati con lo Spirito Santo, ma in effetti non è la manifestazione dello Spirito perché lo Spirito è assente, e perciò sono assenti anche la potenza, la santità, la verità, il frutto dello Spirito. Che c’è dunque da meravigliarsi se tanti Cattolici di questo movimento dicono di avere ricevuto lo Spirito Santo, dicono di avere ricevuto ‘la Pentecoste’ nella loro vita, ma nello stesso tempo si mantengono più che mai attaccati al loro papa, al culto a Maria, alla tradizione della chiesa cattolica romana? Dicono che lo Spirito Santo da quando è venuto in loro in questa ‘maniera nuova’ li ha convinti maggiormente dell’infallibilità del papa, dell’efficacia dell’intercessione di Maria, e di tante altre menzogne; non è affatto così, perché se essi avessero ricevuto lo Spirito Santo da tempo non sguazzerebbero più nell’idolatria e nelle menzogne dei loro papi e dei loro concili, ma se ne sarebbero usciti da esse, mentre il fatto che loro ci stanno bene in mezzo al fango della chiesa cattolica romana vuole dire che ancora non sono nati di nuovo.

L’interpretazione delle lingue non è una profezia perché chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini

Per quanto riguarda poi l’interpretazione delle lingue occorre dire che siccome Paolo dice che "chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio" (1 Cor. 14:2), di conseguenza anche l’interpretazione deve corrispondere ad un parlare a Dio e non può essere una profezia perché la profezia è un parlare agli uomini. Vediamo altre Scritture che confermano che chi parla in altra lingua parla a Dio e non sta profetizzando in altra lingua per cui l’interpretazione non è una profezia.

Ÿ Paolo dice ai Romani: "Parimente ancora, lo Spirito sovviene alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili; e Colui che investiga i cuori conosce qual sia il sentimento dello Spirito, perché esso intercede per i santi secondo Iddio" (Rom. 8:26,27);

Ÿ Paolo dice ai Corinzi: "Se prego in altra lingua, ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque? Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza. Altrimenti, se tu benedici Iddio soltanto con lo spirito, come potrà colui che occupa il posto del semplice uditore dire ‘Amen’ al tuo rendimento di grazie, poiché non sa quel che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel ringraziamento; ma l’altro non è edificato" (1 Cor. 14:14-17);

Ÿ Paolo dice agli Efesini: "Orando in ogni tempo, per lo Spirito, con ogni sorta di preghiere e di supplicazioni" (Ef. 6:18).

Ÿ Giuda dice: "Ma voi, diletti, edificando voi stessi sulla vostra santissima fede, pregando mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amor di Dio" (Giuda 20,21).

Ricapitolando; chi parla in altra lingua prega Dio, canta a Dio, rende grazie a Dio, e perciò l’interpretazione corrisponde allo specifico parlare a Dio da lui proferito per lo Spirito in quel momento. L’interpretazione non può consistere in una profezia perché altrimenti la Scrittura sarebbe annullata.

Qualcuno allora dirà: che dire allora delle seguenti parole di Paolo: "Chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue, a meno ch’egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione" (1 Cor. 14:5)? Diremo che con queste parole Paolo non ha per nulla detto che il parlare in lingue interpretato corrisponde ad una profezia. Perché? Perché Paolo precedentemente ha spiegato che chi parla in altra lingua parla non agli uomini ma a Dio, mentre chi profetizza parla agli uomini, per cui - spiega sempre Paolo - "chi parla in altra lingua edifica se stesso; ma chi profetizza edifica la chiesa" (1 Cor. 14:4). Ecco perché Paolo all’inizio del suo discorso dice di desiderare principalmente il dono di profezia. Ma pure, anche se chi parla in altra lingua parla a Dio e non agli uomini, ed edifica se stesso, la Chiesa può ricevere pure essa edificazione da quel parlare in lingue, e questo avviene quando chi parla in lingue interpreta pure, per lo Spirito, quanto detto in una lingua sconosciuta. Perché la Chiesa sarà edificata? Perché mediante l’interpretazione intenderà quanto lo Spirito ha proferito in altra lingua per bocca del credente. Se per esempio il parlare in altra lingua consisteva in una intercessione a favore di determinati fratelli che si trovavano in pericolo di morte in quel momento, o nella necessità di qualche cosa di materiale o di spirituale, la Chiesa sarà edificata nel sapere che lo Spirito ha pregato per quei santi a loro sconosciuti in base al loro bisogno. Se poi lo Spirito ha fatto salmeggiare il credente, la Chiesa intenderà il salmo innalzato in altra lingua dal credente. In questo caso quindi, mediante l’interpretazione la Chiesa sarà edificata. Quello che purtroppo molti non hanno ancora capito è che la Chiesa per essere edificata non deve per forza di cose sentire una profezia, ma può sentire pure l’interpretazione di un parlare in lingua. O meglio, che la Chiesa viene edificata anche nel sentire una preghiera o un salmo interpretato, anche se sappiamo che la preghiera e i salmi vengono rivolti a Dio. Come noi siamo edificati nel leggere le suppliche e i cantici di Davide, che ricordiamo furono da lui innalzati per lo Spirito in ebraico (attenzione, per evitare fraintesi, Davide non parlava in altre lingue) e che qualcuno ha tradotto per noi, così saremo edificati quando dopo che qualcuno ha parlato in altra lingua a Dio, lui o qualcun altro interpreteranno, per lo Spirito, quel suo parlare. Di certo è così.

Ma c’è da dire qualcosa d’altro nella nostra confutazione, e cioè che da come parla Sullivan il parlare in altre lingue che precede ‘l’interpretazione’ non sarebbe altro che un segnale che avverte l’uditorio che una profezia è imminente. In sostanza non un vero parlare in altra lingua che ha bisogno di essere seguito dalla relativa interpretazione per essere reso intelligibile, ma una sorta di avvertimento sonoro che non ha in sé nessun significato non essendo una vera e propria lingua. E questo si collega alla sua affermazione secondo cui il parlare in lingue consiste in ‘una messa in moto di un’attitudine latente naturale a emettere spontaneamente dei suoni simili a un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo’. Quindi occorre dire che nell’ambiente carismatico cattolico quella che viene chiamata interpretazione delle lingue per loro non è l’interpretazione del messaggio dato in un altra lingua ma una profezia che viene data dopo il ‘segnale di avvertimento’. Tutto ciò è inaccettabile alla luce delle sacre Scritture perché come abbiamo visto il parlare in altre lingue è un vero parlare in una o più lingue straniere compiuto per opera dello Spirito Santo per bocca del credente; il parlare è rivolto a Dio e quindi, se c’è chi interpreta, l’interpretazione corrisponderà non in un messaggio diretto agli uomini ma in una preghiera o in un ringraziamento. E poi perché chi profetizza non ha bisogno di dare un segnale o che altri diano un segnale che avverta l’imminente profezia, perché il dono di profezia si manifesta indipendentemente dal parlare in lingue, e perciò quand’anche non ci fosse chi parla in altra lingua in una riunione, chi ha il dono di profezia quando lo Spirito Santo lo sospinge a profetizzare lo fa senza nessun problema e si mette a profetizzare anche se prima non c’è stato nessun parlare in lingue. Quindi, per parlare alla maniera di Sullivan, diciamo che il parlare in lingue e la successiva interpretazione non costituiscono affatto due momenti di una medesima profezia.

Un ultima cosa infine; se il parlare in lingue non consiste in un parlare in un idioma reale ma sconosciuto ma solo in un emissione di suoni simili ad un linguaggio e ciò non necessariamente ad opera dello Spirito Santo, non solo non si può definire parlare in altre lingue, ma neppure l’interpretazione delle lingue si può chiamare così, perché non sarebbe per nulla l’interpretazione di un reale parlare in lingue. Se infatti esso consiste nell’emissione di suoni simili ad un linguaggio come si può parlare di interpretazione di una o più lingue? Quindi, quando si sente dire ai Cattolici carismatici che parlano in altre lingue e che interpretano, occorre tener presente qual’è il reale insegnamento che viene loro dato a proposito del parlare in lingue e dell’interpretazione; insegnamento che si distacca profondamente da quello dato dall’apostolo Paolo. Certo, forse non tutti i carismatici cattolici accettano gli insegnamenti di Sullivan, ma rimane il fatto che molti li accettano e perciò non si attengono alla verità neppure in questo. State molto attenti fratelli, perché nell’ambiente carismatico cattolico c’è parecchia confusione, e molti termini biblici che usano non hanno per nulla il significato che gli è proprio.

La profezia è un parlare agli uomini da parte di Dio e quindi non un parlare lusinghevole che incoraggia le persone a rimanere attaccati all’idolatria e alla menzogna

Per quanto riguarda l’insegnamento sulla profezia esistente in seno al movimento carismatico cattolico, occorre dire che, prescindendo dal fatto che essi dicono che prima di essere pronunciata ha bisogno dell’avvertimento sonoro che è costituito dal (loro) ‘parlare in lingue’ (il che abbiamo visto non è qualcosa che corrisponde al vero), e quantunque esso abbia delle parti integre e delle parti confuse (per esempio talvolta la parola di sapienza e la parola di conoscenza vengono definite profezia), bisogna dire che se veramente quel parlare profetico presente nell’ambiente carismatico cattolico procedesse dallo Spirito Santo, certamente sarebbe pieno di esortazioni a fuggire l’idolatria presente nella chiesa cattolica, le superstizioni, e molte altre cose in abominio a Dio. Questo perché sappiamo che quando si manifesta il dono di profezia il popolo, se è dato al peccato e alla menzogna, verrà esortato dal Signore a tornare a lui e a fare frutti degni del ravvedimento. Per rendersi conto di ciò basta leggere i libri dell’Antico Testamento dove viene detto qual’era il messaggio dei profeti al popolo d’Israele quando questo correva dietro gli idoli muti. Alcuni esempi di profezie di questo genere chiariranno questo concetto: Isaia disse: "Costoro profondono l’oro dalla loro borsa, pesano l’argento nella bilancia; pagano un orefice perché ne faccia un dio per prostrarglisi dinanzi, per adorarlo. Se lo caricano sulle spalle, lo portano, lo mettono al suo posto, ed esso sta in piè, e non si muove dal suo posto; e benché uno gridi a lui, esso non risponde, né lo salva dalla sua distretta. Ricordatevi di questo, e mostratevi uomini! O trasgressori, rientrate in voi stessi!" (Is. 46:6-8). Geremia disse: "Come il ladro è confuso quand’è còlto sul fatto, così son confusi quelli della casa d’Israele: essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, i quali dicono al legno: ‘Tu sei mio padre’, e alla pietra: ‘Tu ci hai dato la vita!’. Poich’essi m’han voltato le spalle e non la faccia; ma nel tempo della loro sventura dicono: ‘Lèvati e salvaci!’. E dove sono i tuoi dèi che ti sei fatti? Si lèvino, se ti posson salvare nel tempo della tua sventura? Perché, o Giuda, tu hai tanti dèi quante città" (Ger. 2:26-28).

Non si possono dunque accettare come vere profezie quelle che inducono i carismatici cattolici a rimanere attaccati all’idolatria ed alla superstizione ed alle altre menzogne papiste? Non si può, perché in questo caso si dovrebbe arrivare alla conclusione che lo Spirito Santo non brama più alla gelosia i figliuoli di Dio, che rimane indifferente davanti all’idolatria a cui si dà il popolo di Dio, per cui essi possono continuare benissimo a fare ciò che è in abominio a Dio. Ecco perché noi definiamo quelle loro profezie delle false profezie in cui usano il nome del Signore per incoraggiare le persone a mantenersi attaccati all’idolatria e alla menzogna. In questo si può dire che coloro che tra loro profetizzano al popolo fanno quello che facevano i falsi profeti ai giorni antichi: "Dicono del continuo a quei che mi sprezzano: ‘L’Eterno ha detto: Avrete pace’; e a tutti quelli che camminano seguendo la caparbietà del proprio cuore: ‘Nessun male v’incoglierà" (Ger. 23:17). Possiamo anche dire che costoro se fossero veramente ispirati da Dio farebbero udire le parole di Dio ai carismatici cattolici, "e li avrebbero stornati dalla loro cattiva via e dalla malvagità delle loro azioni" (Ger. 23:22).

Nessuno s’inganni fratelli, perché lo Spirito di Dio quando ancora oggi sospinge qualcuno a profetizzare gli fa proclamare la verità che si può chiaramente leggere nella Scrittura; Egli non può quindi incoraggiare le persone a continuare a credere nel purgatorio, o nel potere di cancellare i peccati che avrebbe la cosiddetta acqua benedetta del prete, o nella transustanziazione, o nella messa come ripetizione del sacrificio di Cristo, o nell’intercessione di Maria e dei santi in cielo, o nel primato del cosiddetto papa sulla Chiesa universale, o nell’utilità delle cosiddette immagini e statue sacre che i Cattolici hanno un po’ da per tutto e a cui rendono il culto, ed in tutte le altre menzogne ed imposture papiste. Quel loro ‘così parla il Signore’ è dunque falso. Lo ripeto, nessuno di voi si lasci ingannare dall’apparenza.

Il ricorrere nella malattia esclusivamente al Signore per essere guariti è una semplice manifestazione della propria fiducia nella Parola di Dio

Come abbiamo visto, Sullivan ritiene che quando si è malati è una presunzione non ricorrere ad alcun aiuto medicinale per aspettarsi di essere guariti dal Signore; e si tenga presente che la presunzione secondo il dizionario della lingua italiana è ‘ogni giudizio dedotto da indizi incerti e non da prove sicure; esagerata opinione di sé; arroganza; tracotanza’. Ma è proprio come dice Sullivan? Ossia è veramente una presunzione nella malattia aspettare che il Signore ci guarisca senza ricorrere a nessuna medicina?

No, non è affatto presunzione. Perché? Perché il credente che rifiuta l’aiuto medico perché ha riposto tutta la sua fiducia nella potenza di Dio e vuole che sia Dio a guarirlo non fa altro che mettere in pratica la Parola di Dio e noi sappiamo che il mettere in pratica la Parola di Dio non è affatto una presunzione. Anzi possiamo dire che chi è presuntuoso non mette in pratica la Parola di Dio appunto perché è arrogante. Ma quale parola divina mette in pratica il credente non ricorrendo affatto a medici e medicine nella sua malattia, ma solo al Signore? Quella che dice: "Confidate in perpetuo nell’Eterno..." (Is. 26:4) e quella che dice: "Confidati in lui, ed egli opererà" (Sal. 37:5). Che farà quindi nella pratica il credente malato che aspetta che sia il Signore a ristabilirlo? Farà quello che dice di fare Giacomo nella sua epistola, chiamerà gli anziani della Chiesa, i quali pregheranno su di lui ungendolo d’olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede lo salverà e il Signore lo ristabilirà (cfr. Giac. 5:14-15). Egli non chiamerà i medici, ma gli anziani della Chiesa; si appoggerà anziché sulle medicine sul suo Dio; e non saranno le medicine a ristabilirlo ma sarà la sua fede nel Signore, e quindi una volta guarito non raccomanderà agli altri questa o quell’altra medicina, questo o quell’altro medico, ma indirizzerà i malati al Signore.

Termino questa parte ricordando una Scrittura dell’Antico Patto che ci mostra come Dio non si compiace di coloro che nella loro malattia ricorrono ai medici anziché a Lui. "Il trentanovesimo anno del suo regno, Asa ebbe una malattia ai piedi; la sua malattia fu gravissima; e, nondimeno, nella sua malattia non ricorse all’Eterno, ma ai medici" (2 Cron. 16:12). Beati coloro che nella malattia, come in qualsiasi altro bisogno, ricorrono al Signore, avendo fiducia che Lui li libererà dalla loro distretta.

Il cadere nello Spirito non è scritturale

Per quanto riguarda il pregare per gli ammalati occorre precisare che il cosiddetto ‘riposo nello Spirito’ di cui parla Sullivan, detto anche ‘il cadere nello Spirito’, non fa parte della manifestazione dello Spirito Santo, perché in effetti non è altro che una caduta prodotta dalla suggestione che taluni predicatori sanno esercitare sull’uditorio, e in molti casi da vere e proprie spinte di chi prega per gli ammalati (che solitamente è assistito da alcune persone addestrate a prendere dal di dietro chi viene spinto affinché cadendo non si faccia male). A sostegno del ‘cadere nello Spirito’ come essi lo chiamano, non ci sono conferme nella Scrittura perciò lo rigettiamo. Riteniamo comunque che in taluni casi gli uomini possano cadere a terra sotto la potenza di Dio perché questo è confermato dalla Parola di Dio.

 

CONCLUSIONE

Abbiamo visto che il movimento carismatico cattolico, quantunque parli del battesimo con lo Spirito, del parlare in lingue, della preghiera della guarigione ecc., continua ad essere un movimento ancorato alla tradizione cattolica romana. Quindi quando si incontrano gli aderenti a questo movimento bisogna annunciargli il ravvedimento dalle opere morte e la remissione dei peccati nel nome di Gesù Cristo. Nessuna alleanza è possibile con loro, nessuna comunione perché essi giacciono ancora nelle tenebre. Non illudetevi fratelli; non fatevi ingannare dall’apparenza o da quei pastori corrotti che collaborano con loro.

 

NOTE

[1] Adesso il suo nome è Chiesa Evangelica della Riconciliazione.

 

[2] Il Sullivan è professore emerito della facoltà di teologia all’Università Gregoriana di Roma, e attualmente insegna ecclesiologia al Boston College.

 

[3] Il termine tecnico glossolalia deriva da glossais lalein, una frase greca usata nel Nuovo Testamento che significa letteralmente ‘parlare in lingue’ (1 Cor. 12:30). Il termine glossa significa ‘lingua’ e laleo è il verbo ‘parlare’.

 

[4] Questa parola deriva dal greco charisma che significa ‘dono’ che viene usato nel Nuovo Testamento per indicare i doni dello Spirito Santo. "Poiché desidero vivamente di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale (charisma)" (Rom. 1:11); "...in guisa che non difettate d’alcun dono (charisma)" (1 Cor. 1:7).

 

[5] A conferma che per i carismatici cattolici (in virtù della loro dottrina sul battesimo e sulla cresima), il battesimo con lo Spirito Santo non ha lo stesso significato che gli diamo noi, voglio citare alcune parole di Serafino Falvo: ‘L’espressione ‘battesimo nello Spirito’ l’abbiamo mutuata dai Pentecostali fondamentalisti, i quali, non avendo una teologia sacramentaria, danno ad essa il significato di una vera e propria effusione dello Spirito Santo, successiva e distinta dalla rigenerazione. Per noi invece ha un significato differente, che, se non ben capito, potrebbe prestarsi ad essere equivocato. Comunque fino a quando non si troverà una frase teologicamente più precisa, anche noi cattolici continueremo a parlare di ‘battesimo nello Spirito’ (Serafino Falvo, L’ora dello Spirito Santo, Bari 1974, pag. 115). Attenzione dunque quando si sente parlare di battesimo con lo Spirito Santo ai carismatici, perché per loro questo battesimo lo hanno ricevuto col battesimo e con la cresima (nella cresima avverrebbe una nuova infusione di Spirito Santo più perfetta e più abbondante); quando invece essi si mettono ‘a parlare in lingue’ prendono semplicemente coscienza di qualcosa che essi avevano già ricevuto con quei loro sacramenti; in altre parole, prendono coscienza della potenza dello Spirito che già avevano ricevuto.

 

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