Capitolo 5

L’anima, l'ades, la geenna

 

L’ANIMA

La dottrina dei Testimoni di Geova

Charles Russell rigettava la dottrina che afferma che l’uomo ha in sé un’anima immortale; ecco cosa scrisse: ‘Non avendo afferrato il significato del termine ‘anima’ molti si prendono la libertà di adoperarlo a loro piacimento, trasponendo la dichiarazione biblica, per cui, in luogo di parlare dell’uomo come essendo un’anima, ne parlano come avente un’anima (...) Ma su qual fondamento si appoggia una teoria così stravagante? Noi rispondiamo: Nessuno, poiché trae origine dal fatto che l’uomo ha adottato la propria concezione di una vita futura ed ha rigettato la concezione del Piano di Dio’ (Charles Russell, op. cit., serie V, pag. 300,301), ed anche: ‘A coloro i quali pensano che la Bibbia è piena di espressioni quali: anima immortale, anima imperitura, anima non morente giammai, noi non possiamo dar altro consiglio migliore che quello di prendere una concordanza biblica, e cercarvi queste espressioni e delle altre della stessa importanza. Essi non ne troveranno alcuna’ (ibid., pag. 347). I Testimoni di Geova insegnano la medesima cosa riguardo all’anima. Essi dicono: ‘L’uomo è una combinazione di due cose, e cioè, della ‘polvere della terra’ e dell’alito vitale. L’insieme di queste due cose (o elementi) produce un’anima vivente o creatura chiamata uomo (...) Vediamo così che la pretesa dei religionisti che l’uomo abbia un’anima immortale, e differisca perciò dalle bestie, non è scritturale (...) Non c’è un solo testo nella Bibbia il quale affermi che l’anima umana sia immortale (...) Il fatto che l’anima umana è mortale può essere ampiamente dimostrato mediante un accurato studio delle Scritture’ (Sia Dio riconosciuto verace. pag. 59, 60, 61). Essi rigettano dunque la dottrina dell’immortalità dell’anima; per loro ‘il popolare insegnamento religioso dell’immortalità dell’anima non venne dalla Parola di Dio, ma dalla filosofia greca’ (La Torre di Guardia, 1 giugno 1977, pag. 332). Anzi, direttamente dal diavolo quando disse alla donna: "No, non morrete affatto..." (Gen. 3:4) . Ma allora per i Testimoni di Geova che cosa accade all’uomo quando muore? Avviene che ‘egli entra nell’incoscienza’ (Sia Dio riconosciuto verace, pag. 67), perché si addormenta in attesa di essere risvegliato alla risurrezione; egli non sa più nulla. Questa dottrina è chiamata ‘sonno dell’anima’, ma in effetti è più appropriato chiamarla ‘estinzione dell’anima’. Ma come fanno essi a sostenere questa dottrina sull’anima e sulla sua mortalità con le Scritture? In questa maniera. Essi ritengono che siccome che la Scrittura afferma che "l’Eterno Iddio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale, e l’uomo divenne un’anima vivente" (Gen. 2:7), il corpo dell’uomo sia appunto l’anima umana. A questa Scrittura poi hanno collegato quella che dice: "L’anima che pecca sarà quella che morrà" (Ez. 18:4), e quella che dice nell’Ecclesiaste: "Ma i morti non sanno nulla" (Ecc. 9:5) ed altre Scritture che parlano dei morti come di persone che dormono e hanno fatto la dottrina che dice che quando uno muore dorme, non sa più nulla e rimarrà in questo stato di incoscienza fino alla risurrezione.

Confutazione

L’essere umano è sì chiamato dalla Scrittura anche anima, ma la Scrittura insegna pure che l’essere umano ha un’anima immortale all’interno del corpo

Noi adesso mediante le Scritture dimostreremo che l’uomo è sì un’anima vivente ma ha anche un’anima che è immortale e non mortale come il suo corpo, che alla morte va in Paradiso se salva, ma nell’Ades se perduta, e perciò che l’uomo non cessa di esistere spiritualmente quando muore. Ora, la sacra Scrittura chiama le persone anche anime e questi passi lo confermano:

Ÿ "E gli Israeliti batteron lui, coi suoi figliuoli e con tutto il suo popolo, in guisa che non gli rimase più anima viva.." (Num. 21:35);

Ÿ "E i figliuoli d’Israele si tennero per sé tutto il bottino di quelle città e il bestiame, ma misero a fil di spada tutti gli uomini fino al loro completo sterminio, senza lasciare anima viva" (Gios. 11:14);

Ÿ "E ogni anima era presa da timore..." (Atti 2:43);

Ÿ "E Giuseppe mandò a chiamare Giacobbe suo padre, e tutto il suo parentado, che era di settantacinque anime" (Atti 7:14);

Ÿ "La pazienza di Dio aspettava, ai giorni di Noè, mentre si preparava l’arca; nella quale poche anime, cioè otto, furon salvate tra mezzo all’acqua" (1 Piet. 3:20).

Ma la stessa Scrittura insegna chiaramente che l’anima non é il corpo, e il corpo non é l’anima; e che quando il corpo di una persona muore la sua anima si diparte, e, se é un figliuolo di Dio va ad abitare con il Signore in cielo, se no discende nel soggiorno dei morti dove c’é un fuoco non attizzato da mano d’uomo e dove c’é il pianto e lo stridore dei denti. Vediamo innanzi tutto dei passi che attestano che l’anima non é il corpo dell’uomo e che alla morte dell’individuo essa esce dal corpo.

Ÿ A proposito del parto che Rachele ebbe quando nacque Beniamino è scritto: "Essa ebbe un duro parto; e mentre penava a partorire, la levatrice le disse: ‘Non temere, perché eccoti un altro figliuolo’. E com’ella stava per render l’anima (perché morì), pose nome al bimbo Ben-Oni" (Gen. 35:16-18). Da questo passo si comprende che ella rese l’anima quando morì.

Ÿ Nel libro delle Lamentazioni è scritto: "Essi chiedevano alle loro madri: Dov’è il pane, dov’è il vino?....’ e intanto venivano meno come de’ feriti a morte nelle piazze della città, e rendevano l’anima sul seno delle madri loro" (Lam. 2:12). Quando Gerusalemme fu assediata dall’esercito dei Caldei, molti bambini morirono di fame e di sete, rendendo la loro anima sul seno delle loro madri.

Ÿ Quando il profeta Elia pregò Dio affinché risuscitasse il bambino morto alla vedova di cui lui era ospite, disse: "O Eterno, Iddio mio, torni ti prego, l’anima di questo fanciullo in lui! E l’Eterno esaudì la voce d’Elia: l’anima del fanciullo tornò in lui, ed ei fu reso alla vita" (1 Re 17:21-22). Come potete vedere Elia credeva che nel corpo di un essere umano vi era un anima, e che affinché un morto tornasse in vita era necessario che Dio gli facesse tornare l’anima in lui.

Ÿ Lo stesso Elia, quando nel deserto espresse il desiderio di morire, disse a Dio: "Basta! Prendi ora, o Eterno, l’anima mia, poiché io non valgo meglio de’ miei padri!" (1 Re 19:4); il che sta a dimostrare che lui credeva di avere un’anima nel suo corpo ed anche che quando si muore Dio fa uscire l’anima dal corpo dell’uomo.

Ÿ A proposito della resurrezione del Cristo, Davide disse: "Tu non lascerai l’anima mia nell’Ades..." (Atti 2:27): e noi sappiamo che l’Ades é il soggiorno dei morti dove c’é il fuoco che arde perché del ricco è scritto che morì e "fu seppellito. E nell’Ades, essendo ne’ tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché son tormentato in questa fiamma" (Luca 16:22-24). Quindi, quando Cristo morì sulla croce avvenne che l’anima sua uscì dal suo corpo e discese nel soggiorno dei morti, mentre per ciò che concerne il suo corpo, esso fu posto in un sepolcro da Giuseppe di Arimatea.

Ÿ Quando a Troas quel giovinetto Eutico sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano è scritto che "fu levato morto. Ma Paolo, sceso a basso, si buttò su di lui, e abbracciatolo, disse: Non fate tanto strepito, perché l’anima sua é in lui... Il ragazzo poi fu ricondotto vivo, ed essi ne furono oltre modo consolati" (Atti 20:9-10,12). In questo caso quel ragazzo fu levato morto, ma la sua anima per volere di Dio rimase in lui per breve tempo senza dipartirsi, infatti Paolo disse ai fratelli che l’anima del ragazzo era in lui. Come potete vedere pure Paolo credeva che l’anima non é il corpo, ma una parte del nostro essere che si trova dentro il corpo.

Ÿ Nel libro di Giobbe è scritto: "Quale speranza rimane mai all’empio quando Iddio gli toglie, gli rapisce l’anima?" (Giob. 27:8). Anche da queste parole si comprende che l’anima non è il corpo perché é dentro il corpo. A conferma di questo passo in Giobbe vi ricordo la storia del ricco e di Lazzaro in cui viene detto che quando il ricco morì fu seppellito e nell’Ades, essendo nei tormenti, vide da lontano Abramo e Lazzaro; ma per lui non ci fu più alcuna speranza di salvezza (cfr. Luca 16:19-31).

Ÿ Gesù disse ad uno dei ladroni che erano in croce: "Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso" (Luca 23:43), facendogli chiaramente capire che in quello stesso giorno, quando lui sarebbe morto, lui sarebbe andato in paradiso. Così quell’uomo in quello stesso giorno appena spirò andò ad abitare nel paradiso, il che equivale a dire che egli continuò a vivere ma in un’altra dimensione e in un altro luogo. Quindi se quell’uomo non avesse avuto un anima nel suo corpo, come avrebbe potuto andare in paradiso in quello stesso giorno? Per certo non ci andò col corpo, perché esso rimase sulla terra, ma ci andò con l’anima immortale che era in lui e che non poté essere uccisa.

Ÿ Gesù disse ai Sadducei che negavano la risurrezione: "Or Egli non é un Dio di morti, ma di viventi; poiché per lui vivono tutti" (Luca 20:38), facendo chiaramente capire che coloro che muoiono in fede, muoiono quanto alla carne, ma continuano a vivere per il Signore e perciò sono viventi. Quando noi dunque oggi diciamo che l’Iddio che serviamo é l’Iddio d’Abramo, l’Iddio di Isacco e l’Iddio di Giacobbe, facciamo bene, perché Dio stesso disse a Mosè: "Tale é il mio nome in perpetuo, tale la mia designazione per tutte le generazioni" (Es. 3:15); ma é chiaro che per essere il loro Dio essi devono vivere in qualche luogo. Ora, dopo tutti questi secoli che sono passati dalla loro morte, possiamo dire che i loro corpi sono tornati in polvere, ma certamente non possiamo dire che con la loro morte essi hanno cessato di esistere del tutto, e questo perché Dio, dopo tutti questi secoli, non si vergogna di essere chiamato il loro Dio. Che cosa esiste quindi dei patriarchi se il loro corpo si è decomposto e tornato in polvere? Le loro anime immortali. Il Vivente é l’Iddio di coloro che vivono. Ma dove vivono essi? Essi vivono con le loro anime nel regno dei cieli. Mentre erano viventi sulla terra confessarono di essere pellegrini e forestieri sulla terra, dimostrando che essi cercavano una patria, quella celeste, che era di gran lunga migliore di quella dalla quale eran usciti. La questione é che mentre per Dio vivono tutti coloro che muoiono nel Signore, per i Testimoni di Geova non vive nessuno di quelli che muoiono nel Signore (tranne - in base ad una strana dottrina - quelli che rimangono tra i 144.000 che quando muoiono vengono dotati di un ‘corpo spirituale’ ed entrano in cielo), e questo perché secondo loro l’anima essendo il corpo viene seppellita nella tomba! Come errano grandemente per mancanza di conoscenza!

Ÿ Paolo dice ai Romani: "Sia dunque che viviamo o che moriamo, noi siamo del Signore" (Rom. 14:8). Questo significa che noi apparteniamo a Cristo e siamo nella sua mano sia mentre abitiamo in questo corpo e sia quando ce ne dipartiremo. Questo perché neppure la morte ci può separare dall’amore di Dio che è in Cristo; no neppure la morte. E difatti Gesù ha detto delle sue pecore: "Nessuno le rapirà dalla mia mano" (Giov. 10:28). Ora, se con la morte si estinguesse del tutto una persona, ossia se nell’uomo non ci fosse un anima immortale, come si potrebbe affermare che noi quando moriremo apparterremo ancora a Cristo e saremo ancora nella sua mano? Non potremmo perché dovremmo dire che la morte riuscirà a toglierci dalla sua mano! Ma noi invece sappiamo che "i giusti e i savi e le loro opere sono nelle mani di Dio" (Ecc. 9:1).

Ÿ Nel libro della Rivelazione, Giovanni dice di avere visto le anime di coloro che erano stati uccisi per la Parola di Dio i quali tornarono in vita infatti ha scritto: "E vidi le anime di quelli che erano stati decollati per la testimonianza di Gesù e per la parola di Dio, e di quelli che non aveano adorata la bestia né la sua immagine, e non avevano preso il marchio sulla loro fronte e sulla loro mano; ed essi tornarono in vita, e regnarono con Cristo mille anni" (Ap. 20:4). Notate che Giovanni dice di avere visto prima le anime di coloro che erano stati uccisi a motivo della parola di Dio e poi che essi tornarono in vita; naturalmente tornarono a vivere con un corpo risuscitato, ma nel frattempo, cioè tra la loro morte e la loro risurrezione avevano continuato a vivere ma solo con la loro anima difatti Giovanni vide le loro anime. Anche queste parole di Giovanni attestano l’esistenza dell’anima e la sua immortalità.

Ÿ Nel Vangelo scritto da Matteo troviamo scritto che un giorno Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse sopra un alto monte sul quale egli fu trasfigurato e quando la sua faccia risplendé come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce "apparvero loro Mosè ed Elia, che stavan conversando con lui" (Matt. 17:3). Ora, la Scrittura dice a proposito di Mosè che egli morì e fu seppellito da Dio infatti è scritto nella legge: "Mosè, servo dell’Eterno, morì quivi, nel paese di Moab, come l’Eterno avea comandato. E l’Eterno lo seppellì nella valle, nel paese di Moab, dirimpetto a Beth-Peor" (Deut. 34:5-6); notate che c’é scritto che egli morì e fu seppellito, quindi nessuno può dire che il suo corpo non sia stato seppellito. A conferma che Mosè morì veramente ci sono le parole di Giuda che dice che l’arcangelo Michele "contendendo col diavolo, disputava circa il corpo di Mosè" (Giuda 9). Ma allora se il corpo di Mosè era l’anima di Mosè, ovvero se quando morì Mosè morì anche l’anima di Mosè, chi era colui che apparve assieme ad Elia sul monte santo e che i discepoli videro e udirono? Non è forse anche questa un’ulteriore conferma che l’anima non è il corpo ed il corpo non è l’anima? Non è questa una chiara conferma che mostra come dopo morti l’anima dell’uomo che è in lui si diparte dal suo corpo e continua a vivere? Quindi noi possiamo dire che Pietro, Giacomo e Giovanni videro l’anima di Mosè, sì perché l’anima di lui non era morta e non era stata seppellita (come invece lo fu il suo corpo) appunto perché l’anima del mortale è immortale.

Ÿ Gesù ha detto: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima: temete piuttosto colui che può far perire e l’anima e il corpo nella geenna" (Matt. 10:28). L’anima quindi non è il corpo dell’uomo perché se così fosse Gesù non avrebbe parlato in questa maniera. Infatti, se uccidere il corpo di una persona significa implicitamente uccidere l’anima, Gesù non avrebbe detto che il corpo si può uccidere ma l’anima no! L’anima quindi, a differenza del corpo, non può essere uccisa; però può essere fatta perire nella geenna (il fuoco inestinguibile) assieme al corpo. A proposito di queste parole di Gesù che i Testimoni di Geova non hanno potuto manipolare è da notare la spiegazione che essi ne danno: ‘Il punto essenziale di questo testo ha lo scopo di farci conoscere che si deve temere Iddio, perché egli è in grado di distruggere non solamente il corpo (la presente vita) ma anche la vita futura. La distruzione nella Geenna alla quale si fa qui riferimento significa la morte dalla quale non v’è risurrezione ad una vita futura come anima’ (Sia Dio riconosciuto verace, pag. 63). Che vogliono dire con questo? Che Dio può fare tornare alla non esistenza una persona sia durante la sua vita presente che - come vedremo in appresso - durante la sua vita sulla terra paradisiaca nel millennio a venire se questa dopo essere ‘risuscitata’ non si vorrà conformare alle leggi di Dio! Come avete ben capito i Testimoni di Geova, come al loro solito, hanno dato a delle parole di Gesù un significato che esse non hanno. Sono così chiare le parole di Gesù e loro con la loro astuzia le oscurano!

Vediamo ora alcune Scritture che attestano che alla morte l’anima del peccatore va nell’Ades, mentre quella del giusto in cielo.

Ÿ Gesù disse: "Or v’era un uomo ricco, il quale vestiva porpora e bisso, ed ogni giorno godeva splendidamente; e v’era un pover’uomo chiamato Lazzaro, che giaceva alla porta di lui, pieno d’ulceri, e bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco; anzi perfino venivano i cani a leccargli le ulceri. Or avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno d’Abramo; morì anche il ricco, e fu seppellito. E nell’Ades, essendo ne’ tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché son tormentato in questa fiamma" (Luca 16:19-24). Come potete vedere quest’uomo ricco, dopo che morì, si ritrovò nell’Ades, nei tormenti, e questo perché mentre era in vita non aveva voluto dare ascolto alla legge di Mosè. Vedremo in appresso quale assurdo significato danno i Testimoni di Geova a questa storia per sostenere che con la morte finisce tutto.

Ÿ Nel libro della Rivelazione è scritto: "E quando ebbe aperto il quinto suggello, io vidi sotto l’altare le anime di quelli ch’erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa; e gridarono con gran voce, dicendo: Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?" (Ap. 6:9-10). Giovanni vide le anime di un certo numero di credenti che erano stati uccisi a motivo della Parola di Dio, e le vide presso l’altare che é nel cielo davanti a Dio. Notate che quelle anime erano in grado di gridare a gran voce, di ricordare che erano stati uccisi e da chi erano stati uccisi. Come potete vedere l’espressione "le anime di quelli ch’erano stati uccisi" (Ap. 6:9) dimostra sia che l’anima di una persona non è la persona stessa cioè il suo corpo, ma qualcosa di diverso dal suo corpo, e poi che l’anima a differenza del corpo non può essere uccisa come ha detto Gesù. Anche in questo caso i Testimoni di Geova non avendo potuto manomettere le suddette parole hanno dato loro la seguente spiegazione: le anime sono membri della classe dei 144.000 mentre la veste bianca rappresenta la risurrezione spirituale che essi hanno sperimentato nel 1918 dopo che Gesù ha assunto il regno! Questa spiegazione è fantasiosa e priva di ogni fondamento scritturale. Stando così le cose vogliamo però fare alcune domande ai Testimoni di Geova. Se la veste bianca fu loro data dopo che essi furono sentiti gridare chi erano coloro che gridarono prima di ricevere la veste bianca (‘prima di risuscitare nel 1918’) se anche loro sulla terra non potevano avere un’anima? In altre parole, se la veste bianca fu loro data dopo che ebbero gridato, cioè se ‘risuscitarono spiritualmente’ nel 1918 dopo avere gridato, e tra la loro morte e la ‘risurrezione spirituale’ avvenuta nel 1918 quella parte dei 144.000 non esistevano perché non avevano un anima, come facevano a gridare in questo periodo di inesistenza? Ma non vi rendete conto dell’assurdità di questa vostra spiegazione alle parole di Giovanni? Ma non vi rendete conto in quale contraddizione cadete parlando in quella maniera?

L’anima che é nell’uomo fa e sperimenta tante cose sulla terra

L’anima nostra che é in noi fratelli, fa diverse cose ed è in grado di sperimentare diverse cose, e queste Scritture dicono che cosa.

Ÿ Nel Salmo quarantaduesimo é scritto: "Come la cerva agogna i rivi dell’acque, così l’anima mia agogna te, o Dio. L’anima mia é assetata di Dio, dell’Iddio vivente... Perché t’abbatti anima mia? perché ti commuovi in me? Spera in Dio... L’anima mia é abbattuta in me" (Sal. 42:1-2,5,6).

Ÿ Nel centotrentesimo Salmo è scritto: "Io aspetto l’Eterno, l’anima mia l’aspetta... L’anima mia anela al Signore" (Sal. 130:5-6).

Ÿ Isaia disse: "Al tuo nome, al tuo ricordo anela l’anima nostra. Con l’anima mia ti desidero, durante la notte" (Is. 26:8-9).

Ÿ Davide dice: "Benedici, anima mia, l’Eterno, e non dimenticare alcuno de’ suoi beneficî" (Sal. 103:2), ed anche: "Quale é il bimbo divezzato, tale é in me l’anima mia" (Sal. 131:2).

Ÿ Maria disse: "L’anima mia magnifica il Signore.." (Luca 1:46).

Ÿ Di coloro che si erano ribellati prima di invocare Dio è scritto: "Degli stolti erano afflitti per la loro condotta ribelle e per le loro iniquità. L’anima loro abborriva ogni cibo..." (Sal. 107:17-18).

Ÿ Di coloro che sulle navi vedono le onde del mare sollevarsi è scritto che "l’anima loro si strugge per l’angoscia" (Sal. 107:26).

Ÿ Nel centodiciannovesimo Salmo é scritto: "L’anima mia si strugge dalla brama che ha dei tuoi giudizi in ogni tempo... L’anima mia vien meno bramando la tua salvezza... Le tue testimonianze sono maravigliose; perciò l’anima mia le osserva... L’anima mia ha osservato le tue testimonianze... L’anima mia viva, ed essa ti loderà" (Sal. 119:20,81,129,167,175).

Ÿ Gesù, nel Getsemani, disse ai suoi: "L’anima mia é oppressa da tristezza mortale..." (Matt. 26:38).

Ÿ Pietro dice: "Diletti, io v’esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dalle carnali concupiscenze, che guerreggiano contro l’anima" (1 Piet. 2:11).

Ora, come potete vedere la nostra anima é in grado di fare molte cose mentre é in questo nostro corpo, tra cui ricordare, desiderare, aspettare il Signore, sperare nel Signore, anelare al Signore, benedirlo, lodarlo, osservare le sue testimonianze; essa può anche struggersi, può essere abbattuta, può essere oppressa da tristezza, ed infine essa viene combattuta dalla carne.

L’anima può essere guadagnata o perduta

Vediamo ora delle Scritture che attestano che l’uomo può o guadagnare o perdere l’anima sua.

Pietro dice: "Nel quale credendo, benché ora non lo vediate, voi gioite d’un’allegrezza ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede: la salvezza delle anime" (1 Piet. 1:8-9). L’anima di coloro che sono nella verità é al sicuro, cioè é salvata; coloro che hanno creduto sanno che l’anima loro, mediante la fede, é custodita dalla potenza di Dio, e nel momento in cui essi moriranno sarà rapita e presa dal Signore nel suo regno celeste. Essa sarà dunque salvata dal fuoco dell’inferno.

Paolo, in prossimità della sua dipartenza, disse a Timoteo: "Il Signore mi libererà da ogni mala azione e mi salverà nel suo regno celeste" (2 Tim. 4:18); perché era convinto che quando sarebbe morto l’anima sua sarebbe scampata al fuoco dell’Ades e sarebbe andata nel regno dei cieli.

Gesù disse: "Io son la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai" (Giov. 11:25-26). Nelle suddette parole di Gesù é l’anima del credente che "vivrà", anche se egli muore quanto alla carne. Noi figliuoli di Dio dunque, credendo nel Figliuolo di Dio fino alla fine, otterremo la salvezza delle anime (come dice Pietro), appunto perché essa quando si dipartirà dal corpo sarà salvata dal Signore nel suo regno celeste, scampando così prima al fuoco dell’Ades, e poi a quello dello stagno ardente di fuoco e di zolfo.

Giacomo ha detto: "Deposta ogni lordura e resto di malizia, ricevete con mansuetudine la Parola che é stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre" (Giac. 1:21). Questo significa che se noi facciamo dimorare in noi quello che abbiamo udito dal principio, la Parola che dimora in noi salverà le anime nostre. Ma da che cosa? Dal fuoco dell’Ades prima, e dalla morte seconda poi infatti voi non dovete dimenticare che Gesù ha detto che Dio può "far perire e l’anima e il corpo nella geenna" (Matt. 10:28).

Sempre Giacomo ha detto alla fine della sua epistola: "Fratelli miei, se qualcuno fra voi si svia dalla verità e uno lo converte, sappia colui che chi converte un peccatore dall’error della sua via salverà l’anima di lui dalla morte e coprirà moltitudine di peccati" (Giac. 5:19-20). Da queste parole vediamo come chi si svia dalla verità (come anche chi non ha mai conosciuto la verità) non possiede l’anima sua al sicuro perché se muore essa va in perdizione, ma se un credente lo converte egli salverà la sua anima dalla perdizione eterna.

Se da un lato le anime di noi che abbiamo creduto sono salvate e saranno salvate dalla morte se rimarremo nella fede e nella verità fino alla fine, dall’altro le anime di coloro che sono schiavi del peccato sono perdute e, se essi non si ravvederanno, quando moriranno se ne andranno in perdizione secondo che è scritto: "E che gioverà egli a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l’anima sua?" (Matt. 16:26).

Per riassumere diciamo quindi questo: sulla terra ci sono due categorie di persone. Quelle che perdono la loro anima e quelle che la guadagnano. Le prime sono quelle che non si convertono perché si vergognano del Vangelo e vogliono persistere a servire il peccato; Gesù si riferì a loro quando disse: "Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà" (Matt. 16:25), e: "Chi ama la sua vita, la perde" (Giov. 12:25). Le seconde sono quelle che hanno rinunziato a loro stesse ed hanno preso la loro croce per mettersi a seguire Gesù, e per questo sono sicure che quando moriranno avranno salva l’anima loro; a loro fece riferimento Gesù quando disse: "Chi perderà la sua vita per amor di me e del Vangelo, la salverà" (Mar. 8:35), ed anche: "Chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà in vita eterna" (Giov. 12:25).

Noi, per la grazia di Dio siamo tra quest’ultime, e vogliamo rimanerci fino alla fine dei nostri giorni perché sappiamo che se perseveriamo nella fede fino alla fine guadagneremo l’anima nostra secondo che é scritto: "Con la vostra perseveranza guadagnerete le anime vostre" (Luca 21:19), ma se ci tiriamo indietro andremo in perdizione assieme agli empi secondo che è scritto: "Il mio giusto vivrà per fede; e se si trae indietro, l’anima mia non lo gradisce" (Ebr. 10:38). Sì, vogliamo rimanere tra coloro che serbano la fede "per salvar l’anima" (Ebr. 10:39).

Quando la Scrittura dice che i morti dormono non intende dire che essi sono in uno stato di incoscienza

Come abbiamo visto prima i Testimoni di Geova per sostenere che con la morte l’uomo finisce del tutto di vivere prendono alcuni passi della Scrittura. Ora, questi passi della Scrittura che essi prendono sono retti in se stessi, ma é l’interpretazione che viene data loro che non é retta. Perché? Perché, come abbiamo già visto, vi sono molte altre Scritture che affermano che l’anima è una parte dell’essere diversa dal corpo e che essa quando l’uomo muore si diparte dal corpo e va a dimorare - in attesa della risurrezione - o nel cielo o nell’Ades a secondo che la persona muore in Cristo o no. Abbiamo dimostrato prima che la Scrittura insegna che esiste una netta distinzione tra il corpo e l’anima; vediamo adesso di spiegare innanzi tutto questo addormentarsi dell’uomo (anima vivente) in relazione alla sua morte. Nelle Scritture vi sono molti passi che descrivono il morire come un addormentarsi ed i morti come persone che dormono; ve ne cito alcuni.

Ÿ "E Davide s’addormentò coi suoi padri, e fu sepolto nella città di Davide" (1 Re 2:10);

Ÿ "Poi Salomone s’addormentò coi suoi padri, e fu sepolto nella città di Davide suo padre.." (1 Re 11:43);

Ÿ "E lapidavano Stefano che invocava Gesù e diceva: Signor Gesù, ricevi il mio spirito. Poi, postosi in ginocchio, gridò ad alta voce: Signore, non imputar loro questo peccato. E detto questo si addormentò" (Atti 7:59-60);

Ÿ "E se Cristo non é risuscitato, vana é la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che dormono in Cristo, son dunque periti" (1 Cor. 15:17-18);

Ÿ "Or, fratelli, non vogliamo che siate in ignoranza circa quelli che dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza. Poiché, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, così pure, quelli che si sono addormentati, Iddio, per mezzo di Gesù, li ricondurrà con esso lui" (1 Tess. 4:13-14).

Come potete vedere i morti sono delle persone che dormono, e per ulteriore conferma citiamo le parole di Gesù attorno a Lazzaro ed alla figlia di Iairo che erano ambedue morti prima che Gesù li risuscitasse.

Ÿ Di Lazzaro Gesù disse ai suoi discepoli: "Il nostro amico Lazzaro s’é addormentato; ma io vado a svegliarlo. Perciò i discepoli gli dissero: Signore, s’egli dorme, sarà salvo. Or Gesù avea parlato della morte di lui; ma essi pensarono che avesse parlato del dormir del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: Lazzaro é morto; e per voi mi rallegro di non essere stato là, affinché crediate; ma ora, andiamo a lui!" (Giov. 11:11-15). Come potete vedere Gesù parlò di un morto come di una persona che si era addormentata, e della sua risurrezione come di un risveglio dal sonno.

Ÿ Della figlia di Iairo Gesù disse a coloro che piangevano e facevano cordoglio per lei: "Non piangete; ella non é morta, ma dorme. E si ridevano di lui, sapendo ch’era morta. Ma egli, presala per la mano, disse ad alta voce: Fanciulla, levati! E lo spirito di lei tornò..." (Luca 8:49-55). Questa fanciulla era veramente morta perché lo spirito s’era dipartito dal suo corpo ma Gesù disse di lei che dormiva.

E’ necessario dunque dire che è giusto affermare che coloro che sono morti dormono perché questa è la verità, ma è altresì necessario ribadire con forza che è il corpo dei morti che dorme ma non la loro anima perché se fosse così la Scrittura sarebbe annullata. E adesso dimostreremo con degli esempi scritturali che le cose stanno così.

Prendiamo per cominciare l’esempio d’Abramo. E’ scritto del patriarca che "spirò in prospera vecchiezza, attempato e sazio di giorni, e fu riunito al suo popolo. E Isacco e Ismaele, suoi figliuoli, lo seppellirono nella spelonca di Macpela nel campo di Efron..." (Gen. 25:8-9); quindi lui morì e fu sepolto. Più di mille anni dopo Gesù raccontò una storia nella quale è detto che un ricco morì, fu seppellito, ed essendo nell’Ades nei tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo il quale gli parlò pure. Ora, se l’anima di Abramo fosse stata il suo corpo, Abramo non avrebbe potuto trovarsi - nel mondo invisibile - in quel luogo di conforto che era visibile dall’Ades dove c’erano i tormenti. Come potete vedere se da un lato possiamo dire che Abramo all’età di centosettantacinque anni si addormentò coi suoi padri, dall’altro non possiamo dire che egli, quando morì, entrò in uno stato di incoscienza e che ci rimarrà fino alla risurrezione. Il nostro Dio é anche l’Iddio di Abramo e siccome é l’Iddio dei viventi, pure Abramo vive nel mondo invisibile e precisamente nel paradiso di Dio. Il nostro Dio non é l’Iddio degli addormentati, ma dei viventi perché, come disse Gesù, "per lui vivono tutti" (Luca 20:38).

Prendiamo ora anche l’esempio di Samuele per confermare che l’anima non dorme perché non é il corpo. E’ scritto che Samuele "morì, e tutto Israele si radunò e ne fece cordoglio; e lo seppellirono nella sua proprietà, a Rama" (1 Sam. 25:1). Ora, poco dopo la sua morte, Saul si trovò a dovere fronteggiare l’esercito dei Filistei, e consultò l’Eterno, ma Dio non gli rispose; allora lui andò a consultare una evocatrice di spiriti e si fece chiamare Samuele. Quella donna (con il permesso di Dio) fece salire Samuele e disse a Saul: "Vedo un essere sovrumano che esce di sotto terra. Ed egli a lei: Che forma ha? Ella rispose: E’ un vecchio che sale, ed é avvolto in un mantello’. Allora Saul comprese ch’era Samuele, si chinò con la faccia a terra e gli si prostrò dinanzi. E Samuele disse a Saul: Perché mi hai tu disturbato, facendomi salire?..." (1 Sam. 28:13-15), e poi gli disse delle cose che si verificarono il giorno dopo.

Ed oltre all’esempio di Abramo e di Samuele, prendiamo anche l’esempio di Gesù che la Scrittura dice che quando morì, nello spirito "andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furon ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, ai giorni di Noè" (1 Piet. 3:19-20); e l’esempio di Mosè che più di mille anni dopo essere morto apparve assieme ad Elia sul monte santo e si mise a conversare con Gesù (cfr. Matt. 17:1-4); e l’esempio delle anime di coloro che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che avevano resa che Giovanni vide sotto l’altare di Dio in cielo, e che, come dice l’apostolo, "gridarono con gran voce, dicendo: Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?" (Ap. 6:10); ed infine anche l’esempio del ricco che dopo che morì si ritrovò nell’Ades nei tormenti e si mise a supplicare Abramo affinché avesse pietà di lui e mandasse Lazzaro ad avvertire i suoi cinque fratelli (cfr. Luca 16:22-31).

Da tutti questi esempi si apprende in maniera chiara che coloro che sono morti vivono nel mondo invisibile e sono in grado di ricordare, di parlare con senno, di vedere e di ascoltare quello che avviene dove essi si trovano. Essi dunque non si trovano affatto in uno stato di incoscienza.

Gli errori di interpretazione di alcuni passi della Scrittura che parlano dell’anima che compiono sia i Testimoni di Geova che gli Avventisti che anche molti altri ci servono d’esempio; voglio dire che ci fanno capire, per l’ennesima volta, che la parola di verità deve essere tagliata rettamente per non inventare una falsa dottrina e per non essere confusi dalla stessa Parola di Dio.

Coloro che muoiono in Cristo vanno ad abitare con il Signore in cielo

Fratelli, voglio ribadire con forza che quando un credente muore, egli muore quanto alla carne, ma la sua anima si diparte dal suo corpo e va ad abitare col Signore nei luoghi altissimi, pienamente cosciente, quindi in uno stato di perfetta lucidità mentale. Vi sono diverse Scritture che attestano che quando si muore nel Signore si va ad abitare con il Signore nel Regno di Dio, dove la gloria di Dio illumina tutto e tutti, dove Dio fa regnare la pace, e dove tutto è splendore e magnificenza. Ecco quali sono queste Scritture.

Ÿ Paolo scrisse ai Corinzi: "Noi sappiamo infatti che se questa tenda ch’è la nostra dimora terrena viene disfatta, noi abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli" (2 Cor. 5:1). Quindi noi credenti abbiamo una casa eterna lassù nei cieli, il cui architetto e costruttore è Dio stesso, perché essa non è stata fatta da mano d’uomo come invece un qualsiasi edificio sulla terra. In questa casa vanno a dimorare coloro che muoiono nella fede, sin dal primo giorno della loro dipartenza, anzi sin dai primi momenti che seguono l’esalazione dell’anima, perché l’ascesa in cielo avviene nello spazio di un breve tempo. Gli apostoli avevano il desiderio di dipartirsi dal corpo ed andare ad abitare con il Signore, infatti Paolo scrisse ai Corinzi: "Noi siamo dunque sempre pieni di fiducia, e sappiamo che mentre abitiamo nel corpo, siamo assenti dal Signore (poiché camminiamo per fede e non per visione); ma siamo pieni di fiducia e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d’abitare col Signore" (2 Cor. 5:6-8), ed ai Filippesi: "Io sono stretto dai due lati: ho il desiderio di partire e d’esser con Cristo, perché è cosa di gran lunga migliore; ma il mio rimanere nella carne è più necessario per voi" (Fil. 1:23-24). Anche noi abbiamo lo stesso desiderio che avevano Paolo ed i suoi collaboratori, perché sappiamo che con il Signore lassù nel cielo si sta meglio. Certo, è una cosa meravigliosa vivere con il Signore sulla terra, ma è ancora migliore la vita che si va a vivere con il Signore nel suo regno celeste.

Ÿ L’apostolo Pietro nella sua seconda epistola disse: "So che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come il Signore nostro Gesù Cristo me lo ha dichiarato. Ma mi studierò di far sì che dopo la mia dipartenza abbiate sempre modo di ricordarvi di queste cose" (2 Piet. 1:14-15). L’apostolo sapeva che presto sarebbe morto e sarebbe andato ad abitare col Signore in cielo, e parlava della sua morte come di una dipartenza dal suo corpo infatti disse che presto avrebbe lasciato la sua tenda. Ora, se la morte viene chiamata dipartenza vuole dire che c’è qualcosa nel corpo che parte dal corpo quando esso muore, altrimenti non ci sarebbe bisogno di chiamarla dipartenza. E noi sappiamo che questo qualcosa è l’anima che è nell’uomo.

Ÿ Giovanni, nella visione che ebbe sull’isola di Patmo, vide, tra le altre cose, le anime dei credenti che erano stati messi a morte sulla terra. Egli disse: "Io vidi sotto l’altare le anime di quelli ch’erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che aveano resa; e gridarono con gran voce, dicendo: Fino a quando, o nostro Signore che sei santo e verace, non fai tu giudicio e non vendichi il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra? E a ciascun d’essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po’ di tempo, finché fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli, che hanno ad essere uccisi come loro" (Ap. 6:9-11). Leggendo le suddette parole di Giovanni si comprende chiaramente come coloro che muoiono in Cristo vanno nel cielo, e là ci stanno pienamente coscienti; e inoltre non si può non riconoscere che Gesù ha detto il vero quando disse: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima" (Matt. 10:28), perché quelle che vide Giovanni erano le anime di quelli che erano stati uccisi a motivo del nome di Cristo.

Ÿ Sempre nel libro dell’Apocalisse Giovanni dice: "E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono" (Ap. 14:13). Perché dunque sono beati i morti che muoiono in Cristo? Perché si riposano. E dove si riposano? In cielo infatti poco prima Giovanni ha detto di avere visto, in cielo, sotto l’altare le anime di coloro che erano stati uccisi a motivo della Parola e della testimonianza che avevano resa, le quali gridavano chiedendo a Dio di fargli giustizia, e ad esse fu detto "che si riposassero ancora un po’ di tempo, finché fosse completo il numero dei loro conservi e dei loro fratelli, che hanno ad essere uccisi come loro" (Ap. 6:11). Notate che da quello che gli fu detto quelle anime stavano già riposandosi, ma gli fu detto di riposarsi ancora un po’ di tempo fino ad un certo tempo. Dunque si deve dire assieme allo scrittore agli Ebrei che "chi entra nel riposo di Lui si riposa anch’egli dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue" (Ebr. 4:10). Gloria a Dio in eterno. Amen. Ma vogliamo pure dire qualcosa a riguardo di coloro che non muoiono in Cristo. Essi non sono beati perché non si riposano affatto essendo che vanno nelle fiamme dell’Ades dove non hanno requie alcuna. Potrebbe esserci mai riposo in un posto di tormento, orribile, dove centinaia e centinaia di milioni di anime piangono e stridono i denti a motivo dei dolori atroci che vi patiscono? Coloro che muoiono nei loro peccati sono dunque da chiamare infelici fra tutti perché vanno nei tormenti. Grazie siano rese a Dio in Cristo Gesù per averci salvato da questa atroce e spaventevole sorte. Amen.

Ÿ Paolo dice a Timoteo: "Se muoiamo con lui, con lui anche vivremo" (2 Tim. 2:11). Che significa ciò? Che se noi moriamo nella fede andremo a vivere in cielo con Cristo. E questo subito dopo la morte, non alla risurrezione. Alla risurrezione otterremo un corpo incorruttibile che rivestirà la nostra attuale anima e con esso usciremo dai sepolcri dopo che la nostra anima tornerà in esso. Niente di illogico; questo è il disegno di Dio.

Ÿ Sempre a Timoteo Paolo diceva prima di lasciare questo mondo: "Il Signore mi libererà da ogni mala azione e mi salverà nel suo regno celeste" (2 Tim. 4:18). Ecco quale fiducia aveva Paolo; quella che il Signore lo avrebbe accolto nel suo regno celeste all’atto della sua morte. E con ciò si accordano le parole di Asaf che molto tempo prima disse per lo Spirito: "Tu mi condurrai col tuo consiglio, e poi mi riceverai in gloria" (Sal. 73:24).

Ÿ Gesù disse: "Io son la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muoia, vivrà; e chiunque vive e crede in me, non morrà mai" (Giov. 11:25-26). Ciò significa che un credente anche se muore secondo la carne continua a vivere. Ma dove continua a vivere? Dove va a vivere? Al terzo cielo, dove sta il Signore della gloria perché Gesù ha detto: "Là dove son io, quivi sarà anche il mio servitore" (Giov. 12:26). Noi siamo oltremodo consolati e rallegrati nel sapere che dov’è il nostro Signore là pure noi saremo un giorno, se pur perseveriamo nella fede. Non siamo minimamente angosciati nel pensare che un giorno dovremo andarcene da questa terra, perché sappiamo che dove andremo si sta di gran lunga meglio che qui sulla terra. Mentre i peccatori vanno in un luogo dove staranno molto, molto peggio che sulla terra, noi credenti, per la grazia di Dio, andremo in un luogo migliore. Mentre i peccatori non sanno dove vanno perché camminano nelle tenebre, noi sappiamo bene dove andiamo perché ora conosciamo la via che conduce dove Gesù è andato dopo avere fatto la purificazione dei peccati (secondo che disse Gesù: "Del dove io vo sapete anche la via" [Giov. 14:4]); Gesù Cristo è la via che mena al Padre e noi le sue orme vogliamo seguire per entrare nel suo regno eterno. E la morte? Amara cosa certo, perché per chi rimane non è affatto piacevole vedere il corpo senza vita di un fratello in Cristo, però ricordatevi che "la morte de’ santi del Signore è preziosa nel suo cospetto" (Sal. 116:15 Diod.).

A Dio, che nella sua grande misericordia ci ha donato la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore sia la gloria ora ed in sempiterno. Amen.

La testimonianza di una donna morta in Cristo e tornata in vita

Lura Johnson Grubb, all’età di diciassette anni, mentre si trovava inferma sul letto, ebbe in estasi una visione del Paradiso celeste. Ecco cosa ella disse: ‘Vidi un grande fascio di luce, più brillante del sole di mezzogiorno, che scendeva verso di me direttamente dal cielo. Un alone luminoso, molto largo in diametro circoscriveva quel raggio di gloria che aveva come meta il mio capezzale. Il letto sembrava infuocato dal suo chiarore. (...) Mi sentii sollevare dal raggio luminoso e trasportare in una città a me sconosciuta. Mi ritrovai alle porte di perla. Esse abbagliavano di splendore nella luce trasparente del cielo. Un altro passo ancora ed entrai nella città di Dio e mi trovai sulle strade d’oro simili a vetro trasparente. Tutto splendore intorno a me, ma quello splendore non era il riverbero di nessun sole. Non c’era bisogno del sole per illuminare durante il giorno, né della luna di notte: l’eternità celeste è costantemente illuminata dalla presenza continua della luce di Gloria. Mentre attonita contemplavo la magnificenza che mi circondava, pensai: ma certamente questo è il cielo’. Il cielo era il luogo più meraviglioso di cui avessi mai udito parlare o letto sulla terra. ‘Sicuramente questo dev’essere il cielo’; e se lo è, allora Gesù deve essere qui’, conclusi in me stessa. Gesù era là. La luce sfolgorante che irradiava dal Trono di Dio mi accecò. Vidi il Padre come un fuoco consumante, può darsi come Mosè lo descrisse, e alla Sua Mano destra vidi Gesù. Il mio Signore. In un primo tempo lo vidi molto impercettibile: la vista mi si era velata ed offuscata a causa del chiarore eccezionale. Desideravo ardentemente vedere Gesù; lo volevo vedere chiaramente ed essere certa, senza tema di sbagliare, che era il mio Signore. Così, alzai le mani sul volto e stropicciai gli occhi. (...) Dopo di ciò potei vedere senza impedimento. Era Gesù! Era il mio Salvatore, ed Egli mi guardava. I suoi occhi erano fissi nei miei stanchi ed affaticati dalle pene. Il suo sguardo amorevole era così pieno di compassione, di comprensione, di simpatia che il mio cuore si commosse dentro di me. Quello sguardo mi affascinò, e con tutta l’anima esaltai la Sua maestà. (...) Mentre ero così assorta nell’adorazione del mio Signore, udii concerti di musica fluttuanti sulle onde luminose del cielo. Era una musica perfetta: non si udivano note discordanti, ma era così armoniosa che volli conoscerne la provenienza. Sebbene a malincuore, distolsi gli occhi e mi volsi a guardare da quella parte. A distanza vidi la schiera dei santi che in vestimenti bianchi marciavano ordinatamente e pieni di adorazione verso il Trono di Dio. Erano numerosi e simili alla moltitudine di cui Giovanni il rivelatore scrisse: ‘di migliaia di migliaia, di decine di migliaia di decine di migliaia’. Essi mi passarono così vicino che avrei potuto stendere la mano e toccarli facilmente. Con mia gioiosa sorpresa, vidi alcuni dei miei cari: Iddio li aveva posti nella prima fila. Una mia cugina che si era affiliata alla Chiesa Battista, la stessa mattina in cui io mi ero affiliata, veniva col volto radioso verso di me. Soltanto un anno prima ella era caduta molto ammalata ed era rapidamente passata da questa valle di lacrime, che è la terra, alla vetta della felicità di Dio. Ella mi passò vicino e mi sorrise, come per dire; ‘sono lieta che tu sia qui’. (...) I santi marciavano in schiera saltellando come piume sugli scalini attorno al Trono e fluttuando con delicatezza divina, in armonia con l’inno marziale, discendevano dal lato opposto, per scomparire nella distanza luccicante, mentre altri continuavano ad apparire, ad appressarsi al Trono. Essi marciavano fila dopo fila, numerosi, quanti i miei occhi potevano abbracciarne abbastanza. Oh! come risplendevano di gloria i loro abiti! Erano più bianchi della neve, ed abbagliavano letteralmente la vista. (...) Volevo stare nel cielo, volevo unirmi a quell’esercito Celeste e lodare il Signore per sempre. Volevo ascoltare quella musica meravigliosa, vedere la gloria e godere la beatitudine. Ma improvvisamente la scena cambiò e i miei occhi fisici si riapersero al mondo naturale’ (Lura Johnson Grubb, Vivere per parlare di morte, s.l., s.d, pag. 34-35,38-39). Poco dopo la stessa sorella racconta la sua morte e la sua dipartenza. Ecco le sue parole: ‘I cari che si erano radunati nella mia casa, pieni di compassione, stavano facendo tutto ciò che era nelle loro possibilità di fare per mantenermi in vita. L’ultimo tentativo lo fece mio zio. Pensando che forse la circolazione del sangue era divenuta troppo povera per riscaldare il mio corpo, chiese alle donne di applicarmi sui piedi e sulle gambe degli asciugamani riscaldati col vapore. Nel momento stesso in cui essi toccarono la mia carne fredda di morte, il corpo si irrigidì ed i piedi si sollevarono di diversi centimetri dal letto. Non si trattava di una insufficiente circolazione, ma della morte che stava prendendo possesso del mio corpo. Sapevo che stavo morendo. Improvvisamente, mi sembrò come se il tetto della nostra casa si sollevasse. Mentre il sole irradiava con i primi rosei raggi dell’alba il cielo della campagna del Mississippi, vidi i cieli ripieni di miriadi di oggetti simili ad uccelli. La volta celeste era oscurata da quella moltitudine. Essi stavano scendendo giù sempre più in basso fino a raggiungere un’altezza abbastanza vicina perché io potessi riconoscerli: era l’esercito del cielo che avevo appena conosciuto poche ore prima. Mentre mi ero trovata alla presenza del Signore, all’improvviso uno di loro si separò e discese fino all’angolo della mia stanza, qui si arrestò un istante e esitante, vedendo che i miei famigliari si stavano accomiatando da me. Mia madre era stata tutto il tempo a fianco al mio letto, continuando a pregare il Signore di lasciarmi in vita. Nel vedere il coro celeste scendente, gridai con debole voce: ‘Stanno venendo a prendermi; non li vedete, vengono! vengono per me!’ Oh! pensavo che tutti coloro che si trovavano nella stanza li vedessero! Io li vedevo chiaramente, ed ero certa che essi venivano per me. I parenti e gli amici silenziosamente si alternavano vicino al mio capezzale per deporre l’ultimo bacio sulle mie labbra violacee e mentre si chinavano su di me qualche calda lagrima di dolore, veniva a cadere sulle mie gote ghiacce. Le mie sorelle ruppero in singhiozzi nel salutarmi per l’ultima volta; il mio fratellino mi baciò con tenerezza, ma era troppo piccolo per rendersi conto di ciò che stava avvenendo e del dolore degli adulti i quali ben conoscevano il significato della morte e le torture di una separazione per sempre. In ultimo mia madre si chinò su di me, mi attirò sul suo seno e pianse. Le dissi: ‘Mamma non piangere per favore! non piangere! sto Lassù, ci incontreremo nuovamente’. Molto riluttante e con un sentimento di sconfitta, di fronte alla sgradita ombra nera che era venuta a guastare la felicità nel suo piccolo nido, la mamma si raddrizzò e rimase vicino al mio letto. Esalai un ultimo e profondo respiro, e dolcemente, senza resistenza mi dipartii dal corpo per unirmi alla scorta celeste che avevano atteso nell’angolo della stanza e che per ultimo mia madre si fosse accomiatata da me. Mi unii alla guida Angelica che mi attendeva in un angolo della stanza ed insieme iniziammo il viaggio verso l’alto. Prima però, nel sollevarmi dal letto mi volsi a guardare per l’ultima volta il luogo da cui stavo per partire, come la farfalla agile e variopinta si diparte dal bozzolo per entrare nella fragile atmosfera della primavera Celeste. Vidi la mamma accasciarsi al suolo, e la udii singhiozzare in maniera che temetti che il suo cuore dovesse scoppiare. Quello fu l’unico evento che guastò la perfetta felicità della mia dipartenza. Soffrii nel vedere la mamma così addolorata. (....) Una volta raggiunto il suo compagno l’angelo che aveva disteso il drappo mortuario nella mia casa, la scena della stanza scomparve completamente nell’oblio. Ero grandemente entusiasta al pensiero di tornare nel luogo meraviglioso dell’eternità senza lagrima, di camminare sulle strade pavimentate d’oro e marciare insieme alla schiera dei santi, vestiti di bianco, di ascoltare la dolce melodia del ‘canto dei redenti’. Ero tanto impaziente, guardavo fisso in alto, aspettando di vedere ad ogni istante apparire sull’orizzonte degli spazi, il primo raggio di gloria che si annunciasse la città di Dio. (...) Continuammo a fluttuare verso l’alto, sempre più in alto, attraverso gli spazi, per un certo tempo. Improvvisamente il silenzio fu rotto; il mio compagno parlò e disse: ‘Tu non puoi andare ancora lassù!’ Ripetei fra me: ‘non posso ancora andare lassù, e perché mai? Credevo invece che fossimo quasi arrivati’! Ma prima ancora che potessi dire qualche cosa egli proseguì: ‘Il Signore ha del lavoro per te’. Lavoro per me?’ continuai a chiedermi. L’Angelo spiegò: ‘Il Signore vuole mandarti sulla terra nuovamente, per avvisare la gente che Gesù torna presto! (...) Guardandomi attorno, mi ritrovai tutta sola: la mia guida angelica era scomparsa ed il Signore non era visibile in nessuna parte. Lentamente cominciai a discendere giù, sempre più in basso, fino a che non avvistai in lontananza il profilo della piccola casa in cui giaceva il mio corpo fisico privo di vita. Durante i quarantacinque minuti in cui ero stata assente ed il mio corpo era rimasto privo di respirazione e circolazione il Signore aveva operato nel cuore di mia madre. Quando avevo esalato l’ultimo respiro e lo zio aveva detto: ‘è morta’ la mamma, dopo aver qualche istante dato sfogo al dolore, era corsa nell’attigua stanza da letto, si era prostrata in ginocchio e, sepolto il volto fra le coltri del letto, aveva gridato al Signore: ‘Signore, per tre anni ti ho chiesto di guarire la mia figliuola, a Te l’ho chiesto come meglio ho potuto; in questi sei ultimi giorni, ho digiunato e pregato, Signore, ho fatto tutto ciò che ho saputo fare! ed ora, malgrado la sua vita sia spenta; Tu sei potente di ridarmi la mia figliuola. Ridammi la mia figliuola Signore, caro, ridammela! Il Signore ascoltò il suo grido, e le parlò in maniera udibile: ‘tu hai chiesto la guarigione della tua figliuola; ma sei disposta a consacrarla a me? La mamma non aveva mai pensato a ciò; aveva pregato per la mia guarigione perché mi voleva per sé. In quel momento ella comprese e disse: ‘Sì Signore, Te la consacrerò!’ Se tu le ridai la vita, ella poi potrà andare dove Tu vorrai, ed io non alzerò un dito per impedirglielo. (...) Figurativamente parlando, proprio come il padre Abrahamo depose Isacco sull’altare, così mia madre mi depose sull’altare del servizio di Dio. Ella acconsentì alla richiesta del Signore. Il Signore le disse: ‘asciugati gli occhi, ho ascoltato la tua preghiera, vai e vedi ciò che Io, il Signore, ho fatto’. In fede ed ubbidienza alla voce divina ella si alzò dal suo Monte Moria e fiduciosa entrò nella mia stanza. Si diresse subito verso il mio letto, sul quale giaceva un corpo senza vita, non vi era respiro, non vi era battito. Aveva il Signore veramente parlato? Avrebbe Egli risposto alla preghiera? Si era forse sbagliata? Ella era certa che Iddio aveva parlato! Egli avrebbe risposto! Non si era sbagliata! avrebbe perciò atteso fiduciosamente! Gli amici, i vicini, pensavano che quella assenza di quarantacinque minuti dalla stanza, le fosse servita per farla ritornare in sé. Vedendola così serena, non si opposero a che ella si avvicinasse di nuovo al letto della sua figliuola e che vi rimanesse tutto il tempo che avesse desiderato. Non sarebbe passato molto tempo che quelle amate spoglie sarebbero state poste per sempre nel profondo seno della terra. La osservavano tutti attentamente, pronti ad intervenire in suo aiuto, in caso ce ne fosse bisogno. Nel frattempo mia madre ed io eravamo assenti dalla stanza, i famigliari avevano incominciato a disporre ogni cosa per il funerale che si sarebbe dovuto tenere nelle primissime ore di quel pomeriggio, in maniera che si sarebbe potuto trasportare la salma a Water Vallej, a circa sessanta Km di distanza dalla nostra abitazione, per darle sepoltura nella nostra tomba di famiglia, dove anche il babbo era stato sepolto. (....) I nostri amici vicini si presentarono a dare una mano di aiuto per organizzare il funerale, mentre la mamma si intratteneva nella stanza attigua per far a Dio una consacrazione completa e permanente in cambio della mia resurrezione. Ora però la mamma si trovava in piedi, a fianco al mio capezzale, aspettando la risposta promessa dal Signore; Egli non era mai venuto meno verso di lei, e non lo sarebbe venuto neppure ora. Era immobile come una statua, con gli occhi sul mio volto cereo e sulle mie labbra livide che, come gli altri pensavano, sarebbero dovute rimanere serrate fino al giorno in cui, al suono della tromba di Dio, i morti in Cristo risusciteranno. Ma inaspettatamente, la salma si mise a sedere sul letto! Il miracolo era avvenuto! Iddio era stato fedele verso mia madre’ (Lura Johnson Grubb, op. cit., pag. 41-49).

Spiegazione delle parole "I morti non sanno nulla"

Per ciò che concerne il passo dell’Ecclesiaste che dice che "i morti non sanno nulla" (Ecc. 9:5), é necessario dire che questo non sapere nulla si riferisce alla conoscenza delle cose che avvengono sulla terra, e non ad uno stato di incoscienza nel quale entrano i morti. Cito i seguenti passi per farvi capire ciò.

Ÿ Nel libro di Isaia é scritto: "Nondimeno, tu sei nostro padre; poiché Abrahamo non sa chi siamo, e Israele non ci riconosce..." (Is. 63:16). Come potete vedere, benché Abrahamo viva nel paradiso di Dio egli non sa nulla di ciò che avviene sulla terra infatti egli non sa chi siamo benché siamo suoi figliuoli. Anche Giacobbe, benché sia nel cielo, non sa chi siamo.

Ÿ Nella storia di Saul è narrato l’episodio in cui Saul consultò una evocatrice di spiriti e si fece chiamare dal soggiorno dei morti il profeta Samuele. Ora, quando "Saul comprese ch’era Samuele, si chinò con la faccia a terra e gli si prostrò dinanzi. E Samuele disse a Saul: Perché mi hai tu disturbato, facendomi salire?" (1 Sam. 28:14-15). Ora, Samuele era morto ma, benché vivesse nell’aldilà, non sapeva perché Saul lo aveva fatto salire.

Ÿ Giobbe dice che l’empio, dopo che muore, "se i suoi figliuoli salgono in onore, egli lo ignora; se vengono in dispregio, ei non lo vede" (Giob. 14:21). Anche questo passo spiega cosa significa che i morti non sanno nulla.

Certo, noi crediamo che i morti non sanno nulla, ma non sanno nulla di quello che avviene a noi in questo mondo perché essi non ci vedono e non ci ascoltano. Ma crediamo pure che essi dovunque si trovino sanno perfettamente dove si trovano e sono a conoscenza di molte cose che a noi sulla terra sono occulte perché non possiamo né vederle e né udirle.

 

L’ADES

La dottrina dei Testimoni di Geova

I Testimoni di Geova insegnano che l’inferno non esiste; o meglio, per loro l’inferno è la tomba e non un luogo dove arde il fuoco e dove vanno le anime dei peccatori quando muoiono, difatti affermano: ‘E’ così evidente che l’inferno della Bibbia è la tomba, il sepolcro, che persino un bimbo innocente può capirlo; ma non lo capiscono però i teologi religionisti’ (Sia Dio riconosciuto verace, pag. 72-73). Per sostenere che le cose stanno così come dicono loro essi affermano che la parola ebraica Sheol (tradotta con inferno o soggiorno dei morti, e la cui parola greca corrispondente è Ades) significa sempre ‘sepolcro’, e fanno questo ragionamento: ‘Giobbe offrì a Dio la seguente preghiera: Oh volessi tu nascondermi nel soggiorno dei morti (ebraico, Sheol....), tenermi occulto finché l’ira tua sia passata, fissarmi un termine, e poi ricordarti di me!..’. Se sheol significasse un luogo di tormento e di fuoco, avrebbe Giobbe desiderato di andarci e passarvi il tempo fino a che Dio si sarebbe ricordato di lui?’ (ibid., pag. 71). Anche per Russell lo sheol non era un luogo di tormento infatti disse: ‘Il termine sheol non racchiude alcuna idea di fuoco o di fiamme o di tormenti, né di chicchessia della specie, ma significa semplicemente l’oblio, l’estinzione della vita’ (Russell, op. cit., serie V, pag. 320).

Confutazione

L’inferno esiste, è un luogo di tormento spaventevole e là scendono le anime degli empi

Noi credenti viviamo sì in un mondo di tenebre nel quale il diavolo ha sedotto moltitudini di persone facendogli credere le più assurde dottrine, ma è altresì vero che abbiamo nella Parola di Dio una luce che ci illumina. E la Parola di Dio insegna che esiste un luogo di tormento nel mondo invisibile, un luogo terribile e spaventevole dove arde del continuo il fuoco e dove c’é il pianto e lo stridore dei denti e nel quale scendono le anime dei peccatori che non si sono ravveduti dai loro peccati e non hanno creduto nell’Evangelo della grazia di Dio. Questo luogo si chiama soggiorno dei morti - in Greco: Ades, mentre in Ebraico: Sheol - ed è menzionato molte volte nelle Scritture. I Testimoni di Geova riguardo a questi due termini dicono invece che ‘le due parole, Sceol e Ades, significano la stessa cosa, cioè il comune sepolcro del morto genere umano nella terra’ (Cose nelle quali è impossibile che Dio menta, stampato negli USA, 1965, pag. 353-354), e mai ad un luogo di tormento situato sotto terra.

Prima di passare a dimostrarvi mediante le Scritture l’esistenza di questo luogo voglio fare questa premessa. Innanzi tutto va detto che la parola ebraica Sheol significa anche ‘sepolcro’ e che la stessa cosa va detta per la corrispondente parola greca Ades. Questo spiega il perché nelle traduzioni della Bibbia la parola Sheol (Ades in greco) alcune volte è stata tradotta sepolcro o tomba. Dico alcune volte, e non tutte, perché questa parola indica anche la dimora delle anime tra la morte e la risurrezione, e difatti altre volte è stata tradotta inferno o soggiorno dei morti (inteso quest’ultimo non come tomba però). Diodati per esempio in diversi posti dell’Antico Testamento ha tradotto Sheol con inferno (cfr. Sal. 9:17; Giob. 26:6; Prov. 7:27), e così anche ha tradotto Ades con inferno - tranne che alcune volte - nel Nuovo Testamento (cfr. Matt. 11:23; 16:18 Luca 16:23; Ap. 1:18. In Atti 2:27 e 2:31 Diodati ha tradotto Ades con ‘luoghi sotterra’). Luzzi, nella Riveduta, nell’Antico Testamento al posto di inferno ha messo soggiorno dei morti, mentre nel Nuovo Testamento al posto di inferno ha lasciato la parola greca Ades (confronta gli stessi sopracitati passi nella Riveduta). Comunque, sia inferno che soggiorno dei morti indicano lo stesso luogo. E’ bene precisare poi che la parola inferno - che noi non troviamo mai nella versione Riveduta fatta dal Luzzi - deriva dalla parola latina infernus che significa ‘luogo che è di sotto, inferiore’. Qualcuno dirà: ‘Ma per quale motivo questa parola non è stata tradotta sempre nella stessa maniera? Perché il contesto in taluni casi non lo permetteva. In altre parole la stessa parola ha un significato diverso in contesti diversi. Quando Sheol o Ades indicano il luogo invisibile dove scendono le anime dei morti e non la tomba dove viene posto solo il corpo lo si deduce dal contesto. Un esempio è quello di Isaia quando dice: "L’inferno disotto si è commosso per te, per andarti incontro alla tua venuta; egli ha fatti muovere i giganti, tutti i principi della terra, per te; egli ha fatti levare d’in su i lor troni tutti i re delle nazioni. Essi tutti ti faranno motto, e diranno: Anche tu sei stato fiaccato come noi, e sei divenuto simile a noi" (Is. 14:9-10 Diod.). Qui la parola Sheol è stata tradotta inferno da Diodati (Luzzi ha messo soggiorno dei morti) perché non significa sepolcro terreno difatti il testo parla di persone che dimorano nello Sheol le quali alla venuta o discesa del re di Babilonia nello Sheol gli rivolgono determinate parole. Abbiamo fatto questo discorso per dimostrare che i Testimoni di Geova sbagliano quando negano che Sheol (e la corrispondente parola greca Ades) significa anche il luogo di tormento dove vanno i peccatori in attesa della risurrezione. (Essi dicono infatti che la parola Sheol significa sempre sepolcro: ‘Se sheol è la tomba è impossibile che sia allo stesso tempo un luogo di tortura atroce...’ [Sia Dio riconosciuto verace, pag. 69-70]). Adesso, dopo avere fatto queste necessarie spiegazioni passiamo a dimostrare mediante le Scritture che questo luogo di tormento nel mondo invisibile (lo Sheol o Ades) esiste; dove esso si trova e che aspetto ha e come ci scendono le anime dei peccatori.

Ÿ E’ scritto: "Or v’era un uomo ricco, il quale vestiva porpora e bisso, ed ogni giorno godeva splendidamente; e v’era un pover’uomo chiamato Lazzaro, che giaceva alla porta di lui, pieno d’ulceri, e bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco; anzi perfino venivano i cani a leccargli le ulceri. Or avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno d’Abramo; morì anche il ricco, e fu seppellito. E nell’Ades, essendo ne’ tormenti, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno; ed esclamò: Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescarmi la lingua, perché son tormentato in questa fiamma. Ma Abramo disse: Figliuolo, ricordati che tu ricevesti i tuoi beni in vita tua, e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato. E oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una gran voragine, perché quelli che vorrebbero passar di qui a voi non possano, né di là si passi da noi. Ed egli disse: Ti prego, dunque, o padre, che tu lo mandi a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli, affinché attesti loro queste cose, onde non abbiano anch’essi a venire in questo luogo di tormento. Abramo disse: Hanno Mosè e i profeti; ascoltin quelli. Ed egli: No, padre Abramo; ma se uno va a loro dai morti, si ravvedranno. Ma Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i profeti, non si lasceranno persuadere neppure se uno dei morti risuscitasse" (Luca 16:19-31). Fu il nostro Signore Gesù Cristo a raccontare questa storia realmente avvenuta. Questa storia insegna che con la morte non finisce tutto, ma che esiste una vita ultraterrena e che l’anima del peccatore continua a vivere in un mondo invisibile dopo che egli muore. E’ chiaro che la nostra anima noi non la vediamo, ma sappiamo che essa dimora in questo nostro corpo di carne ed ossa; e come non possiamo negare l’esistenza dell’anima solamente perché non la vediamo con i nostri occhi, così non possiamo negare l’esistenza dell’Ades solo perché non lo vediamo o non l’abbiamo mai visto. Il fatto è che mentre l’anima si trova nel nostro corpo, l’Ades si trova negli antri della terra ad una grande profondità; è un luogo reale secondo la Parola di Dio, dove l’anima del peccatore, dopo essere uscita dal suo corpo, và a stare in attesa del giudizio. In altre parole mentre il peccatore vive sulla terra l’anima sua gode dei piaceri della vita e si diletta nel fare il male muovendosi liberamente in un corpo umano, ma quando il corpo nel quale alberga temporaneamente si disfa, essa si diparte e và nell’Ades dove sarà tormentata dal fuoco di questo luogo e dove non potrà più in alcun modo divertirsi. La storia di questo ricco ci dice che questo ricco godeva splendidamente ogni giorno mentre era sulla terra e che egli, quando morì, fu seppellito, ma si ritrovò in un luogo di tormento, appunto l’Ades. Fu il suo corpo ad essere seppellito e non la sua anima, perché l’anima dell’uomo non può essere afferrata dalla mano di nessun uomo per essere posta in una bara e poi in una fossa. E’ il corpo che torna in polvere secondo quello che disse Dio ad Adamo: "Sei polvere, e in polvere ritornerai" (Gen. 3:19), e non l’anima perché essa non è fatta di un materiale dissolubile. Gesù un giorno disse che noi non dobbiamo temere coloro "che uccidono il corpo, ma non possono uccider l’anima" (Matt. 10:28), significando così che l’anima dell’uomo non può essere né uccisa e né presa da un altro uomo, a differenza del suo corpo. Come si può leggere in questa storia, quest’uomo che si era goduto la vita sulla terra, anche quando si trovò nell’Ades poteva ancora parlare, ricordare, e secondo quello che egli disse ad Abramo avrebbe potuto essere pure rinfrescato con dell’acqua nella fiamma dove si trovava. Ma di acqua non ce n’è nell’Ades, c’é solo il suo ricordo per quelli che sono nel fuoco dell’Ades. Ora, noi non possiamo comprendere come l’anima di un uomo possa del continuo ardere (senza minimamente consumarsi) in mezzo a del fuoco e piangere e stridere i denti, ma questo non ci impedisce affatto di credere che le cose stiano proprio così. Se noi dovessimo credere nelle cose di cui parla la Scrittura solo quando le comprendiamo, finiremmo con il non credere più a nulla di quello che ci dice la Scrittura, a partire dall’esistenza di Dio, ma grazie siano rese a Dio in Cristo Gesù per la fede che ci ha dato mediante la quale noi accettiamo tutto quello che la Parola di Dio ci insegna senza metterlo minimamente in discussione. Così, noi non mettiamo in dubbio nulla di questa storia raccontata da Gesù perché tutto quello che concerne questa storia è verità. Come ho detto prima, quest’uomo, senza un corpo poteva ancora parlare e ricordare; ma non solo, egli poteva pure dare dei suggerimenti infatti invitò Abramo a mandare Lazzaro a intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescargli la lingua arsa dal calore della fiamma ardente, ma egli si sentì rispondere da Abramo che questo non era possibile. Abramo gli disse di ricordarsi che egli aveva ricevuto i suoi beni in vita sua, e poi gli disse che vi era una gran voragine tra quel luogo di tormento dove egli si trovava e il luogo di conforto dove invece si trovava lui con Lazzaro (il seno d’Abramo), voragine che impediva a quelli che si trovavano in quest’ultimo di andare a soccorrere quelli che erano nel tormento nell’Ades. Nessuna pietà fu mostrata in verso quell’uomo; come lui si era mostrato impietoso durante la sua vita terrena così Dio si mostrò impietoso verso di lui dopo che egli morì. In questo vediamo la manifestazione della giustizia di Dio. Egli, anche sotto l’Antico Patto, non lasciava impuniti quelli che rifiutavano di dare ascolto alla legge di Mosè ed ai profeti. Quando quell’uomo sentì Abramo rispondergli in quella maniera, si preoccupò dei suoi cinque fratelli che erano ancora in vita sulla terra, infatti propose ad Abramo di mandare Lazzaro a casa di suo padre per avvertire i suoi cinque fratelli dell’esistenza di questo luogo di tormento e del fatto che là si trovava già lui. Egli pensava che in questa maniera essi si sarebbero ravveduti nel sentire Lazzaro e non sarebbero discesi anche loro là. Ma anche in questo caso la risposta di Abramo non fu quella che lui si aspettava, perché il patriarca gli fece chiaramente comprendere che i suoi fratelli avevano Mosè ed i profeti e che essi dovevano ascoltare loro per non andare lì con lui quando sarebbero morti. La risposta di Abramo però non soddisfò quell’uomo perché egli fece capire ad Abramo che secondo lui sarebbe stata più efficace la testimonianza di Lazzaro se questi fosse risuscitato e fosse andato dai suoi fratelli, anziché quella di Mosè e dei profeti. Non fu però del medesimo parere Abramo, infatti egli gli disse che se i suoi fratelli non volevano ascoltare Mosè ed i profeti, non si sarebbero lasciati persuadere ad abbandonare la loro via malvagia, neppure dalla testimonianza di un morto tornato in vita. (Notate che il ricco credeva dopo morto che Lazzaro potesse tornare in vita sulla terra e parlare ai suoi fratelli, che non chiese ad Abramo di concedergli di tornare sulla terra e che Abramo rispondendo confermò che Lazzaro era morto) Parole forti queste, che mostrano come coloro che non credono alla testimonianza che Dio dà attorno all’Ades ed ai suoi tormenti (testimonianza scritta nelle sacre Scritture), non crederanno neppure a quella di un morto che dopo averlo visto torna in vita e parla della sua esistenza e dei tormenti che patiscono quelli che vi si trovano. Questa è la verità fratelli, alcuni non crederebbero nell’esistenza dell’inferno e non si ravvederebbero dai loro peccati neppure se uno dei loro parenti morti risuscitasse per volontà di Dio e narrasse loro quello che ha visto in quel luogo. Noi, comunque siamo chiamati ad avvertire gli uomini dell’esistenza di questo luogo di tormento, perché Dio lo ha fatto con la sua Parola. Se Dio non avesse voluto che gli uomini sapessero cosa li attende se non si ravvedono e non credono in lui facendo opere degne del ravvedimento, non avrebbe fatto mettere per iscritto così tanti chiari riferimenti sull’Ades e sullo stagno ardente di fuoco e di zolfo che è il luogo finale dove verranno gettati gli empi. Ma veniamo ad altre Scritture che confermano l’esistenza del soggiorno dei morti e che esso si trova sotto terra ad una grande profondità e che là vi scendono gli empi quando muoiono.

Ÿ Nei Salmi è scritto: "Gli empi se n’andranno al soggiorno de’ morti, sì, tutte le nazioni che dimenticano Iddio" (Sal. 9:17), ed a proposito della sorte di quelli che confidano nei loro grandi averi e si gloriano della grandezza delle loro ricchezze è scritto: "Son cacciati come pecore nel soggiorno de’ morti; la morte è il loro pastore" (Sal. 49:14).

Ÿ Giobbe, parlando degli empi, disse: "Passano felici i loro giorni poi scendono in un attimo nel soggiorno dei morti" (Giob. 21:13).

Ÿ Isaia, parlando della sorte di quelli che in Sion non ponevano mente a quel che faceva il Signore, ma si inebriavano di vino e di bevande alcoliche disse: "Perciò il soggiorno de’ morti s’é aperto bramoso, ed ha spalancata fuor di modo la gola; e laggiù scende lo splendore di Sion, la sua folla, il suo chiasso, e colui che in mezzo ad essa festeggia" (Is. 5:14). Sempre Isaia, nell’oracolo contro il re di Babilonia, disse ad Israele: "Tu pronunzierai questo canto sul re di Babilonia e dirai:.. Il soggiorno de’ morti, laggiù s’é commosso per te, per venire ad incontrarti alla tua venuta. Il tuo fasto e il suon de’ tuoi saltèri sono stati fatti scendere nel soggiorno de’ morti" (Is. 14:3,9,11).

Ÿ Dio per mezzo di Ezechiele predisse ciò che avrebbe fatto a Tiro con queste parole: "Allora ti trarrò giù, con quelli che scendon nella fossa, fra il popolo d’un tempo, ti farò dimorare nelle profondità della terra, nelle solitudini eterne, con quelli che scendon nella fossa..." (Ez. 26:20).

Ÿ Gesù quando rimproverò Capernaum gli disse: "E tu, o Capernaum, sarai tu forse innalzata fino al cielo? No, tu scenderai fino nell’Ades" (Matt. 11:23). Quando egli preannunziò che sarebbe stato nel soggiorno dei morti per tre giorni e tre notti disse: "Come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così starà il Figliuolo dell’uomo nel cuor della terra tre giorni e tre notti" (Matt. 12:40); e noi sappiamo infatti che l’anima di Gesù Cristo, quando egli morì, discese nell’Ades da dove Dio la fece risalire quando lo risuscitò dai morti il terzo giorno, secondo che è scritto: "Tu non lascerai l’anima mia nell’Ades" (Atti 2:27).

Come potete vedere da tutte queste Scritture si deduce chiaramente che il soggiorno dei morti è un luogo che si trova nelle profondità della terra, o come disse Gesù: "Nel cuore della terra", e che là vanno i peccatori che rifiutano di ascoltare la voce di Dio. Ma la Scrittura ci dice pure l’aspetto che ha il soggiorno dei morti:

Ÿ Giobbe l’ha definito così: "Terra delle tenebre e dell’ombra di morte: terra oscura come notte profonda, ove regnano l’ombra di morte ed il caos, il cui chiarore è come notte oscura" (Giob. 10:21-22).

Ÿ Bildad di Suach, parlando della sorte dell’empio ha detto: "E’ cacciato dalla luce nelle tenebre" (Giob. 18:18).

Ÿ Tsofar di Naama dice dell’empio: "Lo consumerà un fuoco non attizzato dall’uomo" (Giob. 20:26). A proposito di queste ultime parole esse sono chiaramente confermate dalle parole che quell’uomo che era nell’Ades rivolse ad Abramo: "Son tormentato in questa fiamma" (Luca 16:24). Il fuoco che c’é nell’Ades non è un fuoco attizzato da un uomo, ma da Dio, e per questo non si può spegnere in alcuna maniera.

Vogliamo infine fare un’osservazione per confermare che la persona malvagia dopo la morte continua a vivere nei tormenti dell’Ades: Gesù disse a proposito di Giuda Iscariota il traditore: "Certo, il Figliuol dell’uomo se ne va, come è scritto di lui; ma guai a quell’uomo per cui il Figliuol dell’uomo è tradito! Meglio sarebbe per cotest’uomo, se non fosse mai nato" (Matt. 26:24). Ora, se come dicono i Testimoni di Geova l’Ades è il sepolcro del genere umano, quindi la tomba dove viene posto il morto, e là viene posto pure il malvagio come mai Gesù disse quelle particolari parole di Giuda Iscariota? In altre parole, se non fosse esistito nel mondo invisibile un inferno terribile e spaventevole dove Giuda sarebbe andato alla sua morte che senso avrebbero avuto quelle parole di Gesù? Perché mai dire che sarebbe stato meglio che Giuda non fosse mai nato? Non avrebbe dovuto dire che sarebbe stato come se non fosse mai nato se i morti tornassero alla non esistenza? Ecco un’altra inequivocabile prova che l’inferno esiste e che per coloro che ci vanno quando muoiono sarebbe stato meglio se non fossero mai nati.

L’Ades non è per nulla un luogo piacevole dove stare; alcuni se ne fanno beffe come se andarci a vivere significasse andarci a passare delle piacevoli vacanze, ma vi assicuro che esso è un luogo spaventevole ed orribile la cui memoria è viva e non svanisce mai in quelli che lo hanno visto perché Dio ha concesso loro di vederlo. Sì, perché Dio anche in questa generazione ha permesso ad alcuni uomini e donne di vedere da vicino l’Ades. Essi dopo che sono tornati in vita hanno cercato di spiegarsi il meglio possibile per fare capire gli orrori visti in quel luogo: ancora oggi riconoscono che le parole migliori che loro possono usare per descrivere l’Ades che essi, per grazia di Dio, hanno visto, sono quelle della sacra Scrittura. Non ci sono parole migliori per descriverlo di quelle scritte nella Parola di Dio.

La testimonianza di un uomo morto nei suoi falli e tornato in vita per la misericordia di Dio

Kenneth Hagin racconta: ‘Nel tardo pomeriggio, il mio cuore cessò di battere e l’uomo spirituale che viveva nel mio corpo mi abbandonò’. Quando la morte si impadronì di me, la nonna, mio fratello minore e mia madre accorsero in casa ed ebbi solo il tempo di dire loro ‘addio’ che l’uomo interiore scivolò via, lasciando il mio corpo esanime, gli occhi fissi e la carne gelida. Scesi giù, giù, giù al punto che vidi le luci sulla terra dissolversi. Non è esatto dire che svenni, neppure che fossi in coma; posso provare che clinicamente ero morto. Gli occhi erano fissi, il cuore aveva cessato di battere e il polso era fermo. Le Scritture parlano del ‘servo disutile gettato fuori nelle tenebre, dove c’è il pianto, e lo stridor dei denti’ (Matteo 25:30). Più scendevo e più si faceva buio, finché fui nell’oscurità più assoluta: non avrei scorto la mia mano ad un palmo dagli occhi. Più andavo giù e più sentivo il caldo intorno a me, l’atmosfera si faceva soffocante. Finalmente sotto di me scorsi delle luci guizzanti, riflesse sulle pareti delle caverne dov’erano i dannati, causate dal fuoco infernale. L’immensa sfera fiammeggiante, dai bianchi contorni, mi trascinava e mi attraeva come la calamita attira il metallo. NON VOLEVO ANDARE! Non camminavo, era il mio spirito che si comportava come il metallo in presenza di una calamita. Non potevo staccare gli occhi dalla sfera, sentivo il calore sul viso. Sono passati molti anni, ma riesco a rivedere la scena con la stessa nitidezza di allora. Il ricordo è così limpido, che tutto ciò mi sembra che sia accaduto la notte scorsa. Ora voi mi direte: ‘Come sono queste porte dell’inferno?’ Non potrei descriverle, poiché per farlo, dovrei avere un termine di paragone, come qualcuno che, non avendo visto un albero, non può descrivere come è fatto, perché non ha niente a cui paragonarlo. Mi fermai sulla soglia, ma fu una sosta momentanea: non volevo entrare! Capivo che un altro passo, ancora pochi metri e sarei finito per sempre, non sarei più potuto uscire da quell’orribile posto. Quando fui sul punto di raggiungere il fondo dell’abisso, un altro spirito mi affiancò: non mi voltai a guardarlo, perché non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle fiamme dell’inferno. Quella creatura infernale aveva posato intanto una mano sul mio braccio, per accompagnarmi dentro: in quel preciso istante sentii una voce che sovrastava le tenebre, la terra e i cieli: era la voce di Dio. Non Lo vidi e non so cosa disse perché non parlò in inglese, ma in un’altra lingua e quando lo fece, la parte dov’erano i dannati fu attraversata da una forte luce e fu scossa come una foglia al vento. Tale bagliore obbligò quello spirito che mi era vicino ad allentare la stretta sul mio braccio. Non fui preso nel vortice, ma una forza invisibile mi tirò fuori dal fuoco, lontano dal calore, e ripercorsi le ombre della densa oscurità al contrario. Cominciai l’ascesa fino all’uscita del baratro ed infine vidi le luci terrestri. Ritornai nella mia camera, come se ne fossi uscito solo per un attimo attraverso la porta, con la sola differenza che il mio spirito non aveva bisogno di porte. Scivolai nel mio corpo come uno che s’infila i pantaloni al mattino, attraverso la bocca, nello stesso modo in cui poco prima ero uscito. Cominciai a parlare con la nonna, la quale esclamò: ‘Figliuolo, pensavo che tu fossi morto!’ Il mio bisnonno era medico e lei lo aiutava. Più tardi mi disse: ‘Ho vestito molti cadaveri ai miei tempi, ho avuto parecchie esperienze con casi analoghi, ma ho imparato molto di più avendo a che fare con te, di quanto abbia appreso prima: tu eri morto per arresto cardiaco e avevi gli occhi fissi’. ‘Nonna’, risposi, ‘non era ancora giunto il momento, ma stavolta sento che è davvero la fine: sto morendo! Dov’è la mamma?. ‘Tua madre è fuori nella veranda’, replicò, ed infatti la sentivo che pregava camminando su e giù’. Dov’è mio fratello?’ domandai. ‘E’ andato a chiamare il medico alla porta accanto’. ‘Nonna, vorrei salutare la mamma, ma non voglio che tu mi lasci solo, le spiegherai tu’ dissi, e le lasciai un messaggio per mia madre. Poi continuai: ‘Nonna, ti stimo molto; quando la salute della mamma venne meno, tu fosti per me come una seconda madre. Ora me ne vado e non tornerò più indietro questa volta’. Sapevo che stavo morendo e non ero ancora pronto per incontrare Dio. Il mio cuore si fermò nuovamente nel torace e, per la seconda volta, il mio spirito lasciò il corpo ricominciando la discesa nel buio, finché le luci terrestri furono completamente svanite. Arrivato in fondo, mi toccò la stessa esperienza: Dio parlò dal cielo ed ancora il mio spirito uscì dal quel luogo, tornò nella stanza e scivolò nel letto dove il mio corpo giaceva esanime. Ripresi a parlare con la nonna ed ancora le dissi: ‘Non tornerò stavolta, nonna!’ Ed aggiunsi alcune parole da riferire ai familiari e, per la terza volta uscii dal mio corpo e cominciai a scendere. Vorrei avere parole appropriate per descrivere gli orrori dell’inferno e far comprendere a quegli uomini così soddisfatti di se stessi ed incuranti di come conducono la propria esistenza senza preoccuparsi del dopo, che c’è una vita futura ultra terrena; me lo insegnano la Parola di Dio e la mia esperienza personale. So cosa significhi perdere i sensi: ti sembra tutto scuro, tutto buio, ma non c’è oscurità che possa essere paragonata alla notte interiore. Quando cominciai a discendere per la terza volta, il mio spirito esclamò con un urlo: ‘Dio, io appartengo alla chiesa, sono anche battezzato in acqua’. Aspettai da Lui una risposta, che non arrivò’. Udii soltanto la mia stessa voce che ritornava a risuonare fortemente, quasi a prendermi in giro. Occorrerà molto più che la semplice appartenenza ad una chiesa e un battesimo nell’acqua per evitare le pene dell’inferno e guadagnarsi il cielo! Gesù disse: "...Bisogna che voi siate generati di nuovo" (Giov. 3:7). Io credo certamente al battesimo in acqua, ma soltanto dopo che un individuo sia stato generato di nuovo. Certo, io credo nella comunità ecclesiastica, nei gruppi di cristiani uniti per lavorare nel nome di Dio. Ma se sarete soltanto uniti alla Chiesa e sarete soltanto stati battezzati senza però essere realmente nati una seconda volta, andrete all’inferno. Come uscii una terza volta dal baratro e rientrai nel mio corpo, il mio spirito iniziò a pregare; mi ritrovai che continuavo la preghiera a voce così alta che mi udì tutto il vicinato. La gente accorreva in casa per veder cosa fosse successo; guardai l’orologio e vidi che erano precisamente le 19.40: era l’ora della mia rinascita grazie alla provvidenza divina, per l’intercessione di mia madre. La mia preghiera non era legata al fatto che io fossi battezzato o che appartenessi alla chiesa, ma, implorando Dio, gli domandavo di aver pietà di me peccatore, di perdonarmi per i miei peccati, di purificarmi da ogni iniquità; Lo accettavo, Lo riconoscevo quale mio personale Salvatore. Mi sentii così bene, come se un pesante fardello fosse scivolato via dalle spalle’ (Kenneth E. Hagin, Io credo nelle visioni, Aversa 1987, pag. 3-6) . Tutto questo avvenne ad Hagin nell’aprile del 1933, all’età di circa sedici anni, nella città di Mackinney, nel Texas (U.S.A).

Salito in alto, egli ha menato in cattività un gran numero di prigioni

Vediamo ora di spiegare, con la grazia di Dio, le seguenti parole di Paolo nella sua lettera agli Efesini: "Salito in alto, egli ha menato in cattività un gran numero di prigioni ed ha fatto dei doni agli uomini. Or questo è salito che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra? Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al disopra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa" (Ef. 4:8-10). Le spieghiamo per rispondere alla domanda dei Testimoni di Geova che abbiamo precedentemente citato da un loro libro: ‘Se Giobbe desiderava andarsene nel soggiorno dei morti e là vi è il tormento allora Giobbe desiderava andare in un luogo di tormento nell’attesa che Dio si ricordasse di lui?’ Ora, noi sappiamo che Gesù, prima di salire in alto discese nelle parti più basse della terra, cioè nel soggiorno dei morti, quindi sorge spontanea la domanda: ‘Ma chi furono allora questi prigioni che Cristo menò con sé dalle parti più basse della terra, quando risuscitò e salì in alto? Prima di rispondere dobbiamo spiegare quale era sotto l’Antico Patto la sorte che toccava ai giusti dopo morti. Prima della risurrezione di Cristo tutti i giusti e i santi che morirono, cioè tutti coloro che credettero in Dio anticamente e che piacquero a Dio camminando nelle sue vie ed osservando i suoi comandamenti, andarono in un luogo di consolazione, in altre parole nel soggiorno dei morti preparato e destinato ai giusti, che era chiamato "seno d’Abramo" e che era separato da quello dove andavano le anime degli empi da una grande voragine. Questo è quello che si deduce leggendo l’apparizione di Samuele a Saul, e la storia del ricco e Lazzaro narrata da Gesù.

Per ciò che riguarda Samuele, bisogna dire che egli era morto da qualche tempo quando Saul andò a consultare la evocatrice di spiriti di En-Dor. Ora, voi sapete che quell’evocatrice fece salire Samuele, ma vorrei che notaste che ella disse a Saul: "Vedo un essere sovrumano che esce di sotto terra" (1 Sam. 28:13), e che lo stesso Samuele disse a Saul di essere salito secondo che é scritto: "Perché mi hai tu disturbato, facendomi salire?" (1 Sam. 28:15). Siccome che il regno dei cieli non é sotto terra, e che Samuele fu un uomo giusto ai suoi tempi che piacque a Dio, si giunge alla conclusione che egli in quell’occasione fu fatto risalire dal seno d’Abramo che si trovava appunto sotto terra.

Per ciò che riguarda la storia del ricco e di Lazzaro, Abramo disse a quell’uomo che nei tormenti lo supplicò di mandare Lazzaro ad intingere la punta del dito nell’acqua per rinfrescargli la lingua: "..E oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una gran voragine, perché quelli che vorrebbero passar di qui a voi non possano, né di là si passi da noi" (Luca 16:26); quindi i due luoghi erano separati. Ma essi erano anche visibili l’uno dall’altro infatti è scritto che il ricco, nell’Ades, "alzò gli occhi e vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno" (Luca 16:23); e per quanto riguarda il luogo di tormento esso si trovava più in basso del seno d’Abramo infatti il ricco vide Abramo e Lazzaro nel suo seno quando alzò gli occhi. Poi bisogna dire che è scritto: "Vide da lontano Abramo, e Lazzaro nel suo seno" (Luca 16:23), quindi la voragine era veramente grande come disse Abramo al ricco, e questo per evitare che le anime degli empi potessero passare dal luogo di tormento al seno d’Abramo e per impedire che i giusti che erano nel seno d’Abramo andassero a soccorrere gli empi dall’altra parte. Che ci fossero altre anime sia nel luogo di tormento e sia nel seno d’Abramo è confermato da queste espressioni di Abramo: "Fra noi e voi" (Luca 16:26), e: "Quelli che vorrebbero passar di qui a voi" (Luca 16:26).

Anche le seguenti affermazioni di Giobbe e di Giacobbe confermano che anche i giusti un tempo quando morivano scendevano nel soggiorno dei morti. Giobbe fu un uomo integro e retto che temeva Iddio che visse sotto l’Antico Patto e durante la sua afflizione parlando del soggiorno dei morti disse: "Là cessano gli empi di tormentare gli altri. Là riposano gli stanchi, là i prigioni han requie tutti insieme, senz’udir voce d’aguzzino. Piccoli e grandi sono là del pari, e lo schiavo è libero del suo padrone" (Giob. 3:17-19), ed ancora: "Se aspetto come casa mia il soggiorno de’ morti... dov’è dunque la mia speranza?" (Giob. 17:13,15), ma nello stesso tempo disse degli empi che "essi scendono in un attimo nel soggiorno dei morti" (Giob. 21:13). Quindi Giobbe credeva che nel soggiorno dei morti ci andavano sia i giusti che gli empi. Giacobbe, quando gli portarono la veste di Giuseppe insanguinata con il sangue di un becco e credette che Giuseppe fosse stato divorato da una mala bestia, disse: "Io scenderò, facendo cordoglio, dal mio figliuolo, nel soggiorno de’ morti" (Gen. 37:35), perciò pure lui sapeva che i giusti che morivano durante il suo tempo scendevano nel soggiorno dei morti.

Gesù quindi, quando discese nel soggiorno dei morti e ne risalì affinché le Scritture si adempissero, portò con sé in alto un gran numero di prigioni, cioè tutti i giusti che erano nel seno d’Abramo.

 

LA GEENNA

La dottrina dei Testimoni di Geova

I Testimoni di Geova a proposito della Geenna dicono: ‘La Geenna o la Valle del figliuolo di Hinnom è una figura o simbolo del completo annichilimento o dello sterminio, e non di tormento eterno’ (Sia Dio riconosciuto verace, pag. 77). Quindi per loro la Geenna è solo un simbolo - uno dei tanti simboli presenti nella Scrittura - usato dal Signore per simboleggiare l’annichilimento dei malvagi. Anche Russell insegnava la medesima cosa: ‘Lo stagno di fuoco (geenna) rappresenta la distruzione totale, la seconda morte che distruggerà completamente tutto ciò che è malvagio’ (Russell, op. cit., serie V, pag. 335).

Confutazione

La Geenna è un luogo di tormento reale dove saranno tormentati per sempre il diavolo, i suoi angeli, i demoni e tutti gli empi

Abbiamo visto innanzi che i peccatori quando muoiono se ne vanno nel soggiorno dei morti. Ma il soggiorno dei morti (Sheol o Ades) non è il luogo finale dove gli empi saranno tormentati nei secoli dei secoli e questo perché è solo il soggiorno appunto dove i morti nei loro falli vanno prima della risurrezione, infatti la Scrittura parla di un altro luogo di tormento dove gli empi, quando risorgeranno in risurrezione di giudicio, saranno definitivamente gettati per l’eternità. Questo luogo è chiamato dalla Scrittura in diversi modi infatti è chiamato: "Fuoco eterno" (Matt. 25:41), "Geenna" (Matt. 5:29,30), "Fuoco inestinguibile... dove il verme loro (degli empi) non muore ed il fuoco non si spegne" (Mar. 9:43,48), "Stagno ardente di fuoco e di zolfo" (Ap. 21:8), "Morte seconda" (Ap. 20:14; 21:8). Ora, la parola Gehenna deriva dall’ebraico Gehinnom ‘Valle di Hinnom’, e secondo le seguenti Scritture in questa valle fuori di Gerusalemme ci fu un tempo nel quale gli Israeliti fecero passare per il fuoco i loro figliuoli per sacrificarli ai loro idoli.

Ÿ Il re Giosia "contaminò Tofeth, nella valle dei figliuoli di Hinnom, affinché nessuno facesse più passare per il fuoco il suo figliuolo o la sua figliuola in onore di Molec" (2 Re 23:10).

Ÿ "Il re Achaz "bruciò dei profumi nella valle del figliuolo di Hinnom, ed arse i suoi figliuoli nel fuoco.." (2 Cron. 28:3).

In questa stessa valle al tempo di Gesù venivano bruciati i rifiuti e le carogne degli animali. Ma quando Gesù parlò della Geenna fece riferimento ad un luogo che non è di questo mondo perché là c’é un fuoco inestinguibile e non un fuoco attizzato da mano d’uomo come quello che ardeva nella Geenna nei pressi di Gerusalemme, e le seguenti Scritture lo affermano: "E se la tua mano ti fa intoppare, mozzala; meglio é per te entrar monco nella vita, che aver due mani e andartene nella geenna, nel fuoco inestinguibile" (Mar. 9:43); e: "Ora, se la tua mano od il tuo piede t’é occasion di peccato, mozzali e gettali via da te; meglio é per te l’entrar nella vita monco o zoppo, che l’aver due mani o due piedi ed esser gettato nel fuoco eterno. E se l’occhio tuo t’é occasion di peccato, cavalo e gettalo via da te; meglio é per te l’entrar nella vita con un occhio solo, che l’aver due occhi ed esser gettato nella geenna del fuoco... dove il verme loro non muore ed il fuoco non si spegne" (Matt. 18:8-9; Mar. 9:48); ed ancora: "Temete colui che, dopo aver ucciso, ha potestà di gettar nella geenna" (Luca 12:5). Come potete vedere da queste Scritture la Geenna é il fuoco eterno.

Vediamo ora altre Scritture che parlano di questo luogo per intendere perché esiste e chi sono coloro che vi saranno gettati e quando vi saranno gettati. Gesù parlando della sua venuta ha detto: "Or quando il Figliuol dell’uomo sarà venuto nella sua gloria, avendo seco tutti gli angeli, allora sederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate dinanzi a lui; ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il Re dirà a quelli della sua destra: Venite, voi, i benedetti del Padre mio; eredate il regno che v’è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete, e mi deste da bere; fui forestiere, e m’accoglieste; fui ignudo, e mi rivestiste; fui infermo, e mi visitaste; fui in prigione, e veniste a trovarmi.... Allora dirà anche a coloro dalla sinistra: Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato pel diavolo e per i suoi angeli! Perché ebbi fame e non mi deste da mangiare; ebbi sete e non mi deste da bere; fui forestiere e non m’accoglieste; ignudo, e non mi rivestiste; infermo ed in prigione, e non mi visitaste" (Matt. 25:31-36,41-43).

Ora, quello su cui voglio che riflettiate è che il fuoco eterno (o Geenna) è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli, e che in esso vi saranno gettati non solo il diavolo ed i suoi angeli ma anche tutti i figliuoli del diavolo. Nel libro dell’Apocalisse è confermato che il diavolo verrà gettato nel fuoco eterno e vi rimarrà per l’eternità per esservi tormentato, infatti Giovanni dice che quando saranno compiuti i mille anni (durante i quali Cristo regnerà sulla terra con i santi risorti e durante i quali Satana sarà legato), "Satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro canti della terra, Gog e Magog, per adunarle per la battaglia: il loro numero è come la rena del mare. E salirono sulla distesa della terra e attorniarono il campo dei santi e la città diletta; ma dal cielo discese del fuoco e le divorò. E il diavolo che le avea sedotte fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo..." (Ap. 20:7-10).

In questo fuoco eterno saranno gettati pure (prima del diavolo) la bestia ed il falso profeta i quali faranno la loro comparsa sulla terra prima della venuta del Signore infatti Giovanni dice di costoro: "E la bestia fu presa, e con lei fu preso il falso profeta che avea fatto i miracoli davanti a lei, coi quali aveva sedotto quelli che avevano preso il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Ambedue furon gettati vivi nello stagno ardente di fuoco e di zolfo" (Ap. 19:20).

Come ho detto innanzi i malvagi risusciteranno in resurrezione di giudizio e quando questo avverrà pure loro saranno gettati nel fuoco eterno. Che i malvagi risorgeranno in quel giorno lo disse Gesù in questi termini: "Non vi maravigliate di questo; perché l’ora viene in cui tutti quelli che son nei sepolcri, udranno la sua voce e ne verranno fuori;... quelli che hanno operato male, in risurrezion di giudicio" (Giov. 5:28-29); egli lo confermò anche quando disse che i Niniviti risorgeranno nel giorno del giudizio assieme agli uomini di quella generazione (quella durante la quale visse Gesù; una generazione che lui chiamò peccatrice ed incredula) e la condanneranno perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona, mentre quelli della sua generazione non si erano ravveduti alla predicazione del Figlio di Dio che è superiore a Giona (cfr. Matt. 12:41). Vi ricordo che tra coloro che saranno condannati in quel giorno dai Niniviti vi sono gli abitanti delle città di Corazin, Betsaida, e Capernaum perché essi dopo avere visto le opere potenti del Cristo non si ravvidero alla sua predicazione. Dagli insegnamenti del nostro Signore si comprende che in quel giorno risorgeranno, per essere condannati, anche gli abitanti di Tiro e di Sidone e quelli di Sodoma (cfr. Matt. 11:22,24); quindi, in quel giorno, risorgeranno tutti gli uomini che hanno operato male per essere giudicati secondo le loro opere. Giovanni in visione vide quello che avverrà in quel giorno, e così ha descritto le cose: "Poi vidi un gran trono bianco e Colui che vi sedeva sopra, dalla cui presenza fuggiron terra e cielo; e non fu più trovato posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavan ritti davanti al trono; ed i libri furono aperti; e un altro libro fu aperto, che è il libro della vita; e i morti furon giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro. E il mare rese i morti ch’erano in esso; e la morte e l’Ades resero i loro morti, ed essi furon giudicati, ciascuno secondo le sue opere. E la morte e l’Ades furon gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè, lo stagno di fuoco. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco" (Ap. 20:11-15).

Riassumendo: in quel giorno, i figliuoli del diavolo che sono nell’Ades risorgeranno e saranno gettati nel fuoco eterno dove sarà il pianto e lo stridore dei denti e dove saranno tormentati per sempre. Quindi fratelli, non lasciatevi ingannare dai vani ragionamenti dei Testimoni di Geova quali: ‘Ma Dio è amore, non può fare passare a degli uomini l’eternità nel fuoco’, o: ‘Ma non bisogna intendere alla lettera che saranno tormentati nei secoli dei secoli’, perché la Parola del nostro Dio dice chiaramente che i peccatori quando muoiono vanno all’inferno e che nel giorno del giudizio risorgeranno per essere condannati ad una eterna punizione nello stagno ardente di fuoco e di zolfo (su questo argomento torneremo più avanti).

 

CONCLUSIONE

In questo capitolo abbiamo visto come i Testimoni di Geova negano l’esistenza di un anima immortale all’interno del corpo umano perché per loro l’anima è l’essere umano; e come essi negano l’esistenza dell’Ades e della Geenna.

Il cristiano per loro dunque quando muore non va in cielo (a meno che sia uno degli ‘unti’ perché a questi è accordata subito la risurrezione!) ma si estingue, aspettando nella non esistenza la sua ricreazione (perché non si può parlare di una sua futura risurrezione non avendo egli un anima immortale) che gli permetterà secondo la loro escatologia di tornare a vivere di nuovo sulla terra durante il millennio per essere addestrato e provato.

L’empio pure entra nella non esistenza in attesa della sua ricreazione durante il millennio; ma non tutti gli empi saranno ricreati perché alcuni di essi (per esempio quelli che hanno peccato contro lo Spirito Santo) rimarranno nella non esistenza per sempre non avendo la possibilità di rivivere sulla terra durante il millennio per potersi meritare la vita eterna. Quelli poi che non si saranno meritati la vita eterna durante il millennio saranno fatti tornare nella non esistenza; quindi ci sarà una categoria di peccatori che per ben due volte piomberanno nella non esistenza!

Dicendo queste cose essi vanno ancora una volta in maniera sfacciata contro l’insegnamento delle sacre Scritture. Ma poi, noi diciamo, se un credente con la morte finisce di esistere che gli sarà valso avere creduto nel Signore ed avere perseverato nella fede e nel buon operare fino alla morte? In altre parole, se lui entra nella non esistenza tra la morte e la risurrezione, che beneficio avrà dall’aver fatto la volontà di Dio? Nessuno. E per quanto riguarda il peccatore, noi diciamo, se anche lui entra nella non esistenza tra la morte e la risurrezione perché mai dovrebbe ravvedersi e credere nel Vangelo? E perché mai noi dovremmo scongiurare i peccatori a riconciliarsi con Dio se dopo morti anche per loro finisce tutto? Ma c’è di più; perché mai darsi tanto da fare per evangelizzarli se quando saranno risuscitati avranno ancora la possibilità di essere salvati? E poi ancora; come potrebbe essere incoraggiato il credente a perseverare nella fede e nel buon operare se sapesse che alla fine di questa vita terrena lo aspetta la non esistenza al pari dell’empio? Ed alla risurrezione lo aspetta niente di meno che un periodo di prova (il giorno del giudizio, secondo i Testimoni di Geova, in cui lui verrà giudicato in base al suo operato durante il millennio al pari dell’empio che era morto tempo prima nei suoi peccati e di cui non dovrà per nulla rispondere a Dio)?! In realtà, il credente non sarebbe minimamente incoraggiato a conservare la fede fino alla fine, e l’empio invece non sarebbe per niente scoraggiato a compiere il male per convertirsi al Signore. Tanto, direbbe, alla risurrezione avrò ancora una opportunità!! E male che gli vada, tornerà di nuovo nella non esistenza, non portando per l’eternità la pena della sua ribellione! Come potete vedere l’escatologia dei Testimoni di Geova è deprimente, ingiusta. Ma d’altronde che cosa ci si può aspettare di buono e di giusto da delle dottrine che voltano le spalle alla verità? Come è invece incoraggiante per il credente e scoraggiante per l’empio l’insegnamento della Scrittura. Al credente la Scrittura dice che se persevererà nella fede fino alla fine, quando morirà il Signore lo riceverà in gloria lassù nel cielo, e qui egli aspetterà coscientemente, riposandosi da tutte le sue fatiche compiute sulla terra per amore del Signore, la risurrezione. Allora egli otterrà un corpo glorioso e immortale e riceverà la retribuzione delle cose fatte quand’era nel corpo. All’empio la Scrittura dice invece che se non la lascia la sua via malvagia e non si converte al Signore, alla morte, discenderà con la sua anima nel fuoco dell’Ades dove piangerà e striderà i denti del continuo in attesa della risurrezione di giudicio quando otterrà un corpo immortale e sarà giudicato e condannato al tormento eterno nello stagno ardente di fuoco e di zolfo. Nessuna possibilità esisterà per lui dopo morto, di potersi convertire al Signore.

O empi non indurite il vostro cuore, non fate la faccia tosta, convertitevi dalle vostre vie malvage e credete in Gesù Cristo, fatelo subito per non ritrovarvi nell’inferno quando morirete e nello stagno ardente di fuoco per l’eternità. Sappiate che l’ira di Dio è sopra di voi, è un’ira ardente che può essere rimossa solamente mediante la fede in Cristo, non c’è altra maniera. Quand’anche vi sforzaste di riconciliarvi con Dio per mezzo delle opere buone, sappiate che esse nulla vi gioveranno perché questa ira rimarrà su di voi, perché è solo in Cristo che essa è rimossa.

A voi fratelli dico invece: perseverate nella fede, afferrate la vita eterna alla quale siete stati chiamati affinché quando morirete possiate andare ad abitare con il Signore nel regno dei cieli. Non portate minimamente invidia all’empio perché quando morirà scenderà nelle fiamme dell’inferno; badate a voi stessi perché l’invidia vi porterebbe ad abbandonare la retta via e ad incamminarvi sulla via della perdizione ed andreste a raggiungere gli empi all’inferno e non più i santi in cielo quando morirete.

 

 

NOTE

 

[1] Per loro dunque quando una persona muore finisce tutto tranne però, come abbiamo già visto innanzi, per il residuo dei 144.000 che all’atto della loro morte mediante un atto di ricreazione, dato che non hanno anima, vengono rapiti in cielo!

  

[2] I Testimoni di Geova si danno molto da fare tramite tutte le loro riviste e i loro libri per negare l’esistenza dell’anima nell’uomo e la conseguente immortalità; è veramente notevole lo sforzo che queste persone accecate dal diavolo fanno nel combattere la verità.

 

[3] Se dicessimo che Cristo Gesù non aveva un’anima immortale nel suo corpo, dovremmo dire che quando egli morì fu annichilito, cioè smise di vivere del tutto, non solo fisicamente ma anche spiritualmente. E che quindi Pietro ha mentito quando dice che Cristo nello spirito "andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furono ribelli..." (1 Piet. 3:19-20). Ma tutto questo non si può dire proprio perché Gesù aveva un’anima nel suo corpo.

 

[4] Secondo quanto dice lo storico Giuseppe Flavio (n. 37 - m. dopo il 100) nelle sue Antichità Giudaiche, i Sadducei negavano, oltre che la risurrezione corporale, pure l’immortalità dell’anima infatti dicevano che le anime morivano con i corpi. Da ciò si spiega il perché Gesù Cristo rispose loro in quella maniera, cioè sia attestando che un giorno gli uomini sarebbero risorti ma anche che nello stesso momento in cui egli stava parlando Abramo, Isacco e Giacobbe stavano vivendo perché Dio era il loro Dio, e Lui non era l’Iddio dei morti ma dei viventi.

 

[5] I Testimoni di Geova a proposito dell’apparizione di Mosè ed Elia dicono quanto segue: ‘Cristo era realmente lì, anche se Mosè ed Elia, che erano morti, non erano letteralmente presenti. Essi furono rappresentati in visione’ (Perspicacia nello studio delle Scritture, vol. II, pag. 1135). Sul fatto che per loro Elia era morto torneremo più avanti. Per ora ci limitiamo a dire che quel ‘rappresentati in visione’ è l’ennesimo sofisma della Torre di Guardia, perché Mosè ed Elia erano realmente presenti sul monte. Erano loro, proprio loro. Nessuno vi seduca.

 

[6] Perché viene usata proprio quest’espressione riguardo ai morti? Probabilmente perché come coloro che s’addormentano del sonno naturale non sono coscienti di quello che avviene attorno a loro, così anche coloro che muoiono cessano di essere consci di quello che avviene su questa terra. E poi va anche detto che come addormentarsi del sonno naturale significa riposarsi, perché mentre uno dorme il corpo si riposa; così anche per chi s’addormenta nel Signore inizia un riposo. Quindi l’immagine del dormire è veramente appropriata per descrivere coloro che muoiono nel Signore.

 

[7] Cosa dicono i Testimoni di Geova sulla predicazione di Cristo agli spiriti ritenuti in carcere? Questo: ‘Gli unici spiriti in prigione menzionati nelle Scritture sono gli angeli dei giorni di Noè che furono ‘consegnati a fosse di dense tenebre’ (2Pt 2:4,5) e, ‘riservati al giudizio del gran giorno con legami sempiterni’. (Gda 6) Perciò la predicazione fatta dal risuscitato Gesù a quegli angeli malvagi poteva essere soltanto una predicazione di giudizio’ (Perspicacia nello studio delle Scritture, vol. II, pag. 634). Come potete vedere, i Testimoni di Geova per fare credere che Gesù non andò a predicare a quegli spiriti con la sua parte spirituale dipartitasi dal corpo alla morte, e questo perché egli, secondo loro, come qualsiasi altro uomo non aveva un anima, e per fare credere che quegli spiriti non erano gli spiriti degli uomini che erano stati ribelli al tempo di Noè che si trovavano nell’Ades, hanno fatto dire a Pietro qualche cosa che egli non disse. Fratelli, notate come la negazione dell’esistenza dell’anima generi altri errori. E questo perché la menzogna per essere fatta passare per verità mediante le Scritture ha bisogno di altre menzogne, in altre parole un’affermazione che si oppone alla sana dottrina di Dio porta inevitabilmente a dover fare altre affermazioni false perché costringe i suoi sostenitori a interpretare arbitrariamente quei fatti e quelle parole che provano il contrario di quanto loro affermano. A riguardo di questo insegnamento della Torre di Guardia sulla predicazione compiuta da Gesù a quegli spiriti occorre dire un’altra cosa, e cioè che esso è in contraddizione con quello del loro secondo presidente Rutherford. Infatti costui ebbe ad affermare: ‘Il fatto che Gesù predicò a quegli spiriti in prigione lascia credere che esiste per essi un’opportunità di restaurazione e di ritorno in armonia con Dio (...) quelli che si pentono e si riformano sottomettendosi alla legge di Dio possono essere salvati. Questo significherebbe che al proprio tempo essi dovranno prendere positivamente e definitivamente posizione contro Satana, contro Gog e tutte le loro empie orde e proclamare di volersi mettere schiettamente e risolutamente dalla parte di Dio’ (J. F. Rutherford, Nemici, Brooklyn 1937, pag. 50). Come potete vedere per Rutherford quegli spiriti non erano irrimediabilmente perduti per sempre perché hanno la possibilità di pentirsi e di essere salvati. Per la Torre di Guardia invece questa possibilità quegli spiriti non ce l’hanno infatti essa per spiegare la predicazione di giudizio compiuta da Gesù nei loro confronti dice: ‘Si può notare che il libro di Rivelazione trasmesso in visione a Giovanni da Cristo Gesù verso la fine del I secolo E.V. contiene molti accenni a Satana il Diavolo e ai suoi demoni e alla loro finale distruzione, e questo costituisce una predicazione di giudizio’ (Perspicacia nello studio delle Scritture, vol. II, pag. 634). In altre parole la sorte che aspetta quegli angeli è la distruzione eterna: ‘Furono tagliati fuori dalla luce spirituale dell’organizzazione di Dio, in attesa di subire la distruzione eterna’ (Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, pag. 95).

 

[8] Alcune considerazioni sulle parole di Paolo ai Filippesi. Secondo i Testimoni di Geova, Paolo espresse il desiderio di andare con il Signore alla prima risurrezione di quella parte dei 144.000 avvenuta nel 1918. Quindi Paolo sarebbe rimasto nella non-esistenza fino a quell’anno! Ma ciò è falso perché altrimenti Paolo non avrebbe poco prima chiamato il suo morire "guadagno" perché ciò sarebbe stato un controsenso. Che avrebbe guadagnato infatti con la sua morte? E poi, che lui parlava della sua dipartenza dal corpo e del suo andare subito con Cristo in cielo emerge anche dalle sue seguenti parole: "Ma il mio rimanere nella carne è più necessario per voi" (Fil. 1:24). L’apostolo voleva dire che se fosse partito dal corpo per lui sarebbe stato cosa di gran lunga migliore che rimanere nel corpo perché sarebbe andato con Gesù in cielo; ma si rendeva conto che per i santi di Filippi sarebbe stato più utile che lui rimanesse. Per questo lui diceva anche: "Ma se il continuare a vivere nella carne rechi frutto all’opera mia allora quel ch’io debba preferire, non saprei dire" (Fil. 1:22); perché da un lato sapeva cosa lo aspettava alla morte e dall’altro sapeva che una volta morto non avrebbe più potuto essere utile personalmente ai santi di Filippi perché sarebbe cessata la sua opera a loro favore.

 

[9] Per la Torre di Guardia il significato di queste parole è che chi entra nel riposo di Dio (cioè il cristiano) si riposa dalle sue opere egoistiche!! Per comprendere questo strano significato occorre conoscere un altra stranezza introdotta dal Corpo Direttivo, e precisamente quella che afferma che il settimo giorno di riposo iniziò subito dopo la creazione dell’uomo e dura ormai da migliaia di anni e terminerà alla fine del millennio.

[10] Naturalmente i Testimoni di Geova dicono che Paolo faceva parte dei 144.000, per questo poteva dire quelle parole. Innanzi tutto non si può dire che Paolo facesse parte dei 144.000, e poi che se fosse così come dicono loro Paolo avrebbe dovuto aspettare più di diciotto secoli prima di entrare nel regno celeste, il che non può essere perché lui nel regno celeste ci entrò con l’anima sua dopo che morì e non nel 1918. Al bando queste loro ciance sui 144.000! Noi come Paolo abbiamo la stessa fiducia perché abbiamo in noi lo stesso Spirito che aveva il nostro fratello Paolo, e la stessa fede. E’ vero che non siamo parte dei 144.000 ma è altresì vero che facciamo parte del piccolo gregge del Signore a cui è stato promesso il Regno. A Cristo nostro Redentore sia la gloria in eterno. Amen.

 

[11] Come potete vedere essi quando pensano allo sheol sotto l’Antico Testamento pensano subito ad un luogo di soli tormenti, ma essi dimenticano che sotto l’Antico Patto nello sheol andavano sia i giusti che i peccatori perché esisteva nel mondo invisibile un luogo di conforto - chiamato seno d’Abramo -, sopra quello di tormento, dove andavano le anime dei giusti. Questo è quello che si apprende dalla storia del ricco e di Lazzaro raccontata da Gesù. Questo luogo dopo la morte di Cristo è stato tolto perché i giusti che vi erano sono stati portati in cielo. Su questo argomento però per ora non ci soffermiamo, ci torneremo più avanti.

 

[12] Diodati per esempio l’ha tradotta con sepolcro in questi versi: "E non lasciare scendere la sua canutezza in pace nel sepolcro (Sheol)" (1 Re 2:6); "Così chi scende nel sepolcro (Sheol) non ne salirà (Giob. 7:9); "Perciocchè il sepolcro (Sheol) non ti celebrerà" (Is. 38:18).

 

[13] Nella Strong’s Exhaustive Concordance of the Bible, trentunesima stampa, New York 1973, alla voce hades, presente nel Greek Dictionary of the New Testament, si legge: ‘Hades’ or the place (state) of departed souls: - grave, hell’ (pag. 8). In italiano: ‘Hades’ o il luogo (stato) delle anime dipartite: - tomba, inferno’. Alla voce sheol, presente nel Hebrew and Chaldee Dictionary, si legge: ‘hades or the world of the dead (as if a subterranean retreat), includ. its accessories and inmates: - grave, hell, pit’ (pag. 111). In italiano: ‘hades o il mondo dei morti (inteso come un luogo appartato sotterraneo), inclusi i suoi accessori e i suoi dimoranti: - tomba, inferno, abisso’.

 

[14] Va detto che le parole di Gesù annullano anche l’altra dottrina dei Testimoni di Geova secondo cui Giuda non risusciterà.

 

[15] Ho ritenuto di trascrivere la testimonianza di Hagin, quantunque il fratello Hagin si sia messo in seguito, dopo diversi anni di ministerio, a predicare anche lui il messaggio della prosperità e a fare affermazioni che non sono in armonia con l’insegnamento della Scrittura, cosa che naturalmente non ha ridondato a suo onore e neppure alla gloria di Dio. Ritengo infatti che le sue esperienze da morto sopra citate non siano state minimamente invalidate, perché sono esperienze reali da lui vissute e confermate ampiamente dalla Scrittura.

 

[16] Solitamente, i Testimoni di Geova, oltre al sopra citato passo nel libro di Giobbe, citano anche queste parole di Pietro che si riferiscono a Davide: "Poiché Davide non è salito in cielo..." (Atti 2:34), a significare che quando si muore non si va in cielo. Ma è chiaro che in base all’insegnamento della Scrittura Davide non poteva ancora salire in cielo con la sua anima quando morì, perché vi sarebbe salito anche lui al tempo fissato da Dio. Ma quel "non è salito in cielo" sta anche a dimostrare che Davide non essendo stato ancora risuscitato da Dio con un corpo incorruttibile non poté salire in cielo con il suo corpo. Un altro esempio scritturale che i Testimoni di Geova pensano di avere dalla loro parte nel sostenere che quando un credente muore non va in cielo, è quello di Lazzaro che Gesù risuscitò dai morti dopo quattro giorni che era nel sepolcro. Ecco cosa essi dicono: ‘Ma puoi chiedere: Dove fu Lazzaro durante i quattro giorni che fu morto? Andò Lazzaro in cielo quando morì? Fu lassù vivente con Dio e con i santi angeli? Ora pensa: Se durante quei quattro giorni Lazzaro fosse stato in cielo, non ne avrebbe detto qualche cosa? - E se fosse stato in cielo, l’avrebbe Gesù fatto tornare da quel luogo meraviglioso? La Bibbia non dice che Lazzaro fosse in cielo’ (Ascoltate il grande Insegnante!, Brooklyn 1972, pag. 69). Ma anche a riguardo di Lazzaro i Testimoni di Geova fanno alcuni errori. Innanzi tutto Lazzaro, come anche Davide, non poté andare in cielo quando morì per il motivo già detto, cioè che i giusti prima della risurrezione di Gesù andavano nel seno di Abramo che si trovava sotto terra; e poi si tenga presente che quantunque non ci sia scritto cosa disse Lazzaro al suo ritorno sulla terra, pure lo supponiamo, perché è scritto che "i capi sacerdoti deliberarono di far morire anche Lazzaro, perché, per cagion sua, molti de’ Giudei andavano e credevano in Gesù" (Giov. 12:10-11). Ora, noi domandiamo: ma che cosa avrà detto Lazzaro da attirarsi l’odio dei capi sacerdoti che volevano uccidere anche lui? Noi crediamo che egli abbia parlato ai suoi connazionali della beatitudine gustata nel seno di Abramo durante quei quattro giorni. Il Lazzaro della storia del ricco avrebbe certamente fatta la stessa cosa se fosse stato risuscitato da Dio; egli avrebbe detto di aver visto il patriarca Abramo, e gli altri giusti in quel luogo di conforto; ma nel suo caso Dio non permise che risuscitasse e sappiamo i motivi. Quindi, dato che Lazzaro dopo morto andò nello stesso luogo dove c’era l’altro Lazzaro morto prima di lui, siamo sicuri che raccontò quelle cose. Ed anche i tormenti patiti dagli empi nell’Ades, che era visibile dal seno di Abramo.

 

[17] L’escatologia (dal greco escatos ‘ultimo’ e logos ‘dottrina’ o ‘discorso’ o ‘parola’) è l’insieme delle dottrine che concernono le cose finali. Il termine viene dunque usato in riferimento a quello che succede all’uomo dopo morto; ma anche in riferimento alla risurrezione dei giusti e degli ingiusti, al regno millenario sulla terra, al giudizio degli empi, al destino di questi cieli e questa terra, e a qualsiasi altro evento finale.

 

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