Capitolo 3

L’imposizione del sabato e della decima, e il divieto di mangiare alcuni cibi e di bere alcune bevande

 

L’IMPOSIZIONE DEL SABATO

La dottrina avventista

Il sabato va osservato perché è il segno fra Dio e il suo popolo, e verrà il tempo che l’osservanza del falso sabato (la domenica) costituirà il marchio della bestia. Ellen G. White scrisse a proposito del sabato: ‘Fu perché questa verità rimanesse sempre presente nella mente degli uomini che Dio istituì il sabato in Eden, e finché sussisterà il fatto che Egli è il nostro Creatore, esso rappresenterà la ragione per la quale dobbiamo adorarlo e considerare il sabato come un segno e un memoriale. Se il sabato fosse stato universalmente osservato, i pensieri e gli affetti degli uomini sarebbero stati rivolti al Creatore come oggetto di riverenza e di adorazione, e non ci sarebbe mai stato un idolatra, un ateo, un incredulo. L’osservanza del sabato è un segno di fedeltà al vero Dio’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, pag. 320). Ricordiamo che Ellen G. White asserì a proposito del sabato di avere avuto una visione nella quale fu portata nel luogo santissimo in cielo e vide i dieci comandamenti, con un’aureola di gloria attorno al comandamento del sabato. Ecco le sue parole: ‘ (...) il Signore mi inviò una visione. Venni condotta nel luogo santissimo. Vidi l’arca e su di essa il propiziatorio. Gesù sollevò il coperchio dell’arca e io vidi le tavole di pietra sulle quali erano scritti i dieci comandamenti. Fui stupita nel leggere il quarto comandamento. Lo circondava un’aureola di gloria (...) il quarto comandamento, riguardante il sabato, brillava persino più di tutti gli altri; poiché il sabato era stato santificato per esser osservato in onore del nome santo di Dio. Il sabato santo appariva glorioso, circondato da un’aureola di gloria’ (citato da Robert S. Folkenberg, Noi crediamo ancora, Trento 1994, pag. 87-88). Questa sua dottrina è confermata in Questions on Doctrine con le seguenti parole: ‘Noi crediamo che il Sabato fu istituito in Eden prima che il peccato entrasse, che fu onorato da Dio, messo a parte per decreto divino, e dato all’umanità come il perpetuo memoriale di una creazione finita’ (Questions on Doctrine, pag. 149), e nel diciannovesimo articolo di fede della Chiesa Avventista del Settimo giorno che dice tra le altre cose: ‘...Il quarto comandamento dell’immutabile legge di Dio richiede l’osservanza di questo Sabato, il settimo giorno, come giorno di riposo, di adorazione e di ministerio in armonia con l’insegnamento e la vita di Gesù, il Signore del Sabato...’ (G. De Meo, op. cit., pag. 235). Allora il sabato non fu abolito da Cristo? No, infatti gli Avventisti affermano con forza: ‘Noi dissentiamo dal suggerimento che il settimo giorno del Sabato dell’Antico Testamento aveva solo un significato cerimoniale, o che fu in qualche maniera compiuto e abrogato da Cristo....’ (Questions on Doctrine, pag. 157). Per gli Avventisti l’osservanza del sabato è un espressione della fede che Cristo creò il mondo, ed anche un segno di amore, di fedeltà e di devozione verso il Signore. Segno che purtroppo contraddistingue ben pochi Cristiani. Per queste ragioni essi si sentono investiti di una particolare missione restauratrice e si ritengono ambasciatori di un particolare messaggio che ha al suo centro proprio il sabato, infatti si studiano di convincere tutti coloro che incontrano, sia Cattolici che Protestanti, ad osservare il sabato. Sabato che secondo loro è stato calpestato dal papato perché secondo loro la ragione per cui oggi i cristiani ‘osservano’ la domenica anziché il sabato è perché il papato sostituì nei primi secoli dopo Cristo il settimo giorno della settimana con il primo giorno; a sostegno di ciò essi citano sempre un canone del concilio di Laodicea del 364 circa che ingiunge di osservare il primo giorno della settimana anziché il settimo, e svariate dichiarazioni di prelati papisti che attribuiscono il cambiamento del giorno del Signore dal sabato alla domenica alla chiesa cattolica romana. Nello stesso tempo però gli Avventisti fanno presente che questo cambiamento era stato predetto da Dio tramite il profeta Daniele quando gli disse a riguardo di un re che sarebbe sorto e che avrebbe proferito parole contro l’Altissimo ed avrebbe ridotto allo stremo i santi di Dio: "Penserà di mutare i tempi e la legge" (Dan. 7:25; cfr. Questions on Doctrine, pag. 169). Questa è una delle ragioni per cui gli Avventisti sono particolarmente avversi ai Cattolici romani. E non solo ai Cattolici romani ma anche ai Protestanti  perché in questo sono andati dietro alla chiesa cattolica romana mettendosi anch’essi contro il quarto comandamento del decalogo dicendo che esso è stato abrogato da Cristo. La loro dunque è una guerra che si prefigge di far tornare la cristianità sviata (dal papato) ad osservare il sabato. E per capire con quanta decisione e forza portano avanti il messaggio del sabato nel mondo intero basta leggere le loro riviste, i loro numerosi libri, o sentirli parlare. Per loro l’osservanza della domenica al posto del sabato è una breccia apertasi nella legge di Dio che essi quali ‘riparatori di brecce’ devono riparare. La loro profetessa infatti disse a riguardo: ‘La breccia nella legge provocata dal cambiamento da parte dell’uomo nell’osservanza del sabato, deve essere riparata. Il popolo di Dio degli ultimi tempi, presentandosi al mondo come un riformatore, mostrerà che la legge di Dio è il fondamento di ogni riforma duratura e che il sabato del quarto comandamento può essere presentato come memoriale della creazione e come punto di riferimento costante…’ (Ellen G. White, Profeti e Re, pag. 344-345). A tutto ciò bisogna aggiungere che l’osservanza della domenica invece del sabato, per gli Avventisti, è il marchio della bestia di cui si parla nell’Apocalisse; marchio però che ancora nessuno ha preso – questo essi ci tengono a precisarlo – perché esso sarà preso quando verrà il tempo in cui l’osservanza della domenica verrà imposta con la forza. Allora e solo allora chi rifiuterà di osservare il sabato sarà marchiato con quel marchio e perciò condannato alla distruzione eterna. Citiamo alcune parole della White a riguardo: ‘Nessuno ha ancora ricevuto il marchio della bestia. Il tempo della prova non è ancora arrivato. Ci sono veri Cristiani in ogni chiesa non esclusa la comunione Cattolica Romana. Nessuno di essi è condannato fino a che essi non avranno avuto la luce e non avranno visto l’obbligo del quarto comandamento. Ma quando il decreto uscirà imponendo il falso sabato, e il forte grido del terzo angelo avvertirà gli uomini contro l’adorazione della bestia e della sua immagine, la linea sarà chiaramente demarcata tra il falso e il vero. Allora coloro che continueranno ancora nella trasgressione riceveranno il marchio della bestia’ (Ellen G. White, Evangelism [Evangelismo], pag. 234,235; citato da Questions on Doctrine, pag. 183); ‘L’osservanza della domenica non è ancora il marchio della bestia, e non lo sarà fino a che non uscirà il decreto che causerà gli uomini di adorare questo idolo sabato. Verrà il tempo che questo giorno sarà il test, ma quel tempo non è ancora giunto’ (Ellen G. White Manuscript 118, 1899; citato da Questions on Doctrine, pag. 184). Stando così le cose il loro dovere è quello di avvertire l’umanità delle terribili conseguenze a cui andranno incontro coloro che nel tempo fissato da Dio (molto vicino per loro) rifiuteranno di osservare il sabato. Insomma verrà il tempo in cui l’osservanza del sabato costituirà una questione di vita o di morte.

Per riassumere brevemente la posizione degli Avventisti a riguardo del sabato diciamo quanto segue. Il sabato fu istituito da Dio nel giardino dell’Eden, nel senso che Dio comandò per prima ad Adamo ed Eva di osservarlo per commemorare la sua completa creazione, poi fu confermato al monte Sinai al popolo d’Israele, sempre per commemorare l’opera della sua creazione; ed infine mediante Cristo fu confermato e non abrogato perché Gesù stesso lo osservò e non disse di non osservarlo più. Questo implica naturalmente che oggi il settimo giorno della settimana, ossia il sabato giudaico, per loro deve essere osservato sotto la grazia come doveva essere osservato sotto la legge perché secondo loro esso è tuttora in vigore. Il fatto che il settimo giorno sia stato sostituito dalla domenica è dovuto all’opera malefica del papato che così facendo mutò la legge di Dio, cosa questa per altro preannunciata da Dio. Ma Dio nella sua fedeltà in questi ultimi giorni ha suscitato il Movimento Avventista per restaurare alcune verità, tra cui appunto l’osservanza del sabato. Da qui il loro grande sforzo per ‘convertire’ al sabato gli osservatori della domenica. E siccome il tempo in cui l’osservanza della domenica costituirà il marchio della bestia si avvicina frettolosamente, essi devono avvertire il mondo intero della catastrofe che si abbatterà su tutti coloro che in quel tempo osserveranno la domenica.

Confutazione

Perché Dio ordinò di osservare il sabato, che cosa rappresentava il sabato e quale era la punizione in cui incorreva chi lo violava

Ora, fratelli, fermo restando che il comandamento divino di osservare il sabato, secondo la legge data agli Israeliti per mezzo di Mosè, é santo, giusto e buono e non é per nulla da disprezzare, voi dovete sapere che a noi che siamo in Cristo non é ordinato di osservare il sabato come invece fu ordinato di fare ad Israele nel deserto. Prima però di passare a spiegare le ragioni per cui questo obbligo non è più per noi, vogliamo spiegare, mediante le Scritture, perché Dio ordinò agli Israeliti di osservare il sabato, che cosa esso rappresenta nell’alleanza fatta da Dio con gli Israeliti, e quale era la punizione per chi lo profanava, e come Dio tramite i profeti scongiurò gli Israeliti ribelli a santificarlo.

Tra i dieci comandamenti che Dio scrisse con il suo dito sulle tavole della legge date a Mosè vi era pure questo: "Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fà in essi ogni opera tua; ma il settimo é giorno di riposo, sacro all’Eterno, ch’è l’Iddio tuo; non fare in esso lavoro alcuno, né tu, né il tuo figliuolo, né la tua figliuola, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero ch’é dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò ch’é in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò l’Eterno ha benedetto il giorno del riposo e l’ha santificato" (Es. 20:8-11). Quindi, la ragione per cui Dio ordinò agli Israeliti di santificare il sabato non facendo lavoro alcuno in esso fu perché Egli creò i cieli, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi in sei giorni, ed il settimo giorno si riposò secondo che é scritto: "Si riposò il settimo giorno da tutta l’opera che aveva fatta" (Gen. 2:2); e lo santificò secondo che é scritto: "E Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso si riposò da tutta l’opera che aveva creata e fatta" (Gen. 2:3). Per questo, secondo la legge di Mosè, il sabato é sacro a Dio, e nei profeti Dio lo chiama: "Il mio santo giorno" (Is. 58:13). Il sabato era un segno fra Dio e gli Israeliti secondo che Dio disse: "Esso é un segno perpetuo fra me e i figliuoli d’Israele" (Es. 31:17), (come lo era anche la circoncisione nella carne), e serviva a fare contraddistinguere il popolo d’Israele, con il quale Dio aveva fatto il patto, da tutti gli altri popoli. Dio aveva santificato quel giorno e ordinò agli Israeliti di santificarlo non lavorando in esso; perciò chi avrebbe lavorato di sabato avrebbe profanato quel santo giorno attirandosi l’ira di Dio su di sé. E’ bene ricordare, a tale riguardo, che la punizione per chi profanava il sabato, lavorando in esso, era la morte perché Dio disse: "Osserverete dunque il sabato, perché è per voi un giorno santo; chi lo profanerà dovrà esser messo a morte; chiunque farà in esso qualche lavoro sarà sterminato di fra il suo popolo" (Es. 31:14). Come potete vedere per chi infrangeva questo ordine relativo al sabato non vi erano sacrifici espiatori che egli poteva offrire per essere perdonato. A conferma di quanto qui sopra scritto vi ricordo ciò che avvenne nel deserto ad un uomo che fu trovato a raccogliere legna in giorno di sabato. E’ scritto: "Or mentre i figliuoli d’Israele erano nel deserto, trovarono un uomo che raccoglieva delle legna in giorno di sabato. Quelli che l’aveano trovato a raccogliere le legna lo menarono a Mosè, ad Aaronne e a tutta la raunanza. E lo misero in prigione, perché non era ancora stato stabilito che cosa gli si dovesse fare. E L’Eterno disse a Mosè: ‘Quell’uomo dev’esser messo a morte; tutta la raunanza lo lapiderà fuori del campo’. Tutta la raunanza lo menò fuori del campo e lo lapidò; e quello morì, secondo l’ordine che l’Eterno avea dato a Mosè" (Num. 15:32-36). Dopo che gli Israeliti presero possesso della terra promessa violarono il comandamento del sabato, e Dio li ammonì svariate volte, tramite i suoi profeti, esortandoli a rispettare quel giorno sacro. Ecco come Dio li esortò tramite Geremia a rispettare il sabato: "Per amore delle anime vostre, guardatevi dal portare alcun carico e dal farlo passare per le porte di Gerusalemme, in giorno di sabato; e non traete fuori delle vostre case alcun carico e non fate lavoro alcuno in giorno di sabato; ma santificate il giorno del sabato, com’io comandai ai vostri padri" (Ger. 17:21-22), ed ecco come Egli tramite il profeta Isaia, promise di benedire il suo popolo se avesse smesso di trasgredire il sabato: "Se tu trattieni il piè per non violare il sabato facendo i tuoi affari nel mio santo giorno; se chiami il sabato una delizia, e venerabile ciò ch’è sacro all’Eterno, e se onori quel giorno anziché seguir le tue vie e fare i tuoi affari e discuter le tue cause, allora troverai la tua delizia nell’Eterno; io ti farò passare in cocchio sulle alture del paese, ti nutrirò della eredità di Giacobbe tuo padre, poiché la bocca dell’Eterno ha parlato" (Is. 58:13-14). Nel caso invece gli Israeliti non avessero smesso di profanare il sabato Dio li avrebbe puniti: ecco come Dio con altrettanta chiarezza avvertì gli Israeliti della punizione che sarebbe piombata su di loro nel caso avessero perseverato nella loro caparbietà di cuore: "Ma, se non mi date ascolto e non santificate il giorno del sabato e non v’astenete dal portar de’ carichi e dall’introdurne per le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle porte della città, ed esso divorerà i palazzi di Gerusalemme, e non s’estinguerà" (Ger. 17:27).

Per riassumere brevemente quanto detto sul sabato, diciamo che Dio nel deserto, dopo avere tratto il suo popolo Israele fuori dal paese d’Egitto, ordinò agli Israeliti nelle dieci parole di ricordarsi di santificare il sabato; gli disse di ricordarsi del sabato perché essi dovevano già santificarlo dato che quando Dio cominciò a mandare la manna (il che avvenne prima della promulgazione della legge sul Sinai) disse loro: "Domani è un giorno solenne di riposo: un sabato sacro all’Eterno..." (Es. 16:23). Esso era un segno tra Dio e il suo popolo, e chi lo profanava facendo un qualche lavoro in esso doveva essere messo a morte. Gli Israeliti al tempo dei profeti furono prima ammoniti da Dio perché non santificavano il sabato, e poi fatti sterminare da Dio e portare in cattività perché rifiutarono di santificare il sabato. (Naturalmente Dio ammonì il suo popolo e lo punì anche a motivo di altri suoi peccati).

Perché noi non dobbiamo osservare più il sabato

Dopo avere citato tutte queste Scritture concernenti il sabato é inevitabile che qualcuno domandi: ‘Ma allora perché noi credenti non dobbiamo osservare il sabato come dice la legge di Mosè?’ Perché il giorno del sabato era una figura e l’ombra del riposo di Dio che sarebbe stato fatto conoscere nella pienezza dei tempi per mezzo del Figlio di Dio. Paolo lo ha detto in questi termini ai Colossesi: "Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a novilunî o a sabati, che sono l’ombra di cose che doveano avvenire" (Col. 2:16-17). A proposito di queste parole di Paolo notate che esse seguono queste altre parole: "Avendo cancellato l’atto accusatore scritto in precetti, il quale ci era contrario; e quell’atto ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce..." (Col. 2:14). Quel "dunque" perciò significa che dato che Cristo sulla croce ha abrogato la legge fatta di comandamenti che ci era contraria e che possedeva le ombre (novilunî, feste, sabati, pratiche relative ai cibi) e non la realtà dei beni, noi adesso non ci dobbiamo mettere di nuovo a osservare i novilunî, i sabati, le pratiche relative a vivande perché noi siamo morti con Cristo agli elementi del mondo per vivere in novità di vita e non in vecchiezza di lettera. Nel caso contrario, cioè se noi ci mettessimo a osservare quelle ombre, gli altri ci giudicherebbero a giusta ragione persone che vogliono ricostruire ciò che Cristo ha distrutto mediante la sua morte, e che vogliono raggiungere la perfezione tramite quei precetti la cui osservanza non può giustificare coloro che li osservano. E questo lo dobbiamo evitare. Ho detto prima che il sabato era figura del riposo di Dio per il suo popolo. Vediamo di dire qualcosa di più su questo punto. La legge di Mosè ha "un’ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose" (Ebr. 10:1), perciò il sabato non era il vero riposo di Dio per il suo popolo ma solo una figura di esso. La Scrittura conferma ciò quando dice: "Resta dunque un riposo di sabato per il popolo di Dio; poiché chi entra nel riposo di Lui si riposa anch’egli dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue" (Ebr. 4:9-10). Quindi chi sulla terra si astiene da qualsiasi lavoro nel settimo giorno si riposa per un breve lasso di tempo, perché dopo deve ricominciare a lavorare ed ha bisogno di riposarsi di nuovo il sabato successivo; mentre chi entra nel riposo di sabato di Dio (quello vero) si riposa dalle fatiche del suo amore per l’eternità. "Noi che abbiam creduto entriamo in quel riposo… Studiamoci dunque d’entrare in quel riposo, onde nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza" (Ebr. 4:3,11), dice la Scrittura, facendo chiaramente intendere che, innanzi tutto entrano nel riposo di Dio coloro che credono e poi che ancora noi che siamo sulla terra non siamo entrati in questo riposo e ci dobbiamo studiare di entrarci e di non seguire lo stesso esempio di disubbidienza degli Israeliti nel deserto, i quali "non v’entrarono a motivo della loro disubbidienza" (Ebr. 4:6) (secondo che è scritto che Dio giurò nella sua ira: "Non entreranno nel mio riposo" [Ebr. 4:3]). Diletti, rimane "una promessa d’entrare nel suo riposo" (Ebr. 4:1), nel riposo di sabato, per tutti noi che abbiamo creduto, quindi continuiamo a credere nella Parola di Dio che é stata piantata in noi fino alla fine per entrare in quel beato riposo di Dio. Ma quando si entra nel riposo di Dio? Si entra nel riposo di Dio quando si muore nel Signore; questo lo attesta Giovanni nel libro della Rivelazione in questi termini: "E udii una voce dal cielo che diceva: Scrivi: Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essendo che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li seguono" (Ap. 14:13). In verità possiamo dire che i credenti quando muoiono si riposano! Si riposano però coscientemente; cioè sperimentano realmente il riposo dalle loro fatiche. Dico questo perché non bisogna pensare che quando un credente muore entra in uno stato di incoscienza, in uno stato di non esistenza, perché egli continua a vivere con l’anima in cielo.

Confutazione dell’interpretazione avventista di Col. 2:16-17

Agli Avventisti le parole di Colossesi 2:16-17 danno particolarmente fastidio (questo è comprensibile dato che gli turano la bocca), e difatti sono quelle contro cui si scagliano di più per dimostrare che Paolo non ha voluto dire che Cristo ha abrogato il sabato. Ascoltate quello che dicono commentando queste parole di Paolo: ‘E’ difficile che Paolo si riferisca al settimo giorno del Decalogo, perché questo sabato non è ombra di niente, è una realtà in sé’ (Il Messaggero Avventista, Luglio-Agosto 1991, pag. 109). Ma allora a cosa si riferiva Paolo quando parlava di sabati? ‘Si riferisce ai sabati cerimoniali, non al sabato settimo giorno’ (ibid., pag. 109). Dove per sabati cerimoniali gli Avventisti intendono quei giorni di sabato che cadevano nelle feste giudaiche. E per rafforzare questa loro interpretazione fanno questa affermazione: ‘Gli Avventisti riconoscono che delle circa 60 apparizioni del termine ‘sabato’ nel Nuovo Testamento, 59 si riferiscono al sabato settimanale, ma essi sostengono che in Colossesi 2 il termine si riferisce ai ‘sabati cerimoniali’ (ibid., pag. 109)! Ma un simile discorso è vano per queste ragioni.

Primo perché Paolo quando ha parlato di feste ha implicitamente già incluso in quelle feste tutti quei sabati che facevano parte di qualche festa (per esempio il sabato che cadeva durante la festa degli Azzimi, o quello che cadeva durante la festa delle Capanne); e quand’anche non li avesse inclusi nelle feste da lui citate certamente nella parola sabati c’erano inclusi non solo i sabati delle feste ma anche tutti gli altri. Certo che ragionando come fanno gli Avventisti si potrebbe pure far dire a Paolo che quando rimproverò i Galati di essersi messi ad osservare giorni, tra quei giorni non c’era il sabato! E chissà, magari anche che lui impose la decima (quantunque fosse della tribù di Beniamino e non fosse sacerdote nel tempio) perché disse che coloro che annunciano l’Evangelo devono vivere dell’Evangelo (come se il precetto della decima fosse parte integrante del Vangelo che lui annunciava)! Ma ammesso e non concesso che Paolo ai Colossesi si riferisca ai sabati ‘cerimoniali’ e non al settimo giorno del Decalogo, gli Avventisti cadono in contraddizione. Perché? Perché quei sabati che cadono durante la festa della Pasqua e della festa delle Capanne, per esempio, loro non li dovrebbero osservare per non essere giudicati. Se infatti sono stati abrogati perché facenti parte di quelle feste, loro per coerenza non li dovrebbero osservare quegli specifici sabati. Se quindi sono stati abrogati perché loro li osservano e dicono di osservarli? E poi sempre sabati erano quelli che cadevano durante le feste giudaiche; in essi occorreva riposarsi come in qualsiasi altro sabato, in base al quarto comandamento del Decalogo. Per cui se gli Avventisti affermano che Paolo ai Colossesi parla dell’abrogazione di quei cosiddetti sabati cerimoniali, essi implicitamente ammettono che una parte dei sabati furono aboliti da Cristo. Il che contrasta con quanto essi dicono circa il sabato, e cioè che il quarto comandamento non è stato abrogato da Cristo. Se infatti il quarto comandamento non fu abrogato da Cristo, per forza di cose non furono aboliti neppure quei sabati ‘cerimoniali’, perché in essi occorreva riposarsi sempre in base al quarto comandamento del Decalogo. Difatti il quarto comandamento si estendeva a tutti i sabati. Voglio farvi comprendere con un esempio quanto ho appena detto. Ora, noi sappiamo che Gesù fu crocifisso di venerdì, poco prima che iniziasse il sabato. Luca dice che "era il giorno della Preparazione, e stava per cominciare il sabato" (Luca 23:54). Che cosa era quel sabato? Era un sabato ‘cerimoniale’ dal punto di vista degli Avventisti perché cadeva durante una delle feste giudaiche, e precisamente la Pasqua (nel Levitico questo sabato è menzionato al capitolo 23, versetto 7). Dunque, quel preciso sabato fu abolito da Cristo. Quando dunque arriva la Pasqua giudaica, gli Avventisti non dovrebbero osservare quel sabato che cade durante la festa degli Azzimi. Ma, guarda caso, come se niente fosse, essi osservano pure quello facendo notare che Gesù si riposò anche in quel sabato (nella tomba però). Ma se lui lo ha abolito sulla croce perché lo continuate ad osservare o Avventisti? Questa appena esposta è una contraddizione evidente, che mostra ancora una volta che se non si taglia rettamente la Scrittura si rimane confusi. Giudicate da voi stessi quello che vi dico, fratelli.

Secondo perché ci sono diversi passaggi nell’Antico Patto in cui compare la parola sabati ma essa si riferisce al sabato come settimo giorno in generale e difatti anche in questi passi il termine è citato separatamente dal termine feste. Per esempio Dio dice in Osea: "E farò cessare tutte le sue gioie, le sue feste, i suoi noviluni, i suoi sabati, e tutte le sue solennità" (Osea 2:11), e nelle Cronache è scritto: "Ecco, io sto per edificare una casa per il nome dell’Eterno, dell’Iddio mio, per consacrargliela, per bruciare dinanzi a lui il profumo fragrante, per esporvi permanentemente i pani della presentazione, e per offrirvi gli olocausti del mattino e della sera, dei sabati, dei novilunî, e delle feste dell’Eterno, dell’Iddio nostro. Questa è una legge perpetua per Israele" (2 Cron. 2:4); ed ancora: "Allora Salomone offrì degli olocausti all’Eterno sull’altare dell’Eterno, ch’egli avea costruito davanti al portico; offriva quello che bisognava offrire, secondo l’ordine di Mosè, ogni giorno, nei sabati, nei noviluni, e nelle feste solenni, tre volte all’anno: alla festa degli azzimi, alla festa delle settimane e alla festa delle capanne" (2 Cron. 8:12-13). In particolare in Levitico capitolo 23 viene detto da Dio ad Israele, dopo avergli detto quali feste doveva festeggiare (tra le cui feste c’erano dei sabati: cfr. Lev. 23:8,32): "Queste sono le solennità dell’Eterno che voi bandirete come sante convocazioni, perché si offrano all’Eterno sacrifizi mediante il fuoco, olocausti e oblazioni, vittime e libazioni, ogni cosa al giorno stabilito, oltre i sabati dell’Eterno, oltre i vostri doni, oltre tutti i vostri voti e tutte le offerte volontarie che presenterete all’Eterno" (Lev. 23:37-38). Come si può ben vedere i sabati vengono citati separatamente dalle feste solenni anche nell’Antico Patto. La conclusione a cui si giunge quindi è semplice; quando Paolo parlò ai Colossesi di sabati intese dire il sabato che gli Avventisti impongono con forza.

Il sabato come segno e memoriale

Per quanto riguarda il fatto che il sabato era un segno fra Dio e gli Israeliti, prima ho detto che anche la circoncisione nella carne era un segno fra Dio e gli Israeliti, difatti quando Dio diede ad Abramo la circoncisione gli disse: "E questo sarà un segno del patto fra me e voi" (Gen. 17:11). Ora, noi sappiamo che sotto la grazia, pure il Nuovo Patto che Dio ha concluso con noi ha un segno, ma esso non é né il sabato e neppure la circoncisione nella carne, ma é la circoncisione di Cristo. I figliuoli di Dio con i quali Dio ha fatto il Nuovo Patto si riconoscono non dal fatto che osservano il sabato o dal fatto che sono circoncisi nella carne, ma dal fatto che sono circoncisi, in ispirito nel cuore, della circoncisione di Cristo che li spinge ad amarsi di cuore. Gesù disse ai suoi discepoli, che pure erano Giudei: "Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri" (Giov. 13:35), e non ‘se osservate diligentemente il sabato come Dio ordinò ai vostri padri’, o ‘dalla circoncisione nella carne che vi fu prescritta dai padri’. Questo ci dovrebbe fare comprendere che il vero segno che contraddistingue i figliuoli di Dio dagli altri non è né il sabato e né la circoncisione nella carne ma è l’amore di Cristo sparso nei loro cuori che li spinge ad amarsi gli uni gli altri intensamente.

Quindi, per ricapitolare, come noi sotto la grazia non siamo chiamati a farci circoncidere nella carne perché la circoncisione era un segno fra Dio e i discendenti di Abramo secondo la carne, così nella stessa maniera non siamo obbligati ad osservare il sabato che era un segno fra Dio ed il popolo d’Israele secondo la carne. Questi segni sono stati aboliti ed il loro posto lo ha preso la circoncisione di Cristo. Noi siamo obbligati ad amarci gli uni gli altri perché l’amore "è l’adempimento della legge" (Rom. 13:10). E "chiunque ama è nato da Dio e conosce Iddio" (1 Giov. 4:7).

Per quanto riguarda poi il fatto che il sabato è considerato il memoriale perpetuo della creazione istituito da Dio vogliamo dire che certamente sotto la legge il sabato serviva pure a ricordare che Dio ha creato tutte le cose in sei giorni e che il settimo giorno si riposò; ma riteniamo che ora sotto la grazia con la venuta di Cristo, il Figlio di Dio, c’è qualcosa di più importante della creazione da ricordare e cioè la morte di Cristo per ricordare la quale Cristo ha istituito la santa cena; come anche la sua risurrezione infatti Paolo dice a Timoteo: "Ricordati di Gesù Cristo, risorto d’infra i morti..." (2 Tim. 2:8). Con questo vogliamo dire che mentre sotto la legge i Giudei si dovevano ricordare di un giorno per santificarlo, noi adesso ci dobbiamo ricordare di una persona, cioè di Cristo Gesù, che è molto più del sabato.

Alcune considerazioni sull’osservanza del sabato

Ora, gli Avventisti sono chiamati anche Sabatisti a motivo del loro attaccamento al quarto comandamento del Decalogo che prescrive la santificazione del giorno del riposo, ossia del settimo giorno della settimana che è il sabato. Quando si parla con loro nascono subito grandi discussioni attorno al sabato perché esso è al centro del loro messaggio e vogliono per forza di cose che anche noi lo osserviamo. Ma come abbiamo visto prima, il giorno del riposo che Dio ordinò agli Israeliti di osservare era un ombra del vero riposo di Dio difatti Paolo dice ai Colossesi: "Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a novilunî o a sabati, che sono l’ombra di cose che doveano avvenire; ma il corpo è di Cristo" (Col. 2:16-17). Come potete vedere tra le cose che sono ombra di cose che dovevano avvenire ci sono anche pratiche relative a vivande e l’osservanza delle feste giudaiche e dei novilunî, e non solo i sabati. Questa è la ragione per cui gli Avventisti del settimo giorno vengono inevitabilmente - e a giusta ragione dobbiamo dire - giudicati dalla maggior parte dei credenti; perché non solo essi si sono messi ad osservare il sabato e a fare osservare il sabato (che era solo un ombra di ciò che doveva avvenire come le feste giudaiche), pensando in questo modo di raggiungere la perfezione del loro carattere, ma anche perché essi non osservano le feste giudaiche e i novilunî come prescrive la legge di Mosè. Infatti secondo la legge, oltre al sabato Dio aveva espressamente comandato di celebrare la festa degli azzimi (la Pasqua) , quella della mietitura (la Pentecoste) e quella della raccolta (delle Capanne) secondo che è scritto nell’Esodo: "Tre volte all’anno mi celebrerai una festa. Osserverai la festa degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane senza lievito, come te l’ho ordinato, al tempo stabilito del mese di Abib, perché in quel mese tu uscisti dal paese d’Egitto; e nessuno comparirà dinanzi a me a mani vuote. Osserverai la festa della mietitura, delle primizie del tuo lavoro, di quello che avrai seminato nei campi; e la festa della raccolta, alla fine dell’anno, quando avrai raccolto dai campi i frutti del tuo lavoro" (Es. 23:14-16). Allora come mai essi non osservano queste feste nella precisa maniera in cui prescrive la legge di Mosè? Essi dicono: perché queste feste ‘erano feste tipiche che prefiguravano l’economia cristiana e perciò avevano valore transitorio, temporaneo, illustrativo e riguardavano il solo popolo d’Israele’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 346), e furono abolite da Cristo nella sua carne. Ben detto, noi diciamo; ma allora perché imponete l’osservanza del sabato quando anch’esso, assieme alle feste, è ombra di cose avvenire? Voi dite: perché Gesù non venne per abolire la legge o i profeti ma per compierli, difatti Gesù osservò il sabato e non lo abolì. Ma noi diciamo: ‘Ma, se è per questo, Gesù non ha detto neppure di non osservare la Pasqua o la Pentecoste o la festa delle Capanne; tanto è vero per esempio che lui osservò sia la Pasqua che anche la festa delle Capanne. Non è forse vero che lui a Pasqua saliva a Gerusalemme secondo il precetto giudaico? Non è forse vero che anche per la festa delle Capanne egli salì a Gerusalemme? Che faremo allora? Ci metteremo ad osservare le feste giudaiche solo perché Gesù le osservò? Così non sia, perché noi non siamo di quelli che vogliono raggiungere la perfezione con la carne. C’è qualcosa comunque che va fatta osservare a proposito del fatto che Gesù osservò il sabato e non disse che era venuto per abolirlo, ed è questa. Un giorno un tale "gli s’accostò e gli disse: Maestro, che farò io di buono per aver la vita eterna? E Gesù gli rispose: Perché m’interroghi tu intorno a ciò ch’è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrar nella vita osserva i comandamenti. Quali? gli chiese colui. E Gesù rispose: Questi: Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dir falsa testimonianza; onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso" (Matt. 19:16-19). Notate che alla domanda del giovane ricco su cosa egli doveva fare per ereditare la vita eterna Gesù prima gli rispose che se voleva entrare nella vita doveva osservare i comandamenti, e poi che alla specifica domanda del giovane quali erano questi comandamenti a cui Gesù si riferiva, il Signore gliene citò sei di cui cinque fanno parte del Decalogo. Ma tra questi cinque non c’è il comandamento del sabato! E’ significativo questo perché chi rispose così era il Figlio disceso dal cielo, la Parola fatta carne, e tra i comandamenti che citò non c’è quello relativo al sabato. Da come parlano gli Avventisti invece pare che per entrare nella vita occorre osservare soprattutto il sabato!!

Al tempo di Paolo c’erano coloro che avevano sovvertito l’Evangelo costringendo i credenti della Galazia ad osservare tra le altre cose giorni (tra cui appunto il sabato) e mesi ed anni e stagioni, difatti Paolo scrisse loro: "Voi osservate giorni e mesi e stagioni ed anni. Io temo, quanto a voi, d’essermi invano affaticato per voi" (Gal. 4:10-11). Ecco come Paolo reagì nel sentir dire che i credenti di Galazia si erano messi di nuovo ad osservare i sabati e le feste giudaiche della legge di Mosè pensando di raggiungere la perfezione in questa maniera! Ma perché dunque Paolo si preoccupò invece di rallegrarsi? Perché lui sapeva che l’osservanza del sabato e delle feste giudaiche non contribuiva affatto a perfezionare il credente, ma lo rendeva schiavo delle ombre della legge.

Come sotto la grazia non si devono osservare le feste giudaiche come invece gli Israeliti erano obbligati ad osservare sotto la legge, nella stessa maniera noi non siamo obbligati ad osservare il sabato come facevano gli Israeliti sotto la legge. Se escludiamo le feste dobbiamo escludere anche il sabato: e se ammettiamo che bisogna osservare il sabato allora si deve ammettere che si devono osservare anche le feste giudaiche, anzi diremo che si deve osservare tutta quanta la legge. Perché tutta? Perché Paolo ai Galati dice a colui che si fa circoncidere che "egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge" (Gal. 5:3), e noi siamo persuasi che se questo obbligo è valido per un credente che vuole osservare la circoncisione è altresì valido per gli Avventisti che vogliono osservare il sabato come dice la legge.

Ma a proposito di questa osservanza del sabato, gli Avventisti sono chiamati ad osservare il sabato proprio come prescrive la legge? Stando a quanto disse la White la risposta è no. Infatti ella disse a proposito di quell’uomo che in giorno di sabato uscì a raccogliere della legna nel deserto e circa la proibizione di accendere il fuoco in giorno di sabato quanto segue: ‘Un ebreo, adirato per essere stato escluso dalla terra di Canaan, decise di sfidare la legge di Dio andando a raccogliere la legna di sabato. Durante il soggiorno nel deserto era rigidamente proibito accendere del fuoco nel settimo giorno, d’altra parte non era necessario scaldarsi. Tale ordine fu revocato nella terra di Canaan dove il clima rigido rendeva necessari i fuochi. L’azione di quell’uomo costituiva una violazione deliberata del quarto comandamento; alla base di tale peccato non v’era quindi né trascuratezza né ignoranza, ma presunzione’ (Ellen G. White, Conquistatori di pace, pag. 324). No, non è affatto come dice la White perché Dio nella legge disse chiaramente: "Sei giorni si dovrà lavorare, ma il settimo giorno sarà per voi un giorno santo, un sabato di solenne riposo, consacrato all’Eterno. Chiunque farà qualche lavoro in esso sarà messo a morte. Non accenderete fuoco in alcuna delle vostre abitazioni il giorno del sabato" (Es. 35:2-3). Dunque, il fuoco non poteva essere acceso né nelle tende nel deserto, e neppure nelle case quando gli Israeliti sarebbero entrati nella terra di Canaan. Né per mangiare e neppure per scaldarsi. Faccio notare che Dio non disse che gli Israeliti non potevano riscaldarsi con il fuoco, ma solo che il fuoco non doveva essere acceso in giorno di sabato. Per cui essi avrebbero potuto accenderlo prima che iniziasse il sabato. Stando così le cose sull’osservanza del sabato possiamo dire che gli Avventisti sono un po’ come quelli che imponevano la circoncisione ai credenti della Galazia perché vogliono costringerci ad osservare il sabato quando loro stessi non l’osservano come prescrive la legge. E’ inutile trincerarsi dietro i vani ragionamenti della White; la legge lo dice chiaramente come deve essere osservato il quarto comandamento, quindi o lo osservano in tutto e per tutto come dice la legge o niente. Ma loro si sono fatti un sabato tutto loro; perché lo stabiliscono loro quello che è lecito e quello che non è lecito fare in giorno di sabato. La seguente storia realmente avvenuta può spiegare meglio delle parole quanto appena detto. Un sabato un credente era uscito a mangiare in un ristorante con un Avventista; dopo avere ambedue mangiato, quando giunse il tempo di pagare i conti, l’Avventista disse: ‘Dato che oggi è sabato non posso pagare!’ Viene dunque da domandarsi perché quell’Avventista accettò di andare a mangiare al ristorante proprio in giorno di sabato con un non avventista! E chissà quante storie di questo genere ci saranno nel mondo intero. Ma non ci si deve meravigliare di ciò perché è risaputo che quando si comincia a comandare di osservare dei giorni, sorgono inevitabilmente dei precetti che vietano di fare in quel giorno anche le cose minime e necessarie. Un esempio che conferma quanto appena detto è quello degli ortodossi ebrei (cioè la frangia di ebrei che è più attaccata alla tradizione dei padri). Nel periodico italiano Lubavitch News in un articolo dedicato allo Shabbath viene citato un elenco di attività vietate di sabato dalla Mishnàh (Ripetizione) che è la codificazione della Toràh orale (così è chiamata la tradizione in ambito ebraico): ‘1) Arare. 2) Seminare. 3) Mietere. 4) Formare covoni. 5) Trebbiare. 6) Ventilare (le biade). 7) Selezionare. 8) Setacciare 9) Macinare. 10) Impastare. 11) Cuocere. 12) Tosare. 13) Sbiancare. 14) Pettinare filati greggi. 15) Tingere. 16) Filare. 17, 18, 19) Operazioni di tessitura. 20) Separare in fili. 21) Fare un nodo. 22) Disfare un nodo. 23) Cucire. 24) Strappare. 25) Tendere trappole o cacciare. 27) Scuoiare. 28) Conciare pelli. 29) Levigare pelli. 30) Rigare. 31) Tagliare secondo forma determinata. 32) Scrivere. 33) Cancellare. 34) Costruire. 35) Demolire. 36) Accendere fuoco. 37) Spegnere. 38) Dare l’ultimo colpo di martello ad un oggetto di nuova costruzione. 39) Portare oggetti da una proprietà privata ad una pubblica (o viceversa)’ (Lubavitch News, Marzo - Aprile – Maggio 1986, n° 22, pag. 15-16). Si notino in particolare il divieto di fare un nodo, di disfare un nodo, di scrivere e di cancellare, come anche quello di spegnere la luce o il fuoco; per capire fino a che punto viene imposto dalla tradizione ebraica di osservare il sabato. Ma oltre a questi precetti ce ne sono altri che vietano di compiere molti atti che non sono compresi nella categoria ‘lavoro’; per esempio viene vietato di usare il telefono, di viaggiare in automobile (in un quartiere ebraico a Gerusalemme le macchine che di sabato ardiscono passarvi vengono prese a sassate dagli ortodossi), e di portare alcunché nelle proprie mani o tasche in ‘luogo pubblico’. E si badi che tutte queste cose vengono vietate dagli ortodossi per santificare il sabato. Come potete dunque vedere gli ortodossi si sono spinti a prescrivere di osservare il sabato oltre i limiti posti dalla legge (dunque a distanza di più di millenovecento anni ci sono tra il popolo ebraico dei religiosi che assomigliano in questo ai Farisei del tempo di Gesù).

Gli Avventisti imponendo l’osservanza del sabato non fanno altro che costringere le persone a giudaizzare; e secondo la Scrittura questa persuasione non viene da colui che ci ha chiamati a libertà, perché mette sui credenti un giogo pesante, difficile a portare. E costringendo le persone a giudaizzare osservando il sabato fanno ricadere le persone che hanno veramente creduto in Cristo sotto il giogo pesante della legge.

E come vedremo più avanti gli Avventisti non si limitano a imporre il sabato giudaico ma impongono pure l’astensione dai cibi impuri della legge. Tutti precetti questi anch’essi aboliti da Cristo sulla croce. Non è questa una chiara prova che "un pò di lievito fa lievitare tutta la pasta" (1 Cor. 5:6)? Non è questa una dimostrazione del come se si fa spazio ad un solo precetto della legge di Mosè questo ne porterà con sé anche degli altri? Sì, questa è la lezione che noi impariamo dagli Avventisti del Settimo giorno.

Confutazione di alcune interpretazioni date dagli Avventisti ad alcune Scritture per sostenere l’obbligatorietà del sabato

Vediamo adesso di dimostrare come gli Avventisti per sostenere l’obbligatorietà del sabato sotto la grazia si basano su fallaci interpretazioni date ad alcuni versetti della Scrittura.

Il primo verso che essi citano è questo scritto in Marco: "Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato; perciò il Figliuol dell’uomo è Signore anche del sabato" (Mar. 2:27-28). Commentando queste parole essi dicono: ‘In altre parole, Egli è il suo autore e il suo fattore. Egli è il suo protettore (...) quando Cristo venne, alla sua incarnazione, Egli similmente osservò il settimo giorno come il Sabato’ (Questions on Doctrine, pag. 149, 151). Cominciamo col dire che le parole di Gesù non significano che egli ha confermato che i credenti devono osservare il sabato perché lui è il capo del sabato, ma solo che dato che lui è il Signore sopra tutte le cose, era anche Signore sopra il giorno del sabato ed aveva il potere di compiere guarigioni in quel giorno, era libero di farlo e nessuno glielo poteva impedire o poteva dire che egli infrangeva il sabato. Per quanto riguarda il fatto che Gesù osservò il sabato, questo è vero, ma è vero anche che Gesù come Giudeo osservò tutta la legge e non solo una parte; e quindi lui ha osservato le feste giudaiche, i precetti concernenti i cibi impuri e così via. Perciò se noi dobbiamo osservare il sabato come i Giudei per questa ragione, allora dovremmo pure osservare gli altri precetti della legge che ha osservato Gesù. Ma questo non è possibile perché altrimenti ricadremmo sotto il giogo della legge. Prendiamo per esempio la carne di maiale; possiamo dire con certezza che Gesù non la mangiò perché in questo caso avrebbe infranto la legge e si sarebbe reso colpevole. Ma egli, benché non mangiò la carne di maiale, in osservanza della legge dei Giudei, non confermò affatto questo precetto, ma lo abolì dicendo che non è quello che entra nella bocca dell’uomo che lo contamina ma quello che esce dalla bocca. Questa è la ragione per cui noi mangiamo la carne di maiale, benché Gesù non la mangiò. Per il sabato è la stessa cosa; benché Gesù lo osservò in ubbidienza alla legge di Mosè; egli non ha per nulla obbligato nessuno a osservarlo. Ma ha lasciato liberi i suoi discepoli a riguardo; cioè egli non ha ordinato loro di radunarsi in quel giorno per rendergli il culto. Tanto è vero che quando i discepoli tornarono a Gerusalemme dal monte degli Ulivi, dopo che lui era stato assunto in cielo, erano del continuo nel tempio (cfr. Luca 24:53), e dopo la Pentecoste la Scrittura dice che tutti quelli che credevano "tutti i giorni, essendo di pari consentimento assidui al tempio, e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme..." (Atti 2:46). Quindi non si radunavano in un particolare giorno della settimana solamente, ma tutti i giorni. E quindi anche noi credenti siamo liberi di radunarci quando vogliamo; il fatto quindi che alcuni preferiscono radunarsi in un giorno piuttosto che in un altro non deve per nulla creare dei pregiudizi nei credenti o delle contese. Gli uni vogliono radunarsi in un particolare giorno per adorare Iddio assieme? Lo facciano, sono liberi di farlo. Gli altri invece preferiscono un altro giorno? Lo facciano, nessuno li contraddice. Solamente non ci giudichiamo a vicenda o non sprezziamoci perché ci raduniamo in giorni diversi per adorare lo stesso Dio. In questi casi noi credenti siamo chiamati a rispettare la convinzione altrui, anche se non siamo d’accordo, perché si tratta di opinioni diverse sui giorni. La Scrittura ci avverte a tale riguardo (su questo avvertimento torneremo più avanti).

Il secondo passo che prendono gli Avventisti è questo scritto nell’Apocalisse: "E un altro, un terzo angelo, tenne dietro a quelli, dicendo con gran voce: Se qualcuno adora la bestia e la sua immagine e ne prende il marchio sulla fronte o sulla mano, beverà anch’egli del vino dell’ira di Dio mesciuto puro nel calice della sua ira: e sarà tormentato con fuoco e zolfo nel cospetto dei santi angeli e nel cospetto dell’Agnello. E il fumo del loro tormento sale ne’ secoli dei secoli; e non hanno requie né giorno né notte quelli che adorano la bestia e la sua immagine e chiunque prende il marchio del suo nome. Qui è la costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù" (Ap. 14:9-12). A riguardo di queste parole essi dicono: ‘Noi crediamo che la restaurazione del Sabato è indicata nella profezia della Bibbia di Rivelazione 14:9-12. Credendo sinceramente questo, noi consideriamo l’osservanza del Sabato come una prova della nostra fedeltà a Cristo come Creatore e Redentore’ (Questions on Doctrine, pag. 153). Noi riteniamo invece che il ripristino del sabato non si intravede minimamente in queste parole del terzo angelo. Che dire? Rimaniamo veramente meravigliati nel costatare che gli Avventisti in quelle parole ci vedono la restaurazione del sabato giudaico! Ora, per gli Avventisti il ripristino del sabato è parte dell’ultimo grande risveglio delle verità apostoliche dimenticate e trascurate, e fa parte dell’ultimo messaggio di Dio all’umanità prima del ritorno di Cristo, messaggio naturalmente di cui gli Avventisti si sentono essere gli esclusivi proclamatori. Ma secondo quello che insegna la Scrittura quello che loro chiamano ripristino o restaurazione del sabato, non è altro che una ricostruzione di ciò che Cristo ha distrutto. E non è per nulla parte del grande risveglio di dottrine apostoliche, semplicemente perché gli apostoli non imposero mai l’osservanza del sabato come fanno loro. Sono altre le dottrine apostoliche trascurate e dimenticate che devono essere ripristinate in seno alla Chiesa; ne cito solo alcune; quella del velo, quella dell’adornamento verecondo e modesto delle donne, di come devono essere gli anziani e i diaconi, che i coniugi sono legati l’uno all’altro per tutta la vita e che non si possono risposare per nessuna ragione finché l’altro è ancora in vita, la dottrina sui doni dello Spirito Santo. Queste sono alcune delle cose che devono essere reinsegnate in mezzo al popolo di Dio, ma non il sabato.

L’uno stima un giorno più di un altro....

Nell’epistola di Paolo ai Romani troviamo scritto: "L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore...." (Rom. 14:5-6). Ma perché Paolo scrisse queste parole? Come dobbiamo intenderle? L’apostolo Paolo scrisse queste parole a dei fratelli Gentili di nascita, quindi non Giudei di nascita, i quali avevano conoscenza della legge infatti dice loro in un posto: "O ignorate voi, fratelli (poiché io parlo a persone che hanno conoscenza della legge), che la legge signoreggia l’uomo per tutto il tempo ch’egli vive?" (Rom. 7:1). E in mezzo a quei fratelli c’erano coloro che si erano convinti che in un particolare giorno si dovevano astenere da certe azioni in riguardo a quel giorno particolare, o che in un particolare giorno dovevano fare delle cose che negli altri giorni non facevano, sempre in riguardo a quel giorno. Ma c’erano anche coloro che consideravano tutti i giorni uguali e che in quel giorno particolare in cui altri si astenevano da certe azioni o ne facevano delle particolari, non sentivano questa stessa necessità. Perciò Paolo esortò i fratelli che avevano queste diverse convinzioni a non disprezzarsi e a non giudicarsi; perché coloro che avevano riguardo ad un giorno particolare facevano questo per il Signore e non per loro stessi, perché convinti nella loro mente in quella maniera. Ma quali sono le implicazioni oggi? Oggi possono esserci dei fratelli che hanno riguardo al sabato, e sono convinti nella loro mente che in quel giorno si devono astenere da ogni lavoro; questa è una loro convinzione e noi la dobbiamo rispettare perché essi quello che fanno non lo fanno per loro stessi ma per il Signore. Altri ancora possono invece avere riguardo alla domenica ed essere convinti che in quel giorno si devono astenere da ogni lavoro a riguardo di quel giorno, e fanno così per il Signore. Anche in questo caso noi dobbiamo rispettare la convinzione di questi fratelli perché essi quello che fanno lo fanno per il Signore. Ma ci sono anche fratelli per i quali tutti i giorni sono uguali e non ritengono di non doversi per forza di cose astenere da ogni lavoro né di sabato e né di domenica, e di questo sono convinti. Anche questi fratelli non sono né da giudicare e neppure da sprezzare. Ma potrebbero esserci anche fratelli che hanno riguardo alla Pasqua, perché durante quella festa il Signore fu crocifisso per i nostri peccati. Che fanno in quel giorno? Si astengono da ogni lavoro e tengono una riunione per rendere grazie a Dio e per celebrare la cena del Signore per ricordare la morte del Signore. Anche in questo caso siccome che questa è la loro convinzione essi non devono essere giudicati. Badate che in tutti questi casi non si parla di fratelli che vogliono imporre la loro convinzione ad altri fratelli, ma solo di fratelli che hanno in loro stessi questa convinzione e basta. Qualcuno, dopo avere udito ciò, dirà: ‘Ma allora se il giorno di sabato non è obbligatorio sotto la grazia osservarlo come lo osservavano gli Israeliti, vi è forse un altro giorno al suo posto da osservare? Diciamo che secondo quello che insegnano le Scritture del Nuovo Patto non c’è un giorno in particolare che noi Cristiani dobbiamo osservare per esplicito comando di Dio. Neppure la domenica allora? Neppure la domenica, ossia il primo giorno della settimana. Badate che quando noi parliamo di osservanza del giorno di domenica come ordine di Dio ci riferiamo all’ordine divino di non fare alcun lavoro in esso, all’ordine di avere in esso una santa convocazione, insomma all’ordine di santificare quel giorno perché santificato da Dio come lo era stato il settimo giorno anticamente. Qualcuno a questo punto dirà: ‘Ma la Scrittura dice che i primi cristiani si riunivano il primo giorno della settimana perché in esso è risorto il Signore!’

A tale riguardo ricordiamo che per quanto riguarda il seguente passo: "Or la sera di quello stesso giorno, ch’era il primo della settimana, ed essendo, per timor de’ Giudei, serrate le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, Gesù venne e si presentò quivi in mezzo..." (Giov. 20:19); bisogna dire che i discepoli erano radunati non per onorare quel giorno, dato che ancora essi non avevano avuto ancora la prova certa della risurrezione di Cristo. Ricordiamo che essi, essendo Giudei, si erano riposati il sabato secondo il comandamento mosaico; quindi quel primo giorno della settimana che era in corso non era un giorno di riposo.

Per quanto riguarda il passo degli Atti: "E nel primo giorno della settimana, mentre eravamo radunati per rompere il pane..." (Atti 20:7); esso non indica che il primo giorno della settimana era stato consacrato dai cristiani d’allora alla cena del Signore e neppure che in esso i credenti non facevano lavoro alcuno; ma solo che i credenti erano radunati in quel giorno per celebrare la cena del Signore. Non si può dedurre da questo che la cena del Signore si deve fare solo il primo giorno della settimana, cioè la domenica. Se noi dovessimo concludere che la cena del Signore si deve celebrare solo il primo giorno della settimana, in virtù di questo episodio, allora che cosa dovremmo dedurre da quest’altro passo negli Atti: "E tutti i giorni, essendo di pari consentimento assidui al tempio, e rompendo il pane nelle case, prendevano il loro cibo assieme con letizia e semplicità di cuore..." (Atti 2:46), se non che i primi cristiani celebravano la cena del Signore ogni giorno? Quindi qualcuno potrebbe anche dire che la cena del Signore si deve fare tutti i giorni e non solo di domenica, appoggiandosi sulle Scritture. E qualcun altro potrebbe dire che la cena del Signore la si deve celebrare solo il giovedì, perché fu di giovedì che Gesù la istituì. E allora nascono le contese, perché taluni dicono una cosa e gli altri un’altra. Per questo Paolo ha detto: "L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente"; per evitare che in seno alla fratellanza sorgano liti a cagione di opinioni diverse anche sul giorno di domenica. E’ chiaro quindi da questo che noi non imponiamo l’osservanza della domenica in sostituzione dell’osservanza del sabato, proprio perché non c’è uno specifico comando a tale riguardo. Noi riteniamo che se è sbagliato imporre ai credenti l’osservanza del sabato è sbagliato pure imporgli l’osservanza della domenica. Qualcuno in fin dei conti potrebbe rinfacciarci questo: ‘Come! Il giorno del sabato almeno fu Dio a comandare di santificarlo astenendosi da ogni lavoro in esso, ma il giorno di domenica la Scrittura non dice che fu santificato da Dio e da lui comandato di santificarlo! o magari dirci giustamente: ‘Ma che avete fatto? Avete sostituito un ombra con un altra ombra?! Per evitare quindi che qualcuno ci biasimi a motivo di ciò; noi preferiamo lasciare liberi i credenti dicendo loro di riunirsi nel giorno che preferiscono. Si riuniscono di venerdì perché di venerdì fu crocifisso il Signore? Nessuno li critichi. Si riuniscono di sabato, come si riunivano i Giudei nelle loro sinagoghe, per glorificare Iddio? Nessuno li critichi. Si riuniscono la domenica perché in esso risuscitò il Signore? Anche in questo caso nessuno li critichi. Si riuniscono tutti i giorni come gli antichi discepoli che erano del continuo nel tempio a benedire Iddio, senza avere riguardo né al venerdì né al sabato e neppure alla domenica? Anche in questo caso non devono essere criticati. Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente e non sprezzi o giudichi chi la pensa in maniera diversa.

Un’ultima cosa; il fatto che Paolo, che era un Giudeo di nascita, ha dato la suddetta esortazione a riguardo del giorno a cui uno ha riguardo, senza ordinare di avere riguardo al sabato (cosa che certamente lui ordinava quando era sotto la legge) dovrebbe fare seriamente riflettere gli Avventisti. Perché un Giudeo secondo la carne, non convertito a Cristo, a riguardo del giorno settimanale da onorare non parlerebbe giammai così. Cioè non direbbe mai: se uno ha riguardo al sabato per il Signore, bene, se invece ha riguardo ad un altro giorno per il Signore, non va giudicato perché fa ciò per il Signore. Basta considerare solo come i Giudei ortodossi (cioè coloro che più di altri sono attaccati alla legge) ancora oggi tengono in alta considerazione lo Shabbath per rendersi conto di ciò. Se Paolo dunque non impose ai santi di fra i Gentili di avere riguardo al sabato questo sta a dimostrare che lui era davvero morto alla legge per vivere a Dio. Lui viveva in novità di spirito e non in vecchiezza di lettera. E non solo, come abbiamo visto, Paolo non ordinò neppure di avere riguardo al primo giorno della settimana, quantunque lui ed altri si riunirono pure di domenica per rompere il pane (vedi per esempio l’esempio di Troas). Ed anche questo dovrebbe fare riflettere, ma soprattutto noi. Perché? Perché talvolta c’è il rischio di dimenticare che non è il riunirsi la domenica anziché un altro giorno che ha importanza davanti a Dio. Taluni quando arriva la domenica pare che vengano presi dalla smania di essere presenti al locale di culto a tutti i costi, come se la riunione di quel giorno abbia un importanza nettamente superiore a quella di un giorno infrasettimanale. Durante la settimana non si preoccupano di recarsi al locale di culto per riunirsi con i fratelli, cantare, pregare assieme a loro ed ascoltare la predicazione della Parola di Dio. No, se ne stanno a casa adducendo pretesti di ogni genere; chi è stanco, chi ha i bambini, chi questo e chi quell’altro. Naturalmente però i motivi sono altri; essi non provano nessun piacere a riunirsi con i santi durante la settimana perché i santi non sono la gente onorata in cui ripongono tutta la loro affezione; il loro diletto non è nel Signore e nella sua parola. Ecco perché i locali di culto sono semideserti durante la settimana. Ma arrivata la domenica ecco che appaiono i disertori dei giorni infrasettimanali per far vedere che santificano la domenica per amore del Signore. E il pastore li coccola perché portano le offerte nel paniere. Magari però c’è qualche fratello che ama il Signore e la fratellanza che indipendentemente dalla sua volontà qualche volta deve lavorare di domenica, che appena manca viene sprezzato o giudicato persino dal pastore. Oramai è la presenza nel locale di culto in un particolare giorno che rende il cristiano accetto a Dio; non più l’osservanza dei comandamenti di Dio! Bisogna dunque stare attenti a non fare dell’avere riguardo al giorno di domenica un segno di fedeltà a Dio e il non avere riguardo ad esso (mi riferisco ad un fratello che è impossibilitato a riunirsi con i fratelli in quel giorno o che si riunisce lo stesso con i fratelli in quel giorno ma non ha riguardo a quel giorno) un segno di infedeltà a Dio perché così non è. Lo ripeto, così non è.

Secondo i Giudei Gesù violava il sabato

Quando si parla del sabato non si può non parlare del fatto che Gesù fu perseguitato dai Giudei perché, secondo loro, lui violava il sabato, in altre parole, secondo loro, Gesù profanava ciò che era sacro a Dio. Ma che cosa fece Gesù di sabato per essere accusato dai Giudei di profanarlo?

Queste opere:

Ÿ nella sinagoga di Capernaum, liberò un indemoniato che si mise a gridare contro di lui mentre insegnava (cfr. Mar. 1:21-28);

Ÿ in una sinagoga, guarì un uomo che aveva la mano secca (cfr. Mar. 3:1-6);

Ÿ in un altra sinagoga, guarì una donna tutta curva, che Satana aveva tenuto legata per diciotto anni (cfr. Luca 13:10-17);

Ÿ a Gerusalemme, guarì un uomo che era nato cieco (cfr. Giov. 9:1-38);

Ÿ sempre a Gerusalemme, guarì un uomo che era stato paralitico per trentotto anni (cfr. Giov. 5:1-16).

Ecco, perché i Giudei perseguitavano Gesù; perché lui in giorno di sabato faceva del bene guarendo e liberando tutti coloro che erano sotto il dominio del diavolo! Per farvi capire quanto odio Gesù si attirò col compiere guarigioni in giorno di sabato citiamo questi esempi: dopo che egli guarì l’uomo dalla mano secca "i Farisei, usciti, tennero consiglio contro di lui, col fine di farlo morire" (Matt. 12:14); dopo che guarì quel cieco nato, a Gerusalemme, alcuni dei Farisei dissero a colui che era stato cieco: "Quest’uomo non é da Dio perché non osserva il sabato" (Giov. 9:16). Ma Gesù non trasgredì il sabato secondo la legge di Mosè perché lui in giorno di sabato adempì la volontà del Padre suo guarendo coloro che avevano bisogno di guarigione. E poi bisogna dire che era il Padre suo che compiva quelle opere in giorno di sabato perché Gesù disse: "Il Padre che dimora in me, fa le opere sue" (Giov. 14:10), ed ancora: "Il Padre mio opera fino ad ora, ed anche io opero" (Giov. 5:17). Quindi Gesù fu accusato e perseguitato ingiustamente dai Giudei. Gesù dimostrò ai Giudei di non essere colpevole per le opere buone che faceva in giorno di sabato sia con le Scritture e sia con delle altre parole piene di sapienza; vediamole da vicino.

Ÿ Ai Giudei che si erano adirati contro di lui perché aveva guarito un paralitico di sabato egli disse: "Mosè v’ha dato la circoncisione (non che venga da Mosè, ma viene dai padri); e voi circoncidete l’uomo in giorno di sabato. Se un uomo riceve la circoncisione di sabato affinché la legge di Mosè non sia violata, vi adirate voi contro a me perché in giorno di sabato ho guarito un uomo tutto intero? Non giudicate secondo l’apparenza, ma giudicate con giusto giudizio" (Giov. 7:22-24). Secondo quello che Dio disse ad Abramo, ogni maschio nato doveva essere circonciso l’ottavo giorno, perciò anche quando l’ottavo giorno cadeva di sabato la circoncisione doveva essere fatta egualmente per non rendersi colpevoli di un peccato davanti a Dio. I Giudei circoncidevano i fanciulli anche di sabato, ma per questo non erano colpevoli, perché in giorno di sabato eseguivano un ordine divino. Gesù non li condannò perché loro circoncidevano i bambini di sabato perché egli giudicò con rettitudine il loro operato; ma i Giudei condannarono Gesù perché guariva gli infermi di sabato per ordine di Dio, perché essi giudicarono Gesù secondo l’apparenza.

Ÿ Alla domanda dei Giudei: "E’ egli lecito far delle guarigioni in giorno di sabato?" (Matt. 12:10), Gesù rispose: "Chi é colui fra voi che, avendo una pecora, s’ella cade in giorno di sabato in una fossa non la prenda e la tragga fuori? Or quant’é un uomo da più d’una pecora! E’ dunque lecito di far del bene in giorno di sabato" (Matt. 12:11-12); significando che se una pecora era degna di essere tirata fuori da una fossa in giorno di sabato, quanto più era degno di essere guarito un uomo malato in giorno di sabato.

Ÿ Dopo che il capo della sinagoga (sdegnato che Gesù avesse guarito quella donna tutta curva in giorno di sabato) disse: "Ci son sei giorni ne’ quali s’ha da lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire, e non in giorno di sabato" (Luca 13:14), Gesù gli rispose e disse: "Ipocriti, non scioglie ciascun di voi, di sabato, il suo bue o il suo asino dalla mangiatoia per menarlo a bere? E costei, ch’è figliuola d’Abramo, e che Satana avea tenuta legata per ben diciott’anni, non doveva esser sciolta da questo legame in giorno di sabato?" (Luca 13:15-16); significando che se era giusto in giorno di sabato sciogliere il proprio asino od il proprio bue dalla mangiatoia per menarlo a bere, era giusto a maggiore ragione che quella donna, che Satana aveva tenuta legata per ben diciotto anni, fosse sciolta da quel legame in giorno di sabato.

A tutte queste parole del Signore i Giudei non poterono replicare perché ebbero la bocca chiusa; questo, a conferma che Gesù aveva ragione nel fare il bene di sabato.

Una volta i Farisei condannarono i discepoli di Gesù perché li videro svellere delle spighe e mangiarle in giorno di sabato; essi gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli fanno quel che non é lecito di fare in giorno di sabato. Ma egli disse loro: Non avete voi letto quel che fece Davide, quando ebbe fame, egli e coloro ch’eran con lui? Come egli entrò nella casa di Dio, e come mangiarono i pani di presentazione i quali non era lecito di mangiare né a lui, né a quelli ch’eran con lui, ma ai soli sacerdoti? Ovvero, non avete voi letto nella legge che nei giorni di sabato, i sacerdoti nel tempio violano il sabato e non ne son colpevoli? Or io vi dico che v’è qui qualcuno più grande del tempio" (Matt. 12:2-6). Con queste parole Gesù ricordò a quei Farisei che Davide, che non era un sacerdote, aveva mangiato i pani della presentazione che non era lecito a lui mangiare, e benché ciò non fu punito da Dio. Egli si trovò nel bisogno e Ahimelec gli diede del pane consacrato perché non aveva pane comune da dargli; il sommo sacerdote sapeva che secondo la legge di Mosè il pane della presentazione era lecito mangiarlo solo ai sacerdoti perché è scritto: "I pani apparterranno ad Aaronne e ai suoi figliuoli, ed essi li mangeranno in luogo santo" (Lev. 24:9), ed ancora: "Nessun estraneo al sacerdozio mangerà delle cose sante" (Lev. 22:10); ma nel vedere Davide e quelli che erano con lui nel bisogno non si trattenne dal darglieli. Egli usò misericordia verso Davide, e Davide poté mangiare e fortificarsi. Gesù disse pure che i sacerdoti nel tempio violavano il sabato e non erano colpevoli; vediamone la ragione. Secondo la legge di Mosè, di sabato i sacerdoti dovevano offrire nel tempio dei sacrifici perché è scritto: "Nel giorno di sabato offrirete due agnelli dell’anno, senza difetti; e, come oblazione, due decimi di fior di farina intrisa con olio, con la sua libazione. E’ l’olocausto del sabato, per ogni sabato, oltre l’olocausto perpetuo e la sua libazione" (Num. 28:9-10); quindi essi dovevano compiere un lavoro, ma esso era prescritto dalla medesima legge che vietava di lavorare il sabato, perciò non erano colpevoli di trasgredire il sabato.

Gesù ha detto che: "Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato; perciò il Figliuol dell’uomo è Signore anche del sabato" (Mar. 2:27-28); significando che l’uomo non deve diventare schiavo del sabato perché il sabato é stato fatto per l’uomo e non viceversa. Purtroppo però anche in questa generazione vi sono coloro che fanno diventare alcuni schiavi del sabato, perché gli fanno servire uno di quei poveri e deboli elementi della legge che rendono difficile la vita a quelli che li servono, e tra questi ci sono gli Avventisti del settimo giorno. E’ risaputo che coloro che impongono il sabato ai credenti mettono sul loro collo un giogo pesante da portare; perché pesante? Perché gli ordinano di non fare nessun lavoro di sabato; le donne così non possono cucinare, non possono fare i lavori domestici, non possono andare a fare la spesa, gli uomini pure sono obbligati ad astenersi da qualsiasi lavoro, e tutto ciò non fa altro che aggravare la loro vita.

Infine, considerando che per i Giudei quella del sabato era una delle leggi principali da osservare, siamo giunti alla conclusione che quando gli apostoli e gli anziani si radunarono a Gerusalemme (per esaminare la questione che era sorta), se astenersi dal profanare il sabato (non facendo in esso alcun lavoro come dice la legge di Mosè) fosse stato un ordine necessario da rivolgere pure ai Gentili in Cristo Gesù sotto il Nuovo Patto esso sarebbe stato dato senza difficoltà. Ma gli apostoli e gli anziani, riuniti di comune accordo, deliberarono, sospinti dallo Spirito Santo, di non imporre anche questo peso ai Gentili; però bisogna dire che mentre loro non c’imposero altro peso all’infuori di queste cose, cioè che ci asteniamo dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate e dalla fornicazione (cfr. Atti 15:1-32), sono sorti nel corso del tempo uomini che hanno preso questo peso del sabato e lo hanno messo sulle spalle di alcuni credenti facendogli credere che osservando il sabato si sarebbero resi particolarmente graditi agli occhi di Dio, ma nello stesso tempo rendendogli la vita molto difficile in giorno di sabato. Torno a dirvelo: fratelli, guardatevi dagli Avventisti che ordinano di osservare il sabato come lo dovevano osservare gli Israeliti sotto la legge.

 

L’IMPOSIZIONE DELLA DECIMA

La dottrina avventista

Anche sotto la grazia vige il precetto della decima. Gli Avventisti del Settimo giorno ordinano di pagare la decima delle proprie entrate per l’opera di Dio. Ecco come essi sostengono il pagamento obbligatorio della decima sotto la grazia: ‘Gli Atti ci informano (4:32) che la comunità di Gerusalemme ha praticato per i primi anni, un economato totale; tutti i beni venivano consacrati a Dio e usati per la comunità e l’evangelizzazione. Col passare degli anni però, a mano a mano che si approfondiva il ruolo e la funzione della chiesa rispetto ad Israele, si iniziò a riflettere sul significato delle leggi dell’AT per i cristiani e si arrivò a dare tutto il peso dovuto alla dichiarazione di Gesù in Mt 23:23 e a comprendere appieno la validità del principio della decima nel nuovo patto. D’altronde Gesù stesso (vedi Lc 10:7 e Mt 10:10) parlando dei discepoli e del loro sostentamento, aveva utilizzato l’espressione ‘l’operaio è degno della sua mercede’ che è ripresa (come concetto) da Num 18:31, dove si parla delle decime date ai Leviti in contraccambio del loro servizio nel Tempio. Questo detto viene ampiamente commentato da Paolo in 1 Cor 9:1-14 dove è chiara l’equivalenza tra coloro che predicano l’evangelo a pieno tempo e i Leviti (vedi vv 13,14) (...) Quindi, anche se evidentemente i cristiani non ammettevano più la distinzione dell’AT tra ‘clero’ e ‘laicato’, ma accettavano il sacerdozio universale, tuttavia è chiaro che il principio della decima cominciò ben presto a venire applicato a beneficio di coloro che predicavano l’evangelo e si occupavano delle comunità (forse già in 1 Tim 5:17,18, che cita Lc 10:7!)...’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 101-102). Come potete vedere gli Avventisti ritengono che sia nelle parole di Gesù "l’operaio è degno della sua mercede" che in quelle di Paolo relativamente al diritto nell’Evangelo che hanno coloro che predicano l’Evangelo, è sottinteso il pagamento della decima da parte dei fedeli. Pagamento che facciamo presente, per gli Avventisti è tra le condizioni d’ingresso nella chiesa infatti chi decide di farsi battezzare nel loro mezzo deve promettere che pagherà un decimo su tutte le sue entrate. Naturalmente anche a proposito della decima essi si basano su quello che insegnava la White la quale disse: ‘Oltre alla decima, il Signore chiede le primizie di ogni nostra rendita’ (Ellen G. White, I tesori delle testimonianze, Impruneta, Firenze 1988, Vol. III, pag. 21) ed ancora: ‘Egli mette le sue ricchezze nelle mani degli uomini, ma chiede che un decimo di esse sia messo fedelmente da parte, per la sua opera. Egli chiede che questa porzione sia deposta nel suo tesoro; gli deve essere restituita perché sua, è sacra e deve servire a scopi sacri…’ (Ellen G. White, op. cit., pag. 22).

Confutazione

Sotto la grazia è sbagliato ordinare ai credenti di pagare la decima

Ora, facciamo una breve premessa prima di passare a dimostrare che gli Avventisti hanno torto nel parlare in questa maniera a proposito della decima. Noi non siamo contro il comandamento di pagare la decima che Dio diede ad Israele, perché esso è giusto; ma siamo contro l’applicazione di questo comandamento in seno alla Chiesa sotto la grazia. Siamo contro l’imposizione del pagamento della decima di tutte le entrate solo per questa ragione; perché Gesù prima, e poi gli apostoli, non ci hanno ordinato di pagarla come veniva pagata invece sotto la legge. Non siamo però contro il pagamento della decima da parte di un credente quando questo è frutto di un suo voto a Dio. Perché dunque errano gli Avventisti quando sostengono che dalle parole di Gesù e da quelle di Paolo relativamente alla mercede che è degno di ricevere l’operaio del Signore si evince che anche sotto il Nuovo Patto i credenti devono dare la decima per sostenere coloro che annunziano l’Evangelo? Perché questo ragionamento non trova nessun riscontro nelle Scritture anzi trova una chiara smentita. Cominciamo a parlare di Gesù; ora il Signore Gesù quando lasciò il suo lavoro di falegname per darsi alla predicazione del Vangelo di Dio cominciò a vivere del Vangelo; in che maniera? Egli secondo quello che dice Luca era assistito da molte donne mediante i loro beni (cfr. Luca 8:1-3). Ma Gesù non impose mai ai suoi discepoli Giudei di dargli la decima delle loro entrate; perché egli sapeva che secondo la legge erano i Leviti che avevano il diritto di riscuotere le decime del popolo in cambio del loro servizio nel tempio (e lui non era né Levita e non serviva neppure nel tempio). Avrebbe potuto prendere il comandamento relativo alla decima e farlo proprio per provvedere ai bisogni suoi e quelli dei suoi apostoli mandati da lui a predicare, ma egli si astenne dall’agire così perché sapeva che così facendo avrebbe agito disonestamente. Certo Gesù esortò a dare per l’opera di Dio ma non come fanno gli Avventisti tramite la decima, ma in un’altra maniera; egli disse: "Date, e vi sarà dato" (Luca 6:38), quindi senza stabilire nessuna percentuale. Anche per quanto riguarda Paolo bisogna dire che dalle sue parole sul diritto nel Vangelo e dall’esempio che egli stesso ci ha lasciato non emerge nella maniera più assoluta che egli applicasse l’ordine di dare la decima delle entrate alle Chiese al fine di pagare i ministri di Dio. Nelle sue parole ai Corinzi, a proposito del diritto nel Vangelo che hanno coloro che annunziano l’Evangelo, egli ricorda ai santi che anche sotto la legge coloro che esplicavano il loro servizio nel tempio e presso l’altare vivevano di ciò che veniva portato nel tempio, e quindi anche delle decime, e di ciò che veniva offerto sull’altare (cfr. 1 Cor. 9:13). Ma questo Paolo lo ha fatto per spiegare che come sotto la legge Dio aveva ordinato agli Israeliti di sostenere i Leviti e i sacerdoti (i quali esplicavano un servigio sacro a pro del popolo) con i loro beni (cfr. Num. cap. 18), così anche sotto la grazia Dio ha ordinato ai membri della sua Chiesa di sostenere con i loro beni materiali i suoi ministri che annunziano l’Evangelo. E non per imporre il pagamento della decima ai santi perché non era affatto questo lo scopo del suo discorso. E che Paolo non impose mai il pagamento della decima per il sostentamento dei ministri di Dio emerge anche da quello che dice ai Galati; "Colui che viene ammaestrato nella Parola faccia parte di tutti i suoi beni a chi l’ammaestra" (Gal. 6:6). Notate infatti che i credenti sono chiamati a far parte di tutti i loro beni a coloro che li ammaestrano; quindi in una misura differente da come erano chiamati gli Israeliti sotto la legge nei confronti dei Leviti che li ammaestravano nella legge di Mosè. E badate che queste parole le scrisse un uomo che era stato un Fariseo, e quindi un Giudeo che conosceva bene il precetto sulla decima. Quindi Paolo ha sì ordinato ai credenti di dare una paga a coloro che li ammaestrano perché essi ne sono degni, ma non ha detto che la maniera per pagarli è quella di dare la decima. Anche in questo dunque egli imitò Gesù Cristo. Ma ai conduttori di fra gli Avventisti non gli importa nulla di imitare Gesù e l’apostolo Paolo in questo infatti prendono il precetto sulla decima e lo impongono con insistenza alle persone. Perché questo? I motivi sono diversi. Ci sono coloro che amano il denaro e che hanno trovato nella decima un espediente per estorcere il denaro sia ai poveri e sia ai ricchi. E per fare apparire l’estorsione un’esortazione a dare per l’opera di Dio fanno uso di quei versetti sulla decima che ci sono nell’Antico Patto, soprattutto con quelli molto noti di Malachia: "L’uomo dev’egli derubare Iddio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: ‘In che t’abbiam noi derubato? Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione, perché mi derubate, voi, tutta quanta la nazione" (Mal. 3:8-9). E molti, impauriti dalle parole di Malachia che essi ripetutamente gli citano per spingerli a dare la decima, si lasciano ingannare dalle loro parole e gli riempiono le casse di denaro. Essi usano anche i passi che parlano della decima esistenti nel Nuovo Patto soprattutto quello di Matteo: "Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta e dell’aneto e del comino, e trascurate le cose più gravi della legge: il giudicio, e la misericordia, e la fede. Queste son le cose che bisognava fare, senza tralasciar le altre" (Matt. 23:23.); non badando però al fatto che quelle parole Gesù le rivolse a dei Giudei che secondo la legge non dovevano solo pagare la decima delle loro entrate ma dovevano anche circoncidere i loro figli, osservare tutte le feste istituite da Dio, ed altre cose. Per loro però Gesù con quelle parole "senza tralasciare le altre" volle dire che bisognava non tralasciare solo la decima; e così essi tralasciano la circoncisione nella carne dei loro figli, tralasciano di celebrare la Pasqua, la Pentecoste, la festa delle Capanne, la festa delle espiazioni come dice la legge, e tanti altri precetti della legge. Perché questo? Perché non osservano tutte queste altre cose? Perché la circoncisione e le feste giudaiche vengono da loro reputate (giustamente) ombre di cose che dovevano avvenire, ma non così la decima. Anche il passo agli Ebrei: "E poi, qui, quelli che prendon le decime son degli uomini mortali; ma là le prende uno di cui si attesta che vive" (Ebr. 7:8); viene preso dai conduttori avventisti per sostenere l’imposizione della decima. Ma come potrete accorgervi da voi stessi leggendo il contesto in cui esso si trova, esso non dice che i Cristiani d’allora pagavano la decima per sostenere i ministri di Dio che annunziavano il Vangelo, ma piuttosto che gli Ebrei pagavano le decime ai Leviti in base alla legge di Mosè; ossia che i figli di Levi che ricevevano il sacerdozio avevano l’ordine di prendere le decime dai loro fratelli.

Ma tra gli Avventisti ci sono pure coloro che impongono la decima non perché amano il denaro ma perché la decima è parte integrante della dottrina Avventista e perciò, anche se nutrono alcuni dubbi sulla legittimità della sua imposizione sotto la grazia, essi la devono insegnare per non passare da ribelli. Preferirebbero non imporla ma ricevono forti pressioni affinché la impongano.

Che cosa ha portato l’imposizione della decima nel seno degli Avventisti? Ha portato angoscia e preoccupazione in quelle anime che per attenersi scrupolosamente a questo comandamento e non essere colpiti dalla maledizione divina che gli viene prospettata in caso di mancato pagamento, si studiano di versare fino all’ultimo centesimo ogni loro decima. E per fare questo si trovano costretti a registrare o tenere a mente ogni minima entrata. Il giogo per loro è veramente opprimente; non è più quel giogo dolce di cui ha parlato Gesù ma un giogo pesante. Diversi credenti che prima di unirsi ai santi erano in questa setta hanno raccontato che per loro il dover pagare l’esatta decima su ogni entrata era diventata un giogo troppo pesante da portare, una specie di incubo; da cui si sono sentiti liberi solo quando hanno abbandonato gli Avventisti.

 

IL DIVIETO DI MANGIARE ALCUNI CIBI E DI BERE ALCUNE BEVANDE

La dottrina avventista

Per quanto riguarda il divieto di mangiare certi cibi citerò due divieti; quello di non mangiare nessun tipo di carne, e quello di non mangiare solo le carni considerate impure dalla legge di Mosè. La ragione è perché Ellen G. White insegnò ad astenersi da ogni tipo di carne, mentre gran parte degli Avventisti di oggi si limitano ad insegnare di non mangiare solo certi tipi di carne (anche se l’astensione totale dalla carne è considerata sempre come la dieta migliore  e un gran numero di Avventisti, attaccati di più a Ellen White, continuano a considerarla un precetto divino).

L’astensione totale dalla carne. Ellen G. White, i cui scritti ricordiamo sono per gli Avventisti ‘una continua ed autorevole fonte di verità e provvedono al conforto della chiesa, alla sua guida, alla sua istruzione e alla sua correzione’, ha affermato le seguenti cose sulla carne: ‘L’alimentazione carnea è dannosa alla salute, e tutto ciò che agisce sul corpo ha un effetto corrispondente sulla mente e sull’anima (...) la carne si deve sostituire con cibi sani e non molto costosi (...) Come possono coloro che cercano di diventare puri, gentili e santi, per poter godere la compagnia degli angeli celesti, continuare ad usare come cibo delle cose che hanno un influsso così dannoso sull’anima e sul corpo?...’ (Ellen G. White, Sulle orme del gran medico, Firenze 1926, pag. 356, 358). Ed ancora: ‘Mi è stato mostrato che la carne ingerita tende a sollecitare gli istinti più bassi della natura umana. Questo alimento priva uomini e donne dell’amore e della simpatia che dovrebbero caratterizzare i loro rapporti e permette che gli istinti più bassi dominino le facoltà più elevate dell’animo (...) Non vogliamo noi dare una decisa testimonianza contro il soddisfacimento di appetiti pervertiti? I ministri del Vangelo proclamano le più solenni verità che mai siano state date ai mortali. Essi vorranno forse dare il cattivo esempio di ritornare alle pignatte di carne dell’Egitto? (...) Quanto all’alimentazione carnea, noi dovremmo educare la gente a eliminarla. L’uso della carne è contraria al migliore sviluppo delle facoltà fisiche, mentali e morali’ (Ellen G. White, I tesori delle testimonianze, Vol. III, pag. 230, 84.). Nel Dizionario di dottrine bibliche troviamo espressa la stessa dottrina infatti vi si legge: ‘In questo senso sembra avere grande importanza la diminuzione o, meglio, l’eliminazione della carne dalla dieta, ivi compresa quella degli animali ‘puri’ che comunque Lev 11 permette’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 398). Ma come fanno gli Avventisti a sostenere questa loro dottrina con la Parola di Dio? Gli Avventisti, quando consigliano, ma è meglio dire quando ordinano di non mangiare carne (abbiamo visto infatti in che termini si è espressa Ellen G. White, i cui scritti secondo gli Avventisti sono ispirati dal Signore) fanno questo ragionamento; all’inizio della creazione l’uomo era vegetariano e non si nutriva di carne perché è scritto: "Dio disse: Ecco, io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, ed ogni albero fruttifero che fa seme; questo vi servirà di nutrimento" (Gen. 1:29), quindi l’uomo dovrebbe tornare ad alimentarsi solo di vegetali e frutta. Ma l’astensione totale dalla carne gli Avventisti la ordinano anche per un motivo sentimentale, se così si può definire, infatti Ellen G. White ha detto: ‘Pensate alle crudeltà inevitabili verso gli animali per farsene un cibo, e agli effetti che ne derivano in quelli che le infliggono e in quelli che le vedono. Come viene distrutta la tenerezza colla quale noi dovremmo guardare queste creature di Dio! L’intelligenza mostrata da molti animali si avvicina tanto all’intelligenza umana, che è un mistero: gli animali vedono e odono, amano, temono e soffrono; essi usano i loro organi molto meglio di quanto molti esseri umani non usino i loro; manifestano simpatia e tenerezza verso i loro compagni di sofferenze; molti mostrano un affetto per coloro che li curano, molto superiore all’affetto mostrato da taluni della razza umana; essi stringono coll’uomo delle amicizie che non s’interrompono senza grandi sofferenze per loro. Quale uomo che abbia un cuore umano, se mai ha avuto cura di animali domestici, guardando nei loro occhi tanto pieni di fiducia e d’affetto potrebbe ancora sentirsi il coraggio di mandarli sotto il coltello del macellaio? Come potrebbe divorare la loro carne come una leccornia?’ (Ellen G. White, Sulle orme del gran medico, pag. 356).

L’astensione dai cibi considerati impuri dalla legge di Mosè. Nel loro autorevole libro da me ripetutamente citato nell’esposizione delle loro dottrine, cioè Questions on Doctrine, sembrerebbe che gli Avventisti non vietano di mangiare tutta la carne ma solo alcuni tipi di animali. Dico sembrerebbe perché in realtà essi sono come la White per l’eliminazione totale della carne, ma presentano solo l’eliminazione di certe carni. E’ la tattica che usano per insegnare in un secondo tempo l’eliminazione totale della carne. La White infatti disse: ‘Nell’insegnare i principi della riforma sanitaria, come del resto nell’opera evangelistica, noi dobbiamo avvicinare le persone là dove si trovano (…). Non dobbiamo esagerare esponendo già d’allora i suggerimenti più avanzati, relativi a una dieta conforme ai principi della riforma sanitaria’ (Ellen G. White, I tesori delle testimonianze, Vol. III, pag. 84). Vediamo ora cosa si legge in Questions on Doctrine. Alla domanda: ‘Credono gli Avventisti del Settimo giorno che cibi come aragoste, granchi, maiale, et cetera, tutti vietati sotto la legge Mosaica, sono ancora vietati, obbligando il cristiano, e quindi non devono essere mangiati sotto pena di peccato?’ Viene data la risposta che comprende anche queste parole: ‘...E’ vero che noi ci asteniamo dal mangiare certi capi, come indicato nella domanda, ma non perché la legge di Mosè abbia delle richieste obbligatorie (binding claims) sopra di noi. Lungi da questo. Noi stiamo fermi nella libertà con la quale Dio ci ha resi liberi. Si deve ricordare che Dio riconobbe ‘puri’ e ‘impuri’ gli animali al tempo del Diluvio, molto tempo prima che ci fosse una legge di Mosè. Noi ragioniamo che se Dio ritenne adatto a quel tempo di consigliare il Suo popolo contro certi capi di dieta, queste cose non erano il meglio per il consumo umano; e dato che noi siamo fisicamente costituiti nella stessa maniera come sono i Giudei e tutte le altre persone, noi crediamo che tali cose non sono il meglio per noi da usare oggi’ (Questions on Doctrine, pag. 623).

L’astensione dal vino e dalle bevande alcoliche. Ellen G. White insegnava che oltre ad astenersi dalla carne bisogna astenersi dal vino, dalle bevande alcoliche, dal tè e dal caffè. Ecco alcune sue dichiarazioni in tal senso: ‘Si dovrebbe anche dare una decisa testimonianza contro l’uso del tè e del caffè’ (Ellen White, op. cit., pag. 84); e: ‘Il tè e il caffè non nutrono l’organismo: essi producono il loro effetto prima che si abbia avuto tempo di digerire e d’assimilare, e ciò che sembra forza, è solamente eccitazione nervosa. Quando l’effetto dello stimolante è passato, la forza non naturale sparisce, e succede uno stato di altrettanta prostrazione e debolezza’ (Ellen G. White, Sulle orme del gran medico, pag. 368), ed anche: ‘I liquori non sono soli a produrre ubriachezza; questa è prodotta anche dal vino, dalla birra e dal sidro. L’uso di queste bevande sveglia il desiderio di quelle più forti, e così nasce l’uso dei liquori. Un bere moderato è la scuola nella quale gli uomini si educano per la carriera dell’ubriacone; (…) La Bibbia non sanziona in nessuna maniera l’uso del vino fermentato’ (Ellen White, op. cit., pag. 375). Gli Avventisti la seguono anche in questo. Rolando Rizzo afferma nel suo libro Stretti sentieri di libertà che ‘le bevande alcoliche non devono avere nessun posto nell’esperienza di un Avventista del 7° Giorno’ (Rolando Rizzo, Stretti sentieri di libertà, Firenze 1990, pag. 11). Gli Avventisti si danno molto da fare nei loro libri e nelle loro riviste per dimostrare in una maniera o nell’altra che la Bibbia non autorizza assolutamente neppure l’uso moderato di vino o di qualche bevanda alcolica. Un esempio di questo loro impegno è quello di Gustav Tobler che ha dedicato un intero libro dal titolo Vivere senza alcol a parlare contro il benché minimo uso di vino e di bevande alcoliche.

Confutazione

Coloro che vietano di mangiare dei cibi che Dio ha creato insegnano una dottrina di demoni

Paolo ha detto che coloro che "ordineranno l’astensione da cibi che Dio ha creati" (1 Tim. 4:2) proferiranno menzogna. Ed anche che "non è un cibo che ci farà graditi a Dio; se non mangiamo, non abbiamo nulla di meno; e se mangiamo, non abbiamo nulla di più" (1 Cor. 8:8). Dunque coloro che pensano che astenendosi (e facendo astenere anche gli altri) da alcuni cibi che Dio ha creati si possa piacere di più a Dio illudono se stessi, e questo perché "il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace ed allegrezza nello Spirito Santo" (Rom. 14:17). Coloro che sono graditi a Dio ed approvati dagli uomini sono quelli che procacciano la giustizia, la pace e che si rallegrano nel Signore mediante lo Spirito Santo.

Per quanto riguarda poi il ragionamento degli Avventisti secondo il quale bisogna tornare ad alimentarsi di sole erbe e frutta perché Dio all’inizio diede all’uomo come nutrimento solo erbe e frutta, esso non è retto perché essi dimenticano che è altresì scritto che Dio dopo il diluvio disse all’uomo che poteva mangiare la carne infatti Egli disse a Noè ed ai suoi figliuoli: "Tutto ciò che si muove ed ha vita vi servirà di cibo; io vi do tutto questo, come l’erba verde..." (Gen. 9:3). E poi, che dire del fatto che Dio al suo popolo nel deserto gli provvide della carne da mangiare, vale a dire le quaglie, secondo che è scritto: "L’Eterno vi darà della carne, e voi ne mangerete" (Num. 11:18)? E del fatto che Dio ordinò ai corvi di portare ad Elia sia la mattina che la sera assieme al pane della carne (cfr. 1 Re 17:2-6)? Ed infine del fatto che Gesù mangiò l’agnello pasquale a Pasqua coi suoi discepoli come prescriveva la legge di Mosè (secondo che è scritto: "E se ne mangi la carne in quella notte; si mangi arrostita al fuoco, con pane senza lievito e con dell’erbe amare" [Es. 12:8]) e che dopo essere risorto mangiò la carne di pesce secondo che è scritto: "Essi gli porsero un pezzo di pesce arrostito; ed egli lo prese, e mangiò in loro presenza" (Luca 24:42-43)? Non sono forse delle chiare conferme che per Dio la carne è lecito mangiarla e che il mangiare carne (naturalmente in maniera temperata) non influisce affatto negativamente né sulla salute e neppure sulla vita spirituale del credente?

Ricordatevi fratelli che tutto quello che noi mangiamo è santificato dalla Parola di Dio e dalla preghiera perciò non ci può recare danno né al corpo e neppure all’anima. La nostra salute sarà danneggiata se noi abusiamo della carne perché in questo caso trasgrediremmo il precetto che dice: "Non esser di quelli che... son ghiotti mangiatori di carne.." (Prov. 23:20), e mieteremmo dalla carne corruzione perché è scritto: "Chi semina per la propria carne, mieterà dalla carne corruzione" (Gal. 6:8). Anche la nostra spiritualità sarà soffocata se mangiamo in misura smoderata la carne perché Gesù ha detto: "Badate a voi stessi, che talora i vostri cuori non siano aggravati da crapula..." (Luca 21:34). Come potete vedere la ‘dieta consigliata’ dagli Avventisti agli uomini che prevede l’eliminazione totale della carne và apertamente contro la Parola di Dio. Essa è veramente una dottrina diabolica! Nessuno di loro v’inganni quindi con le sue parole dolci.

Per quanto riguarda le parole della White che fanno appello al sentimento umano, è fuori di dubbio che ci troviamo davanti a delle parole che possono toccare il cuore di tanti, tanto sono commoventi. Ma le cose non stanno affatto così come dice Ellen G. White perché lei ha dimenticato volontariamente che nella legge di Mosè (la stessa legge che Ellen G. White prende per ordinare l’osservanza del sabato, ed altri precetti della legge) è scritto: "Potrai a tuo piacimento scannare animali e mangiarne la carne in tutte le tue città, secondo la benedizione che l’Eterno t’avrà largita..." (Deut. 12:15); il che significa che l’uomo ha il permesso divino di uccidere gli animali per mangiarne la carne, e quindi non è affatto una persona spietata o senza cuore chi scanna gli animali per mangiarne la carne. Come potete vedere uccidere gli animali della terra per nutrirsi della loro carne è cosa lecita.

Fratelli, nessuno di costoro vi seduca con questi ragionamenti (che sono commoventi e apparentemente sembrano giusti) perché essi non hanno come fondamento la sacra Scrittura ma solo dei sentimenti umani. Io non mi sento di giudicare chi per sua opinione personale si astiene dall’uccidere gli animali, ma non posso tacermi quando qualcuno usa questo discorso sull’innocenza degli animali e sull’affezione che alcuni di essi mostrano verso l’uomo per ordinare agli altri di astenersi dalla carne e fare passare l’uomo che scanna gli animali quasi per un omicida o per una persona senza cuore.

Il divieto mosaico di mangiare certi animali è stato abrogato perché Cristo ha reso puri tutti i cibi

La risposta data in Questions on Doctrine a proposito degli animali impuri della legge è strana perché gli Avventisti cercano di convincere gli altri che loro si astengono da certe carni non perché lo dice la legge di Mosè ma perché già al tempo di Noè Dio aveva fatto la distinzione tra animali puri e animali impuri. In questa maniera vogliono fare capire che loro non sono sotto la legge. Ma il fatto è che loro per dire da quali cibi bisogna astenersi fanno uso proprio della legge di Mosè e difatti nel loro ventunesimo articolo di fede si legge: ‘...dobbiamo adottare la dieta più salutare possibile e astenerci dai cibi impuri identificati nelle Scritture [la legge]’ (G. De Meo, op. cit., pag. 235). Come conciliare dunque le cose? Da un lato dicono che la legge fu abolita da Cristo sulla croce e poi prendono proprio quella legge per sostenere che dobbiamo astenerci da certi cibi. Si contraddicono nettamente in questo. Ora, tenendo presente che gli Avventisti non contrastano gli insegnamenti di Ellen G. White sulla carne, riteniamo che questo loro modo di parlare serva innanzi tutto ad apparire liberi dalla schiavitù della legge di Mosè, ed in secondo luogo a non mettere subito davanti alle persone il divieto di mangiare ogni sorta di carne che sarebbe un ostacolo maggiore di quello di non mangiare solo alcune carni. In altre parole siamo persuasi che dietro quelle parole ingannevoli si nasconde il divieto di mangiare tutte le carni, perché sappiamo che essi reputano i consigli di Ellen G. White ispirati dal Signore e quindi parola di Dio e non si permetterebbero mai di annullarli perché dicono che essa aveva il dono di profezia. E che sia così lo abbiamo visto quando abbiamo citato la White a proposito della maniera di presentare alle persone la ‘riforma sanitaria’. Ora, come abbiamo detto poco fa, quantunque gli Avventisti dicano di astenersi da certi animali non perché lo vieta la legge, pure prendono la legge di Mosè per sostenere questa loro dottrina e farla passare come volontà di Dio per gli uomini. Ma essi errano per mancanza di conoscenza, infatti anche il divieto di mangiare certi cibi (che secondo la legge di Mosè erano impuri) era un’ombra di qualcosa che doveva avvenire. Questo lo spiega Paolo ai santi di Colosse quando dice loro: "Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a novilunî o a sabati, che sono l’ombra di cose che doveano avvenire" (Col. 2:16-17). Con queste parole Paolo esortò i santi a non lasciarsi imporre dei precetti che vietavano di mangiare determinate cose; precetti secondo i comandamenti e le dottrine degli uomini che non avevano alcun valore contro la soddisfazione della carne. Certo questi precetti che vietano di assaggiare determinate cose hanno reputazione di sapienza per quel tanto che è in essi di culto volontario e di umiltà, e di austerità nel trattare il proprio corpo, ma alla fin fine non giovano a nulla a coloro che li osservano. Lo scrittore agli Ebrei dice che "è bene che il cuore sia reso saldo dalla grazia, e non da pratiche relative a vivande, dalle quali non ritrassero alcun giovamento quelli che le osservarono" (Ebr. 13:9); quindi se noi ci mettessimo ad osservare questi precetti umani ci metteremmo di bel nuovo a servire ai deboli e poveri elementi di questo mondo e ci metteremmo a fare qualcosa che non servirebbe in nessuna maniera a rendere saldo il nostro cuore dinanzi a Dio, perché il nostro cuore viene reso fermo dalla grazia di Dio e non dall’astensione da certi cibi. E poi questo non sarebbe bene perché noi siamo morti con Cristo agli elementi del mondo per camminare in novità di vita. Considerando che le vivande sono per il ventre e che un giorno Dio le distruggerà, è veramente assurdo pensare che serva a qualcosa osservare delle pratiche relative a vivande.

Gesù Cristo conosceva bene i precetti sulle vivande prescritti dalla legge di Mosè, eppure in tutti i suoi insegnamenti non ha mai vietato di mangiare alcun che. Un giorno Gesù, spiegando una parabola, disse ai suoi discepoli: "Non capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell’uomo non lo può contaminare, perché gli entra non nel cuore ma nel ventre e se ne va nella latrina?" (Mar. 7:18-19), significando che non v’era alcun cibo che ingerito poteva contaminare chi lo mangiava. Marco dice a proposito di queste parole: "Così dicendo, dichiarava puri tutti quanti i cibi" (Mar. 7:19) (Gesù ha purificato tutti i cibi che secondo la legge erano da considerare impuri); e Paolo conferma che Cristo ha reso puri tutti i cibi dicendo che "nessuna cosa è impura in se stessa" (Rom. 14:14). Per l’avventista Gehard Hasel invece, Gesù non dichiarò puri tutti i cibi con quelle parole trascritte da Marco. Egli dice che ‘anche se le traduzioni più moderne rendono il testo con ‘Così dicendo, dichiarava puri tutti quanti i cibi’ non è certo che questo sia il vero significato della frase. Il greco, tradotto letteralmente, suona: ‘purificando tutti i cibi’ (Gerhard Hasel ‘Gesù ha purificato le carni impure?’ in Il Messaggero Avventista, Luglio-Agosto 1992, pag. 14). Ma ammettiamo pure che sia così; non abbiamo nessun problema a farlo perché Diodati per esempio ha tradotto quelle parole così: ‘Purgando tutte le vivande’. Rimarrebbe sempre da rispondere a questa domanda: Cosa ha voluto dire dunque Gesù, che conosceva perfettamente la legge di Mosè, quando ha detto poco prima: "Non v’è nulla fuori dell’uomo che entrando in lui possa contaminarlo… Non capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell’uomo non lo può contaminare, perché gli entra non nel cuore ma nel ventre e se ne va nella latrina?" (Mar. 7:15,18-19)? Domanda questa che non può che avere una sola risposta e cioè questa; Gesù con quelle parole non volle dire solo che il mangiare con le mani non lavate non contamina l’uomo, ma anche che non ci sono cibi che entrando nell’uomo lo possano contaminare. Per cui, per esempio, la carne di maiale e quella di lepre (dichiarate impure dalla legge) ingerite non possono contaminare la persona. E non solo a quella domanda rimarrebbe da rispondere ma anche a quest’altra e cioè: come mai Paolo, che quanto alla carne era Fariseo e da non convertito si era attenuto scrupolosamente alla legge facendo distinzione tra cibi puri ed impuri e da convertito usava legittimamente la legge di Mosè, disse ai santi di fra i Gentili di Roma che era persuaso nel Signor Gesù che "nessuna cosa è impura in se stessa" (Rom. 14:14)? Domanda la cui risposta non può che essere questa: Paolo non vietava ai santi di fra i Gentili di mangiare le carni impure della legge perché egli era stato persuaso da Cristo che nessuna cosa è impura in se stessa, quindi neppure la carne di maiale o di lepre. E se questa persuasione veniva da Cristo, di conseguenza Gesù quando disse quelle parole da noi prima citate dichiarò puri tutti quanti i cibi. Non può essere altrimenti.

Gli Avventisti ignorano il fatto che Paolo come Giudeo di nascita e stimatore della legge di Mosè non avrebbe mai scritto quelle parole a dei Gentili se non fosse stato pienamente persuaso da Cristo che in Cristo era venuto a cadere il divieto di mangiare certi cibi considerati impuri. Certo, Paolo dice: "Però se uno stima che una cosa è impura, per lui è impura" (Rom. 14:14). Ma si noti che l’apostolo dice che "per lui è impura", cioè non è che è impura per tutti. Se dunque per la White la carne di maiale era impura, per lei era impura, ma non aveva nessuna autorità di imporre agli altri di non mangiarla. Avrebbe dovuto tenere questa convinzione per se stessa davanti a Dio, ma non andar in giro per il mondo a sbandierarla e a proclamarla come se chi non avesse avuto la sua stessa convinzione era sedotto e traviato perché la sua convinzione era legge per tutti. In effetti però la White si è spinta ancora più in là del divieto mosaico di mangiare certe carni, perché lei la carne la disprezzava e la vietava in toto. Dunque lei si riteneva maggiore di Mosè perché ha annullato la legge. Gesù quando fu sulla terra non si permise di annullare la legge perché non vietò mai ai Giudei di mangiare la carne, mentre la White si è permessa di fare quello che non fece Gesù, vietando a tutti di mangiare la carne. Giudicate voi fratelli il comportamento di quella donna. E poi la White rimproverava la chiesa cattolica di avere annullato il quarto comandamento del Decalogo!! Perché lei cosa fece vietando la carne? Non annullò forse la legge di Dio? Se dunque è da riprendere il papato per avere manomesso il quarto comandamento del decalogo mettendo ‘ricordati di santificare le feste’ (che però nel decalogo papista è il terzo comandamento), è da riprendere pure la White per aver osato annullare la legge vietando di mangiare la carne.

Quindi fratelli, se qualcuno degli Avventisti viene a voi ad imporvi di astenervi da un determinato cibo perché egli dice che è impuro e vi contaminereste per mezzo di esso o vi recherebbe danno fisico e spirituale, voi non dovete ubbidirgli perché egli non si attiene alle sane parole del Signore nostro Gesù Cristo; "Esso è gonfio e non sa nulla, ma langue intorno a questioni e dispute di parole, dalle quali nascono invidia, contenzione, maldicenza, cattivi sospetti, acerbe discussioni..." (1 Tim. 6:4), come dice Paolo a Timoteo. Ammonitelo, e turategli la bocca. Le uniche vivande da cui noi ci dobbiamo astenere per rimanere sani sono il sangue, le cose soffocate e le cose contaminate nei sacrifici agli idoli. Tutte le altre cose le possiamo mangiare tranquillamente. Cristo ci ha affrancati dalla legge, perché fossimo liberi; rimanete liberi.

Come comportarsi con quelli che sono deboli nella fede

Paolo ha detto che "tutto quel che Dio ha creato è buono; e nulla è da riprovare" (1 Tim. 4:4) confermando in questa maniera le seguenti parole scritte nella legge: "E Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono" (Gen. 1:31); quindi noi credenti che abbiamo conosciuto la verità abbiamo il diritto di mangiare di tutti i cibi, però dobbiamo stare attenti che questo nostro diritto non diventi un intoppo per i deboli perché Paolo dice: "Ma badate che questo vostro diritto non diventi un intoppo per i deboli" (1 Cor. 8:9). Ma chi sono i deboli nella fede? Essi sono quei credenti che mangiano legumi e si astengono dal mangiare la carne per loro opinione personale. Vediamo ora in che maniera dunque ci dobbiamo comportare nei confronti dei deboli e come invece si può essere d’intoppo al fratello anche mediante un cibo.

L’apostolo Paolo disse ai santi di Roma: "Quanto a colui che è debole nella fede, accoglietelo, ma non per discutere opinioni. L’uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro, che è debole, mangia legumi. Colui che mangia di tutto, non sprezzi colui che non mangia di tutto; e colui che non mangia di tutto, non giudichi colui che mangia di tutto; perché Dio l’ha accolto. Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piè, perché il Signore è potente da farlo stare in piè" (Rom. 14:1-4). Innanzi tutto, voglio dire che colui che è debole nella fede non è un fratello che ha apostatato dalla fede e che ordina l’astensione da determinati cibi che Dio ha creati, ma un fratello che per sua opinione personale si astiene da alcuni cibi, ma senza minimamente imporre agli altri di fare lo stesso; dico questo affinché non nascano malintesi. Ora, Paolo dice che noi dobbiamo accogliere colui che essendo debole non mangia di tutto, e lo dobbiamo accogliere perché Dio ha accolto pure lui in Cristo. Ma lo dobbiamo accogliere non per discutere opinioni perché altrimenti fomenteremmo delle contese che non giovano a nulla e sovvertono chi le ascolta. Noi non dobbiamo sprezzare un nostro fratello perché egli non mangia di tutto, perché egli non mangia di tutto per il Signore e non per se stesso infatti anche lui prima di mangiare rende grazie a Dio per ciò che mangia. Quindi chi siamo noi per metterci a sprezzarlo? Paolo dice: "Non ci giudichiamo dunque più gli uni gli altri, ma giudicate piuttosto che non dovete porre pietra d’inciampo sulla via del fratello, né essergli occasion di caduta. Io so e son persuaso nel Signor Gesù che nessuna cosa è impura in se stessa; però se uno stima che una cosa è impura, per lui è impura. Ora, se a motivo di un cibo il tuo fratello è contristato, tu non procedi più secondo carità. Non perdere, col tuo cibo, colui per il quale Cristo è morto! Il privilegio che avete, non sia dunque oggetto di biasimo; perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace ed allegrezza nello Spirito Santo. Poiché chi serve in questo a Cristo, è gradito a Dio e approvato dagli uomini. Cerchiamo dunque le cose che contribuiscono alla pace e alla mutua edificazione. Non disfare, per un cibo, l’opera di Dio. Certo, tutte le cose son pure; ma è male quand’uno mangia dando intoppo. E’ bene non mangiar carne, né bever vino, né far cosa alcuna che possa esser d’intoppo al fratello. Tu, la convinzione che hai, serbala per te stesso dinanzi a Dio. Beato colui che non condanna se stesso in quello che approva. Ma colui che sta in dubbio, se mangia è condannato, perché non mangia con convinzione; e tutto quello che non vien da convinzione è peccato" (Rom. 14:13-23). Da ciò che disse Paolo si può essere d’intoppo al fratello debole e farlo cadere; si può contristarlo e disfare l’opera di Dio in lui; e lo si può perdere con un cibo. Quindi è necessario sapere come comportarsi nei suoi confronti per non perderlo per qualcosa che perisce per via dell’uso, cioè il cibo. Badate che le istruzioni date da Paolo sono utili in questo campo, quindi poniamo attenzione ad esse. Paolo dice che nessuna cosa è impura in se stessa, ma se per un fratello è impura, per lui è impura; quindi non dobbiamo cominciare a contristarlo dicendogli che fa male ad avere quella convinzione, che dovrebbe cambiare idea perché è nel torto, e magari cominciare a prendere tanti passi della Scrittura per dimostrargli che la sua convinzione è sbagliata. Se noi facciamo così non procediamo più secondo carità, perché ci mettiamo a contendere attorno a questioni di vivande; contese poi che non servono a nulla perché il fratello ha quella convinzione in sé e non è per nulla in dubbio circa quello che fa. Quindi noi che siamo forti dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli, e non compiacere a noi stessi volendo fare prevalere a tutti i costi la nostra convinzione. In che maniera si sopportano le debolezze dei deboli? Non mangiando carne, non bevendo vino e non facendo cosa alcuna che possa essere d’intoppo al fratello debole. Questo significa procedere con carità; questo significa compiacere al prossimo nel bene a scopo di edificazione; questo significa cercare le cose che contribuiscono alla pace ed alla mutua edificazione. Quello che dobbiamo sempre tenere presente noi credenti è che il regno di Dio non consiste né in vivanda e né in bevanda, e che quindi se mangiamo di tutto rendendo grazie a Dio non abbiamo nulla di più di colui che non mangia di tutto rendendo grazie a Dio. Se il regno di Dio consistesse in vivanda ed in bevanda saremmo del continuo affaccendati a selezionare i buoni cibi ed a scartare i cattivi, staremmo del continuo a parlare dei cibi che ci renderebbero graditi a Dio e di quelli che invece ci renderebbero non graditi a Dio. Ma grazie a Dio, il regno di Dio non consiste in queste cose ma è giustizia, pace ed allegrezza nello Spirito Santo. Questa è la ragione per cui noi credenti ci studiamo di essere giusti come Dio è giusto, ci studiamo, per quanto dipende da noi, di stare in pace con tutti gli uomini e di non vendicarci in nessuna maniera dei torti che riceviamo, ed anche ci rallegriamo del continuo nel Signore; perché sappiamo che sono queste le cose che dobbiamo fare per piacere a Dio. Diletti guardatevi da coloro che ordinano l’astensione da cibi che Dio ha creati.

La Parola di Dio non vieta l’uso del vino e delle bevande alcoliche

Che cosa dice la Scrittura a proposito del vino e delle bevande alcoliche? La Scrittura mette in guardia dal vino e dalle bevande alcoliche ma non ordina di non bere né vino e neppure bevande alcoliche. Gli avvertimenti sono molteplici; ne citerò alcuni. Nei Proverbi è scritto: "Non esser di quelli che son bevitori di vino, che son ghiotti mangiatori di carne; ché il beone ed il ghiotto impoveriranno e i dormiglioni n’andran vestiti di cenci" (Prov. 23:20-21), e: "Per chi sono gli ‘ahi’? per chi gli ‘ahimè’? per chi le liti? per chi i lamenti? per chi le ferite senza ragione? per chi gli occhi rossi? Per chi s’indugia a lungo presso il vino, per quei che vanno a gustare il vin drogato. Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nel calice e va giù così facilmente! Alla fine, esso morde come un serpente e punge come un basilisco. I tuoi occhi vedranno cose strane, e il tuo cuore farà dei discorsi pazzi. Sarai come chi giace in mezzo al mare, come chi giace in cima a un albero di nave. Dirai: ‘M’hanno picchiato... e non m’han fatto male; m’hanno percosso... e non me ne sono accorto; quando mi sveglierò?... tornerò a cercarne ancora!" (Prov. 23:29-35). L’apostolo Paolo dice inoltre agli Efesini: "Non v’inebriate di vino, esso porta alla dissolutezza" (Ef. 5:18). E che il vino porta l’uomo ad agire in maniera dissoluta è dimostrato dall’esempio di Noè che "bevve del vino e s’inebriò e si scoperse in mezzo alla sua tenda" (Gen. 9:21), e da quello di Lot che inebriato di vino dalle sue due figlie permise loro di giacersi con lui e non s’accorse neppure quando esse si giacquero con lui e si levarono (cfr. Gen. 19:30-38).

Vediamo adesso alcuni passi che permettono l’uso moderato o saggio del vino e delle bevande alcoliche. Nei Proverbi si legge: "Il vino è schernitore, la bevanda alcoolica è turbolenta, e chiunque se ne lascia sopraffare non è savio" (Prov. 20:1). Si noti che non viene detto che chi beve o il vino o una bevanda alcolica non è savio, ma chi si lascia sopraffare dal vino o dalla bevanda alcolica, cioè chi si lascia dominare da esse e si dà ad esse. E che il vino è permesso gustarlo è confermato da Paolo quando dice a Timoteo: "Non continuare a bere acqua soltanto, ma prendi un poco di vino a motivo del tuo stomaco e delle tue frequenti infermità" (1 Tim. 5:23), e a Tito che il vescovo non deve esser dedito al vino (cfr. Tito 1:7 e 1 Tim. 3:3. Dei diaconi Paolo dice che non devono essere "proclivi a troppo vino" [1 Tim. 3:8]), e che le donne attempate non devono essere "dedite a molto vino" (Tito 2:3). E che sia il vino che le bevande alcoliche siano permessi è confermato pure dalla legge che dice: "Avrete cura di prelevare la decima da tutto quello che produrrà la tua semenza, da quello che ti frutterà il campo ogni anno. Mangerai, nel cospetto dell’Eterno, del tuo Dio, nel luogo ch’egli avrà scelto per dimora del suo nome, la decima del tuo frumento, del tuo mosto, del tuo olio, e i primi parti de’ tuoi armenti e de’ tuoi greggi, affinché tu impari a temer sempre l’Eterno, l’Iddio tuo. Ma se il cammino è troppo lungo per te, sì che tu non possa portar colà quelle decime, essendo il luogo che l’Eterno, il tuo Dio, avrà scelto per stabilirvi il suo nome troppo lontano da te (perché l’Eterno, il tuo Dio, t’avrà benedetto), allora le convertirai in danaro, terrai stretto in mano questo danaro, andrai al luogo che l’Eterno, il tuo Dio, avrà scelto, e impiegherai quel danaro a comprarti tutto quello che il cuor tuo desidererà: buoi, pecore, vino, bevande alcooliche, o qualunque cosa possa più piacerti; e quivi mangerai nel cospetto dell’Eterno, del tuo Dio, e ti rallegrerai: tu con la tua famiglia" (Deut. 14:22-26). Si noti che tra le cose che Dio permise ad un Ebreo di comprare con il denaro della decima ci sono il vino e le bevande alcoliche. Ecco perché Paolo non ha vietato l’uso del vino perché lui sapeva che la legge non lo condannava. Anche a riguardo del tè e del caffè vale lo stesso discorso che per il vino e le bevande alcoliche; il loro uso moderato è consentito dalla Parola di Dio.

 

 

NOTE

 

[1] E’ il ventinovesimo canone che dice: ‘I cristiani non devono più giudaizzare e restare oziosi il giorno di sabato ma devono lavorare in quel giorno; che essi onorino il giorno del Signore e si astengano per quanto possibile nella loro qualità di cristiani, di lavorare in quel giorno. Se essi persistono a giudaizzare, siano anatemi nel nome di Cristo’.

 

[2] In questi ultimi tempi però molti Avventisti non si mostrano coerenti con la loro speciale missione di cui si sentono investiti e su cui la White poneva molta enfasi. Difatti essi collaborano con i Protestanti; per quanto riguarda l’Italia non pochi Avventisti sostengono l’idea di aderire alla Federazione delle Chiese Evangeliche. Idea però che è fortemente contrastata dagli Avventisti ‘radicali’ che vedono in questo eventuale passo della Chiesa Avventista un serio pericolo per la loro identità ed un compromesso inaccettabile. In realtà non si capisce proprio come coloro che dicono che poco prima del ritorno di Cristo il mondo protestante imporrà, mediante l’aiuto del potere civile, l’osservanza della domenica possano collaborare proprio con i Protestanti!

 

[3] L’architetto di questo cambiamento è Satana. Ascoltate quello che la White scrisse a proposito: ‘Durante la dispensazione cristiana il grande nemico della felicità dell’uomo si è scagliato in modo particolare contro il quarto comandamento. Satana dice: ‘Mi opporrò ai propositi di Dio. Incoraggerò i miei seguaci a non tener conto del memoriale del Signore, il settimo giorno della settimana. Dimostrerò agli uomini che il giorno benedetto e santificato dall’Eterno è stato cambiato. Quel giorno non rimarrà nelle menti degli uomini perché ne cancellerò perfino il ricordo. Lo sostituirò con un giorno che non ha l’impronta divina, un giorno che non sia un segno fra Dio e il suo popolo. Indurrò coloro che accettano questo mio giorno ad attribuirgli la santità conferita da Dio al settimo giorno. Tramite il mio giorno sostitutivo esalterò me stesso. Si osserverà il primo giorno della settimana e il mondo protestante accetterà questo giorno di riposo apocrifo come autentico. Con la trasgressione del sabato, istituito da Dio, getterò il discredito sulla legge divina. Farò in modo che le parole ‘un segno fra me e voi per tutte le vostre generazioni’ siano applicate al mio giorno di riposo. In questo modo il mondo sarà mio; io sarò il dominatore della terra, il principe di questo mondo. Controllerò le menti degli uomini tanto che il sabato di Dio sarà oggetto di particolare disprezzo….’. (Ellen G. White, Profeti e Re, Firenze 1994, pag. 103). Si noti quanto dure e folli siano queste parole della White. La domenica viene niente di meno fatta passare per il giorno del diavolo, un giorno tramite cui il diavolo esalterebbe se stesso!

 

[4] D. M. Canright, che era stato un leaders avventista ai suoi tempi e amico personale dei coniugi White, alla fine del secolo scorso (1887) si separò dagli Avventisti e si unì ad una Chiesa Battista, e scrisse nel suo libro Seventh-day Adventism Renounced (L’Avventismo del Settimo giorno Ripudiato): ‘Io ero rimasto per molto tempo impressionato dal fatto che noi Avventisti predicavamo molto differentemente dagli apostoli. Per esempio, noi stavamo sempre a predicare e a scrivere sul Sabato, mentre Paolo in tutte le sue quattordici epistole lo menziona solo una volta, Col. 2:16, e poi solo per condannarlo!’ (pag. 86; citato da Hoekema, op. cit., pag. 127).

 

[5] La White sostiene che gli Israeliti conoscevano il sabato dall’Egitto, quando ancora erano sotto il dominio di Faraone. Questo è insostenibile con la Scrittura che invece dice che Dio fece conoscere il suo sabato ad Israele dopo la sua uscita dall’Egitto. In Ezechiele per esempio è scritto: "E li trassi fuori dal paese d’Egitto, e li condussi nel deserto. Diedi loro le mie leggi e feci loro conoscere le mie prescrizioni, per le quali l’uomo che le metterà in pratica vivrà. E diedi pur loro i miei sabati perché servissero di segno fra me e loro, perché conoscessero che io sono l’Eterno che li santifico" (Ez. 20:10-12), e in Nehemia è scritto: "E scendesti sul monte Sinai e parlasti con loro dal cielo e desti loro prescrizioni giuste e leggi di verità, buoni precetti e buoni comandamenti; e facesti loro conoscere il tuo santo sabato, e desti loro comandamenti, precetti e una legge per mezzo di Mosè, tuo servo; e desti loro pane dal cielo quand’erano affamati, e facesti scaturire acqua dalla rupe quand’erano assetati, e dicesti loro che andassero a prender possesso del paese che avevi giurato di dar loro" (Neh. 9:13-15). Ma la White oltre a questo ha affermato che gli Israeliti in Egitto furono esortati da Mosè ad osservare il sabato se volevano essere liberati e che fu proprio lo sforzo intrapreso per osservare il sabato che portò Faraone a infierire maggiormente contro gli Israeliti. Ecco le parole della White: ‘Durante la loro schiavitù, gli israeliti si erano in parte dimenticati della legge di Dio, allontanandosene. L’osservanza del sabato era in gran parte trascurata, inoltre le imposizioni dei loro sorveglianti rendevano apparentemente impossibile una tale osservanza. Mosè fece comprendere al popolo che l’ubbidienza a Dio era la condizione essenziale per ottenere la salvezza; ma gli oppressori vennero a conoscenza degli sforzi compiuti per ristabilire l’osservanza del sabato. Seriamente allarmato, il sovrano sospettò che gli Israeliti stessero rivoltandosi e abbandonando il lavoro. Pensò che un tale atteggiamento fosse dettato dalla pigrizia, e allora volendo troncare subito quegli intrighi pericolosi, decise di rendere più severa la schiavitù degli israeliti per soffocarne lo spirito di indipendenza’ (Ellen G. White, Conquistatori di pace, pag. 199-200). Anche a riguardo di queste affermazioni diciamo che sono insostenibili con la Scrittura; sono invenzioni della White. Ecco cosa troviamo scritto nel libro dell’Esodo: "Dopo questo, Mosè ed Aaronne vennero a Faraone, e gli dissero: ‘Così dice l’Eterno, l’Iddio d’Israele: Lascia andare il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto’. Ma Faraone rispose: ‘Chi è l’Eterno, ch’io debba ubbidire alla sua voce e lasciar andare Israele? Io non conosco l’Eterno, e non lascerò affatto andare Israele’. Ed essi dissero: ‘L’Iddio degli Ebrei si è presentato a noi; lasciaci andare tre giornate di cammino nel deserto per offrir sacrifizi all’Eterno, ch’è il nostro Dio, onde ei non abbia a colpirci con la peste o con la spada’. E il re d’Egitto disse loro: ‘O Mosè e Aaronne, perché distraete il popolo dai suoi lavori? Andate a fare quello che vi è imposto!’ E Faraone disse: ‘Ecco, il popolo è ora numeroso nel paese, e voi gli fate interrompere i lavori che gli sono imposti’. E quello stesso giorno Faraone dette quest’ordine agli ispettori del popolo e ai suoi sorveglianti: ‘Voi non darete più, come prima, la paglia al popolo per fare i mattoni; vadano essi a raccogliersi della paglia! E imponete loro la stessa quantità di mattoni di prima, senza diminuzione alcuna; perché son de’ pigri; e però gridano dicendo: Andiamo a offrir sacrifizi al nostro Dio! Sia questa gente caricata di lavoro; e si occupi di quello senza badare a parole di menzogna’. Allora gl’ispettori del popolo e i sorveglianti uscirono e dissero al popolo: ‘Così dice Faraone: Io non vi darò più paglia. Andate voi a procurarvi della paglia dove ne potrete trovare, perché il vostro lavoro non sarà diminuito per nulla’. Così il popolo si sparse per tutto il paese d’Egitto, per raccogliere della stoppia invece di paglia. E gli ispettori li sollecitavano dicendo: ‘Compite i vostri lavori giorno per giorno, come quando c’era la paglia!’ E i sorveglianti de’ figliuoli d’Israele stabiliti sopra loro dagli ispettori di Faraone, furon battuti; e fu loro detto: ‘Perché non avete fornito, ieri e oggi come prima, la quantità di mattoni che v’è imposta?’ Allora i sorveglianti dei figliuoli d’Israele vennero a lagnarsi da Faraone, dicendo: ‘Perché tratti così i tuoi servitori? Non si dà più paglia ai tuoi servitori, e ci si dice: Fate de’ mattoni! ed ecco che i tuoi servitori sono battuti, e il tuo popolo è considerato come colpevole!’ Ed egli rispose: ‘Siete dei pigri! siete dei pigri! Per questo dite: Andiamo a offrir sacrifizi all’Eterno. Or dunque andate a lavorare! non vi si darà più paglia, e fornirete la quantità di mattoni prescritta’. I sorveglianti de’ figliuoli d’Israele si videro ridotti a mal partito, perché si diceva loro: ‘Non diminuite per nulla il numero de’ mattoni impostovi giorno per giorno" (Es. 5:1-19). Non è abbastanza chiara la ragione per cui Faraone si mise a dire agli Israeliti che erano pigri? E’ così difficile a capire che l’osservanza del sabato in tutta la storia non c’entra per nulla?

 

[6] Samuele Bacchiocchi commentando queste parole afferma che il loro significato è che ‘è rimasto’ un riposo di sabato per il popolo di Dio (cfr. Samuele Bacchiocchi, Riposo divino per l’inquietudine umana, Impruneta, Firenze 1983, pag. 150), per cui il giorno di sabato va ancora osservato. Ma ciò non può essere vero perché se si legge tutto il contesto in cui queste parole sono messe si noterà chiaramente che lo scrittore agli Ebrei sta parlando non del riposo del settimo giorno della settimana ma del riposo che si sperimenta quando si muore in Cristo.

 

[7] Quantunque gli Avventisti neghino che un credente quando muore va in cielo, e rifiutano di credere che il sabato non debba più essere osservato con la venuta di Cristo, occorre dire che essi non negano che il sabato simboleggi il futuro e finale riposo che attende il popolo di Dio. Ma continuano a giudicarci negativamente a proposito della nostra posizione nei confronti del sabato. Ecco cosa dice per esempio Samuele Bacchiocchi: ‘Ritenere il Sabato un simbolo del riposo finale e futuro che attende il popolo di Dio, mentre si nega la base di tale simbolo, cioè il riposo sabbatico presente, è una chiara contraddizione in termini. Come può il Sabato alimentare nel credente la speranza del futuro riposo quando la sua celebrazione che è un pregustare e anticipare il futuro riposo è rigettata?’ (Samuele Bacchiocchi, Riposo divino per l’inquietudine umana, pag. 151). Ma se è così allora noi domandiamo loro: non è forse vero che anche la Pasqua rappresenta qualcosa di importante per il cristiano infatti rappresenta Cristo che è stato immolato per aspergerci con il suo sangue e liberarci dall’ira a venire? Come mai dunque non osservate la Pasqua giudaica come prescrive la legge? Come potete dire che la Pasqua è un simbolo di qualcosa che è avvenuto e di cui ci dobbiamo ricordare, cioè la morte espiatoria di Cristo, e poi negare la base ti tale simbolo? Se dunque la nostra è una contraddizione in termini, lo è anche la vostra quando parlate della Pasqua.

 

[8] Secondo Levitico 23:5-6 la Pasqua era il 14° giorno del primo mese, mentre la festa degli azzimi era il 15° giorno dello stesso mese. Ma secondo Esodo 23:15, Numeri 28:16-25, Deuteronomio 16:1-8 e Luca 22:1 anche la festa degli azzimi è chiamata Pasqua.

 

[9] Si consideri che molti Ebrei ancora oggi si guardano dall’accendere il fuoco o la luce in casa loro per non trasgredire l’ordine di Dio nella legge. Per quanto riguarda il fuoco, per poter riscaldare i cibi senza accenderlo, mettono una piastra sopra la cucina a gas sotto la quale mantengono una fiammella accesa; mentre per le luci hanno un meccanismo a orologeria che provvede a spegnerle al momento di andare a letto e a riaccenderle la mattina seguente.

 

[10] I Lubavitch sono una frangia dell’ortodossia ebraica e sono in continuo aumento tra il popolo ebraico. Oltre ai Lubavitch ci sono i gruppi di Bratslav, Belz, Bobov, Ger, Radzyn e Satmar. Gli ortodossi Satmar sono conosciuti per la loro avversione allo Stato d’Israele che ritengono illegale.

 

[11] Rolando Rizzo va fiero dell’imposizione della decima da parte della Chiesa Avventista perché è a motivo di essa che gli Avventisti risultano statisticamente i più generosi nel mondo religioso. Ecco quello che egli dice: ‘Tutte le chiese insegnano la generosità, ma la Chiesa Avventista è, crediamo, l’unica comunità delle sue dimensioni che pone la decima tra le condizioni d’ingresso e, sicuramente, nell’Avventismo si incontra statisticamente il più alto volume di generosità esistente nel mondo religioso: è uno dei fattori fondamentali della sua espansione e della solidità delle sue strutture’ (Rolando Rizzo, L’identità avventista, pag. 77). Naturalmente questo discorso non tiene minimamente conto della Parola di Dio che non impone la decima sotto la grazia, ma dice che ognuno deve dare secondo che ha deliberato in cuor suo, non per forza, né di malavoglia perché Dio ama un donatore allegro (cfr. 2 Cor. 9:7). Ed inoltre non tiene conto del fatto incontestabile che molti Avventisti danno la decima ‘mormorando’, cioè di malavoglia, il che significa che gran parte di questo alto volume di generosità di cui parla il Rizzo non proviene da un cuor allegro ma da un cuore scontento. Meglio ricevere poco da credenti contenti di dare per l’opera di Dio, che ricevere tanto da credenti che danno solo per forza, di malavoglia (perché minacciati di maledizione nel caso ‘deruberanno’ Dio della decima).

 

[12] La White commentando queste parole dice che ‘Gesù ha riconosciuto che il pagamento della decima è un dovere" (Ellen G. White, La speranza dell’uomo, Firenze 1990, pag. 439).

 

[13] In ogni paese del mondo, la Chiesa Avventista stampa ogni anno un enorme numero di pubblicazioni (dove sono presentati anche i pareri di scienziati e medici) per mezzo di cui promuove l’ideale vegetariano. In Italia in testa a tutte le pubblicazioni avventiste che promuovono il vegetarianismo c’è Vita e Salute. Ad ogni catecumeno poi viene dato uno specifico studio biblico sulla temperanza in cui è posto in rilievo l’ideale vegetariano.

 

[14] Sulla posizione della Chiesa Avventista nei confronti dell’uso della carne, Rolando Rizzo dedica un capitolo nel suo libro Serrate le fila, serrate le fila. Ma nel voler difendere a tutti i costi l’ispirazione della White, il Rizzo cade in contraddizione. Per esempio lui dice che la White ‘sull’uso della carne ha una posizione tanto chiara quanto esplicitamente contraria. Gli avventisti, infatti, sono chiaramente chiamati a scegliere un’alimentazione vegetariana’ (Rolando Rizzo, Serrate le fila, serrate le fila… Ai fratelli del Movimento di Riforma, Firenze 1995, pag. 100), ed anche: ‘Scorrendo l’Index delle pubblicazioni firmate dalla sorella White o compilate dai suoi scritti, è veramente impressionante notare il numero di volte in cui ella parla male della carne’ (op. cit., pag. 105). Egli fa notare però che tutte queste dichiarazioni della White non annullano quelle altre sue dichiarazioni nelle quali ella afferma che nonostante tutto il vegetarianismo non deve essere considerato un test d’appartenenza alla Chiesa avventista. In altre parole si può essere Avventisti anche mangiando della carne, anche non diventando vegetariani. D’altronde dice il Rizzo: ‘Abramo, Mosè, gli apostoli, erano uomini spirituali: non risulta che fossero vegetariani. Vegetariano assoluto non lo fu neppure Cristo’ (ibid., pag. 108). Dunque gli Avventisti sull’uso della carne sono possibilisti a differenza della White. Ma allora noi diciamo: se Mosè che scrisse la legge non fu vegetariano, come non fu vegetariano neppure Cristo, perché ambedue mangiarono della carne (anche se solo quella considerata pura dalla legge), per quale motivo si deve insegnare che il vegetarianismo è la dieta ideale? La risposta avventista è sempre la stessa; ‘Lo ha detto lo Spirito di profezia’. Ma ciò non è affatto vero, perché lo Spirito di profezia non trasmette il messaggio che è male mangiare le carni pure della legge di Mosè, come anche non vieta di mangiare le altre carni, cioè quelle considerate impure dalla legge di Mosè.

 

[15] L’ordine di astenersi dalla carne, dal vino e dalle bevande alcoliche fa parte di quella che è chiamata dagli Avventisti ‘la riforma sanitaria’. Questa riforma fu ‘rivelata’ in visione alla White. La prima ‘visione’ importante sulla riforma sanitaria la White la ebbe nel 1863. Ella disse: ‘Fu in casa del fratello A. Hillard, a Otsego, nel Michigan, che il 6 giugno 1863 l’importante soggetto della riforma sanitaria mi fu rivelato in visione’ (citato da Roger W. Coon, Radici nella profezia, Trento 1994, pag. 86).

 

[16] Rolando Rizzo, commentando le sopracitate parole di Deuteronomio, dice: ‘Le bevande alcoliche ci sono, però, perché? Ci sono semplicemente perché esse facevano parte delle feste del tempo come delle feste del tempo, facevano parte carni di pecore e di buoi. L’autore ispirato era un uomo del suo tempo, quando parlava, non in tutto era chiamato da Dio a superare il suo tempo (…) sia perché non era necessario, sia perché non era opportuno’ (Rolando Rizzo, Stretti Sentieri di libertà, pag. 44). Dunque Mosè permise l’uso del vino e delle bevande alcoliche perché non era opportuno né necessario superare il suo tempo; insomma le sue parole erano il frutto della cultura ebraica di quel tempo. Il fatto è però che né Gesù e neppure gli apostoli più di mille anni dopo hanno ritenuto opportuno ‘superare il tempo’ di Mosè in questione di vino e bevande alcoliche. Dunque il permesso non fu abolito. Ma purtroppo quello che né Gesù e né gli apostoli vietarono di bere fu vietato dalla White che quale ‘profetessa ispirata’ degli ultimi tempi ha ritenuto opportuno ‘superare il tempo’ di Mosè, di Gesù e degli apostoli. La White però così facendo ha imitato un’altra profetessa cioè Izebel che pensò anche lei di ‘superare’ il tempo di Mosè, di Gesù e degli apostoli insegnando a fornicare e a mangiare cose sacrificate agli idoli!

 

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