Capitolo 2

La purificazione del santuario e il giudizio investigativo

 

 

PREMESSA

Prima di passare alla confutazione delle errate dottrine avventiste è necessario fare questa premessa. Gli Avventisti del settimo giorno hanno molte dottrine che si attengono alle Scritture. Ecco alcune loro affermazioni su queste dottrine.

Ÿ Le sacre Scritture: ‘Le Sacre Scritture, Vecchio e Nuovo Testamento, sono la Parola Scritta di Dio, data per divina ispirazione per mezzo di santi uomini di Dio che parlarono e scrissero sospinti dallo Spirito Santo. In questa Parola, Dio ha fornito all’uomo la conoscenza necessaria per la salvezza...’ (Articolo di fede n. 1: G. De Meo, op. cit., pag. 229).

Ÿ La Trinità: ‘C’è un solo Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo, un’unità in tre Persone coeterne. Dio è immortale, onnipotente, onnisciente, onnipresente, e sopra tutto e tutti. E’ infinito e al di là dell’umana comprensione, eppure conosciuto per mezzo della propria rivelazione di sé...’ (Articolo di fede n. 2: ibid., pag. 229).

Ÿ Dio Padre: ‘Dio l’Eterno Padre è il Creatore, la Sorgente, il Sostenitore e il Sovrano di tutta la creazione. E’ giusto e santo, misericordioso e benigno, lento all’ira, e pieno di costante amore e fedeltà. Le qualità e i poteri espressi nel Figlio e nello Spirito Santo sono anche rivelazioni del Padre...’ (Articolo di fede n. 3: ibid., pag. 229-230).

Ÿ Il Figlio: ‘Dio l’Eterno Figlio, si è incarnato in Gesù Cristo. Per mezzo suo tutte le cose furono create (…). Per sempre vero Dio, divenne anche vero uomo, Gesù il Cristo. Fu concepito dallo Spirito Santo e nacque dalla vergine Maria. Visse e sperimentò la tentazione come un essere umano, ma esemplificò perfettamente la giustizia e l’amore di Dio (...) Soffrì e morì volontariamente sulla croce per i nostri peccati e al nostro posto, fu risuscitato dai morti e ascese per ministrare nel santuario celeste in nostro favore. Ritornerà in gloria per la liberazione finale del suo popolo e la restaurazione di tutte le cose...’ (Articolo di fede n. 4: ibid., pag. 230).

Ÿ Lo Spirito Santo: ‘Dio l’eterno Spirito era attivo con il Padre e il Figlio nella creazione, nell’incarnazione e nella redenzione. Ispirò gli scrittori della Scrittura. Riempì la vita di Cristo di potenza. Attira e convince gli esseri umani, rinnova e trasforma all’immagine di Dio coloro che rispondono. Mandato dal Padre e dal Figlio per essere sempre con i suoi figli, accorda i doni spirituali alla chiesa, la riempie di potenza per testimoniare Cristo, e, in armonia con le Scritture, la conduce in tutta la verità...’ (Articolo di fede n. 5: ibid., pag. 230).

Ÿ L’espiazione di Cristo: ‘Nella vita di Cristo di perfetta ubbidienza alla volontà di Dio, nella sua sofferenza, nella sua morte e nella sua risurrezione, Dio ha provveduto i soli mezzi di espiazione per il peccato umano, affinché coloro che accettano per fede questa espiazione, possano avere vita eterna (...). Questa perfetta espiazione rivendica la giustizia della legge di Dio e la benignità del suo carattere, poiché condanna il nostro peccato e nello stesso tempo provvede il nostro perdono. La morte di Cristo è sostitutiva ed espiatoria, riconcilia e trasforma....’ (Articolo di fede n. 9: ibid., pag. 231).

Ÿ La salvezza: ‘Nell’infinito amore e pietà, Dio fece divenire Cristo, che non conobbe peccato, peccato per noi, affinché in lui potessimo essere resi giustizia di Dio. Guidati dallo Spirito Santo, noi sentiamo il nostro bisogno, riconosciamo la nostra peccaminosità, ci pentiamo delle nostre trasgressioni ed esercitiamo la fede in Gesù come Signore e Cristo, come Sostituto ed Esempio. Questa fede, strumento di salvezza, viene per mezzo del potere divino della Parola ed è il dono della grazia di Dio. Per mezzo di Cristo siamo giustificati, adottati come figli e figlie di Dio, e liberati dalla signoria del peccato. Per mezzo dello Spirito nasciamo di nuovo e siamo santificati; lo Spirito rinnova le nostre menti, scrive la legge di amore di Dio nei nostri cuori, e ci dà il potere di vivere una vita santa...’ (Articolo di fede n. 10: ibid., pag. 232).

Ÿ La Chiesa: ‘La chiesa è la comunità dei credenti che confessano Gesù Cristo come Signore e Salvatore. In continuità con il popolo di Dio del tempo del Vecchio Testamento, noi siamo chiamati fuori dal mondo; e ci uniamo insieme per il culto, per la comunione fraterna, per l’istruzione nella Parola, per la celebrazione della Cena del Signore, per il servizio verso tutta l’umanità, e per la proclamazione mondiale del Vangelo. (...) La chiesa è la famiglia di Dio (...). La chiesa è il corpo di Cristo, una comunità di fede, del quale Cristo stesso è il capo. La chiesa è la sposa per la quale Cristo morì affinché Egli potesse santificarla e purificarla....’ (Articolo di fede n. 11: ibid., pag. 232).

Ÿ Il battesimo: ‘Con il battesimo noi confessiamo la nostra fede nella morte e nella risurrezione di Gesù Cristo e testimoniamo della nostra morte al peccato e del nostro proposito di camminare in novità di vita. (...) Il battesimo è un simbolo della nostra unione con Cristo, del perdono dei nostri peccati, e del fatto che abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Esso è per immersione in acqua...’ (Articolo di fede n. 14: ibid., pag. 233) .

Ÿ La cena del Signore: ‘La Santa Cena è una partecipazione ai simboli del corpo e del sangue di Gesù (...). Mentre partecipiamo, noi proclamiamo gioiosamente la morte del Signore finché Egli venga...’ (Articolo di fede n. 15: ibid., pag. 233) .

Come potete vedere gli Avventisti del settimo giorno insegnano la Trinità, l’incarnazione della Parola di Dio, la divinità di Cristo, la divinità e personalità dello Spirito Santo, la morte e risurrezione corporale di Cristo, il suo personale e glorioso ritorno, la salvezza per grazia mediante la fede, l’ispirazione delle Scritture, il battesimo per immersione e la cena del Signore. Ma gli Avventisti a queste dottrine associano delle strane dottrine che contrastano la verità, come per esempio la dottrina della purificazione del santuario celeste cominciata il 22 ottobre 1844, quella del giudizio investigativo cominciato nella stessa data, quella che ordina di non mangiare certi cibi e di non bere certe bevande, quella che ordina l’osservanza del giorno del sabato (da qui il nome di Sabatisti datogli da molti), quella che ordina il pagamento della decima, quella che dice che loro sono il rimanente della progenie, quella peculiare sul dragone la bestia e il falso profeta e il marchio della bestia, quella che afferma che l’anima è l’intero essere umano e che tra la morte e la risurrezione l’uomo dorme, quella che afferma che gli empi quando risusciteranno saranno distrutti (o annichiliti) per sempre, e che anche Satana tornerà a non esistere, ed altre. Io confuterò proprio queste dottrine, facendo notare a suo tempo come alcune di queste loro dottrine intaccano la salvezza per grazia e l’opera di espiazione compiuta da Cristo. Nella mia confutazione dedicherò una parte anche alla dimostrazione che benché gli Avventisti dichiarino l’ispirazione delle Scritture e che le Scritture sono la piena rivelazione di Dio, di fatto considerano gli scritti di Ellen G. White alla stessa stregua delle Scritture, anzi in alcuni casi al di sopra di esse.

 

LA PURIFICAZIONE DEL SANTUARIO

Come abbiamo visto innanzi secondo gli Avventisti nel 1844 Gesù Cristo sarebbe passato dal luogo santo al luogo santissimo del santuario celeste per compiervi la purificazione del santuario. Ricordiamo che questa dottrina del santuario celeste fu introdotta da Hiram Edson e confermata da Crosier, dopo la ‘grande delusione’, per giustificare il mancato ritorno di Cristo sulla terra nell’ottobre del 1844 e che fu confermata da una ‘visione’ di Ellen G. White. Ma vediamo ora più da vicino in che cosa consiste questa dottrina della purificazione del santuario e come gli Avventisti fanno ad affermare che il santuario celeste ha cominciato ad essere purificato nel 1844. Premetto che questa dottrina avventista è piuttosto complicata per cui vi invito a seguire attentamente la sua esposizione al fine di comprendere bene poi la sua confutazione.

La dottrina avventista

Nel 1844 Gesù è passato dal luogo santo al luogo santissimo ed è cominciata la purificazione del santuario celeste che terminerà con il trasferimento dei peccati sul capo di Satana. Il santuario terreno che Mosè costruì per comando di Dio era ombra di cose celesti secondo che è scritto che Dio disse a Mosè di fare ogni cosa secondo il modello che gli era stato mostrato sul monte. Questo santuario era diviso in luogo santo e in luogo santissimo; nel primo i sacerdoti entravano ogni giorno con il sangue di animali prescritti da Dio, per compiere l’espiazione dei peccati del popolo o dei loro stessi peccati; nel secondo entrava solo il sommo sacerdote una volta sola all’anno e precisamente il giorno delle espiazioni, che era il decimo giorno del settimo mese. In quel particolare giorno non venivano purificati solo i sacerdoti e il popolo dai loro peccati ma veniva purificato anche il santuario mediante il sangue del sacrificio per il peccato che veniva portato dal sommo sacerdote nel luogo santissimo, al di là del velo. Dio disse infatti: "Così farà l’espiazione per il santuario, a motivo delle impurità dei figliuoli d’Israele, delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati" (Lev. 16:16). In quel giorno però oltre al capro destinato all’Eterno, il cui sangue veniva portato dal sommo sacerdote nel luogo santissimo e serviva a fare l’espiazione dei peccati del popolo (cfr. Lev. 16:9,15) (per l’espiazione dei peccati dei sacerdoti veniva scannato invece un giovenco il cui sangue veniva anch’esso portato nel luogo santissimo [cfr. Lev. 16:6,11,14]), c’era anche il capro destinato ad Azazel, che serviva anch’esso a fare l’espiazione assieme a quello destinato all’Eterno; di questo la legge dice: "Ma il capro ch’è toccato in sorte ad Azazel sarà posto vivo davanti all’Eterno, perché serva a fare l’espiazione e per mandarlo poi ad Azazel nel deserto (...) E quando avrà finito di fare l’espiazione per il santuario, per la tenda di convegno e per l’altare, farà accostare il capro vivo. Aaronne poserà ambedue le mani sul capo del capro vivo, confesserà sopra esso tutte le iniquità dei figliuoli d’Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati, e li metterà sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di questo, lo manderà via nel deserto. E quel capro porterà su di sé tutte le loro iniquità in terra solitaria, e sarà lasciato andare nel deserto" (Lev. 16:10, 20-22). Ora, siccome che il santuario terreno raffigurava quello perfetto che è nel cielo, di conseguenza anche il santuario celeste aveva bisogno di essere purificato. Ma quest’ultimo doveva esserlo con sacrifici più eccellenti di quelli dell’Antico Patto secondo che è scritto: "Ma le cose celesti stesse doveano esserlo con sacrificî più eccellenti di questi" (Ebr. 9:23). Ed il sacrificio mediante il quale esso è stato purificato è quello di Cristo. Ma quando è stato purificato? A questa domanda gli Avventisti rispondono: il 22 ottobre 1844 (o meglio la purificazione è cominciata in quel giorno e - come vedremo in seguito - questa opera di purificazione del santuario è un giudizio investigativo in corso) perché questa è la data che scaturisce aggiungendo i duemila trecento anni (le duemila trecento sere e mattine citate in Daniele 8:14 che, dato che gli viene applicata la regola di un anno per ogni giorno, diventano 2300 anni) all’anno 457 a.C. (che sarebbe l’anno in cui uscì il decreto da parte del re Artaserse di ricostruire Gerusalemme). Daniele infatti, essi dicono, disse che alla fine delle duemila trecento sere e mattine il santuario sarebbe stato purificato secondo che è scritto: "Poi udii un santo che parlava; e un altro santo disse a quello che parlava: ‘Fino a quando durerà la visione del sacrifizio continuo e la ribellione che produce la desolazione, abbandonando il luogo santo e l’esercito ad esser calpestati?’ Egli mi disse: Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato" (Dan. 8:13-14) .

A questo punto è indispensabile spiegare quali sono i ragionamenti che fanno gli Avventisti per arrivare a dire questo; perché a questa conclusione ci arrivano dopo aver fatto dei discorsi piuttosto elaborati. Nel capitolo 8 di Daniele viene detto dal profeta: "Ero in visione; e, mentre guardavo, ero a Susan, la residenza reale, che è nella provincia di Elam; e, nella visione, mi trovavo presso il fiume Ulai. Alzai gli occhi, guardai, ed ecco, ritto davanti al fiume, un montone che aveva due corna; e le due corna erano alte, ma una era più alta dell’altra, e la più alta veniva su l’ultima. Vidi il montone che cozzava a occidente, a settentrione e a mezzogiorno; nessuna bestia gli poteva tener fronte, e non c’era nessuno che la potesse liberare dalla sua potenza; esso faceva quel che voleva, e diventò grande. E com’io stavo considerando questo, ecco venire dall’occidente un capro, che percorreva tutta la superficie della terra senza toccare il suolo; e questo capro aveva un corno cospicuo fra i suoi occhi. Esso venne fino al montone dalle due corna che avevo visto ritto davanti al fiume, e gli s’avventò contro, nel furore della sua forza. E lo vidi giungere vicino al montone, pieno di rabbia contro di lui, investirlo, e spezzargli le due corna; il montone non ebbe la forza di tenergli fronte, e il capro lo atterrò e lo calpestò; e non ci fu nessuno che potesse liberare il montone dalla potenza d’esso. Il capro diventò sommamente grande; ma, quando fu potente, il suo gran corno si spezzò; e, in luogo di quello, sorsero quattro corna cospicue, verso i quattro venti del cielo. E dall’una d’esse uscì un piccolo corno, che diventò molto grande verso mezzogiorno, verso levante, e verso il paese splendido. S’ingrandì, fino a giungere all’esercito del cielo; fece cadere in terra parte di quell’esercito e delle stelle, e le calpestò. S’elevò anzi fino al capo di quell’esercito, gli tolse il sacrifizio perpetuo, e il luogo del suo santuario fu abbattuto. L’esercito gli fu dato in mano col sacrifizio perpetuo, a motivo della ribellione; e il corno gettò a terra la verità, e prosperò nelle sue imprese" (Dan. 8:2-12). Ora, gli Avventisti dicono che ‘il piccolo corno di Daniele 8:9 rappresenta sia la Roma pagana che quella papale’ (Questions on Doctrine, pag. 255), che ‘il santuario di Daniele 8:11-14 deve coinvolgere (must involve) sia il santuario terreno che quello celeste’ (ibid., pag. 255), e che il sacrificio perpetuo (o quotidiano) rappresenta i servizi giornalieri regolari o servizi perpetui di ambedue i santuari (cfr. Questions on Doctrine, pag. 255-256). Nel caso del sacrificio perpetuo terreno esso è quello scritto nella legge in questi termini: "Or questo è ciò che offrirai sull’altare: due agnelli d’un anno, ogni giorno, del continuo. Uno degli agnelli l’offrirai la mattina; e l’altro l’offrirai sull’imbrunire. Col primo agnello offrirai la decima parte di un efa di fior di farina impastata con la quarta parte di un hin d’olio vergine, e una libazione di un quarto di hin di vino. Il secondo agnello l’offrirai sull’imbrunire; l’accompagnerai con la stessa oblazione e con la stessa libazione della mattina; è un sacrifizio di profumo soave offerto mediante il fuoco all’Eterno. Sarà un olocausto perpetuo offerto dai vostri discendenti, all’ingresso della tenda di convegno, davanti all’Eterno, dove io v’incontrerò per parlar quivi con te" (Es. 29:38-42), ed ancora: "E dirai loro: Questo è il sacrifizio mediante il fuoco, che offrirete all’Eterno: degli agnelli dell’anno, senza difetti, due al giorno, come olocausto perpetuo. Uno degli agnelli offrirai la mattina, e l’altro agnello offrirai sull’imbrunire: e, come oblazione, un decimo d’efa di fior di farina, intrisa con un quarto di hin d’olio vergine. Tale è l’olocausto perpetuo, offerto sul monte Sinai: sacrifizio fatto mediante il fuoco, di soave odore all’Eterno. La libazione sarà di un quarto di hin per ciascun agnello; la libazione di vino puro all’Eterno la farai nel luogo santo. E l’altro agnello l’offrirai sull’imbrunire, con un’oblazione e una libazione simili a quelle della mattina: è un sacrifizio fatto mediante il fuoco, di soave odore all’Eterno.." (Num. 28:3-8). Il sacrificio perpetuo celeste invece è il servizio celeste continuo svolto da Cristo nell’applicare i benefici del suo sacrificio compiuto sulla croce; e questo perché il sacrificio ‘giornaliero’ compiuto nel santuario terreno rappresenta il servizio che Cristo doveva compiere da subito dopo la sua ascensione nel santuario celeste. La soppressione del sacrificio perpetuo dunque da parte della Roma pagana ‘rappresenta la desolazione del Tempio nel 70 d.C. con la permanente cessazione dei suoi servizi’ (Questions on Doctrine, pag. 256), mentre la soppressione del sacrificio continuo da parte della Roma papale ‘rappresenta l’introduzione di innovazioni papali quali la mediazione del sacerdozio, il sacrificio della messa, il confessionale e l’adorazione di Maria, per mezzo di cui è stata con successo tolta via la conoscenza del, e la fiducia nel, ministerio continuo di Cristo nel santuario celeste, ed è stato reso inoperativo quel ministerio nelle vite di milioni di Cristiani professanti’ (ibid., pag. 256-257). In questa maniera "il luogo del suo santuario fu abbattuto" (Dan. 8:11). Ora, Dio tramite Daniele predisse che sarebbe stato ‘tolto’ il servizio continuo nel santuario celeste dal papato, ma che dopo 2300 sere e mattine il santuario sarebbe stato purificato. Le 2300 sere e mattine però non sono giorni ma anni perché Dio disse ad Ezechiele "t’impongo un giorno per ogni anno" (Ez. 4:6). Quei 2300 anni vanno contati dal 457 a. C. perché in Daniele viene detto: "Dal momento in cui è uscito l’ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme fino all’apparire di un unto…." (Dan. 9:25), e quel momento è l’anno 457 a. C. quando Artaserse permise il ritorno di Esdra a Gerusalemme. Ecco dunque che sommando 2300 anni al 457 a.C. viene fuori la data del 1844. In quell’anno si adempirono le parole dette a Daniele, in altre parole avvenne che il santuario fu purificato perché Cristo entrò nel luogo santissimo del santuario celeste a compiere il suo servizio di purificazione del santuario, rappresentato nella legge dal servizio che il sommo sacerdote compiva il giorno dell’espiazione (in ebraico: Yom Kippur) entrando nel luogo santissimo. ‘Questa purificazione è cominciata nel 1844, anno che mette fine ai 2300 anni del profeta Daniele…’ (Centro di documentazione dell’unione italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, Dizionario di dottrine bibliche, Impruneta, Firenze 1990, pag. 189). Ma allora, viene da domandarsi, prima del 1844 dov’era Gesù? Che tipo di ministerio adempiva Gesù nel cielo in favore di coloro che credevano in lui? Gesù secondo gli Avventisti si trovava nel luogo santo e non ancora nel luogo santissimo perché, come già detto, in quest’ultimo ci sarebbe entrato solo nel 1844 per purificarlo. Ecco che cosa Ellen G. White ha detto a proposito di questa doppia fase del ministerio di mediazione di Gesù: ‘Il ministero del sacerdote nel corso dell’anno, nella prima sezione del santuario, al di là del velo che fungeva da porta di accesso e che separava il luogo santo dal cortile esterno, rappresentava l’opera cominciata da Cristo in cielo alla sua ascensione. L’opera del sacerdote nel suo servizio quotidiano consisteva nel presentare davanti a Dio il sangue dell’offerta per il peccato e l’incenso che saliva dalle preghiere d’Israele. Nello stesso modo Cristo presentò i meriti del proprio sangue dinanzi al Padre, in favore dei peccatori, e fece salire dinanzi a lui, con il prezioso profumo della sua giustizia, le preghiere dei credenti pentiti. Questa fu l’opera compiuta nella prima parte del santuario del cielo (...). Per diciotto secoli quest’opera è proseguita nella prima parte del santuario. Il sangue di Cristo ha perorato in favore dei credenti pentiti, ha loro assicurato il perdono e l’accettazione da parte del Padre; però i loro peccati sono rimasti scritti nei libri. Come nel servizio tipico alla fine dell’anno c’era un’opera di espiazione, così prima che l’opera di Cristo per la redenzione degli uomini sia completata, deve esserci un’opera di espiazione, per la rimozione dei peccati dal santuario. Quest’opera è cominciata alla fine dei duemila trecento giorni. Allora, come era stato predetto dal profeta Daniele, il nostro Sommo Sacerdote è entrato nel luogo santissimo per compiere la parte finale della sua solenne opera; la purificazione del santuario’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, 308-309). E questa opera di purificazione cominciata da Cristo nel 1844, secondo quanto dicono gli Avventisti, si concluderà definitivamente quando Cristo - Sommo Sacerdote - prenderà tutti i peccati e li metterà sul capo di Azazel che rappresenta Satana. Ecco come si è espressa sempre Ellen G. White: ‘Cristo deporrà tutti questi peccati su Satana, origine e istigatore del male. (...) così Satana, portando la colpa di tutti i peccati commessi dal popolo di Dio per sua istigazione, sarà confinato per mille anni sulla terra desolata, (...). Il grande piano della redenzione si adempirà così con la finale estirpazione del peccato..’ (Ellen G. White, op. cit., pag. 354). La medesima cosa è detta nel libro Seventh-Day Adventist Answer Questions on Doctrine: ‘L’altro capro, in antitesi, simboleggiava Satana, che deve portare la responsabilità non solo per i suoi propri peccati ma per la sua parte in tutti i peccati che egli ha fatto commettere agli altri, sia ai giusti che ai malvagi’ (Questions on Doctrine, pag. 397). Come potete vedere, Satana, secondo quest’ultima dichiarazione porterà i peccati di tutta l’umanità e non solo quelli fatti commettere al popolo di Dio. Quindi, secondo gli Avventisti, come il capro destinato ad Azazel veniva mandato via in terra solitaria dopo che gli venivano posati sopra i peccati del popolo, così Satana, dopo che Cristo gli avrà posto tutti i peccati dell’intera umanità sul capo, sarà lasciato vagare nella terra desolata durante il millennio (gli Avventisti infatti, come vedremo dopo, non credono che i santi regneranno sulla terra con Cristo durante il millennio).

Gli Avventisti si vantano di annunciare questa dottrina del santuario; sulla Scuola del Sabato per esempio viene detto: ‘La dottrina del santuario è virtualmente sconosciuta o trascurata dalle altre chiese. Nessun gruppo studia e predica seriamente questa dottrina come fanno, invece, gli Avventisti del Settimo Giorno’ (Scuola del Sabato, 2/88, pag. 200).

Confutazione

La purificazione delle cose celesti da parte di Cristo avvenne quando lui ascese al cielo

Il santuario terreno costruito da Mosè raffigurava il santuario celeste secondo che è scritto che esso "è figura e ombra delle cose celesti, secondo che fu detto da Dio a Mosè quando questi stava per costruire il tabernacolo: Guarda, Egli disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte" (Ebr. 8:5; cfr. Es. 25:8-9,40; 27:8). Per quanto riguarda la struttura di questo santuario, ci viene detto dalla Scrittura che c’era "un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola, e la presentazione de’ pani; e questo si chiamava il Luogo santo. E dietro la seconda cortina v’era il tabernacolo detto il Luogo santissimo, contenente un turibolo d’oro, e l’arca del patto, tutta ricoperta d’oro, nella quale si trovavano un vaso d’oro contenente la manna, la verga d’Aronne che avea fiorito, e le tavole del patto. E sopra l’arca, i cherubini della gloria, che adombravano il propiziatorio…." (Ebr. 9:2-5). Per quanto riguarda le funzioni in esso adempiute sempre la Scrittura ci dice che "essendo le cose così disposte, i sacerdoti entrano bensì continuamente nel primo tabernacolo per compiervi gli atti del culto; ma nel secondo, entra una volta solamente all’anno il solo sommo sacerdote, e non senza sangue, il quale egli offre per se stesso e per gli errori del popolo" (Ebr. 9:6-7). Questo santuario terreno, dopo essere stato eretto, fu purificato mediante il sangue di animali secondo che è scritto: "Difatti, quando tutti i comandamenti furono secondo la legge proclamati da Mosè a tutto il popolo, egli prese il sangue de’ vitelli e de’ becchi con acqua, lana scarlatta ed issopo, e ne asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: Questo è il sangue del patto che Dio ha ordinato sia fatto con voi. E parimente asperse di sangue il tabernacolo e tutti gli arredi del culto. E secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e senza spargimento di sangue non c’è remissione" (Ebr. 9:19-22). Se dunque fu necessario che le cose raffiguranti quelle che sono nei cieli fossero purificate con quei mezzi "le cose celesti stesse doveano esserlo con sacrificî più eccellenti di questi" (Ebr. 9:23), dice sempre lo scrittore agli Ebrei. Ed il sacrificio più eccellente tramite cui le cose celesti stesse dovevano essere purificate è quello di Cristo. Ma possiamo dire che questa purificazione delle cose celesti è cominciata nel 1844 perché in quell’anno, e precisamente il 22 ottobre, Gesù passò dal luogo santo al luogo santissimo per svolgervi la seconda fase del suo ministerio (affinché si adempissero le parole di Daniele 8:14)? Assolutamente no, perché la Scrittura ci insegna che la purificazione delle cose celesti fu compiuta da Cristo quando ascese in cielo, dopo avere compiuto la purificazione dei peccati. I seguenti passi della Scrittura ci attestano questo: "Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni, egli, attraverso il tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire, non di questa creazione, e non mediante il sangue di becchi e di vitelli, ma mediante il proprio sangue, è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistata una redenzione eterna" (Ebr. 9:11-12) ; "Poiché Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi; e non per offrir se stesso più volte, come il sommo sacerdote, che entra ogni anno nel santuario con sangue non suo" (Ebr. 9:24-25). Che la purificazione delle cose celesti è avvenuta all’ascensione di Gesù in cielo è anche confermato dal fatto che la purificazione del tabernacolo e dei suoi arredi che compì Mosè nel deserto fu fatta subito dopo la scannatura dell’animale il cui sangue doveva servire alla purificazione del tabernacolo e dei suoi arredi (cfr. Lev. 8:15). Per cui se il tabernacolo terreno che era ombra e figura di quello celeste fu purificato subito dopo l’uccisione dell’animale, anche il tabernacolo celeste, quello vero non fatto da mano d’uomo, doveva essere purificato subito dopo l’uccisione di Colui che oltre ad essere ministro di questo santuario, essendo costituito Sommo Sacerdote in eterno, era anche l’Agnello di Dio che doveva essere offerto per compiere la purificazione dei nostri peccati e del santuario celeste. Si tenga però ben presente sin da adesso che Gesù quando ascese al cielo non solo purificò le cose celesti con il suo sangue, dedicando in questa maniera il santuario celeste e i suoi arredi, ma egli entrò anche nel Luogo Santissimo con il suo sangue per acquistarci una redenzione eterna. In altre parole, Cristo quando ascese in cielo non solo fece verso il santuario celeste e i suoi arredi quello che Mosè (e non il sommo sacerdote) aveva fatto verso il santuario terreno e tutti i suoi arredi, cioè la loro aspersione, (Gesù però questa aspersione la fece con il suo proprio sangue e non con sangue di animali) affinché anche il Nuovo Patto fosse dedicato con sangue come lo era stato il Vecchio; ma egli entrò anche nel Luogo Santissimo del santuario celeste con il suo sangue per acquistarci la nostra salvezza cioè compì quello che in terra era fatto dal sommo sacerdote ogni anno quando entrava con il sangue di animali nel Luogo Santissimo del santuario terreno per compiere l’espiazione dei peccati suoi e del popolo (Gesù però vi entrò con il suo sangue sparso solo per i nostri peccati essendo lui privo di peccato). Questo è qualcosa, fratelli, che dovete tenere ben a mente sin da adesso per comprendere bene gli altri discorsi confutatori che farò fra poco, discorsi che avranno come punti di riferimento o di paragone sia la purificazione del santuario fatta da Mosè che l’espiazione che ogni anno compiva il sommo sacerdote entrando nel Luogo Santissimo.

Spiegazione della purificazione del santuario predetta in Daniele 8:14

La purificazione di cui parla Daniele era una purificazione di un santuario terreno, e precisamente del tempio di Gerusalemme che dopo essere stato profanato sarebbe stato purificato o meglio che dopo essere stato calpestato sarebbe stato ristorato alla posizione o alle funzioni di prima. Questo lo si deduce in maniera chiara leggendo tutto il contesto nel quale si parla delle duemila trecento sere e mattine come periodo durante il quale il santuario sarebbe stato calpestato: "Il capro diventò sommamente grande; ma, quando fu potente, il suo gran corno si spezzò; e, in luogo di quello, sorsero quattro corna cospicue, verso i quattro venti del cielo. E dall’una d’esse uscì un piccolo corno, che diventò molto grande verso mezzogiorno, verso levante, e verso il paese splendido. S’ingrandì, fino a giungere all’esercito del cielo; fece cadere in terra parte di quell’esercito e delle stelle, e le calpestò. S’elevò anzi fino al capo di quell’esercito, gli tolse il sacrifizio perpetuo, e il luogo del suo santuario fu abbattuto. L’esercito gli fu dato in mano col sacrifizio perpetuo, a motivo della ribellione; e il corno gettò a terra la verità, e prosperò nelle sue imprese. Poi udii un santo che parlava; e un altro santo disse a quello che parlava: ‘Fino a quando durerà la visione del sacrifizio continuo e la ribellione che produce la desolazione, abbandonando il luogo santo e l’esercito ad esser calpestati?’ Egli mi disse: ‘Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato" (Dan. 8:8-14). Ora, spiegheremo queste parole. Il capro che viene detto diventò sommamente grande è il regno Greco che sotto Alessandro Magno (il gran corno) sconfisse il regno Persiano, il montone con due corna che Daniele aveva poco prima visto nella stessa visione (cfr. Dan. 8:3-4), nel 331 a. C. Che sia così è dimostrato da queste parole che l’angelo Gabriele rivolse a Daniele subito dopo per spiegargli il significato della visione: "Il montone con due corna che hai veduto, rappresenta i re di Media e di Persia. Il becco peloso è il re di Grecia; e il gran corno fra i suoi due occhi è il primo re" (Dan. 8:20-21). Quando morì Alessandro Magno, ossia quando si spezzò il gran corno del capro, il regno si divise in quattro regni (Grecia, Asia minore, Siria e Egitto) che sono le quattro corna. Citiamo sempre le parole di Gabriele per dimostrare che questo fu l’adempimento di specifiche sue parole dette a Daniele: "Quanto al corno spezzato, al cui posto ne son sorti quattro, questi sono quattro regni che sorgeranno da questa nazione, ma non con la stessa sua potenza" (Dan. 8:22). Da una di queste corna, e precisamente dal regno di Siria, sorse Antioco Epifane (re di Siria dal 175 al 164 a.C.) , il "piccolo corno che diventò molto grande" che invase la Palestina, uccise migliaia di Giudei e profanò il tempio di Gerusalemme offrendovi in sacrificio una scrofa e mettendogli una statua di Giove e togliendo il sacrificio continuo che secondo la legge vi si doveva offrire la mattina e la sera (cfr. Num. 28:3-8; Es. 29:38-42). Il sorgere di questo uomo spregevole e la sua opera devastante furono predetti-spiegati sempre da Gabriele in questi termini: "E alla fine del loro regno, quando i ribelli avranno colmato la misura delle loro ribellioni, sorgerà un re dall’aspetto feroce, ed esperto in stratagemmi. La sua potenza sarà grande, ma non sarà potenza sua; egli farà prodigiose ruine, prospererà nelle sue imprese, e distruggerà i potenti e il popolo dei santi. A motivo della sua astuzia farà prosperare la frode nelle sue mani; s’inorgoglirà in cuor suo, e in piena pace distruggerà molta gente; insorgerà contro il principe de’ principi, ma sarà infranto, senz’opera di mano" (Dan. 8:23-25). Per quanto riguarda il calpestamento del santuario di Gerusalemme esso durò 2300 giorni (sei anni, tre mesi, e diciotto giorni), dall’anno 171 a. C. (anno in cui Antioco Epifane cominciò a ‘calpestare’ il santuario di Gerusalemme sostituendo il sommo sacerdote con Menelao) fino al 165 a. C., anno in cui Giuda Maccabeo a capo di un certo numero di Giudei riconquistò Gerusalemme e purificò il tempio e ristabilì le funzioni che in esso vi si dovevano compiere, tra cui anche l’offerta del sacrificio continuo. La purificazione e la dedicazione del tempio diedero origine alla festa della Dedicazione a cui Giovanni accenna nel Vangelo (cfr. Giov. 10:22), e che viene tuttora celebrata dagli Ebrei (è la festa chiamata in ebraico Chanukkà, o la festa delle luci, che inizia il 25 dicembre e dura otto giorni). La purificazione e la dedicazione del tempio sono raccontate nel primo libro dei Maccabei, uno dei libri apocrifi inclusi nel canone dalla chiesa cattolica romana (per cui un libro non ispirato; ma non per questo un libro non contenente dei fatti storici realmente avvenuti). Ecco le parole che descrivono quegli eventi: ‘Intanto Giuda e i suoi fratelli, dissero: Ecco, i nostri nemici sono stati sconfitti. Andiamo perciò a purificare il tempio e a restaurarlo. Si riunì, allora, tutto l’esercito e salirono sul Monte Sion. Videro così il santuario deserto, l’altare profanato, le porte bruciate, le piante cresciute nei cortili come in un bosco o come su una montagna, le celle in rovina. Si stracciarono le vesti, fecero un grande lamento, si cosparsero di cenere, caddero con la faccia a terra e, suonate le trombe per segnale, elevarono grida al cielo. Giuda allora ordinò agli uomini di combattere quelli che erano nell’Acra fino a quando egli non avesse purificato il santuario. Scelse pure sacerdoti senza macchia, osservanti della legge, i quali purificarono il santuario e trasportarono le pietre della contaminazione in un luogo impuro. Si consultarono poi circa l’altare degli olocausti che era stato profanato: Che dobbiamo fare? Venne loro la felice idea di demolirlo, affinché non fosse per loro causa di disonore, giacché i Gentili lo avevano contaminato. Demolirono, dunque, l’altare e ne deposero le pietre sul monte del tempio, in un luogo conveniente, in attesa che venga un profeta e che si pronunzi a loro riguardo. Poi presero pietre intatte conformi alla legge e costruirono un nuovo altare sul modello del precedente. Ripararono il santuario e l’interno del tempio e consacrarono i cortili. Fecero fare nuovi arredi sacri e portarono dentro il tempio il candelabro, l’altare dei profumi e la tavola. Bruciarono incenso sull’altare e accesero le lampade del candelabro, che risplendettero nel tempio. Posero sulla tavola i pani, distesero le cortine e terminarono tutti i lavori che avevano intrapreso. Il giorno 25 del nono mese, cioè il mese di Casleu dell’anno 148 (anno dell’era seleucida che corrisponde al 165 a. C.), si levarono di buon mattino e offrirono un sacrificio, in conformità alla legge, sul nuovo altare degli olocausti che avevano costruito. Esattamente nel tempo e nel giorno in cui i Gentili lo avevano profanato, esso fu inaugurato con inni e a suon di cetre, di arpe e di cembali. Tutto il popolo cadde con la faccia a terra, adorando e benedicendo il Cielo che li aveva condotti al successo. Celebrarono la dedicazione dell’altare per otto giorni, offrirono sacrifici con allegrezza e offrirono pure un sacrifizio di ringraziamento e di lode. Ornarono la facciata del tempio con corone d’oro e scudi, inaugurarono le porte e le celle e vi rimisero i battenti. Vi fu una stragrande allegrezza in mezzo al popolo e così fu cancellato l’obbrobrio dei gentili. Poi Giuda, i suoi fratelli e tutta l’assemblea d’Israele, stabilirono che i giorni della dedicazione dell’altare si celebrassero a loro tempo, ogni anno per otto giorni, a partire dal 25 del mese di Casleu, con allegrezza e gioia’ (1 Maccabei 4:36-59). Come si può ben vedere dalla descrizione della purificazione avvenuta ai giorni di Giuda Maccabeo, quella purificazione che ebbe luogo alla fine delle duemila trecento sere e mattine non fu la stessa che avveniva annualmente il giorno dell’espiazione secondo la legge di Mosè, perché fu piuttosto un ritorno alle normali funzioni che i sacerdoti dovevano compiere in esso (questo ritorno fu preceduto naturalmente da una purificazione del tempio perché esso era stato contaminato dai Gentili). Cosa questa che – come abbiamo già visto - Dio aveva preannunciato a Daniele in visione secoli prima infatti nella visione di Daniele si legge che il piccolo corno tolse al capo dell’esercito del cielo "il sacrifizio perpetuo" ossia quel sacrificio che doveva essere offerto nel tempio sia la mattina che la sera di ogni giorno, e che un santo domandò all’altro fino a quando sarebbe durata la visione del sacrificio continuo. Al che gli fu risposto: "Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato" (Dan. 8:14), ossia dopo quel tempo il santuario sarebbe stato ristabilito. Che si può parlare sia di purificazione (non intesa però come fanno gli Avventisti) che di ritorno alle normali funzioni (o ristabilimento del tempio) è confermato anche dal fatto che il verbo tsadaq usato in Daniele 8:14 (tradotto nella Luzzi con ‘purificato’) significa anche ‘essere giustificato’ o ‘essere messo a posto o fatto giusto’. E difatti nella Diodati questo versetto si legge così: "Ed egli mi disse: Fino a duemila trecento giorni di sera, e mattina; poi il santuario sarà giustificato", e nella Revised Standard Version: "And he said to him, For two thousand and three hundred evenings and mornings; then the sanctuary shall be restored to its rightful state (allora il santuario sarà ristabilito al suo giusto stato)".

Alla luce dunque di tutte queste cose gli Avventisti errano nel dire che il corno che spuntò fuori da una delle quattro corna è la Roma papale (il papato), che il santuario che doveva essere calpestato è quello celeste, e che esso doveva essere calpestato dal 457 a. C. al 1844, cioè per 2300 anni (le 2300 sere e mattine di Daniele 8:14). Essi errano grandemente nel sostenere che le parole che Dio disse a Ezechiele "T’impongo un giorno per ogni anno" (Ez. 4:6), vanno applicate alle 2300 sere e mattine di Daniele 8:14, perché le parole dette ad Ezechiele si riferivano ad un particolare ordine che Dio aveva dato al profeta che si evince chiaramente dal contesto nel quale si trovano.

Contraddizioni in cui cadono gli Avventisti nel sostenere la loro dottrina sul santuario

Facciamo notare adesso alcune contraddizioni che emergono da tutto il discorso avventista sulla purificazione del santuario.

Innanzi tutto, se stando a quanto dicono gli Avventisti il santuario che doveva essere calpestato dal piccolo corno è il santuario celeste calpestato dalla Roma papale e questo calpestamento viene fatto cominciare nel 457 a. C., non si capisce in che maniera il ministerio di Cristo nel santuario celeste potesse essere offuscato a partire da quell’anno del quinto secolo prima di Cristo, dato che Cristo morì sulla croce e risuscitò ed ascese in cielo circa 490 anni dopo!! Inoltre, se il togliere via il sacrificio continuo rappresenta l’introduzione delle imposture papali che offuscarono il ministerio di Cristo, e noi sappiamo che il papato cominciò a svilupparsi nei secoli che seguirono la venuta di Cristo, il calpestamento del santuario dovrebbe essere fatto partire da qualche anno del quarto o quinto o sesto secolo, per essere coerenti. Ma questa coerenza non esiste nel discorso Avventista perché i 2300 anni vengono fatti partire niente di meno che dall’anno in cui uscì il decreto di Artaserse del 457 a. C. di cui si parla in Esdra 7:11-26! Decreto che faccio di nuovo notare non prevedeva la ricostruzione di Gerusalemme. Il decreto reale che semmai prevedeva la ricostruzione della città fu quello emanato nel 444 a. C. che permise a Nehemia di tornare a Gerusalemme per ricostruire le mura. Quindi il punto di partenza per le 70 settimane prima, e poi per le 2300 sere e mattine non è in accordo con Daniele 9:25 che dice chiaramente: "Dal momento in cui è uscito l’ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme…".

Un’altra contraddizione è questa. Gli Avventisti dicono che ‘l’opera di Cristo, dopo la sua ascensione e inaugurazione come nostro sommo sacerdote celeste, fu preadombrata dal servizio quotidiano nel tipo terreno. Questa fu la prima fase del Suo ministerio celeste, mediando e applicando il sacrificio espiatorio che Egli aveva completato sulla croce’ (Questions on Doctrine, pag. 263-264). Al che noi diciamo: ma se nelle parole di Daniele il servizio quotidiano doveva essere ripristinato dopo 2300 anni ciò significa che il ministerio di Cristo nel 1844 avrebbe dovuto continuare nel luogo santo perché era lì che egli compiva la prima fase del ministerio; come mai dunque gli Avventisti fanno passare Gesù dal luogo santo a quello santissimo, cioè dal servizio ‘quotidiano’ a quello ‘annuale’? In altre parole, se la Roma papale offuscò il ministerio di Cristo nel luogo santo (cioè tolse il servizio quotidiano), questo ministerio di Cristo nel luogo santo nel 1844 avrebbe dovuto essere rischiarato, e non abolito dal servizio annuale del sommo sacerdote in cielo. Così, nella visione che ebbe Daniele gli fu implicitamente detto che il sacrificio continuo sarebbe stato ripristinato, mentre gli Avventisti lo hanno ‘tolto di mezzo’ nel senso che lo hanno fatto smettere una volta per sempre! Riflettete a quanto vi dico e vedrete l’incoerenza. E non solo, si potrebbe dire pure questo: se nella visione di Daniele è scritto che il piccolo corno "tolse il sacrificio perpetuo" al capo dell’esercito del cielo, e il piccolo corno rappresenta la Roma papale ed il sacrificio perpetuo rappresenta la prima fase del ministerio di Cristo compiuta nel luogo santo, ciò significa che la Roma papale – ammesso e non concesso che Gesù fosse nel luogo santo del santuario celeste - avrebbe dovuto togliere a Cristo il ministerio nel luogo santo, cioè farlo sparire (anche se solo per un tempo). D’altronde ciò sarebbe logico dal punto di vista avventista perché gli Avventisti dicono che anche la Roma pagana tolse il sacrificio giornaliero terreno dal santuario terreno, difatti parlano di permanente cessazione dei servizi del tempio di Gerusalemme con la sua distruzione nell’anno 70. Come mai allora gli Avventisti non dicono che il papato tolse (nel vero senso della parola) a Cristo il cosiddetto ministerio da lui svolto nel luogo santo del santuario celeste? Loro dicono che il papato con le sue innovazioni diaboliche tolse la conoscenza del continuo ministerio di Cristo nel santuario celeste e rese inoperativo quel ministerio nella vita di milioni di Cristiani (cfr. Questions on Doctrine, pag. 257). Ma nelle parole di Daniele non si parla di un togliere la conoscenza del sacrificio perpetuo, ma di un togliere completamente il sacrificio continuo, per cui quando quella cosa sarebbe avvenuta non ci sarebbe stato più il sacrificio quotidiano prescritto dalla legge; non che sarebbe stata tolta al popolo la conoscenza di quel sacrificio, come se esso sarebbe continuato ma il popolo ebreo sarebbe rimasto all’oscuro che nel santuario terreno ci fosse chi offriva il sacrificio perpetuo, ma che il sacrificio continuo sarebbe stato letteralmente tolto. Quindi a rigor di logica, in base alle allegorie avventiste, Cristo avrebbe dovuto essere letteralmente privato del suo ministerio nel luogo santo, mentre per gli Avventisti questo servizio giornaliero di Cristo nel luogo santo non gli fu realmente tolto ma solo offuscato. Le cose non quadrano dunque; non quadrano per niente neppure in questo caso. Ma d’altronde gli Avventisti non avrebbero potuto dire che il papato tolse a Cristo il suo ministerio celeste perché in questo caso avrebbero considerato il papa più forte di Cristo, in grado cioè di impedirgli di fare la sua opera in cielo!

Ma vogliamo far notare un’altra contraddizione in cui cadono gli Avventisti quando parlano della purificazione del santuario celeste. Essi quando parlano della purificazione del santuario celeste fanno sempre riferimento nei loro scritti al giorno dell’espiazione perché in quel giorno veniva fatta pure l’espiazione del santuario mediante il sangue, quindi applicano la purificazione del santuario terreno che avveniva il giorno dell’espiazione alla purificazione del santuario celeste che secondo loro cominciò il 22 ottobre 1844. Ed a proposito di questa purificazione citano le parole agli Ebrei: "Era dunque necessario che le cose raffiguranti quelle nei cieli fossero purificate con questi mezzi, ma le cose celesti doveano esserlo con sacrificî più eccellenti di questi" (Ebr. 9:23). Ma essi dimenticano che nell’epistola agli Ebrei le parole: "Era dunque necessario che le cose raffiguranti quelle nei cieli fossero purificate con questi mezzi, ma le cose celesti doveano esserlo con sacrificî più eccellenti di questi" (Ebr. 9:23), sono scritte dopo di queste: "Difatti, quando tutti i comandamenti furono secondo la legge proclamati da Mosè a tutto il popolo, egli prese il sangue de’ vitelli e de’ becchi con acqua, lana scarlatta ed issopo, e ne asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: Questo è il sangue del patto che Dio ha ordinato sia fatto con voi. E parimente asperse di sangue il tabernacolo e tutti gli arredi del culto. E secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e senza spargimento di sangue non c’è remissione" (Ebr. 9:19-22). Cosa vogliamo dire con questo? Vogliamo dire che qui la purificazione delle cose raffiguranti quelle celesti non è quella che avveniva ogni anno il giorno dell’espiazione, ma quella che avvenne quando ancora il primo giorno dell’espiazione non era neppure stato celebrato, ossia quella purificazione del tabernacolo che ebbe luogo subito dopo che esso fu costruito. Infatti lo scrittore agli Ebrei dice che Mosè (e non il sommo sacerdote Aaronne) "asperse di sangue il tabernacolo e tutti gli arredi del culto" (Ebr. 9:21) purificandoli. Quanto al periodo preciso di questa aspersione del tabernacolo e dei suoi arredi essa avvenne il primo giorno del primo mese del secondo anno perché il tabernacolo fu eretto per ordine di Dio "il primo giorno del primo mese" (Es. 40:1-2,17) del secondo anno, ed in quel giorno furono unti il tabernacolo e tutto ciò che vi era dentro, l’altare degli olocausti e tutti i suoi utensili, la conca e la sua base (cfr. Es. 40:9-11; Lev. 8:10-11). In quel giorno furono unti anche Aaronne e i suoi figliuoli affinché esercitassero la funzione di sacerdoti (cfr. Es. 40:13-15; Lev. 8:12,30). In base a quello che è scritto nel Levitico in quel giorno Mosè scannò il giovenco del sacrificio per il peccato "ne prese del sangue, lo mise col dito sui corni dell’altare tutto all’intorno, e purificò l’altare; poi sparse il resto del sangue appiè dell’altare, e lo consacrò per farvi su l’espiazione" (Lev. 8:15). Abbiamo voluto fare questa osservazione per far comprendere come quella purificazione del tabernacolo e degli arredi del culto che nella lettera agli Ebrei viene presa come tipo di quella che doveva essere fatta del santuario celeste non è quella del giorno dell’espiazione che veniva fatta dal Sommo Sacerdote ma quella che compì Mosè ancora prima che avesse luogo il primo giorno dell’espiazione della legge mosaica. Tutto ciò naturalmente - nulla togliendo al fatto che le cose celesti dovevano essere e furono purificate con sacrifici più eccellenti - annulla quella grande enfasi che essi mettono sulla purificazione del santuario il giorno dell’espiazione. Gli Avventisti dunque ancora una volta sono caduti in una contraddizione non piccola dato che le parole dello scrittore agli Ebrei in relazione alla purificazione delle cose raffiguranti quelle celesti si riferiscono alla purificazione del tabernacolo e dei suoi arredi avvenuta per mano di Mosè, e non per mezzo di Aaronne che invece era il sommo sacerdote; e avvenuta, quanto al tempo, nel primo mese del secondo anno, prima che fosse celebrato il primo giorno dell’espiazione il decimo giorno del settimo mese. Ma c’è da dire qualche cosa d’altro in relazione a questa purificazione delle cose celesti di cui parla lo scrittore agli Ebrei per far capire quanto errano e si contraddicono gli Avventisti nell’affermare che le cose celesti cominciarono ad essere purificate nel 1844. Se l’Antico Patto fu dedicato quando Mosè asperse con il sangue di becchi e di vitelli il popolo e il tabernacolo e i suoi arredi, anche il Nuovo Patto fu dedicato quando i credenti in Cristo furono aspersi con il sangue di Cristo sparso sulla croce. E se il Nuovo Patto fu dedicato da Cristo con lo spargimento del suo sangue, per forza di cose il santuario celeste dovette essere purificato poco tempo dopo lo spargimento del suo sangue. Perché diciamo questo? Perché quando fu dedicato l’Antico Patto, il popolo prima e il tabernacolo e i suoi arredi poi furono aspersi con il sangue a distanza di poco tempo. Si tenga presente che Mosè asperse il libro del patto e il popolo nei primi giorni del terzo mese del primo anno dall’uscita dall’Egitto (cfr. Es. 19:1,16; 24:1-8), mentre asperse il tabernacolo e i suoi arredi il primo giorno del primo mese del secondo anno (cfr. Es. 40:1-2; Lev. 8:15). Dunque anche se Cristo asperse con il suo sangue prima i suoi discepoli, e poi il santuario celeste, la distanza tra le due aspersioni purificatrici sarebbe sempre stata breve: si tratterebbe in questo caso di alcune settimane, cioè il tempo che passò dalla sua morte alla sua ascensione in cielo. Tutto ciò lo diciamo perché quando lo scrittore agli Ebrei parla della purificazione del santuario terreno prima, e poi della purificazione del santuario celeste, ne parla in riferimento alla dedicazione dei due patti infatti poco prima dice: "Ond’è che anche il primo patto non è stato inaugurato senza sangue" (Ebr. 9:18). Ed a conferma di quanto stiamo dicendo citiamo le parole precedenti a queste e cioè: "Infatti, dove c’è un testamento, bisogna che sia accertata la morte del testatore. Perché un testamento è valido quand’è avvenuta la morte; poiché non ha valore finché vive il testatore" (Ebr. 9:16-17). Ora, considerate attentamente queste parole perché esse gettano molta luce sulle parole che seguono. Difatti, lo scrittore dice che affinché un testamento sia valido bisogna che sia accertata la morte del testatore perché un testamento non è valido fino a che vive il testatore. (Nel caso specifico il Testamento di Cristo non sarebbe stato valido se Cristo non fosse morto. Dato dunque che Cristo è morto il suo Testamento è valido: ossia dato che Cristo ha sparso il suo sangue per noi il suo Testamento è valido). A questo punto lo scrittore dice: "Ond’è che anche il primo patto non è stato inaugurato senza sangue" (Ebr. 9:18); come dire: non è che solo il secondo patto è stato dedicato con il sangue (in questo caso con il sangue sparso da Cristo) perché anche il primo fu dedicato con del sangue (in questo caso con il sangue di animali). E prosegue spiegando quando fu dedicato questo patto, cioè quando Mosè prese il sangue di vitelli e di becchi e asperse il libro e tutto il popolo, e nella stessa maniera asperse il tabernacolo e tutti i suoi arredi, e poi dice che "secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e senza spargimento di sangue non c’è remissione" (Ebr. 9:22). Quando dunque, poco dopo, lo scrittore dice: "Era dunque necessario che le cose raffiguranti quelle nei cieli fossero purificate con questi mezzi, ma le cose celesti stesse doveano esserlo con sacrificî più eccellenti di questi" (Ebr. 9:23), vuol dire: ‘Per questa ragione era necessario che le cose terrene fossero purificate con il sangue di quegli animali, perché secondo la legge quasi ogni cosa è purificata con sangue (e questa purificazione del tabernacolo e i suoi arredi avvenne dopo la purificazione del popolo). Ma siccome che quelle cose terrene raffiguravano le cose celesti, di conseguenza (dato che quelle celesti erano migliori perché vere ed eterne) le cose celesti dovevano essere purificate con un sangue migliore che è appunto quello di Cristo. E difatti Cristo è entrato nel santuario celeste con il suo sangue e non con quello di animali. Dunque leggendo le parole nel loro contesto e collegandole per bene tra di esse si evince che la purificazione compiuta da Mosè non era quella annuale compiuta dal sommo sacerdote quando entrava nel luogo santissimo con sangue non suo, ma quella fatta per la dedicazione del primo patto, e che la purificazione delle cose celesti fu compiuta da Cristo con il suo sangue poco tempo dopo essere morto, cioè quando ascese al cielo, per la dedicazione del secondo Patto, migliore e eterno. Da come parlano gli Avventisti invece la purificazione delle cose terrene di cui parla lo scrittore agli Ebrei è quella che avveniva ogni anno il giorno dell’espiazione; ma così non è perché abbiamo visto che la purificazione delle cose che raffigurano quelle celesti di cui parla lo scrittore agli Ebrei, è quella che avvenne ‘una volta per sempre’ (usiamo questa espressione per farci capire meglio) quando il primo Patto fu dedicato, difatti affinché il santuario terreno (in cui dovevano essere compiuti gli atti del culto del primo Patto) potesse cominciare ad essere usato aveva bisogno di essere prima purificato. E – sempre per gli Avventisti - la purificazione delle cose celesti fu compiuta (meglio dire però cominciata) da Cristo nel 1844, mentre così non è perché se così fosse occorrerebbe dire che il Nuovo Patto fu dedicato appieno da Cristo nel 1844 con la purificazione del tabernacolo celeste (anzi dobbiamo dire nemmeno nel 1844 perché questa purificazione si compirà solo poco prima del ritorno di Cristo). Se dunque gli Avventisti riconoscono che Cristo dedicò il Nuovo Patto con il suo sangue, essi devono per forza di cose riconoscere che questo secondo Patto fu dedicato appieno quando Cristo entrò nel santuario celeste per purificarlo, e cioè alla sua ascensione e non dopo più di diciotto secoli. Nel caso contrario cadranno in netta contraddizione perché saranno impossibilitati a dimostrare che il Nuovo Patto prima del 1844 era stato già dedicato per mezzo del sangue di Cristo perché affinché il secondo patto fosse pienamente dedicato era necessario che il suo tabernacolo celeste fosse purificato con il suo sangue (come anche il tabernacolo terreno fu purificato mediante del sangue per la dedicazione del primo patto) e per loro questa purificazione cominciò solo nel 1844!

Veniamo adesso ad una altra contraddizione. Gli Avventisti dicono che il piccolo corno rappresenta anche la Roma pagana e il calpestamento del santuario rappresenta anche la distruzione del tempio di Gerusalemme avvenuta nel 70 d. C. per mano dell’esercito romano capeggiato da Tito. Ora, per essere coerenti con la spiegazione data alle 2300 sere e mattine di Daniele 8:14 e il punto di partenza da cui vanno contate queste sere e mattine, cioè il 457 a. C., occorrerebbe dire che nel 1844 doveva avvenire – per decreto di Dio – anche la purificazione del santuario terreno di Gerusalemme, per cui il sacrificio giornaliero doveva essere ripristinato in quell’anno. Ma come voi sapete il tempio di Gerusalemme dall’anno 70 non è stato giammai ricostruito; la Roma pagana tolse agli Ebrei il sacrificio continuo che fino ad ora non è stato ancora ripristinato perché per essere ripristinato c’è bisogno della ricostruzione del tempio sul suo sito. Allora? Allora noi diciamo; com’è possibile affermare che la soppressione del servizio giornaliero rappresenta la distruzione del tempio nel 70, e nello stesso dire che nel 1844 questo servizio non è stato ripristinato perché il santuario di Gerusalemme non è stato ricostruito? Come mai il santuario celeste in quell’anno fu ‘purificato’ mentre quello terreno no?!!

Ed infine eccoci ad un’altra contraddizione. Gli Avventisti fanno partire il computo sia delle 70 settimane che dei 2300 anni dal 457 a. C. Ora, ecco quello che disse Gabriele a Daniele attorno alle 70 settimane: "Settanta settimane son fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città, per far cessare la trasgressione, per metter fine al peccato, per espiare l’iniquità, e addurre una giustizia eterna, per suggellare visione e profezia, e per ungere un luogo santissimo. Sappilo dunque, e intendi! Dal momento in cui è uscito l’ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme fino all’apparire di un unto, di un capo, vi sono sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita, piazze e mura, ma in tempi angosciosi. Dopo le sessantadue settimane, un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui. E il popolo d’un capo che verrà, distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà come un’inondazione; ed è decretato che vi saranno delle devastazioni sino alla fine della guerra. Egli stabilirà un saldo patto con molti, durante una settimana; e in mezzo alla settimana farà cessare sacrifizio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore; e questo, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore’ (Dan. 9:24-27). Cosa dicono gli Avventisti a riguardo di queste parole? Essi dicono che preannunciano in termini molto chiari la venuta dell’Unto di Dio, cioè di Gesù Cristo, e la sua opera di espiazione. Applicando sempre la regola di un anno per giorno, essi giungono alla conclusione che contando 483 anni (cioè le 7 settimane di Dan. 9:25 + le 62 settimane di Dan. 9:26) dal 457 a. C. si giunge al 27 d. C. che è l’anno in cui Gesù fu unto al Giordano. Poi essi dicono che quel "in mezzo alla settimana" indica il tempo in cui Cristo sarebbe morto per i nostri peccati, per cui aggiungendo circa tre anni e mezzo si arriva alla primavera del 31 d.C. (ma ammettono pure l’anno 30 come data della crocifissione di Cristo). Ora, mettiamo il caso che le cose stiano così, vorremmo fare notare che nelle parole di Gabriele si dice che sono fissate 70 settimane anche per ungere un luogo santissimo (versetto 24); dunque se Cristo alla fine delle 70 settimane (e precisamente nel mezzo dell’ultima settimana) compì l’espiazione dei peccati e addusse una giustizia eterna, egli dovette anche per forza di cose ungere un luogo santissimo. E quale luogo santissimo se non quello esistente nel santuario celeste? Dunque ciò avvenne nel 30 o 31 d. C. quando Cristo fu assunto in cielo. Ma se egli unse il Luogo Santissimo in cielo ciò vuol dire che lui entrò nel Luogo Santissimo in quel tempo e perciò non può essere vero che vi entrò nel 1844. Che poi tutto ciò è confermato anche dalla legge che dice che Mosè unse il tabernacolo e tutto ciò che c’era dentro il giorno che esso fu eretto, il giorno stesso quindi che egli lo purificò con il sangue (cfr. Es. 40:1-12; Lev. 8:1-36). Per cui dalle stesse parole degli Avventisti si deduce che Cristo entrò nel Luogo Santissimo per ungerlo e per purificarlo nell’anno 30 o 31 d.C. Ma che fanno credere invece gli Avventisti? Essi fanno credere che l’unzione del Luogo Santissimo avvenne poco dopo l’ascensione in cielo di Cristo (cfr. Questions on Doctrine, pag. 287), mentre la sua ‘purificazione’ cominciò ad avvenire nel 1844. Sono cose del tutto in disaccordo tra di loro, perché lo ripeto, il tabernacolo terreno che era ombra di quello celeste fu unto e purificato lo stesso giorno che fu eretto, per cui anche quello celeste doveva essere unto e purificato contemporaneamente.

Tutte queste incongruenze non sono altro che il frutto di diverse spiegazioni errate che gli Avventisti danno a diverse cose. A partire dalla spiegazione data al piccolo corno, per poi passare a quella data al santuario, alle 2300 sere e mattine, e ultima ma non meno disastrosa quella data alla purificazione del santuario che per essi è la purificazione del santuario di cui si parla al capitolo 16 del Levitico quando in realtà si trattò di tutt’altra purificazione, cioè di una purificazione simile a quella che avvenne ai giorni di Ezechia. Ecco le parole bibliche di questa purificazione avvenuta secoli prima di quella del secondo secolo a.C.: "Nel primo anno del suo regno, nel primo mese, riaperse le porte della casa dell’Eterno, e le restaurò. Fece venire i sacerdoti e i Leviti, li radunò sulla piazza orientale, e disse loro: ‘Ascoltatemi, o Leviti! Ora santificatevi, e santificate la casa dell’Eterno, dell’Iddio de’ vostri padri, e portate fuori dal santuario ogni immondezza. Poiché i nostri padri sono stati infedeli e hanno fatto ciò ch’è male agli occhi dell’Eterno, dell’Iddio nostro, l’hanno abbandonato, han cessato di volger la faccia verso la dimora dell’Eterno, e le han voltato le spalle. Ed hanno chiuse le porte del portico, hanno spente le lampade, non hanno più bruciato profumi né offerto olocausti nel santuario all’Iddio d’Israele. Perciò l’ira dell’Eterno ha colpito Giuda e Gerusalemme; ed ei li ha abbandonati alle vessazioni, alla desolazione ed agli scherni, come vedete con gli occhi vostri. Ed ecco che, a causa di questo, i nostri padri son periti di spada, e i nostri figliuoli, le nostre figliuole e le nostre mogli sono in cattività. Or io ho in cuore di fare un patto con l’Eterno, coll’Iddio d’Israele, affinché l’ardore della sua ira si allontani da noi. Figliuoli miei, non siate negligenti; poiché l’Eterno vi ha scelti affinché stiate davanti a lui per servirgli, per esser suoi ministri, e per offrirgli profumi’. Allora i Leviti si levarono: Mahath, figliuolo d’Amasai, Joel, figliuolo di Azaria, de’ figliuoli di Kehath. De’ figliuoli di Merari: Kish, figliuolo d’Abdi, e Azaria, figliuolo di Jehalleleel. Dei Ghershoniti: Joah, figliuolo di Zimma, e Eden, figliuolo di Joah. Dei figliuoli di Elitsafan: Scimri e Jeiel. Dei figliuoli di Asaf: Zaccaria e Mattania. Dei figliuoli di Heman: Jehiel e Scimei. Dei figliuoli di Jeduthun: Scemaia e Uzziel. Ed essi adunarono i loro fratelli e, dopo essersi santificati, vennero a purificare la casa dell’Eterno, secondo l’ordine del re, conformemente alle parole dell’Eterno. E i sacerdoti entrarono nell’interno della casa dell’Eterno per purificarla, e portaron fuori, nel cortile della casa dell’Eterno, tutte le immondezze che trovarono nel tempio dell’Eterno; e i Leviti le presero per portarle fuori e gettarle nel torrente Kidron. Cominciarono queste purificazioni il primo giorno del primo mese; e l’ottavo giorno dello stesso mese vennero al portico dell’Eterno, e misero otto giorni a purificare la casa dell’Eterno; il sedicesimo giorno del primo mese aveano finito. Allora vennero al re Ezechia, nel suo palazzo, e gli dissero: ‘Noi abbiam purificata tutta la casa dell’Eterno, l’altare degli olocausti con tutti i suoi utensili, la tavola dei pani della presentazione con tutti i suoi utensili; come pure abbiamo rimesso in buono stato e purificati tutti gli utensili che il re Achaz avea profanati durante il suo regno, quando si rese infedele; ed ecco, stanno davanti all’altare dell’Eterno’. Allora Ezechia, levatosi di buon’ora, adunò i capi della città, e salì alla casa dell’Eterno. Essi menarono sette giovenchi, sette montoni e sette agnelli; e sette capri, come sacrifizio per il peccato, a pro del regno, del santuario e di Giuda. E il re ordinò ai sacerdoti, figliuoli d’Aaronne, d’offrirli sull’altare dell’Eterno. I sacerdoti scannarono i giovenchi, e ne raccolsero il sangue, e lo sparsero sull’altare; scannarono i montoni, e ne sparsero il sangue sull’altare; e scannarono gli agnelli, e ne sparsero il sangue sull’altare. Poi menarono i capri del sacrifizio per il peccato, davanti al re e alla raunanza, e questi posarono su d’essi le loro mani. I sacerdoti li scannarono, e ne offrirono il sangue sull’altare come sacrifizio per il peccato, per fare l’espiazione dei peccati di tutto Israele; giacché il re aveva ordinato che si offrisse l’olocausto e il sacrifizio per il peccato, a pro di tutto Israele. Il re stabilì i Leviti nella casa dell’Eterno, con cembali, con saltèri e con cetre, secondo l’ordine di Davide, di Gad, il veggente del re, e del profeta Nathan; poiché tale era il comandamento dato dall’Eterno per mezzo de’ suoi profeti. E i Leviti presero il loro posto con gli strumenti di Davide; e i sacerdoti, con le trombe. Allora Ezechia ordinò che si offrisse l’olocausto sull’altare; e nel momento in cui si cominciò l’olocausto, cominciò pure il canto dell’Eterno e il suono delle trombe, con l’accompagnamento degli strumenti di Davide, re d’Israele. E tutta la raunanza si prostrò, e i cantori cominciarono a cantare e le trombe a sonare; e tutto questo continuò sino alla fine dell’olocausto. E quando l’offerta dell’olocausto fu finita, il re e tutti quelli ch’erano con lui s’inchinarono e si prostrarono. Poi il re Ezechia e i capi ordinarono ai Leviti di celebrare le lodi dell’Eterno con le parole di Davide e del veggente Asaf; e quelli le celebrarono con gioia, e s’inchinarono e si prostrarono. Allora Ezechia prese a dire: ‘Ora che vi siete consacrati all’Eterno, avvicinatevi, e offrite vittime e sacrifizi di lode nella casa dell’Eterno’. E la raunanza menò vittime e offrì sacrifizi di azioni di grazie; e tutti quelli che aveano il cuore ben disposto, offrirono olocausti. Il numero degli olocausti offerti dalla raunanza fu di settanta giovenchi, cento montoni, duecento agnelli: tutto per l’olocausto all’Eterno. E furon pure consacrati seicento buoi e tremila pecore. Ma i sacerdoti erano troppo pochi, e non potevano scorticare tutti gli olocausti; perciò i loro fratelli, i Leviti, li aiutarono finché l’opera fu compiuta, e finché gli altri sacerdoti si furono santificati; perché i Leviti avean messo più rettitudine di cuore a santificarsi, dei sacerdoti. E v’era pure abbondanza d’olocausti, oltre ai grassi de’ sacrifizi d’azioni di grazie e alle libazioni degli olocausti. Così fu ristabilito il servizio della casa dell’Eterno. Ed Ezechia e tutto il popolo si rallegrarono che Dio avesse ben disposto il popolo, perché la cosa s’era fatta subitamente" (2 Cron. 29:3-36). Dopo avere letto queste parole non si può non riscontrare una forte somiglianza con quelle citate prima dal libro dei Maccabei. Si noti bene che la purificazione di cui parla la Scrittura avvenne ai giorni di Ezechia, avvenne nel primo mese; quindi anche in quel caso non si trattò della purificazione del santuario che doveva avvenire nel giorno dell’espiazione perché il giorno dell’espiazione cadeva il decimo giorno del settimo mese.

La Scrittura non ci autorizza a parlare di due fasi ministeriali di Gesù nel santuario celeste

Proseguiamo nella nostra confutazione di questa dottrina della purificazione delle cose celesti che Cristo avrebbe cominciata nel 1844 perché c’è altro da dire contro di essa. Il nostro discorso avrà come presupposto che nel santuario celeste che Dio mostrò sul monte a Mosè ci fossero il luogo santo e il luogo santissimo; presupposto che dobbiamo mettere perché, come già detto innanzi, Dio disse a Mosè quando questi stava per costruire il tabernacolo: "Guarda, Egli disse, di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte" (Ebr. 8:5). E noi sappiamo che il tabernacolo terreno fu suddiviso in due tabernacoli tra i quali si trovava un velo secondo che è scritto: "Farai un velo di filo violaceo, porporino, scarlatto, e di lino fino ritorto con de’ cherubini artisticamente lavorati, e lo sospenderai a quattro colonne di acacia, rivestite d’oro, che avranno i chiodi d’oro e poseranno su basi d’argento. Metterai il velo sotto i fermagli; e quivi, al di là del velo, introdurrai l’arca della testimonianza; quel velo sarà per voi la separazione del luogo santo dal santissimo. E metterai il propiziatorio sull’arca della testimonianza nel luogo santissimo. E metterai la tavola fuori del velo, e il candelabro dirimpetto alla tavola dal lato meridionale del tabernacolo; e metterai la tavola dal lato di settentrione" (Es. 26:31-35). Quando si parla però del santuario celeste occorre sempre tenere presente che la Scrittura lo definisce "più grande e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire, non di questa creazione" (Ebr. 9:11). Qualcuno forse dirà che nel santuario celeste che Dio mostrò a Mosè non c’era la suddivisione tra luogo santo e santissimo, appunto perché celeste; noi non ci sentiamo di negare questa suddivisione in base alle parole di Dio a Mosè di fare ogni cosa secondo il modello che gli era stato mostrato sul monte. Parole che fanno capire che in cielo il tabernacolo e i suoi arredi si assomigliano al tabernacolo e i suoi arredi che furono costruiti sulla terra. Cosa questa confermata dal libro dell’Apocalisse dove si legge che Giovanni vide aprirsi "il tempio del tabernacolo della testimonianza" (Ap. 15:5), tempio che "fu ripieno di fumo a cagione della gloria di Dio e della sua potenza" (Ap. 15:8). In questo libro si legge anche che Giovanni vide l’altare d’oro dei profumi davanti al trono di Dio (cfr. Ap. 8:3-4), l’arca del patto di Dio nel tempio (Ap. 11:19). Per cui dato che Giovanni in cielo vide il tempio della sua testimonianza, l’arca del suo patto, l’altare d’oro dei profumi; noi ammettiamo che ci fossero anche il luogo santo e il luogo santissimo. Quantunque però la Scrittura ammetta implicitamente che nel santuario celeste ci fossero un luogo santo e un luogo santissimo, la Scrittura non parla affatto di due fasi della mediazione di Gesù in cielo in favore nostro. Ossia, la Scrittura non dice che Gesù, una volta asceso in cielo, doveva starsene nel luogo santo del cielo per passare poi dopo tanto tempo (circa diciotto secoli) nel Luogo Santissimo (tenete presente che il canone delle Scritture fu completato nel primo secolo dopo Cristo per cui se Cristo allora era ancora nel luogo santo gli apostoli ci avrebbero lasciato detto che sarebbe passato nel Luogo Santissimo in futuro). Anzi la Scrittura svariate volte dice che quando Gesù fu assunto in cielo andò a sedersi alla destra di Dio, quindi presso Dio. Marco dice per esempio: "Il Signor Gesù dunque, dopo aver loro parlato, fu assunto nel cielo, e sedette alla destra di Dio" (Mar. 16:19); e lo scrittore agli Ebrei dice che Cristo "dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è posto a sedere alla destra di Dio" (Ebr. 10:12), e: "Poiché Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi" (Ebr. 9:24); ed anche: "Così, volendo Iddio mostrare vie meglio agli eredi della promessa la immutabilità del suo consiglio, intervenne con un giuramento, affinché, mediante due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, troviamo una potente consolazione noi, che abbiam cercato il nostro rifugio nell’afferrar saldamente la speranza che ci era posta dinanzi; la quale noi teniamo qual’àncora dell’anima, sicura e ferma e penetrante di là dalla cortina, dove Gesù è entrato per noi qual precursore, essendo divenuto Sommo Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec" (Ebr. 6:17-20), ed ancora: "E mentre ogni sacerdote è in piè ogni giorno ministrando e offrendo spesse volte gli stessi sacrificî che non possono mai togliere i peccati, questi, dopo aver offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è posto a sedere alla destra di Dio" (Ebr. 10:11-12). Gesù stesso poi disse a Giovanni di scrivere all’angelo della chiesa di Laodicea: "A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono" (Ap. 3:21) (e si tenga presente che l’altare d’oro celeste che vide Giovanni – la cui figura, nel tabernacolo terreno, era posta nel luogo santo davanti al velo che separava il luogo santo da quello santissimo – era posto davanti al trono di Dio in cielo). E poi se fosse come dicono gli Avventisti allora ai giorni degli apostoli Gesù in cielo si trovava nel luogo santo invece che nel luogo santissimo; ma allora la sua opera di mediazione difettava perché fu resa completa solo nel 1844, anno del suo passaggio al luogo santissimo! Ma ciò non può essere vero, perché lo scrittore agli Ebrei che visse più di millesettecento anni prima, quando ancora Ellen G. White ed altri non esistevano neppure, affermava: "Ma questi, perché dimora in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette; ond’è che può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro" (Ebr. 7:24-25). E dove viveva Gesù già a quel tempo per intercedere per coloro che credevano in lui e salvarli appieno? Nel santuario di Dio in cielo, nel vero tabernacolo che il Signore e non un uomo ha eretto. Per farci capire dagli Avventisti ‘nel luogo santissimo’, "di là dalla cortina, dove Gesù è entrato (noi diciamo tra parentesi: quando ascese in cielo) per noi qual precursore, essendo divenuto Sommo Sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec" (Ebr. 6:20). E non è forse questo ciò che la legge di Mosè conferma? Sì, infatti secondo la legge mosaica, la stessa legge che gli Avventisti prendono per sostenere la purificazione del santuario celeste cominciata nel 1844 (anno in cui secondo loro cominciò il Giorno dell’Espiazione), il Sommo Sacerdote nel giorno dell’espiazione dopo avere scannato la vittima per il sacrificio per il peccato doveva con il sangue di quell’animale entrare subito nel luogo santissimo al di là del velo per fare l’aspersione del sangue col dito davanti al propiziatorio. Egli non doveva starsene per qualche ora prima nel luogo santo e poi passare a quello santissimo, ma doveva per ordine divino entrare subito nel luogo santissimo (cfr. Lev. 16:3-15). Non è Gesù il Sommo Sacerdote, mediatore del Nuovo Patto, che dopo avere fatto l’espiazione dei nostri peccati è entrato nel tabernacolo che non è di questa creazione? Perché dunque il vero Sommo Sacerdote dopo avere offerto se stesso doveva con il suo sangue sostare nel luogo santo per ben diciotto secoli e non entrare subito, in quello stesso giorno quando ascese in cielo, nel luogo santissimo? Non è forse questa un ulteriore prova che gli Avventisti errano quando dicono che Gesù asceso in cielo svolse la sua opera d’espiazione nel luogo santo per ben diciotto secoli e poi passò nel luogo santissimo? Come potete vedere, la stessa legge di Mosè che usano gli Avventisti annulla questa loro dottrina.

Ma noi diciamo ancora: se Gesù, come dicono gli Avventisti, fosse entrato alla sua ascensione nel luogo santo e vi sarebbe rimasto fino al 1844 come poteva dire lo scrittore agli Ebrei: "Avendo dunque, fratelli, libertà d’entrare nel santuario in virtù del sangue di Gesù, per quella via recente e vivente che egli ha inaugurata per noi attraverso la cortina, vale a dire la sua carne, e avendo noi un gran Sacerdote sopra la casa di Dio, accostiamoci di vero cuore, con piena certezza di fede..." (Ebr. 10:19-22)? Ma dico io: ‘Ma come potevano i credenti già allora avere libero accesso a Dio se Gesù era ancora nel luogo santo? Certo, non avrebbero potuto . Ecco perché noi rigettiamo questa dottrina avventista del passaggio di Gesù dal luogo santo al luogo santissimo del santuario celeste nel 1844, perché contrasta la verità.

Ma diciamo ancora qualcosa: quando Gesù morì la Scrittura dice che "la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo" (Matt. 27:51); cioè la cortina del tempio di Gerusalemme che raffigurava quello che è in cielo. Il che significa che Cristo mediante la sua carne (lo scrittore agli Ebrei dice infatti: "attraverso la cortina, vale a dire la sua carne" [Ebr. 10:20]) ha manifestato la via al Santuario celeste rendendo libero l’accesso al trono di Dio (davanti al quale vi ricordo sta l’altare d’oro dei profumi) a tutti coloro che credono in lui, o detto in altre parole ha manifestato la via al Luogo Santissimo. Ma se come dicono gli Avventisti, quando Gesù salì in cielo andò nel luogo santo del santuario celeste e non ancora nel luogo santissimo ciò significa che quel segno dato da Dio alla morte di Cristo non aveva nessun significato perché il nostro Sommo Sacerdote sarebbe stato impossibilitato una volta in cielo a ministrare subito nel luogo santissimo perché avrebbe dovuto aspettare ben diciotto secoli prima di accedervi. Non è tutto questo diabolico? Certo che lo è, perché se fosse così alla fin fine il Nuovo Patto dedicato da Gesù non sarebbe stato migliore dell’Antico, il Sommo Sacerdote del Nuovo Patto infatti avrebbe avuto delle limitazioni in cielo al pari del sommo sacerdote dell’Antico Patto sulla terra che non poteva entrare nel luogo santissimo quando voleva ma solo una volta all’anno, nel corso del giorno dell’espiazione secondo che Dio disse a Mosè: "Parla ad Aaronne, tuo fratello, e digli di non entrare in ogni tempo nel santuario, di là dal velo, davanti al propiziatorio che è sull’arca, onde non abbia a morire" (Lev. 16:2). Ma come avrebbe potuto il Figlio di Dio, Apostolo e Sommo sacerdote della nostra professione di fede, avere (appena asceso in cielo) preclusa l’entrata nel Luogo Santissimo del santuario celeste quando lui dopo essere risorto disse: "Ogni potestà m’è stata data in cielo e sulla terra" (Matt. 28:18)? Aveva sì o no ogni potestà anche in cielo dopo essere risorto? Sì, dunque aveva anche la potestà di entrare subito nel Luogo Santissimo del cielo. E non solo il Sommo Sacerdote Gesù avrebbe avuto delle limitazioni, ma anche tutti coloro che avrebbero riposto in lui la fiducia prima del 1844 avrebbero avuto delle limitazioni. Perché? Perché egli si trovava nel luogo santo ed ancora non aveva dedicato la via al Luogo Santissimo. I suoi discepoli insomma sarebbero stati (fino al 1844) in una posizione simile a quella dei figli del sommo sacerdote Aaronne, i quali potevano entrare solo nel luogo santo e non in quello santissimo. Essi non avrebbero avuto la libertà di entrare nel luogo santissimo (fino al 1844), quantunque il Sommo Sacerdote della loro fede avesse sparso il suo sangue proprio per dedicare la via al Luogo Santissimo. D’altronde lo scrittore agli Ebrei dice che "la via al santuario non era ancora manifestata finché sussisteva ancora il primo tabernacolo" (Ebr. 9:8), cioè il luogo santo perché poco prima nel descrivere il santuario terreno dice: "Infatti fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola, e la presentazione de’ pani; e questo si chiamava il Luogo santo" (Ebr. 9:2). Luogo santo che, come dice sempre lo scrittore agli Ebrei, "è una figura per il tempo attuale, conformemente alla quale s’offron doni e sacrificî che non possono, quanto alla coscienza, render perfetto colui che offre il culto, poiché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma, di regole carnali imposte fino al tempo della riforma" (Ebr. 9:9-10). Si ponga molta attenzione a queste parole perché esse furono scritte quando ancora il tempio di Gerusalemme esisteva ancora (e quindi i sacerdoti ogni giorno ministravano nel luogo santo e il sommo sacerdote una volta all’anno nel luogo santissimo), ed affermano che il luogo santo o primo tabernacolo è una figura del tempo attuale secondo la quale si offrono doni e sacrifici che non possono cancellare i peccati dalla coscienza di coloro che li offrono (si tenga presente che quel tempo attuale per lo scrittore agli Ebrei era quello in cui scriveva). La Scrittura è come se dicesse: il primo tabernacolo rappresenta il periodo durante il quale si offrono doni e sacrifici che non possono cancellare i peccati. Però anche se questo primo tabernacolo esiste ancora materialmente, e ciò di cui è figura continua a permanere perché ancora oggi vengono offerti sacrifici che non possono togliere i peccati, noi adesso abbiamo la realtà delle cose perché è venuto Cristo Sommo Sacerdote il quale è entrato nel santuario celeste con il suo sangue che ci purifica da ogni peccato. Tutti quei sacrifici espiatori erano delle regole carnali imposte solo per un tempo, e precisamente fino al tempo della riforma. Tempo che si è compiuto con l’entrata di Cristo nel santuario celeste. Dunque si è prodotta la riforma, il cambiamento, perché Cristo è entrato con il suo sangue nel Luogo Santissimo in cielo, una volta per sempre, egli non ha bisogno di ministrare nel luogo santissimo una volta all’anno, perché se fosse così avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo, perché egli col suo sacrificio compiuto una volta per sempre ha annullato il peccato rendendo libero l’accesso al luogo santissimo a tutti coloro che si appoggiano alla sua mediazione. Stando dunque così le cose, se anche dopo che Gesù morì i suoi discepoli non avessero avuto accesso al Luogo Santissimo ciò avrebbe voluto dire che la via al santuario non era ancora stata manifestata. Che la figura non era ancora stata rimpiazzata dalla realtà. Tutte cose che avrebbero in una certa misura annullato l’opera perfetta compiuta da Cristo per la remissione dei nostri peccati. E che questo è quello che hanno fatto gli Avventisti è manifesto dal fatto che essi affermano che Cristo, prima del 1844, perdonava i peccati ma non li cancellava! Come dire insomma che Cristo morì sulla croce sia per perdonare che per cancellare i peccati, ma solo a partire dal 1844. Per (solo) perdonarli fino al 1844, per (anche) cancellarli dopo quella data (e precisamente poco prima che scenderà dal cielo). Ma su quest’altra eresia ci torneremo in seguito.

Alla luce dunque di tutti questi ragionamenti tratti dalla Scrittura l’affermazione di Ellen G. White secondo la quale fino al 1844 il nostro Sommo Sacerdote ha svolto un opera di espiazione simile a quella che ogni sacerdote compiva nel luogo santo quotidianamente (senza poter entrare nel luogo santissimo), per poi passare nel luogo santissimo nel 1844 anno in cui è cominciato il giorno dell’espiazione (quello vero) è falsa perché non trova nessun riscontro nella Parola di Dio, perché la Scrittura insegna che Gesù dopo avere offerto se stesso entrò nel luogo santissimo con il suo sangue per acquistarci con esso la redenzione eterna e darci la libertà di entrare nel luogo santissimo. A Lui sia la gloria in eterno. Amen.

Per coloro che credono in Gesù la cancellazione dei peccati avviene subito e non è rimandata al futuro

Come abbiamo visto, Ellen G. White non affermò solo che Gesù fino al 1844 rimase nel luogo santo del santuario celeste ma anche che durante diciotto secoli ‘il sangue di Cristo ha perorato in favore dei credenti pentiti, ha loro assicurato il perdono e l’accettazione da parte del Padre; però i loro peccati sono rimasti scritti nei libri’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, pag. 308). Detto in altre parole Gesù, prima del 22 ottobre 1844, perdonava ma non poteva cancellare i peccati di coloro che si pentivano dai loro peccati e credevano in lui. E questo perché la cancellazione dei loro peccati avverrà alla fine del ‘grande giorno delle espiazioni’, cominciato nel 1844 (mediante il giudizio investigativo). Ecco come sempre Ellen G. White si espresse: ‘Il sangue di Cristo, mentre poteva liberare il peccatore pentito dalla condanna della legge, non cancellava il peccato che rimaneva nel santuario fino all’espiazione finale…’ (Ellen G. White, Conquistatori di pace, Impruneta Firenze, 1985, pag. 276). Questo è falso perché sminuisce l’efficacia del sangue prezioso di Cristo sparso da lui sulla croce del Golgota. Nessuno v’inganni fratelli; quando Gesù Cristo mediante il suo sangue rimetteva i peccati a coloro che si pentivano e credevano in lui i loro peccati venivano automaticamente cancellati sia dalla loro coscienza che dai libri celesti; e quindi anche i credenti vissuti prima del 1844 quando si pentirono ricevettero la cancellazione dei loro peccati dai libri dove essi erano registrati. Se così non fosse stato sarebbe stata annullata la promessa che Dio fece tramite Geremia, e che lo scrittore agli Ebrei riprende, la quale dice: "E non mi ricorderò più de’ loro peccati e delle loro iniquità" (Ebr. 10:17), come anche quella che Dio ha fatto al suo popolo tramite Ezechiele dicendo: "V’aspergerò d’acqua pura, e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli..." (Ez. 36:25). E sarebbero pure state annullate queste parole di Isaia: "Io ho fatto sparire le tue trasgressioni come una densa nube; e i tuoi peccati, come una nuvola" (Is. 44:22). E poi, se fosse stato così prima del 1844, come dice Ellen G. White, come avrebbe potuto Paolo dire ai Colossesi: "Voi, dico, Egli ha vivificati con lui, avendoci perdonato tutti i falli, avendo cancellato l’atto accusatore scritto in precetti..." (Col. 2:13-14), e Giovanni dire: "Il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato" (1 Giov. 1:7)?

Qualcuno forse domanderà: ‘Ma questa impossibilità da parte di Cristo di cancellare i peccati di coloro che credono in lui esiste anche dopo il 22 ottobre 1844? Sì, per gli Avventisti Gesù ancora non ha cancellato i peccati di tutti coloro che hanno creduto in lui, e non può cancellare quelli di coloro che credono in lui. Ascoltate quello che disse la White: ‘Come anticamente i peccati del popolo venivano deposti per fede sulla vittima espiatoria, e per mezzo del sangue trasferiti simbolicamente nel santuario terrestre, così nel nuovo patto i peccati della persona pentita sono posti per fede su Cristo e trasferiti nel santuario celeste’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, pag. 309). In Questions on Doctrine questa dottrina è confermata in questi termini: ‘La reale cancellazione del peccato (The actual blotting out of sin), quindi, non potrebbe avere luogo nel momento quando un peccato è perdonato, perché susseguenti opere e attitudini possono intaccare la decisione finale. Invece, il peccato rimane registrato (on the record) fino a quando la vita non è completa - infatti, le Scritture indicano che esso rimane fino al giudizio’ (Questions on Doctrine, pag. 441). Ma allora quando verranno cancellati i peccati ai credenti secondo gli Avventisti? Quando essi saranno approvati dopo il giudizio investigativo: ecco cosa si legge in Questions on Doctrine: ‘Quando Cristo porta un caso nella corte celeste, non c’è la minima possibilità che egli perda, perché Egli conosce tutti i fatti, ed Egli è capace di applicare il rimedio. Quando Egli confessa davanti a Dio e ai santi angeli che il peccatore penitente è vestito con la veste del suo carattere senza macchia (questa è la veste bianca che gli sarà data), nessuno nell’universo può negare a quell’uomo salvato l’entrata nel regno eterno di giustizia. Allora, certamente, è il tempo per i suoi peccati di essere cancellati per sempre...’ (ibid., pag. 442). La White disse che la cancellazione dei peccati avverrà alla fine del giorno dell’espiazione cominciato nel 1844, e difatti affermò: ‘Allora, per virtù del sangue espiatorio di Cristo, i peccati di coloro che si sono sinceramente pentiti saranno cancellati dai libri del cielo. Il santuario sarà così liberato, purificato dal ricordo del peccato (…) nella purificazione finale i peccati di coloro che si sono pentiti sinceramente saranno cancellati dai registri del cielo, per non essere più ricordati o rievocati (…) L’opera di Cristo per la redenzione dell’uomo e la purificazione dell’universo dal peccato terminerà con il trasferimento del peccato dal santuario celeste a Satana, che ne porterà tutte le conseguenze’ (Ellen G. White, Conquistatori di pace, pag. 276-277). No, non è affatto così perché la Scrittura attesta che quando noi abbiamo creduto in Cristo non solo siamo stati perdonati da Cristo ma anche che Cristo ha cancellato le nostre iniquità mediante il suo sangue; essa infatti dice in Isaia: "Io ho fatto sparire le tue trasgressioni come una densa nube, e i tuoi peccati, come una nuvola..." (Is. 44:22); e nei Salmi: "Quanto è lontano il levante dal ponente, tanto ha egli allontanato da noi le nostre trasgressioni" (Sal. 103:12). Quindi non è affatto scritturale la dottrina avventista secondo la quale c’è differenza tra ottenere il perdono dei peccati e ottenere la cancellazione dei peccati perché il perdono si ottiene per fede quando si crede mentre la cancellazione dei peccati si otterrà quando sarà terminato il giudizio investigativo. La ragione è - e questo lo ribadiamo con forza - perché sono due cose che si ottengono contemporaneamente quando ci si ravvede e ci si converte a Cristo infatti è scritto che Pietro disse un giorno ai Giudei: "Ravvedetevi dunque e convertitevi, onde i vostri peccati siano cancellati..." (Atti 3:19). Queste parole di Pietro annullano in maniera netta le pretese degli Avventisti. Egli non disse ‘onde i vostri peccati siano cancellati più in avanti’ ma "onde siano cancellati" e basta, il che lascia capire chiaramente che quando ci si ravvede e converte a Cristo egli ci cancella all’istante i nostri peccati senza minimamente differirne la cancellazione. Ma ci sono degli Avventisti che tuttora citano le suddette parole di Pietro come sono state tradotte nella King James Version (Versione di Re Giacomo) e cioè: "Repent ye therefore, and be converted, that your sins may be blotted out, when the times of refreshing shall come from the presence of the Lord" ossia: "Pentitevi e convertitevi affinché i vostri peccati siano cancellati quando verranno i tempi di refrigerio dalla presenza del Signore" . Ma questa traduzione non è corretta perché il greco non dice ‘quando’ verranno i tempi di refrigerio ma ‘affinché’ vengano i tempi di refrigerio.

Badate a voi stessi fratelli, perché questa distinzione tra il perdono dei peccati e la loro cancellazione che fanno gli Avventisti tende a fare dubitare il credente della sua salvezza. Nessuno v’inganni.

Come potete vedere l’introduzione di questa dottrina della purificazione del santuario celeste cominciata nel 1844, ossia del giorno dell’espiazione cominciato nel 1844, ha portato i suoi inventori e sostenitori ad introdurre di conseguenza altre strane dottrine che contrastano la verità. E badate che gli Avventisti, nel sostenere queste dottrine, fanno un abile uso delle Scritture; per cui è necessario conoscerle bene al fine di comprendere la falsità che si nasconde dietro queste loro dottrine. Questa loro dottrina sul santuario dunque ci insegna alcune cose che noi dobbiamo sempre tenere presente quando studiamo le Scritture e che sono le seguenti: primo, studiarsi di non volere cominciare a stabilire date e tempi circa le cose a venire facendo calcoli aritmetici tramite i numeri che si trovano nella Scrittura; secondo, che dobbiamo stare attenti ai sensi allegorici dati da alcuni ad eventi, persone, e simboli perché sono arbitrari e perciò essi non trovano conferme nelle Scritture; e terzo, che un abisso chiama un altro abisso, ossia una falsa dottrina ne trascina con sé sempre un’altra, o come dice la Scrittura: "Un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta" (1 Cor. 5:6).

 

IL GIUDIZIO INVESTIGATIVO

La dottrina del giudizio investigativo, così è chiamata dagli Avventisti, è strettamente connessa alla dottrina del santuario celeste e abbiamo accennato ad essa poco fa, ma ora la vogliamo esporre più appieno e confutarla mediante le Scritture. Sarebbe superfluo in effetti perché abbiamo già dimostrato che gli Avventisti fondano la loro dottrina sul santuario su una errata interpretazione delle parole di Daniele sulla purificazione del santuario che doveva avvenire dopo 2300 sere e mattine, e perciò di conseguenza anche il giudizio investigativo si fonda sull’errore. Ma io ritengo doveroso entrare nei dettagli di questa dottrina e dimostrarne la falsità; anche perché costituisce uno dei baluardi del messaggio avventista e intacca la dottrina della salvezza per grazia e dell’espiazione di Cristo.

La dottrina avventista

Nel 1844 è cominciato un giudizio investigativo che consiste nell’esame delle azioni di coloro che sono scritti nel libro della vita per decretare se sono degni di partecipare alla prima risurrezione se già morti, se sono pronti per la traslazione nel regno di Dio invece se ancora viventi. La dottrina del giudizio investigativo la troviamo descritta in questi termini nel Dizionario di dottrine bibliche: ‘La prima fase del giudizio riguarda la Chiesa o meglio tutti coloro che, a partire da Adamo, si sono addormentati nel Signore o che saranno viventi prima del ritorno di Gesù. Questo giudizio precede, quindi, il ritorno di Cristo ed è descritto nel libro del profeta Daniele 7:9,10. ‘E’ giunto il tempo in cui il giudizio ha da cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al vangelo di Dio?’ (1Pt 4:17). E’ una vasta inchiesta, o giudizio investigativo, avente come scopo di determinare coloro, tra gli uomini, che sono degni di avere parte alla risurrezione tra i morti, o prima risurrezione (Lc 20:35) o che, essendo ancora in vita al momento del ritorno di Cristo, saranno trasformati senza passare per la morte (Mt 25:31-46). Lo scopo è quindi di separare, mettere da parte e suggellare quanti hanno accettato Gesù come Salvatore e di cancellare i loro peccati dai libri del cielo, trasferendoli sul capo di Satana (Azazel). Permetterà anche di vedere se la trasformazione avvenuta nel credente è stata vera e duratura (....) In realtà solo le persone i cui nomi si trovano nel libro della vita sono oggetto della grande inchiesta o giudizio investigativo o prima parte del giudizio: si tratta di stabilire se i loro nomi debbono rimanere scritti - in tal caso esse non passano in giudizio - oppure se debbono essere cancellati - e in questo caso esse sono messe nel novero degli empi e giudicate nel corso della seconda fase del giudizio’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 189-190). Spieghiamo brevemente il significato di queste parole; secondo gli Avventisti, nel 1844, anno dell’entrata di Gesù nel luogo santissimo, sarebbe iniziato un giudizio investigativo sui credenti di tutte le generazioni, ossia di tutti coloro i cui nomi sono scritti nel libro della vita . Questo giudizio, che sta tuttora avvenendo, consiste in un profondo esame delle azioni buone e cattive dei credenti morti e di quelli che sono in vita, fatto appoggiandosi ai libri . Si tenga presente a tale proposito che per loro quando nell’Apocalisse è detto che "i libri furono aperti" (Ap. 20:12), questi libri sono il libro delle memorie di Malachia 3:16 dove secondo loro sono registrate le buone azioni, e il libro della morte dove sono invece registrate le cattive azioni (cfr. Questions on Doctrine, pag. 435-438 e Dizionario di dottrine bibliche, pag. 190). Questi sono i libri che vengono consultati durante questo giudizio investigativo. Ma quale è la regola usata in questo giudizio? ‘La legge dei dieci comandamenti è la regola secondo la quale gli uomini saranno giudicati’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 189). Questo giudizio alla fine sfocia in una sentenza definitiva che può essere di assoluzione o di condanna. Nel caso la sentenza è di assoluzione allora i credenti assolti otterranno la cancellazione dei loro peccati e saranno reputati degni d’avere parte alla risurrezione dei giusti; nel caso invece la sentenza è di condanna allora i credenti condannati non otterranno la cancellazione dei loro peccati e saranno radiati dal libro della vita, per cui essi parteciperanno alla risurrezione degli empi e passeranno per il giudizio degli empi (nel caso dei credenti viventi alla venuta di Cristo, gli assolti saranno reputati degni di essere mutati e portati in cielo con i risorti, i condannati invece saranno sterminati assieme agli empi). Ecco cosa dice Ellen G. White sul giudizio investigativo: ‘Quando nel giudizio i libri vengono aperti, si esamina davanti a Dio la vita di tutti coloro che hanno creduto in Gesù. Cominciando da coloro che per primi vissero sulla terra. Cristo, il nostro avvocato, presenta i casi di ogni successiva generazione per poi concludere con quelli dei viventi. Ogni nome è menzionato, ogni caso viene esaminato attentamente; alcuni nomi sono accettati, altri respinti. Se qualcuno ha tuttora segnati nei libri dei peccati di cui non si è pentito e che perciò non sono stati rimessi, il suo nome viene radiato dal libro della vita, e la registrazione delle sue buone azioni è cancellata dal libro delle memorie di Dio’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, pag. 352). L’accettazione dei credenti alla fine del giudizio investigativo è seguita dalla cancellazione dei loro peccati infatti: ‘Quando Cristo porta un caso nella corte celeste, non c’è la minima possibilità che egli perda, perché Egli conosce tutti i fatti, ed Egli è capace di applicare il rimedio. Quando Egli confessa davanti a Dio e ai santi angeli che il peccatore penitente è vestito con la veste del suo carattere senza macchia (questa è la veste bianca che gli sarà data), nessuno nell’universo può negare a quell’uomo salvato l’entrata nel regno eterno di giustizia. Allora, certamente, è il tempo per i suoi peccati di essere cancellati per sempre...’ (Questions on Doctrine, pag. 442). Come disse la White: ‘Resi partecipi della giustizia di Cristo, i loro caratteri rispondono alle esigenze della legge di Dio, i loro peccati sono cancellati, ed essi sono ritenuti degni della vita eterna’ (Ellen White, op. cit., pag. 353). In definitiva: la cancellazione dei peccati dei credenti non può in nessuna maniera avvenire prima che essi siano giudicati in base a quello che è scritto nei libri; ecco la White cosa ha detto: ‘Dato che i morti debbono essere giudicati secondo ciò che è scritto nei libri, è impossibile che i peccati degli uomini possano essere cancellati prima che i loro casi siano stati esaminati’ (ibid., pag. 354). Da quello che ci è dato di capire però non bisogna pensare che dopo l’esame delle azioni di ogni singolo credente già morto i suoi peccati vengano subito cancellati perché la cancellazione dei peccati è generale e avverrà per tutti (sia per i morti che per i vivi) contemporaneamente, e questo in seguito all’allegoria che gli Avventisti ricavano da quello che faceva il sommo sacerdote nel giorno dell’espiazione. Difatti per loro dato che il sommo sacerdote in quel giorno terminava di fare l’espiazione dei peccati del santuario e dei figliuoli d’Israele quando usciva dal luogo santissimo e poneva le mani sul capro destinato ad Azazel e confessava su di esso tutte le iniquità del popolo trasmettendogliele, e poi lo mandava nel deserto; così la cancellazione dei peccati del popolo di Dio avverrà quando Cristo uscirà dal luogo santissimo (nel quale è entrato nel 1844) e deporrà tutti i peccati sul capo di Satana. E difatti è solo allora che Cristo tornerà perché il giudizio investigativo dei credenti sarà finalmente terminato; il destino di tutti i credenti sarà segnato una volta per sempre per cui Cristo scenderà dal cielo e risusciterà e muterà gli assolti lasciando i condannati nella polvere fino alla fine del millennio e distruggendo i credenti viventi non assolti nel giudizio. Quando finirà il giudizio investigativo, disse la White, ‘il destino di tutti sarà deciso per sempre: o per la vita o per la morte’ (ibid., pag. 358); e Cristo tornerà.

A sostegno del giudizio investigativo gli Avventisti, oltre ad appoggiarsi a certi passi della Scrittura che secondo loro indicano il giudizio investigativo (quali per esempio Daniele 7:9-10 e 1 Pietro 4:17), si appoggiano anche a delle cose che dice la tradizione ebraica riguardo al periodo che va dal primo giorno del settimo mese al decimo giorno dello stesso, giorni che sono definiti dalla tradizione ebraica ‘giorni terribili’ (Yamin Noraim). Per loro infatti ci sono delle analogie tra quello che avviene a partire dal primo giorno del settimo mese fino al termine del giorno dell’Espiazione tra gli Ebrei, e quello che sta avvenendo in cielo dal 1844 e che terminerà quando Cristo uscirà dal luogo santissimo. Ma quali sono queste cose? Eccole. Gli Ebrei commemorano il capodanno il primo e il secondo giorno del settimo mese; questa festa è da loro chiamata Rosh Hashanà. Per loro questa festa è il Giorno del Giudizio (Yom Haddin), perché in quel giorno Dio fa sfilare davanti a sé tutte le sue creature per giudicarle e iscriverle nel libro della vita o in quello della morte. Il secondo giorno della festa nella sinagoga, durante la solenne assemblea, viene recitata questa preghiera che fa capire bene quali siano le convinzioni ebraiche a riguardo di quello che succede in quel giorno: ‘Vogliamo esprimere la santità di questo giorno: è solenne e temibile. In questo giorno il Tuo Regno si leverà per mezzo della grazia. Il tuo trono si consoliderà, Tu vi siederai nella Verità. Tu sei colui che giudica, che ammonisce, che sa e che è testimone, che scrive, sigilla e conta. Tu ricordi le cose dimenticate e Tu apri il libro dei ricordi in cui i fatti si enunciano di per se stessi e in cui ogni azione è segnata dalla mano di ciascuno. Improvvisamente il grande shofar risuona, un dolce mormorio si fa sentire, gli angeli stessi trasaliscono, colti da tremito e timore. Essi dicono: ‘Ecco il giorno del Giudizio per esaminare l’Armata celeste nel Tribunale’, perché anche loro non sono innocenti ai Tuoi occhi. Come il pastore che visita il suo gregge fa sfilare le sue pecore di fronte al suo bastone, così Tu fai sfilare, Tu conti, Tu esamini le anime di tutti i viventi, Tu determini la posizione di ciascuna creatura e scrivi la sentenza. A Rosh Hashanà le anime vengono iscritte, a Kippur alla loro sorte è apposto il sigillo; viene stabilito quanti lasceranno questo mondo e quanti vi entreranno, chi vivrà e chi morrà, chi alla sua ora e chi prematuramente, chi a causa del fuoco e chi a causa dell’acqua, chi per spada e chi per fame, chi nella tempesta e chi durante l’epidemia; chi avrà una vita tranquilla e chi avrà una vita errabonda, chi avrà serenità e chi inquietudine, chi la calma e chi i tormenti; chi sarà innalzato e chi sarà abbassato, chi sarà ricco e chi sarà povero. Ma penitenza, preghiera e carità allontanano il rigore della sentenza’ (Ernest Gugenheim, L’ebraismo nella vita quotidiana, Firenze 1994, pag. 84-85. cfr. Questions on Doctrine, pag. 433). Alla festa del Kippur poi gli Ebrei verranno purificati dai loro peccati commessi contro Dio; in altre parole viene sigillato il decreto scritto a capodanno. L’Avventista Samuele Bacchiocchi nel suo libro La Speranza dell’Avvento traendo spunto dai ‘giorni terribili’ degli Ebrei, per sostenere che il giorno dell’espiazione degli Ebrei era un giorno di giudizio, afferma: ‘L’allontanamento finale dei peccati d’Israele costituiva il risultato di un processo giuridico che cominciava il primo giorno del settimo mese (anno nuovo) con un ‘suon di tromba’ (Levitico 23:23) e introduceva un periodo di pentimento. Questo periodo di ricerca interiore fino al giorno dell’espiazione, che veniva dieci giorni più tardi (Levitico 23:27), era, in un certo senso, un giudizio investigativo, durante il quale Dio giudicava in modo globale e definitivo i peccati di Israele che erano stati accumulati’ (Samuele Bacchiocchi, La speranza dell’avvento, stampato negli USA, 1987, pag. 226).

Confutazione

In cielo non è in atto nessun giudizio investigativo

La Scrittura non ci dice che in cielo è in atto un giudizio investigativo nei confronti dei santi vissuti nel passato o di noi che siamo ancora in vita.

Per quel che concerne i santi vissuti nel passato che sono morti in Cristo, essi sono alla presenza del Signore in cielo e là aspettano la risurrezione. Alla risurrezione otterranno un corpo immortale e compariranno davanti al tribunale di Cristo per essere retribuiti.

Per quel che concerne noi viventi che saremo rimasti fino alla venuta del Signore noi saremo trasformati in quello stesso giorno e compariremo assieme a loro davanti al tribunale di Cristo.

Tutti assieme in quel giorno riceveremo la retribuzione delle cose fatte quand’eravamo nel corpo, sia che avremo operato bene o male. Quando Paolo disse ai Corinzi: "Poiché dobbiamo tutti comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte quand’era nel corpo, secondo quel che avrà operato, o bene, o male" (2 Cor. 5:10), si riferiva appunto a questo evento che deve avere ancora luogo nei luoghi celesti al tempo fissato da Dio. In quell’occasione tutti i santi risorti e tutti coloro che saranno rimasti viventi fino alla venuta del Signore e che saranno mutati riceveranno il loro premio in base alla loro fatica, in base a quanto si sono santificati sulla terra ed in base a quanto si sono affaticati nell’opera di Dio .

Quindi, coloro che sono morti in Cristo essendo di già nella gloria con la loro anima, hanno il loro nome nel libro della vita e non potranno giammai essere cancellati da esso; essi aspettano solo di ricevere la retribuzione che meritano e che si sono guadagnati con le loro buone opere compiute sulla terra dopo la loro nuova nascita. Qualcuno dirà: ‘E per quel che concerne dei loro peccati occulti o non confessati a Dio durante la loro vita? Rispondiamo; Dio certamente eseguirà un giudizio giusto a tale proposito, lui sa tutto e non commette ingiustizie di nessun genere.

Per quel che concerne noi che siamo ancora vivi sulla terra, occorre dire che il nostro nome rimarrà scritto nel libro della vita fino alla fine a condizione che perseveriamo sino alla fine nella fede e nel buon operare; "Chi vince sarà così vestito di vesti bianche, ed io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, e confesserò il suo nome nel cospetto del Padre mio e nel cospetto dei suoi angeli" (Ap. 3:5), dice Gesù a ciascuno di noi. Nel caso contrario, cioè se smettiamo di credere nel nome del Figliuol di Dio - il che equivale a perdere - il nostro nome sarà cancellato dal libro della vita e quando moriremo ce ne andremo all’inferno. Quindi se noi moriremo con Cristo raggiungeremo i nostri fratelli che ci hanno preceduti in paradiso e con loro aspetteremo la risurrezione in cielo, nel caso contrario ce ne andremo in perdizione in attesa della condanna eterna.

In altre parole ancora (insisto affinché il concetto sia il più chiaro possibile), tutti coloro che sono morti in Cristo saranno di certo reputati degni di avere parte alla risurrezione dei giusti perché il loro nome è rimasto scritto nel libro della vita; e quando giungerà quel giorno glorioso otterranno il premio in base al loro operato che Dio conosce perfettamente. Per noi viventi che invece saremo rimasti fino alla venuta del Signore, anche per noi dico non c’è da pensare proprio a nessun giudizio investigativo da parte di Dio come lo intendono gli Avventisti, perché innanzi tutto Cristo ci conosce a fondo e poi perché noi sappiamo che i nostri nomi sono scritti nel libro della vita e là rimarranno incisi per sempre (a condizione che perseveriamo fino alla fine nella fede); e quindi per la grazia di Dio ci sentiamo degni - perché lo siamo diventati - di partecipare alla traslazione futura, e possiamo dire che quando Cristo tornerà di certo saremo mutati ed andremo a incontrare il Signore nell’aria. Questa fiducia l’avevano anche i santi antichi che aspettavano il ritorno di Cristo infatti Paolo disse ai Tessalonicesi: "Poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insiem con loro rapiti sulle nuvole..." (1 Tess. 4:17), ed ancora ai Corinzi: "Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati" (1 Cor. 15:52).

Quindi il nome di un credente può essere cancellato dal libro della vita perché, - come abbiamo visto prima - la Scrittura ammette la possibilità, ma questo può avvenire solamente mentre è ancora in vita sulla terra nel caso lui commette il peccato che mena a morte che consiste nell’abbandono e nel rinnegamento del Signore. Questo lo attestò Dio quando disse a Mosè: "Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro" (Es. 32:33). Anche lo scrittore agli Ebrei attesta ciò in questi termini: "Perché quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se cadono, è impossibile rinnovarli da capo a ravvedimento, poiché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figliuol di Dio, e lo espongono ad infamia. Infatti, la terra che beve la pioggia che viene spesse volte su lei, e produce erbe utili a quelli per i quali è coltivata, riceve benedizione da Dio; ma se porta spine e triboli, è riprovata e vicina ad esser maledetta; e la sua fine è d’esser arsa" (Ebr. 6:4-8); ed anche: "Perché, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non resta più alcun sacrificio per i peccati; rimangono una terribile attesa del giudizio e l’ardor d’un fuoco che divorerà gli avversarî. Uno che abbia violato la legge di Mosè, muore senza misericordia sulla parola di due o tre testimoni. Di qual peggior castigo stimate voi che sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figliuol di Dio e avrà tenuto per profano il sangue del patto col quale è stato santificato, e avrà oltraggiato lo Spirito della grazia?" (Ebr. 10:26-29). Ma certamente questa cancellazione non potrà in nessuna maniera avvenire dopo che il credente muore in e con Cristo perché egli è alla presenza del Signore in cielo. Bisogna dunque fare notare a questo punto che se gli Avventisti possono dire che in cielo adesso è in atto questo giudizio investigativo di tutti i credenti morti è perché essi negano che essi siano già in cielo alla presenza del Signore: per essi infatti non esistono perché non hanno anima. Essi esistono solo nella memoria di Dio e basta. Questo è qualcosa da non sottovalutare; difatti se per gli Avventisti i credenti quando muoiono andassero in cielo con il Signore non ci sarebbe bisogno di questo giudizio investigativo per stabilire se essi sono degni della vita eterna. Ecco perché la White disse: ‘Ma se i morti godono già della felicità del cielo (…) che bisogno c’è di un giudizio futuro?’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, pag. 400). Dunque, questa falsa dottrina del giudizio investigativo è in un certo senso strettamente collegata all’altra falsa dottrina che nega l’esistenza dell’anima all’interno dell’uomo. Quindi, quando si parla con gli Avventisti occorre insistere sull’esistenza dell’anima all’interno dell’uomo e sulla sua immortalità, e sul fatto che quando muore un credente egli va subito in cielo. Perché nel momento in cui essi rimarranno persuasi che le cose stanno veramente così, di conseguenza la dottrina del giudizio investigativo cadrà da se stessa perché risulterà una falsità.

Certo Dio ci mette alla prova sulla terra, e ci giudica pure, ma questo giudizio di cui parla Pietro nella sua epistola non è da intendersi come lo intendono gli Avventisti perché Gesù ha detto: "Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio..." (Giov. 5:24); (quindi noi sappiamo che non passeremo il giudizio) ma piuttosto come la correzione che Dio infligge a noi suoi figliuoli per farci partecipi della sua santità. Paolo lo conferma ciò quando dice ai Corinzi: "Ora, se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; ma quando siamo giudicati, siam corretti dal Signore, affinché non siam condannati col mondo" (1 Cor. 11:31-32).

Quindi, la dottrina del giudizio investigativo va rigettata in blocco perché fa pensare innanzi tutto che i morti in Cristo stiano passando al vaglio per mezzo di questo giudizio e che i nomi di alcuni sono conservati scritti nel libro della vita mentre quello di altri viene radiato da esso il che non può accadere perché essi sono già in cielo e aspettano la risurrezione per ottenere la retribuzione per le loro opere e il loro nome non può essere cancellato dal libro della vita; e poi anche che dal libro della vita vengono cancellati con molta facilità i nomi dei credenti difatti, come abbiamo visto, Ellen G. White ha detto: ‘Se qualcuno ha tuttora segnati nei libri dei peccati di cui non si è pentito e che perciò non sono stati rimessi, il suo nome viene radiato dal libro della vita, e la registrazione delle sue buone azioni è cancellata dal libro delle memorie di Dio’ (Ellen G. White, op. cit., pag. 352). Come dire, basta che hai fallito in una cosa sola e ti sei dimenticato di chiedere perdono a Dio per essa e sarai radiato dal libro della vita!! Veramente disgustose queste parole che fanno apparire il nostro Dio come un essere spietato e non misericordioso e il nostro Avvocato, cioè Gesù, incapace di intercedere per noi. E poi quelle parole della White fanno dimenticare a chi le accetta che Dio non solo rimette i debiti ma li fa anche pagare a coloro che li contraggono in taluni casi. Ascoltate quello che insegnò Gesù: "Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare, e quivi ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia quivi la tua offerta dinanzi all’altare, e va’ prima a riconciliarti col tuo fratello; e poi vieni ad offrir la tua offerta. Fa’ presto amichevole accordo col tuo avversario mentre sei ancora per via con lui; che talora il tuo avversario non ti dia in man del giudice, e il giudice in man delle guardie, e tu sii cacciato in prigione. Io ti dico in verità che di là non uscirai, finché tu non abbia pagato l’ultimo quattrino" (Matt. 5:23-26). Notate che chi non fa presto amichevole accordo col suo avversario cioè il fratello che ha offeso, viene detto essere dato in mano del giudice e cacciato in prigione fino all’estinzione del debito. Uscirà dalla prigione, ma non prima di avere pagato a Dio quello che deve pagare (il debito contratto nei confronti del fratello).

Altre ragioni per cui la dottrina del giudizio investigativo va rigettata sono queste. Essa quando afferma che ‘il giudizio investigativo rivela alle intelligenze celesti chi fra i morti si sono addormentati in Cristo e perciò, in lui sono ritenuti degni di avere parte alla prima risurrezione. Esso, inoltre, rende manifesto chi sono, fra i viventi, coloro che dimorano in Cristo, osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesù e in Gesù, e per conseguenza sono pronti per la traslazione nel suo regno eterno’ (Articolo di fede, n. 23: citato da G. De Meo, op. cit., pag. 236), annulla di fatto la Scrittura che dice che "Il Signore conosce quelli che son suoi" (2 Tim. 2:19) e le parole che disse Gesù: "Conosco le mie [le mie pecore]" (Giov. 10:14). Con questo vogliamo dire che, per quel che concerne i morti in Cristo, Cristo sa chi sono coloro che egli deve risuscitare nell’ultimo giorno e non ha bisogno di mettersi a fare nessuna investigazione per determinare se sono degni di partecipare alla prima risurrezione o meno. Non ha forse egli detto quando era sulla terra: "Poiché questa è la volontà del Padre mio: che chiunque contempla il Figliuolo e crede in lui, abbia vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno" (Giov. 6:40)? Che bisogno c’è dunque di una sua investigazione sui morti in Cristo per stabilire chi deve prendere parte alla prima risurrezione quando è detto chiaramente che egli li risusciterà in risurrezione di vita. Per quel che concerne poi i credenti ancora viventi per loro c’è la sicurezza che essi saranno mutati infatti la Scrittura dice: "Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati" (1 Cor. 15:52). Anche in questo caso quindi, che bisogno c’è di un giudizio investigativo da parte di Cristo in cielo per sapere quali credenti dovranno essere mutati al ritorno di Cristo? Qualcuno dirà: ‘E allora per quel che concerne quelli che dopo avere creduto si traggono indietro a loro perdizione, e alla venuta di Cristo non saranno mutati e non andranno con il Signore? Anche in questo caso non c’è assolutamente bisogno di un giudizio investigativo come lo intendono gli Avventisti perché il Signore conosce quelli che sono suoi e sa perfettamente chi sono coloro che si traggono indietro senza bisogno di questo giudizio investigativo come lo intendono gli Avventisti.

Il giudizio investigativo attacca la salvezza per grazia

Il giudizio investigativo è da rigettare perché così come lo intendono gli Avventisti attacca la salvezza per grazia e la certezza della salvezza che possiede il credente. Ecco due dichiarazioni avventiste che confermano ciò. Ellen G. White disse: ‘Nel registro del cielo, il perdono è segnato accanto ai nomi di coloro che si sono pentiti dei propri peccati e che per fede hanno reclamato il sangue di Cristo come loro sacrificio espiatorio. Resi partecipi della giustizia di Cristo, i loro caratteri rispondono alle esigenze della legge di Dio, i loro peccati sono cancellati, ed essi sono ritenuti degni della vita eterna’ (Ellen White, op. cit., pag. 352-353). Questo significa che la cancellazione dei peccati dei credenti avverrà alla fine del giudizio investigativo tenuto nei loro confronti a condizione che essi si siano dimostrati fedeli alla legge di Dio (e tenete presente che di questa legge fa parte l’osservanza del sabato perché, come abbiamo prima visto, la regola che sarà usata nel giudizio è la legge dei dieci comandamenti). William Henry Branson (che fu presidente della Conferenza Generale della Chiesa Avventista dal 1950 al 1954) ha detto: ‘Un Cristiano che per mezzo della fede in Gesù Cristo ha fedelmente osservato le richieste della legge sarà assolto [nel giudizio investigativo]; non c’è nessuna condanna perché la legge non trova nessun sbaglio in lui. Se invece si trova che uno ha infranto persino un singolo precetto, e questa trasgressione non è confessata egli sarà trattato come se avesse infranto tutti e dieci’ (Branson William H., The Drama of the Ages [Il Dramma delle Età], Nashville 1950, pag. 351; citato da Hoekema, op. cit., pag. 157) .

Come potete vedere secondo gli Avventisti ad un credente i peccati saranno cancellati se dopo il giudizio investigativo sarà trovato che avrà osservato la legge, ossia i dieci comandamenti (e vi ricordo di nuovo che tra essi c’è pure il comandamento di osservare il sabato giudaico). E questo perché ‘la legge dei dieci comandamenti è la regola secondo la quale gli uomini saranno giudicati’ (Dizionario di dottrine bibliche, pag. 189). Un solo precetto infranto della legge non confessato non può fare assolvere il credente! Non c’è che dire; gli Avventisti sono come i Galati che dopo avere iniziato per lo Spirito volevano raggiungere la perfezione con la carne osservando la legge. Ma che scrisse loro Paolo? "O Galati insensati, chi v’ha ammaliati, voi, dinanzi agli occhi de’ quali Gesù Cristo crocifisso è stato ritratto al vivo?...Voi che volete esser giustificati per la legge, avete rinunziato a Cristo; siete scaduti dalla grazia" (Gal. 3:1; 5:4). Ma non hanno mai letto gli Avventisti che per le opere della legge - mettiamo molta enfasi in questo caso sull’osservanza del sabato, cioè del quarto comandamento del decalogo - nessuna carne sarà giustificata nel cospetto di Dio? Ma non sanno gli Avventisti che "non v’è dunque ora alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù" (Rom. 8:1)? In sostanza, e qui mi rivolgo a voi o Avventisti ma non sapete che la salvezza è per grazia e che pensare dopo aver creduto di potere essere giustificati mediante l’osservanza della legge è un affronto all’opera di espiazione di Cristo compiuta una volta per sempre affinché mediante la sola fede in lui ci fosse messa in conto la giustizia di Dio?

Attenzione dunque quando si sente parlare della salvezza agli Avventisti; perché se da un lato essi affermano che essa è per grazia, dall’altro posticipano la cancellazione dei peccati di coloro che credono al termine del giudizio investigativo, cancellazione che per verificarsi occorre che il perdonato osservi tutta la legge. In sostanza è come se gli Avventisti dicessero a coloro che hanno creduto in Cristo; sì siete stati perdonati ma i vostri peccati vi saranno cancellati in futuro se osserverete il sabato, ecc. In particolare il precetto del sabato perché la White lo ‘vide’ circondato di un alone di gloria. Chi non lo osserva e non confessa questa sua inosservanza che è un peccato, verrà radiato dal libro della vita!!

Al che viene da domandarsi; se le cose stanno così come fa un credente a stare di buon animo? Come fa un credente ad essere sicuro in ogni momento di essere salvato e che i suoi peccati sono stati dimenticati da Dio? Non può. Dunque, questa dottrina del giudizio investigativo è veramente molto insidiosa . Aborritela, perché essa tende a far pensare che la cancellazione dei nostri peccati ancora non è avvenuta e che avverrà solo quando nei nostri confronti sarà compiuto il giudizio investigativo la cui regola sarà la legge, ed a condizione che avremo osservato tutta la legge che non mi stanco di ricordarvi comprende il comandamento del sabato (che gli Avventisti esaltano all’inverosimile quando ne parlano). Nessuno vi seduca fratelli, voi quando avete creduto avete ottenuto la remissione dei peccati per cui i vostri peccati vi sono stati cancellati. State di buon animo; studiatevi di piacere a Dio in ogni cosa e di confessare a lui i vostri peccati affinché egli vi purifichi.

L’interpretazione data dagli Avventisti ai passi del Levitico che parlano dei sacrifici d’espiazione che venivano offerti ogni giorno e il giorno dell’espiazione è errata

Alla base di questa dottrina del giudizio investigativo c’è la dottrina che afferma che quando i peccati vengono perdonati non vengono cancellati, ma vengono portati nel santuario celeste dove rimarranno fino a quando il giudizio investigativo non sarà concluso. E questo gli Avventisti lo deducono da alcuni passi presi dal libro del Levitico dove si parla dell’espiazione dei peccati che Dio aveva ordinato doversi fare. Ora, secondo la legge levitica, durante un qualsiasi giorno dell’anno, quando il popolo o uno dei capi del popolo o qualcuno del popolo si rendevano colpevoli dovevano offrire per il loro peccato determinati sacrifici di espiazione. Mediante queste offerte i loro peccati venivano perdonati infatti si legge alla fine della descrizione di quello che ciascuno doveva offrire per il suo peccato e dell’espiazione che doveva compiere il sacerdote: "Così il sacerdote farà l’espiazione per la raunanza, e le sarà perdonato" (Lev. 4:20); "Così il sacerdote farà l’espiazione del peccato di lui, e gli sarà perdonato" (Lev. 4:26), (questo nel caso era un capo del popolo a peccare); "Così il sacerdote farà l’espiazione per quel tale, e gli sarà perdonato" (Lev. 4:31) (questo nel caso era a peccare uno del popolo). Come potete vedere in tutti questi casi è scritto che il peccato veniva perdonato a chi offriva il sacrificio per il peccato che aveva commesso. E’ da tenere presente che questa espiazione la potevano compiere i sacerdoti perché il sangue dell’offerta non doveva essere portato nel luogo santissimo. Questo è quello che avveniva ogni giorno. Ma vi era un giorno particolare durante l’anno durante il quale il Sommo Sacerdote offriva dei sacrifici per i peccati suoi e di tutto il popolo, e doveva portare il sangue di questi animali nel luogo santissimo per farne l’aspersione davanti al propiziatorio. In quel giorno, che era il decimo giorno del settimo mese, il Sommo Sacerdote faceva oltre l’espiazione dei suoi peccati e di quelli del popolo anche l’espiazione per il santuario, per la tenda di convegno e per l’altare. Cosa dicono gli Avventisti a riguardo del sangue che veniva quotidianamente sparso durante tutto l’anno e di quello che veniva sparso il giorno dell’espiazione? Essi dicono in Questions on Doctrine: ‘Quando il sangue veniva sparso, il peccato veniva registrato nel santuario (...) I peccati degli Israeliti, registrati nel santuario dal sangue versato delle vittime sacrificali, erano rimossi e totalmente sbarazzati nel Giorno dell’Espiazione’ (Questions on Doctrine, pag. 432). In altre parole mediante il sangue dei sacrifici che venivano offerti continuamente i peccati venivano perdonati ma nello stesso tempo registrati nel santuario terreno; mentre mediante il sangue del giorno dell’espiazione quei peccati non solo venivano perdonati ma anche cancellati. E dato che gli Avventisti affermano che il ministerio quotidiano dei sacerdoti rappresenta il ministerio di Cristo dalla sua ascensione al 1844, e che il giorno delle espiazioni della legge corrisponde al giorno dell’espiazione cominciato il 22 ottobre 1844, essi giungono alla conclusione che prima di quell’anno i peccati venivano perdonati ma non cancellati perché venivano registrati nel santuario celeste che era raffigurato in terra da quello fatto con mano; mentre dal 1844 in poi Cristo, Sommo Sacerdote, essendo entrato nel luogo santissimo ha potuto cominciare la cancellazione dei peccati di quelli che avevano creduto in lui. E come abbiamo visto questa cancellazione non è ancora effettuata neppure per i credenti che sono viventi sulla terra perché si compirà quando sarà terminato il giudizio investigativo.

Cominciamo col dire che l’interpretazione degli Avventisti secondo la quale il sangue offerto per i peccati ogni giorno registrava i peccati perdonati al popolo nel santuario, mentre il sangue offerto nel giorno dell’espiazione cancellava quei peccati, non trova nessuna conferma nella legge. In altre parole non si trova nessuna conferma nella legge che l’espiazione che veniva fatta il giorno dell’espiazione fosse diversa riguardo all’effetto da quella che veniva compiuta negli altri giorni dell’anno. Sia l’una che le altre erano efficaci in verso coloro che offrivano il sacrificio per il peccato, sia che veniva fatta il giorno dell’espiazione che un’altro giorno. Altrimenti Dio non avrebbe detto - per quel che concerne l’espiazione fatta in altri giorni - : "Così il sacerdote farà l’espiazione per la raunanza, e le sarà perdonato" (Lev. 4:20). In verità non si comprende come fosse possibile che il medesimo sangue degli animali quando veniva offerto un qualsiasi giorno trasferiva i peccati del popolo nel santuario, mentre quando veniva offerto il giorno dell’espiazione li toglieva e li cancellava. Se fosse come dicono gli Avventisti allora, noi dovremmo concludere che il sacrificio per il peccato offerto quotidianamente e quello offerto il giorno dell’espiazione che sono ambedue descritti nel libro del Levitico non possono ambedue prefigurare il perfetto sacrificio di Cristo compiuto sulla croce, perché solo quello offerto il giorno dell’espiazione cancellava i peccati del popolo mentre l’altro no. E qui si cadrebbe inevitabilmente nell’errore. Noi diciamo invece che i sacrifici espiatori descritti nel libro del Levitico sono ombra di quello perfetto che Cristo doveva offrire nella pienezza dei tempi; a prescindere se venivano offerti in un giorno qualsiasi o nel giorno dell’espiazione. Non dobbiamo infatti dimenticare che tutti i sacrifici espiatori che venivano offerti sotto la legge non potevano cancellare appieno i peccati del popolo perché "è impossibile che il sangue di tori e di becchi tolga i peccati" (Ebr. 10:4); ivi incluso il sangue che veniva offerto per i peccati del popolo il giorno dell’espiazione. Ma allora, se anche il sangue sparso il giorno dell’espiazione non poteva togliere i peccati come il sangue offerto in un altro giorno, come mai Dio stabilì quel giorno? Certamente per uno scopo ben preciso; noi riteniamo, in base a quello che troviamo scritto nella lettera agli Ebrei, che la distinzione tra l’aspersione del sangue fatta al di qua del velo e quella fatta al di là del velo sia stata stabilita da Dio sotto la legge per "significare che la via al santuario non era ancora manifestata finché sussisteva ancora il primo tabernacolo" (Ebr. 9:8) e che un giorno Cristo, il futuro Sommo Sacerdote, invece di entrare nel luogo santissimo di un santuario terreno con sangue di animali sarebbe entrato direttamente in cielo con il suo proprio sangue e non ci sarebbe stato più bisogno di offrire continuamente sacrifici per i peccati.

Come potete vedere gli Avventisti facendo una differenza tra l’effetto dello spargimento di sangue che avveniva ogni giorno sotto la legge e quello che avveniva il giorno dell’espiazione e applicando questa interpretazione all’opera di mediazione sacerdotale che Cristo ha cominciato a compiere in cielo dalla sua ascensione (opera che è stata suddivisa da loro in due fasi per raffigurarla con quella sacerdotale che avveniva sotto la legge e potere così giustificare l’errore dei Milleriti a proposito del ritorno di Cristo il 22 ottobre 1844) hanno prodotto la dottrina del giudizio investigativo che dice che quando uno crede i suoi peccati vengono trasferiti nel santuario celeste in attesa di essere cancellati (ecco perché il santuario celeste ha bisogno ancora di essere purificato perché ci sono i peccati di coloro che hanno creduto)! Hanno veramente errato nell’interpretare le cose in questa maniera. Quindi, nessun Avventista vi tragga in errore fratelli, perché il giudizio investigativo fonda la sua esistenza anche su una interpretazione errata dei sacrifici levitici applicata all’opera di mediazione di Cristo.

Spiegazione di alcune Scritture prese dagli Avventisti per sostenere il giudizio investigativo

Nelle sacre Scritture vi sono diversi passi che parlano di giudizio ma nessuno di essi si riferisce al giudizio investigativo che secondo gli Avventisti è in corso dal 1844; lo ripeto nessuno. Ma, come avviene sempre in questi casi, gli Avventisti, hanno preso alcuni di questi passi che parlano di giudizio e interpretandoli arbitrariamente gli hanno fatto dire quello che essi non dicono per niente, ossia invece che trarre i loro pensieri all’ubbidienza della Parola di Dio hanno tratto la Parola di Dio all’ubbidienza dei loro pensieri strani. Vediamo adesso alcuni dei passi della Scrittura che gli Avventisti prendono per sostenere il giudizio investigativo.

Ÿ Pietro dice: "E’ giunto il tempo in cui il giudicio ha da cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, qual sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al Vangelo di Dio?" (1 Piet. 4:17). Gli Avventisti vedono nelle parole di Pietro il giudizio investigativo di cui parlano; noi non lo vediamo, e neppure tutti coloro che ci vedono spiritualmente. Il giudizio di cui parla Pietro è spiegato poco prima in che cosa consiste in questi termini: "Diletti, non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi per provarvi, quasichè vi avvenisse qualcosa di strano" (1 Piet. 4:12). Il giudizio di Dio consisteva in prove che i santi dovevano passare a motivo della loro fede; queste prove costituivano dei giudizi di Dio che avevano come scopo quello di fare partecipi i santi della santità di Dio, in altre parole delle correzioni di Dio inflitte ai suoi eletti. A conferma di ciò ricordiamo le parole di Paolo ai Corinzi: "Ora, se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati; ma quando siamo giudicati, siam corretti dal Signore, affinché non siam condannati col mondo" (1 Cor. 11:31-32).

Ÿ Daniele dice: "Io continuai a guardare fino al momento in cui furon collocati de’ troni, e un vegliardo s’assise (...) Il giudizio si tenne, e i libri furono aperti" (Dan. 7:9,10). Questo passo citato dagli Avventisti a sostegno del giudizio investigativo non si riferisce per niente ad un giudizio investigativo in corso, ma piuttosto al giudizio che in quel giorno avrà luogo.

Ÿ Giovanni dice nell’Apocalisse: "Poi vidi un altro angelo che volava in mezzo al cielo, recante l’evangelo eterno per annunziarlo a quelli che abitano sulla terra, e ad ogni nazione e tribù e lingua e popolo; e diceva con gran voce: Temete Iddio e dategli gloria, perché l’ora del suo giudizio è venuta..." (Ap. 14:6-7). Anche questo passo non ha nulla a che fare con il giudizio investigativo degli Avventisti, ma si riferisce al giudizio a venire che dovrà avere luogo in quel giorno. Queste parole infatti nell’Apocalisse seguono quelle che Giovanni sentì proferire ai ventiquattro anziani quando sonò il settimo angelo e cioè: "...Le nazioni s’erano adirate, ma l’ira tua è giunta, ed è giunto il tempo di giudicare i morti, di dare il loro premio ai tuoi servitori, i profeti, ed ai santi e a quelli che temono il tuo nome, e piccoli e grandi.." (Ap. 11:18). E’ giunta l’ira di Dio? No, e allora neppure il tempo di giudicare i morti e di dare ai servitori di Dio il loro premio e di distruggere quelli che distruggono la terra.

Ÿ Gesù disse: "Perciò il regno de’ cieli è simile ad un re che volle fare i conti co’ suoi servitori. E avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno, ch’era debitore di diecimila talenti. E non avendo egli di che pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figliuoli e tutto quant’aveva, e che il debito fosse pagato. Onde il servitore, gettatosi a terra, gli si prostrò dinanzi, dicendo: Abbi pazienza con me, e ti pagherò tutto. E il signore di quel servitore, mosso a compassione, lo lasciò andare, e gli rimise il debito. Ma quel servitore, uscito, trovò uno de’ suoi conservi che gli dovea cento denari; e afferratolo, lo strangolava, dicendo: Paga quel che devi! Onde il conservo, gettatosi a terra, lo pregava dicendo: Abbi pazienza con me, e ti pagherò. Ma colui non volle; anzi andò e lo cacciò in prigione, finché avesse pagato il debito. Or i suoi conservi, veduto il fatto, ne furono grandemente contristati, e andarono a riferire al loro signore tutto l’accaduto. Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: Malvagio servitore, io t’ho rimesso tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, com’ebbi anch’io pietà di te? E il suo signore, adirato, lo diede in man degli aguzzini fino a tanto che avesse pagato tutto quel che gli doveva. Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognun di voi non perdona di cuore al proprio fratello" (Matt. 18:23-35). Ecco come spiegano gli Avventisti questa parabola di Gesù nel libro Questions on Doctrine: ‘La Scrittura illustra chiaramente la differenza tra il perdono e la cancellazione del peccato. Prendete, per esempio Matteo 18: 23-35 (...) nonostante il primo servitore sia stato perdonato, egli ora agisce in una maniera crudele e brutale verso il suo conservo, non gli mostra nessuna misericordia e lo caccia in prigione. Quando il re sente questo, egli è irritato e getta il servitore che egli ha perdonato in prigione fino a quando ha pagato tutto il suo debito. Ecco qua un caso dove il perdono concesso fu ritirato’ (Questions on Doctrine, pag. 439,440). Tutto questo per sostenere che come il re posticipò la cancellazione del debito a quel servitore benché lo avesse inizialmente perdonato così il fatto che Dio abbia perdonato il peccato non significa necessariamente che egli abbia cancellato il peccato! Ma gli Avventisti dimenticano volontariamente che Gesù non raccontò questa parabola per spiegare che c’è una differenza tra il perdono dei peccati e la cancellazione dei peccati - perché non c’è -, ma per spiegarci che se noi non perdoniamo agli uomini i loro falli neppure il Padre nostro celeste perdonerà i nostri falli ma ce li farà pagare come si conviene. Non aveva forse detto Gesù: "Ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà i vostri falli" (Matt. 6:15)? Ma come si fa a dedurre da questa parabola di Gesù che c’è una differenza tra il perdono dei peccati che l’uomo peccatore sperimenta quando si ravvede e crede nel Vangelo e la cancellazione di questi stessi peccati perché quest’ultima viene dopo un giudizio investigativo? Bisogna veramente avere delle scaglie sugli occhi per non vedere in questa parabola il suo vero significato.

Il capro vivo destinato ad Azazel

Gli Avventisti dicono che quando sarà terminato il giudizio investigativo allora il Signore uscirà dal luogo santissimo, dove si trova ora, per mettere sulla testa di Satana tutte le iniquità e tornerà sulla terra per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Essi anche qui applicano a Cristo quello che faceva il sommo sacerdote sotto la legge il giorno dell’espiazione infatti dicono che come Aaronne dopo avere fatto l’espiazione dei peccati il giorno dell’espiazione usciva dal luogo santissimo e posava le sue mani sul capo del capro vivo destinato ad Azazel confessando le iniquità del popolo sopra di esso e trasmettendogliele e poi lo mandava via nel deserto (cfr. Lev. 16:20-21), così Cristo quando uscirà dal luogo santissimo del santuario celeste, poserà tutti i peccati dell’umanità su Satana (rappresentato dal capro vivo destinato ad Azazel) che li dovrà portare sulla terra durante tutto il millennio. Quella sarà l’ultima fase del suo giudizio.

Innanzi tutto bisogna dire che nessuno sa quale sia il significato della parola Azazel menzionata nel Levitico. Alcuni dicono che essa designa Satana e altri dicono che essa designa un demone del deserto. Ora, gli Avventisti affermano con sicurezza che Azazel si riferisce a Satana; ma come abbiamo visto essi affermano pure con sicurezza che il capro vivo destinato ad Azazel è Satana. Vorremmo allora domandargli: ‘Se Azazel è Satana e il capro vivo destinato ad Azazel, che doveva essere mandato nel deserto con le iniquità degli Israeliti, rappresentava Satana, che senso ha dire che il capro era Satana ed era destinato a Satana?’ ed anche: ‘Se leggete attentamente le parole che si riferiscono al capro destinato ad Azazel si vedrà che è scritto chiaramente: "Il capro ch’è toccato in sorte ad Azazel sarà posto vivo davanti all’Eterno, perché serva a fare l’espiazione e per mandarlo poi ad Azazel nel deserto" (Lev. 16:10); il che significa che anche quel capro vivo che non doveva essere sgozzato e che era destinato ad Azazel doveva servire a fare l’espiazione dei peccati degli Israeliti. E si tenga presente che questo capro doveva essere senza difetto come quello che doveva essere offerto negli altri giorni per fare l’espiazione del peccato di uno dei capi del popolo (cfr. Lev. 4:22-24). Stando dunque così le cose a proposito del capro destinato ad Azazel come fate ad affermare che il capro senza difetto destinato ad Azazel sia Satana?’ Ma io vi domando ancora: ‘Non vi rendete conto che dicendo che il capro vivo destinato ad Azazel è Satana voi finite con il far passare Satana come un cooperatore nell’espiazione dei nostri peccati perché implicitamente affermate che il suo ruolo è indispensabile per la realizzazione dell’espiazione dei peccati?’ Sì, è vero che voi affermate categoricamente quanto segue: ‘Satana non compie nessuna espiazione per i nostri peccati (...) Gli Avventisti del Settimo giorno quindi ripudiano in toto qualsiasi idea, suggerimento o implicazione che Satana sia in qualche senso o grado il portatore del nostro peccato’ (Questions on Doctrine, pag. 400); e noi non mettiamo in dubbio quello che voi dite a riguardo. Certo è però, che dicendo che un giorno Cristo metterà tutti i peccati su Satana, voi fate passare Satana per uno che in qualche misura è chiamato a ‘cooperare’ all’espiazione dei peccati! Ma ditemi un po’: ‘Ma non è forse scritto in Isaia: "L’Eterno ha fatto cader su lui l’iniquità di noi tutti... si caricherà egli stesso delle loro iniquità... egli ha portato i peccati di molti" (Is. 53:6,11,12)? E non è forse scritto nell’epistola di Pietro: "Egli, che ha portato egli stesso i nostri peccati nel suo corpo, sul legno.." (1 Piet. 2:24)? Ma che c’entra Satana nel portare le iniquità che ci ha fatto commettere a noi e agli altri? Ma non è stato sufficiente che Cristo si caricasse di tutte le nostre iniquità una volta per sempre? Ma come fate a dire dunque che Satana porterà i peccati che abbiamo commesso?

La Scrittura dice che Satana sarà punito e porterà la pena della sua iniquità per l’eternità, ma non dice che Cristo gli metterà sulla testa tutte le iniquità che egli ha fatto commettere sia ai giusti che agli empi. Ma perché gli Avventisti non imparano a tacere quando la Scrittura tace invece che tirare fuori questi sensi allegorici che contrastano la verità? Come potete vedere tutto questo discorso che fa di Satana il portatore finale dei peccati degli uomini è sorto dalla errata interpretazione data dagli Avventisti al capro destinato ad Azazel di cui si parla nel Levitico. Noi riteniamo che siccome che la legge ha un ombra dei futuri beni, il capro destinato ad Azazel benché non veniva scannato come quell’altro che era destinato a Dio, ma veniva solo caricato di tutte le iniquità del popolo d’Israele, raffigurava l’opera di espiazione di Cristo il quale mediante il suo sangue ha allontanato da noi le nostre iniquità. Ma noi non ci sentiamo in nessuna maniera di dire che il capro destinato ad Azazel sia Satana; anzi ci rifiutiamo sia di dirlo che di pensarlo, perché la Scrittura non ci autorizza a farlo.

Che poi occorre tenere presente che secondo la legge quando il giorno dell’espiazione il sommo sacerdote usciva dal luogo santissimo, doveva confessare sopra il capro destinato ad Azazel "tutte le iniquità dei figliuoli d’Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati" (Lev. 16:21) prima di mandarlo via nel deserto carico di tutte le loro iniquità. Dunque Gesù uscirà dal tempio celeste (alla fine del giudizio investigativo) e comincerà a confessare tutti i peccati dei credenti commessi sia prima della loro conversione che dopo! Ma allora viene da domandare agli Avventisti: come fa tutto ciò a conciliarsi con la promessa divina: "Io non mi ricorderò più dei loro peccati" (Ebr. 8:12)? Non vi pare che se Gesù prima di tornare si mettesse a confessare tutti i peccati dei suoi discepoli annullerebbe la promessa fatta da Dio? A noi pare proprio di sì. Ma egli è il Fedele, e manterrà la parola di Dio; per cui crediamo che egli non confesserà i peccati che ci ha perdonati. A Lui sia la gloria ora e in eterno. Amen.

 

 

NOTE

 

[1] Gli Avventisti però a riguardo dell’ispirazione della Bibbia fanno un discorso errato che getta parecchia ombra su questa loro affermazione: vedi più avanti di cosa si tratta.

 

[2] Gli Avventisti ritengono che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, prima di incarnarsi era l’arcangelo Michele di cui parla la Scrittura, ma nello stesso tempo fanno presente che secondo loro Michele non era un essere creato. ‘Noi crediamo che il termine ‘Micael’ non è che uno dei molti titoli applicati al Figlio di Dio, la seconda persona della Divinità. Ma tale veduta non è in nessuna maniera in disaccordo con la nostra credenza nella Sua piena deità ed eterna preesistenza…’ (Seventh-day Adventist Answer Questions on Doctrine [ Gli Avventisti del Settimo giorno rispondono a domande sulla dottrina] , Washington, D.C. 1957, pag. 71. Da ora in avanti il titolo sarà abbreviato con Questions on Doctrine. Questo volume è stato pubblicato ad opera della Conferenza Generale della Chiesa Avventista che è il massimo organismo dell’organizzazione). Essi dunque si differenziano in questo dai Testimoni di Geova che ritengono che Gesù era Michele ma questi era una creatura celeste di Dio. Comunque, è errato identificare Michele o Micael con il Figlio di Dio perché in Daniele di lui viene detto essere "uno dei primi capi" (Dan. 10:13) e il Figlio di Dio non è uno dei primi capi ma il capo, e nell’Apocalisse Giovanni fa una netta differenza tra l’Agnello di Dio e Michele.

 

[3] Gli Avventisti rigettano il battesimo degli infanti e il battesimo per aspersione. Quando qualcuno che è stato già battezzato in qualche altra Chiesa decide di aderire alla Chiesa Avventista dovrebbe essere ribattezzato in base a quello che leggo nel loro Manuale di Chiesa. In esso infatti si leggono queste parole della White: ‘Coloro che hanno coscienziosamente preso posizione intorno ai comandamenti di Dio, se trattati opportunamente accetteranno tutte le verità essenziali. Però ci vuole saggezza per trattare con l’animo umano. Alcuni ci metteranno più di altri a vedere e a capire certe verità. Questo sarà particolarmente vero per quel che riguarda la ripetizione del battesimo; ma c’è una mano divina che li guida, uno Spirito divino che opera nel loro cuore, e così vedranno quel che va fatto e lo faranno’ (Manuale di Chiesa, Edizione italiana del ‘Seventh-day Adventist Church Manual’ pubblicato dalla Conferenza Generale della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno nel 1971, Roma, pag. 62). Però da quanto dice Rolando Rizzo la ripetizione del battesimo non viene imposta: ‘Quando membri di comunità evangeliche scoprono le verità peculiari all’Avventismo e se ne convincono, noi li accettiamo nelle nostre comunità con un semplice voto; non imponiamo loro il battesimo, poiché crediamo che la loro precedente esperienza insieme alla loro comunità sia stata una reale esperienza con Cristo’ (Rolando Rizzo, L’identità avventista, Trento 1994, pag. 65).

 

[4] Nella maggior parte delle chiese viene celebrata il primo sabato di ogni trimestre con pane azzimo e vino non fermentato. E’ preceduta dalla lavanda dei piedi in cui gli uomini lavano i piedi agli uomini e le donne alle donne.

 

[5] Il 22 ottobre di quell’anno perché ‘il decimo giorno del settimo mese, il grande giorno dell’espiazione e della purificazione del santuario, nel 1844 cadeva il 22 ottobre’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, Firenze, Prima ediz. 1977, pag. 293). Questo libro della White, che fino ad ora è stato stampato in milioni di copie, è definito ‘il libro più amato dagli Avventisti’. La White ne incoraggiò molto la diffusione e la lettura infatti disse: ‘Desidero grandemente che esso sia letto dalla gente’ (Letter 56, anno 1911), e questo perché secondo lei in esso ‘l’ultimo messaggio di avvertimento al mondo è presentato con più chiarezza che in qualsiasi altro mio libro (Letter 281, anno 1905).

 

[6] La White dice che questa profezia ‘indica senza nessuna possibilità di dubbio, il santuario del cielo’ (Ellen G. White, Il gran conflitto, pag. 306).

 

[7] Queste parole, essendo state scritte quando il tabernacolo eretto nel deserto non esisteva più perché era stato sostituito dal tempio di Gerusalemme, si riferiscono alle funzioni che venivano adempiute in quest’ultimo che quanto alla struttura ricalcava quella del tabernacolo nel deserto.

 

[8] Nella Nuova Riveduta il passo è stato tradotto così: "Ma venuto Cristo, sommo sacerdote dei futuri beni, egli, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto da mano d’uomo, cioè, non di questa creazione, è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna". Come potete vedere nella Nuova Riveduta al posto di "santuario" c’è "luogo santissimo".

 

[9] Si tenga presente che quando l’angelo Gabriele proferì queste parole, ancora il regno di Babilonia non era stato sconfitto dai Medi e Persiani, difatti Daniele ebbe la visione il terzo anno del re Belsatsar. Quando Belsatsar fu ucciso, allora finì la dominazione Babilonese e cominciò quella dell’Impero Medo-Persiano con Dario, il Medo (cfr. Dan. 5:30-31).

 

[10] Fu soprannominato Epiphanès che significa ‘il manifesto’ (dio), ma talvolta i suoi sudditi lo chiamavano Epimanès, cioè ‘il pazzo’, a causa di alcune sue manie.

 

[11] Alcuni insegnanti della Parola di Dio ritengono che le 2300 sere e mattine siano 1150 giorni per cui un po’ più di tre anni. Ma sono d’accordo nel dire che la purificazione o il ristabilimento del santuario si riferisce alla purificazione o il ristabilimento di esso avvenuto dopo la profanazione del santuario per opera di Antioco Epifane. La divergenza dunque consisterebbe nel tempo durante il quale il santuario rimase profanato perché per loro rimase in quello stato dal 25 Dicembre del 168 a.C. al 25 Dicembre del 165 a.C. (cioè dal 25 del mese di Casleu dell’anno 145 dell’era seleucida al 25 del mese di Casleu dell’anno 148; in base a 1 Maccabei 1:54,59; 4:52). Per quanto riguarda il fatto che i 1150 giorni sono più di tre anni (cioè più del periodo di tre anni che intercorse tra il 25 dicembre del 168 e il 25 dicembre del 165 a.C.) essi lo spiegano dicendo che la differenza di giorni è dovuta al fatto che l’ordine di sopprimere il sacrificio continuo fu dato tempo prima del 25 Dic. del 168 a. C.

 

[12] L’Avventista Giovanni Leonardi dice invece (per cercare di annullare questa palese contraddizione) che ‘la descrizione di Cristo alla destra del Padre nel santuario celeste non contraddice la teologia avventista sull’inizio del giudizio premilleniale nel 1844. Da un punto di vista spirituale, salvifico, Gesù ha aperto la via – con la sua morte, risurrezione e ascensione – a una comunione diretta con il Padre, assicurando ai credenti una salvezza che non dipende più dai riti del santuario terreno, ma dalla fede in Cristo stesso. Grazie a Gesù, in rapporto alla loro esperienza pratica e alla loro certezza di salvezza, i credenti hanno avuto un accesso immediato al Padre celeste nel Santissimo. Questo è il messaggio fondamentale della Lettera agli Ebrei e dei vari testi del Nuovo Testamento che riportano il quadro suddetto’ (Giovanni Leonardi, ‘Il Santuario – 2’, in Il Messaggero Avventista, Marzo 1993, pag. 13). Come potete vedere il suo parlare è contraddittorio perché egli dice che dal punto di vista spirituale e salvifico i credenti con la morte, risurrezione e ascensione di Gesù hanno avuto accesso immediato al Padre nel Santissimo, ma continua a sostenere che Gesù è entrato nel luogo Santissimo solo nel 1844. Ma noi vorremmo domandare a Giovanni Leonardi: come potevano i credenti avere accesso nel Santissimo per mezzo di Cristo quando quest’ultimo si trovava ancora ‘materialmente’ nel luogo santo? Se Cristo non era ancora entrato nel Luogo Santissimo, ma ci erano entrati i suoi discepoli, come poteva lo scrittore agli Ebrei dire più di millenovecento anni fa che Egli è entrato per noi qual precursore al di là della cortina (cfr. Ebr. 6:19-20)? Perché chiamò Gesù precursore?

 

[13] Le stesse parole di Pietro che vengono citate dai Mormoni per sostenere che il perdono dei peccati non si ottiene sempre immediatamente mediante la fede in Cristo.

 

[14] Si tenga presente che per gli Avventisti il nome di uno che ha creduto è stato scritto nel libro della vita nel momento in cui egli ha creduto: ‘A partire dal momento in cui noi abbiamo accettato il sacrificio di Gesù, il nostro nome figura nel libro della vita’ (Charles Gerber, Dal tempo all’eternità, Firenze 1968, pag. 265). Nell’Apocalisse invece per ben due volte si parla di coloro i cui nomi non sono stati scritti nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo (cfr. Ap. 13:8;17:8), ciò significa implicitamente che ci sono coloro il cui nome è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo. E chi sono essi se non coloro che sono stati preconosciuti e predestinati ad essere giustificati?

 

[15] La White disse: ‘Attualmente è in atto il giudizio nel santuario celeste, e si tratta di un’opera che oramai si svolge da moltissimi anni. Presto – anche se nessun sa quando – il giudizio riguarderà i viventi’ (Il gran conflitto, pag. 358).

 

[16] Samuele Bacchiocchi a sostegno del giudizio investigativo prende anche il passo di 2 Cor. 5:10, ma nello stesso tempo dice che molti cristiani vedono erroneamente la resurrezione come il primo passo verso il giudizio finale, e prosegue dicendo: ‘Quindi, il giudizio è considerato come un evento distinto dalla resurrezione e che si verifica susseguentemente. Questo non è l’insegnamento di Gesù, di Paolo o degli altri scrittori biblici che vedono la resurrezione a vita o a morte come la rivelazione e l’esecuzione del giusto giudizio di Dio’ (Samuele Bacchiocchi, La speranza dell’avvento, pag. 221). Ma egli erra grandemente per mancanza di conoscenza difatti le parole di Paolo ai Corinzi si riferiscono per forza di cose alla retribuzione che ogni credente riceverà quando risusciterà o sarà mutato alla venuta di Cristo perché Gesù un giorno dopo avere detto a chi lo aveva invitato in casa sua: "Quando fai un desinare o una cena, non chiamare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi; che talora anch’essi non t’invitino, e ti sia reso il contraccambio; ma quando fai un convito, chiama i poveri, gli storpi, gli zoppi, i ciechi; e sarai beato, perché non hanno modo di rendertene il contraccambio" (Luca 14:12-14), gli disse: "ma il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione de’ giusti" (Luca 14:14). Si noti bene l’armonia che esiste tra le parole di Paolo ai Corinzi e quelle appena citate di Gesù. Paolo dice che noi tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo per essere retribuiti per il bene che abbiamo fatto quando eravamo nel corpo (come anche per il male) e dunque ricevere il contraccambio per le nostre opere buone, e Gesù dice che chi fa un convito per i poveri riceverà il contraccambio alla risurrezione dei giusti. Dunque davanti al tribunale di Cristo i santi compariranno alla risurrezione. Vorrei fare notare poi una palese contraddizione in cui cadono gli Avventisti nel citare le parole di 2 Cor. 5:10 a sostegno del giudizio investigativo dei credenti. Se infatti loro dicono che quando il credente muore non va in cielo perché rimane in uno stato di incoscienza e mentre lui ‘dorme’ avviene questo giudizio investigativo nei suoi confronti come può comparire davanti al tribunale di Cristo? Non può. Dunque le parole di Paolo - anche dal punto di vista avventista che nega l’immortalità dell’anima - devono per forza di cose riferirsi ad un giudizio che avverrà dopo la risurrezione e non prima di essa.

 

[17] Il testo inglese è il seguente: ‘A Christian who through faith in Jesus Christ has faithfully kept the law’s requirements will be acquitted [in the investigative judgment]; there is no condemnation, for the law finds no fault in him. If, on the other hand, it is found that one has broken even a single precept, and this transgression is unconfessed, he will be dealt with just as if he had broken all ten’.

 

[18] Gli Avventisti sapendo che vengono accusati di essere stati ammaliati come i Galati cercano di difendersi da questa accusa in svariate maniere. Charles Gerber per esempio dice: ‘Questo non vuol dire che, giustificati e ricondotti all’obbligo di osservare i comandamenti di Dio, noi siamo posti sotto la legge; non siamo sotto la legge, ma con la legge’ (Charles Gerber, Dal tempo all’eternità, pag. 194). E Giovanni Leonardi gli fa eco affermando: ‘… per gli Avventisti l’ubbidienza a Dio attraverso il rispetto della legge non rappresenta affatto una ricerca legalistica di salvezza per mezzo delle opere’ (Giovanni Leonardi, ‘La legge nella prospettiva avventista’ in Adventus n° 1, 1988, pag. 51). Ma tutte queste parole non sono affatto in armonia con ciò che essi insegnano sul giudizio investigativo. Difatti, come abbiamo visto, coloro che vengono sottoposti al giudizio investigativo saranno mantenuti scritti nel, o cancellati dal, libro della vita se avranno o meno osservato la legge dei dieci comandamenti, tra cui primeggia il comandamento relativo al sabato. Senza poi parlare del fatto che prima del ritorno di Cristo, quindi in pieno periodo di grazia, chi ha creduto in Cristo se non osserverà il sabato sarà condannato alla distruzione. No, gli Avventisti non convincono affatto quando parlano della loro posizione nei riguardi della legge. Sono ambigui; ho potuto riscontrarlo personalmente. E questa ambiguità non è altro che la conseguenza nefasta dell’accettazione degli scritti della White come scritti ispirati. Difatti sono le parole della White che costringono gli Avventisti, volenti o nolenti, a cercare di conciliare la grazia con l’osservanza della legge, cosa che è impossibile perché Paolo dice che "ora, però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata una giustizia di Dio" (Rom. 3:21), vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù. Sì, la legge è buona, ma "se uno l’usa legittimamente" (1 Tim. 1:8), ma gli Avventisti non la usano legittimamente perché di essa si usano per imporre il sabato, la decima e i precetti sui cibi. Imposizioni che inevitabilmente fanno ricadere i credenti sotto la legge.

 

[19] In Questions on Doctrine, gli autori rendendosi conto che la dottrina del giudizio investigativo non può non preoccupare seriamente il credente sul suo destino, per rassicurare il lettore dicono: ‘Quando Dio perdona i nostri peccati e ci dà la certezza nella Sua Parola che essi sono perdonati, noi non abbiamo bisogno di preoccuparci circa il futuro. E’ vero che ci sarà un giudizio in cui i peccati degli uomini saranno trattati. Ma quel bisogno non causa nessuna preoccupazione nel figliolo di Dio….’ (Questions on Doctrine, pag. 119). Al che vorremmo domandare a costoro: come possono dire una cosa simile quando la White affermò con estrema chiarezza: ‘Se qualcuno ha tuttora segnati nei libri dei peccati di cui non si è pentito e che perciò non sono stati rimessi, il suo nome viene radiato dal libro della vita, e la registrazione delle sue buone azioni è cancellata dal libro delle memorie di Dio’ (Il gran conflitto, pag. 352)? Come può un credente stare tranquillo quando i suoi peccati di cui si è pentito sono ancora registrati in cielo e verranno cancellati solo se il suo carattere risponderà alla legge di Dio? E’ come se gli venisse detto: guarda tu hai creduto, ma non illuderti, perché i tuoi peccati saranno cancellati e dimenticati da Dio solo se osserverai in tutto e per tutto la legge di Dio, e gli autori di Questions on Doctrine affermano che egli non ha bisogno di preoccuparsi!!

 

[20] Faccio presente che dato che secondo gli Avventisti il giudizio (che loro chiamano investigativo) nei confronti dei credenti è iniziato nel 1844, il messaggio degli apostoli non poteva comprenderlo negli stessi termini che è compreso nel messaggio degli Avventisti. Per cui c’è qualcosa nel messaggio degli Avventisti che gli apostoli non predicarono. Nessuno v’inganni fratelli perché il fatto che nelle parole degli apostoli non ci sia il messaggio che l’ora del giudizio era giunta non è dovuto al fatto che questa ora sarebbe giunta solo nel 1844, ma perché gli apostoli quando parlarono del giudizio nei confronti dei credenti non si riferivano affatto a questo tipo di giudizio inventato da dei delusi milleriti nel 1844.

 

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