Presentazione

 

 

Roma, 1999

Cari fratelli nel Signore, ecco un altro libro confutatorio che Dio nella sua grazia mi ha concesso di scrivere. Le dottrine sbagliate in esso confutate sono quelle degli Avventisti del settimo giorno di cui purtroppo molti credenti sanno solo che insegnano l’osservanza del sabato e che l’uomo quando muore entra in uno stato di incoscienza non avendo un’anima immortale (ed alcuni neppure questo), quando in realtà queste loro dottrine sono solo alcune delle false dottrine da loro insegnate. Questa mancanza di conoscenza delle svariate false dottrine avventiste è dovuto anche al fatto che qui in Italia non ci sono, per quanto è a mia conoscenza, libri che confutano tutte le eresie avventiste. Le ragioni sono svariate: sicuramente tra di esse c’è quella che gli Avventisti sono riusciti ad accattivarsi l’amicizia di molte Chiese evangeliche  che naturalmente si guarderanno bene dal pubblicare dei libri che mettano in ‘cattiva luce’ gli Avventisti del settimo giorno ed esortano i credenti a guardarsi da loro. Per quel che mi riguarda, dopo avere studiato le loro dottrine sono giunto alla conclusione che gli Avventisti costituiscono un serio pericolo per le Chiese; per cui, per amor vostro, mi sono trovato costretto a scrivere questo libro; che sono sicuro vi farà conoscere molte cose che non sapevate sul loro conto e vi aiuterà a confutarli. State saldi nella fede e rimanete attaccati alla Parola di Dio.

 La grazia sia con voi

Butindaro Giacinto

 

 

NOTE

 

La Chiesa Avventista da diversi anni collabora con le Chiese che fanno parte della FCEI (Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane) pur non avendo ancora aderito alla FCEI, e nel 1996 c’erano degli Avventisti che facevano parte del consiglio d’amministrazione della Società Biblica in Italia.

 

 

 Capitolo 1

Storia

 

WILLIAM MILLER

Per parlare dell’origine degli Avventisti del Settimo giorno occorre innanzi tutto parlare di William Miller (1782-1849) e delle sue predizioni concernenti la venuta del Signore: la ragione è perché la Chiesa Avventista del settimo giorno, come vedremo in seguito, nacque dalla fusione di alcuni gruppi milleristi-avventisti venutisi a formare dopo che le predizioni di Miller non si adempirono.

Miller nacque nel 1782 in Pittsfield, nello Stato del Massachusetts. Si convertì nel 1816 e dopo due anni di intenso studio delle Scritture arrivò alla conclusione che la fine del mondo sarebbe arrivata nel 1843. Ecco quello che lui stesso scrisse a tale riguardo: ‘Io fui portato, nel 1818, alla fine del mio studio delle Scritture di due anni, alla solenne conclusione che nello spazio di circa venticinque anni da quel tempo [ 1818] tutti gli affari del nostro presente stato sarebbero stati conclusi (would be wound up)’ (Francis D. Nichol, The Midnight Cry [Il Grido di Mezzanotte], Washington, D. C. 1944, pag. 35; citato da Walter R. Martin, The Kingdom of the cults [Il Regno dei culti], Minneapolis, Minnesota 1977, 24esima ediz. (riveduta), pag. 361). Più tardi Miller specificò il tempo del ritorno di Cristo in questi termini: ‘Io credo che il tempo può essere conosciuto da tutti coloro che desiderano capire ed essere pronti per la Sua venuta. E io sono pienamente convinto che in un tempo fra il 21 Marzo 1843 e il 21 Marzo 1844, in base al modo dei Giudei di computare il tempo, Cristo verrà e porterà tutti i suoi santi con Lui; e che poi egli ricompenserà ogni uomo a secondo di quel che sarà l’opera sua’ (Signs of the Times [Segni dei Tempi], 25 Gennaio 1843; citato da Walter Martin, op. cit., pag. 361). Ma come fece Miller a giungere a questa conclusione? In questa maniera. Egli stabilì che l’anno 457 a. C., l’anno in cui fu emanato il decreto di Artaserse che permise ad Esdra di tornare a Gerusalemme (cfr. Esd. 7:11-26), era il punto di partenza da cui occorreva calcolare le settanta settimane di cui aveva parlato il profeta Daniele (cfr. Dan. 9:24-26). Attribuendo ad ogni giorno il significato di un anno, i 490 giorni equivalevano a 490 anni, per cui sommandoli alla data del 457 a. C. egli arrivò alla data del 33 d. C. data in cui sarebbe avvenuta la crocifissione di Cristo. In Daniele questo evento sarebbe stato predetto con queste parole: "Dopo le sessantadue settimane, un unto sarà soppresso…" (Dan. 9:26). Sempre basandosi su Daniele egli prese anche le duemila trecento sere e mattine di cui parlava il profeta Daniele alla fine dei quali il santuario sarebbe stato purificato (cfr. Dan. 8:14), e sempre attribuendo ad ogni giorno il significato di un anno sommò i duemila trecento anni alla data del 457 a. C. e arrivò alla data del 1843 d.C. Qualcuno dirà: ‘Ma lì nelle parole di Daniele si parla della purificazione del santuario, che centra dunque la venuta del Signore? In effetti in quelle parole di Daniele non si parla della venuta del Signore ma della purificazione del santuario, ma Miller, e quelli che lo seguirono, in quell’evento ci videro il ritorno del Signore perché essi pensavano che la terra fosse il santuario, perciò ritenevano che la purificazione del santuario fosse la purificazione della terra col fuoco dell’ultimo giorno e che ciò sarebbe avvenuto al secondo avvento di Cristo. Di qui la conclusione che Cristo sarebbe ritornato tra la primavera del 1843 e quella del 1844 . Miller si diede a predicare questo messaggio del secondo avvento di Cristo in quel preciso periodo di tempo e migliaia di persone gli credettero. Ma la mancata apparizione di Cristo in quell’anno fissato da Miller, provocò una grande delusione. Miller riconobbe il suo errore ma persistette nel dire che il giorno del Signore era imminente; ecco come si espresse: ‘Confesso il mio errore, e riconosco la mia delusione; comunque io credo ancora che il giorno del Signore è vicino, cioè alle porte; e vi esorto, fratelli miei, ad essere vigilanti e a non permettere che quel giorno venga su voi ignari’ (Sylvester Bliss, Memoirs of William Miller [Memorie di William Miller], pag. 256; citato da Anthony A. Hoekema, The Four Major Cults [I Quattro Maggiori Culti], Exeter, Devon England, 1975, pag. 91). Dopo la mancata apparizione di Cristo in quell’anno, Samuel S. Snow, uno dei collaboratori di Miller, spostò la data del ritorno di Cristo all’autunno del 1844, e precisamente al 22 Ottobre di quell’anno (perché quel giorno in quell’anno coincideva nel calendario ebraico con la celebrazione del Giorno dell’Espiazione); e molti dei seguaci di Miller accettarono questa nuova data, e alla fine l’accettò pure Miller. Come si approssimava quel giorno, molti vendettero le loro proprietà, degli agricoltori lasciarono le loro raccolte non mietute e alcuni che possedevano dei negozi li chiusero in onore del Re dei re, e tutti si prepararono in vista di quell’evento. Gruppi di Milleriti si radunarono nelle loro case e nei loro luoghi di riunione per aspettare il ritorno del Signore in quel giorno (in tutto viene detto che i seguaci di Miller si aggiravano sui 50.000). Ma in quel giorno il Signore non tornò: e fu così grande la delusione che molti abbandonarono la fede nell’avvento di Cristo.

Per quanto riguarda William Miller occorre dire che egli, in base a quanto dice LeRoy Froom, si oppose alle varie e nuove teorie sorte dopo il 22 Ottobre 1844 per spiegare la delusione (per cui non accettò la dottrina del santuario e quella del giudizio investigativo). Oltre a ciò egli non accettò mai la dottrina dell’osservanza del sabato, del ‘sonno dell’anima’ e dell’annichilimento dei malvagi (cfr. LeRoy Edwin Froom, The Prophetic Faith of our Fathers [La Fede Profetica dei nostri Padri], Takoma Park, Washington, D.C. 1950, vol. IV, pag. 828-829), dottrine che sono insegnate dalla Chiesa Avventista.

A questo punto occorre parlare di altre tre persone che hanno contribuito alla formazione della chiesa avventista; sono Hiram Edson, Joseph Bates e Ellen Gould White.

 

HIRAM EDSON

Hiram Edson (1806-1882) che aveva atteso il ritorno del Signore per il 22 Ottobre 1844, il giorno dopo il 22 Ottobre 1844, mentre andava con un suo compagno (che viene detto essere O. R. L. Crosier) a trovare degli Avventisti per confortarli giunse alla conclusione che in quel giorno del 22 Ottobre 1844 Cristo era passato dal luogo santo al luogo santissimo nel santuario celeste, ossia che aveva cambiato posto. Ecco le sue stesse parole: ‘Ci incamminammo, e mentre passavamo attraverso un grande campo io mi fermai a metà circa del campo. Mi sembrò che il cielo si aprisse alla mia vista, e vidi distintamente e chiaramente che invece dell’uscita del nostro Sommo Sacerdote dal luogo Santissimo del santuario celeste per venire su questa terra il decimo giorno del settimo mese, alla fine dei 2300 giorni, Egli per la prima volta entrò in quel giorno nel secondo appartamento di quel santuario; e che Egli aveva un’opera da compiere nel luogo santissimo prima di ritornare su questa terra’ (Da un frammento di un manoscritto della sua vita e delle sue esperienze scritto da Hiram Edson citato da Francis D. Nichol, The Midnight Cry, pag. 458). Questa ‘rivelazione’ fu in seguito rafforzata da quello che Crosier, compagno di Edson, scrisse sul Day-Star, una pubblicazione avventista, nel Febbraio 1846. Crosier in sostanza spiegò che come sotto la legge i sacerdoti quando offrivano quotidianamente i sacrifici per i peccati del popolo aspergendo con il sangue le corna dell’altare dell’incenso che si trovava nel luogo santo davanti al velo, trasferivano le iniquità del popolo dalle persone al santuario, e solo nel giorno dell’espiazione veniva purificato il santuario mediante il sangue dei sacrifici che il Sommo Sacerdote portava nel luogo santissimo, e dopo questa purificazione del santuario i peccati venivano posti sul capro destinato a Azazel - che rappresentava Satana - che veniva mandato nel deserto; così, anche il ministerio celeste di Cristo, il Sommo Sacerdote, fu caratterizzato da due fasi. La prima fase durò dalla sua ascensione al 1844 e mediante di essa perdonava i peccati ma non li cancellava (questa è rappresentata dal ministerio che i sacerdoti compivano quotidianamente); la seconda fase cominciò nel 1844 quando Cristo entrò nel luogo santissimo per purificare il santuario celeste e mediante di essa verranno cancellati i peccati (fase rappresentata dal ministerio che il Sommo Sacerdote compiva nel giorno dell’espiazione). Ma siccome la purificazione del santuario veniva completata solo quando le iniquità venivano poste sul capro destinato ad Azazel, così l’ultima parte del ministerio di Cristo consisterà nel trasferire le iniquità dal santuario sul capo di Satana. Allora, e solo allora, Cristo ritornerà. Ecco quindi l’origine della dottrina del santuario proclamata dalla Chiesa Avventista; essa si basa su una ‘visione’ di questo Hiram Edson secondo la quale Gesù Cristo il 22 Ottobre 1844 passò dal luogo santo al luogo santissimo nel santuario celeste per compiere la seconda fase del suo ministerio celeste; e da una spiegazione data a questo evento da Crosier (va però tenuto presente che Miller, che ancora era vivo a quel tempo, non accettò mai gli insegnamenti di Crosier, e che Crosier stesso in seguito ripudiò i suoi insegnamenti sul santuario). Queste idee di Hiram e Crosier furono accettate anche da Joseph Bates e Ellen G. White dei quali parleremo dopo.

Quindi, alla luce di quello che dissero Hiram Edson e Crosier, Miller non aveva affatto sbagliato i calcoli ma aveva sbagliato solo nel dire che alla fine dei 2300 anni doveva essere purificata la terra; perché in realtà alla fine di quei giorni doveva iniziare la purificazione del santuario in cielo! E questa è la spiegazione che tuttora viene data dagli Avventisti al mancato adempimento delle predizioni di Miller. In sostanza essi riconoscono che nel 1844 Cristo non è tornato sulla terra, e che perciò Miller si era sbagliato; ma nello stesso tempo affermano con forza che lo sbaglio non risiedeva nel calcolo del periodo profetico, ma nella natura dell’evento che doveva avvenire alla fine dei duemila trecento giorni. In altre parole secondo loro nell’autunno del 1844 si verificò un’altro grande evento, di natura diverso da quello predetto da Miller, che è il passaggio del Signore Gesù dal luogo santo al luogo santissimo nel cielo, dove da quell’anno il Signore ha cominciato la seconda fase della sua mediazione, la purificazione del santuario celeste. Ma su questa dottrina, chiamata ‘del santuario celeste’ torneremo nel corso della nostra esposizione delle dottrine avventiste perché essa rappresenta il fulcro del loro messaggio.

 

JOSEPH BATES

Anche Joseph Bates (1792-1872) ha contribuito alla nascita della Chiesa Avventista. Egli aderì al movimento dell’Avvento nel 1839 e si convinse che il sabato era il settimo giorno che doveva essere ancora osservato dai Cristiani. Nel 1846 scrisse un trattato intitolato The Seventh-day Sabbath, a Perpetual Sign (Il Sabato del Settimo Giorno, un Segno Perpetuo) nel quale affermava che il settimo giorno del sabato era stato ordinato nel giardino dell’Eden e confermato al Monte Sinai. Nel 1847 egli scrisse una seconda edizione di questo trattato nel quale asseriva che la bestia dell’Apocalisse era il Papato che aveva mutato il sabato dal settimo giorno al primo giorno della settimana e che coloro che ancora conservavano il primo giorno della settimana come il sabato stavano adorando la bestia e avrebbero ricevuto il marchio della bestia. Nel Gennaio del 1849 uscì un altro trattato di Bates dal titolo A Seal of the Living God (Un Suggello dell’Iddio Vivente), nel quale egli identificava il suggello dell’Iddio vivente con il quale vengono suggellati in fronte i servitori di Dio (i 144.000 descritti nell’Apocalisse [cfr. Ap. 7:1-4; 14:1-5]) con il sabato. Il Movimento Avventista quindi tramite Bates cominciò a porre molta enfasi sul sabato definendolo il suggello di Dio, il marchio caratteristico dei veri figliuoli di Dio. Anche in questo caso bisogna dire che queste idee di Bates sul sabato furono in seguito accettate anche da Ellen G. White.

 

ELLEN G. WHITE

Ellen Gould White (1827-1915) nacque in Gorham, nel Maine. Nella sua fanciullezza (a nove anni) rimase invalida in seguito ad una pietra che lanciata da una ragazza la colpì al naso, e per questo dovette interrompere le scuole. I suoi genitori erano membri della Chiesa Metodista, e lei sperimentò la conversione in seno a questa Chiesa. Dopo aver sperimentato il perdono dei suoi peccati, chiese con fermezza ed insistenza di entrare a far parte della Chiesa Metodista mediante il battesimo per immersione che lei ricevette nell’estate del 1842. La sua famiglia credette alla predicazione di Miller (e per questa loro adesione al movimento millerita fu espulsa dalla Chiesa Metodista), e dopo la delusione del 1844 ella cominciò ad avere ‘visioni’ e a riferirle. E molti del movimento Avventista attorno a Portland cominciarono a reputarla una profetessa le cui parole dovevano essere ascoltate. Da quel tempo cominciò ad insegnare e a scrivere. Nel 1846 si sposò un predicatore del movimento avventista, di nome James White, da cui ebbe quattro figli. Ellen White dunque, come abbiamo detto poco fa, dopo la delusione dell’ottobre del 1844 cominciò a riferire delle visioni che ella diceva di avere avuto da Dio. Nel Febbraio del 1845 per esempio, ella ebbe una ‘visione’ in cui vide Gesù entrare nel luogo santissimo del santuario celeste, confermando così la ‘visione’ di Hiram Edson e la dottrina del santuario . Nel 1847 ebbe un’altra ‘visione’ nella quale ella fu portata prima nel luogo santo e poi nel luogo santissimo del santuario celeste. Qui vide l’arca e i dieci comandamenti (scritti sulle tavole di Dio) nell’arca, con un aureola di gloria attorno al comandamento del sabato. In questa maniera rafforzava la dottrina di Bates sul sabato. Queste sono alcune delle ‘visioni’ avute dalla White in quei primi anni dopo la delusione dell’autunno 1844. Nel corso della sua vita ella ebbe moltissime ‘visioni’.

La White scrisse molto (alla fine di un suo libro viene detto dagli editori che scrisse 55 volumi); nei suoi scritti sono trattati la vita di Gesù , la salvezza, la storia della chiesa, la storia dei patriarchi, dei profeti e dei re, la famiglia e la società, la salute, l’educazione, l’evangelizzazione, le finanze, le missioni mondiali, l’organizzazione della chiesa, ecc. (si può dire che non c’è quasi nessuna dottrina o nessun comportamento su cui lei non abbia scritto qualcosa). I suoi scritti hanno avuto una larga diffusione nel mondo intero essendo stati tradotti in decine e decine di lingue. La White è tenuta in altissima considerazione in seno alla Chiesa Avventista del settimo giorno; nel diciassettesimo articolo di fede della Chiesa Avventista si legge infatti: ‘Uno dei doni dello Spirito Santo è la profezia. Questo dono è un segno d’identificazione della chiesa del rimanente e fu manifestato nel ministerio di Ellen G. White. In qualità di messaggera del Signore, i suoi scritti sono una continua e autorevole fonte di verità e provvedono al conforto della chiesa, alla sua guida, alla sua istruzione e alla sua correzione’ (citato da Giuseppe De Meo, Il granel di sale, Torino 1980, pag. 234). Ecco perché negli scritti e nei discorsi dei ministri della Chiesa Avventista le parole della White vengono citate molto sovente, e spesso sono, per usare una espressione biblica, "la conferma che pone fine ad ogni contestazione" (Ebr. 6:16). Ma sulla posizione avventista sugli scritti di questa donna torneremo più avanti perché c’è altro da dire. Come avete potuto vedere gli Avventisti nel loro articolo di fede citato poco fa chiamano la White ‘messaggera del Signore’ e non profetessa, quantunque negli scritti e nei discorsi degli Avventisti ella viene spesso definita ‘profetessa’ o ‘profeta’ . Il motivo è perché la White stessa non pretese di essere un profeta infatti ebbe a dichiarare: ‘Io non ho altre affermazioni da fare se non che ‘sono stata informata di essere la messaggera del Signore’; che Egli mi ha chiamata nella mia gioventù per essere sua messaggera, ricevere la sua Parola e dare un chiaro e deciso messaggio nel nome del Signor Gesù… Perché non ho preteso di essere un profeta? Perché in questi giorni molti che baldanzosamente affermano di essere profeti, costituiscono un biasimo per la causa di Cristo; e perché la mia opera include molto di più di quello che la parola ‘profeta’ significa’ (citato da Scuola del Sabato, 2/88, pag. 150 ) .

 

NOTIZIE E CIFRE VARIE

Questi tre gruppi scaturiti dal movimento Millerita, ossia il gruppo capeggiato da Hiram Edson che metteva enfasi sulla dottrina del santuario celeste; il gruppo con a capo Joseph Bates che metteva enfasi sull’osservanza del sabato; e il gruppo che riconosceva in Ellen G. White una profetessa tramite cui si manifestava ‘lo spirito di profezia’ si unirono e diedero vita alla denominazione della Chiesa Avventista del Settimo giorno. Essa assunse ufficialmente il nome Avventista  del Settimo Giorno nel 1860 . La prima conferenza generale di questa denominazione fu tenuta nel 1863 a Battle Creek, nello Stato del Michigan. La Chiesa Avventista del settimo giorno è presente in molte nazioni del mondo compresa l’Italia. Attualmente essa nel mondo conta circa 10 milioni di membri. Nel 1994 la Chiesa Avventista aveva 5.551 scuole gestite dalle chiese, 4.533 scuole elementari, 939 scuole superiori, 79 facoltà universitarie, 161 ospedali e cliniche, 93 case di riposo e orfanotrofi, 33 fabbriche alimentari. E poi ben 57 case editrici (cfr. Giuseppe Cupertino, La Chiesa Cristiana Avventista del 7° Giorno, Trento 1995, pag. 150).

In Italia la Chiesa Avventista ha stipulato un Intesa con lo Stato che è regolata dalla legge n. 516 del 22 novembre 1988. Essa fruisce dall’anno finanziario 1990 dell’8 per mille. In Italia la Chiesa Avventista conta poco più di 5000 membri; pubblica diversi periodici come Adventus, Il Messaggero Avventista, Scuola del Sabato, Segni dei Tempi, e Vita e Salute (quest’ultimo ha una larga diffusione perché si occupa anche di medicina, e si trova anche in alcuni studi medici). A Forlì ha la sede la Adventist World Radio Italia che trasmette ogni giorno in una ventina di lingue. La Chiesa Avventista ha pure diverse emittenti radiofoniche che trasmettono i programmi della ‘Voce della Speranza’.

 

 

NOTE

 

[1] Oltre a questo errore interpretativo del santuario vi faccio notare altri errori. Nelle parole di Daniele si legge: "Dal momento in cui è uscito l’ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme…" (Dan. 9:25), mentre nel decreto di Artaserse di Esdra 7:11-26 non si parla della ricostruzione di Gerusalemme. In realtà se si deve parlare di un ordine per la ricostruzione di Gerusalemme emanato dal re Artaserse si deve fare riferimento al permesso del re Artaserse concesso a Nehemia per la ricostruzione di Gerusalemme (cfr. Neh. 2:5-8), ma questo decreto fu emanato dal re nel 444 a. C., cioè tredici anni dopo. Inoltre è sbagliato applicare la regola di un anno per un giorno (che è menzionata in Ez. 4:6) alle 2300 mattine e sere di Dan. 8:14 perché non sempre nella Bibbia i giorni equivalgono ad anni.

 

[2] Molti credenti in quei giorni cercarono di confortarsi facendo delle analogie tra alcuni episodi biblici e la loro esperienza. Veniva detto che nessuno direbbe che Abrahamo si sbagliò nel credere che doveva andare ad offrire in olocausto il suo figliuolo, e questo perché Dio scelse questo mezzo per provare la sua fede. Nella stessa maniera Dio permise la predicazione dei Milleriti sul ritorno di Cristo per quella precisa data per provare la fede dei suoi figliuoli. Fu poi preso l’esempio dei discepoli di Gesù che furono pure loro delusi quando il Maestro fu crocifisso, ma non per questo le profezie non si adempirono. Come dire che i discepoli di Cristo fecero uno sbaglio nel non capire che Gesù doveva essere crocifisso e risuscitare, come quello che fecero i Milleriti nel pensare e nel dire che Gesù sarebbe tornato dal cielo il 22 ottobre 1844! Ritengo superfluo confutare queste cosiddette analogie perché si confutano da loro stesse. Non ritengo superfluo invece dire quanto segue; vedete fratelli, quando un gruppo di persone hanno la presunzione di sapere quando tornerà Cristo, cioè il giorno, il mese e l’anno; e la loro predizione cade a terra (per forza di cose), è inevitabile che ci siano coloro che cercheranno di difendersi con dei passi biblici o con delle storie bibliche, invece che riconoscere di essere rimasti ingannati dal diavolo. Nel caso specifico dei delusi Milleriti occorre dire che il loro errore rientrava nella volontà di Dio, ma non per insegnare ai credenti di quel tempo (come anche a quelli di oggi) che si può aspettare un evento sbagliato per la data giusta; ma che come credenti si può rimanere ingannati da presunte ispirazioni, da discorsi apparentemente retti, per cui è importante non lasciarsi travolgere la mente dai discorsi di chiunque dia per certo il ritorno di Cristo per un determinato tempo molto vicino. Non aveva forse detto Gesù: "Guardate di non esser sedotti; perché molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Son io; e: Il tempo è vicino; non andate dietro a loro" (Luca 21:8)? Dunque l’esempio di Miller e dei suoi compagni ci serva di monito a tutti noi, affinché non cadiamo nel loro stesso errore.

 

[3] A proposito di questa ‘visione’ avuta dalla White esiste una sua lettera, indirizzata a Joseph Bates, in cui ella racconta la circostanza in cui la ebbe. ‘La visione sulla venuta dello sposo che io ebbi attorno alla metà del febbraio del 1845, mentre ero in Exeter, Maine, in un incontro con Israel Dammon James e molti altri. Molti di loro non credevano in una porta chiusa / io soffrii molto all’inizio dell’incontro / l’incredulità pareva essere su ogni mano… una divisione era sorta nel gruppo a proposito della porta chiusa / lei (la sorella Durben) aveva grande simpatia e non poteva credere che la porta era chiusa (Io non avevo saputo nulla delle loro differenze) la sorella Durben si alzò per parlare e io mi sentii molto triste / alla lunga la mia anima pareva in agonia e mentre lei parlava caddi dalla mia sedia sul pavimento / fu allora che io ebbi la visione di Gesù alzarsi dal suo meaditorial thrown (n.d.a. nell’impossibilità di tradurre i termini in italiano ho lasciato l’originale inglese) e andare nel santissimo come sposo per ricevere il suo regno’(Ellen G. White to Bates, July 13, 1847; citato da Ingemar Lindèn, The Last Trump [L’Ultimo Suon di Tromba], Frankfurt Am Main 1978, pag. 95). Qualcuno si domanderà a che cosa si riferisca la White con il termine ‘porta chiusa’. Bene, la White si riferiva alla dottrina, accettata da parecchi seguaci di Miller dopo la grande delusione, secondo cui Cristo il 22 ottobre 1844 era venuto come sposo nel luogo santissimo per preparare la sua discesa sulla terra che era imminente, e tutti coloro che non avevano creduto a quella data erano condannati alla distruzione. La porta era stata chiusa (e prendevano il passo di Matteo 25:10); chi aveva creduto era dentro, chi non aveva creduto era fuori per sempre. Per cui tutte quelle conversioni che avvenivano dopo l’ottobre 1844 erano ritenute false, non prodotte dallo Spirito Santo. Quello che rimaneva da fare agli Avventisti era santificarsi nell’attesa imminente di Cristo. La White dunque accettò anche lei questa eresia (per abbandonarla qualche anno dopo) confermandola con una ‘visione’. Alcuni Avventisti però negano questo. Un esempio lo è F. D. Nichol che nel suo libro Ellen G. White and Her Critics [Ellen G. White e i suoi Critici] dedica molto spazio a questa questione cercando di dimostrare che la White non sostenne mai l’errore teologico della ‘porta chiusa’ con una visione.

 

[4] Il marito della White disse che sua moglie nella prima parte del suo ministerio ebbe da cento a duecento ‘visioni aperte’ in ventitré anni. Queste ‘visioni aperte’ comunque decrebbero con il passare degli anni. Viene detto che la White in 70 anni di ministerio ebbe 2000 tra sogni profetici e visioni divine. A proposito delle ‘visioni’ della White su Il Messaggero Avventista si legge: ‘Specialmente durante i primi anni del suo lavoro, le visioni della Signora White avvenivano spesso in presenza di molti testimoni. Durante queste manifestazioni, essa era perfettamente inconsapevole di quanto la circondava. Tuttavia soleva spesso muoversi qua e là per la stanza, facendo dei gesti aggraziati e descrivendo ad alta voce le scene che vedeva. La sua forza in quelle occasioni era fenomenale. Diversi uomini vigorosi tentarono di smuovere la sua mano o il suo braccio dalla posizione assunta, ma inutilmente. Una volta, in casa del signor Curtis, in Topsham (Maine), nel 1845, essa prese da uno scrittoio una grossa Bibbia di famiglia, del peso di circa otto chili, e, tenendola a braccio spiegato al disopra della testa con la man sinistra, ne voltava le pagine con la destra. Poi con gli occhi sollevati in alto, lontano dal libro, essa leggeva correttamente molti versetti della Scrittura, indicando i versetti con l’indice della mano destra. Nel raccontare le sue visioni Ellen White parlava spesso di colui che le aveva dato delle istruzioni, dicendo: ‘il mio angelo custode’, o ‘il mio istruttore’, oppure ‘la mia guida’.(…) Sebbene poi Ellen White parlasse spesso mentre era in visione, non le usciva del fiato dalle labbra. Il 26 giugno del 1854 a Rochester (New York), mentre era in visione, due dottori tentarono di mostrare che doveva esserci del fiato nei suoi polmoni. Fra gli altri esperimenti, una candela accesa fu tenuta tanto vicina alle sue labbra per quanto era possibile senza bruciarla; eppure, nonostante che in quel momento ella parlasse con forza, non fu notato neanche il più piccolo tremolio della fiamma. Il primo sintomo del suo ritornare in sé dalla visione era una profonda inspirazione. Occorrevano forse parecchi secondi prima che respirasse una seconda volta. Poi, dopo alcune altre profonde inspirazioni, essa cominciava a respirare normalmente’ (Il Messaggero Avventista, Agosto-Settembre 1984, pag. 121). Tutti questi fatti possono impressionare quanto si vuole chi li legge; rimane il fatto che molte ‘visioni’ della White hanno confermato parecchie menzogne da lei insegnate che non hanno nulla a che fare con la verità. Dunque le sue ‘visioni’ vanno rigettate non importa cosa viene detto essere accaduto mentre le ebbe.

 

[5] La White nel parlare della vita di Gesù ha riferito fatti non raccontati né da Matteo, né da Marco, né da Luca e neppure da Giovanni. Per esempio ella dice che Gesù ‘si preoccupava anche degli animali, e curava amorosamente gli uccellini feriti che talvolta trovava per i campi’ (E. White, Con Gesù da Betlemme al Calvario, Firenze 1965, pag. 22); poi dice che quando Gesù a dodici anni andò a Gerusalemme per la Pasqua: ‘Ogni mattina ed ogni sera un agnello era offerto sull’altare per prefigurare la morte del Salvatore. Mentre Gesù fanciullo guardava la vittima innocente, lo Spirito di Dio Gli rivelò il significato di quel sacrificio: Egli seppe così che Lui, vero agnello di Dio, sarebbe morto per i peccati degli uomini. Commosso da questa rivelazione, Gesù sentì un grande bisogno di solitudine, e si allontanò dai suoi genitori. Quando essi si avviarono sulla via del ritorno, si accorsero che il fanciullo non era con loro’ (E. White, op. cit., pag. 24). In relazione alla risurrezione di Gesù, la White dice poi: ‘Ma quando l’angelo mandato da Dio si avvicina al sepolcro, fuggono tutti in preda al terrore. L’angelo pone la mano sulla pietra che chiude l’entrata della tomba e la rimuove, come se fosse un ciòttolo. Poi, con voce squillante che fa tremare la terra, grida: ‘Gesù, Figlio di Dio, risorgi! Tuo Padre ti chiama!’ E Colui che ha vinto la morte e la tomba, esce dal sepolcro dicendo: Io sono la risurrezione e la vita’ (ibid., pag. 116). Tutte queste cose potranno pure sembrare vere a qualcuno: per noi sono solo alcune delle tante immaginazioni della White che si trovano qua e là nei suoi scritti.

 

[6] Le prove addotte dagli Avventisti a dimostrare che la White fu un vero profeta sono queste: 1) i suoi scritti sono in accordo con la Bibbia per cui ella non insegnò dottrina che non possa essere provata con la Scrittura; 2) la crescita dell’opera avventista e delle sue istituzioni nel mondo intero; 3) le sue predizioni sono risultate esatte e gli eventi in corso rivelano il graduale adempimento delle sue profezie per gli ultimi giorni (a questo riguardo viene detto di leggersi gli ultimi capitoli del suo libro Il gran conflitto); 4) ella esaltò Cristo.

 

[7] Si noti come la White si definisca più che una profetessa, perché dice di essere la messaggera del Signore. Un po’ insomma come Giovanni Battista, che era più che un profeta essendo colui del quale era stato scritto: "Ecco, io vi mando il mio messaggero …" (Mal. 3:1). Solo che nel caso di Giovanni Battista non fu lui a definirsi più che un profeta, cioè il messaggero del Signore perché fu il Signore Gesù a dire queste cose di lui (cfr. Matt. 11:9-10). Il fatto che la White si sia definita ‘la messaggera del Signore’ non è qualcosa che comunque sorprende; perché anche Freytag (fondatore della Chiesa del Regno di Dio), e William Marrion Branham si definirono ambedue ‘il messaggero dell’Eterno’. E guarda caso, anche loro hanno insegnato dottrine di demoni come fece la White. E’ piuttosto frequente in questi ultimi giorni sentir dire a uomini e donne che insegnano cose perverse che sono ‘il messaggero del Signore’.

 

[8] La parola ‘avventista’ deriva dal latino Adventus (venuta).

 

[9] Per quanto riguarda l’assunzione di questo particolare nome la White ebbe a dire: ‘In rapporto con l’assunzione di un nome da parte del popolo di Dio del rimanente, mi furono presentate due classi di persone. Una comprendeva i grandi raggruppamenti di professi cristiani i quali, però, calpestavano i comandamenti di Dio e rendevano omaggio ad una istituzione papale: osservavano il primo giorno della settimana come riposo del Signore. L’altra classe, invece, numericamente piccola, ubbidiva al Grande Legislatore ed osservava il quarto comandamento. Le caratteristiche tipiche e prominenti della sua fede erano l’osservanza del Settimo giorno e l’attesa dell’apparizione dal cielo di nostro Signore… Il nome più adatto è quello che risulta in armonia con la nostra fede e la esprime additandoci come un popolo particolare. Il nome Avventista del Settimo Giorno è un chiaro rimprovero al mondo protestante e stabilisce la linea di demarcazione fra gli adoratori di Dio e coloro che adorano la Bestia e ne ricevono il marchio. (…) Il nome Avventista del Settimo Giorno esprime chiaramente i veri motivi della nostra fede e convince la mente che indaga. Come una freccia procedente dalla faretra di Dio, essa ferirà i trasgressori della sua legge per spingerli al pentimento ed alla fede nel Signor nostro Gesù Cristo. Mi fu mostrato che quasi ogni fanatico che si leva e vuol tenere celati i propri sentimenti allo scopo di sviare gli altri, pretende di appartenere alla chiesa di Dio. Questo nome (chiesa di Dio) non suscita subito il sospetto, perciò viene adoperato per nascondere gli errori più assurdi. D’altra parte è un nome troppo indefinito per il popolo di Dio del rimanente e potrebbe far nascere l’idea che noi abbiamo una fede da nascondere’ (Ellen G. White, Testimonies [Testimonianze], vol. I, pag. 223,224). Si noti con quale sentimento la White parlava del nome della denominazione avventista perché è il tipico sentimento di chi ritiene di appartenere ad un gruppo di cristiani speciale che ha l’esclusivo (o quasi) favore di Dio. E’ lo stesso sentimento purtroppo che esiste in molti gruppi di credenti ancora oggi. Sentimento storto, perverso, che non rimane impunito da parte di Colui che non ha riguardi personali. Dio resiste ai superbi, ai vanagloriosi, non lo si dimentichi mai questo.

 

[10] Il 6 novembre 1996 la Chiesa Avventista e lo Stato Italiano hanno proceduto alla stipulazione dell’Intesa integrativa dell’Intesa.

 

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