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ROMANZO di STEFANO VILLA

VAGANDO NEL PASSATO

      Eri molto ricca e bella, avevi 25 anni o poco più. Mi volesti conoscere, perché all'epoca suonavo
 
    con un gruppo il cui nome era the Smoog.
  
   Suonavamo in tutte le discoteche più rinomate d'Italia, compresa quella che forse ancora oggi si
 
    chiama Igloo situata a Varallo Sesia vicino a Biella.
  
   Quando volesti conoscermi, non suonavo all'Igloo ma bensì allo Smeraldo, situato a Biella, ma
 
    poco importa. Eri in compagnia di molti amici e amiche, e decidesti di avvicinarti al palco per
 
    chiedermi un autografo. All'epoca si suonava quasi sempre nonstop
      Ricordo che se i componenti delle orchestre desideravano andare al bar per dissetarsi dovevano
 
    farlo a rotazione (uno per volta). Tu con molta pazienza aspettasti il mio turno dopo domandasti
    
 il mio nome. Ti dissi: aspetta, lo saprai non appena saremo al bar, qui c'è un tale frastuono che
 
    non riesco a sentire nulla. Andammo al bar e ordinai per te un chinotto e per me un gin fizz, il
 
    quale è una bevanda non molto alcoolica, preparata con gin, succo di limone, soda e ghiaccio.
 
    Rammento che voltando lo sguardo verso destra, avevo al mio fianco una dolce fanciulla dallo
 
    sguardo timido e impaurito, quasi come se avesse timore di parlarmi.
 
    Molto timidamente mi disse: vuoi che usciamo? Risposi certo. Usciti che fummo prendesti molto
    
 delicatamente il mio bicchiere e lo appoggiasti sul davanzale di una finestra, poi lentamente.....
 
    facesti altrettanto col tuo. In quel momento a passeggiare nel vialetto degl'innamorati non c'era
 
    anima viva anche perché la temperatura esterna era a zero gradi e incominciavano a cadere i
     
primi fiocchi di neve. Iniziasti col dirmi: ti osservavo attentamente mentre suonavi, aspettando
 
    il tuo riposino e ti domando scusa però non ce la facevo più, lo so di essere una stupida, però ti
 
    prego non dirmi di no. Io ero lì immobile come un cretino non riuscendo a pronunciare una sola
 
    parola, allorché fosti tu che con le tue braccia esili e tremanti mi abbracciasti poi, dopo avermi
 
    baciato sulla bocca dicesti: sento che mi affezionerò tanto a te, ora va e suona perché i tuoi
 
    colleghi ti stanno aspettando , però prima di salire sul palco dimmi il tuo nome. Ti svelai il mio
 
    nome e tu mi dicesti di chiamarti Liliana.
 
    Mi dicesti inoltre: non vedo l'ora di fuggire con te lontano da questo posto e prenoterò una bella
 
    suite all'hotel Excelsior in una località turistica che conosco. Finimmo il nostro servizio attorno
 
    l'una di notte e dopo aver ritirato la nostra strumentazione, ci congedammo dandoci la buona
 
    notte. Molto cortesemente mi domandasti: possiamo metterci in viaggio? Garbatamente risposi:
 
    si mia simpaticissima Lili. Non appena salimmo a bordo della tua elegante Mercedes Pagoda dal
 
    colore bianco (non solo per la verniciatura ma soprattutto per l'abbondante nevicata di queste
 
    ultime ore), partimmo finalmente per quella destinazione che solo tu conoscevi. Nevicava molto
 
    forte e le tue manine erano incollate al volante, ti osservavo senza dire nulla eri meravigliosa e
 
    indossavi un abito da sera molto elegante e cortissimo.
     
Non lo nego, avrei avuto voglia di  accarezzare le tue belle gambe ma non lo feci perché sapevo
 
    che eri nel difficile. L'auto da lì a poco si mise a sbandare e tu non riuscisti più a controllarla,
 
    andando così a finire in fondo ad una scarpata.
  
   L'ultima cosa che ricordo fu quando urlando disperatamente mi domandasti: Stefano come stai;
 
    rispondimi dimmi qualcosa ti supplico svegliati, non fare così, poi... più nulla. Mi svegliai dopo
 
    circa quattordici mesi di coma. Quando aprii gli occhi, la prima cosa che notai, fosti tu assieme a
 
    un'infermiera accanto al mio capezzale, udendo la tua bella vocina soave, molto in lontananza e
 
    non riuscendo ad aprir la bocca per farmi sentire. Ero disperato e pur udendo tutto non riuscivo
 
    a comunicare con chi mi stava accanto cercando d'aiutarmi. Non mi abbandonasti mai eri sempre
    
 lì accanto al mio capezzale cercando con tutte le tue forze di farmi aprir bocca perché io potessi
 
    pronunciare qualche sillaba. Eri sempre sorridente però dal canto mio e guardandoti negli occhi
 
    notavo in te, si molta forza ma anche tanta fragilità e sofferenza.
  
   Quando uscii totalmente dal coma era l'anno 1986. Non ti muovevi mai ed eri sempre accanto a
 
    me, fissando e accarezzando il mio viso senza parlare. Molte lacrime di gioia scendevano dai tuoi
 
    occhi. Le tue guance bagnate dalle lacrime, mi trasmettevano tanta tenerezza, che avevi verso
 
    di me. A stento, riuscii ad abbracciarti e baciare quelle piccole e morbide labbra sottili.
 
    Dopo aver pianto ed esserti riposata un pochino mi dicesti: Stefano, l'autista con la limousine ci
 
    attendono all'ingresso; vuoi che andiamo? Risposi: sono pronto. Salutai tutta l'equipe medica,
 
    ringraziandola per avermi donato nuovamente la vita, dopo di che, partimmo per dimorare nella
 
    tua stupenda villa ottocentesca. Ad aprire il cancello era l'autista Gisèle. Il viale alberato che
 
    conduceva alla villa, attraversava un enorme parco. Davanti a questo spettacolo, rimasi a bocca
 
    aperta e mi sembrava di essere un povero pezzente. Ad attenderci c'era un maggiordomo molto
 
    simpatico, il quale rivolgendosi a me disse: signore non si disturbi a scaricare il bagaglio, perché
 
    ci penserà il signor Armando. Molte grazie gli dissi. Prendendo, dolcemente la mano sinistra mi
 
    conducesti all'interno della sfarzosa villa e volgendo il tuo dolce sguardo verso il mio, mi dicesti:
 
    è di tuo gradimento? Ricordo che per qualche istante non potei risponderti, stringendo un pò più
 
    forte la mia mano ribadisti: Stiv ci sei? Ti risposi: è stupenda, tutto questo è troppo per un umile
 
    musicista da strapazzo, che cosa ho fatto per meritarmi una dimora così sfarzosa?
 
    Accarezzandomi mi sussurrasti queste bellissime parole: a colpirmi oltre la tua persona è il modo
 
    con il quale esprimi te stesso con lo strumento. In poche parole tu e lo strumento siete una cosa
 
    sola, riuscendo a farlo parlare. Ti prego di credermi Stiv, non mi sono innamorata della notorietà
 
    ma bensì della tua persona. Domandasti se mi fosse venuta fame la risposta fu: si mia bambolina,
 
    sediamoci pure a tavola. A tenerci compagnia vi erano altri sette commensali, i quali erano i tuoi
 
    simpatici genitori, tua sorella, tuo fratello e tre tuoi cugini, sempre sorridenti e con tanta voglia
 
    di scherzare. Dopo questo buon pranzo, decidemmo di andare a  fare un pisolino. Ci svegliammo
 
    nel tardo pomeriggio trovandoci abbracciati l'uno all'atra. Ci mettemmo in piedi dopo di che, non
 
    vedevi l'ora di farmi da guida per condurmi ad ammirare questa tua bella villa. Naturalmente fra
    
 una sala e l'altra, ci concedevamo un po' di spazio facendoci tante coccole e dicendoci belle frasi
 
    d'amore. Trascorremmo così tutto il pomeriggio, fino a sera inoltrata.
     
Dopo aver cenato mi domandasti se avessi gradito fare un giretto in limousine (questa volta però
 
    a guidarla saresti stata tu).
     
Risposi: con molto piacere mia dolcissima Lili. Per l'occasione indossasti una minigonna da fare
 
    girare la testa a chiunque e mi ritenevo fortunato. Ci sedemmo in auto e dopo aver avviato il
 
    motore ingranasti la marcia e partimmo per un'altra destinazione da me ignota.
     
Durante questo bel viaggetto, mi concedesti di appoggiare la mano su una delle tue bellissime
 
    gambe per accarezzarla. Il cuore mi batteva fortissimo e mi sussurrasti: mi piace tanto, sono un
 
    po' agitata ed eccitata però ti prego continua. Arrivammo senza incidenti all'Hotel Excelsior (in
 
    quell'Hotel dove prenotasti la suite prima del grave incidente assieme a me). Oggi a mia insaputa,
 
    riuscisti a farmi questo magnifico regalo, riprenotando quella stessa suite. In quel giorno infatti,
 
    ricorreva l'anniversario del mio compleanno.
 
    Non facesti neppure in tempo a mettere i piedi sulla frizione e sul freno, che già un signore dal
 
    bell'aspetto ci venne incontro dicendoti : excusez moi mademoiselle Lili, non si disturbi perché
 
    per parcheggiare l'auto; ci penserà Arturo messo a disposizione dell'Hotel. Tu con modo molto
 
    garbato gli dicesti: faccia pure monsieur François. Dopo una lauta mancia, ci congedammo da lui.
 
    Entrati che fummo, molto gentilmente e scusandoti, mi domandasti: posso assentarmi per un pò
 
    per andare a farmi bella per te? Mi stupii e dissi dentro me: questa fatina è già bella così; cosa
 
    desidera ancora di più? Lasciai dunque che questo angelo andasse non so dove per farsi più bella.
 
    Mi sentivo un po' stanco e decisi quindi, di riposarmi sedendomi su un lussuoso divano foderato
 
    con una pelle sofficissima da me mai vista ne toccata. I minuti si susseguivano lenti e la mia Lili
 
    non arrivava. Molta gente passava innanzi a me, guardando e facendo un piccolo inchino come
 
    per salutarmi. Alzandomi rispondevo a mia volta con un altro inchino, risedendomi dopo pochi
 
    istanti. Il tempo passava inesorabile e di te neanche l'ombra. Avrei voluto venire a cercarti; ma
    
 dove? Mi alzai e andai dal direttore per sapere se conosceva una fanciulla dal nome Liliana.
     
Mi rispose: si la conosco di vista, però se vuole saperne di più, lo chieda al maitre d'Hotel; ecco,
 
    è proprio quel signore che le sta passando a fianco in questo istante. Gli dissi: la ringrazio molto.
     
Voltatomi bloccai immediatamente il maitre d'Hotel domandandogli: conosce una bella ragazza
 
    dal nome Lili o Liliana? Certo mi rispose, però oggi non aveva al suo fianco le solite compagnie
 
    subdole, perciò dopo avermi dato una grossa mancia, si confidò dicendo: Claudio, la prego, non
 
    dica nulla a quella gentaglia stronza, la quale è solo capace di spogliarmi con gli occhi per poi
    
 portarmi a letto e cercare di stuprarmi a turno. Per cortesia signor Claudio mandi nella mia suite
 
    una brava pettinatrice e qualcuno in grado di portarmi un vestitino sexy adatto per l'occasione.
 
    Volle aggiungere inoltre: mi raccomando non dica nulla neanche al professor Villa perché desidero
 
    fargli una sorpresa. Disse ancora: lei signor Claudio lo deve sapere in anteprima a me non frega
 
    più nulla di quelle persone che frequentavo circa due anni fa. E' da oltre un anno che conosco
      Stefano e le dico con tutta sincerità che sarà lui l'uomo della mia vita, sempre che lo desideri e
    
 farò di tutto pur di non perderlo. Le confido un'ultima cosa: sa perché oltre alle sue doti canore
    
 e alla sua grandissima esperienza musicale, mi sono innamorata di lui? Egli è dotato di una gran
 
     sensibilità e tanta umiltà. Ormai in quel Grand Hotel, mi sentivo un pirla e mi domandavo dove
 
    fosse finita colei che con l'inganno era riuscita così bene a beffarsi di un cretino come me.
 
    Lo giuro in quel locale non mi sentivo più al posto giusto. Ero rimasto ormai solo e guardandomi
 
    attorno, avevo l'impressione che tutti questi miliardari di.... ridessero di me sbeffeggiandomi.
    
 Ora faccio una breve parentesi. (come dicevo poc'anzi, dal giorno dell'incidente, entrai in coma
    
 e quando ne uscii rimasi senza lavoro, non riuscendo più ad avere molta resistenza per poter
 
    suonare e percependo solo una misera pensione d'invalidità, poi come per incanto, arrivò questa
 
    deliziosa fatina che non mi abbandonò mai).
     
Lili era sempre lì accanto al mio capezzale e parlandomi diceva: su coraggio Stiv vedrai che ce la
 
    farai, il tuo carattere è forte e con me al tuo fianco andremo in capo al mondo, abbi fede amore
 
    mio. Claudio ricevette una chiamata da qualcuno e si congedò da me. Ormai ero amareggiato e
      tanto avvilito, desideravo solo una cosa: scomparire al più presto da questo luogo che per me è
 
    diventato ostile dove tutti mi disprezzavano solo perché non avevo il portafoglio a mantice e non
 
    potevo competere con loro perché non sarei stato in grado di offrire ai miei amici, una bottiglia
 
    da 600 euro e un lauto pranzo o cena una volta o due l'anno,e  inoltre non potevo permettermi
 
    una squallida Porche o un Audi oppure chissà cosa.
     
Questi signori che ora sguazzano nella ricchezza, non sanno di essere dei piccolissimi, miserabili
 
    pezzenti peggio di me, non avvertendo la loro morte imminente.
     
Un bel momento vidi in lontananza un viso pari a quello d'un angelo da me conosciuto scendere
    
 elegantemente e lentamente, la scala principale di questo Hotel Excelsior, la sua eleganza era a
 
    dir poco fantastica. Con un piccolo cenno del capo, mi fece capire che sarei dovuto avvicinarmi a
    
 lei. Timidamente mi avvicinai a quella dolce visione, scoprendo che a tendermi la mano, era lei,
 
    proprio la mia Lili. Le scarpette erano di un colore che definirei rosso papavero e, solo un pittore
 
    potrebbe capire. Quel bel vestitino essendo cortissimo, lasciava intravedere altre bellissime cose.
    
 Ricordo che nel salone ci fu un gran silenzio. Nel frattempo molto dolcemente  prendendomi per
 
     mano desiderasti condurmi nella suite e dopo esserci accarezzati per un po', mi domandasti se
 
    avessi preferito cenare nella suite oppure assieme a tutti gli altri miliardari. Non capivo più nulla
      ricordo solo che la mia mano era appoggiata dolcemente sul tuo ginocchio accarezzandolo.
 
    Lasciasti che questa mia mano andasse piano, piano senza farti male, dove desiderava andare.
 
    Eri talmente eccitata che non avevi più la forza di parlare.
 
    Fui io che all'improvviso dovetti prendere una decisione e con modi dolci dissi: non è educato che
    
 la prima sera ci appartiamo soli soletti, in questa suite anche se lo desidererei. Dissi ancora: se
 
    me lo consenti andrei a fare una bella doccia dopodiché, aprirò l'armadio mettendomi pure io in
    
 ghingheri come te. Mi dicesti: fa pure tesoro, sarò qui fuori ad aspettarti. Finito di fare, la doccia
 
    mi misi la camicia (quella che indossavo quando suonavo nei concerti),il papillon e lo smooching,
    
 poi prendendoci nuovamente per mano, scendemmo a cenare. Premetto una cosa ed è questa:
 
    era la prima volta che le tue dolci labbra pronunciavano la parola tesoro e ne fui onorato. Capii
    
 un'altra cosa che mi meravigliò non poco. In quel frangente, eri tu a dominare tutti e a dettare
 
    legge a questi miliardari da strapazzo, anche perché eri la più ricca.
    
 A venirci incontro era Claudio (il maitre d'Hotel) dicendoci: miei cari signori andate pure laggiù
 
    sulla vostra destra accanto alla vetrata i camerieri vi stanno aspettando e sono pronti a servirvi.
 
    Ci avvicinammo verso il tavolo indicatoci e subito due simpaticissimi camerieri sempre sorridenti,
 
    spostarono indietro i tavoli le nostre sedie, poi uno di loro disse: prego signori accomodatevi e
 
    anticipatamente vi auguro un buon appetito. Vi erano sul tavolo due stupendi candelabri d'oro
 
    massiccio contenenti ciascuno sei candele ben lavorate, pronte per essere accese.
 
    Mentre ti guardavo negli occhi, sentii la tua calda manina afferrare la mia, rimanendo così senza
 
    parole e non sapendo cosa dire. Pensavo che se il Paradiso fosse stato anche una milionesima
 
    parte di così, mi sarebbe piaciuto volarci all'istante (naturalmente con la mia piccola, ma grande
 
    donna dal bellissimo nome Liliana). L'imbrunire stava avendo ormai il sopravvento al tramonto
 
    pomeridiano che potevamo ammirare da questo enorme finestrone.
 
    Cenammo così al lume di belle candele poste sul nostro tavolo e dialogando con i commensali
 
    più vicini (sempre a bassissima voce). Di tanto in tanto, il mio sguardo fissava il tuo simpatico
 
    visino. Essendo seduti l'uno accanto al'altra il mio spirito non poteva far altro che aleggiare sulle
 
    tue bellissime gambette, le quali venivano accarezzate proprio da lui.
 
    Senza pronunciare una sillaba non smettevi di mangiarmi con gli occhi, a parlare era proprio il
 
    tuo dolce sorriso. Finimmo di cenare attorno alle 23.00.
     
Prendendo la parola e senza che alcuno captasse codesta frase mi sussurrasti all'orecchio queste
 
    parole: "ti spiace tesoro se ci appartiamo per raggiungere al più presto la nostra suite, perché
    
 improvvisamente mi è venuta tanta voglia di te e lì, potremo festeggiare il tuo compleanno noi
 
    due soli?" Devo dire la verità, con tutto ciò che avevo mangiato e visto, del mio compleanno, me
 
    ne ero completamente scordato. Rammento che ti dissi: si mia bambolina, saliamo pure.
 
    Ci alzammo dal tavolo, ma non prima di aver augurato la buona notte ai nostri simpatici amici
 
    Non volesti prendere l'ascensore, perché ti volevi pavoneggiare un pò facendo crepare d'invidia
 
    tutti quanti. Salimmo lentamente gradino, per gradino di quella bella scala.
  
   I tuoi lineamenti aggraziati erano di gran lunga superiori a quelli di una bellissima modella.
 
    Entrati che fummo nella suite e dopo aver chiuso la porta a chiave mi domandasti una cortesia,
 
    al che non potei dire di no. L'attesa fu per me lunga ed estenuante e data l'ora tarda, mi spogliai
 
    poi mi appisolai su quel bel divano firmato Frau. Nella suite faceva molto caldo per cui mi alzai e
 
    andai alla finestra a respirare un po' d'aria. Dopo circa tre quarti d'ora decisi di andare di nuovo
      sul divano per cercare di prendere sonno, misi le braccia attorno al collo e mi addormentai.
 
    All'improvviso fui svegliato da un rumore da me conosciuto. Sentii la porta chiudersi con molta
 
    delicatezza. Finsi di dormire e tenni gli occhi ben chiusi, poi tutto ad un tratto, un fievole respiro
 
    avvolgeva il mio volto. Fosti tu che abbandonandoti completamente su di me, volevi farmi capire
 
    che avrei dovuto aprire gli occhi per ammirare tutto il tuo bel corpo.
     
Notai subito che la tua capigliatura era cambiata di molto, i tuoi capelli erano lunghi e lisci.
 
    Le tue labbra avevano acquistato luce, perché il rossetto che mettesti era lucidissimo. Fu allora
 
    che svegliandomi totalmente ti abbracciai e baciai quelle labbra sensuali. Mettendoti in piedi e
 
    con gli occhi lucidi di pianto lentamente ti avvicinasti sussurrandomi: dimmi sinceramente se ti
 
    piaccio. Non avendo parole mi inginocchiai innanzi a colei che amavo sopra ogni altra cosa e con
 
     qualche lacrimuccia. Dal momento che ero quasi steso a terra, volgendo lo sguardo verso il cielo
 
    vidi prima di tutto quelle graziose mutandine che indossavi e le calze di pura seta, fu più forte di
 
    me e ti dissi: mi piaci moltissimo. Quasi contemporaneamente incominciammo ad amarci.
 
    Fosti tu a condurmi in quel morbido lettone chiedendomi: desidererei che fossi tu a spogliarmi,
 
    perché pur essendo un bravo musicista, saprai anche come comportarti in simili circostanze.
     
Non ricordo che ora fosse quando finimmo di coccolarci, al che la tua dolce vocina sensualmente
 
    esclamò: Ho!! Perdonami amore mio, ci siamo dimenticati di festeggiare il tuo compleanno.
 
    Ne rimasi colpito e ti dissi: mia dolce fatina, fino a pochi istanti fa, secondo te cosa stavamo....
    
 festeggiando? Ti vedevo turbata senza saperne il perché, ad un bel momento mi dicesti se per
 
    cortesia avessi potuto andare a prendere qualcosa nel frigorifero per dissetarci: con molto piacere
 
    ti dissi. Mi alzai e andai verso il frigorifero.
     
Ricordo che ci volle qualche momento prima di decidermi ad aprirlo. intervenisti con la tua bella
 
    voce dicendo: tesoro cosa aspetti a prendermi da bere? Suvvia non rimanere lì impalato, deciditi
 
    perché la tua bambolina ha molta sete. Ti ascoltai e mi decisi ad aprire quella porta, notai con
 
    stupore e una gioia immensa, che anche questa volta a mia insaputa volesti farmi una gradita
 
    sorpresa. All'interno del frigorifero c'era una bella torta con su scritto tanti auguri Stefano e al
 
    centro una candelina azzurra. In basso notai un secchiello con due bottiglie di ottimo champagne
 
    immerse nel ghiaccio. Rimasi a bocca aperta per qualche istante, dopo di ché, mi decisi e tirai
 
    fuori tutto. Tu eri lì spaparanzata sul letto e dicesti: questa è una prova dell'amore che nutro per
      te. Mentre pronunciavi quelle parole notai in te vi era tanta commozione e mentre mi abbracciavi
 
    calorosamente dicesti: non abbandonarmi perché ho bisogno di te. Non sapendo cosa dire, baciai
 
    tutto il tuo bel corpo, dopo festeggiammo tutta la notte e solo verso le sei del mattino potemmo
 
    prendere sonno, per svegliarci nel tardo pomeriggio. Trascorremmo così gran parte del mese di
 
    febbraio e di marzo fino a quando mi dicesti: Stefano per favore puoi chiamare un medico perché
 
    non mi sento bene?
  
   Telefonai alla reception e mi rispose l'incaricato chiedendomi cosa desiderassi. Gli esposi il tuo
 
    problema, lui molto gentilmente mi passò all'istante il direttore il quale si trovava nel suo ufficio
 
    e chiamò subito un dottore che arrivò tempestivamente. Dopo un'accurata visita, mi chiese se
 
    fossi potuto uscire un istante; lo ascoltai e uscii. Dopo circa trenta minuti vidi la porta aprirsi era
 
    il medico che avvicinandosi mi diceva: congratulazioni perché fra qualche mese diventerà padre,
 
    però ce qualcos'altro che mi preoccupa non poco... meglio chiamare subito un'ambulanza, nel
 
    frattempo non l'abbandoni perché ha molto bisogno di lei. Arrivò l'ambulanza e i barellieri mi
 
    permisero di salire a bordo per starle accanto. Arrivati all'ospedale i due barellieri presero la mia
 
    bambolina e la portarono nel reparto in osservazione. Mi dissero di non andare via perché, non
 
    appena avessero avuto esiti in merito, me li avrebbero comunicati. Le ore non passavano mai e
     
io ero sempre lì ansioso di sapere, aspettando pazientemente. Trascorsi così quasi tutta la notte
 
    senza sapere nulla. Guardavo continuamente l'ora ma dei medici neppure l'ombra. Erano circa le
 
    sei del mattino quando si presentò un medico dicendo che lui e la sua equipe avevano analizzato
      attentamente il caso e dissero che la mia dolce metà era incinta, poi aggiunsero che questo non
 
    era il problema principale. Il vero problema invece era che le avevano diagnosticato un inizio di
 
    leucemia. Logicamente mi tranquillizzarono dicendo che dovevano farle ancora molti test per
 
    esserne certi. Mi diedero il permesso di rimanere accanto alla mia piccola stellina tutto il tempo
    
 che l'avessi desiderato.
     
Passai giorni bestiali, lei era sempre così bella da non sembrare ammalata e mi faceva tanta...
 
    tenerezza. Stringendomi dolcemente la mano sussurrando diceva: tesoro non mi abbandonare
  
   in questo momento per me tanto buio, in questi momenti ho bisogno più che mai del tuo grande
      amore, ora nella mia vita non c'è nessun'altro all'infuori di te.
 
    La mia risposta fu: bambolina come puoi pensare una cosa simile, lo sai che ti amo tanto, tanto
 
    e mai ti abbandonerei; non riuscirei neppure per un minuto a vivere senza te.
  
   Ci baciammo affettuosamente sulla bocca provando le stesse sensazioni di quando ci baciammo
 
     per la prima volta. Trascorsero così diversi mesi. Lili diede alla luce un bel bimbo che lo chiamò
    
 Marco. Un bel giorno fui informato dai medici che la malattia stava pian piano regredendo e mi
 
    domandarono: Signor Villa vuole avere lei l'onore di comunicare questa bella notizia alla su
 
    futura sposa? Risposi: con enorme piacere dottore. Corsi subito da Lili e, dopo averla baciata le
 
    diedi la bellissima notizia. Scoppiammo tutt'e due in un bel pianto di gioia ringraziando il buon
 
    Dio per averci donato queste due felicità. Marco era dai nonni i quali gli avevano regalato tanti
 
    giochini e un bellissimo cavallino (un poni). Fissammo la data delle nozze e ci sposammo.
 
    Naturalmente per l'occasione, non fu Lili a guidare la limousine, ma bensì Giséle diventata ormai
 
    la nostra autista per molti anni. La mia dolcissima metà era  sempre molto bella e mi spiacque
 
    però, che in quella circostanza non potevo ammirare e accarezzare le sue bellissime gambette,
    
 poiché erano coperte da quel lungo abito da sposa. Marco cresceva bene e a scuola aveva ottimi
 
    voti. Studiava molto volentieri e quando finì il liceo volle iscriversi all'università scegliendo come
 
    facoltà la medicina, riuscendo in seguito a essere un ottimo chirurgo.
 
    Trascorremmo così i nostri ultimi anni della nostra vita senza altre brutte malattie, amandoci
 
    sempre di più e facendoci sempre (quando si poteva) tante coccole fino a che il 14 giugno 2010
  
   proprio quando ricorreva il giorno del suo compleanno, il mio spirito volò in un'altra dimensione.
 
    Ricordo che in passato le dissi che ben presto (per me), sarebbe arrivato quel giorno fatidico.
 
    Aggiunsi inoltre che anche in questa circostanza non l'avrei dimenticata e sarei salito al cospetto
 
    di Dio per prepararle un bel posto accanto al mio, dove saremo stati uniti per l'eternità.
 
    Dal momento che nell'aldilà non esistendo ne tempo, ne giorni, ne tantomeno momenti (perché
 
    in questo posto meraviglioso è sempre uguale), vidi venirmi incontro un angioletto dai lunghi
 
    capelli al vento e dal volto sereno e leggiadro, che mi tendeva le sue esili braccia, accarezzava
 
    il mio volto diventato ormai luminoso. La abbracciai come meglio potevo anche perché in questa
 
    suite eterna, non avevamo alcun bisogno di nasconderci per amarci in questo luogo dove è tutto
      amore molto più grande di quello terreno. Fissandomi con i suoi occhi ormai diventati più belli
    
 che mai, mi trasmise questo messaggio: sai amore mio, quando tu ed io eravamo sulla terra e mi
    
 parlavi del paradiso, non ti credevo. Non avrei mai immaginato che fosse così stupendo, ma ora
    
 ti credo perché ci sono dentro e lo sto sperimentando. Grazie mio grandissimo amore.

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