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 ROMAN ABRAMOVICH    2° Parte
                                          
 
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      Quando mi svegliai, mi trovai a letto e Josephine era accanto all'oblò ammirando la luna e il mare.
    
 L'aria incominciava ad essere fresca perché l'ora era ormai tarda, allorché chiuse l'oblò e con passo
    
 felpato avvicinandosi si sdraiò dolcemente sopra di me e disse che la notte era stupenda. Poiché non
     
aveva per nulla sonno, le era venuta una gran voglia farsi coccolare. Con molta classe  scoprì le sue
    
 belle gambe facendomi vedere tutto; era proprio una bella bimba, poi con i suoi lunghi capelli d'oro
    
 mi avvolse il viso e piano, piano capitò l'inevitabile. Passammo una notte indimenticabile, oserei dire
    
 da sogno. Fra le tante cose, con la sua calda vocina mi sussurrò all'orecchio: "Etienne mon amour,
     
ho paura a dirtelo e penso che dopo avertelo detto non vorrai più saperne nulla di me e non ti vedrò
    
 mai più perchè mi lascerai". Le dissi: "Josephine non capisco per quale motivo dovrei lasciarti ora sei
    
 tu che mi tieni sulle spine, io sto benissimo con te e senza la tua presenza morirei di crepacuore;
    
 dimmi tutto bambolina".
     
Con le lacrime agli occhi disse: "Vada come vada ora ci provo. Vorrei un figlio da te". Non dissi nulla
    
 per alcuni secondi e pensai a Liliana e Manuela, poi commosso la strinsi forte, forte a me lasciandole
    
 anche qualche attimo per respirare e, dopo averla baciata calorosamente le dissi: "Josephine non ho
    
 parole, sono felicissimo e vedrai che ben presto arriverà, perché anch'io lo desidero ardentemente e
    
 non osavo dirtelo per paura che tu mi dicessi di no". Si erano fatte così le nove del mattino e dopo
     
esserci fatti una bella doccia, uscimmo per andare a fare la colazione perché la fame non mancava.
    
 La giornata era soleggiata e il mare leggermente mosso. Arrivò Roman dove stavamo consumando
    
 l'abbondante colazione  dicendo che si sentiva molto in forma e che non vedeva l'ora di sbarcare al
    
 porto di Tenerife, perché era curioso di visitare le meraviglie che la città offriva.
     
Al tramonto sbarcammo e Roman affittò un pullman e un'auto lussuosa senza autista che guidò la
    
 mia tanto amata Josephine. Una volta sbrigate tutte le pratiche burocratiche, andammo nell'Hotel a
    
 cinque stelle dal nome Vinci la Plantacion che avevo citato nel romanzo "Vacanze in mare" il quale si
    
 trova a Adeje. Arrivati in Hotel Roman volle prenotare le suite più belle e costose dicendo che voleva
    
 godersi il meglio. Mentre aspettavamo che venisse servita la cena, decidemmo di andare a fare due
    
 passi fuori dall'albergo.
Notammo un uomo e una donna probabilmente marito e moglie dallo sguardo
      triste e pensieroso, tenendo per mano un bimbetto anch'esso taciturno. Fu proprio il bimbo a colpire
    
 Roman il quale gli si fermò innanzi, poi inginocchiatosi chiamò Federica dicendole qualcosa in russo,
    
 lei con un cenno del capo gli fece capire che aveva inteso. Non bisogna dimenticare che la graziosa
    
 Federica era anche laureata in lingue, percui capiva e parlava benissimo lo spagnolo. Parlò un po' col
     
bimbo e con le due persone che lo tenevano per mano, poi rivolgendosi verso Roman, gli disse che
    
 erano affamati perché il papà di professione era pescatore, però il suo peschereccio aveva subito un
   
  ingente danno durante una violenta tempesta ed era vivo per miracolo lui e il resto dell'equipaggio
  
   e ora non poteva farlo riparare perché il danno era troppo grande e non avevano più nulla. Roman si
    
 alzò, prese il piccolo per mano e disse a Federica di dire ai genitori di seguirci in Hotel che avrebbe
    
 sistemato ogni cosa. La scena fu alquanto commovente. Tutti eravamo stupiti e increduli nel vedere
    
 il grande gesto d'amore di questo ultra miliardario che si faceva piccolo come un bambino.

 
    (Purtroppo e sottolineo purtroppo non tutti i miliardari sono come il buon Roman Abramovich. Spesso
     
e volentieri questi pezzi di merda e grandi figli di puttana, non sanno di essere dei luridi pezzenti,
    
 meschini e che molto presto li aspetterà il fuoco della geenna; una fine tremenda e in quel luogo
     
maledetto non avranno più il tempo per pentirsi del male arrecato al prossimo).
    
 Tornando nel tema, Maddalena dal cuore grande, prese Carmen (la mamma del bimbo) sottobraccio,
     
Josephine prese per mano Pablo (il papà) e Roman prese per mano Rodriguez (il bimbo) poi assieme
    
 ci avviammo verso l'Hotel per cenare. Roman andò immediatamente alla recèption a prenotare una
      camera per questa nuova famiglia. Venne loro assegnata la camera N.315 adiacente alla nostra, cioè
    
 dove eravamo Josephine ed io. Dal momento che avevamo bisogno di una guida per illustrarci i posti
    
 meravigliosi di questa città, si offrirono proprio Carmen e Pablo a farci da guide dato che essendo del
    
 posto lo conoscevano molto bene. L'indomani dopo aver fatto colazione, Josephine si mise alla guida
    
 del lussuoso veicolo e partimmo per il LORO PARQUE. Non appena entrammo nel parco, mi venne un
    
 po' di nostalgia perchè quando scrissi "Vacanze in mare", accanto a me c'era la bellissima Lella a fare
    
 da guida turistica, ora
probabilmente era in qualche località da me sconosciuta con suo figlio Erdi.
      Josephine accortasi del mio silenzio, mi abbracciò e poi disse: "Ti vedo pensieroso, c'è qualcosa che ti
    
 turba? Mi spiace vederti triste". Le dissi: "Josephine, penso tu abbia capito che sono un sentimentale
    
 e proprio alcuni istanti fa, mi è venuta la nostalgia di "Vacanze in mare", ma non ti devi preoccupare
    
 perché fra non molto mi passerà e tornerò quello di prima". Mi disse: "Etienne, saprò aspettare però
   
 
nel frattempo lascia che avvicini le labbra alle tue perché ti voglio baciare qui davanti a tutti e voglio
      che capiscano quanto ci amiamo. Guarda Liliana e Manuela come ci stanno osservando compiaciute".
    
 Avvicinandosi sentivo il profumo buonissimo del suo lucida labbra e non seppi resisterle. Pian piano
    
 la nostalgia del romanzo svanì tornando così alla normalità.
Bastò un caldo bacio affettuoso della mia
    
 Josephine per distogliermi dai pensieri, ora avevo lei al mio fianco e mi bastava.
     
La nostra visita proseguì conversando con le nostre guide turistiche e il loro figlioletto Rodriguez.
    
 Proprio quando entrammo a visitare il pinguinario, notai che per terra c'era qualcosa di insolito.
    
 Josephine accorgendosene, con uno spintone deciso mi fece ruzzolare a terra poi disse: "Perdonami
    
 Etienne ma lo dovevo fare adesso, non muoverti perché questo non è uno scherzo
ma un attentato".
    
 Non mi mossi da dove mi trovavo, rimasi a terra per molto tempo poi, voltatomi vidi due brutti ceffi
    
 che s'avvicinavano a Josephine aventi brutte intenzioni. Ero lì, disteso a terra come un cretino senza
    
 poter fare nulla per difendere la mia Josephine, ma ci pensò Jasmine che con un balzo raggiunse uno
    
 di quei due figli di puttana gettandolo a terra e col
suo piede fortissimo gli schiacciò quel brutto muso
    
 schifoso che aveva; immobilizzandolo. L'altro stronzo era ancora libero e stava per avventarsi con
    
 tutta la forza brutale su Jasmine, ma la mia Josephine capì immediatamente con che razza di luridi
    
 bastardi aveva a che fare, quindi tirò fuori le sue unghie colpendo con un grande gesto di bravura, il
     
super eroe del cazzo. Le bellissime gambe di Josephine, si trasformarono all'improvviso in un arma
    
 micidiale e non avrei osato in quel frangente accarezzargliele.
     
Quei due brutti ceffi, finirono all'Hospital Costa Adeje di Tenerife con dei dolori lancinanti in tutto il
     
loro lurido corpo, dopo di che creparono perché i calci inferti da Josephine e Jasmine, avevano leso
    
 le loro parti vitali. Una cosa è certa sia Josephine che Jasmine, a vederle non sembravano così.
I loro
    
 corpi erano esili ma nel loro interno erano delle rocce ed era meglio averle amiche anziché nemiche.
    
 A Tenerife ci fermammo ancora una quindicina di giorni, poi arrivò il momento di partire.
     
Roman decise di fare venire con noi, anche Carmen, Pablo e Rodriguez (il loro figlioletto), facendoli
    
 lavorare sull'Eclipse come cuochi assieme a sua moglie Maddalena, io invece ero pagato lautamente
    
 per scrivere romanzi, ninne nanne, poesie e racconti riguardanti i nostri bei viaggi sia in mare che
    
 sulla terra ferma. Ogni tanto per cambiare mi divertivo dipingendo paesaggi e marine che poi Roman
    
 faceva collocare nelle varie sale. Prima delle nozze, espressi una mia volontà a Josephine e Jasmine
    
 e fu: "Per cortesia, potreste portarmi ancora una volta nel mio tugurio?"
     
La risposta fu:" OK, ti accompagneremo però promettici che rimarrai sempre assieme a noi perché ti
    
 vogliamo bene". Risposi: "Si lo prometto mie dolci bambine". La giornata era uggiosa e faceva freddo
     
perché era il mese di novembre. Jasmine ormai si era rimessa molto bene, mise in moto la limousine
    
 e assieme a Josephine, andammo nella mia umile bicocca. Quando arrivammo, lo squallido locale era
    
 tetro e inospitale. Provai ad accendere il fuoco ma con scarsi risultati perché la legna rimasta nel
    
 cortile e non riparata dalle intemperie, si era impregnata di umidità e quindi faceva molto fumo.
     
All'interno l'aria era gelida e umida per cui sia Josephine che Jasmine, vedevano i vetri trasudare e i
    
 muri, lacrimare per l'eccessiva umidità. Ad un tratto come se non bastasse, incominciò a nevicare
    
 copiosamente, che quasi non si notava più la limousine e questo mio tugurio non mi soddisfava più.
    
 A poco a poco, divenni nuovamente triste e dissi a Josephine: "Ti chiedo una cosa mon amour chiudi
      tu tutto e butta via le chiavi perché in questo luogo non voglio più entrarci, è troppo angosciante".
    
 Josephine mi ascoltò, chiuse tutto e poiché la neve era caduta abbondante e continuava a scendere
    
 con insistenza, Jasmine disse che non era il caso di intraprendere il viaggio per raggiungere Monte
    
 Carlo, per cui decidemmo di pernottare nella mia città all'Hotel Eden. L'indomani non nevicava più e
    
 ci dissero che le strade erano pulite perché erano passati i mezzi spartineve. Nel primo pomeriggio
    
 partimmo per Monte Carlo. Arrivati che fummo, ad attenderci c'erano Roman, Maddalena, Liliana e
    
 Manuela la quale era abbracciata al suo ragazzo e altri ancora.
     
Roman fece chiamare la sua interprete Federica per farci tante domande, una delle quali era come
    
 stessimo; rispose Jasmine dicendo: "Io sono un po' stanca ma nel complesso Josephine ed Etienne
    
 abbastanza bene grazie". Manuela disse che la cena era pronta e maddalena aggiunse che potevamo
    
 continuare il nostro cincischiamento stando seduti comodamente con le gambe sotto ad un tavolo.
    
 Durante il nostro gozzoivigliamento, Roman (con l'ausilio di Federica), rivolse la parola a Josephine
    
 dicendole: "Mia cara Josephine, come va con il tuo amato Etienne; sei felice?" Lei disse: "Moltissimo
    
 e desidero sposarlo al più presto, sempre che lui sia ancora d'accordo, sennò ne soffrirei tantissimo"
    
 Io sentii tutto il loro discorso ma, stetti zitto per non intromettermi nella loro conversazione.
     
Fu lui che voltatosi verso me intavolò il discorso dicendo: "Caro Etienne nonché amico, voglio bene a
    
 Josephine come se fosse mia figlia; ora dimmi la verità, la ami oppure no?" Gli risposi: "Senza la mia
    
 Josephine non potrei vivere, lei mi ha dato moltissimo da quando ci siamo conosciuti e non avrei mai
    
 immaginato che una fanciulla quale è, si sia potuta innamorare di un essere ignobile quale sono e mi
    
 sembra un sogno".
    
 Continuò dicendo: "Ora sono veramente convinto, preparate pure i documenti che a tutto il resto ci
    
 penserò io, riguardo agli abiti nuziali, rinfreschi, pranzi vari, la cosa più importante che è la funzione
    
 religiosa, voi non dovrete sborsare neppure un centesimo perché questo sarà il mio regalo di nozze;
    
 l'importante è che vi amiate come ora. Ho già pensato dove verranno celebrate le nozze e se per voi
    
 va bene, si celebreranno nella cattedrale di Notre Dame Immaculée (dell'Immacolata concezione),
    
 costruita con il marmo di Carrara. Ci sono anche le tombe della famiglia Grimaldi e quella di Grace
    
 Kelly e sarà il vescovo stesso ad unirvi in matrimonio. Setti in silenzio senza dire nulla perché ero
    
 troppo commosso. Josephine lentamente si avvicinò appoggiando le sue morbide labbra contro le mie
    
 e mi baciò teneramente come solo lei sapeva fare. Roman volle prenotare il pranzo nuziale all'Hotel
    
 
Metropole a cinque stelle e così fu.
    
 L'8 dicembre dell'ormai lontano 2011 entrai in cattedrale accompagnato dalla mia testimone Jasmine
    
 la quale mi guardò fissa negli occhi dopo di che si mise a piangere; le presi dolcemente la mano e
    
 dopo averla guardata attentamente negli occhi, a bassissima voce le sussurrai all'orecchio: "Tu lo sai
    
 quanto Josephine ed io ci amiamo". Lei rispondendomi con le lacrime agli occhi disse: "Si Etienne lo
    
 so e me ne rallegro, vorrei essere io al suo posto perché non è facile trovare al mondo una persona
    
 come tu sei. È la mia carissima amica Josephine ad essere la fortunata e non la biasimo, desidererei
    
 tuttavia domandarti una cosa; posso?" 
Le dissi: "Ma certo che puoi, parla pure mia cara Jasmine ora
    
 anche la mia piccola e simpatica testimone". Mi disse: "Caro Etienne, quando sarete sposati, mi devi
    
 promettere che non cambierai e se avrete dei bambini sarei onorata di essere la loro madrina?" Con
    
 le lacrime agli occhi dalla commozione, singhiozzando riuscii a dirle: "Mia bellissima Jasmine se non
    
 lo farai, giuro che ti picchio. Dimenticavo che non posso picchiarti perchè saresti tu a distruggermi.
    
 Ti prego di perdonarmi per la cretinata che ho detto". Mi guardò e la sua mano prese delicatamente
    
 la mia ci avviammo lentamente verso l'altare.
     
L'enorme chiesa era gremita di gente compresi i membri dell'equipaggio dell'Eclipse. Luci dappertutto
    
 irradiavano con i loro raggi tutto ciò che ci circondava e tutto sembrava festeggiare assieme a noi.
    
 Voltai lo sguardo verso il portale d'ingresso della cattedrale e vidi che con grande classe, avanzava
    
 molto lentamente un angelo; era il mio angioletto. Tutta l'aria all'interno si mise a vibrare dalle note
    
 celestiali prodotte dall'organo della grande chiesa. Per l'occasione, il maestro di cappella dell'Eclipse,
    
 compose una marcia nuziale stupenda come tutti gli altri brani liturgici. Josephine era raggiante e il
    
 suo viso d'angelo sorridente, lasciava trasparire moltissima felicità. Il suo testimone non poteva che
    
 essere Roman Abramovich anch'esso commosso. La funzione fu molto nutrita da musiche e da canti
    
 allegri, strette di mano, baci e pianti di gioia. Andammo poi con il vescovo e i concelebranti in Hotel
    
 per dare inizio alla grande festa. non dico cosa mangiammo altrimenti fra dodici mesi sarei ancora
    
 qui ad elencare. Le varie torte le prepararono con grande maestria da Andrei, Marzia, Fabio, Liliana,
    
 Manuela, Maddalena e altri pasticceri a bordo dell'Eclipse. Questo lauto pranzo finì verso le diciotto
   
  dopodiché ci congedammo da questa simpatica compagnia.
     
Josephine ed io ci guardammo senza fiatare ed entrammo nella nostra suite dove capitò qualcosa di
    
 molto bello e atteso da molto tempo da entrambi. Josephine dopo essersi spogliata di tutto ciò che
    
 copriva le parti più intime, mi rivolse la parola e disse: "Ora sono tutta tua fa di me quello che vuoi".
    
 Davanti a tutto questo ben di Dio rimasi attonito, poi facendomi coraggio abbassai la luminosità delle
    
 abat-jour e piano, piano timidamente mi avvicinai a lei incominciando ad accarezzarla dappertutto in
    
 maniera dolcissima e rispettando la sua femminilità. Josephine dal canto suo, fece altrettanto e poi...
    
 successe quella cosa magnifica, dopodiché tutt'e due esausti ma soddisfatti, ci infilammo sotto le
    
 coperte e ci facemmo ancora qualche coccola fino a che ci addormentammo.
     
Dopo molte ore, ci svegliammo ed eravamo ancora abbracciati, pieni di gioia e vitalità. Decidemmo di
    
 alzarci, erano le quattordici del pomeriggio. Avevamo molta fame, però prima di scendere al bar, ci
    
 facemmo una doccia rilassante naturalmente insieme per
accarezzarci e scambiarci ancora tante frasi
    
 d'amore. Roman preoccupatissimo nel non vederci, ci fece chiamare da Liliana, che a sua volta si
    
 precipitò e bussò alla porta. Rispose Josephine dicendo:"Si chi è?" La voce oltre la porta disse: "Sono
     
Liliana la vostra figliola; tutto bene?" Risposi io dicendo:" Si mia dolce figliola grazie, ora scendiamo
    
 per mangiare un toast o qualcos'altro, ma prego entra pure che non disturbi. Liliana entrò e dopo
    
 averci dato il bacino del buon giorno, dialogammo un po' e poi scendemmo. Ad attenderci nella hall
     
c'era Roman il quale prendendo sottobraccio Josephine, le disse che se fosse nata la prole, ci teneva
    
 ad essere il padrino e se fosse stata contenta, poi rivolgendosi a me disse la stessa cosa e gli risposi:
    
 "Sono lusingato caro padrino però non so se e quando succederà". Lui disse: "Mi basta così e grazie;
    
 ora chiamo subito Jasmine la quale ci porterà sull'Eclipse così discuteremo ancora un po' perché per
    
 voi, ho in mente molte cose e ve le annuncerò al più presto sull'Eclipse.
     
Arrivati a bordo e dopo aver salutato quanti ne facevano parte, Roman prese in disparte Josephine,
    
 Jasmine, Luca (il capo macchinista), Federica, Liliana, Manuela con il suo ragazzo andammo nel suo
    
 ufficio, poi chiamò Annusca (la numero uno delle segretarie) dicendole di scrivere quanto aveva da
    
 dire. Rivolse la parola a Josephine e a me dicendo: "Miei carissimi amici, ho una lussuosissima villa
    
 situata in Provenza e precisamente ad Aix-en-Provence e desidero donarla a voi. Ora fa molto freddo
    
 e questa casa ha bisogno di essere riscaldata sia dal calore del caminetto che da quello umano, così
      da domani ne prenderete dimora; queste sono le chiavi". Volle aggiungere ancora:
"Jasmine sarà la
    
 vostra autista per parecchio tempo, invece Luca, sarà il vostro maggiordomo, Manuela la cameriera
    
 e il suo ragazzo il vostro giardiniere. Se lo desidererete, vi cederò anche la mia consorte Maddalena
    
 per qualche tempo, in veste di cuoca assieme alla bellissima Liliana, vi cederò anche Marzia la quale
    
 vi farà tanti buoni dolci, invece i pasticceri Andrei e Fabio lavoreranno qui a bordo dell'Eclipse.
     
Quasi tutto il personale di bordo, a rotazione andrà in ferie (se le sono proprio meritate). Io e la mia
    
 cara mogliettina, alloggeremo nel villino che dista un centinaio di metri dalla vostra fastosa dimora e
    
 come autista prenderò René (l'elicotterista) in più Federica per farmi da interprete e se lo gradite, di
    
 tanto in tanto verrò a farvi visita così potremo programmare insieme le nostre nuove vacanze, siete
    
 contenti?" Se non svenni, fu perché il mio angelo custode mi tenne in braccio sulle sue ali di farfalla.
    
 Josephine non ebbe il coraggio di aprir bocca e neppure io; eravamo senza parole.
     
Dopo qualche istante di silenzio Josephine disse: "Si, grazie molte". Alcuni giorni dopo, Jasmine (che
   
  ormai era divenuta la nostra autista personale), ci condusse in questa reggia sfarzosa dove noi non
    
 osavamo neppure entrare. Notai subito dei dipinti stupendi di gran lunga superiori ai miei e capii che
    
 questo luogo non era adatto a me. Uscii di corsa lasciando Josephine tutta sola e m'inoltrai nel parco
    
 per meditare. Avevo il morale a terra e non volevo più vedere e parlare con nessuno. Mi dispiaceva
    
 moltissimo per Josephine, le mie bambine e Roman, ma non sapevo proprio che cosa fare. Decisi così
    
 di avviarmi verso il grande cancello d'ingresso e fuggire lontano. Pensai di tornare nel mio tugurio
    
 per affrontare gli ultimi anni della mia vita facendo vita eremitica ma faceva molto freddo la giornata
    
 era lugubre e la nebbia calava fitta avvolgendo a poco a poco la natura. Con me non avevo nulla se
    
 non le chiavi della mia tetra dimora e la distanza era molta per cui stremato dalle forze e dal grande
    
 freddo, caddi a terra perdendo i sensi e l'ipotermia mi prese nella sua morsa, non lasciando spazio
   
  alla ragione. Quando ripresi i sensi, aprii gli occhi e accanto al mio capezzale, c'era la mia famiglia
    
 assieme a Jasmine e Roman con Maddalena. Non mi rimproverarono, tuttavia venni aiutato ad uscire
    
 da questa brutta situazione. Josephine con gli occhi pieni di pianto mi disse: "Etienne mio tutto ci hai
    
 fatto molto soffrire e ti capisco, però ora sono qua io e le tue bimbe a confortarti e assieme a noi, ci
    
 sono anche tutte queste persone stupende compresa Marzia, Andrea ecc. Pure loro soffrono quando
    
 vedono una persona che soffre. Quello che voglio dirti è questo: "Ormai ti conosco molto bene e ho
    
 capito quello che può averti fatto male ma ti prego di credermi Roman non voleva umiliarti nel modo
     
più assoluto. Ora perdonami ma all'improvviso ho avvertito un dolore insistente". Le dissi: "Amore
    
 mio dove hai male?" Tirandosi su la minigonna e prendendo la mia mano nella sua, la appoggiò sul
    
 punto dolente e poi con vocina sofferente disse: "Qui". Capii subito di ciò che poteva trattarsi e me
    
 la presi fra le braccia accarezzandola proprio dove avvertiva il dolore e mi disse: "Stefano ti prego,
    
 accarezzami in questo punto perché sentendo il calore della tua mano mi sembra che il dolore si stia
    
 alleviando un po' ". Non tolsi la mano perchè Josephine ed io eravamo ormai un tutt'uno e stavamo
    
 bene così. Il giorno seguente, chiamammo la dottoressa Donatella Migliarini che arrivò in elicottero e
    
 dopo aver visitato la mia dolce metà, consigliò di andare immediatamente alla Clinique Provençale
    
 Medico Obstétrico Chirurgicale nel reparto di ostetricia per verificare alcune cose che secondo lei
    
 erano esatte. Dopo che Josephine venne sottoposta a vari test, diagnosticarono che probabilmente,
    
 erano in arrivo due gemelli o gemelle. Josephine ed io, piangevamo dalla gioia e il nostro amore si
    
 rafforzava reciprocamente sempre di più. Il mio angelo fra non molto, mi avrebbe donato due tenere
    
 creature venute al mondo, per mezzo del nostro immenso amore.
     
I medici dissero che per il momento potevamo andare a casa ma, di essere sempre pronti a rientrare
    
 in clinica per il parto. Arrivati nella nostra reggia, presi dolcemente la mia Josephine sottobraccio,
    
 dopodiché le dissi: "Mio eterno amore, prometto che d'ora in poi, non ti farò mai più soffrire e andrò
    
 a scuola per imparare ad essere un buon papà e un marito modello. Josephine mi guardò negli occhi
    
 qualche istante senza dire nulla, poi a bassissima voce disse: "Non essere così drastico perché la tua
    
 bambolina non è ancora mamma e perciò vorrei ancora esserti utile, facendoti gustare dei succulenti
    
 pranzetti preparati con le mie mani e se me lo consentirai t'imboccherò così pure io potrò cominciare
    
 ad imparare a essere mamma. Le calde lacrime sgorganti dai nostri occhi bagnarono gran parte della
    
 camicetta di Josephine. La mia dolce farfallina, diventava sempre più adorabile e io accarezzandole il
    
 seno provavo sensazioni nuove, infatti pensavo che fra non molto i nostri bimbi avrebbero succhiato
    
 il latte dai suoi capezzoli. Ci guardavamo nelle pupille senza dirci nulla e poi prendendoci per mano
    
 prendemmo la via del letto facendoci un mucchio di coccole. Nel cuore della notte venni svegliato da
     
un gemito di Josephine. Mi alzai di scatto e telefonai immediatamente a Jasmine la quale si precipitò
    
 da noi e quando sentì Josephine lamentarsi in quel modo andò subito in garage, mise in moto l'auto
    
 poi salì nuovamente da noi dicendo:"Ragazzi è ora e tu Josephine fatti coraggio perchè fra non molto
    
 sarà tutto finito e assieme a Etienne potrete godere di questo frutto meraviglioso".
     
Erano circa le 5.30 del mattino quando arrivammo in clinica. Il personale molto gentile, prese la mia
    
 amata per condurla nella sua camera in attesa di essere portata in sala parto. Con il mio cellulare
    
 svegliai Roman il quale con Maddalena si precipitarono volendo sapere tutto ciò che era accaduto e
    
 che stava accadendo. Al vederlo, sembrava più lui il futuro papà anziché me.
     
Alle 7.45 circa, dalla sala parto uscirono due gentili ostetriche domandando: "Scusate signori, chi di
    
 voi si chiama Etienne?" Risposi: "Sono io dottoressa, dica pure". Essa strigendomi la mano disse:"
    
 Congratulazioni signor Etienne, lei pochi istanti fa è diventato papà di due stupende gemelline, entri
    
 pure perchè la sua dolce metà a chiesto di lei ed è ansiosa di vederla".
     
Quando entrai vidi tre stupendi angioletti e il mio cuore si dilatò talmente che non seppi trattenere
    
 le lacrime dalla gioia. Non sapevo chi delle tre dovevo baciare per prima, poi baciai Josephine e la
    
 ringraziai tanto per aver dato alla luce due angioletti così belli. A poco a poco all'esterno, le tenebre
    
 diedero spazio alla luce. Oltre a Roman e Maddalena, vennero a far visita Liliana, Manuela, Annusca,
    
 Filipp, Luca, Marzia, Andrei e altri membri dell'equipaggio dell'Eclipse portando dei fiori e biglietti di
    
 congratulazioni. Josephine mettendo la sua mano vellutata nella mia, con voce dolce disse: "Etienne,
    
 potrei esprimere un mio piccolo desiderio?" Le risposi: "Mio grande amore, sappi che puoi esprimere
    
 tutto quello che vuoi, parla e acconsentirò". Mi disse: "Avvicinati un po' di più, vorrei sussurrartelo
    
 all'orecchio". Mi avvicinai e mi disse". Se sei d'accordo avrei pensato di chiamare le nostre figliolette,
    
 Jasmine e Maddalena; sei contento?" Le dissi: "Josephine, non potevi scegliere nomi più belli, sono
     
contentissimo amore mio". Vidi il volto di Roman e notai che sprizzava gioia da tutte le parti dicendo
    
 a Josephine: "Vorrei essere io il loro papà, ora però prenditi cura delle tue bimbe e non preoccuparti
    
 per il lavoro perchè sarai retribuita ancora di più. Ogni tanto ti darò qualche lavoro che non ti occupi
    
 molto tempo e che potrai svolgere tranquillamente a casa con un computer di ultima generazione sei
    
 d'accordo?" La mia bambolina gli disse: "Va bene grazie molte". Trascorremmo felicemente qualche
    
 anno in compagnia di tutti i membri del megayacht di Roman Abramovich facendo numerose crociere
    
 e anche viaggi nell'entroterra di diverse fasce costiere, come pure in diverse nazioni.
      
Liliana e Manuela erano molto affiatate e studiavano traendone profitto. Osservandole, notavo che
    
 diventavano sempre più belle e senza grilli per la testa i loro corpi sembravano quelli di due modelle
    
 ed erano anche umili, educate e servizievoli. Erano portate per la musica e quindi Liliana si diplomò
    
 in pianoforte invece Manuela in violino a pieni voti al conservatoire national supérieur de musique et
    
 de dance de Paris unendosi in seguito ad altri validi strumentisti, dando concerti in varie città della
      Francia (Parigi compresa) ottenendo ottimi consensi. Nel frattempo riuscirono a conseguire la laurea
    
 in medicina, finché un bel giorno Josephine complottando a mia insaputa con le nostre figliole ormai
    
 diventate maggiorenni, mi prese sottobraccio e in disparte mi disse: "Vieni con me perché desidero
    
 farti un po' di coccole". Io ignaro andai e dopo avermi fatto divertire come solo lei sapeva fare mi
     
disse: "Caro maritino le tue bimbe desidererebbero fare un viaggetto assieme a te".
Le risposi: "Sono
    
 molto contento; dimmi dove vorrebbero andare e vedrò di accontentarle". Mi disse: "Siediti
accanto
      a me
e promettimi che non ti arrabbierai". Mi sedetti a le domandai: "Cos'è questo mistero?
    
 
Su bambolina non tenermi sulle spine, parla e prometto che non ti mangerò". Mi disse: "Sai Etienne,
    
 a tua insaputa ho parlato molto con Liliana e Manuela e anche con le nostre figlie Jasmine e Manuela
    
 di dove abitavi fino a poco prima di conoscerci e ora sono curiose di visitare la città e dove dimoravi.
    
 Se mi ami ancora e sei d'accordo, avviserò immediatamente le nostre fanciulle di preparare le loro
    
 valigie e a Jasmine di prepararsi e condurci in Piemonte per qualche giorno". Le dissi: "Come potrei
    
 
dirti di no? Anch'io desidero tanto rivedere la mia città però dovremo alloggiare all'Hotel
Eden perché
      il mio tugurio è squallido, inospitale e non può contenere sei persone, oltretutto le nuove nate sono
    
 ancora troppo piccine e non possono stare al freddo". Josephine non mi diede neppure il tempo di
     
finire di dire quello che stavo dicendo, che mi tappò la bocca con le sue labbra sensuali, dopo di che
    
 estrasse dalla tasca della sua minigonna il cellulare per informare Liliana e Manuela.

     
Liliana sentendo ciò, disse che si sarebbe presa cura personalmente delle due piccole creature e di
    
 dire pure a Jasmine di tenersi pronta ad affrontare il viaggio in Piemonte. Ricordo che quella notte
    
 piovve molto e sentivamo il suo scrosciare sui davanzali delle finestre. Ad un certo punto un fulmine
    
 entrò nello stanzino dove era collocato il pannello dei contatori della corrente elettrica fulminando
     
tutto. L'indomani non potemmo partire perché dovevamo aspettare i tecnici della centrale elettrica
    
 che venissero a ripristinare il guasto. Potemmo quindi partire alle sei del mattino del giorno dopo del
    
 6/1/2012 proprio nella ricorrenza dell'Epifania per recarci in Piemonte. La giornata era plumbea e il
    
 cielo non prometteva nulla di buono, infatti dopo circa novanta minuti di viaggio, si mise a nevicare
   
  talmente forte che Jasmine dovette mettere il suo piede sul freno e pian panino fermarsi perché i
    
 tergicristalli erano insufficienti e la strada non si vedeva più. Liliana domandò a Jasmine: "Vuoi che
     
ti dia il cambio così ti potrai rilassare un po'?" Rispose Jasmine dicendo: "Te ne sono grata Liliana,
     
prendi pure il mio posto perché questa notte per colpa del mio ciclo non ho chiuso occhio neppure un
    
 attimo e non vorrei causare un incidente; quindi prenderò il tuo posto accanto a Etienne".
    
 Venne dunque a sedersi accanto a me e dopo pochi istanti, sentii il suo capo appoggiarsi dolcemente
    
 al mio. Josephine che sedeva alla mia sinistra, vide tutto e non potendo abbracciarmi, prese la mano
    
 destra e mi sussurrò: "Mon amour, non dirle nulla e lasciala dormire in questa posizione, lo noto che
    
 questa creatura non ha chiuso occhio e non sono gelosa". Pure lei come Josephine, mi faceva tanta
    
 tenerezza quindi la lasciai dormire. La sua guancia era dolcemente appoggiata alla mia e sentivo il
    
 suo calore irradiare dentro me, provando sensazioni bellissime. Arrivammo nella città dove nacqui e
     
vissi per un certo periodo della mia vita. Non mi sembrava più quella che avevo lasciato dopo che
    
 conobbi la mia dolcissima Josephine; era cambiata totalmente incominciando dai condomini ecc. Non
    
 nevicava più ma era calata la nebbia. Manuela mi disse: "Papà, non vedo l'ora di entrare e vedere
    
 dove tu hai sempre detto che dove vivevi era un luogo inospitale". Le dissi: "Manuela, se non ci sei
    
 mai entrata, aspetta di essere dentro e vedrai". Intervenne Liliana dicendo: "Su papino non buttarti
    
 giù in questo modo, dammi le chiavi perchè desidero essere io ad avere l'onore di varcare la soglia di
    
 questo luogo magico assieme alle nostre sorelline Jasmine junior e Maddalena". Le diedi le chiavi e
    
 volli restare fuori ad attendere perchè mi vergognavo di questo schifo di bicocca.
     
Sentivo il loro vociare all'interno, facendo apprezzamenti su queste mie umili mura. Dopo qualche
     
minuto uscì Liliana e prendendomi sottobraccio disse: "Non è poi tanto male, basta solo avere un po'
     
di pazienza e vedrai che assieme alla mia sorellina alla mamma e Jasmine la renderemo accogliente;
  
   se sei contento dimmi di si".
Figlia mia le dissi: "Voi quattro, esaltate troppo questo tugurio squallido
     
dove passai gran parte della mia gioventù, facendo il dongiovanni con belle bimbe come te e la tua
    
 sorellina Manuela, finché un bel giorno conobbi la tua bellissima e dolcissima mammina smettendo
    
 così di fare il pisquano con tutte le ragazzine dell'epoca". Mi disse: "Papino caro, ti voglio tanto bene
      soprattutto perché sei sincero e ti credo. Tu per me sei il papà che tante ragazze vorrebbero avere".
    
 Intervenne bruscamente Manuela dicendo:"Papà, la mamma ed io siamo d'accordo con Liliana perciò
    
 andiamo a cena e poi, domani ci metteremo all'opera. 
     
Ci vollero circa tre giorni dopodiché il mio tugurio aveva cambiato aspetto. Le mie bimbe, Josephine,
    
 assieme a Jasmine, erano riuscite a trasformare la mia ex alcova (ormai fatta diventare da me un
    
 tugurio) in una piccola reggia. I loro volti erano raggianti e pieni di soddisfazione. Ero molto fiero
    
 delle mie quattro donne in più delle ultime arrivate e non potevo desiderare di meglio. Ormai avevo
    
 capito che la colpa fu mia quando mi lamentavo delle mie quattro mura squallide. Sarebbe bastato
     
infatti che mi fossi seduto e avessi meditato a lungo, dopo di che agire con decisione, come seppero
    
 fare queste donne stupende ma purtroppo non andò così perché lasciai andare tutto in rovina, la mia
     
Josephine, prese in disparte Liliana, Manuela e assieme a Jasmine complottarono qualcosa senza che
    
 potessi udire nulla, subito dopo le nostre figliole assieme a Jasmine, se ne andarono lasciandoci soli.
    
 Quando tornarono, notai che erano cariche di cose mangerecce nonché di vini pregiati, champagne e
      altre bevande. Domandai loro: "Ma questa sera dovremo festeggiare qualche avvenimento?"
     
Josephine mi disse:
"Si amore, ma prima non te lo volevo dire perchè desideravo tenerti un po' sulle
    
 spine però ora te lo voglio dire; sai chi verrà a cena questa sera e non solo questa sera, ma anche a
     
pranzi e cene future?" Le dissi: "No di certo, se non me lo dici tu come posso saperlo, quindi parla".
    
 Mi disse: "Questa è una sorpresa che noi donne volevamo fare a te e, perciò fra non molto Jasmine
    
 uscirà di nuovo per recarsi all'Hotel Eden ad attendere Roman
assieme a Maddalena e Luca il ragazzo
      di Jasmine; sei contento?" Non ebbi molto da dirle perché avevo un grosso groppo alla gola.
    
 Mi commossi dicendole: "Non potevate farmi una sorpresa più bella, se potessi vi amerei tutte, ma
     
non potendo amerò te e solamente te per sempre mia piccola ma grande donna. Adesso che si sono
    
 fatte ormai le diciassette se vuoi ti do una mano a fare quello che mi dirai". Mi disse: "Ok Etienne,
    
 incomincia a preparare il tavolo e non ti scordare di prendere i candelabri perché ceneremo al lume
    
 di candela. Mi raccomando di non farli cadere perché sono molto delicati e costosi, di conseguenza
    
 potrebbero rompersi". Notai in Josephine una vena di ironia e non mi piacque affatto, mi allontanai
    
 senza fare e dire nulla. Uscii in cortile e andai a sedermi sopra ad una pietra e meditai parecchio.
    
 Non avevo per nulla voglia di rientrare per mangiare, perché in me era sopraggiunta una fortissima
    
 depressione causata forse da quella frase detta in modo ironico da Josephine mentre mi accingevo a
     
preparare il tavolo. Non sapendo più cosa pensare, mi appoggiai al muro e chiusi gli occhi prendendo
    
 sonno. Fui svegliato all'improvviso da una voce possente e da una stretta di mano. Era il mio grande
    
 amico Roman Abramovich il quale dopo avermi salutato alla russa, mi disse: "Etienne, sei impazzito?
    
 Perché sei qui tutto solo al freddo e non accanto alla tua dolce Josephine e alle tue bellissime figlie?
     
Su spiegami il motivo". Glielo spiegai e mi disse: "Suvvia non te la prendere per così poco perché
    
 sono qui soprattutto per te, dai entriamo perché qui fa troppo freddo e te lo spiegherò".
     
Non feci neppure in tempo a mettermi in piedi che vidi arrivare la mia cara Josephine piangendo. Le
    
 dissi: "Mogliettina mia come mai ti vedo piangere quando dovresti essere felice e spensierata perché
     
sono arrivati i tuoi amici a trovarti?" La mia amata non disse nulla, poi reclinò il capo e s'inginocchiò
    
 innanzi a me dicendo:" Mio tutto , so di averti inferto un grande dolore quando pronunciai la frase:
  
   "Mi raccomando, non farli cadere perché sono molto delicati e di conseguenza potrebbero rompersi".
    
 Ora vorrei domandarti se puoi perdonarmi altrimenti
me ne andrò via di qua e non mi vedrai più.
    
 Lo so di aver sbagliato, me ne pento e ti chiedo umilmente perdono". La guardai intensamente negli
     
occhi
e non potei t
rattenere le lacrime. Me la presi delicatamente fra le braccia e stringendola le dissi:
      "Perdonami tu se puoi, io ti amo da morire, mi sono comportato da bambino non sapendo di essere
    
 adulto". Prese la parola Roman dicendo qualcosa all'interprete la quale mi disse che il grande capo
    
 desiderava parlarmi di lavoro. Una volta entrati, Roman disse che mi avrebbe fatto diventare ancora
    
 più ricco di come lo ero già. Gli domandai: "E come?" Mi disse che era arrivata una commissione di
    
 critici d'arte a visitare l'Eclipse e aveva notato i miei dipinti stimandoli moltissimo
e che desideravano
    
 conoscermi parlandone. Mi disse inoltre che per motivi di lavoro, doveva assentarsi per tre o quattro
    
 settimane e recarsi in Russia col suo boeing personale e che se lo avessi desiderato, avrebbe portato
    
 anche Josephine e l'intera famiglia facendoci alloggiare nella sua dacia in un paese poco lontano da
    
 Mosca. Continuò ancora dicendo che avrebbe preso in prestito Josephine per fargli da segretaria; fui
    
 onorato e gli dissi: "Roman tu sei molto buono ma non mi merito tutto questo fammi pensare un po'.
    
 Mi disse: "Adesso mangiamo perché ho molta fame poi riprenderemo il discorso più tardi oh! guarda,
      c'è Liliana che si appresta ad accendere le candele. Dopo aver gozzovigliato assai, andammo in Hotel
    
 a riposare. Roman aveva pensato precedentemente, a prenotare le suite migliori dell'albergo. Dopo
    
 circa dieci giorni, eravamo pronti a partire per recarci all'aeroporto di Malpensa dove ad attenderci
    
 c'era Lella. La bella comandante del boeing 767 di Roman Abramovich, Rosy l'hostess e Luca Moretto
     
in qualità di steward. Il copilota era un baldo giovine dal nome Erdi. Per me era la prima volta che
    
 volavo e quindi avevo tanta fifa. Rivolgendomi a Lella le domandai: "Mio bel comandante mi può dire
    
 per cortesia a che ora partiremo e a che ora atterreremo se atterreremo?" Lella con un dolce sorriso,
    
 mi disse: "Molto presto signor Etienne non ne dubiti, ora chiuda gli occhi e dorma profondamente, la
    
 sveglierò personalmente non appena saremo atterrati a Mosca.
     
Fui svegliato personalmente da Lella come promise dicendomi:
"Come si sente signor Etienne? Molto
      bene risposi poi aggiunsi:
"Dove siamo? sento molto freddo". Lei mi disse:"Dirò a Rosy di portarti una
 
     bella coperta pesante perché ora non possiamo ancora scendere a causa della fitta nebbia, la pista è
    
 gelata e il pullman non arriverà perché si è ribaltato ed è precipitato in un viadotto. Si dice che la
    
 conducente fosse una vecchia megera, schifosa e sempre con lo sguardo truce dal nome.......e il suo
    
 cognome..........ed è deceduta con la gioia di tutti i parenti e conoscenti i quali dicono che questa era
    
 la fine che si meritava, ora però non sappiamo quando potranno mandare un altro pullman. Mio caro
    
 Etienne abbi pazienza ma questo è quanto. Adesso mi assenterò per un po' perché devo scrivere sul
    
 diario di bordo tutto ciò che è accaduto, ci vediamo presto ciao.
Rosy (la nostra hostess) mi portò una
    
 pesante coperta di lana e potei così riaddormentarmi ancora per un po' ".
Ricordo  di aver avuto un
    
 incubo, mi trovavo in un baratro tenebroso dove vi erano tante specie di animali, uno che mi colpì
    
 molto fu un ratto il quale con i suoi denti mi morsicava le guance strappava la carne mangiandosela,
    
 come pure gli occhi, cavandomeli per cui diventai cieco, a questo punto mi svegliai di soprassalto e
    
 urlai: "Cribbio; che cosa succede, chi sono e dove mi trovo?" Josephine sedeva al mio capezzale, e
    
 molto preoccupata chiamò Lella (il comandante del boeing), la quale capì subito che stavo delirando.
     
Via radio chiamò un medico del posto che arrivò non appena riuscì. Mi diede degli antipiretici e disse
   
  che avevo un attacco di meningite, probabilmente epidemica e oltre alla febbre alta, mi procurava
    
 anche allucinazioni. Fui trasportato d'urgenza da Gilbert (un autista di Roman) nella clinica privata
    
 situata a Mosca dove mi misero in isolamento per circa un mese somministrandomi anche medicinali.
    
 Accanto al mio capezzale c'era sempre la mia cara Josephine e sovente venivano Liliana, Manuela e
    
 le mie altre due bimbe, Jasmine assieme a Luca, Roman e Maddalena. La malattia stava lentamente
    
 regredendo; ad un certo punto Josephine esclamò:"Ho! Sono felicissima, vedo che ti stai riprendendo
    
 molto rapidamente. Sai Etienne, ho una bella notizia da darti; ho parlato con i medici e sono molto
    
 ottimisti e mi hanno detto che ti dimetteranno prestissimo è solo questione di giorni. Ti prometto che
    
 quando saremo nella dacia, ti sentirai meglio perchè la tua Josephine ti consolerà con infinite coccole
    
 e se ti sentirai meglio, potremo anche fare l'amore perchè ho tanta voglia di te, ma se puoi cerca di
    
 non farmi più soffrire perchè da quando ti ammalasti, soffro tantissimo e il mio cuore ne risente non
    
 poco". Queste parole confortanti uscite dal profondo del cuoricino di Josephine, mi commossero e al
    
 tempo stesso, contribuirono a tirarmi su il morale. Arrivò il pullman e l'autista dal nome Gilbert, ci
    
 condusse in un bel villino molto carino situato in campagna vicino a Saratov. Il freddo non mancava
    
 per cui non potevamo stare all'aperto nemmeno cinque minuti, così ne approfittammo per andare a
    
 letto coccolandoci a vicenda. Il giorno seguente, venne Roman mi chiese se avesse potuto prendere
    
 in prestito per qualche ora la mia Josephine perchè aveva del lavoro arretrato di segreteria da poter
    
 sbrigare. Gli risposi: "Certamente Roman sentirò la sua mancanza per un po' ma so che poi tornerà".
    
 Arrivò pure Lella, il nostro bellissimo comandante e il suo copilota Erdi domandandomi: "Come stai
    
 Etienne?" Le risposi: "Ti ringrazio Lella per il tuo interessamento, mi sembra che vada decisamente
     
meglio". Mi chiese se avesse potuto rendersi utile per me". Le risposi: "Certo innanzitutto sono molto
    
 contento che tu abbia incominciato a darmi del tu, e poi ti devo ringraziare tantissimo". "E perché
    
 Etienne? Domandò Lella". Le risposi: "Sai mio bel comandante, dovevi arrivare proprio tu per farmi
    
 passare la paura di volare e te ne sarò grato per tutta la vita, ora vorrei esprimere un desiderio".
      Sono tutta orecchi, parla pure Etienne vedrò di esaudirlo. Le dissi: "Desidererei tantissimo sorvolare
    
 assieme a te e a Erdi con l'aereo, qualche zona della Russia; dici che se lo domandiamo a Roman dirà
    
 di si?" Mi rispose: "Ora lo chiamo; dopodiché ti dirò". Lella mi disse che Roman era d'accordo anche
    
 perchè il lavoro con Josephine si sarebbe protratto nel tempo percui acconsentì. E fu così che Lella
    
 con la sua grande esperienza di volo, mi fece sedere accanto a lei, naturalmente col copilota sempre
    
 vigile (seduto dietro).
     
Fu un'esperienza bellissima. Ad un certo punto voltatasi verso me disse: "Etienne, dimmi la verità,
    
 non hai più paura di volare?" Le risposi: "Assolutamente no". Al che mi disse: "Ti piacerebbe pilotare
    
 questo bestione per un po' ?" le dissi naturalmente mon beau commandant". Mi diede tutte le dritte,
    
 ma senza abbandonarmi un secondo. Sorvolammo gran parte della Russia senza incidenti. Quando
     
eravamo ormai prossimi all'atterraggio, prese lei i comandi e grazie alle sue manine, dolcemente il
     
boeing si posò sulla pista. Ad attenderci c'era una gentil donna con un abito scuro molto elegante dal
    
 nome Antonella. Questa bella signora ci faceva da autista perché Jasmine stava poco bene ma nulla di
    
 grave. Antonella, era l'autista personale di Roman; mise in moto l'auto e ci avviammo verso la dacia.
     
Arrivati che fummo, ad attenderci c'erano Josephine assieme a Roman il quale disse che il lavoro con
    
 la mia amata stava volgendo al termine percui, dopo una decina di giorni potevamo riprendere il volo
    
 per recarci in Provenza. Nel frattempo Roman ricevette una telefonata importante da parte di quella
    
 famosa commissione salita a bordo dell'Eclipse valutando i miei dipinti molto bene. Inoltre dissero di
    
 aver letto qualcosa dei miei manoscritti ed erano rimasti colpiti specialmente dal modo della stesura,
    
 percui mi volevano parlare al più presto per decidere la stampa dei miei romanzi ed eventualmente
    
 girare alcuni film. Fui onorato di questa proposta e non vedevo l'ora di incontrarli. Arrivò finalmente
    
 il giorno in cui potemmo partire. A bordo del boeing 767 accanto a me c'era Josephine invece il resto
    
 della mia famiglia sedeva vicino alla cabina di pilotaggio e parlavano dei loro progetti futuri con Luca
   
  (lo steward) e Roman. Il viaggio fu meraviglioso, senza turbolenze ed altro.
     
Atterrammo dopo qualche ora, poi un pullman ci portò a casa. I progetti per il futuro erano tanti però
    
 Josephine una volta varcata la soglia mi prese per mano, mi fece sdraiare assieme a lei sul morbido
    
 lettone e poiché non faceva più freddo mi disse: "Ho caldo, ti va di andare a fare l'amore al chiaro di
    
 luna?" Le risposi: "Certo amore mio? Lo desidero tanto anch'io però, mi devo prima concentrare un
    
 po' per quello che dovrò rispondere ai signori della commissione, dopo di che sarò tutto tuo per una
 
     intera nottata". Mi disse: "OK fa pure, saprò aspettare". Anche questa volta, la mia amata mi faceva
    
 tanta tenerezza e capii che mi stimava molto, ma all'improvviso mentre accanto a lei contemplavo la
    
 luna, fui ispirato e scrissi questa piccola poesia dedicandogliela con tutto il mio cuore.

Josephine al chiaro di luna  

      La notte è ormai fonda e un gran silenzio cala su di lei  impadronendosi così del suo cuore.
   
 
Questa creatura tanto fragile, trema e gioisce al tempo stesso perché è sicura di avere accanto a lei,
    
 un altro cuore grande, pronto a prendersela per conservarla gelosamente, proteggendola sotto le sue
    
 ali, per poi decollare un giorno verso spazi celestiali, dove poter finalmente ammirare quel tutto
    
 indescrivibile.

      A questo punto dopo che ebbe letto ciò che avevo scritto su di lei, con molta classe e lentamente, si
    
 tolse la minigonna lasciandola andare morbidamente a terra poi con voce sommessa mi disse: "Le....
    
 mutandine e le calze toglimele tu; anche il reggiseno, poi incomincia ad accarezzarmi dappertutto
    
 perché desidero sentire il calore emanato dalle tue mani sul mio corpo".
  
   Cammin facendo, completammo quell'opera d'arte bellissima e indimenticabile che si chiama amore.
    
 Dal momento che non faceva per nulla freddo, anzi era arrivata una tiepida brezzolina, decidemmo
    
 di riposare qualche ora sul terrazzo. Mentre aspettavamo che il sonno ci facesse perdere i sensi mi
    
 disse: "Non vedo l'ora di tornare sull'Eclipse per rivedere tutto l'equipaggio e appena saremo salpati,
    
 ritornare a prua e andare nel nostro nido d'amore; ti va l'idea amore mio?" Le dissi: "Bambolina, tu
    
 parli e riesci a dire le cose talmente bene che mi sembra di essere già lì; certo che mi va l'idea".
    
 Intanto ridendo e scherzando, si erano fatte le cinque del mattino e iniziava ad albeggiare, stando
    
 abbracciati ci addormentammo. Fummo svegliati dal cellulare attorno alle ore undici, erano le nostre
    
 bambine Liliana e Manuela, le quali ci davano il buon giorno. Liliana mi disse che Roman desiderava
   
  parlarmi urgentemente. Saltai giù dal divano rivestendomi in fretta, dopo di che mi presentai a lui
    
 domandandogli: "Buon giorno Roman sono qui; dimmi tutto". Buon giorno anche a te Etienne ti devo
    
 dare una notizia che ti farà piacere ed è questa:"Ricordi quei signori della commissione? Ebbene oggi
   
  vengono qui per ordinarti un dipinto da esporre in una galleria d'arte di Lione.
     
Mi raccomando; prepara un bel discorso perché non devi commettere errori. Andò come desiderava
   
  Roman. Dopo circa tre settimane, arrivarono i signori della commissione e appena videro il dipinto
    
 rimasero soddisfatti, presero l'opera da me eseguita, dandomi in cambio un assegno con diversi zeri.
    
 La stagione incominciava ad essere calda ed era il primo maggio 2012. Roman volle tornare a Monte
    
 Carlo dove era ormeggiato l'Eclipse e una volta a bordo, fare il punto della situazione. Jasmine mise
    
 in moto l'auto e partimmoArrivati alla nave e dopo aver salutato tutti, andammo con il grande capo
    
 nel suo ufficio. Adesso Luca Moretto, era di nuovo diventato il macchinista capo e quindi non poteva
    
 più bighellonare su e giù con la sua livrea; doveva scendere in sala macchine al caldo, sporcandosi le
    
 mani di grasso e controllare che tutto funzionasse come un orologio. Questa volta Roman decise di
    
 fare rotta verso le isole Seychelles quindi volle nel suo ufficio tutti i responsabili delle varie mansioni,
      il capitano Filipp, l'interprete Federica e Antonietta responsabile della sala computer e altri ancora.
     
Dopo la riunione che durò parecchio, Antonietta mi fissò molto intensamente senza proferir parola;
    
 la osservai intensamente anch'io, poi le andai vicino e le dissi:" Guardando il tuo volto, sono ispirato
    
 per dedicarti una piccola poesia, posso?" Mi disse: "Accidenti se puoi Etienne ti ringrazio tanto, mi
    
 assento solo per poco perchè devo andare in sala computer ad informare i miei colleghi su alcune
    
 cose riguardanti la nuova crociera; tornerò il più presto possibile contaci. Quando arrivò, avevo già
    
 finito di scrivere la poesia. Antonietta era molto curiosa e mi domandò se avesse potuto leggerla, le
    
 dissi: "Certo; eccoti il manoscritto; il titolo è:

Antonietta la grande

       Gentil donna avente un cuore grande, grande quanto l'universo intero, si abbassa al livello di un
   
  piccolo, ignobile essere insignificante e buffo.
    
 Lei donna di alta classe, non si vergogna di un personaggio come di chi sta scrivendo. Questa dama
    
 dalla lunga chioma al vento, avendo un cuore tenero come quello di un bimbo, riesce ad entrare
    
 negli antri più reconditi dei cuori altrui, capendo tutto ciò che si cela nell'intimo umano, donando
     
così tanta energia e felicità all'altro cuore per proseguire, il lungo viatico della vita.

      Quand'ebbe finito di leggere quelle poche righe, notai che dai suoi occhi stupendi sgorgavano alcune
    
 lacrime sottoforma di goccioline, inumidendo così la sua rosea carnagione di eterna fanciulla tanto
    
 sensibile. Non potendo parlare perché aveva il groppo alla gola, si limitò a stringermi la mano e mi
    
 sussurrò: "Non ne sono degna di tutto questo; comunque grazie, ti stimo moltissimo". In quel preciso
   
  istante, arrivò la mia Josephine accompagnata da Liliana e Manuela, le quali informavano che la data
   
  precisa per salpare da Monte Carlo, era prevista per il 14 giugno 2012. Fui felicissimo perché quella
    
 data mi fece ricordare la nascita di Liliana nostra figlia e Manuela. Ora la mia dolcissima Lili aveva
    
 trentasei anni ed ero fiero di essere il suo papà. Lei non mi diede mai alcun problema e Manuela
    
 altrettanto. Loro avevano una gran voglia di ridere e scherzare con tutti, ma anche di suonare e fare
    
 bene la loro professione di medici. Manuela diventò un ottimo chirurgo, invece Liliana volle dedicarsi
    
 alla musica classica. Loro si volevano tanto bene pur non esercitando la stessa professione. Amavano
   
  anche molto conversare con le ultime nate, Jasmine e Maddalena. Il 14 giugno del 2012 alle ore sei
    
 del mattino, il capitano Filipp, diede l'ordine ai suoi subalterni di mollare gli ormeggi e lasciare che i
    
 rimorchiatori ci facessero uscire dal porto per raggiungere l'Oceano Indiano.
     
La mia tanto amata Josephine, non volle stare chiusa nella nostra camera e mi domandò: "Carissimo
    
 Etienne, vuoi che andiamo nel nostro nido d'amore a prua?" Le risposi: "Si angelo mio; avviamoci
    
 pure". Una volta raggiunta la meta si sedette facendo in modo che potessi ammirare le sue nuove
   
  mutandine di pizzo, poi mi disse:"Promettimi che quando entreremo nella stanza mi coccolerai tanto:
 
    "Te lo prometto le dissi". in quel preciso istante arrivò Liliana, la quale si sedette in mezzo a noi e
    
 dopo avermi baciato disse: "Siete proprio due genitori adorabili, lo dice anche Manuela ed è bello
    
 vedervi abbracciati come due fidanzatini". Poi aggiunse: "Andiamo immediatamente al riparo perché
    
 ho visto Antonietta uscire di corsa dalla sala computer e dirigersi verso il ponte di comando, le chiesi
   
  dove stesse andando così di corsa". Mi rispose che aveva mandato un messaggio a Filipp (il capitano)
    
 ma che purtroppo non riusciva ad inviarlo a causa di una tempesta magnetica e allora doveva andare
    
 di persona ad informarlo. Un meteorite di dimensioni notevoli, era precipitato in mare e proprio sulla
   
  nostra rotta, percui una gigantesca onda anomala, era diretta verso noi e quindi o cambiavamo rotta
  
   oppure bisognava prenderla di punta.
     
Antonietta e Liliana riuscirono a raggiungere il ponte di comando appena in tempo per riferire quanto
    
 aveva ricevuto via radio. Filipp disse che il tempo per cambiare rotta non era sufficiente, percui fece
    
 la cosa più saggia. Per prima cosa mantenere la calma, poi disse al timoniere: "Luca, vira di tre gradi
    
 a dritta per affrontare quella montagna di punta; presto". Dopo diede l'ordine all'equipaggio e ai
    
 passeggeri di indossare i salvagente e agli addetti alle scialuppe, di essere pronti a calarle in mare
    
 qualora fosse stato necessario. Venni a sapere che sul mega yacht, navigava un piccolo miliardario
    
 schifoso e molto puzzolente con sua moglie. Lui era un uomo insulso e pieno di boria ed era il figlio
    
 di quella megera che era deceduta quando il pullman che guidava volò giù da un viadotto. Il capitano
    
 Filipp, ad un certo punto urlò con quanta voce aveva: "È ora ragazzi; fra qualche secondo si ballerà
    
 tantissimo, reggetevi forte a qualcosa di robusto e si salvi chi può. Fummo dapprima travolti e poi
    
 inghiottiti da quest'onda gigantesca.
     
Ricordo che il capitano prima dell'impatto con l'onda riuscì a mettersi in contatto con il macchinista
    
 capo dandogli disposizioni in merito e di ridurre al minimo la velocità fino a nuovo ordine. Oramai
    
 eravamo sommersi. Il boccaporto era stato danneggiato, di conseguenza la stiva era allagata e anche
    
 le paratie stagne. Non ci restava altro che piangere e pregare. L'Eclipse era proprio ridotto male.
    
 Due persone ci lasciarono la ghirba facendo così una tragica fine e dal momento che, erano alquanto
    
 sgradite per la loro boria e altre cose che non sto ad elencare per non fare un romanzo su di loro,
    
 nessuno pianse per quei due stronzi, specialmente per lui che si reputava superiore a tutti, perché
    
 grazie alla donna, si era arricchito un po', non salutando neppure più i vecchi amici e conoscenti.
    
 Avrebbe dovuto vergognarsi molto ma non lo fece perché era troppo meschino. Comunque nessuno
    
 versò una lacrima per questa gentaglia pecialmente per lo stronzo, perchè era proprio degno figlio di
    
 sua madre. Loro due messi assieme, formavano proprio una brutta copia di stronzi e malvagi, seguiti
    
 immediatamente a ruota dall'altra. Fortunatamente la sala computer e la sala macchine non furono
    
 danneggiate, percui poterono chiamare i soccorsi che arrivarono tempestivamente. I danni erano si,
    
 ingenti ma non catastrofici e irreparabili. Ripartire con l'Eclipse, era impossibile percui Roman anche
    
 se dispiaciuto per l'accaduto, fece arrivare un altro suo yacht a prelevarci.
     
Nessuno aveva più il coraggio di aprir bocca. Sembrava che ognuno dicesse: "Beato sono ad essere
    
 ancora vivo, ringrazio Dio per essere stato miracolato". Josephine era seduta accanto a me e diceva:
 
    "Coraggio Etienne ce l'abbiamo sempre fatta. Ora non ti abbattere perché la tua Josephine è vicino a
    
 te e ti amerà fino alla morte e oltre, non essere triste, vedrai che con l'aiuto di Lili, Manu, le nostre
    
 altre due bimbe e Roman, continueremo a vivere. Dal canto mio, non sapevo proprio cosa dire al mio
    
 grande amore e continuavo a scuotere il capo. All'improvviso, mi venne una gran voglia di rivedere e
    
 riabbracciare stringendo loro la mano a tutti coloro che ebbero avuto tanta pazienza con me. Sentivo
    
 dentro me le forze che a poco a poco stavano abbandonandomi. Domandai a Josephine, la quale si
    
 trovava accanto al mio capezzale, se avesse potuto chiamare Liliana la mia figlia prediletta, Manuela
    
 la sua gemella anch'essa tanto amata da me e dalle due ultime nate, Jasmine e Maddalena, anche il
    
 buon Roman assieme alla sua moglie Maddalena, la dott. Migliarini e i dottori Pavia e Rizzi, Filipp il
    
 capitano (per le onoranze funebri in mare) Jasmine la mia bellissima autista dai capelli lunghi e neri,
    
 Lella la bellissima comandante del boeing 767, Erdi il copilota, Gilbert l'autista del pullman, Rosy la
   
  hostess, Annusca la capo delle segretarie Marzia e Antonella. Dopo ebbi ancora il tempo di pensare
   
  qualche attimo e poi parlando fra me e me dissi: "Sono stato fortunato a trovare una ragazza come
   
  Josephine, la quale seppe guidare una persona piccola e spregevole quale sono, tenendole la mano
    
 per tutto il lungo percorso della vita". Fino a quando in un giorno tenebroso e tanto lugubre, una
    
 sensazione bella e soave entrò nel mio cuore e avvolgendolo con la sua grande luce, faceva si che a
    
 poco a poco entrassi nella sua dimensione, lasciando così, tutto ciò che avevo di terreno, portandomi
    
 nei verdi pascoli di Dio, preparando un bel posto per Josephine, alle mie amatissime figliole Liliana,
    
 Manuela, Josephine, Maddalena e tutti coloro che mi vollero bene.

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