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BENVENUTI NEL ROMANZO E DIPINTO DI STEFANO VILLA

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                                                           ROMAN ABRAMOVICH

       Era una serata invernale e molto fredda dell'anno 2011, per l'esattezza il 20/1/2011. Il termometro
      
messo all'esterno da me, segnava meno 11, e non poteva nevicare perché la temperatura era molto
     
 bassa. Guardai l'orologio e vidi che erano le 3.15 del mattino.
      
 Mi trovavo all'interno di quattro mura della mia umile dimora a lume di candela perché era mancata
     
 la corrente e desideravo continuare a lavorare su un di romanzo. Passai una notte indimenticabile
     
 perché mi vennero alla mente molti bei ricordi e cioè, quando mi permisi di scrivere il romanzo dal
       ti
tolo "Vacanze in mare".
      
Pensando fra me e me mi dicevo: "Stiv pensa come sarebbe bello se veramente si avverasse il tuo
     
 sogno quando scrivesti il romanzo "Vacanze in mare". La mia mente vagava e mi portava sempre ad
     
 Abramovich (il magnate russo padrone di questo panfilo gigantesco il
      
 cui vero nome non è Desiderio che inventai per l'occasione ma bensì Eclipse). Sempre pensando e a
     
 bassissima voce dicevo: "Vedrai che prima o poi se questo simpaticissimo personaggio verrà a sapere
     
 che hai scritto qualcosa di carino riguardante la sua lussuosa nave, ti contatterà e magari ti inviterà
     
 a bordo facendotela visitare".
      
Ricordo che all'improvviso fui avvolto da un torpore che mi fece dormire qualche ora sul manoscritto.
     
 Venni poi svegliato dal
telefono verso le ore 10 dello stesso giorno. Rispondendo con voce roca e la
     
 lingua ancora attorcigliata a causa del gran sonno dissi: "Pronto". Dall'altra parte del cavo una calda
       vocina di donna disse di chiamarsi Josephine (Giuseppina) e che stava chiamandomi per conto di
     
 Roman Abramovich, dicendo inoltre che era la sua segretaria.
     
 Le dissi: "Josephine, sogno o son desto?" Ella mi disse : "Signor Etienne (Stefano) lei è molto desto
     
 mi creda e il sig. Abramovich, dopo aver saputo ciò che lei scrisse riguardo il suo mega yacht, fece di
     
 tutto per avere una fotocopia del romanzo "Vacanze in mare" e dopo averlo letto e riletto, l'invita
     
 quindi a presentarsi innanzi a lui perché è stato molto colpito da quello che lei ha scritto e ha saputo
       t
rasmettergli. Il sig. Abramovich, è molto sensibile anche se è molto ricco".
      
Sig. Etienne, se me lo consente vorrei confidarle la mia impressione personale e quella dell'autista
     
 Jasmine, colei che fra non molto verrà a prenderla per condurla sull'Eclipse e cioè pure noi abbiamo
     
 letto con molto interesse il suo romanzo ed entrambe siamo state affascinate da queste bellissime
     
 vacanze da sogno. A lei adesso non rimane altro da fare che darmi il suo indirizzo e attendere con
       pazienza la bella Jasmine dai capelli lunghi e neri naturalmente assieme a me. Dimenticavo di dirle
     
 che arriveremo da lei, con una lussuosa limousine bianca e assieme verremo veramente al porto di
     
 Monte Carlo, dove potrà ammirare questa nave stupenda. Dice inoltre il sig. Abramovich che se lo
     
 desidera, potrà rimanere assieme a lui e a noi tutto il tempo che vorrà perchè ha deciso (sempre che
     
 lei accetti) di pagarla molto bene per scrivere romanzi, poesie e racconti in genere durante le nostre
       crociere, se accetta il mio consiglio non gli dica di no perché soffrirebbe tantissimo".
      
Dopo aver ascoltato attentamente questa
bellissima
voce non volevo ancora pensare che tutto questo
     
 potesse essere realtà e quindi ci dormii sopra.
     
 L'indomani verso le 10.30, fui svegliato dallo squillo insistente del telefono. Dopo aver aperto ben
     
 bene gli occhi e le orecchie, decisi di non rispondere perchè ero troppo stanco e quindi andai alla
      
finestra della mia umile alcova, per guardare un po' e meditare sul da farsi. Non appena mi affacciai,
     
 vidi un paesaggio stupendo. La neve che durante la notte era scesa aveva imbiancato tutto rendendo
      
così il paesaggio molto romantico. M'accinsi ad attizzare il fuoco, dopodiché mi sedetti e pensai molto.
     
 Verso le 13, ricevetti un'altra telefonata. Mi alzai dal posto in cui stavo seduto e andai a rispondere.
      
Dopo aver detto pronto, rimasi senza parole perchè sentii una voce possente e dall'accento russo la
     
 quale mi invitava ad ascoltare la sua interprete.
      
Quella voce possente era niente po' po' di meno che la voce di Roman Abramovich. Mi sedetti e dissi:
     
 "Prego signorina parli pure perché Etienne la sta ascoltando". Mi disse
di chiamarsi Federica, che per
     
 volontà del sig. Abramovich, sarebbe venuta
pure lei nella mia umile alcova per condurmi a Monte
     
 Carlo dove era ormeggiato l'Eclipse. Volle solo sapere l'indirizzo dove vivevo, aggiunse inoltre che se
     
 non avessi avuto il tempo necessario per preparare i bagagli
non era un problema perché a bordo del
       mega yacht avrei trovato tutto ciò di cui avevo bisogno. Proprio in quell'istante mi venne un attacco

   
   cardiaco, per cui dovetti chiedere scusa a questa (penso graziosa interprete).
      
Ella molto gentilmente disse: "Sig. Etienne adesso la lascerò tranquilla per un po' mi scusi ancora la
     
 contatterò quando lo desidererà. Ormai le ore passavano interminabili e io stavo sempre peggio. Non
     
 avevo il coraggio di dire a nessuno quello che stava accadendo al mio cuore e nel mio profondo. Ad
     
 un certo punto fui di nuovcontattato da Federica, la quale domandò se avesse potuto dialogare un
     
 po' con me. Le risposi di si, però le esposi il mio problema. Parlammo solo pochi minuti dopodiché,
     
 decidemmo entrambi di trovarci sotto casa non appena mi avesse chiamato al cellulare.

      
Ormai il forte spasmo al petto stava pian piano passando e di essere recluso in questo tugurio era
     
 angosciante, quindi con le poche cose che avevo preso, m'incamminai e scesi le scale di questo tetro
      
casermone per andare nel piazzale ad aspettare questa bellissima limousine.

      
Mi sedetti sulla solita pietra aspettando pazientemente e poiché era ormai sera, le tenebre si erano
     
 inghiottite la luce. Quando mi svegliai ormai era
 notte fonda e tutt'intorno s'era formata la galaverna
     
 e della limousine neppure l'ombra.
Decisi dunque di ritornare nel mio bugigattolo mi ributtai a terra
       p
er dormire, poiché il sonno aveva preso il sopravvento.

      
In quel frangente sentii come un fruscio non era un rumore molesto ma un dolce sussurro innanzi a
      
me vi era una bellissima fanciulla dai capelli corti e castani dicendo di chiamarsi Federica. Domandò
       il
mio nome e dopo aver saputo tutto di me, disse che la limousine era parcheggiata dietro l'angolo.
     
 Non mi fece fare il minimo sforzo perché era al corrente di quello che stavo provando, fece arrivare
      
l'auto proprio vicino a me. Quando l'auto si fermò, scesero Jasmine (l'autista) e al suo fianco una
      
bellissima ragazza dai capelli lunghi e d'oro assieme ad un elegante signore gentilissimo dicendo di
      
essere il cardiologo a bordo della Eclipse, disse inoltre di chiamarsi Pavia e che si sarebbe preso cura
     
 di me. Salimmo tutti quanti in auto e partimmo per Monte Carlo. Arrivati che fummo mi venne un
     
 grande nodo alla gola perché mi sembrava di rivivere le stesse sensazioni di quando componevo il
     
 romanzo "Vacanze in mare". Ricordo che la segretaria Josephine che sedeva accanto a me, essendo
     
 anch'essa molto sensibile e accorgendosi della mia commozione disse queste parole: "Potrei darti del
     
 tu?" Risposi, si mia carissima e bellissima Josephine me l'hai appena dato e ti autorizzo a continuare
     
 altrimenti ti picchio sul tuo bel visino d'angelo. 
      
Non prendere alla lettera tutte le stupidaggini che escono dalla mia bocca, perché mi piace scherzare
       
e userei il palmo delle mie mani solo per accarezzarti perché mi piaci da morire. Mi disse: "Amore
      
mio avverto che in te c'è qualcosa che ti turba, mi vuoi dire ciò che hai dentro?" Le risposi con molto
       
piacere. Si avvicinò al mio corpo e mise il suo bel braccino attorno al mio collo, poi con voce flebile
      
timidamente mi disse: "Ora che sono stretta a raccontami tutto".
      
Cominciai col dirle:
"Mia cara bambolina devi sapere che quando scrissi Vacanze in mare usai molta
     
 fantasia, ma ora che ho davanti un così bello spettacolo devo dedurre che è pura realtà e a stento
     
 riesco a credere ai miei occhi. Il dottor Pavia che sedeva accanto alla bella Jasmine mi chiese: "Come
     
 va li dietro?" Gli risposi: "Dottore ora va un po' meglio, però penso che fra non molto avrò bisogno
     
 del suo prezioso aiuto. Lui scherzando mi disse: "Non ne dubiti maestro, ma ora si lasci coccolare da
       questa bella ragazza che le sta accanto e vedrà che non se ne pentirà". L'ascoltai chiusi gli occhi e
     
 sentendo il calore provenire dal corpo di Josephine mi addormentai sulle sue belle gambe. Nessuno
     
 dei passeggeri compresa l'autista, ebbero il coraggio di disturbarmi. Quando mi svegliai, notai subito
     
 che la mia mano era appoggiata delicatamente nella parte intima di Josephine.
     
 Mi vergognai e le domandai scusa dicendole inoltre che questo doveva essere accaduto contro la mia
     
 volontà, durante il sonno profondo. Lei non disse nulla mi accarezzò dolcemente mi baciò, dopodiché
    
  si commosse tantissimo dicendo d'essersi innamorata di me.
 Svegliatomi totalmente vidi che davanti
     
 a noi c'era l'Eclipse un enorme bestione, a prua di esso un simpaticissimo signore sorridente con una
       bella barba scura, oltre ad altre numerose persone. Josephine prendendomi per mano mi sussurrò:
 
     "Lo
sai chi è questo simpatico signore che si sta sbracciando per salutarti?" Le dissi: "Dimmelo tu mon
     
 amour perché non riesco proprio a capire chi possa essere". Josephine mi disse: "Questo simpatico
     
 personaggio è colui che mandò tutti quanti noi con la limousine a prenderti per condurti sull'Eclipse
     
 il suo nome è Roman Abramovich il famoso magnate il quale è ansioso di conoscerti.
      
Quando scendemmo dall'auto notai che pure a Monte Carlo faceva un gran freddo e tirava un forte
     
 vento di maestrale. Roman aveva in testa un bel colbacco (cappello russo). Una volta salito a bordo
     
 prese
la parola Federica (l'interprete italiana di Roman) lui mi diede una bella stretta di mano da vero
   
   russo che quasi me la staccava dal braccio, poi mi abbracciò come si fa fra uomini appena conosciuti.
      
Si vedeva che era contento e così pure io dopodiché disse qualcosa a Federica e lei gli fece un cenno
     
 col capo come per dire sì. Federica rivolgendosi a me disse: "Sai Stefano, Roman dice che è onorato
     
 che tu sia venuto a conoscerlo, dice inoltre che ha notato come Josephine ti guarda e come ti tiene
     
 per mano; ha anche aggiunto che non ti lascerà partire molto presto e se lo desideri potrai rimanere
     
 con tutti noi per sempre perché secondo lui, vede ben presto qualcosa di bello fra lei e te.
      
Dopo aver parlato ancora un po' (col prezioso ausilio di Federica), mi domandò se avessi desiderato
     
 visitare questa città galleggiante, al che risposi: "Con molto piacere". Mentre mi faceva vedere le
     
 lussuose sale, notavo con stupore che da "Vacanze in mare" alla realtà non ero molto distante, era
      
quasi tutto come l'avevo immaginato e scritto nel romanzo l'unica cosa che mancava erano i miei
     
 dipinti. Questo gentile signore mi domandò sempre tramite la sua bella Federica se avessi desiderato
     
 visitare qualcosa in particolare.
     
 Dissi a Federica che prima di tutto non vedevo
l'ora di salire sul ponte di comando per dominare tutto
     
 il panorama di Monte Carlo dall'alto in basso e poi farmi visitare da qualche dottore perché non stavo
     
 per nulla bene. Rammento che per l'occasione mi visitò una simpatica dottoressa italiana la quale mi
     
 fece portare d'urgenza nell'infermeria dell'Eclipse dicendo di chiamarsi Donatella Migliarini.
     
 Dopo avermi fatto distendere sul lettino mi visitò accuratamente poi col suo
cellulare chiamò il dottor
     
 Pavia il quale era sceso in sala macchine per visitare Luca Moretto (capo macchinista) e Luka (il suo
     
 secondo) per fortuna non erano gravi. Avendo ricevuto questa chiamata d'urgenza, salì subito dove
     
 ci trovavamo e mi visitò in modo accurato. Disse alla dottoressa che non era nulla di allarmante e
     
 che inoltre di aprire l'armadietto situato proprio accanto a lei e di prendere alcuni farmaci per poi
     
 somministrarmeli. Vicino a me non avevo la mia amata Josephine perché venne chiamata
da Annusca
     
 (Anna che era a capo di tutte le segretarie di Abramovich). Se devo essere sincero la mia Josephine
     
 mi mancava molto e avevo tanta nostalgia di
lei temendo che ben presto l'avrei perduta. Avevo voglia
     
 di nulla solo di tornarmene da dove ero venuto poiché il mio stato di salute era un po' precario e la
     
 depressione stava prendendo il sopravvento. Decisi di farmi un sonnellino sopra questo confortevole
     
 lettino. Donatella (la dottoressa) dopo avermi somministrato qualche farmaco mi domandò se poteva
       assentarsi per qualche istante le risposi: "Prego gentil dottoressa vada pure
e grazie di tutto".
       Mi svegliai ma non ricordo a che ora e accanto a me notai che c'era Roman
Abramovich e Federica.
       Con un fil di voce sussurrai dolcemente a Federica: "Fede di al signor Abramovich che ho apprezzato
       molto il suo gesto e l'accoglienza fattami, però
ho deciso che se dovrò raggiungere la dimora eterna,
       preferisco andarci da casa mia e... anche al più presto perché non ne posso proprio più di questa vita
       terrena donatami dal buon Dio con tanto amore lo so perfettamente che sto bestemmiando ma spero
       che Lui con la sua bontà infinita, potrà perdonarmi".

      
Espressi il mio ultimo desiderio al signor Roman Abramovich scrivendo questa brevissima poesia
       sussurrandola a Federica dal titolo: Josephine                                                                                 

      
Mia carissima amica. Ormai sento dentro me che sto per raggiungere i pascoli più verdi che ci siano,
    
  ma prima di partire fa che questo essere insignificante quale è, riesca ad abbracciare per l'ultima
     
 volta la sua tanto amata Josephine e a dirle quanto l'abbia amata.

       Non volli aggiungere altro; ma notavo che tutti quanti a bordo dell'Eclipse, mi stimavano moltissimo
       e cominciavano a capire come fossi fatto. Per la prima volta vidi il magnate che piangeva come un
       bambino, allorché mi ricordai le bellissime parole di Josephine quando diceva che Roman Abramovich
       era molto sensibile e avrebbe sofferto molto se non avessi
accettato l'invito a bordo del suo yacht.
       Mi commossi pure io e piansi non poco.

       Il cuore di questo ricco signore, era talmente grande che immediatamente avvisò Annusca la quale
       era la responsabile delle sue segretarie di sospendere tutto quello che stava
 facendo e raggiungere
       al più presto l'infermeria per cose che la riguardavano.
Non passò molto tempo che Josephine arrivò
       al mio capezzale.
Ci fu qualche attimo di silenzio e di suspense, poi dopo averla fissata ben bene
       negli occhi le dissi: "Josephine perdonami ma concedimi il privilegio di dedicarti questa poesia".
       Mi disse: "Recita pure, cominciai con questo titolo:
 Desideravo un'amica.

       Ho desiderato ardentemente un'amica e ti devo dire che fino ad ora in tutta sincerità, non ne ho
    
  trovata neppure una. L'amica vera è colei che capisce quando ne hai bisogno e cerca con tutte con
     
 tutte le sue forze di darti una mano.
      
Sai piccola e bella Josephine io scruto profondamente le persone prima di prendere una decisione,
    
  dopodiché decido. A malincuore ti devo dire che mi hai molto deluso.
   
   Da te non mi sarei mai aspettato di essere trattato come un essere così ignobile. Avrei ancora tante
     
 tantissime cose da dirti, ma ora non desidero più parlarne.
       Sappi solo questo: "Desideravo solo te come vera amica".

       Ti chiedo umilmente perdono e cercherò con tutte le mie forze di uscire per sempre dalla tua vita;
      
mi ero affezionato tantissimo. Perdonami ancora per averti procurato tanti fastidi e i sentimenti che
 
     nutrivo per te avrei potuto serbarli per una ragazza più meritevole di te.

       Dopo che ebbi finito di recitarle queste toccanti frasi, notai che stava piangendo e doveva soffrire
    
  moltissimo. Ad un certo punto mi strinse forte a se e sentii la sua bella voce sussurrarmi: "Amor mio
     
 che cosa ti sta accadendo? Sono qui al tuo fianco e non voglio perderti; senza la tua presenza....,
     
 morirei di crepacuore. Ti amo alla follia non abbandonarmi farò qualsiasi cosa pur di non perderti
     
 credimi". Fu allora che ebbi un rimorso di coscienza e prendendo delicatamente la sua manina nella
     
 mia, le dissi sottovoce: "Ti amo tantissimo pure io e non ti abbandonerò, mai, ti prego di perdonarmi
     
 per il malinteso, vedrai che non accadrà mai più, e con le lacrime agli occhi mi strinse fortemente a
     
 se, dopo avermi baciato solo come lei sapeva fare senza vergognarsi, guardò il suo buon datore di
     
 lavoro dicendogli: "Devo dire a Etienne che lo voglio sposare il più presto possibile".
      
Lui ne fu felicissimo e tramite la sua graziosa interprete, disse: "Sono d'accordo anch'io, affrettati a
     
 dirglielo". Fu una scena strappalacrime e tutti i presenti erano commossi. Arrivò Filippo il capitano
     
 dell'Eclipse dicendo di volermi conoscere. Stette in nostra compagnia per circa un'ora, dopo venne
     
 chiamato da Luca (il timoniere) dicendo che Antonietta la responsabile della sala computer aveva
     
 ricevuto il bollettino meteo che comunicava che il tempo era in grande peggioramento, sconsigliando
     
 inoltre a tutte le imbarcazioni e aerei di non mettersi in viaggio nella maniera più assoluta, perché
     
 erano previste anche trombe d'aria tremende per cui non si poteva salpare per nessuna destinazione
     
 e di tenere le imbarcazioni ben ormeggiate ai moli onde evitare brutte sorprese. Dopo alcuni giorni,
     
 il mio amico Roman, mi domandò se fossi stato disposto a tornare (naturalmente accompagnato da
      
Jasmine a casa mia)
perché avendo letto "Vacanze in mare" voleva vedere i miei dipinti e magari
      
acquistarli pagandomeli molto bene per collocarli a bordo dell'Eclipse. Gli dissi: "Ok amico
mio però

     
 se non chiedo troppo, vorrei al mio fianco Josephine la mia promessa sposa. Con un cenno del capo
     
 mi fece capire che era d'accordo. L'indomani di buon mattino, partimmo per la mia città a prendere
     
 tutti i
miei dipinti. Faceva molto freddo e la nebbia la si poteva tagliare col coltello. Jasmine era molto
     
 attenta alla guida e guidava da vera professionista. Ci mettemmo parecchie ore per raggiungere la
      
mia alcova, ma poi finalmente arrivammo. 
      
L'appartamento era freddo e buio, per cui caricammo tutto nell'auto e partimmo. Dopo alcuni istanti
      
Jasmine disse: "Signori miei v'informo che mi è venuta fame per cui, mi fermerò per cenare". Dissi:
       "Va bene Jasmine, anch'io ho un leggero languorino, fermati così potrò fare un piccolo spuntino".
      
Prese la parola Josephine dicendo: "Scordati pure uno spuntino perché il sig. Abramovich ha detto di
      
andare a pranzare o a cenare in qualche Hotel". E fu così che ci fermammo all'Hotel Eden situato in
      
città. Dopo che Jasmine ebbe parcheggiato l'auto in un garage sicuro dell'albergo e dato una bella
      
mancia al custode, con l'ascensore salimmo al piano dove si trovava la sala ristorante. La cena non
       finiva mai, anche perché la cucina era ottima e le portate abbondanti.
      
A un bel momento dissi a Jasmine: "Alla faccia dello spuntino, non ne posso proprio più, ho mangiato
     
 benissimo e penso che fra non molto crollerò dal sonno". Intervenne Josephine dicendo: "Non ti devi
     
 preoccupare perché non devi guidare e poi ci penserà la tua bimba a tenerti sveglio coccolandoti non
     
 poco. L'autista c'è, quindi non pensare a nulla se non ad amarmi. Ripartimmo dalla mia città natale
     
 attorno alle ventiquattro. Jasmine mise in moto l'auto per farla scaldare poiché ormai la temperatura
     
 esterna era meno 14 gradi; la nebbia era fittissima e ghiacciata, in poche parole era una serata da
      
lupi. Dopo aver salutato il custode ed esserci allacciati le cinture, piano piano uscimmo dal garage,
     
 non appena voltammo l'angolo, due loschi figuri incappucciati e con una mitraglietta fra le mani ci
     
 dissero:
"Dove credono di andare queste belle pollastrelle." Ero terrorizzato e pensavo d'essere ormai
     
 spacciato e inoltre se questa scena fosse durata ancora a lungo, mi sarebbe potuto venire un infarto.
     
 Ricordo una bellissima scena che non potrò mai dimenticare e che a distanza di anni la raccontai alle
     
 nostre figlie Liliana e Manuela. Vidi che la bellissima autista dai capelli neri molto lentamente slacciò
     
 la cintura e sempre con molta calma voltò il suo bel visino dove accanto a me sedeva la mia amata
     
 Josephine. I due bastardi e secondo me violentatori, erano uno a fianco alla portiera della guida con
      
il mitra spianato verso il bellissimo volto di Jasmine e l'altro delinquente anch'esso col mitra puntato
      
e pronto a sparare contro Josephine si permise di dire: "Ora siete nostre, prima ci divertiremo finché
     
 non saremo sazi e stufi di voi, poi questo essere ignobile che non è neppure capace a difendervi lo
      
tortureremo a morte e poi lo uccideremo di modo che non ci siano testimoni, dopodiché, se sarete
     
 state gentili con noi, vi lasceremo andare; prenderemo solo l'auto, i vostri portafogli, comprese le
      
carte di credito e tutto ciò che vi è all'interno di questa lussuosa vettura; sono stato chiaro?
      
Su fratello prepariamoci a far festa con queste due troie, divertiamoci fino allo sballo". Questi due
      
emeriti stronzi non si accorsero che mentre stavano bofonchiando tante cazzate, anche Josephine
     
 molto lentamente si stava slacciando la cintura, poi più nulla per qualche secondo. Tutto tacque; un
       gran
silenzio tombale regnava all'interno della limousine quando a un tratto e a sincrono le portiere
     
 laterali di scatto si spalancarono gettando a terra i due coglioni malcapitati per cui le mitragliette del
      
cazzo, volarono distanti dai loro indegni padroni.
       
La bravura e il sangue freddo di Jasmine e di Josephine le quali essendo state per diversi anni nella
      
polizia di stato
e istruttrici di arti marziali, non ci misero che due secondi a bloccare
e immobilizzare
     
 i due violentatori e ladruncoli da strapazzo, togliendo loro quel cappuccio disgustoso che non faceva
      
vedere la loro brutta faccia, consegnandoli poi alle autorità della città.
     
 Ero incredulo e dissi a Josephine: "Amore mio, da quello che ho visto, penso che da ora in poi non

       dovrò farti arrabbiare e perdona le parole che ora verranno fuori dalle mie
viscere. Non puoi vivere
    
  una vita con un vile personaggio come me per cui lascia che torni alla mia umile alcova dove potrò
    
  forse dimenticare il nostro breve idillio; non merito il tuo amore e non ti voglio più vedere". La sua
     
 bella manina in modo molto dolce sfiorò la mia bocca perché non potessi più pronunciare una sillaba
      
e accarezzandomi disse: "Etienne non temere perché con te saprò essere una brava, tenera e dolce
      
mogliettina, sarai libero sempre che tu lo voglia di coccolarmi all'infinito oppure no; perché ho capito
      
che sei un puro, umile, giusto e hai tanto bisogno di affetto. Sai bimbo mio, non te lo volevo dire ma
    
  quando il sig. Roman assume una persona, si assicura che sia esperta in arti marziali e sappia anche
     
 destreggiarsi con le armi, lui è molto buono e ci paga anche moltissimo.
    
  Permettimi di dirti un'altra cosa, sai quante persone fanno parte dell'equipaggio che lavorano sulla

       Eclipse?" Dissi: "Non ne ho la più pallida idea bambolina dimmelo tu; sono curioso". Si avvicinò un
      
po' di più dopodiché disse: "Sull'Eclipse attualmente stanno lavorando più di cento persone e sono
       tutti bravissimi lottatori e ottimi tiratori scelti, perciò mio amatissimo
sposo con noi al tuo fianco sarai

       protetto, anzi super protetto a vita."
     
 Ora però partiamo sennò a Monte Carlo ci daranno per dispersi, parleremo strada facendo. Jasmine
     
 mise in moto l'auto e ci avviammo. La notte era ormai inoltrata da tempo e Josephine volle di nuovo

       ritornare sull'argomento. Questa volta mi svegliai col capo appoggiato sul suo seno e la mano destra
     
 racchiudeva una sua tettina, non facendole assolutamente alcun male. Mi disse: "Non muoverti da

     
 come sei perché mi piace e intanto accarezzami tutta perché ne ho tanto bisogno. Se la mia voce non
     
 ti annoia, vorrei raccontarti ancora qualcosa; posso?" Le dissi: "Dimmi pure mia eterna bambolina ti
     
 ascolterò molto volentieri". Mi disse: "Hai notato quel signore sempre allegro che scherza volentieri
      
con tutti? Ebbene lui è il nostro gastroenterologo e ottimo chirurgo il suo cognome è Rizzi il nome
      
ora mi sfugge, ha eseguito diversi trapianti a vari pazienti perfettamente riusciti.
      
Sembra una persona innocua ma non devi farlo arrabbiare perché è in grado di disintegrarti. E Luca
     
 Moretto (il capo macchinista) lui se si arrabbia diventa una bestia ed è in grado di distruggerti anche
      
a chilometri di distanza. Ora che ho finito di raccontarti queste cose, desidero sentirti dire che mi
      
vuoi bene perché ho bisogno di tanto affetto e mi sento molto sola.
      
Ormai sono innamorata pazza del mio Etienne e senza la sua presenza, il mio cuoricino soffrirebbe
     
 tanto. Non potei dire nulla perché avevo un grande nodo alla gola e le lacrime agli occhi, ma, piano,
     
 piano, raggiunsi le sue stupende labbra sensuali, la mia lingua le sfiorò delicatamente, assaporando
     
 così il dolce profumo del suo lucida labbra e del loro calore. Pure Josephine collaborò e dopo pochi
      
istanti diventammo un corpo e un'anima sola non preoccupandoci più di nulla.
     
 Jasmine sapeva benissimo quello che nel sedile posteriore stava accadendo, ma essendo concentrata
     
 alla guida, non disse nulla e continuò a guidare nella fitta nebbia. Era anch'essa una ragazza seria,
     
 sensibile e molto dolce la quale non perdeva occasione per fare la stupidina con me, ma al tempo
     
 stesso non esagerava, perché aveva capito quanto Josephine ed io ci amassimo. Jasmine non era per
 
     
nulla gelosa e capivo che sapeva soffrire in silenzio. Ad una certa; ora della notte, avvertii un gran
     
 caldo e capii subito che doveva essere opera di Jasmine la quale non voleva che Josephine ed io ci
     
 amassimo al freddo. Dopo circa due ore fui svegliato dalla mia amata Josephine. Mi stropicciai un po'

        gli occhi, poi scuotendo il capo in maniera molto dolce le dissi: "Amore mio ho molto sonno, ma vedo
 
     che c'è del fuoco, sai dirmi cos'è successo?" Mi disse che a causa della fitta nebbia un autotreno andò
     
 a tamponare un'auto la quale prese immediatamente fuoco.
      
Per fortuna che avevamo finito di farci le coccole, potendo così scendere per soccorrere i feriti e con
      
il telefono della limousine, avvisare la polizia e chiamare le ambulanze. Fortunatamente non ci fu
      
nessun morto solo qualche ferito. Ben presto potemmo proseguire il nostro viaggio e raggiungere
      
Monte Carlo, dove Roman ci attendeva con ansia. Non appena arrivati, fummo accolti cordialmente
      
da tutti, dopo di che andammo nel salone ristorante del panfilo per desinare, dato che era l'ora di
      
pranzo. Roman si sedette accanto a noi perché desiderava conversare con me su molti argomenti.
     
 Disse fra l'altro che i miei dipinti aveva intenzione di ammirarli dopo pranzo, che per il momento, li
     
 aveva fatti depositare con molta cura in biblioteca. Naturalmente non riuscì a dire tutto quello che

     
 avrebbe avuto intenzione di dirmi, perché il tempo a disposizione era molto limitato. Voltatomi vidi
     
 avanzare verso di noi, una giovane e bella signora sorridente e indossava un vestito molto elegante
      
il quale mi lasciò senza fiato. Si presentò stringendomi la mano e dicendo di chiamarsi Maddalena.
      
Dopo essermi ripreso dallo choc, inspirai profondamente e le dissi: "Piacere madame il mio nome è

     
 Etienne, ma mi chiami pure Stefano se preferisce". Mi disse: "Per me va benissimo Etienne, mi piace
     
 molto". Notavo benissimo che la nobil dama era abituata a conversare con persone d'alto rango, non
     
 come il piccolo essere ignobile e dall'aspetto insignificante che le era seduto accanto. Non dissi nulla
      
e domandando scusa, molto diplomaticamente mi congedai da tutta la simpatica compagnia.
      
Lentamente m'avviai verso la prua di questo megayacht ma non potei sedermi perché non eravamo

     
 ancora in piena estate come quando navigavamo per raggiungere Tenerife. Ora in questo posto c'era
     
 solo tanta neve ghiacciata, quindi decisi di andare nella mia camera per pensare. Mi misi a scrivere
     
 qualcosa per farmi passare la tristezza e la noia. Ma dentro me c'era tanta angoscia, e una voglia di
     
 sparire e non farmi più vedere da nessuno.
     
 Mi sentivo solo in mezzo a tanta gente nobile, non riuscendo a capire il motivo percui questo signore
     
 ultra miliardario aveva voluto conoscermi. Non riuscendo a combinare un bel niente decisi quindi di
      
fare l'unica valigetta che avevo,
 lasciando tutte le mie opere su questa nave. Non facendomi notare
     
 da nessuno, con i pochi spiccioli rimastimi in tasca cercai di tornare da dove ero venuto, e cioè nella
     
 mia umile fredda e umida alcova. Ben presto riprese a nevicare e non sapendo dove rifugiarmi, mi
     
 sedetti da qualche parte che ora non ricordo e poiché non avevo alcuna idea, pensai intensamente
     
 alla mia amata Josephine. Oramai era troppo tardi per tornare indietro, così chiusi gli occhi e.... mi

      
addormentai. Quando mi svegliai m'accorsi che non ero più nel posto dove mi trovavo quando persi i
     
 sensi, addormentandomi al gelo in preda ad una crisi depressiva ma bensì al calduccio sull'Eclipse e
      
per l'esattezza in infermeria.
     
 Venni poi a sapere che avevo subìto un intervento al cuore, perché il grande freddo associato alla

      
gran depressione non avevano lasciato spazio alla salute per cui crollai di colpo. Mi vergognai quando
     
 vidi che accanto a me c'era Josephine la quale stava piangendo. Non le domandai nulla e mi girai sul
     
 fianco sinistro voltandole la schiena. Ero molto depresso e non volevo parlare, ne tantomeno vedere
     
 nessuno. La grande bontà di Roman e la grande pazienza di Josephine nonché di tutto il personale di
      
bordo, fecero si che per il 25 Febbraio e con il grande aiuto di Dio, mi fossi rimesso. Per quella data
     
 che definirei storica si presentò davanti a me nel salone ristorante la gentil signora bionda dal nome
      
Maddalena, che abbracciandomi davanti a tutti i commensali e non vergognandosi minimamente del
      
bellissimo gesto appena compiuto, mi diceva: "Tanti auguri di buon compleanno maestro Etienne.
      
Tutti quanti siamo felicissimi di riaverla nuovamente fra noi.

      
Ero frastornato, non capendo e non ricordando chi fosse la bella signora, a causa della mia breve
      
perdita di memoria, mi feci coraggio e le domandai: "Mia bella signora, per cortesia mi vuole dire il
      
suo nome e chi è?" Roman sorridente come sempre e tenendo il suo braccio incollato sulla mia spalla,
     
 non fiatava sembrava morto. Ad un certo punto la gentil dama fissandomi ben bene con molta calma
     
 guardandosi attorno e vedendo che nessun commensale osava dire parola disse: "Professor Etienne,
     
 vuole proprio sapere chi sono e come mi chiamo?" Non potendo dire di no, la guardai attentamente
  
    e con voce fievole ma al tempo stesso calda le dissi: "Si, per favore mi dica il suo nome e chi lei è
      
veramente, ormai sono incuriosito". Tutt'attorno a noi il silenzio era tombale, poi con molta calma
     
 disse che amava cucinare, e stando spesso e volentieri in cucina ad apprendere tutto quello che i
      
bravissimi chef di bordo, molto volentieri le insegnavano. A questo punto non potendo più esitare e
      
sentendosi ormai braccata, disse di chiamarsi Maddalena e che era felicemente sposata con Roman
      
Abramovich. Se non mi venne un altro attacco cardiaco, fu perchè gli occhi miei, videro avvicinarsi
   
   la mia tanto amata Josephine.
     
 In quel preciso istante il silenzio tombale si ruppe lasciando libero sfogo a un grande applauso (ma
      
senza l'applausometro) con l'aggiunta di una bella risata. Festeggiammo così il mio compleanno. Ora
     
 Roman ed io eravamo felici e stringendomi nuovamente la mano mi fece capire che aveva un assoluto
       b
isogno di Federica e quindi disse: "Adesso desidero parlare seriamente con te e perdonami se d'ora
     
 in poi ti do del tu ma sei diventato per me un grande amico e artista di bordo". Gli dissi: "Carissimo
     
 Roman, le tue frasi mi commuovono non poco, però accetto volentieri ciò che tu pensi di me".
     
 Continuò col dirmi: "Assieme a te vorrei fare un programma ben dettagliato della nostra imminente
     
 crociera. Andiamo nel mio ufficio e una volta lì convocherò immediatamente Anna colei che è a capo
      
di tutte le mie segretarie (ed è anch'essa della tua nazionalità), per fare il punto della situazione".
     
 Arrivati nel suo ufficio squillò il telefono; era Anna la quale desiderava sapere da Roman alcune cose
     
 riguardanti un pozzo petrolifero. Molto educatamente le rispose dicendo: "Salve carissima Annusca la
      
ringrazio molto, però affronterei questo argomento nel tardo pomeriggio, ora la pregherei di venire in
     
 ufficio per prendere accordi con le autorità locali e decidere assieme al nostro amico Etienne quando
     
 salpare per la nuova crociera. Non passarono dieci minuti, che arrivò Anna e dopo averci salutati, si
      
sedette assieme a noi e tutta orecchi ascoltò scrivendo al computer, tutto quello che veniva detto.
      
Roman prendendo la parola mi chiese se fossi stato d'accordo a ripercorrere col megayacht lo stesso
     
 itinerario di quando composi "Vacanze in mare", risposi: "Volentieri caro Roman, però c'è un piccolo
     
 particolare ed è questo; quando composi" Vacanze in mare", usai molta fantasia perché l'unico posto
     
 dove andai veramente, era quando con l'orchestra di cui ne facevo parte mi recai a Sassari per poi
     
 fare una lunga tournée in Sardegna per il resto fu pura fantasia. Non vidi mai né Tolone, né Parigi e
       né tantomeno Tenerife, l'unica cosa di cui ne sono certo, è che fui operato veramente al cuore.
      
Sai caro Roman, mi piacerebbe tantissimo fare una crociera per ammirare questi posti da sogno ma...
    
  per il momento, tutti questi miei desideri rimangono chiusi e ben custoditi nel mio cuore perché sono
      
poverissimo e questi sogni non me li potrò mai permettere. Devo essere sincero. Questa fu per me la
     
 prima volta che vidi Roman piangere nel silenzio più assoluto. Lentamente lo vidi alzarsi dal posto
     
 dov'era seduto andando a sfogare il messaggio appena ricevuto non so dove.
      
Anna ed io (ricordo come fosse ora) per qualche istante ci guardammo intensamente negli occhi senza
      
rendere decisione alcuna, restando senza parole. Anna ad un certo punto alzatasi in piedi mi disse:
       "Etienne ora ti devo proprio salutare perché purtroppo le cose da sbrigare sono ancora molte e visto
     
 che il signor Abramovich non arriva, ne approfitto per fare qualcosa. Non fece in tempo a pronunciare
      
queste parole che Roman era già lì, bello e pimpante come se nulla fosse accaduto.
      
Dopo essersi accomodato, chiamò Filipp (il capitano) dicendogli: "Prego si sieda e ascolti quello che
     
 faremo". Dopo aver ascoltato attentamente, il nostro capitano disse: "Signor Abramovich, secondo me
      
tutti i suoi desideri, potranno essere esauditi ma non prima di quarantacinque o addirittura sessanta
      
giorni, perchè adesso, la temperatura è ancora molto rigida e le mareggiate sono troppo forti, causate
      
dai venti tesissimi provenienti da ogni dove. Secondo me, agli inizi di aprile, potremo salpare per le
      
nuove destinazioni". Il buon Roman disse: "Molto bene capitano e grazie di tutto, mi raccomando di
      
non scordarsi di far fare l'inventario di tutto ciò che manca, nel frattempo mi metterò d'accordo con il
     
 signor Etienne su diverse cose, ora è libero se vuole, arrivederci a cena".
      
Roman rivolgendosi ad Annusca disse: "Stavo dimenticando che domani è il compleanno di Josephine,
      
vuole essere così gentile di avvisare in cucina Misha (Michele) il nostro chef di preparare qualcosa di
      
straordinario? Avvisi anche Andrei il capo pasticcere assieme alla bravissima Marzia e ai suoi colleghi,
     
 di preparare molte torte e di decorarle come solo loro sanno fare. Avvisi Fabio (il secondo pasticcere)
     
 se può salire da noi, perché desidero comunicargli personalmente una cosa che lo riguarda grazie".
     
 Rivolgendosi a me disse: "Allora Etienne, saresti contento di venire assieme a me, Jasmine e... la tua
      
tanto amata Josephine a visitare Tolone e poi proseguire per Parigi, dal momento che non si potrà
      
salpare a causa delle condizioni atmosferiche che non lo consentono? Naturalmente non dovrai tirare
     
 fuori di tasca tua neppure un centesimo; solo una cortesia ti chiedo, se puoi e ne hai voglia, munisciti
     
 di carta e penna per prendere ulteriori appunti". Dissi a lui: "Sono felicissimo e non so come fare per
      
ringraziarti, mi stai facendo un ottimo regalo, partiamo pure quando vuoi". Mi disse: "Molto bene oggi
     
 è lunedì, e domani è il compleanno di Josephine, quindi non possiamo partire perché faremo grande
      
festa con danze ecc. Mercoledì saremo stanchi; se per te va bene potremo partire giovedì; tu cosa ne
      
dici? Gli risposi: "Va benissimo, ma con te non ci si annoia mai perché è una festa continua".
      
Nel frattempo arrivò Josephine e dopo aver salutato tutti i presenti disse che la cena era quasi pronta
      
per essere servita, dopodiché mi strinse a se e mi baciò davanti ai presenti, che sorridevano contenti
    
  vedendo il grande affetto che nutriva per me.
      
A cena non mancava nessuno, c'era anche il capel maister (il maestro di cappella di bordo) il quale
     
 non smetteva un  secondo di fare il pisquano con tutti. Lui era la macchietta della compagnia. Dopo
     
 cena Josephine mi disse: "Ti va di andare sul ponte per ammirare Monte Carlo di notte?" Le risposi:
       "Certo mia dolce bambina, però copriamoci bene perchè fa molto freddo". Una volta usciti dal salone
      
ristorante, si vedeva il fiato uscire dalle nostre bocche. Dopo esserci fissati per qualche istante negli
     
 occhi, ci abbracciammo e ci baciammo teneramente. Si udivano in lontananza i rumori della città e
     
 poiché il freddo era pungente, Josephine con voce sensuale mi disse: "Amore mio, ho molto freddo;
      
andiamo in camera a riscaldarci e a farci tante coccole?" Le dissi: "Si, però prima devo assolutamente
     
 fare una bella doccia calda".
      
Lei con la sua vocina mi disse: "Possiamo farla assieme così magari potremo amarci un pochino sotto
     
 l'acqua". Fu proprio così; tutto andò per il verso giusto, poi, stanchi morti, andammo ad infilarci sotto
     
 le coperte cercando di prendere sonno. Le sue labbra sottili mi facevano morire e il suo corpo ancora
     
 di più. Accarezzando le sue belle gambe, mi sembrava di essere in un altra dimensione. La pelle che
      
avvolgeva il suo corpicino, era morbidissima e le sue tettine erano stupende e stavano perfettamente
     
 nel palmo della mano. Insomma, aveva tutte le carte in regola per farsi voler bene. Dopo alcune ore
     
 fummo svegliati da Manuela, una graziosa fanciulla rumena facente parte del gruppo delle cameriere
     
 dell'Eclipse. Quando entrò si accorse benissimo che durante la notte doveva essere accaduto qualcosa
     
 di molto bello fra Josephine e me, ma non volle parlarne, disse solo una cosa: "Oggi festeggeremo il
     
 ventisettesimo compleanno della nostra Josephine e quindi le auguro tante felici notti come quella
     
 appena trascorsa, io invece sono molto triste anche se non si nota, perchè ieri sera il mio ragazzo, mi
     
 ha lasciata per un'altra". Io, Etienne, mi commossi e andandole vicino le dissi: "Coraggio Manuela,
     
 vedrai che se il buon Dio lo vorrà, potrai nuovamente essere assieme al tuo bel giovine per condurre
     
 una vita serena e tranquilla, abbi fede". Mi ringraziò e pian piano si allontanò. Arrivò Roman facendo
     
 pure lui tanti auguri a Josephine poi disse: "Oggi faremo una bellissima festa, cerchiamo dunque di
     
 divertirci tutti quanti. Domani sarà una giornata di assoluto riposo e giovedì, partiremo per Tolone".
      
Il giorno del compleanno di Josephine fu indimenticabile. Il pranzo fu ottimo e abbondante e le torte
     
 preparate da Andrei, Fabio e altri pasticceri, erano sublimi. Le mani di Marzia (esperta in arte bianca)
       erano perfette per decorare le torte, fare ottime creme e altre cose succulente. Le danze finirono a
     
 notte fonda e stanchi morti, ci avviammo verso le camere per cercare di chiudere gli occhi. Dopo aver
     
 trascorso una giornata di assoluto riposo, pensammo ai bagagli. Verso le diciannove scendemmo per
      
cenare, arrivati al nostro tavolo, arrivò la bella moglie di Roman domandando se fosse potuta restare
     
 con noi per cenare assieme.
Rispose Josephine dicendo: "Volentieri prego si sieda è un onore averla
     
 con noi". Maddalena indossava un abito scuro di alta classe, aveva una collana che doveva costare
      
parecchio e secondo me, era di diamanti come pure i grandi orecchini e il braccialetto. Ciò nonostante
     
 non si dava delle arie, anzi era di una semplicità estrema e devo dire che si stava veramente bene in
     
 sua compagnia. Prima che arrivasse Roman, domandò se l'indomani avesse potuto unirsi a noi per
     
 visitare Tolone e Parigi. Josephine ed io rispondemmo entrambi: "Si", Arrivò Roman e cenammo.
     
 Il giorno dopo all'alba eravamo pronti per partire. Dopo aver salutato tutti, desiderai salire sul ponte
      
di comando per salutare Filipp (il capitano) e i sottufficiali Neo Barbera e Aldo Spizzi.
     
 In quel preciso istante arrivò Luka
(il timoniere) dicendo che si stava annoiando a morte, non vedeva
     
 l'ora di salpare per raggiungere le mete prefissate dal buon magnate. Dopo quindici minuti, salimmo a
     
 bordo della limousine e partimmo. Arrivammo a Tolone senza intoppi e Roman volle subito andare a
     
 prenotare all'Hotel Holiday Inn Gardencourt tre suite a tempo indeterminato e un tavolo vicino alla
     
 vetrata per ammirare il panorama notturno.
     
 Ricordo che mi disse: "Etienne hai saputo descrivere molto bene questo albergo e penso che il
cibo sia

      
  all'altezza della situazione". Gli dissi: "Caro Roman sai, nella fantasia tutto va come vuoi tu ma nella
     
   realtà.......cenammo all'observatory, il ristorante dell'Hotel e tutti noi fummo soddisfatti. L'indomani,
      
  cominciammo a visitare la città. Roman voleva sapere e visitare tutto ciò che nel romanzo Vacanze in
     
   mare avevo scritto. Era molto curioso io invece dal momento che l'avevo scritto, ogni tanto avevo un
     
   po' di nostalgia dei personaggi. Ricordavo perfettamente tutto quello che avevo scritto e in particolare
     
   mi mancava la bella e dolcissima Lella, la nostra guida turistica, la quale dava il massimo di se per
     
   illustrarci tutto in modo dettagliato.
      
  A Tolone, restammo più di sette giorni poi decidemmo di partire per Parigi.Dopo alcune ore di viaggio,
      
  un violento nubifragio si abbatté proprio sulla zona che stavamo percorrendo percui la tanto prudente
     
   Jasmine, fu costretta a fermarsi poiché non si riusciva a vedere più nulla. Sembrava che le cateratte
     
   del cielo si fossero aperte all'improvviso proprio sopra di noi. Una violenta grandinata s'abbatté sulla
     
   limousine. I chicchi erano grandi come pesche ruppero il parabrezza dell'auto colpendo in modo grave
    
    Jasmine la quale si lamentava dal forte dolore al viso e al seno.
Tramite i nostri cellulari, riuscimmo a
       comunicare con l'ospedale di Lione i quali mandarono ambulanze sul luogo del disastro.
       Mentre stavamo aspettando i soccorsi come se non bastasse un mezzo pesante ci tamponò in maniera
       violenta. Per fortuna fui ferito in maniera non molto g
rave. Ben presto arrivarono le ambulanze che
      
ci trasportarono a Lione all'hotel Dieu un ospedale che si estende per 400 metri sulle rive del Rodano.
       Gli unici a stare più o meno bene erano Josephine, Maddalena e Roman. Josephine non smetteva di
       accarezzarmi e baciarmi, mi
disse: "Coraggio Stiv, vedrai che ce la farai".
     
 Dopo circa dieci giorni, eravamo di nuovo pronti per partire verso Parigi, però questa volta l'auto era
     
 non più la limousine ma una Rolls-Royce grigia sempre guidata dalla bravissima Jasmine. Cammin
      
facendo, parlando del più e del meno fummo interrotti da una telefonata importante di Annusca, che
     
 informava il signor Abramovich, che la faccenda riguardante quel pozzo petrolifero era andata a buon
     
 fin
e per cui il
ricco petroliere congratulandosi con lei e i suoi collaboratori disse: "Sono felicissimo non
     
 appena torneremo darò una grande festa, faccia preparare tutto per i festeggiamenti".
      
Arrivammo così
a Parigi e Roman voltatosi verso di me, vide che Josephine ed io eravamo molto....
     
 concentrati in cose intime. Garbatamente e con discrezione, emettendo un suono gutturale della gola
     
 e stringendo le corde vocali ci distolse da come eravamo, poi disse: "Scusa mio carissimo, ora vorrei
     
 andare in quell'hotel a cinque stelle che hai menzionato nel romanzo ma non ricordo il nome, tu lo
     
 ricordi di certo non è vero?"
Gli dissi che me lo ricordavo era l'Hotel Napoleon. Mi disse: "Grazie tante
      
ora telefono immediatamente e prenoterò tre lussuose suite".

      
Una volta entrati nell'Hotel andammo
subito a cenare perchè avevamo una fame da lupi. Passammo
     
 così quindici giorni e Roman mi tempestava in continuazione di domande. Arrivò anche il giorno in cui

       bisognava salutare questa bella città e i nostri nuovi amici per ritornare a Monte Carlo.
      
Ricordo il giorno della partenza, era il dieci aprile dell'anno 2011.
     
 La giornata era fresca e molto soleggiata, era proprio primavera e già assaporavo il suo profumo. Gli
     
 alberi mettevano le loro prime foglioline e le gemme emanavano un buon profumo il quale entrando
     
 nell'abitacolo dell'auto, faceva grande piacere rendendolo più accogliente. Jasmine guidava serena e
      
Maddalena, era elegantissima come sempre, ad un tratto esclamò: "Ragazzi, guardate quanti bei fiori
      
nati in questi grandi prati!" Poi disse a Jasmine: "Ti prego fermati per qualche minuto affinché possa
     
 ammirare da vicino questo spettacolo. Jasmine assecondò il desiderio di Maddalena fermandosi in una
     
 piazzola per
 la sosta delle auto senza recare intralcio alla circolazione. Scendemmo dall'auto per poter

       ammirare questo mosaico naturale. Josephine mi prese dolcemente per mano mi disse: "Sediamoci
     
 un po' e pensiamo al nostro futuro vuoi?" Risposi: "Si lo desidero tanto". Roman prese sottobraccio
     
 Jasmine e assieme alla sua cara mogliettina si allontanarono da noi.
      
All'improvviso una brezzolina sfiorò la leggerissima minigonna di Josephine facendola sollevare un po'

       il mio cuore ringraziò tanto la brezzolina che fece si che i miei occhi, ammirassero qualcosa di molto
     
 bello e lei si fece ammirare senza pudore. Josephine era stupenda, i lunghi capelli al vento, coprivano
     
 il suo visino d'angelo avvolgendolo tutto. Non osavo neppure accarezzarla mi piaceva così. Mentre la
     
 stavo ammirando fui abbracciato da questa gemma preziosa e con un fil di voce disse: "Abbandonati a
      
me e lentamente ci coricammo sull'erba fresca e ancora umida di rugiada, e... dopo qualcosa di molto
      
piacevole successe. Si sentivano le fronde degli alberi bisbigliare quasi come se volessero dire: "È così
      
bello essere innamorati non è vero?" Questo luogo delizioso che fu per me un paradiso, mai lo potrò
       scordare. Alle dodici arrivarono Jasmine, Maddalena e Roman; salimmo tutti in auto e partimmo.

      
Dopo alcune ore arrivammo a Monte Carlo. Ad attenderci mancava solo la banda musicale, per il resto
     
 c'erano proprio tutti. Il primo a venirci incontro fu Renè (l'elicotterista) dicendo di aver sentito molto
     
 la nostra mancanza. Arrivò Andrey (il capo pasticcere) accompagnato dalla bellissima Marzia il quale
     
 disse di aver preparato una sua specialità e che avremmo dovuto assaggiarla assolutamente. Anche
     
 Marzia disse di avere preparato qualcosa di molto speciale e avvicinandosi a me, lo disse sottovoce
       nell'orecchio. La stagione era perfetta per prendere il largo.

      
Prima di salpare fecero in maniera meticolosa gli ultimi controlli in sala macchine, ma il sottufficiale
      
Luca Moretto, disse che c'era qualcosa non lo convinceva e che avrebbe voluto controllare di persona
      
ciò che secondo lui non andava. Mentre aspettavamo l'ok per salpare, Roman andò in biblioteca e
      
prese gli ultimi miei dipinti e dopo avermeli pagati molto bene disse: "Ora si che sono fortunato".
       Aggiunse:
"Visto che ormai fai parte della famiglia, vivrai con noi per sempre ti pagherò molto bene
     
 se accetti oltre a scrivere, anche se dipingerai per me; il tuo genere mi piace moltissimo.
       Per il momento, tre dei tuoi dipinti li ho già messi nel mio ufficio, altri nella sala ristorante e nei vari

      
saloni; sei contento?" Risposi: "Non ho parole". Dopo qualche giorno eravamo pronti per salpare.
     
 Arrivò il capo macchinista dicendo che era stato controllato tutto attentamente e quindi potevamo
      
salpare quando si voleva. Roman disse: "Molto bene Luca ora vado con il mio amico Etienne sul ponte
     
 di comando a dare disposizioni al capitano, lei vada pure in sala macchine e state pronti".
     
 L'equipaggio con molta cura mollò gli ormeggi e lentamente con i motori al minimo andammo in mare
     
 aperto. Naturalmente non ero solo al mio fianco avevo la mia Josephine. L'enorme distesa d'acqua era
     
 stupefacente e i raggi del sole sull'acqua venivano proiettati sul soffitto del ponte di comando cosicché
      
si vedevano tante onde luminose in movimento qua e là come se giocassero a rincorrersi. Josephine
      
domandò al capitano e a Roman il permesso per andare assieme a prua dell' Eclipse per ammirare più
     
 da vicino questo mare d'olio. Ok, disse Filipp e anche Roman. Lo scenario era stupendo e romantico al
      
tempo stesso sembrava un sogno. Josephine con quei
lunghi capelli al vento la minigonna cortissima
      
sembrava un angelo, non riuscivo
a credere che il buon Dio m'avesse fatto un regalo così grande e....
      
meraviglioso.
La costa intanto la vedevamo sempre più piccina e i pochi gabbiani coraggiosi sembrava
      
ci volessero augurare un buon viaggio e un felice ritorno.
     
 Arrivò l'ultra miliardario e si sedette accanto a noi, poi mi disse: "Ho già provveduto di persona alla
      
prenotazione delle suite all'Hotel Grazia Deledda a Sassari e dal momento che ci fermeremo qualche
     
 giorno, desidererei vedere l'ospedale della SS. Annunziata perché voglio rivivere il romanzo "Vacanze
      
in mare" assieme a te. Va bene gli risposi. Poi si alzò e molto educatamente disse: "Sappiate miei cari
      
che sono molto contento di vedervi felici e innamorati l'uno dell'altra, mi raccomando comportatevi
      
sempre come ora". Arrivò la bella Manuela sorridente e pimpante dicendo a Roman che era desiderato
      
in cucina da Maddalena egli si scusò e andò di corsa dalla bella mogliettina. Manuela si fermò un po'
     
 con noi e le dissi: "Mia carissima Manuela, noto con piacere che oggi sei allegra, cosa ti è successo
       
di tanto bello?" Mi rispose è per questo che sono venuta di persona dal signor Abramovich. Ed ora che

     
 sono qui desidero ringraziarti e le dissi: "Manuela potresti essere più chiara?" Disse: "Avevi ragione
     
 quando mi dicesti di avere pazienza e che probabilmente con l'aiuto di Dio si sarebbe sistemato tutto,
     
 infatti questa mattina, è venuto il mio ragazzo chiedendomi perdono, adesso siamo di nuovo assieme;
     
 ti ringrazio ancora tanto Stefano, ora corro da lui perché mi sta aspettando, a presto". Il posto dove

       sedevamo era ormai diventato il nostro nido d'amore e lo battezzammo "Nido d'amore".
 
     Per l'occasione fui ispirato a scrivere una piccola e semplice poesia dal titolo: "Josephine e il mare".  

        Bellissima donna, appoggia delicatamente le sue braccia al pulpito della nave contemplando questa
     
  meraviglia. Stando nella solitudine più profonda, ode solo l'infrangersi delle onde che lo scafo divide.
     
  L'aria emana un gradevole profumo di salsedine e all'orizzonte nulla, solo cielo terso e mare.
      
 I suoi piedi ormai stanchi trasmettono al suo corpo codeste parole: "Siediti per qualche istante bella
     
  bimba, così potrai meglio ammirare tutto ciò che ti circonda".
       
Mio dolce virgulto, ora lasciati cullare da codeste onde del mar. Ascoltando questa vocina che arriva

     
  dal profondo del suo tenero cuore, sedendosi sulle mie ginocchia s'addormenta e sogna.
        Al suo risveglio è ancora tutto lì come lo lasciò. Il caldo venticello accarezza i suoi capelli d'oro e il

 
       suo bel visino, lasciando ammirare così parte della sua intimità.
     
  Dolce fanciulla riposa, riposa non ti farò alcun male. Solo qualche tenera carezza e nulla di più da me

     
  riceverai.

       Quando ebbi finito di scrivere, domandò: "Caro amore mio se non ti spiace desidererei leggere quello
     
 che hai messo or ora sulla carta, posso? Le riposi: "Ne hai pieno diritto, eccoti il manoscritto"
. Quando
  
    l'ebbe letto, mi consegnò il taccuino e stette in silenzio per un pò senza proferir parola. La osservai e
     
 mi accorsi che dai suoi occhi sgorgavano lacrime d'amore. Voltatasi verso me, prendendo dolcemente
     
 la mia mano e portandosela sul seno la baciò lavandola col suo pianto, poi mi disse: "Amore mio non
     
 lasciarmi mai perchè ho tanto bisogno di te". Poco dopo arrivò Roman accompagnato da Maddalena
     
 dicendo che prima di pranzo avrebbe chiesto in prestito la sua segretaria Josephine, ma solo un'oretta
     
 per trascrizioni varie, in cambio mi avrebbe lasciato in buona compagnia assieme a Maddalena. Lei ed
     
 io conversammo molto, poi vide la poesia "Josephine e il mare", la lesse commuovendosi e mi disse:
      
"Se mi presti tutti i tuoi manoscritti, li farò scrivere al computer da una delle nostre segretarie, e poi
       ne farò pubblicare diversi volumi, uno dove verranno raccolte tutte le poesie, e un altro per le ninne
     
 nanne, un altro ancora per racconti vari ed infine uno con tutti i tuoi romanzi, cosa ne dici?" Le dissi:
      
"Ti ringrazio di cuore ma non me lo posso permettere perché come ben saprai, sono solo un povero e
     
 un miserabile squattrinato con pochi spiccioli". Lei prendendo la parola disse: "Non dire mai più una
     
 cosa del genere perché hai tantissime qualità che non tutti hanno, non lo vedi come Roman e tutti noi
     
 compresa Josephine ti stimiamo?. Perciò ora devi solo dirmi se desideri questo regalo, così potrò farmi
     
 una bella collezione delle tue opere, i tuoi quadri me li godo sempre; sono stupendi.
      
Per quanto riguarda i libri non dovrai sborsare neppure un centesimo. Un'altra cosa ti vorrei dire; è
     
 d'accordo anche Roman, ora dimmi di si". Le risposi commosso: "Ok! ti darò tutti i miei manoscritti,
      
sono contento pure io e vi ringrazio tanto". Rispondendo mi disse: "Molto bene, ma adesso voltati alla
     
 tua sinistra e guarda chi sta arrivando". Mi voltai e vidi la mia bellissima Josephine assieme a Roman.
     
 Quando furono vicini lui disse: "Ecco fatto e grazie del prestito mi è stata proprio di grande aiuto, ora
       però andiamo a desinare perché ho molta fame". Josephine accorgendosi che ero taciturno mi chiese:
   
   "Perché non mangi, non hai fame?" Scuotendo il capo le dissi: "Non mi sento molto bene ora andrò in
 
     camera e magari mi rimetterò, però tu non ti preoccupare per me, rimani pure con i tuoi amici".
      
La lasciai assieme a tutta la compagnia e me ne andai. Mi ascoltò e non mi seguì. Entrai in camera e
     
 non andai subito a letto ma mi sedetti e pensai molto. Decisi dunque di scrivere qualche riga però non
     
 ce la feci perché tutto ad un tratto non vidi più nulla e probabilmente caddi a terra privo di sensi.
     
 Quando ripresi i sensi, notai che non ero in camera mia ma bensì di nuovo nell'infermeria dell'Eclipse
     
 e accanto al mio capezzale c'erano i tre bravi medici, Migliarini, Rizzi e Pavia che parlavano sottovoce
     
 con Josephine e non sapendo quello che stessero confabulando dissi loro: "Vi chiedo una cortesia, fate
     
 sì che possa ritornare nel mio bugigattolo perché sento la sua mancanza". Josephine mi guardò con
     
 occhi languidi, poi adagiandosi lentamente sopra di me pianse e disse: "Se proprio vuoi andare lascia
       almeno che ti segua". Le dissi: "No; no Josephine tu sei giovane e bella, cerca di goderti la vita con
     
 una persona sana e non con un rottame come me". Guardando Josephine notavo che doveva soffrire
     
 tantissimo e soffrivo pure io ma, non avevo il coraggio di dirglielo, volevo solo il suo bene. Dissi: "Ora
     
 per favore qualcuno mi porti a casa".
      
Nessuno mi ascoltò ma tutti ebbero molta pazienza perché capirono che ero fortemente depresso.
     
 Cercarono con ogni tipo di farmaco di curarmi ma il farmaco più potente fu proprio Josephine che non
       mi abbandonò neppure un istante, portandomi pian piano sulla via della guarigione totale.
     
 Una breve parentesi. Naturalmente ciò che ho raccontato finora, è tutto vero solo che all'improvviso
     
 mi venne una gran voglia di anticipare un po' raccontando della mia depressione.... ora posso tornare
     
 nel tema. Dopo essermi svegliato sul lettino dell'infermeria del megayacht e dopo aver fatto piangere
  
    la sensibile Josephine, le domandai se avesse potuto perdonarmi e lei dal cuore grande mi perdonò;
      
infatti da quel momento in poi, il nostro amore si rafforzò più di prima. Erano le ore 8.30 del mattino
     
 di una domenica di aprile, quando sentimmo bussare alla porta della nostra lussuosa stanza.
      
Josephine anticipandomi disse
entrate pure è aperto. Era Roman accompagnato da Manuela il quale
      
ci avvisava che eravamo ormai vicini a Porto Torres e di fare pure con calma, disse inoltre che aveva
     
 una cosa interessante e seria da domandarci. Josephine rispose: "Parla pure Etienne ed io siamo tutto
     
 orecchi". Roman disse a Manuela di sedersi, poi incominciò così: "Manuela ha una gemella la quale si
      
chiama Liliana e ora è a Porto Torres ad attendere la sua cara sorellina e tutti noi. Dal momento che
     
 si sente sola perché i suoi genitori vivono molto lontano da qui, chiedeva a Manuela se avesse potuto
     
 aggregarsi a noi. Dissi a Manuela che dal canto mio, non avevo nulla in contrario, però sono troppo
     
 impegnato col lavoro e non vado sempre in vacanza, di conseguenza, non potrei prendermi cura di lei
     
 anche se è grande abbastanza per badare a se stessa. Ora vengo al dunque.
      
Mi chiedevo se tu ed Etienne aveste potuto essere voi a prendervi cura di loro, naturalmente avreste
     
 tutto il mio appoggio finanziario e sareste dunque voi i loro genitori cosa ne dite? Pensateci, perché
     
 queste due fanciulle sono molto affiatate fra loro e amano essere unite, vedrete che non vi daranno
      
alcun dispiacere; ne risponderò personalmente. Josephine dopo avermi fissato coi suoi begli occhioni
     
 languidi disse: "Se Etienne è d'accordo, non fa bisogno di pensarci poi disse: "Etienne ti supplico, non
     
 mi dire di no; sarei felicissima di essere la mammina di Liliana e Manuela". Appena ebbe finito il suo
     
 discorso, la abbracciai dicendole: "Josephine mia cara, sono felicissimo pure io di diventare papà di
     
 queste adorabili fanciulle". Ringraziammo tanto Roman per il bel gesto verso Liliana e Manuela e dopo
       di che ci preparammo per lo sbarco e per conoscere Liliana, e ad accoglierla tra le nostre braccia per
     
 sempre. Approdammo verso le 10 del mattino, la giornata era splendida e tutto ad un tratto Manuela
     
 si mise ad urlare: "Ecco, ecco Liliana, guarda mamma com'è bella la mia cara e tanto attesa sorellina.
       Papà cosa ne pensi, non è un amore di fanciulla?" Le dissi: "Accipicchia che onore; è bellissima dalla
      
testa ai piedi, mi sembra un'attrice di Hollywood, sono orgoglioso di avere due bellissime figliole come
     
 voi. Noi quattro assieme, ci divertiremo tantissimo, ora scendiamo perché sono ansioso di conoscerla,
     
 guardarmela da vicino e dirle molte cose carine su di te, Roman, Maddalena ecc.".
      
Josephine disse a Etienne, frena l'impeto perché vorrei pure io parlare un po' con Liliana e desidero
     
 metterla a suo agio.
Liliana era una bellissima ragazza e al tempo stesso molto affabile con dei lunghi
     
 capelli dorati. Anche lei come Josephine indossava una minigonna cortissima, che le si
addiceva alla
      
perfezione perché e sue gambe erano affusolate. Così partimmo per Sassari con Jasmine, Maddalena,
      
Roman, Josephine ed io. L'Hotel era bello e confortevole.

      
A Sassari ci fermammo il tempo necessario per visitare tutto quello che potevamo. Con Josephine si

       stava molto bene e altrettanto lei pensava di me; eravamo tornati a essere nuovamente felici anche
       adesso che c'era Liliana e Manuela. Tutto l'equipaggio (naturalmente a turno), poteva scendere dal
       panfilo e fare tutto quello che desiderava; Roman si fidava ciecamente. Dato che con l'orchestra di
       cui ne facevo parte feci una tournée proprio in questa regione, Roman volle vedere tutti i posti dove
       ci esibimmo con i nostri concerti compreso il cinema teatro vip. La giornata era fresca e stupenda e a
       Roman venne una brillante idea e domandando: "Cari signori, sareste contenti di sorvolare qualche
       zona della Sardegna con l'elicottero che riposa sull'Eclipse?" All'unanimità rispondemmo:"Magnifico".
       Disse: "Ora telefonerò immediatamente a René il mio elicotterista di avviare il motore e di venire a
       prenderci e scarrozzarci nei cieli della Sardegna. René atterrò con l'elicottero, in un punto prefissato
       e sicuro.... dopodiché, ci alzammo in volo. All'inizio mi strinsi forte, forte a Josephine perché essendo
       la prima volta che volavo avevo un po' di panico, lei prendendo il mio viso fra le sue belle manine mi
       baciò e poi disse: "Coraggio mon amour, vedrai che fra non molto ti passerà e ti piacerà osservare la
       Sardegna dall'alto, adesso rilassati e stringiti a me". Josephine ancora una volta aveva avuto ragione

       infatti dopo circa quindici minuti non ci pensavo più, potendo così guardare in basso questo stupendo
       paesaggio apprezzando quanto il Padre Eterno aveva creato. Sorvolammo pure una gran parte della
       Costa Smeralda facendo capo per breve tempo a Porto Cervo
solo per pranzare nell'ottimo Hotel nel
       comune di Arzachena, situato nell'arcipelago della Maddalena il cui nome è Hotel parco degli ulivi a
       quattro stelle. Nel pomeriggio decollammo per raggiungere i monti del Gennargentu poi sorvolammo
       l'isola di S.Pietro e quella di Sant'Antioco. Ormai si doveva ritornare alla base. Quando scendemmo
       dall'elicottero per rientrare in auto e andare in Hotel, Jasmine scendendo dal velivolo mise un piede
       in fallo facendosi molto male alla caviglia per cui non le era possibile guidare, stringeva i denti per
       non urlare. La fortuna fu, che c'era un elicottero a disposizione, così René ripartì immediatamente
       con Jasmine, Maddalena e Roman; destinazione, ospedale SS. Annunziata a Sassari. Josephine ed io
       restammo soli perché le nostre figlie erano andate a fare shopping in centro, poi molto sicura di se
       disse: "Amore siediti al mio fianco e allacciati la cintura perché ora a guidare ci penserà la tua bimba
       prima telefono a Liliana e le dirò che quando avranno finito di fare shopping, vengano direttamente
       in ospedale per poi andare tutti assieme in Hotel. Non avevo mai visto Josephine alla guida e devo
       dire che pure lei se la cavava benissimo. Come sempre le sue gambe erano scoperte per cui mi voltai
       verso il finestrino senza guardare nulla, solo la mia mano sinistra si permise di accarezzargliele, era
       troppo provocante ed era impossibile resistere.
       A un certo punto, mise la sua mano sulla mia guancia e la sua calda voce diceva: "Amore mio perché
       ti vergogni? Non c'è nulla di male se guardi le mutandine della tua bambolina, dimmi almeno se ti
       piacciono, sai; le ho messe apposta per te". Mi vergognavo ma piano piano mi voltai e vidi il suo bel
       corpo rilassato al punto che fermò l'auto e disse: "Ti amo tanto, ora non si può ma questa sera
dopo
 
      cena promettimi che sarai in forma perfetta per fare l'amore con la tua bimba".
       Le risposi:" Piccola mia come potrei dirti di no?". Arrivammo all'ospedale SS. Annunziata dove c'era
       Jasmine aspettando che le facessero la radiografia alla caviglia. Si lamentava molto e noi eravamo in
       attesa che venisse chiamata. Alle diciotto in punto, la fecero entrare. L'esito fu negativo non aveva
       nessuna frattura, aveva solo preso una brutta storta. Josephine ed io la prendemmo sotto braccio
       ma aveva molto male e zoppicava, nel vederla soffrire in questo modo mi faceva tanta tenerezza.
       Lentamente ci avviammo verso l'auto dove ad attenderci, c'era Liliana e Manuela per poi andare in
       Hotel a cenare. Jasmine era seduta accanto a Josephine per parlare di cose riguardanti il lavoro.
       Sentivo Josephine che diceva: "Stai tranquilla che a guidare ci penserò io, ora pensa a riposarti e se
       vorrai conversare con Etienne non sarò gelosa".
       Dopo cena ci augurammo la buona notte e andammo in camera per stare un po' tranquilli. Arrivati
       nella suite, un dolce profumo ci avvolse facendoci sdraiare dolcemente sul morbido letto. Josephine
       regolò la luce diffusa delle abat-jour al minimo in modo che la luce fosse molto soffusa poi con calma
       e con voce sensuale disse: "Sarei pronta per farmi accarezzare e baciare da te, ho tanta voglia di
       coccole soddisfami però solo se vuoi". Le dissi: "Anch'io lo desidero tanto però ti posso chiedere una
       cosa?" Mi disse: "Dimmi pure mio sbinfero". Iniziai così: "Sai bambolina, quando sei con me sembri
       una ragazzina tanto gracile, indifesa, con tanta voglia di essere protetta e mi sta bene, però se non
       avessi visto con i miei occhi quello che tu e Jasmine sapete fare con il vostro bel corpo, non potrei
       crederci. Sai mia piccola bimbetta, lasciami dire che con te mi sento al sicuro perché sei una roccia e
       nulla ti fa paura. Amo la bimba che è in te, non la forza e l'arte marziale. In te cerco solo l'amore, la
       tenerezza e soprattutto tanta, tanta voglia d'essere donna". Mi disse: "Etienne ti prometto che saprò
       essere tenerissima con te e non mi permetterei mai di usare le mie esperienze militaresche nei tuoi
       confronti neanche per scherzo perchè ti amo, sono pur sempre una donna fragile e sensibile, ora se
       puoi amami". Detto
ciò, reclinò il suo dolce visino e si commosse. Le andai vicino e accarezzandola
       dappertutto si compii l'inevitabile. Alla fine il suo visino era ancora caldo e bagnato di pianto, dopo
       alcuni istanti mi disse: "Ti è piaciuto?" Le dissi moltissimo mon amour, peccato che duri così poco,
       però standoti vicino mi sembrerà di essere ancora lì a fare l'amore; sì perché il vero amore è eterno.
       L'ultima cosa che ricordo è quando ci abbracciammo e poi più nulla. Il mattino seguente un po' sul
       tardi, fummo svegliati da Liliana e Roman, che disse che Jasmine desiderava parlare con Josephine e
       me. Andammo da lei domandandole come si sentisse; rispose che la caviglia andava leggermente
       meglio, però specie nelle ore notturne soffriva molto. Le dissi: "Jasmine ti capisco perché alcuni anni
       fa pure io presi una brutta storta alla caviglia e ci vollero mesi prima che tutto tornasse come prima,

       l'unica cosa sarebbe conoscere un buon manipolatore di articolazioni e masse muscolari, ma dubito
       che qui ce ne possa essere qualcuno, se proprio vuoi alleviare un po' il dolore, potremmo provare con

       massaggi frequenti.
Mi disse: "Va bene sono pronta, quando si inizia?" Risposi:"Se vuoi anche subito".
       Josephine con molta pazienza e con mani di fata prese un gel e cominciò a massaggiare. Quando era
       stanca le davo il cambio io.

      
Alle ore 12.30 andammo a pranzare e poi con calma preparammo i bagagli. Dopo aver salutato tutti,
     
 Josephine si
mise alla guida per raggiungere Porto Torres dove era ormeggiato l'Eclipse. Saliti a bordo
       Roman andò subito dal capitano a chiedergli se fosse stato pronto per fare rotta verso Gibilterra e a

    
  fare rifornimento di tutto ciò che occorreva. Filipp disse che tutto era pronto e il mattino seguente
    
  alle ore cinque, salpammo per raggiungere Gibilterra. Mi svegliai e osservando Josephine, vidi che
    
  dormiva profondamente, le diedi un bacino sulle labbra, sembrava un angelo e, continuò a dormire
      
saporitamente.
Mi alzai senza fare rumore e andai verso l'oblò. Vidi che il cielo era di un colore grigio
       cupo e il mare increspato. Dissi a me stesso: "Stiv tieniti pronto perchè fra non molto si ballerà".
    
  Ritornai nel caldo lettone accanto a Josephine che si svegliò dicendo: "Bon jour mon amour fra un po'
      
andiamo a prua nel nostro nido d'amore?" Le dissi: "Bambolina, temo di no perché fra non molto qui
       balleremo un pochino, se non mi credi va all'oblò e guarda tu stessa". Incredula scese dal letto, andò
    
  ad osservare e immediatamente corse accanto a me dicendo: "Ti credo". Verso le sette si sollevò un
    
  forte vento che fece alzare le onde di qualche metro. I marosi erano così giganteschi che si ballava
    
  veramente. Nella stanza, vi erano alcuni oggetti che caddero a terra rotolando andando a sbattere
     
 con violenza contro le pareti. Le fiancate del megayacht erano prese d'assalto dalle onde altissime.
     
 Si mise anche a piovere fortissimo con grandine, per cui non rimaneva altro da fare se non stare qui
     
 buoni buoni sperando che questa violenta burrasca cessasse. Solo verso le ore 12 potemmo stare un
    
  po' più tranquilli perché il ventaccio a poco a poco cessò e smise pure di piovere.
     
 Josephine ed io uscimmo per andare nella sala da pranzo. In quel preciso istante, vedemmo Jasmine
    
  accompagnata da Manuela, soprannominata da me "Manuela la dolce", tenendola saldamente sotto
    
  braccio. La nave intanto continuava impassibile la sua navigazione. Nel pomeriggio facendo capolino
    
  fra le nubi, uscì un misero raggio di sole e Josephine approfittandone disse: "Ora potremo finalmente
    
  raggiungere il nostro nido d'amore; vuoi che ci proviamo?" Le dissi: "Volentieri piccola mia". Il sole
    
  era caldo ma l'aria non molto e quindi dovemmo andare a prendere una giacca a vento se volevamo
    
  rimanere un po' più a lungo in quel luogo.
      
Secondo me non dovevamo essere molto distanti da Gibilterra perché si vedevano i primi gabbiani.
    
  Ad un certo punto, arrivò Jasmine accompagnata da Manuela che disse: "Disturbiamo se ci sediamo
    
  e stiamo un po' in vostra compagnia?" Dissi: "Tutt'altro, ma dimmi piuttosto come sta la tua caviglia?
    
  Disse sgomenta: "A volte va, ma a volte pulsa molto, provocandomi delle fitte fortissime. Le dissi:
    
  "Posso prendere il tuo piede che provo a massaggiarla dolcemente senza farle alcun male?" Mi disse:
       "Ecco fa pure è tutto tuo". Mentre la massaggiavo senza schiacciare molto per non farle tanto male,
    
  con il pollice della mano destra, notai qualcosa di insolito.
     
 Sembrava che ci fosse un nervetto accavallato, al che smisi immediatamente per non peggiorare la
    
  situazione e le dissi: "Jasmine, quando sbarcheremo a Gibilterra andremo in quell'ospedale dal nome
    
  S. Bernard dove venni operato al cuore e secondo me, troveremo qualche soluzione; stanne certa.
    
  Per il momento sappi che sei fra ottimi amici i quali ti vogliono tanto bene e che faranno di tutto
    
  perché tu guarisca il più presto possibile. Finalmente arrivammo a Gibilterra e dopo aver approdato,
    
  Luca il macchinista capo, lasciò la sala macchine e venne a salutare. Disse che era esausto e come
    
  pure i suoi subalterni per aver affrontato una simile tempesta ma che erano abituati. Vide Jasmine e
    
  dopo averla fissata a lungo, non dicendo nulla si sedette assieme a noi per bere una birra gelata.
    
  Notavo come fissava Jasmine e non sapevo cosa pensare, per cui chiusi gli occhi e mi concentrai per
    
  come avrei potuto aiutarla. Ero pensieroso, poi non ricordai più nulla perché mi assopii sulla spalla di
    
  Josephine e sognai. Quando Josephine dolcemente mi svegliò, disse che l'elicotterista Renè voleva
    
  parlare con me. Le dissi: "Va bene, fallo pure venire perché mi è venuta in mente una cosa e cioè
    
  che quando parecchi anni fa presi una brutta storta alla caviglia, ci fu una persona molto brava che
    
  nel giro di poco tempo seppe guarirmi senza ingessare e senza assumere farmaci.
Questo signore si
       chiamava Yachi però ora non è qui; lui è o era un manipolatore di articolazioni e masse muscolari,
    
  per cui se troveremo una persona così, saremo a cavallo ora diamoci da fare". Roman quando venne
       a sapere del nostro complotto, si precipitò immediatamente con Federica (la sua interprete), non per

    
 
rimproverarci ma bensì per complimentarsi e dirci che accanto a lui aveva proprio bisogno di persone
    
 
come noi. Disse inoltre, che a lui non sarebbe mai venuta in mente un'idea brillante come questa e
     
 diede quindi carta bianca a tutti noi per procedere. René con cautela e aiutato da Liliana, Manuela e
      
Luca fecero salire Jasmine sull'elicottero cercando di non farle male per essere portata all'ospedale
    
  St. Bernard. Quando furono partiti, Josephine si commosse e stringendosi a me disse: "Auguriamoci
     
 che ci sia qualcuno in grado di curarla mi fa tanta tenerezza e soffro molto nel vederla così". Le dissi:
       "Anch'io soffro come te e la considero come se fosse mia sorella.
La capisco molto bene perché pure
     
 io molti anni fa, passai dei momenti atroci; sai Josephine permettimi di dirti una cosa". Mi disse: "Ti
   
   prego mon amour non tenermi sulle spine e mi auguro che non sia una brutta notizia". Le dissi: "Mia
       cara
Josephine, quando prima mi assopii sulla tua bella spalla, feci un bellissimo sogno riguardante
    
  te assieme a me; e sai di che cosa si trattava?" Mi disse: "Certo che no, sono ansiosa di sapere, dai
    
  raccontami questo tuo bel sogno". Le dissi: "Sognai quanto mi sarebbe piaciuto essere un'arteria...
       coronarica per entrare e restare nel tuo cuore scrutandolo e contemplandolo come esso sia fatto".
       Josephine mi sorrise e disse: "È bellissimo e se fosse possibile ti spalancherei la porta del mio cuore,
    
  cosicché tu ed io potremmo essere una cosa sola e sarebbe meraviglioso. Ti amo tantissimo e non ti
    
  lascerò mai. Dopo ricevemmo una telefonata dall'ospedale, era Manuela la quale diceva che forse
     
 
Jasmine era in buone mani infatti proprio quando entrarono una signora vide l'infortunata, domandò
       cosa avesse. Avendole spiegato tutto, questa gentil signora, disse di chiamarsi Graziella Mason e che
     
 era la persona giusta. Disse inoltre di essere una manipolatrice di articolazioni e di masse muscolari,
     
 nonché fisioterapista e che con le mani riusciva a mettere a posto arti e muscoli, lavorava per conto
    
  dell'ospedale. Ricordo che per quella sera, Roman prenotò due taxi e dopo essere andati a prendere
    
  Jasmine, Liliana, Manuela e Luca, andammo tutti a cenare al Quen's Hotel-Hotel Caleta. Fece venire
    
 
anche Maddalena, Filipp, Annusca, la nostra dolcissima Marzia, Andrey (il capo pasticcere) e Fabio (il
       secondo pasticcere). Eravamo una bella compagnia. René non poteva essere presente perché era di
       turno sulla pista di decollo. Luca era accanto a Jasmine e a un certo momento alzatosi in piedi chiese
       udienza. Fu un momento di panico, poi prendendo per mano Jasmine disse che tra loro era sbocciato
       un amore. Ci fu un grande applauso e dopo aver cenato, ci avviammo verso il panfilo per cercare di
       dormire. Dopo circa venti giorni, la nostra Jasmine finì le sedute con la  sua manipolatrice Graziella
       Mason e quindi potemmo così prendere di nuovo il largo e raggiungere l'atlantico per poi fare rotta
       verso Tenerife. Ormai eravamo verso la fine del mese di maggio o inizio di giugno se ricordo bene e
       tutto filava liscio come l'olio. Josephine mi sembrava sempre più dolce e bella. Spesso e volentieri, ci
       appartavamo nel nostro nido d'amore a prua dell'Eclipse. Un pomeriggio sul tardi arrivò Roman disse
       di non sentirsi troppo bene, che in alcuni momenti aveva forti fitte all'addome spostandosi da destra
       a sinistra e viceversa. Gli dissi che probabilmente potevano essere coliche renali o i calcoli al fegato.
       Interpellammo il dottor Roberto Rizzi (gastroenterologo di bordo) il quale si prese cura di Roman
       diagnosticando che si trattava di calcoli al fegato. Venne portato in infermeria per essere sottoposto
       
all'intervento e tutto si risolse per il meglio. Josephine mi disse se avessimo potuto andare in camera
       perché nel luogo dove ci trovavamo c'era troppo frastuono e che aveva bisogno di un po' di silenzio.
       la assecondai e ci appartammo. Una volta in camera mi disse: "Sdraiati vicino a me perché sento il
       bisogno di essere coccolata". Mi sdraiai e guardai l'orologio, segnava le 22.15. Si avvertiva solo un
       piccolo rollio prodotto dalle macchine del panfilo. Capii che Josephine aveva delle belle intenzioni e

     
 le dissi: "Vuoi che abbassiamo la luce delle abat jours?" Mi disse: "Tu non ti muovere ci penso io"
    
  Scese dal letto a piedi nudi, raggiunse i paralumi e avvicinandosi all'oblò, mi disse che c'era la luna
     
 piena e il mare un po' increspato, poi disse: "Vieni anche tu a vedere quanto è bello. Le andai vicino
    
  ed ella
volle aprire l'oblò. Otre alla luna piena e il mare increspato s'udiva anche il fragore dell'acqua
       prodotto dalla velocità dell'imbarcazione. Eravamo tutt'e due lì, abbracciati contemplando questa

     
 
meraviglia senza dire e fare nulla. Dopo un po' fui colto da un torpore che mi fece chiudere gli occhi
       e appisolarmi sul suo tiepido seno.
 
 
            

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