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ROMANZO

di Stefano Villa  (curriculum)

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CURRICULUM

    Incominciai la carriera di musicista, nel lontano 1970, facendo parte di un gruppo rock dal
   
 nome "The Smoog". Successivamente, con "Max Massimo show e Smoog Group".
   
 Dopo alcuni anni, con i New Blues, gli Smoog, e facemmo da spalla ai Trip, New Trolls, Mal
   
 dei Primitives, I Pooh, Osanna, la Premiata Forneria Marconi, Lucio Dalla, Loredana Bertè,
   
 l'Equipe 84, I Delirium, I Nomadi, Raul Casadei, Gino Bramieri e il violinista Pier Giorgio
   
 Farina, ottenendo degli ottimi consensi. Dopo alcuni anni, lasciai i gruppi rock per potermi
  
  dedicare allo studio del contrabbasso, diplomandomi al conservatorio di Alessandria.
   
 Feci anche parte del Coro Polifonico d'Ivrea. Fui pure chiamato a far parte, in qualità di
   
 contrabbassista, dell'orchestra da camera e sinfonica d'Ivrea, incidendo anche un disco e
   
 suonando in molte località italiane, a Luneburg in una località austriaca.
    
Suonavamo anche con validissimi concertisti quali Severino Gazzelloni, Alirio Diaz e altri.
    In quel tempo, abbinavo la musica alla pittura dipingendo (come si può vedere), paesaggi
   
 e marine con grande soddisfazione. Ora provo a dilettarmi componendo delle ninne nanne,
   
 semplici poesie, racconti, romanzi e quando capita recito anche in pubblico, accompagnato
  
 dal chitarrista Michele Barletta e  dal violinista Vittorio Ormezzano. 

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TU ED IO IN CROCIERA

   E fu così che quella volta non partìi solo per andare al lavoro con la mia Band. Ma ricordo
   come se fosse ora, quell'ormai lontano 1961, quando ti conobbi durante un concerto, nel
   quale mi esibivo con la Band, di cui ne facevo parte.
   Il contratto mensile stava scadendo e questo doveva essere l'ultimo servizio della stagione
   sulla terra ferma dopo di che, il nostro impresario dall'aria truce ma bravo come il pane, ci
   aveva ingaggiati per suonare niente di meno che, su una bellissima nave da crociera.
   Ricordo ancora il suo nome scritto a caratteri grandissimi dal colore azzurro cielo, a prua
   dello scafo appena dopo l'ancora e il suo nome era Speranza. Tu ne fosti molto contenta,
   perché sarebbe stata la prima volta che ti saresti imbarcata su un transatlantico di quella
   stazza. I nostri bagagli erano già pronti da ore. Premetto che, per quell'occasione, la Band
   della quale facevo parte, ebbe un altro ingaggio in un altra località italiana.
 
 Io invece ricevetti una graditissima telefonata da parte del mio impresario truce il quale
  
mi propose di andare con il mio contrabbasso, per unirmi ad un'orchestra da camera, la
 
 quale si sarebbe dovuta esibire con svariati concerti su questa lussuosa nave.
  
Ricordo quando ti proposi di accompagnarmi in quel bellissimo viaggio da sogno.
 
 Ci fissammo tutt'e due per qualche istante negli occhi; poi ricordo che abbracciandomi mi
 
 dicesti: non ci posso credere ne sono onorata, quando si parte? Ti dissi: fra non molto, il
 
 pullman è già in viaggio per venire prenderci e condurci al porto di Genova. Finalmente
 
 partimmo col maestro di questa simpatica e gioviale orchestra. Il tragitto in pullman non
 
 fu per nulla lungo e noioso, perché si rideva e si scherzava ed eravamo tutti quanti ansiosi
 
 d'imbarcarci. Arrivati alla nave ad attenderci c'erano il capitano, il commissario di bordo e
 
 un sottufficiale molto gentile, per darci istruzioni. Tutti gli strumenti furono collocati e ben
 
 ancorati in una stanza apposita, la quale venne chiusa a chiave. I passeggeri erano tanti e
 
 tutti molto cordiali, ci scambiammo pure strette di mano. Tu ed io non vedevamo l'ora di
 
 andare sul ponte per vedere salpare questo enorme transatlantico.
 
 Andammo proprio in punta alla prua, vicino all'ancora. Osservavo il mare e mi sembrava
 
 un'enorme distesa d'olio. Alle diciotto in punto il transatlantico si mosse, sembrava che un
 
 intero isolato, con 5 palazzi di sei o sette piani stesse muovendosi. In poco tempo fummo
 
 in mare aperto. Vedevamo la costa allontanarsi sempre più, fino al punto da scomparire
 
 dalla nostra vista. I tuoi bellissimi capelli venivano mossi dal vento procurato dalla velocità
 
 della nave. Ti fissavo ed eri bellissima con quei capelli al vento. Finalmente ero riuscito a
 
 rendere felice la mia bambolina, portandola con me in questo viaggio da favola.

 
 Entrambi, stando sempre abbracciati, guardavamo l'orizzonte e il sole che da lì a poco
 
 avrebbe smesso di riflettere i suoi raggi indescrivibili su questo mare d'olio, per lasciare
   spazio alla romantica luna.
   In quel preciso momento, si avvicinò un ufficiale di bordo e molto gentilmente ci chiese se
   il viaggio fino a quel momento fosse stato di nostro gradimento, al che rispondemmo di sì.
   Fu allora che ci consigliò di entrare nei locali sottostanti perché da quel momento in poi,
   l'aria sarebbe stata sempre più fresca e non avrebbe giovato alla nostra salute.
   Volle ancora aggiungere una cosa. Ci disse di aver ricevuto il bollettino meteorologico, il
   quale non prometteva nulla di buono. Il meteo annunciava burrasca e che fra poche ore
   saremmo dovuti entrare nel bel mezzo di una grande tempesta.
 
 Rassicurandoci ci disse di non allarmarci, perché per lui non sarebbe stata la prima volta a
 
 dover affrontare tempeste di quel livello e che la nave l'avrebbe sopportata benissimo.
 
 Lo ringraziai e gli chiesi il suo nome. Mi disse di chiamarsi, Ettore Gorgi". Egli, stando al
   centro fra noi due, mise le sue braccia sulle nostre spalle ed entrammo al caldo nella sala
   ristorante. Scusandosi ci lasciò perché era stato chiamato con una certa urgenza sul ponte
   di comando dal capitano, il cui nome era Severino Totti. Tu ed io, ci sedemmo assieme ai
   nostri amici orchestrali per desinare. I tavoli erano ben ancorati al suolo, di modo che, se
   la nave avesse ballato, non sarebbero andati a spasso per la sala.
  
Mentre cenavamo, malgrado ci fosse molta gente, il loro vociare era molto fievole perché
   erano persone squisite ed educate. I camerieri indossavano una bellissima livrea rossa con
   i bottoni d'oro, pantaloni nero avorio e scarpe di vernice, erano sempre pronti ad aiutare i
   commensali, qualora avessero avuto il bicchiere vuoto. Notai alla mia sinistra un palco già
   pronto ad ospitare il gruppo che fra non molto sarebbe salito per allietare la nostra lauta
   cena. Salirono in sei con tre stupende ragazze, che a volte cantavano con questo gruppo
   ben preparato e a volte danzavano in maniera sublime.
   Quella sera la nostra orchestra non doveva esibirsi, perché come primo giorno, eravamo in
 
  festa per ordine del capitano il quale venne e si sedette fra noi per conversare.
  
Ti guardai e notai che eri pensierosa e taciturna senza dirmi nulla. Io che standoti accanto
 
 avevo ormai imparato a conoscere nel profondo i tuoi sentimenti, paure, angosce, ecc ecc,
 
 avvertii il tuo turbamento per ciò che sarebbe dovuto accadere, non potendo immaginare
 
 quando e a che ora. Il capitano venne chiamato sul ponte di comando per prendere delle
 
 decisioni importanti. Per quella sera non si fece più vedere e lo vedemmo il giorno dopo.
   Avevamo appena finito di cenare, quando i nostri bicchieri si spostarono sui tavoli, come
   pure i candelabri e tutte le altre vettovaglie. La sala andava su e giù, da destra a sinistra
   oltre che longitudinalmente, anche trasversalmente. Tu, stringendoti sempre più forte a
  
me, mi dicesti: ho tanta paura. Dal canto mio non potei fare nulla per rincuorarti perché,
   ne avevo anch'io moltissima. In tutte le mie tournée sulle navi da crociera, questa fu la
   peggior tempesta venutasi a trovare sulla mia rotta.
   Questo enorme transatlantico dall'aspetto possente, sicuro e invulnerabile, era diventato
   all'improvviso ingovernabile. Dagli oblò si vedevano delle onde gigantesche che, a parer
  
mio, superavano di gran lunga i 15 metri di altezza.
   Il rollio dei motori, che poche ore prima accompagnavano questo viaggio da sogno, non si
   udiva più. Andavamo ormai alla deriva in balìa di questi flutti...i motori erano spenti. La
   gente urlava e cadeva a terra come se fosse stata ubriaca, aggrappandosi alla prima cosa
   che fosse capitata loro sotto mano. Altri invece cadevano sul vomito di persone le quali
   soffrivano il mal di mare; sembrava di vivere un incubo. Passammo così tutta la notte in
   questo stato di terrore. Le luci si spegnevano e si riaccendevano dopo pochi istanti.
   Si sentiva della gente che gemeva, altra invece che pregava invocando Dio. Fu una notte
   da dimenticare. Di tanto in tanto si presentava il commissario di bordo dicendoci di stare
   tranquilli perché i nostri strumenti non avevano subìto alcun danno. Mentre lo osservavo,
   intuivo che pure lui doveva avere una grande paura, pur essendo un energumeno.
   Arrivarono altri sottufficiali invitandoci a salire ai piani superiori dove, secondo il capitano,
   saremmo stati più al sicuro. I comparti e la stiva erano completamente allagati e dato che
   i motori avevano smesso di funzionare avevano anche smesso di produrre energia per le
   pompe di sentina, le quali non potevano pompare l'acqua dalla stiva per farla defluire in
  
mare. Un'onda gigantesca anomala venendo a sbattere sul fianco destro della nave, aveva
   aperto una falla non indifferente. Solo nel tardo pomeriggio del giorno dopo, riuscirono ad
   intervenire i soccorsi.
 
 Qualche scialuppa fu inghiottita dalla furia della tempesta finalmente
   placatasi. I soccorritori lavorarono parecchie ore per ripristinare il tutto e a far sì che la
   crociera potesse proseguire il viaggio fino al porto più vicino. Arrivati al porto più vicino ad
   attenderci c'era un'altra bellissima nave, della stessa compagnia, pronta a salpare facendo
   rotta verso le isole Seychelles, Awaji, Thainlandia, Caraibi e Indonesia.
   Fummo felici quando sapemmo che l'equipaggio, (compresi gli inservienti e pure il gruppo
   che aveva il compito di allietare con le loro musiche i nostri lauti pasti) era il medesimo. Ci
   imbarcammo su questa nave gemella. Di tanto in tanto, volgendo il mio sguardo verso di
   te vedevo un viso d'angelo e non sapevo cosa dire. Nonostante la brutta avventura passata
   sul transatlantico Speranza, le tue bellissime labbra sensuali avevano ripreso a sorridere.
   Scuotendo il capo e non sapendo cosa dire ci fissammo negli occhi e molto lentamente, ci
   avvicinammo e abbracciandoci dolcemente ci demmo un caloroso bacio. Avevamo di nuovo
   riacquistato la fiducia e la voglia di navigare. In quel frangente, scorsi un ragazzo che si
   avvicinava e dimenava il braccio destro per salutarci. Questo simpatico e bel giovane salito
   a bordo con noi era niente meno che il capo cuoco, il quale al momento della nostra brutta
   avventura, si trovava in vacanza nelle isole circostanti.
   Venuto a sapere quello che era accaduto, si mise subito in contatto con la compagnia,
   chiedendo se avesse potuto in qualche modo rendersi utile. La compagnia (molto seria), gli
   rispose dicendo: signor Fabio appena può si imbarchi sulla Plein Soleil perché il capo cuoco
   del transatlantico Speranza è deceduto a causa del mare in tempesta.
   Ricordo che dapprima guardò te e poi volgendo lo sguardo verso me, mi domandò: posso
   sapere chi è questa sua deliziosa compagna? Risposi: è la mia vera amica e dolce fatina,
   dal cuore grandissimo e incapace di fare soffrire chi le sta accanto.
   Al che questo espertissimo chef, mi disse: per quanto riguarda colazioni, pranzi e cene, ci
   penserò personalmente. Alle 18.45 arrivò il capitano e dopo aver dato una bella stretta
   di mano al maestro e a tutti noi professori d'orchestra, volle sapere se eravamo in forma
   per eseguire il concerto d'apertura per il prosieguo di questa stupenda crociera. Interpellò
   il maestro che gli rispose: con molto piacere signor capitano. Ci mettemmo subito all'opera
   e facemmo una piccola ma seria prova.
 
Gli strumenti erano intonatissimi e malgrado l'accaduto, i nostri umori sembravano sereni.
   Rammento che non mettemmo in bocca nulla, a parte un succo di frutta, anche perché il
   concerto sarebbe dovuto iniziare alle ore 21. In apertura eseguimmo un concerto allegro
 
 di Mozart numero 525 dal titolo Eine kleine seguito dall'aria sulla quarta corda di Bach ecc.
   Ebbe un gran successo e tu mi guardavi commossa. Non dicesti nulla, anche perché, erano
   i tuoi bellissimi occhi a trasmettermi qualcosa. Dal canto mio, non potei far altro se non
   avvicinare le mie indegne labbra per baciarti, (con tenerezza e tanto rispetto). Il capitano,
   che era presente, si avvicinò a me (sapendo che tanti anni prima desideravo entrare in
 
 marina), invitandomi (se l'avessi desiderato) a salire sul ponte di comando per ammirare
 
 un tramonto indimenticabile. Disse inoltre: mi raccomando, l'invito è rivolto anche alla sua
 
 preziosa compagna di viaggio. Fu così che prendemmo un mega ascensore per salire su ai
 
 piani più alti e a raggiungere il bellissimo ponte di comando.
  
Vi erano sul ponte molti ufficiali, i quali indossavano una divisa impeccabile e un cappello
   altrettanto impeccabile. Volgendo lo sguardo verso destra, mi accorsi che a guardarci c'era
   un piccolo uomo dall'aspetto insignificante. Timidamente si avvicinò a noi, strinse prima di
   tutto la mano a te e poi in un secondo tempo pure a me. Si presentò dicendo che pure lui
   era stato nel gran salone da concerti dove aveva ammirato la nostra professionalità. Poi ci
   disse che era lì per caso e disse inoltre che era l'ammiraglio Stefano Mancini.
   Non sapevo cosa dire e nemmeno tu, so solo che avrei voluto sprofondare dalla vergogna,
   per aver pensato ad un uomo piccolo e insignificante. Ci scambiammo reciprocamente gli
   auguri perché quando mi presentai, gli dissi che pure io mi chiamavo Stefano e proprio in
   quel giorno ricorreva la festività del nostro onomastico. Molto confidenzialmente c'invitò al
 
 suo tavolo (sempre sul ponte di comando), per farci servire una tazza di the con pasticcini.
 
 Con molto piacere ci sedemmo a dialogare proprio di fronte all'ultimo cristallo situato sulla
 
 destra dell'espertissimo timoniere. Innanzi a noi si presentava un mare che infondeva non
 
 più terrore ma quiete e tanta pace; anche il cielo era terso e senza nubi all'orizzonte.
  
Il sole era ormai rossiccio e sembrava salutarci per dirci: arrivederci a domani.
 
 Stemmo ancora un poco lì, per vedere arrivare la luna, poi prendemmo l'ascensore per
  
scendere ai piani sottostanti, dove avremmo potuto sederci a tavola per cenare. Il gruppo
 
 che era pagato per allietare i nostri pasti era bravissimo, mi riconobbero e mi chiesero: se
 
 ti fa piacere, vieni sul palco e suona assieme a noi.
   Al che risposi: ringrazio di cuore, ma voi non avete bisogno di me e poi ho molta fame.
   Erano ormai le ore 0.30, quando decidemmo di andare a riposare nella nostra suite. Per
   raggiungerla, fu un'impresa non da poco, poiché avevamo perso entrambi l'orientamento.
   E' pur vero che questo transatlantico era molto simile al Speranza, però dato che era stato
 
 costruito di recente, qualcosa cambiava all'interno.
  
C'erano dei corridoi dappertutto, a destra e a sinistra. Ad un certo punto incontrammo un
   inserviente molto gentile il quale ci diede una mano dicendo: proseguite questo corridoio
   poi più o meno a metà, sulla vostra destra vi accorgerete che c'è una statua raffigurante la
  
madonna; fermatevi lì perché la suite 213 che è proprio alla vostra sinistra. Ci bloccammo
   ed entrammo, chiusa la porta ci sedemmo su quel bel lettone, facendoci tante coccole.
   Non smettevo di baciare e accarezzare i tuoi begli occhioni scuri. Le tue magnifiche pupille
   erano dilatatissime a causa della scarsa luce. La notte fu bellissima, ricordo che accendesti
   il televisore per guardare un programma da te preferito. Ogni tanto, ci scambiavamo frasi
   dolci e prendendoci per mano, ce le sussurravamo affettuosamente. Trascorremmo così
   quasi tutta la notte facendoci del bene.
 
 Di tanto in tanto, per rilassarci, andavamo in veranda sedendoci sul grande divano posto
   davanti al finestrone, per ammirare la luna piena e tutto ciò che la circondava.
   Passammo una bellissima notte, contemplando tutto ciò che il Signore aveva creato.
   Quando mi svegliai, il mio braccio era appoggiato dolcemente attorno al tuo collo e i tuoi
   bellissimi capelli d'oro coprivano parte della mano e più di metà del mio braccio destro.
   Non mi mossi per non svegliarti; i miei occhi fissavano il tuo dolcissimo visino e tutto il
   resto. A dir poco eri stupenda; mi sembrava di abbracciare un angelo.
   La suite era ben riscaldata e con molti fiori, i più belli erano di colore giallo, vi erano pure
   molte orchidee mandate da Fabio (il capo cuoco), accompagnate da un biglietto con su
   scritto che, al prossimo approdo, si sarebbero dovuti imbarcare Franca e Lino (i genitori di
   Fabio), ne fummo lusingati. Per augurarci il buon giorno, ci accarezzammo teneramente e
   baciandoci con passione. Il mare era sempre calmissimo e la giornata incominciò come
   desideravamo. Sentimmo squillare il telefono, rispondesti tu e dall'altra parte del cavo una
   voce gentile ti chiese se avesse potuto mandare un cameriere per servirci la colazione.
   
La voce era quella di Fabio ed erano le ore 9, tu rispondesti: va bene mandalo pure.
   Facemmo appena in tempo ad indossare qualcosa di decente, che sentimmo bussare alla
   porta, rispondesti: sì avanti, entri pure. Dopo aver dato una bella mancia a questo gentil
   signore lo congedammo dicendogli: molte grazie e ci sedemmo per rimpinguarci.
   Il mio strumento e tutto l'occorrente per ripassare le parti del concerto pomeridiano erano
   con me nella nostra bellissima suite. Ci facemmo una doccia, la quale ci rilassò molto....
   dopo di che, accordai lo strumento e incominciai a ripassare musiche di Vivaldi, Grieg, il
   concerto grosso di Handel e la trota di Schubert, (l'unico quintetto che scrisse per violino,
   pianoforte, viola, violoncello e contrabbasso). Tu non eri seduta al mio fianco, ma bensì di
   fronte per ascoltare il mio ripasso musicale.
   Ti guardai non appena ebbi finito di aver ripassato le quattro stagioni di Vivaldi.
   Essendo un pochino stanco, decisi quindi di sedermi per qualche istante accanto alla mia
   bambolina. Non appena seduto, ti guardai e notai che i tuoi occhi erano lucidi. Ti lasciai
   sfogare senza dire nulla. Fissavo il tuo bel volto bagnato dalle calde lacrime. Ti accarezzai
   come per asciugarle, ma tu mi dicesti: ti prego amore mio, lascia che si asciughino da se,
   la tua grande sensibilità mi ha commosso e fatto piangere. Sai mia dolce bambolina, le tue
   belle manine, mentre mi accarezzavi, erano bollenti e bagnate dalla tua sudorazione la
   quale emanava un profumo pari a quello che comprai appena ci imbarcammo sulla Plein
   Soleil. La marca di questo profumo era ed è tutt'ora Chanel N.5, che a te piaceva tanto.
 
 Una breve parentesi.
   Ora mentre sto scrivendo, raccontandovi questa (per me) meravigliosa avventura da favola
   sembra che dai miei pori stia uscendo un profumo dolcissimo il cui nome è Chanel N.5.
   Adesso, dopo essermi sciacquato queste indegne mani, posso risedermi nuovamente, per
   continuare a romanzare questa nostra crociera. Ormai dal tuo bel visino, non scaturiva più
   alcuna lacrima, ma dalle tue belle labbra udii queste parole: non solo io ma anche tu riesci
   a rendere felice la tua bambolina, non mi merito tutto questo da te.
 
 La prova d'orchestra fu fissata dal maestro intorno alle ore 11.
   Ci preparammo e scendemmo, mi aiutasti a portare l'attrezzatura nel salone da concerti.
   Il pavimento era di legno pregiatissimo e le pareti erano tappezzate da più artigiani molto
   bravi, non parliamo poi dei lampadari enormi i quali erano sospesi (non so in che modo)
   sulle nostre teste. La prova generale non soddisfece per nulla il maestro e ne tantomeno
   noi professori di orchestra. Eravamo delusi per com'era andata questa bruttissima prova.
   Ricordo che andai a pranzare senza avere appetito, (infatti non toccai cibo) aspettai solo
   che fosse la mia bimba ad aver finito di pranzare.
   Dopo essermi congedato da tutti i commensali, mi venne una gran voglia di appartarmi
   andando nel salone dei concerti per rimanere solo con me stesso e meditare sul mio fiasco.
   Fui pervaso da una grande depressione e non volevo vedere nessuno. Mi chiedesti: ti do
   molto fastidio se vengo assieme a te? Ti risposi: se lo desideri seguimi. Prendendoci per
  
mano, scendemmo in salone e ci sedemmo tutt'e due l'uno in braccio all'altra.
   Volendo confortarmi dicesti: suvvia mio sbinfero non t'abbattere in questa maniera, vedrai
   che con il mio aiuto e la tua grande forza di volontà, riuscirai pure questa volta a fare un
   figurone, ma non solo tu, anche tutti i tuoi compagni; se me lo consenti andrò vicino e
   parlerò loro perché riacquistino la volontà e la fiducia in loro stessi. Dopo essere rimasti in
   silenzio per non so quanto tempo, sentimmo un brontolio provenire dall'angolo più buio
   della sala. Fu in quel momento che capimmo di non essere i soli in quel luogo divenuto
   ormai per noi ostile. Da quell'angolo la voce che udivamo, era quella del maestro Bruno
   Bellis il quale, sedutosi sul pavimento e mettendosi le mani fra i capelli (parlando ad alta
   voce con se stesso), con disgusto si mise a pronunciare queste parole: maledetto il giorno
   in cui accettai questo incarico e firmai il contratto. Nessun componente di questa orchestra
   osava avvicinarsi a lui per confortarlo anche solo per dirgli: ci scusi maestro siamo tutti
   quanti addolorati, ma vedrà che per quell'ora fatidica saremo in forma per iniziare.
  
Lui, scuotendo il capo, esitò per qualche istante prima di pronunciare testuali parole: mi
   avete deluso profondamente, non avrei mai immaginato che sarei caduto così in basso,
   fidandomi ciecamente di gentaglia come voi. Per quanto mi riguarda, neppure un calzolaio
   vi prenderebbe come garzoni. Disse ancora a me: scusami Stefano so che tu e tutti voi con
   tutte le vostre forze date il massimo di voi stessi, però, oggi da voi pretendo cento volte di
   più. Aggiunse inoltre: potresti per cortesia farmi parlare con la tua stupenda amicona?
   Risposi: sì maestro. Il silenzio attorno a noi era tombale; sentivamo solo che ti sussurrava
   qualche frase all'orecchio, senza percepire nulla se non: ci penso io signor maestro.
   Arrivasti da me e ti sedesti al mio fianco. Mi mettesti dolcemente il braccio destro attorno
   al collo e mi dicesti: lo sai perché oggi il vostro maestro è inquieto? Risposi: non posso
   saperlo, dimmelo tu, visto che ha voluto parlare proprio con te. Mi fissasti con i tuoi begli
   occhioni e dopo pochi istanti, incominciasti col dirmi: Il maestro dice che se pretende da
   voi il cento per cento, è per un valido motivo.
   Gli aveva telefonato qualche ora prima il capitano dicendogli che al prossimo approdo si
   sarebbe dovuto imbarcare su questa nave niente meno che Giovanni Leone con tutto il suo
   seguito. A quel tempo questo signore molto importante, aveva la carica di presidente della
   repubblica Italiana. Tu, molto gentile, mi dicesti di parlare con le spalle dell'orchestra, (le
 
 spalle sono: il primo violino della sezione dei violini, poi viene la spalla della sezione dei
 
 secondi violini, dopodiché c'è la spalla della sezione delle viole e poi arriva la spalla della
 
 sezione dei violoncelli e per finire non rimane che la spalla della sezione dei contrabbassi,
 
 in questo caso io). Come mi consigliasti, andai subito a riferire quello che mi avevi appena
 
  detto.
  
Ricordo che facemmo una prova bellissima. Ad ascoltare la prova c'èra solo l'ammiraglio
  
Stefano Mancini, poiché il capitano e gli ufficiali di bordo, erano tutti impegnati per la
  
manovra d’attracco.
   Il concerto ebbe un grande successo e il presidente, alzatosi dalla poltrona presidenziale,
   venne verso di noi per congratularsi. Era ormai sera dopo aver cenato tu ed io decidemmo
   di coprirci bene, (poiché all'esterno il freddo era tagliente), per andare ad appoggiarci al
   pulpito della nave a contemplare la luna, che si rifletteva su questo specchio di mare. Dopo
 
 essere saliti sul ponte di comando, per chiedere il permesso al capitano il quale ci diede
   l'ok, scendemmo e andammo decisi ad appoggiarci al pulpito di quella prua ove andammo,
   quando salpammo con il transatlantico Speranza e poi con il Plein Soleil.
   Ti fissavo: eri bellissima anche se i tuoi lunghi capelli non erano più sciolti ma raccolti a
   coda di cavallo. Appoggiando le tue braccia sul pulpito, mi sussurrasti: non mi sembra vero
 
 questo si che è un viaggio da sogno, non finirò mai di ringraziarti per avermi portata con
  
te, ti amo davvero tanto credimi.
  
Dopo poco tempo udimmo uno scricchiolio, poi una chiusura di porta.
 
 Ci voltammo e vedemmo il presidente in persona, con una parte del suo seguito venuti
 
 pure loro per ammirare questa bella sera stellata. Sembrava quasi che la luna ci dicesse:
 
 toccatemi, sono vicinissima a voi.
  
Era buffo il presidente Leone, ma molto  simpatico, indossava un pastrano ben imbottito e
  
per riparare le mani dal freddo aveva due guantoni da sci. A coprire il suo capo, ci pensava
 
 un bel cappuccio rosso con un pon pon bianco. Sembrava che a bordo fosse arrivato babbo
 
 natale. Ci scambiammo molti salamelecchi, poi ci congedammo augurandoci la buona notte.
  
Lui e la sua scorta andarono a riposare nella suite numero 214, adiacente alla nostra, noi
 
 invece nella suite numero 213.
   Entrati che fummo, ci spogliammo degli abiti pesanti e ci mettemmo in libertà.
   Tu non indossavi nulla se non un mini perizoma. Guardavo il tuo morbido seno senza nulla
   e, non sapendo che cosa dire, ti proposi di andare a riposare su quel divano enorme, dove
   trascorremmo quella notte bellissima contemplando la luna.
  
Ammirai le tue minuscole tettine e senza farle alcun male le accarezzai dolcemente.
   Stavano perfettamente nel palmo delle mie mani e non dicesti nulla. Ti accarezzai tutte le
 
 parti intime; ne eri contentissima e provavi quel piacere che solo pochi uomini sanno dare
   alla loro amata, senza farle del male.
   Mi accontentavo di accarezzare quell'involucro stupendo che avvolgeva l'incastellatura,
   senza la quale, non saresti potuta ne stare in piedi ne tantomeno seduta. Ogni tanto, dato
   che non avevamo sonno, facevamo una pausa per ammirarci e riprendere le energie per
 
 poi continuare. Trascorremmo così quasi tutta la notte amandoci senza fare altro. Altra
   piccola parentesi (amore non vuol dire solo sesso, anche perché dopo aver fatto sesso, per
   qualche ora tu non hai più voglia di lei desideri solo rilassarti), fare sesso è un'arte che va
   rispettata. I grandi pittori, per dipingere i loro nudi, avevano per modelle delle ragazze
   anche bellissime, senza fare sesso con loro. Adesso rientro nel tema. A svegliarci furono i
   genitori di Fabio, Franca e Lino che con molta discrezione, ci servirono la colazione.
   Trascorremmo così questa bella giornata di S. Silvestro, provando con l'orchestra per il
   concerto di capodanno. Continuammo così questo indimenticabile viaggio circumnavigando
   l'arcipelago indonesiano. Ricordo che il capitano mi fece chiamare d'urgenza da Ettore (il
   sottufficiale), per comunicarmi che il mio impresario dall'aspetto truce, ma bravo come il
   pane e molto sensibile, (ora posso dire il suo cognome). Questo omone che sembrava un
   boss, si chiamava Rigato e risiedeva a Verona. Questa è la verità sacrosanta. Non appena
   riuscimmo a varcare il ponte di comando, il capitano mi diede la bella notizia, dicendomi:
   professore si metta subito in contatto col suo manager per informazioni che la riguardano.
   Mi fece telefonare con il suo apparecchio personale.    
   Parlai con il signor Rigato il quale, complimentandosi per la mia grande professionalità, mi
   consigliava (se ne fossi stato contento), a non sbarcare terminata questa crociera, perché
   avrebbe rinnovato il mio contratto, per dare nuovamente la mia prestazione con questa
   espertissima orchestra. Aggiunse inoltre: lo so professor Villa che lei non viaggia da solo,
  
ma accompagnato da colei che oltre a volerle un bene dell'anima, le fa da mamma dandole
   pure consigli utilissimi; a proposito potrei sapere il suo nome? Risposi: certamente signor
   Rigato il suo nome è Liliana però io la chiamo Lili. Volle ancora aggiungere alcune cose e
   disse: non mi deluda  godetevi queste crociere da sogno, lei ha un talento invidiabile.
   Tengo a precisare che la suite dove alloggiate, è sempre a vostra disposizione.
   Studi sempre come ha fatto finora e vedrà che non se ne pentirà, grazie a lei, a tutti i suoi
   colleghi, condividerò volentieri i miei proventi. Ci congedammo scambiandoci gli auguri per
   un felice anno nuovo. Rimasi molto colpito e contento per quello che il signor Rigato mi
   aveva appena comunicato e capii che quando sarebbe terminata questa indimenticabile
   vacanza di lavoro, avrei avuto solo il tempo, (naturalmente con la mia dolce bambolina),
   appena avessimo attraccato nel porto di Genova, di prendere un taxi e farci accompagnare
   nella nostra città, per dare un saluto ai famigliari e amici, per poi salpare nuovamente
   verso altre isole.

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