BENVENUTI NEL RACCONTO DI STEFANO VILLA
C'ERA UNA VOLTA
Tanto tempo fa in una
bellissima valle fra le innevate vette dei monti: "Oplà e
Giunchi", c'era un villaggio
di nome
"Santo Spirito", i cui abitanti si volevano tanto bene. Ora, fra
quelle belle casette si ergeva una bellissima chiesa,
la quale riusciva a contenere tutti i villani del posto e anche
di più per le varie funzioni
religiose; sia quotidiane
che
festive, anche per le grandi
solennità come ad esempio, Il Santo Natale, cioè la nascita di
Gesù bambino, la
Santa
Pasqua, cioè la risurrezione di Gesù Cristo. Poco distante dal
villaggio "Santo Spirito", vi era un casolare
non molto
grande, ma bellissimo all'esterno e all'interno, costruito con
le robuste braccia e mani del
bisnonno, il
nonno e,
con l'ausilio del papà di
una bellissima e bravissima bimba, il cui nome era Patrizia.
Ora
l'autore, tiene a sottolineare
che in quel ridente e bel villaggio,
tutti i giorni era gran festa, poiché prima che
ciascuno
intraprendesse la sua attività di artigiano, puntualmente alle sei e trenta di ogni
giorno, il
sagrato della
chiesa del: "Sacro Cuore di Gesù",
era gremito di tutti gli abitanti di ”
Santo Spirito”, attendendo pazientemente
che il pievano: "don
Gioacchino Mellano" si accingesse ad aprire il gran portale in
noce massiccio lavorato a mano,
dagli stessi menusier del posto.
Vi erano colà anche molti bambini i quali prima di andare a
scuola, desideravano
entrare in quella bellissima chiesa
per partecipare alla funzione religiosa e attendere che don
Gioacchino Mellano
salisse i gradini del vecchio pulpito per
leggere il Santo vangelo del giorno e la
sua tanto attesa omelia.
La sopracitata bimba Patrizia, aveva
suppergiù nove o dieci anni ed era un'autentica
crocerossina, la quale, oltre
al pesante bagaglio che le serviva
per la scuola, non scordava mai, di portarsi appresso, una
pesante valigetta
contenente una piccola farmacia, con bende e
cerotti di varie forme – supposte – iniezioni, da iniettare al
paziente
per via endovenosa o sottocutanea. Era assai stimata al
villaggio e chi si era sottoposto alle sue cure, diceva che
la
piccola Patti era un vero angioletto e tutto ciò che le sue
piccole mani toccavano, come per incanto, la gente
guariva,
poiché dopo aver visitato molto attentamente i pazienti, la
diagnosi (strano a dirsi), era sempre esatta.
Naturalmente
essendo poverina, non poteva avere i soldini per acquistare
tutti quei farmaci costosi, e quindi ogni
fine settimana, i
villani e la piccola Patrizia si riunivano nella casa
parrocchiale e assieme al sacerdote, facevano
la lista di quello
che occorreva e ognuno (senza indugiare), apriva il proprio
portafoglio e appoggiava sul tavolo
rotondo quello che poteva
permettersi.
Quasi sempre, la cifra era superiore al
fabbisogno.
I soldi in più, non venivano restituiti ai
contribuenti, perché all'unanimità si era deciso di aprire un
libretto postale
e avrebbero delegato tesoriere don
Gioacchino. Quando la piccola Patrizia (fiera di sé, ma non
dandosi delle arie),
incrociava qualche signore, egli con
tutto il rispetto, si toglieva il cappello e molto educatamente,
le domandava:
"Buondì dottoressa Patrizia, tutto bene?" Ed ella
con la sua dolcissima vocina ancora da bambina, educatament
rispondeva: "Sì sì, grazie signore, ora non posso soffermarmi
perché, devo correre a scuola dopodiché, mi dovrò
recare da
alcuni pazienti i quali hanno urgente bisogno di me … uno dei
quali è Etienne". La piccola Patrizia, non
diceva mai bugie e
infatti quel giorno, finito l'orario scolastico incrociò
Sebastien (un suo carissimo amico), quindi
lo pregò di andare ad
avvisare la sua dolce mamma che non sarebbe potuta passare da
casa per desinare, perché
desiderava passare da Etienne per
sapere come stava, fargli una bella medicazione alle gambe, e
con l'olio iperico,
spalmarglielo dalle ginocchia in giù e
pure nella schiena; poi magari cucinargli qualcosa da mangiare e
desinare
assieme a lui, tenendogli anche un pochino di
compagnia.
Insomma la piccola Patrizia,
a poco a poco, stava diventando proprio una bellissima ragazza
e, non avendo grilli
per la testa, quand'ebbe finito di studiare
alle scuole dell'obbligo, e finito gli studi liceali, si
iscrisse all'università
alla facoltà di medicina, laureandosi in
brevissimo tempo col massimo dei voti. Dato che l'iscrizione
all'università
più i numerosi libri erano costosissimi, ed essa
era poverina, le spese venivano pagate direttamente dagli
abitanti
del villaggio di Santo Spirito e dal pievano don
Gioacchino Mellano. La fortuna volle che in via Testa
Traversa, si
fosse liberato un grande locale adibito prima a
macelleria di carne equina e, successivamente a caffè concerto,
con
un bel retro altrettanto grande e luminoso. Patrizia quando
lo seppe, pensò immediatamente che sarebbe potuto
servire a lei, per aprire il suo
studio medico, ma ben presto, dovette abbandonare
quell'idea, poiché mancavano i
soldi (e ce ne sarebbero voluti parecchi). Ella si trovava in
casa, quando stava pensando a come avrebbe potuto
risolvere quel
problema e, proprio in quel mentre, sentì bussare alla porta.
Domandò: "Sì chi è?
Dall'esterno, una
voce conosciuta
rispose e domandò: "Patrizia sono io Don Gioacchino mi fai
entrare?" Subito carissimo don, arrivo
immediatamente rispose la bellissima e dolcissima Patti. Entrato che fu, la
padroncina di casa dopo averlo fatto
accomodare, desiderò
offrirgli un buon caffè che naturalmente non seppe rifiutare.
Dopo aver dialogato del più e
del meno, la dottoressa Patrizia,
espose il problema dello studio medico al reverendo.
Egli, dopo averla fissata attentamente,
le disse: "Non preoccuparti mia cara, perché convocherò tutti
gli abitanti
del villaggio in chiesa esponendo il problema e
vedrai che con il loro e mio aiuto, avrai il tuo studio medico
per
ricevere i pazienti. Ella commossa non poco, gli disse:
"Don
Gioacchino, non ho parole per dire a te e agli abitanti
di
Santo Spirito, quanto mi siete cari".
E riprese dicendo: "Vi prometto che appena
avrò qualche soldo, un po' alla
volta vi rifonderò il debito,
per ora … un grazie di cuore". Il pievano, si mise ritto in
piedi poi, porgendole la mano,
prese quella di lei dicendole: "Sai piccina? Sono sicuro che in men che non si dica, ben presto
ti potrai sistemare
molto bene e, in modo definitivo; su ora
copriti bene poiché, inizia a piovere e a far freddo sai?
Desidero invitarti
a cena assieme e me, in canonica;
ho già dato disposizione
a
Paola (la mia fantesca), perché cucinasse qualcosa di
molto
buono per alcuni invitati; allora accetti?": "Sì sì molto
volentieri disse, ma ho da chiederti un favore grosso,
grosso".
Dimmi pure Patrizia, farò tutto ciò che desideri".
Ella dopo
essersi vestita con abiti pesanti, e con molta
raffinatezza, calzò
un bel paio di scarpe poi, andò accanto ad un antico armadio,
aprì una grande anta e prese la
valigetta dei medicinali,
dopodiché disse: "Caro don Gioacchino dovrei prima passare da
Etienne, il nostro amico
carissimo per spalmargli sulle gambe,
un olio portentoso il cui nome è: "Olio Iperico", perché egli
soffre in tutte e
due le gambe, di insufficienza venosa cioè, il
sangue che non circola bene".
La risposta di Don Gioacchino fu:
"Perfetto, così dopo che lo avrai unto, sarai tu stessa ad
invitarlo a desinare
assieme a noi e se lo gradirai, dì alla tua dolce mammina di
prepararsi e raggiungerci in canonica". Patrizia, dalla
immensa
gioia, esclamò: "Oh Don Gioacchino, grazie … grazie di cuore!!!
Ora avviserò subito la mia mammina;
vedrai, sarà felicissima,
anche perché, non uscendo quasi mai di casa, sarà una vera e
bella distrazione per lei"
E così fu. Si avviarono verso
l'uscio e Patrizia, pensò bene di prendere due ombrelli dal
portaombrelli, uno per il
caro Gioacchino e uno per sé.
Uscirono
così di casa che era buio, per cui i fanali per illuminare la
strada e i marciapiedi, erano già accesi. Quindi
apersero gli
ombrelli, poiché la pioggia stava aumentando d'intensità. La
distanza non era molta dall'abitazione di
Patrizia a quello di
Etienne, ma ad un tratto, dovettero fermarsi perché una carrozza
trainata da due cavalli, le si
accostò e una voce famigliare, si
levo nell'aria, rompendo così il silenzio. Era quella di
Sebastien, il quale disse:
"Salve amici miei, lo gradite
un passaggio? Sto andando a trovare Etienne". La risposta dei
due pedoni solitari fu
questa: "Grazie mille Sebastien, è un
vero piacere ed è stato il Buon Dio a mandarti". Allora
Sebastien scese e,
porgendo la mano destra a Patrizia, disse:
"Coraggio dottoressa Patrizia in carrozza e così dicendo, da
galantuomo
l'aiutò a salire; don Gioacchino invece
ce la fece benissimo a salire da sé.
Una volta a bordo, Sebastien, non
smetteva di fissare la dottoressa. Ella che non era scema se
n'accorse e, senza
indugiare, sorridendo gli domandò:
"Ti
ringrazio molto che ti sia fermato per dare un passaggio a don
Gioacchino
e a me, ma mi sono accorta che da quando siamo
partiti, non hai smesso un attimo di fissarmi, per caso, mi stai
spogliando con gli occhi?" Egli dopo averle domandato umilmente
perdono, le rispose: "Vedi Patrizia,
tu; tu mi...
piaci moltissimo e so pure che hai un debole per il
buon Etienne e, e fai tutto il possibile per curarlo e guarirlo.
Credimi, anch'io gli voglio bene e non sarò certo io ad
ostacolare il tuo operato, però prego tanto che si rimetta
presto e che possa ritornare per stare in mezzo a noi a ridere e
a scherzare". Udito ciò don Mellano, rivolgendosi
a Sebastien,
gli disse: "Bravo, sono stato molto colpito dal tuo discorso,
questa è la retta via che dovrai seguire,
cerca di percorrerla
sempre così e non te ne pentirai; Nostro Signore sarà sempre
innanzi a te per guidare il tuo
cammino". Ben presto giunsero
all'abitazione di Etienne. Patrizia, dopo averlo medicato, gli
disse che anche lui
era stato invitato a cena da don Gioacchino,
ed egli onoratissimo accettò.
Poiché Etienne stesse già un
pochino meglio,
doveva servirsi ancora del suo deambulatore, perché stando quasi
sempre solo per lo più a letto, non poteva uscire di casa per
fare a piedi qualche centinaio di metri (se non quando
arrivava
la sua tanto attesa dottoressa Patrizia, per medicarlo
dopodiché, prenderselo sottobraccio e uscire tutti e
due come
due innamorati in strada per fargli prendere una boccata d'aria
e muovere le gambe), gli girava tanto la
testa. Al loro rientro,
a Etienne girava molto ma molto meno la testa, perché il sangue,
aveva ripreso a circolare
in modo quasi perfetto in quasi tutto
il suo corpo ed era entusiasta della sua Patrizia. Spesso e
volentieri, dopo il
rientro a casa a volte ella, desiderava
cucinargli qualcosa di prelibato
con le sue dolcissime manine e, dopo
aver
cenato, colloquiare sinché non si fossero chiusi gli
occhi di lei rimanendo così assopiti sino alle prime ore
dell'alba.
Chiusa questa bella e romantica parentesi, l'autore
desidera continuare a comporre per far sapere ai lettori, come
procedette il proseguo di questo invito a cena dal tanto
ospitale don Gioacchino. Ad un bel momento, il reverendo
uscì
per primo ed essere pronto a dare una mano per fare uscire il
deambulatore di Etienne, e poi uscì Etienne, ed
infine
l'affascinante Patti; il volto suo era raggiante e sprizzava
immensa gioia da tutti i pori. Essa desiderosa di
dare due
bacini al suo paziente; il primo molto romantico e il secondo,
un po' più prolungato cioè, alla francese.
Usciti finalmente di
casa, don Gioacchino disse a Sebastien: "Su Sebastien
spicciamoci, mentre Patrizia e il suo
amore si faranno la strada
a piedi, noi corriamo in canonica ad avvisare che i graditi
ospiti, a minuti saranno qui.
Arrivati che furono, trovarono la
mammina di Patrizia la quale stava dando un grande aiuto alla
fantesca di don
Gioacchino. E che tavolo, imbandito con gusto
accanto al caminetto e sopra di esso, due bei candelieri a sei
bracci
già accesi. Dopo circa quindici minuti arrivarono
Patrizia ed Etienne e appena videro quel bellissimo tavolo tutto
imbandito accanto al caminetto acceso entrambi esclamarono:
"Che meraviglia!".
E poi Patrizia continuò dicendo:
"Grazie
mamma per essere venuta e ancora grazie, per aver dato una
mano a Paola la fantesca di don Gioacchino
a preparare tutto questo con
gusto".
La cena è servita; prego, accomodatevi signori,
disse sorridendo la fantesca. Dopo essersi guardato un po'
attorno,
don Gioacchino vide che sul tavolo c'era di tutto
tranne una cosa, ed esclamò: "Oh!!! Perbacco, ma qui manca
l'abbeveraggio; ora ci penso io, torno subito". Intanto
all'esterno, oltre allo scrosciar violentemente della pioggia,
si era sollevato un fortissimo ventaccio, il quale faceva
sbattere con una tale violenza gli scuri. Patrizia corse alla
finestra per cercare di chiuderli, ma non
poté per il fatto che una strana sagoma domandava aiuto. Dopo
non aver
indugiato neppure un attimo, disse alla sua mammina e a
Paoletta. Per cortesia, ormai sono una dottoressa e, ho
il
dovere di prestar soccorso questa persona, chiunque essa sia;
per favore venite ad aiutarmi
a farla entrare in
casa questa persona. E così avvenne, per prima cosa
le levarono di dosso il mantello e i vestiti inzuppati
d'acqua,
accorgendosi che era una bellissima ragazza bionda, poi
le sfilarono le scarpe dai piedini, che erano intirizziti dal
freddo. Sebastien incuriosito, le domandò:
"Qual è il tuo nome
e, donde vieni?" Ella, con un fil di voce disse: "Il
mio nome è
Manuela e il tuo?" La risposta fu: "Il mio nome è Sebastien".
Manuela riprese dicendo: "Sai Sebastien
pioveva molto forte e
c'era un ventaccio che mi portava via, quindi ero costretta a
camminare a testa bassa e....
rasente il muro. Poco fa, mentre stavo
rincasando tutta sola, qualcuno o qualcosa mi ha toccata e di
conseguenza
sono caduta, ed ora ho tanto male alle ginocchia;
soprattutto al sinistro e un pochino alla mano destra".
Patrizia, la quale non poté far a meno di udire quello che alla
bella ma sfortunata Manuela era appena accaduto,
le si avvicinò
e, dopo averla accarezzata dolcemente le disse: "Sai Manuela,
non ho ancora uno studio medico mio
perché sono poverina e non
posso permettermi di pagare un affitto così caro, altrimenti ti
avremmo condotta là …
ma non temere, perché ho sempre tutto con
me e ti prometto che dopo in mio trattamento ti sentirai molto,
molto
meglio fidati di me". Grazie, grazie infinite
dottoressa Patrizia, disse Manuela. E fu così che la dolcissima
Patrizia
(grazie alla sua grande esperienza e, ai medicinali che
aveva con sé), riuscì in quella sera ad alleviare di molto i
lancinanti dolori dall'affascinante Manuela. Don Gioacchino che
da tempo era salito dall'umida cantina con cestelli
contenenti
del buon vino da degustare, disse: "Orbene, ora che avremo un ospite in più il
festeggiamento sarà per
tutti molto bello ma, soprattutto per
Manuela … a questo punto brindiamo per una pronta guarigione per
Manuela;
ora sediamoci e iniziamo a desinare … ma prima
ringraziamo Nostro Signore con una preghiera personale. Nel bel
mezzo della cena capitò qualcosa di molto, molto bello a
meraviglioso a Manuela e volle manifestarlo in presenza
di tutti
i commensali e in particolare a Patrizia, per cui alzatasi in
piedi domandò udienza a voce alta e sicura, e
disse: "Grazie
all'aiuto Divino, a Patrizia e a tutti voi, mi sento guarita,
un grosso grazie con tutto il mio cuore e,
prometto
che da subito riceverà le chiavi dei miei grandi locali per
essere adibiti a: "Studio medico Patrizia" e non
voglio un
centesimo per l'affitto e li farò ristrutturare, a mie spese".
Patrizia
fu la prima a scoppiare in lacrime dalla grande gioia
dopodiché, la seguirono tutti gli altri. Dopo aver detto
ciò, si
sedette e anche gli altri commensali fecero altrettanto. Ad una
decina di metri dalla canonica, attigua alla
chiesina, scorreva
un ruscello chiaro e limpido ma,
con quel grande diluvio che non
accennava a diminuire, pian
pianino stava esondando. Don
Gioacchino rivolgendosi a Sebastien gli disse: "Non
preoccuparti per la tua carrozza
e i cavalli, perché ho
provveduto io a metterli al riparo e a rifocillarli; mangia pure
tranquillo". Grazie infinite don
Gioacchino rispose
Sebastien. Poi il sacerdote rivolgendosi ai commensali disse
loro: "Miei cari, temo che questa
notte non smetterà di
diluviare per cui, ci sono abbastanza camere con letti da
ospitare tutti voi, non vi conviene
uscire con questo tempaccio
senza ombra di dubbio vi ammalereste". Patrizia prese la
parola e disse: "Hai proprio
ragione caro Gioacchino; ora
finiamo questa buonissima cena dopodiché, ci precederai per
farci vedere le camere
dove potremo riposare". E fu così che
dopo l'ottima e abbondante cena il reverendo precedette tutti
quanti ai piani
superiori, poi rivolgendosi a Patrizia le
disse: "Questa è la camera più grande a tre letti e tu che sei
la dottoressa,
potresti dividerla con Manuela ed Etienne; così
in caso di urgenza, eviteresti di correre per i corridoi
svegliando le
altre persone che dormono". La risposta di
Patrizia fu: "E' proprio quello che stavo pensando … grazie
Gioacchino".
Dopo circa mezzoretta, tutti quanti dormivano come
dei ghiri (malgrado il forte chiasso provocato dal temporale)
e
verso le sei, gli ospiti erano già arzilli e pimpanti, pronti
per andare a messa. Uscirono quindi tutti assieme con
gli
ombrelli chiusi, perché non pioveva
più. Sul sagrato della chiesina, vi erano molti fedeli, i quali
appena Don
Gioacchino aperse il gran portale, entrarono in
silenzio e, senza far confusione, andarono a prender posto nei
banchi per partecipare alla funzione religiosa.
Quando arrivò il
momento dell'omelia, come di consueto, don Gioacchino salì sul
pulpito, lesse la lettura, il salmo,
il brano del vangelo del
giorno, dopodiché, spiegò per filo e per segno ciò avvenne la
sera scorsa e quello che la
dolce dottoressa Patrizia aveva
fatto alla signorina Manuela e il regalo che le aveva deciso di donare
con tutto il
cuore a Patrizia. Dopo un simile discorso, il gran
silenzio che c'era, venne rotto da uno scroscio di applausi.
Finita
la funzione, uscirono tutti quanti dalla chiesina e si
fermarono sul sagrato perché desideravano complimentarsi
innanzitutto
con la dottoressa Patrizia per ciò che aveva fatto alla
signorina Manuela, ed inoltre con Manuela per
la
bellissima donazione fatta a Patrizia. Non finì lì, perché pure
loro desideravano fare un omaggio alla dottoressa
e cioè,
dissero che si sarebbero messi subito all'opera per
costruire tutto l'arredamento
dello studio medico.
In poco tempo
lo studio della dottoressa Patrizia, venne arredato con mobili
addirittura intarsiati e, naturalmente,
i menusiers non vollero
nulla, fecero tutti quei bellissimi mobili (compresa la
scrivania), gratuitamente. Lo studio
era talmente grande, che un
locale, lo adibirono a infermeria. Finalmente la bella
dottoressa, poté ricevere i suoi
pazienti nel suo studio e come
segretaria, assunse Manuela, la quale accettò molto volentieri
l'incarico. Passarono
così alcuni
mesi dopodiché, Sebastien (già fidanzato con Manuela) e, per
volere del Buon Dio, si sposarono.
Naturalmente Etienne, non
venne mai dimenticato da Patrizia, la quale essendosi molto
affezionata, trascorreva
parecchie ore in casa sua; soprattutto
la sera. Subito dopo aver chiuso lo studio, andava da lui,
cucinava la cena,
così cenavano assieme e
trascorrevano pure la notte. Si deve sapere che Etienne
(malgrado tutte le attenzioni e
le cure che Patrizia
gli faceva), migliorava sì ma, molto lentamente. Non potendo
uscire di casa per camminare
specie in inverno, perché le
giornate erano sempre molto fredde, il sangue non riusciva a
circolare come doveva
per cui, era costretto a stare in casa;
fare pochi passi col suo deambulatore e logicamente questo
non bastava.
Egli avrebbe dovuto camminare parecchio, anche perché avendo subito l'intervento del femore, camminando
si
sarebbe rinforzato.
Le sue giornate erano alquanto tristi e,
le trascorreva stando un po' allo scrittoio, componendo
romanzi – novelle
e racconti, e per i bimbi poesie – ninne nanne
e fiabe. Quando si sentiva ormai stanco, posava la matita e
andava
a distendersi nel letto,
e iniziava a pregare
intensamente il suo Buon Dio, dialogando con Lui dal profondo
del suo
cuore. Quando arrivava Patrizia, sospendeva di
fare ciò che stava facendo, per dedicare il tempo che occorreva
a
lei. Se per caso Etienne (col tempo guarisse del tutto,
verrete a saperlo in: "C'era una volta 2).
Questa è una storia
triste; ma purtroppo vera, un pochino romanzata … ma pur sempre
vera.
Ora l'autore, desidera ringraziare con
tutto il suo cuore la sua grandissima amica "Patrizia Zachino",
la quale è
veramente una bravissima infermiera; ligia al dovere
e presta servizio presso una struttura di sollievo.
Inoltre
l'autore ringrazia di cuore, la signora Laura Lencia, colei
che ha costruito il sito dell'autore e, quando egli
ha ultimato
qualche opera letteraria, con molta pazienza, la inserisce nel
sito. Per quanto riguarda il sacerdote
Don Gioacchino Mellano
è veramente esistito ed era un ottimo amico dell'autore, ma
purtroppo ora non è più con
noi, perché il Signore l'ha voluto
con sé nei suoi verdi pascoli. Gli altri personaggi, sono tutti
immaginari.
Home
page
|