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SECONDA PARTE - UNA OROLOGIO COME AMICO

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         Gigetto decise dunque di uscire, però per raggiungere il laboratorio magico dovette fare una bella corsa perché
       
 era di nuovo iniziato a piovere a scroscio. Ad un certo punto cominciarono a chiudersi gli occhi, dunque smise
       
 di lavorare e mise tutti i giocattoli in due robuste casse poi s'inginocchiò, recitò una preghiera ringraziando il
         buon
Gesù, dopodiché spense la luce, uscì chiudendo la porta e via di corsa in casa a salutare Marcellino.
        
In quel preciso istante, batté tre rintocchi, quindi ciò voleva dire, che erano le ore tre dopo la mezzanotte.
       
 Disse a Marcellino che sarebbe andato a coricarsi qualche ora dopodiché sarebbe partito tutto solo e sarebbe
       
 andato ramingo per il mondo, al che Marcellino rattristato, gli disse: "Tu sei la persona che mi ha dato la vita,
        
ed è proprio grazie a te, se sono qui e riesco a parlare. Ti supplico Gigetto, io non posso inginocchiarmi ma...
       
 vedrai che presto la tua Katia e le altre ragazze torneranno. Adesso vai a riposarti perché sei stanchissimo …
       
 sai? La notte porta consiglio". E così sia; buona notte Marcellino. Fu la risposta di Gigetto e andò mogio mogio
       
 a ritirarsi in camera. Una volta entrato e rimasto solo, non sapeva proprio cosa fare perché il grande sonno gli
       
 era passato del tutto. Quella camera ormai, gli era diventata ostile, sembrava che fosse diventata cento volte
       
 più grande di come era prima e per lui rimanere lì, gli dava enormemente fastidio. Ad un tratto, prese una
       
 decisione che a parer suo, gli parve saggia. Andò quindi a sedersi allo  scrittoio, e dopo aver acceso l'abat-jour,
       
 andò a spegnere la lampada grande, si sedette, estrasse di nuovo fuori dal cassetto carta – penna – gomma e
       
 calamaio e iniziò a mettere nero su bianco qualcosa; sì sì qualcosa che non riusciva a tenere per sé. Non ebbe
        
ancora finito che già sentì al suo fianco destro, un singhiozzar di bimba. Posò ciò che teneva in mano poi molto
       
 lentamente si voltò verso la fonte di quel pianto. Una vocina singhiozzante gli sussurrò: "Sono la tua Katia che
         tanto ami, perché mi fai soffrire scrivendo codeste cose? Io, ti amo tantissimo per cui ti supplico in ginocchio,
       
 non farmi piangere, non ho nessun altro all'infuori di te. Ho da raccontarti tante cose, sì sì tante cose carine e
       
 importantissime che ci sono successe nel pomeriggio … ecco il perché del nostro grande ritardo". E lo baciò alla
       
 francese. Quando terminò, commosso le disse: "Sì Katia, ti perdono". E sempre abbracciati, piansero entrambi.
       
 Si destarono dopo un certo numero di attimi e Gigetto domandò alla sua piccolina: "Ora col tuo permesso mi
       
 alzerò e con calma andrò a salutare Marcellino così saprò che ore sono". Ella con la sua voce angelica gli disse:
        
"Va pure amor mio, poi torna da me perché desidero rimanere ancora un pochino qui accanto a te; ti attenderò
       
 con ansia". Vado e torno. Le rispose. Andò quindi da Marcellino il quale appena lo vide, lo salutò gentilmente
       
 ed esclamò: "Oh, Guarda, sta arrivando anche la piccola Matilde!!!". E poi gli domandò: "Forse starà arrivando
       
 per darmi la carica?" È probabile disse Gigetto. Nel contempo, diede una sbirciatina alle lancette; segnavano le
         dieci e ventiquattro minuti. Detto questo, salutò nuovamente Marcellino e ritornò accanto alla sua Katia.
        
Lei, dopo averlo fissato per un po' con occhi languidi, le si avvicinò di più, poi introdusse la sua bella e calda
       
 manina destra nella borsetta e molto, molto lentamente, estrasse un pacchettino, avvolto in una bella carta a
       
 fiorellini e legato con un nastrino e un fiocchetto rosso. Consegnandoglielo delicatamente in mano, gli disse:
       
 "Ecco tesoro, scartalo e guarda se ti piace, questo, è un regalino per te. Osservalo bene e poi, sinceramente
       
 dimmi se è di tuo gradimento. Sai? È una cosuccia piccina ma molto utile, ed è il mio regalino donato col mio
       
 cuoricino per te". Sei contento? Egli, ascoltò quello che gli disse di fare la sua dolcissima Katia e quando l'ebbe
       
 scartato del tutto, vide che si trattava di un bel telefonino, dopodiché si commosse profondamente e le disse:
        
"Grazie, grazie di cuore amore, sai? Mi piace tantissimo". E lei: "Sono assai contenta che anche tu, abbia un
       
 telefonino; non per sminuire il grande operato di Marcellino che ha fatto sin'ora con tutti noi, dandoci sempre
       
 l'ora esatta, accompagnata dalla sua amicizia".
        
Ed inoltre: "Così componendo un semplice numero, potrai contattarci ovunque saremo, in ogni ora del giorno e
       
 della notte, come ad esempio ieri". Dopo che ebbero finito di conversare, uscirono e videro che Matilde stava
       
 dando la carica a Marcellino e le lancette, segnavano le dieci e cinquantadue. Quindi, Gigetto e Katia stettero
       
 ancora un pochino lì a parlare e, poiché Gigetto moriva dalla voglia di far vedere ciò che aveva costruito per i
        
bimbi, uscirono di corsa perché pioveva a dirotto e s'infilarono velocemente, nel laboratorio magico. Quando
 
        ebbe mostrato i suoi fantastici capolavori, addirittura semoventi; insomma, più che giocattoli, ognuno di loro,
       
 era un vero e proprio robottino, disse a Katia: "Ora che ho finito di costruire questi robot, mi accompagneresti
       
 per cortesia con la tua auto dalle varie famiglie dove ci siano dei bimbi poveri?" In risposta ricevette: "Sì sì con
       
 molto piacere però, caricheremo l'auto e partiremo nel primo meriggio, perché ora è quasi pronto il pranzo".
       
 Vedrai quante persone verranno a far visita a Marcellino e nel contempo, pure al suo ideatore e costruttore.
       
 Secondo me, ti tempesteranno di domande, interviste e arriveranno anche le autorità, per sapere tutto da te.
        
Sento già che ben presto, diventerai famosissimo e non mi saluterai neppure più, ed io soffrirò, mi rattristerò
       
 molto e cercherò con tutte le mie forze, di soffocare nel più assoluto silenzio, la mia tristezza e pianto". E non
       
 ebbe ancor finito di dire determinate cose … che, una fu questa: "Domattina, fa pure la levataccia, perché ho".
       
 Poi si corresse dicendo: "Cioè ingenuamente soddisfatte di te, abbiamo divulgato la notizia che tu hai costruito
       
 un orologio parlante e quindi, origliando un po' qua e un po' là, voci di corridoio, hanno detto che arriveranno
       
 molto presto, diverse TV private, compresa quella di "Fate pin là". E continuò dicendo: "Giornalisti, paparazzi,
         Radio e
tutte le reti nazionali e straniere, insomma sei già un mito e ben presto, passerai alla storia, sarai su
       
 tutti i quotidiani  e libri, e su tutte le più importanti enciclopedie mondiali".
       
 Egli disgustato per tutte le stupidaggini che gli disse Katia e, non volendo nella maniera più assoluta diventare
       
 famoso, con molta discrezione le disse: "Pensavo che ormai mi conoscessi un po' di più Katia, ma mi sbagliavo
       
 di grosso. Io, sono un essere umile e se faccio qualcosa, non lo faccio per vanagloriarmi ma bensì per i bimbi
       
 poveri e non per farmi bello comparendo in TV, in radio o essere inserito nelle enciclopedie. Io non son proprio
       
 nessuno e desidero vivere nell'ombra dietro le quinte; comunque ti ringrazio tanto per il tuo interessamento
       
 ma credo di non aver più bisogno del tuo aiuto … grazie ugualmente e, addio per sempre signorina. Adesso
       
 entrerò in casa e dopo aver salutato per l'ultima volta il mio Marcellino, uscirò per sempre dalla tua vita.
       
 Metterò in questo grosso e robusto sacco di iuta tutti i preziosi doni per i bimbi e allontanandomi lentamente,
       
 andrò ramingo per il mondo. In quell'istante, Katia non poté reagire perché la grande emozione fu tale, che
        
Gigetto dovette sorreggerla, onde evitare una brusca caduta a terra e probabilmente con conseguenze poco
       
 piacevoli. Ci vollero molti attimi prima che la sopracitata sventurata si riprendesse dal terrificante choc e fosse
       
 in grado di reggersi sulle proprie gambe senza l'ausilio di Gigetto e di nessun altro.
        
Sembrava che all'improvviso, fosse stata posseduta da una potenza occulta, dava in escandescenze, dicendo
       
 frasi sconclusionate; inaudite. Gigetto pensò: "Povera donna, adesso chissà come andrà a finire?" E chi mai
       
 avrebbe pensato ad una cosa simile? Molto probabilmente la mia futura notorietà (che rifiuterò nella maniera
       
 più assoluta), a poco a poco ha cominciato a darle alla testa. Ma vedremo il da farsi dopodiché saremo costretti
       
 a prendere seri provvedimenti". Egli dunque preoccupatissimo, si sedette accanto a lei dopodiché, prese la sua
       
 coroncina del santo rosario che portava sempre con sé e cominciò a recitare i cinque misteri dolorosi, preceduti
       
 da un Pater noster, un Gloria, seguito poi dalla prima decina di Ave Maria. Ad un certo punto, qualcuno bussò
       
 alla porta e piano piano si aperse. Era Paola la quale non accorgendosi che Katia stava male, disse a Gigetto:
         "
Vi ho preparato un pranzetto succulento, sarete attesi in sala da pranzo verso mezzogiorno, farò uno squillo
       
 quando tutto sarà pronto". Il povero Gigetto che era al corrente di tutto, non sapeva proprio che pesci pigliare
       
 e disse: "Va bene Paola; grazie". Dopo un po', tra sé e sé pensò: "Ora finirò di recitare l'ultima decina di Ave
       
 Maria dopodiché, cercherò di prendere costei sottobraccio e appena squillerà il cellulare, entreremo in casa
        
sperando che il Signore ci aiuti".
       
 E così fu. La grande fede dell'umile Gigetto (con l'ausilio della preghiera, scaturita dal profondo del suo grande
       
 cuore), ottenne dei risultati inaspettati e assai soddisfacenti. Il telefonino squillò e questo fu il segnale che il
        
pranzo era pronto in tavola al che Gigetto, si domandò: "Acciderba, e adesso che farò? In quel preciso istante,
       
 i due, dopo aver veduto una luce intensissima e accecante, furono rapiti dal luogo magico e trasportati lontano
       
 lontano, in un grande castello ubicato in una località chiamata: "Tirlindana ma", non erano soli. A tener loro
       
 compagnia, non poteva mancare la primadonna cioè, il beneamato Marcellino e la piccola Matilde, Sara (la sua
       
 dolce mammina e Paola). Era tutto così strano in quella reggia e, al tempo stesso paradisiaco.
       
 Una musica celestiale, si udiva provenire da ogni dove solo per loro e una profumata nuvoletta color panna,
       
 avvolgeva quasi per intero Marcellino, proteggendolo dalle ombre del male. Egli felice più che mai, sorrideva e
       
 quando doveva parlare, prendeva sembianze umane; lasciando tutti sbigottiti e a bocca spalancata.
       
 All'improvviso una leggera e tiepida brezzolina, portò con sé un tavolo già imbandito di cibi mai visti prima, ed
       
 esso stava sospeso in aria, ad altezza d'uomo senza poggiare a terra. Visto questo Matilde domandò: "E adesso
       
 pranzeremo in piedi oppure?" Come ebbe finito di parlare, si trovarono tutti seduti e avvolti fra nuvolette di
       
 vari colori a forma di nicchia. Gigetto (che aveva sempre molta fame) domandò quindi ai commensali: "Orbene
       
 diamo inizio a desinare?" All'unanimità, diedero il loro consenso e iniziarono. Idem per la cena dopodiché come
       
 per magia, nello stesso momento, i loro occhi si chiusero e si assopirono, fino al nuovo dì.
        
Quella famiglia composta da cinque persone più Marcellino, quando si destarono non sapevano che ore fossero
       
 perché i loro cellulari in quella dimensione, avevano smesso di funzionare a causa delle radiazioni cosmiche.
       
 Marcellino sveglio più che mai, disse: "Sono le dieci in punto poi, osservando il pianeta terra, con la sua vista
       
 da falco, vide un gran trambusto allorché, a gran voce esclamò: "Oh perbacco, perbaccone, guardate quanta
       
 gente nel cortile di Paola!" Infatti sembravano tantissime formiche appiccicate l'una all'altra; erano arrivati da
       
 ogni dove, tutti i reporter inviati dalle varie TV e radio. A questo punto, un enorme sipario calò fra la casetta di
       
 Matilde e l'altra, quindi la moltitudine di curiosi, bofonchiava qualcosa tipo: "E mo', che famo? E dove sarà mai
       
 quest'orologio del quale tanto si parla?" L'orologio, c'era eccome, ma su in ciel e non lì. Quando il buon Dio lo
        
ritenne opportuno, fece discendere sul pianeta terra, molto lentamente dietro il sipario, le sei nuvolette.
       
 Spaparanzata comodamente, in una nuvoletta, c'era una giovane donna molto triste, la quale preferì non farsi
       
 vedere in pubblico, né svelare il suo nome … mai. Si batteva continuamente sul piccolo suo seno dicendo: "Me
       
 lo merito, sì sì, me lo merito, è tutta colpa mia se non mi vorrà più e d'ora in poi non mi saluterà neppure più,
       
 ne sono certa". Pensato questo, senza che alcuno la notasse, estrasse le chiavi dalla sua borsetta e, quatta
       
 quatta, aperse l'uscio e mise i suoi piedini in casa sua. Dopo che ebbe chiuso la porta, avvertì che le sue forze
       
 venivano meno, per cui fece appena in tempo a sdraiarsi sul comodo suo lettone e poi, con gli occhi e il visino
       
 pieni di pianto, a poco a poco svenne. Quando la poveretta si riebbe, non era sola ed era ormai tardi, accanto
        
a lei, c'era Gigetto per cui, fu una sorpresa inaspettata e molto commovente. Si mise quindi seduta con i piedi
       
 arcuati i quali poggiavano sul lenzuolo di seta, le coscia e i polpacci, formavano un angolo di quarantacinque
       
 gradi e le braccia, avvolgevano le belle sue gambe tenendole ferme con le affusolate dita delle sue calde mani.
       
 I setosi suoi capelli castani, arruffati, e il visino senza trucco, la rendevano ancor più sexy, ed eroticamente
  
      attraente, di quello che già era.
        
Non ebbe il coraggio di proferir parola e il suo dolcissimo visino, già stava bagnandosi di vere e calde  lacrime
       
 d'amore. Fu allora che egli sicuro di sé le disse: "Non temere piccola mia, io ti amo tantissimo e giammai, ti
       
 lascerò". Detto questo, la prese fra le sue braccia e le disse: "Sai tesoro? Ora tutta quella moltitudine di noiosi
       
 giornalisti, dopo aver parlato  con Marcellino, se ne sono andati, son rimasti solo tanti bimbetti assieme ai loro
       
 cari genitori". Ella, fissò a lungo il volto di lui poi, con un fil di voce, gli domandò: "E la piccola Matilde; dov'è?
       
 E Sara e Paoletta dove sono?" La risposta fu: "Matilde, è super impegnata con i bimbi, perché sta mostrando
       
 loro come fare a dar la carica a Marcellino, invece Sara e Paola, sono in cucina a cucinare qualcosa di buono".
        
Quando tutti se ne saranno andati, trasporteremo Marcellino in sala e ivi, resterà per sempre. Tu lo sai Katia,
         che con l'aiuto di Dio sono riuscito a costruire un bellissimo orologio parlante, per cui non voglio che lo si tratti
       
 come un fenomeno da baraccone; e poi bon!. Quando arriveranno i bimbi, faranno un piacere immenso a me e
       
 a Matilde e lui sarà felicissimo di giocar con loro, così non soffrirà più di solitudine. Hai ragione disse lei. E poi
        
aggiunse: "Allora mi hai perdonata?" E lui: Sì sì. Alcuni inviati, hanno detto che non verranno più a scocciare,
       
 ma che faranno costruire dal bravissimo menusier Pierre Botulin, un Marcellino identico al nostro, e lo faranno
       
 mettere nel "Museo Cesare Augusto" di Fate pin là; pazienza se non parlerà, ma almeno egli, avrà un sosia. In
       
 quel preciso istante, squillò il telefonino di Katia: era Paola la quale informava i due innamorati, che il pranzo,
       
 era pronto. Dopo aver detto: "Grazie arriviamo, diede un bel bacio a Gigetto, dopodiché gli disse: "Grazie mio
       
 tesoruccio per esser stata perdonata e ti prometto che dopopranzo anche se pioverà, caricheremo nella mia
       
 auto, tutti i giochi che hai costruito per i bambini e ti condurrò dove vorrai per le consegne sei contento?" In
       
 risposta ricevette: "Sì sì tantissimo, grazie". Sapete miei cari bambini? Che ci crediate o no, andò proprio così.
       
 Dunque, se non erro, verso le quattordici e trenta, salutarono Marcellino, Matilde, Sara e Paola, dicendo loro
       
 dove sarebbero andati. La dolcissima bimba però, fremeva dalla voglia di uscire in auto, perciò domandò alla
       
 sua mammina, se fosse potuta unirsi a loro; ella ben volentieri acconsentì, dopodiché uscirono di corsa e si
       
 infilarono nel laboratorio magico.
       
 Lo scrosciare della pioggia, era tremendo e veniva giù a catinelle, ma non riuscì ad arrestare la loro partenza.
        
Katia dunque salì velocemente in vettura avviò il motore ingranò la retromarcia, sollevò leggermente il piede
       
 sinistro dalla frizione e contemporaneamente, pigiò il piede destro sull'acceleratore, cosicché l'auto si mosse
        
in retromarcia e la fermò a pochi centimetri dalla porta del laboratorio magico. Gigetto si affrettò ad aprire il
       
 portellone posteriore e con l'ausilio di Matilde e di Katia, riuscirono a caricare tutti i doni per i bimbi.
        
Per l'occasione, Gigetto pensò bene di rientrare velocemente in casa, salutare Marcellino ed entrare in camera,
       
 aprire il guardaroba, prendere la gabbana per poi farla indossare alla sua Katia, onde evitare che s'inzuppasse
         di molta acqua piovana. Quindi, uscì nuovamente come una scheggia, rinnovando i saluti a Marcellino, Sara, e
       
 Paoletta i tre rimasti in casa e una volta fuori, fece indossare la bella gabbana a Katia, dopodiché si misero in
       
 viaggio. Anche il giorno seguente uscirono per le consegne e il terzo giorno, non avendo nulla da consegnare,
       
 stettero a casa in riposo. Un bel dì sul far dell'alba, Katia si destò di scatto svegliando così il suo Gigetto, che
         dormiva saporitamente, allorché allarmato le domandò: "Cos'è stato il terremoto? Perché ho sentito tremare il
       
 materasso, dobbiamo quindi fuggire all'aperto?" La risposta fu rassicurante, perché la sua bella, gli disse: "Non
       
 temere Gigetto caro, ho solo sognato che tu ed io eravamo in viaggio per Fate pin là. Una volta entrati in città,
       
 andavamo in visita al museo e al tempo stesso, a dare un'occhiata per vedere se il menusier Pierre Botulin, se
       
 avesse già ultimato di costruire il sosia del nostro Marcellino. Miei cari bambini, credete pure a ciò che sto per
       
 dirvi, perché è la pura e sacrosanta verità e cioè: gira di qua, gira di là, ad un bel momento Katia e Gigetto,
       
 dal loro punto d'osservazione in cui si trovavano, videro una moltitudine di gente ammassata come formiche in
       
 un sol punto. Al che la curiosità femminile di Katia, indusse Gigetto a seguirla. Mano nella mano, si avviarono
       
 quindi verso quella moltitudine silenziosa dove una sorpresa inaspettata, li attendeva.
        
Domandando: "Permesso? Ci scusino signori, permesso? Grazie, riuscirono ad arrivare proprio di fronte  a ciò
       
 che desideravano che fosse già costruito. E fu proprio così, perché con grande meraviglia, si trovarono davanti
       
 al sosia di Marcellino. Al vedere ciò, Katia ammutolì di colpo e ci mancò poco che le sue forze venissero meno
       
 svenendo nuovamente, ma non andò così, perché si strinse forte forte a Gigetto e questi accorgendosene, la
        
sorresse. In cuor suo, Gigetto pensò: "Mi spiace immensamente che la mia Katia si emozioni così tanto ogni
        
volta che vede qualcosa di molto bello come ad esempio, questo sosia del nostro Marcellino". Poi tra sé e sé,
       
 pensò ancora: "È bellissimo questo secondo Marcellino, peccato però che gli manchi la parola". A questo punto,
        
miei carissimi bambini, non credereste mai (poiché anch'io stento a credere quello che sto per annunciarvi).
       
 Dovete dunque sapere che per via telepatica, l'orologio (costruito nei minimi particolari e con tanta maestria,
       
 dal nostro bravissimo menusier “ Pierre Botulin, avvertì nei suoi ingranaggi e sensori, strani impulsi elettronici
       
 e anche il pensiero infusogli da Gigetto di ciò che aveva pensato. Ad un tratto, tutta quella moltitudine tacque
       
 perché dall'orologio, uscì una vocina tenue, tenue di fanciulla, la quale domandò: "Chi di voi pochi istanti fa ha
       
 intensamente pregato in cuor suo, perché io potessi emettere la vocina angelica che avete appena udito?"
        
All'udir ciò, si guardarono l'un l'altro (compresa la guida la quale stava spiegando), domandandosi: "È lei?"
       
 Tutti si ponevano quelle domande e le risposte erano tutte: No, io, io no. E un'altra persona disse: "No, ma no;
       
 certo che no, però avere un orologio parlante proprio in questa città è meraviglioso, stupefacente". Uno solo
       
 alzò la mano poi avvicinatosi ancor più, ebbe il coraggio di rispondere e disse: "Sai? Il mio nome è Gigetto e
        
inoltre, udendo la tua bella vocina, deduco che sei un magnifico orologio femmina". Sì sì, sono una femmina,
        
rispose contenta lei". Ed egli nuovamente le domandò: "Hai già un nome?" Essa triste più che mai, piangendo
         gli rispose: "Sai Gigetto? Colui che con tanto amore e dedizione, mi ha costruita, non poteva sapere che avrei
         potuto parlare, quindi non ha pensato a darmi un nome". E ancora: "Dammelo tu un bel nome, che sia degno
         di un orologio femmina e dolcissima, quale io sono". L'avrei trovato rispose Gigetto, ti piacerebbe che il nome
         fosse Angelika? Sarebbe di tuo gradimento? Moltissimo rispose lei. E ancora: "Vieni più vicino e abbracciami
         più forte che puoi, perché sento che se non fossi un orologio, mi innamorerei follemente di te, ora però dammi
         la carica per favore se no, a poco a poco, mi mancheranno le forze e non riuscirò più a parlare". Va bene cara
         Angelika, provvederò immediatamente; anzi mostrerò ai bambini qui presenti come si fa, così d'ora in poi, ci
         penseranno loro. Tutti i giorni i genitori, portavano i loro  bimbi al museo e a rotazione senza litigare, contenti
         più che mai, si divertivano come dei pazzi a dare la carica alla bella Angelika e a colloquiare con lei ed ella era
         felicissima. Naturalmente, il valore di quell'orologio, era inestimabile, per cui era assicurato e super protetto
         giorno e notte. Intanto Katia e Gigetto, trascorrevano allegramente, le loro giornate in compagnia di Paoletta,
         Matilde, Sara e l'inseparabile Marcellino.
         Era domenica e pioveva a scroscio quando Katia destatasi all'improvviso nel cuore di quella notte tempestosa,
         ebbe uno strano presentimento. E fu proprio così. Quindi mise i suoi bei piedini fuori dal letto, appoggiandoli
         delicatamente sopra a uno scendiletto di morbida lana poi, con molta eleganza s'infilò le calze di nylon di modo
         che le sue gambe stessero al caldo, dopodiché calzò le sue pantofole da fatina e, uscì dalla camera.
         Appena entrata in sala, stentò a credere ai suoi occhi e alle sue orecchie. Qualcosa di molto bello e al tempo
         stesso, inverosimile si presentava innanzi a lei, ed era questo: vide con molto piacere che Marcellino, stava
         dialogando con la sua dolcissima amica Angelika. Allorché andò subito a porgere i suoi saluti ad entrambi, dopo
         aver parlato per un po' del più e del meno, entrò con molta discrezione nella curiosità femminile e domandò ad
         Angelika: "Sono molto contenta che tu sia qui assieme a noi ma; ma … ma mi vuoi spiegare come hai fatto ad
         evadere (se pur per breve tempo), dal museo civico?" La risposta arrivò immediata e fu: "Devi sapere mia cara
         Katia che mentre incalzava questo violentissimo nubifragio un fulmine accompagnato da un tuono secco, cadde
         proprio sul parafulmine del museo ed esso non poté fare il proprio dovere quindi saltò tutto per aria e incendiò
         molte cose di valore. Tutti i custodi terrorizzati, fuggirono come impazziti, bofonchiando frasi senza senso. Io
         mi trovo qui perché qualcuno fece una preghiera a Gesù, ed egli prontamente, lo esaudì e ora eccomi qua col
         mio carissimo fratellino Marcellino. Ci fu grande trambusto per alcune settimane a Fate pin là e precisamente,
         dove si trovavano i ruderi di ciò che rimaneva del museo. Ebbene sì, perché a causa di quel fulmine, dovettero
         abbattere l'intero edificio e costruirne un altro. Comunque le autorità tirarono un sospiro di sollievo quando
         vennero informate da Katia e Gigetto, in tarda mattinata di quella stessa domenica, che il prezioso orologio a
         colonna di nome Angelika, era intatto e al sicuro in casa di Paoletta. I grandi capi, pensarono ad informare le
         TV- radio- tutti i quotidiani ecc. di non andare a Fate pin là, né tantomeno da Paoletta per non creare un altro
         scompigliofurono ascoltati. Visto come stavano le cose, Katia e Paola, pensarono proprio ad una cosa bella,
         altrettanto saggia e cioè: di fare costruire fra le loro due casette, un'altra casetta, proprio attaccata alle loro
         cosicché, diventasse una sola grande casa. Che meraviglia vedere e sapere che le nostre inseparabili amiche,
         si volevano bene come pure Angelika, Marcellino e Gigetto. Dopo molto, molto tempo, il nuovo museo venne
         ricostruito ma il fato volle che qualcosa non andasse per il verso giusto, infatti in una notte ventosa, e con un
         ventaccio caldissimo proveniente dal Sahara, come un castello di sabbia anche quel museo si sgretolò. Quando
         per la terza volta tentarono di ricostruire quel museo, gli escavatori si bloccarono proprio a pochi centimetri
         dai robusti cancelli d'ingresso. Anche in questo caso gli operai terrorizzati a morte fuggirono a gambe levate e
         in quel luogo non ci vollero più metter piede.
         In città, la gente cominciò a sospettare e quindi anche a mormorare, che quell'area fosse spiritata, cercando
         perciò, di stare ben ben distanti da essa. L'unica cosa importantissima e d'inestimabile valore che si salvò, fu
         proprio Angelika, l'orologio a colonna e sorellina di Marcellino. Se per qualche motivo, le autorità avessero
         pensato e, in seguito deciso di andare da Paola per prelevare e trasportare chissà dove la bellissima Angelika,
         la sventura sarebbe piombata loro addosso all’improvviso, arrecando ingenti danni a persone e cose. Ormai la
         casa era grande, per cui due orologi di quelle dimensioni, ci stavano benissimo e non stonavano per nulla.
         In un mattino uggioso di un giorno che non si seppe mai, il sindaco di Fate pin là ricevette un'ordinanza niente
         popò di meno che dal presidente della repubblica; allora in carica: "Cincin Pumpum", nella quale stava scritto
         tassativamente che, dopo aver stanziato e buttato al vento ingenti somme di denaro, il museo non si sarebbe
         più dovuto ricostruire, o al massimo in altro loco, ma senza la presenza dell'orologio Angelika, la quale stava
         benissimo dove si trovava. Aggiungeva inoltre di non procurarli altre beghe. Che gioia quando i nostri amici
         vennero a conoscenza che Angelika, aveva ottenuto dal presidente della repubblica, il permesso di rimanere
         accanto al suo Marcellino e ai suoi carissimi amici di: "Casa Paoletta e compagni". Da quel giorno in poi, a far
         visita ai due splendidi orologi, potevano andare solo i bimbi in determinate ore del giorno su appuntamento,
         accompagnati dai loro genitori o parenti. Ci volle molto tempo perché tutti i giornalisti delle Tv, radio ecc, si
         convincessero che non sarebbero mai più dovuti andare a infastidire quella simpatica famigliola e i due preziosi
         orologi Angelika e Marcellino, ed inoltre dimenticassero che al
mondo esistevano due preziosissimi orologi in
       
 grado di parlare.
        
Qualche tempo dopo, la cosa andò via via scemando, non suscitando più molto scalpore e quindi tutti assieme
       
 trascorsero bellissime giornate in compagnia di tanti cari bimbi i quali dopo le ore scolastiche, a turno e senza
       
 bisticciare, si divertivano a colloquiare con i fratellini Angelika e Marcellino e a dar loro la carica. Era il mese di
       
 dicembre e già i primi fiocchi di candida neve lentamente stavano scendendo dal plumbeo cielo, quando in casa
       
 dell'affascinante Katia, qualcosa di molto bello e singolare, capitò. Dunque, mentre la ragazza conversava con
       
 Gigetto, entrambi udirono una bellissima e dolcissima vocina di fanciulla, la quale domandò loro: "Ciao, miei
       
 carissimi amichetti Katia e Gigetto, mi riconoscete? Sapete chi sono?" Ella pensò qualche attimo poi, fissando
       
 Gigetto gli domandò: "Amore tu riesci a riconoscere questa bellissima fanciulla?" Egli perplesso rispose: "Non
       
 saprei proprio chi possa essere, mia cara Katia". A quel punto, la fanciulla appena arrivata, disse: "Attendete
       
 un istante, tornerò molto presto". Quando tornò, non era sola ma al suo fianco destro, c'era un baldo giovane
        
il quale, la teneva a braccetto. Nuovamente, la dolce fanciulla, sorridendo domando loro: "Neppure ora sapete
       
 chi siamo?" La risposta le venne data da Katia e fu: "Per favore, non tenerci sulle spine e dicci qual è il vostro
       
 nome". Immediatamente la ragazza le disse: "Egli è Marcellino; lo spirito dell'orologio che è in sala, io invece,
        
sono lo spirito di Angelika la sua sorellina. Sapete? Come per incanto, i nostri spiriti sono usciti dagli orologi e
         pian pianino, ci siamo abbandonati a una volontà divina, la quale, ci materializzò diventando così, due persone
       
 in carne ed ossa proprio come voi. Sentiamo le vostre stesse necessità ossia, mangiare, bere, dormire, correre
       
 camminare, voler bene al prossimo, amarci ecc." Quindi, abbiamo tutti i requisiti i desideri ed emozioni nonché
        
le passioni, che hanno i comuni mortali. Gli orologi a colonna sono in sala, l'uno accanto all'altra e purtroppo
       
 non parlano più ma danno solo i rintocchi delle ore e devono essere ricaricati quotidianamente dai bimbi e noi,
       
 cercheremo (nel limite del possibile), di essere sempre presenti per colloquiare con loro.
       
 Dopo aver udito queste parole, Gigetto stupefatto, intervenne dicendo: "Angelika ciò che Katia ed io abbiamo
       
 appena udito dalle tue labbra, è a dir poco fantastico". Katia disse: "Concordo con quanto ha detto Gigetto; sai
       
 carissima? Mi sembra di vivere tutto questo in un sogno anzi, un bellissimo sogno all'interno di una bellissima
       
 fiaba". Marcellino (che sino ad allora era stato zitto), disse: "È un vero peccato che si sia messo a nevicare così
       
 copiosamente, perché avrei tanto desiderato uscire di casa in vostra compagnia, per andare a fare due passi".
       
 All'istante intervenne Angelika e con la sua bella vocina sensuale disse: "Sì sì e poi magari prima del rientro,
       
 fermarci e sederci un pochino, all'interno di in un elegante bar per gustare un buon gelato, ma pazienza, vorrà
       
 dire, che sarà per un'altra volta". La generosità e l'altruismo della bella Katia fecero si che disse: "Ragazzi non
       
 disperatevi perché la mia vettura è parcheggiata qua fuori e sarò io a condurvi al Gran bar a gustare un buon
       
 gelato". Ti ringrazio infinitamente disse la dolcissima Angelika. E poi, con un pizzico di vanità: "Vi piaccio come
        
sono vestita? Ditemi la verità". La risposta fu unanime e uno alla volta, risposero: "Sei meravigliosamente ...
       
 straordinaria, e sul tuo bellissimo corpo, potrai indossare tutti gli abiti che desideri". Gigetto disse ancora: "Sai
       
 Angelika? Permettimi di dirti che hai un bel paio di gambe e quella minigonna che indossi, ti dona moltissimo;
       
 non parliamo poi, delle calze di nylon e, di quelle belle scarpine col tacco a spillo che i tuoi piedini, calzano...
       
 perfettamente". Katia tutta contenta e per nulla gelosa dei complimenti che il suo Gigetto fece alla bellissima
       
 ragazza le domandò: "Avresti voglia di metterti alla guida? Io invece, siederò sul sedile posteriore abbracciata
       
 al mio Gigetto a parlar d'amore". Con molto piacere disse Angelika.
        
Gigetto per precauzione, aperse il guardaroba, prese la gabbana e dopo si trasferirono in sala. Dopo essersi
       
 seduti comodi, Katia guardò fissa negli occhi Angelika e Marcellino poi, non riuscendo a trattenere le lacrime,
       
 appoggiò dolcemente il suo bel visino sulla spalla sinistra di Angelika dopodiché, scoppiò in pianto. Gigetto le
       
 domandò: "Mio dolcissimo amore, mi vorresti spiegare perché piangi?" Ella, dopo essersi asciugata le lacrime,
       
 domandò perdono ad Angelika, per averle inumidito (col suo pianto), la camicetta e parte del reggiseno.
       
 Continuò dicendo: "Ecco osservate; alla vostra destra, sta arrivando sorridendo la nostra bella e dolce Paola, la
       
 quale non sa nulla di ciò che di molto bello in sua assenza è successo agli orologi, perciò sarà bene presentarle
         Angelika e Marcellino in carne ed ossa. Appena Paoletta arrivò, molto educatamente, le persone sopracitate si
       
 alzarono, dopodiché si presentarono dicendo i loro nomi. Fin qui tutto andò liscio, ma quando venne a sapere
       
 chi erano Angelika e Marcellino, Gigetto fece appena in tempo a sorreggerla e adagiarla delicatamente sopra
       
 ad un altro divano, perché perse i sensi e svenne. Per sua fortuna non durò molto quello stato d'incoscienza,
       
 quindi a poco a poco riacquistò i sensi e andò a sedersi accanto al caminetto. Matilde (la quale si trovava vicino
       
 agli orologi), domandò a Paoletta: "Nonnina, fra non molto usciremo e andremo al Gran bar a mangiarci un
       
 buon gelato; per caso, desideri unirti pure tu e venire con noi?" Certo nipotina cara; ora proporrò questa bella
       
 sortita anche alla tua dolce mammina, così andremo con due auto. Fu la risposta. Poi si alzò, andò accanto agli
       
 orologi e dopo aver sospirato a lungo, andò dritta al sodo e rivolgendosi direttamente agli interessati, sorrise a
       
 loro e domandò ad Angelika: "Perdona la mia ignoranza dunque tu e Marcellino, sareste le anime che erano
         dentro questi due stupendi orologi?" Ebbene sì Paola mia cara? È per volontà divina che ora siamo diventati
       
 due esseri umani proprio come voi. Paola riprese la conversazione e disse: "Che meraviglia! non ci crederete
       
 ma stento ancora a crederci. Ditemi un po', se ora siete qui, chi c'è dentro gli orologi che possa dialogare con
 
       i bimbi che verranno? Rispose Angelika dicendo: "Mia carissima Paoletta, come poc'anzi spiegavo a Katia e a
       
 Gigetto, ora all'interno degli orologi non c'è nessuno, essi d'ora in poi, batteranno solo le ore e noi, nel limite
       
 del possibile, saremo sempre qui per attendere i bimbi e rispondere alle loro curiose domande". E continuò....
       
 dicendo: "Sai Paoletta? Non per vantarmi ma, devi sapere, che so destreggiarmi molto bene anche in cucina e
     
   se lo gradirai ne avrai la prova questa sera stessa, quando saremo rincasati dal Gran bar, vedrai mia carissima
       
 amica; vi farò assaporare tanti deliziosi cibi, preparati con le mie mani e con tanto amore per voi". La risposta
        
della tenerissima Paola non poté che essere: "Noi tutti saremo felicissimi di avervi vita natural durante fra noi,
       
 ormai la casa è grande e potrà ospitare benissimo due persone in più, ci sono due camere proprio adatte a voi,
       
 con i servizi all'interno. Ora però, sbrighiamoci a partire sennò non torneremo in tempo per cena”" Gigetto (il
       
 quale era specializzato ad avere sempre strani presentimenti, domandò perdono, si accomiatò dai presenti e
       
 andò alla finestra. Dopo aver osservato attentamente la candida coltre di bianca neve scesa dal cielo da alcune
       
 ore, domandò udienza e parlò così: "Signori miei, non sono per nulla contrario ad andare al Gran bar, ma ci
       
 tengo ad informavi che sta nevicando copiosamente per cui ora indosso questa bella gabbana, dopodiché uscirò
       
 e andrò dritto dritto nel laboratorio magico, ove troverò le catene dell'autovettura della dolcissima Paoletta e
       
 quelle della mia Katia dopodiché, gliele monterò … non ci metterò molto, tornerò molto presto arrivederci.
       
 Marcellino (che già sapeva tutto), non fece in tempo a dire nulla a Gigetto, perché quand'egli uscì, dovette
       
 bloccare la sua folle corsa, dal momento che s'accorse di essere stato preceduto da qualcun altro, il quale già
         aveva provveduto a montare le catene alle ruote delle le due auto. Visto ciò, non esitò neppure un attimo a
       
 rientrare in casa al calduccio, andando a mettersi ritto in piedi accanto ai bellissimi orologi come se avesse
       
 dovuto far loro la guardia, poi con voce sicura di se, così parlò: "Da un po' di tempo a questa parte cioè, da
       
 quando Katia ed io entrammo a far parte di questa bella famiglia, incominciarono ad accadere cose fantastiche
       
 e per l'esattezza, da quando entrai per caso nel laboratorio magico e trovai tutti quanti i pezzi per montare
       
 questo bellissimo e unico esemplare al mondo di orologio parlante". E ancora: "Quello che intendo dirvi amici
       
 miei è che appena uscii per andare nel laboratorio magico a prender le catene e montarle, con gran meraviglia
        
notai che erano state già montate con molta cura da qualcuno". Intervenne la gentil Paoletta domandando:
        
"Perdonate, ma di codeste cose non potremmo discuterne dopo a cena? Adesso Katia ed io, andremo a mettere
       
 in moto i nostri due bolidi". E ciò avvenne. Salirono perciò tutti in auto e, con il divino ausilio di Dio, riuscirono
       
 a degustare quel buon gelato (tanto sospirato) al Gran bar. La via del ritorno, fu altrettanto rischiosa, ma le
       
 due bravissime autiste Paoletta e Angelika, guidarono con molta prudenza. Intanto la giornata, a poco a poco,
       
 stava volgendo al declino; e sì, ormai l'oscurità si era impadronita della luce giornaliera e su tutto il bel paese,
       
 già erano calate furtivamente, le ombre della notte oscura. Quantunque la neve, continuava a calare copiosa,
       
 dal plumbeo cielo, allorché l'affascinante Paola dopo esser scesa elegantemente dall'auto, con voce sensuale,
       
 esclamò: "Brr che freddo!!! Ora andrò immediatamente a togliermi la minigonna e indosserò un bel paio di
        
pantaloni di fustagno i quali, terranno caldo alle mie gambe. Toglierò anche queste scarpe, poi infilerò queste
       
 calze di lana e calzerò queste pantofole le quali terranno i miei piedi al caldo, ma prima desidererei ravvivare
       
 quel fuochino, nel caminetto". Intervenne Marcellino dicendo: "Mia cara Paoletta, per oggi ti sei già affaticata
        
troppo, ora se permetti, attizzerò io un bel fuocherello nel caminetto; tu, tu intanto va pure in camera tua ad
       
 indossare ciò che hai detto poc'anzi e noi tutti ti attenderemo con ansia". La dolce Paola, ascoltò il consiglio di
       
 Marcellino e con molta classe, si avviò verso la sua camera.
       
 All'improvviso, avvenne che nel bel mezzo di quell'ampia sala, un sipario di seta azzurra, discese dal soffitto
       
 restando così, frammezzo gli orologi a colonna - Katia e il suo amato Gigetto – Angelika e Marcellino - Sara e
       
 la sua dolcissima Matilde. I presenti in quell'assoluto silenzio, si guardarono attoniti in viso aspettando che
       
 succedesse qualcosa … e ciò avvenne. Ad un tratto, i due fantastici orologi, simultaneamente batterono sei
       
 rintocchi e al settimo, tutti udirono come un sibilo prolungato, il quale quando cessò, il sipario non c'era più,
       
 ma all'interno del caminetto, il fuoco si era ravvivato assai bene e tutti stupiti esclamarono: "Che meraviglia e
       
 che calore emana; urrà". E sì, miei carissimi bambini; non ci crederete ma, andò esattamente così. Comunque,
        
proprio mentre i nostri simpatici amici ebbero finito di esclamare "Urrà", fece la sua comparsa l'affascinante
       
 Paoletta. Era a dir poco stupenda; pareva esser venuta da un altro mondo, o sì sì, da un mondo di fiabe. Il suo
       
 viso era raggiante di gioia e dopo aver sorriso a tutti i presenti, con la sua dolcissima voce disse esclamando:
        
"Accipicchia che bel calduccio, grazie; grazie di cuore Marcellino, sai? Hai fatto proprio, un ottimo lavoro …
       
 complimenti". E poi tutta contenta, continuò dicendo: "Ora con il vostro permesso, Angelika ed io, andremo in
       
 cucina e, una volta lì, cucineremo per voi, tante cose buone; a presto ciao!". Detto ciò con molta signorilità, si
        
avviarono verso quel luogo magico. Mentre le due sbinfere davano il massimo di quanto sapevano fare, nel
       
 salone capitò un'altra cosa molto, molto singolare e alquanto piacevole, sia per i più piccini, che per mamme e
       
 papà. Come per incanto, il fuoco che ardeva al centro del caminetto uscì, andando a depositarsi proprio sopra
       
 ai due stupendi orologi a colonna ma senza recar loro, alcun danno (ed è proprio qui che sta il bello), essi non
       
 prendevano fuoco perché fra le testate degli orologi e le lingue di fuoco, vi era un cuscinetto d'aria assai fredda
   
     umida e tantissimi chicchi di ghiaccio grandi come nocciole. Poi, dal caminetto (ormai spento) discese una cosa
       
 piccina piccina allungata di color azzurrino molto tenue, la quale quando fu ormai entrata tutta in sala, prese
        
le sembianze di una vera e morbida nuvoletta.
        
Dopo alcuni attimi, dal caminetto discesero (facendo la loro apparizione), nove fantastiche stelline di svariati
       
 colori, molto luminose e in grado di far sedere su di esse, chiunque avesse desiderato fare un viaggetto in altro
       
 loco, o dimensione. Sopra e sotto ad ogni stellina, vi era inciso col fuoco, il nome di chi avrebbe avuto l'onore
       
 di prendervi posto e, in altre due stelline vi era inciso: "Orologio Angelika e nell'altra "Orologio Marcellino".
       
 La prima ad uscire dalla cucina fu l'affascinante Paoletta, spingendo con molta calma un grazioso carrello, con
       
 sopra tantissimi dolcini, preparati con le sue affusolate dita delle morbide sue mani. Quando vide la nuvoletta,
       
 rimase incantata e in quel preciso istante, fu la prima ad essere rapita in estasi lei e il suo carrello colmo di
       
 buonissimi dolcetti. Fu poi la volta di Angelika (anch'essa rapita in estasi), assieme al suo carrello, colmo di
       
 tante appetitose leccornie. A questo punto, uno alla volta, furono rapiti in estasi Marcellino, Sara (la mamma
       
 di Matilde, la tenerissima Katia e il suo amatissimo Gigetto. L'ultima ad essere stata rapita, fu Matilde volete
       
 sapere il perché? Ebbene, perché essa doveva ultimare di dare la carica ai suoi due meravigliosi amici orologi;
       
 (all'orologio Angelika e all'orologio Marcellino). Ora miei carissimi bimbi, vi domanderete: "Ma; e gli orologi?
       
 Saranno mica rimasti soli in sala, al freddo e abbandonati da tutti, senza essere più ricaricati?" La risposta a
       
 codesta saggia domanda non può che essere: no … no miei cari bambini; vedete? Quei due preziosi orologi non
       
 vennero dimenticati; perché ad un tratto, tutti udirono molto distintamente otto gradevoli suoni di strumenti
       
 musicali a corda e a fiato; il nono fu: l'ugola d'oro di una dolce sbinferina. Il primo strumento a essere udito fu
       
 un violino, il secondo fu una viola, il terzo, la voce umana di un violoncello, il quarto un contrabbasso, il quinto
       
 la voce di un flauto traverso, il sesto quello di un oboe, il settimo la voce di un trombone a coulisse, l'ottavo lo
        
squillo di una tromba e per finire, la calda e potente voce della sbinfera, la quale cantò: "L'alleluia di Handel".
       
 Ed ora, dopo avervi detto quello che avreste dovuto aver letto, ci fu un attimo di smarrimento totale ma, non
       
 appena si riebbero gli orologi: "Angelika e Marcellino si trovavano già sistemati per bene ognuno sulla propria
       
 stellina luminosissima. Arrivati a questo punto, la nuvoletta iniziò la sua ascesa verso il soffitto, e all'istante si
       
 spalancò di modo che i nostri simpaticissimi amici, proseguissero la loro corsa, verso l'infinito cielo. Mentre si
        
trovavano seduti a mensa, per degustare le ottime leccornie preparate con tanto amore dalle graziosissime
       
 Angelika e Paola, il tetto della casa si chiuse e i nostri amici seduti comodamente sulla nuvoletta, proseguirono
       
 la loro corsa (ridendo e scherzando), per l'alto pianoro di "Ullallà"; ossia la località natale del nostro grande
         amico nonché gran mangione Gigetto, il quale possedeva una grande casa, in grado di ospitare tutti i suoi cari
 
        e simpaticissimi amici (inclusi i due preziosi orologi). Una volta lì, la nuvoletta si posò dolcemente sul prato
       
 innanzi all'abitazione, cosicché tutti poterono sgranchirsi le gambe.
        
Katia si fece seria e non scese, allora Gigetto accortosi le domandò: "Katia, noto che sei triste, vuoi spiegarmi
       
 cos'è che ti avvilisce così tanto?" Ella piangendo e, con un fil di voce gli disse: "Avrei una cosa da domandarti
       
 ma, ho tanta paura che tu mi dica di no". Gigetto molto turbato e al tempo stesso incuriosito, la rassicurò e le
 
       disse: "Non aver paura mio dolce amore, sfogati; dimmi tutto, forse ho capito di che cosa si tratta, queste tue
       
 lacrime, sono lacrime d'amore non è la verità?" La piccola Katia gli rispose: "Sì Gigetto, è proprio come pensi
        
tu; mi vorresti come tua sposina?". Egli tutto contento, dopo averla abbracciata e baciata, le disse: "Sì sì, mia
       
 piccola principessa, sai? Pure io non osavo proporti questa cosa meravigliosa, ma ora è tutto chiaro ci amiamo
       
 tantissimo e quindi ci sposeremo prestissimo.
        
Detto ciò tenendosi per mano, scesero comodamente dalla nuvoletta e raggiunsero i loro amici dicendo loro, le
       
 intenzioni appena prese. in quel preciso istante, l'affascinante Paoletta, avvertì una strana sensazione in tutto
       
 il corpo e una gran voglia di avvicinarsi ai due grandi e preziosissimi orologi. Non appena fu loro vicina, come
       
 per incanto, le venne istintivo di far schioccare l'affusolato dito pollice, sfregandolo col dito medio della mano
       
 destra e contemporaneamente, pronunciare ad alta voce la parolina "Oplà". Ed ecco che l'orologio quello di
       
 Angelika si miniaturizzò divenendo così piccino, tanto che lo si poteva prendere e tenere nel palmo della mano
       
 e metterselo in tasca come una normale scatolina contenente un anellino e così fece. Ancora incredula Paola
 
        ci provò pure con l'altra mano cioè, la sinistra e anche questa volta ci riuscì perfettamente, al che tra se e se
       
 pensò: "Ora andrò dietro a quella grande quercia, m'inginocchierò e ringrazierò nostro Signore Dio, per avermi
       
 dato questo grande dono". Appena inginocchiata, venne avvolta da una grande luce e una voce angelica le
       
 sussurrò: "Il Signore Dio ha voluto premiare la tua bontà, sincerità e altruismo che hai verso tutti perciò fanne
        
tesoro e usa codesti poteri per il bene dell'umanità". Alla fine del discorso capì che per il momento non avrebbe
       
 dovuto svelare nulla a nessuno, quindi entrò in casa e dalle sue tasche estrasse i due orologi, andò a sistemarli
       
 in un bel posto adatto a loro e aspettò. In un batter di ciglio, diventarono grandi come prima che fossero stati
       
 miniaturizzati. I presenti se ne accorsero e meravigliati non poco guardandosi in viso l'un l'altro esclamarono:
       
 "Perdindirindina Paoletta! Sei un fenomeno". Lei rispose: "Grazie amici miei, non c'è di che, sapete? In vostra
       
 assenza, ho ricevuto questo dono dal cielo e ringrazio Dio.
        
Trascorsero in armonia a Ullallà diversi giorni, facendo pure delle simpatiche escursioni. Di tanto in tanto (per
        
mezzo della nuvoletta), scendevano a Fate pin là per acquisti e casa dell'affascinante Paola dopodiché (sempre
       
 per mezzo della nuvoletta, che ormai era diventato il loro mezzo di trasporto), passavano a salutare i loro cari
       
 amici ciupaciupiani cioè, gli abitanti della boscaglia di Ciupaciup, e far poi rotta per l'alto pianoro di Ullallà, ivi
       
 rimasero a lungo. Ora miei carissimi bimbetti, sono certo che vi starete domandando: "Ma Paoletta così dolce e
       
 affascinante, aveva anche lei il suo eterno amore oppure era sola e di tanto in tanto, piangeva disperatamente
       
 per la sua solitudine?"  Beh, bambini, dovete sapere che la bellissima Paoletta, ce l'aveva pure lei il suo grande
      
  amore, ma se lo teneva ben nel suo caldo cuoricino; ora, cercate di indovinare chi sarebbe potuto essere il suo
       
 grandissimo ed eterno amore. Un bel dì del mese di dicembre, la piccola Matilde andò come sempre a dare la
        
carica all'orologio Angelika e all'orologio Marcellino poi, voltatasi di scatto disse ai presenti: "Sinché c'era solo
       
 l'orologio Marcellino, noi tutti, avevamo un orologio come amico, ma ora che c'è anche l'orologio Angelika, ora
       
 abbiamo due orologi come amici". A quel punto ci fu uno scroscio ininterrotto di applausi e all'unanimità tutti
        
dissero: "Sì sì carissima Matilde, hai ragione, abbiamo due orologi come amici e ne siamo fieri.
 

         In codesto preciso punto, termina questa lunga fiaba : "Un orologio come amico" e l'autore Stefano Villa,
       
 ringrazia di cuore tutti coloro che hanno collaborato per far sì, che codesta opera letteraria ottenesse validi
       
 consensi.
  

        Katia (OSS)  Paoletta (OSS)                                                                                    

        Gigetto (protagonista nella mente dell'autore)                              

        Sara (figlia di Paoletta)                                                                   

        Matilde (nipotina di Paoletta e figlioletta di Sara).                   

        Laura Lencia ( la brava signora che ha costruito il mio sito e inserisce in esso, le mie opere letterarie, novelle,
       
romanzi, racconti, poesie, fiabe e ninne nanne).

 

 

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