Keli (Chieli come localmente
si pronuncia) suggestiona con quel K iniziale per l'origine bizantina.
Toponimo che forse significa luogo di morti, è più unico
che raro nel circondario, ma può anche riferirsi alla conformazione
a testuggine dell'altipiano, Il crinale, che corre in direzione Est-Ovest,
ha una lunghezza di circa un chilometro. Parte dal Ponte della Casina,
in contrada Cabella, s'impenna dolcemente e, raggiunta la massima altitudine
di circa 450 metri sul livello del mare, comincia a declinare altrettanto
dolcemente fino alla Portella di Genio. Gesso e marna sono i componenti
di questo gran masso, denominato anche Montagna Benedetto.
Sboccando dalla Portella di
Aragona, si para innanzi un lungo declivio in fondo al quale si erge la
montagna Guastanella e a destra, sul versante meridionale di Keli, a solatio
e in dolce declivio, sgranato attorno alla chiesa madre e al palazzo di
don Gilò (don Girolamo Casà proprietario terriero della seconda
metà dell'800) fa bella mostra di sé il paese. Che si fa
ammirare per la sua plammetria e per le case in gesso che luccicano al
sole, nella parte antica. Ora non più per lo scempio che ha subito,
e tuttavia è ancora possibile trovare intatti scorci, cortili, scalinate.
Ottenuta la licentia populandi nel 1620, i primi pastori vi si stabilirono
e impiantarono le loro capanne e i bagli per le pecore proprio sul sito
che era stato dei Sicani, dei Romani e dei Bizantini. Il versante nord
cade a strapiombo su una valle detta Margiu Santu, che però, contenuta
a Nord dal monte Cicirello e dalla montagna Comune e a Sud da Keli, mentre
resta aperta a Est e Ovest, assume tre denominazioni diverse:
Margio Santo sotto Keli, Marraccino
sotto Cicirello e Capo (perché vi sorge il fiume Akragas) sotto
la Comune,
fi terreno, argílloso-sabbioso,
si dispone come un grande piatto un tempo coltivato, ora pressoché
devastato dalla speculazione edilizia. Della valle che s'apriva davanti
agli occhi rigata da un sentiero polveroso e punteggiata da poche piccole
case rurali di gesso che ne esaltavano la bellezza, non è rimasto
più nulla, aggredita com'è da scriteriati e pretenziosi edifici;
della fiumara col suo palpitare e l'assordante aliare degli uccelli e col
romorio delle acque del ruscello, sfregiata nel cuore da un nero nastro
d'asfalto, non si vedono che le briglie in calcestruzzo d'una malaccorta
politica di assestamento del territorio, Ma salendo in cima a Keli e immaginando
la valle sottostante sgombra, si coglie uno dei più bel paesaggi
del territorio, con l'imponente Montagna Comune a tre cime e la misteriosa
e fatata Guastanella, Se poi l'ora è quella del tramonto, l'incanto
è totale e il sortilegio straordinario.
E se ancora "nel pensier" ci
fingiamo, la valle ritorna a pulsare della vita primigenia d'un tempo in
cui nella folta vegetazione guizzano volatili e branchi di animali, tra
cui forse gli elefanti nani (di cui sono stati trovati dei fossili), che
vanno ad abbeverarsi alla sorgente, e gli uomini primitivi occuparsi di
caccia. Un salto che ci ha portato nel primo millennio avanti Cristo, tra
i capanni d'un villaggio in cima a Keli e presso un popolo che "nei fianchi
del monte scavò le sue tombe a forno, e chiuse i suoi morti, che
soleva deporre seduti al centro dello scavo, con le spalle al muro, allo
incirca nella stessa posizione nella quale si stava entro le capanne, anch'esse
circolari ed a volta (per necessità di costruzione lasciata conica),
quando si sedevano attorno alla pietra del focolare, dove la vampa alzavasi
a scaldare le membra degli astanti, o i cibi cucinati si offrivano a ristorarli,
giacché le tombe non erano che la riproduzione delle case". Le tombe
presentano qualcosa di particolare: "sul pavimento di alcune di esse, e
sulle pareti di alcune altre (non di tutte) sono scavati dei fossi rettangolari,
allungati, i quali non possono essere che loculi, nei quali si seppellirono
delle persone in posizione distesa", La tomba più grande, detta
di Santa Rosalia perché ? dicevano i vecchi ? vi avesse dimorato
la Santa prima di ritirarsi alla Quisquina, presenta all'interno loculi
più capaci da far pensare che ognuno di essi abbia potuto accogliere
più di un cadavere, Ma di queste genti non si seppe più nulla,
Allontanate forse dagli invasori che dalla costa penetravano all'interno,
o confusesi con i fenici o coi greci della confinante Akragas, di loro
si persero le tracce, Sul loro sito, più tardi; si stanziò
una comunità cristiana, 'Torse sulla Montagna Benedetto, dov'erano
stati i Siculi, forse là dove è l'attuale paesello ? giacché
non vi sono indizi per precisarlo, e le nuove genti non cercavano più,
come le antiche le cime delle montagne ? un gruppo di cristiani si raccoglie;
E quando ha da seppellire i morti non trova di meglio che invadere le tombe
sicule, scavare nei fianchi di esse i suoi loculi, e mettervi i cadaveri
distesi, ricoperti da adatte lastre.
La tomba di Santa Rosalla
dovette anzi, come la più grande, servire probabilmente da cappella;
sicché si aveva così quello che per tanto tempo poi durò:
il seppellimento nel luogo stesso sacro al culto e nelle sue immediate
vicinanze".
Al termine del viaggio di sogno,
ci si ritrova alle pendici di Keli e, esaminando selce e minutaglia di
terracotta, trovano credito le ipotesi e le supposizioni che l'archeologo
Salvatore Raccuglia (citato nel testo) formulò visitando il paese
nel 1912, e ancora più un coperchio di sarcofago in gesso trovato
di recente sotto Keli nel corso di uno scavo e una moneta del tempo dell'imperatore
romano Valeriano, 253-268 dopo Cristo, rinvenuta in uno scavo per le fondamenta
d'una casa nel centro abitato, Chissà quanto altro materiale è
stato trovato e, ad arte, distrutto per non mettere il sospetto!