NOVITA' EDITORIALE

Gregorio Palamas
Atto e luce divina
Scritti filosofici e teologici

Tradotti per la prima volta gli scritti maggiori del teologo greco del XIV secolo

Alcune recensioni e commenti

Premessa storico-dottrinale

L'unica uscita dalla strada che non porta da alcuna parte alla quale ci introduce il modo di vita attuale è la rievangelizzazione dell'uomo contemporaneo. È in tal modo che si comprende sempre più il bisogno di ritornare alla spiritualità ortodossa come l'hanno vissuta e insegnata i grandi Padri della nostra Chiesa, uno dei quali è stato San Gregorio Palamas. La pluriforme personalità del Santo Teoforo [portatore di Dio] Gregorio Palamas più viene avvicinata più manifesta la sua luce. Secondo le autentiche descrizioni fornite dal suo biografo, San Filotheos Kokkinos Patriarca di Costantinopoli, San Gregorio Palamas visse nel XIV secolo (1296-1359). Era figlio primogenito di una numerosa e splendida famiglia. Gregorio, dopo eccellenti studi a Costantinopoli, disprezzò la vita mondana e le alte cariche alle quali era condotto dallo stesso Imperatore, Andronico Paleologo, per volgersi all'ascesi e alla perfetta strada dello stato monastico. Oltre a lui, l'intera sua famiglia si volse al monachesimo. Gregorio Palamas emerse come il più grande teologo bizantino del XIV secolo e come uno tra i più importanti di tutti i secoli. Visse in un periodo decisivo e ne contribuì significativamente prendendo una distinta posizione nell'ambito della spiritualità ortodossa. La sua principale attività spirituale è stata quella di difendere i monaci esicasti del Monte Athos dall'accusa del monaco italiano Barlaam. Gli esicasti non presentavano delle novità: rinnovavano nella loro epoca l'antica tradizione della Chiesa sulla quiete spirituale (l'esichìa). La divina esichìa era unita con la preghiera ininterrotta, cioè con la preghiera monologica "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me". A questa preghiera i monaci non assegnavano alcuna forza magica ma, praticandola, evitavano di disperdere la mente nelle realtà del mondo comunicando senza alcuna distrazione, non con la Sostanza di Dio, ma con le sue increate Energie. Tutto ciò ha contribuito a fare in modo che il monaco occidentale Barlaam condannasse gli esicasti come eretici. La difesa degli esicasti fu presa da Gregorio Palamas, sapiente più d'ogni altro della tradizione patristica. Secondo il suo insegnamento, la continuità della tradizione ecclesiastica nella vita liturgica è sempre rimasta ininterrotta. Anche l'insegnamento e la teologia della Chiesa non conoscono interruzione. D'altronde, lo stesso rappresentante di tale continuità della teologia degli esicasti era Gregorio Palamas. Il santo rappresentò e difese i monaci nei tre sinodi tenutisi a Costantinopoli (1311 - 1347 - 1351) i quali affrontarono la questione esicasta. In questi grandi sinodi locali gli esicasti furono riabilitati. Fu constatato che il loro insegnamento seguiva fedelmente l'antica tradizione della Chiesa. In seguito, il Santo fu elevato alla cattedra arcivescovile di Tessalonica. Ovviamente l'esicasmo costituì un eccellente "caso" della spiritualità ortodossa, anche se non è facilmente comprensibile. Infatti, non è mai stato compreso da chi pensava con criteri antropocentrici e scolastici, come l'avversario occidentale di Palamas, Barlaam. San Gregorio Palamas ricapitola l'intera tradizione patristica. Distingue l'irragiungibile Sostanza divina dalle sue raggiungibili Energie, Azioni ed Effetti. Questa distinzione non è nuova: è stata insegnata precedentemente da San Basilio il Grande, dal vescovo Crisostomo, da San Massimo il Confessore e da molti altri grandi Padri della Chiesa. Contrariamente al Dio dei filosofi scolastici, inaccessibile, inaccostabile e punitore degli uomini, San Gregorio Palamas insegna il Dio dei Santi, pieno d'amore per l'uomo che comunica tramite le sue increate Energie. A tal proposito San Gregorio scrive: "Se non esiste questa distinzione tra l'impartecipabile Sostanza divina e le partecipabili sante increate Energie, s'interromperebbe ogni contatto e comunicazione con Lui". Ovviamente nella vita presente questa capacità di conoscere di Dio, tramite le divine increate Energie, è molto limitata, se paragonata alla conoscenza che avremo nell'altra vita. "Questa limitata conoscenza - scriveva San Gregorio - è identica con il proprio personale impegno e con il grado di perfezione d'ognuno". La strada della Theognosia o della visione di Dio era vista dal nostro Santo come un continuo esercizio ed impegno di purificazione dall'inquinamento del peccato.
 

IL PENSIERO DI PALAMAS
A cura di Giuseppe Girgenti

Siamo abituati a valutare la filosofia e la teologia bizantina in base ad antichissimi pregiudizi per i quali i dotti di Costantinopoli del XIV secolo si preoccupavano di discettare sul sesso degli angeli e su altre questioni "bizantine" mentre i Turchi erano alle porte della città e l'Impero Romano d'Oriente sull'orlo del tracollo. La pubblicazione presso Bompiani delle opere di Gregorio Palamas, tradotto per la prima volta in una lingua occidentale, ci offre uno squarcio prezioso del dibattito che negli anni fra il 1336 e il 1347 animava le Chiese d'Oriente e le Chiese d'Occidente, soprattutto sull'annosa questione del Filioque e cancella in un sol colpo questi pregiudizi. Palamas (1296-1359) è una delle più grandi figure della Chiesa ortodossa, accostato ai grandi Padri greci che ne pensarono e ispirarono la struttura, ovvero Basilio di Cesarea, Giovanni Crisostomo e Gregorio di Nazianzo. Perché questo accostamento, dopo che sono passati molti secoli? Proprio perché l'epoca in cui Palamas visse somiglia a quella protocristiana, tesa alla definizione della dottrina, dunque attraversata da feroci dibattiti; e poi perché, come nei primi secoli della Chiesa latina, lo sfaldarsi dell'Impero creava un grande disordine politico. Insomma un'epoca che, dopo un terremoto, cerca assestamento. Il giovane Gregorio, rampollo di una famiglia senatoria di Costantinopoli, esordisce con delle lezioni, pare di grande successo, su Aristotele. Intanto entra in contatto col controverso movimento esicasta, per cui soltanto tramite precisi metodi di postura e di rilassamento corporale si può raggiungere la reale contemplazione fino all'unione mistica con Dio. Così matura in Gregorio la volontà di farsi monaco e si ritira nel santuario del Monte Athos. Dopo tre anni di eremitaggio, torna nel mondo, a Tessalonica, dove prende i voti, per tornare nel 1335 sul Monte Athos. A Costantinopoli intanto giunge una commissione papale da Roma, per discutere per l'ennesima volta la riunificazione delle due Chiese, dopo il clamoroso fallimento del concilio di Lione nel 1274. L'imperatore bizantino Andronico III incarica Barlaam, un monaco greco nato e vissuto in Italia, di redigere un documento di difesa delle posizioni ortodosse. Barlaam sostiene che né le tesi ortodosse, secondo cui nella Trinità lo Spirito Santo procede solo dal Padre, né quelle occidentali, per cui la processione avviene sia dal Padre sia dal Figlio (come del resto recitiamo nel Credo) possono essere filosoficamente dimostrate: l'Assoluto è inafferrabile e non se ne dà dimostrazione, quindi le dispute in atto sono insensate. Con i Turchi che minacciano i confini dell'Impero Bizantino, l'unificazione fra cattolici e ortodossi non deriva solo da preoccupazioni di carattere dottrinale, ma anche politiche perché garantirebbe la protezione delle potenze occidentali. Intorno a Barlaam si raccoglierà tutta l'ala occidentalizzante del mondo greco-orientale. La risposta dell'ala rigorista sarà invece affidata a Palamas e segnerà l'esordio della sua immensa produzione: a partire dalla tradizione della Scrittura e dai Padri è possibile articolare sillogismi dimostrativi sulle realtà divine; egli difende la processione dello Spirito soltanto dal Padre. Il volume raccoglie questi testi ed è così composto: dopo la ricca introduzione del curatore Ettore Perrella (psicanalista versato in filosofia e teologia) vengono significativamente riprodotte due lettere: una del Patriarca ecumenico Bartolomeo di Costantinopoli, e l'altra del Cardinal Carlo Maria Martini, Arcivescovo emerito di Milano; esse attestano che oggi l'unione delle due Chiese, Cattolica e Ortodossa, ormai è matura e che l'occasione storica della prossima unità politica dell'Europa non può che facilitare questo cammino; del resto anche Giovanni Paolo II ha spesso ricordato che il Cristianesimo europeo respira con due polmoni, l'Oriente e l'Occidente. Seguono i testi di Palamas: nei Discorsi dimostrativi sulla processione dello Spirito Santo c'è il nucleo della disputa teologica trinitaria. Nei Discorsi in difesa dei santi esicasti Palamas respinge la stravagante accusa di onfalopsichia, vale a dire di considerare l'ombelico come sede dell'anima, accusa che Barlaam aveva rivolto ai monaci di Oriente travisando i loro esercizi spirituali uniti anche a metodi corporali di meditazione. Seguono Triadi, Difesa da Barlaam ed Acindino, Atti divini, La partecipazione divina e deificante, Verso la riconciliazione (Dialogo di un ortodosso con un barlaamita), Teofane, Sono Barlaam ed Acindino a dividere davvero in modo errato ed ateo la deità una in due deità di non pari livello. Il volume si conclude con la Vita di Palamas di Filoteo Konkinos. Abbiamo ricordato che Palamas fu studioso di Aristotele; ma la sua teologia fa riferimento piuttosto a Platone e al neoplatonismo: non è un caso che, nel fortunato volume Plato Christianus, E. von Ivanka pone gli scritti dello pseudo-Dionigi Areopagita e quelli di Palamas rispettivamente come punto di partenza e punto di arrivo del platonismo cristiano di lingua greca.
 

Palamas: così Dio illumina l'uomo
La disputa con Barlaam sul «Filioque» e l’esicasmo - Una ricerca mistica che scruta la relazione trinitaria e le sue manifestazioni

Il nuovo il serpente tremendo, principio del male, sollevando fra noi la sua testa, mormora affermazioni contrarie alla verità». C’è il sentimento di qualcosa che lacera in questo incipit che apre il primo dei Discorsi dimostrativi che Gregorio Palamas, all’epoca arcivescovo di Tessalonica, redige per confutare le tesi sulla processione dello Spirito Santo di Barlaam il calabro. Siamo attorno al 1336, Gregorio ha circa quarant’anni ed è un capofila di quel versante della Chiesa ortodossa che difende la tradizione e la purezza del messaggio cristiano combattendo l’«inquinamento» che proviene da Occidente. Palamas è il baluardo teologico e non solo di una tradizione che si riflette nell’esicasmo, ossia nel monachesimo che vede nella preghiera contemplativa la strada per arrivare alla visione di Dio. Barlaam, polemicamente, aveva attaccato i monaci esicasti accusandoli di «onfalopsichia», più o meno, di vivere pensando che l’anima fosse nell’ombelico. Dopo averne fatto esperienza diretta, Barlaam scrive: «Essi [gli esicasti] trattano di disgiunzioni e unioni prodigiose di mente con anima, fusione di spiriti con essa, di un succedersi di luci bianche e di colori di fuoco, di flussi e afflussi intellettivi in uno con lo spirito che avvengono attraverso le narici, di vellicamenti attorno all’ombelico, infine di un collegamento dentro l’ombelico del nostro spirito domatore con l’anima, nella piena sensazione del cuore». Se non stessimo parlando di uomini pii, si direbbe che la descrizione corrisponda a rituali sciamanici, invece era una tecnica di ascesi che, come Gregorio non si stancherà di ripetere, sapeva che la gioia spirituale che viene dallo spirito nel corpo non è corrotta dalla comunione con il corpo, ma rende il corpo spirituale.
Questa "elevazione" del corpo con conseguenze anche sul versante etico è il sottofondo della lunga introduzione che Ettore Perrella ha redatto per avvicinare il lettore italiano al pensiero, «sconosciuto e misconosciuto», di Gregorio Palamas. Perrella ha tradotto dal greco i suoi principali testi filosofici e teologici, scritti fra il 1336 e il 1347, riunendoli in un tomo che esce da Bompiani nella collana «Il pensiero occidentale» diretta da Giovanni Reale, ed è probabilmente uno degli eventi editoriali del 2003. Come ribadisce a più riprese Perrella, il pensiero di Palamas è più che mai attuale oggi poiché ha resistito alla trasformazione «scientista» della cultura occidentale. Egli intuì che il rischio del pensiero induttivo incarnato all’epoca da Barlaam, avrebbe esposto il cristianesimo sulla proda del neopaganesimo. L’accusa rivolta alla Chiesa latina, ribadita nei secoli dall’ortodossia (non soltanto greca, ma anche russa), è di aver tradito l’umanesimo cristiano imboccando la via materialista di cui il Rinascimento sarebbe l’apoteosi neopagana. Idea che ritroviamo in autori russi come Bulgakov, Florenskij, Lossky e altri. Idea non condivisibile totalmente, ma comprensibile. Si affrontano due diverse visioni del mondo e del modo con cui il cristiano vi deve vivere per raggiungere la salvezza.
Perrella svolge alcune riflessioni complesse, ardue talvolta, come arduo e complesso è il pensiero di Palamas. Uno degli argomenti in questione è quello del «Filioque», che per alcuni secoli ha diviso cattolici e ortodossi, in merito alla processione dello Spirito Santo: per i cattolici questa processione viene dal Padre e dal Figlio, per Palamas e i teologi ortodossi «solo dal Padre». Non bastò il Concilio di Firenze del 1439 a ricomporre storicamente le parti, per quanto raggiunse a livello formale un’intesa (mai attuata però).
Qui si apre una prospettiva vertiginosa che si riassume attorno alla concezione «triadica» o trinitaria del pensiero palamita ampiamente svolta nell’opera principale del teologo greco: Triadi per la difesa dei santi esicasti: il Padre è ingenerato, dunque è la «causa» del Figlio, che essendo generato dal Padre ne diviene il nome, il Logos, e sempre dal Padre procede anche lo Spirito. Il concetto di causa, in Palamas, sembra sostanzialmente quello della «causa efficiente». Causare, per il Padre, «significa soltanto portare a essere ontologicamente» nota Perrella. Dopo di che subentra la «libera autorità» delle altre due persone divine, che nel loro atto – di parola e di opere – esprimono anche la loro deità. Esiste dunque una questione di «libera autorità» anche all’interno della Triade divina. Ed è nel rapporto col creato che le due persone causate dal Padre vivono a loro volta il principio di causazione. Ciò instaura la relazione trinitaria, identica nella sostanza divina, diversa nelle manifestazioni delle tre persone. E la Trinità di Rublëv sembra la più chiara rappresentazione di questa idea. Ma è anche il nucleo in cui si colloca la possibilità di partecipazione umana alla manifestazione divina, dunque il fondamento della «deificazione» di ciò che è creato.
Ognuna delle persone divine ha un’essenza sovraessenziale, cioè increata e irriducibile a una definizione (un punto che sia Barlaam sia Gregorio riprendono dallo pseudo Dionigi, giungendo a conclusioni però opposte); ma la loro essenza si realizza nei loro atti, cioè nelle loro particolari manifestazioni, ossia nelle «energie», tra le quali rientra per esempio la luce, che non è un simbolo (questa è la china presa dal pensiero moderno, spiccatamente di segno rappresentativo, e sostanzialmente scisso e incapace di farsi concreto). L’uomo deificato diventa increato come il Dio da cui viene a essere, e questo in virtù della concezione partecipativa dell’atto divino. Ogni ente si rivela nel suo agire, così persino il santo non ha meriti della sua santità, che è increata in quanto partecipe dell’atto divino che l’ha causata.
La cura del testo è impeccabile, la prospettiva del curatore ardua perché contrappone la visione di Palamas alla concezione sperimentale della scienza moderna, e ne trae una diversa prospettiva per l’etica. Molto resta da comprendere di Palamas, questo volume è il primo passo importante per rilanciare una fonte del pensiero cristiano.
 

Di Maurizio Cecchetti


Gregorio Palamas
Atto e luce divina
Scritti filosofici e teologici


Bompiani
Pagine CXXX + 1530. Euro35