Vasilij Grolimund

IL RUOLO DI NIL SORSKIJ

PER IL MONACHESIMO DEL XXI SECOLO 

 

Nella storia della chiesa ci sono santi la cui vita ebbe una particolare importanza per la loro chiesa e il loro paese, perché seppero segnare e al tempo stesso esprimere lo spirito dell'epo­ca, e già subito dopo la morte furono oggetto di grande venerazione da parte del popolo. Ma con il passare del tempo essi perdono di attualità vengono dimenticati, il loro culto perde di forza. Non sono privati del loro posto nei dittici e nel ca­lendario liturgico, ma altri santi, che corrispondono meglio al clima e ai bisogni spirituali contemporanei, hanno ereditato la loro antica popolarità. Ci sono però anche dei santi poco

conosciuti e addirittura contestati al loro tempo in certi circoli ecclesiastici, santi che per lungo tempo non sono stati        canonizzati e che vengono riscoperti e apprezzati secoli dopo la loro morte, quando il loro messaggio spirituale incomincia a essere capito. San Nilo della Sora è uno di questi santi, che non furono compresi a pieno al loro tempo; mentre il suo contemporaneo Iosif di Volokolamsk, che ebbe un ruolo di primo piano nella vita politica ed ecclesiale contemporanea e fu canonizzato subito dopo la morte dai discepoli, insediatisi in posti  importanti nella gerarchia della chiesa russa, nel corso dei secoli perse molto dell'antica gloria.

Nil Sorskij riteneva che una delle cause principali della  decadenza della vita ascetica nei monasteri russi del XV secolo       fossero i possedimenti fondiari feudali, che se da un lato permettevano ai monasteri un notevole arricchimento e di conseguenza la possibilità di una estesa attività caritativa e cultura­le, d'altra parte aprivano le porte alla mentalità mondana e alle preoccupazioni amministrative, che distraevano i monaci dalla preghiera e dalla contemplazione spirituale. Per questo motivo Nil sarebbe intervenuto al Concilio del 1503 per chiedere ai mo­nasteri la rinunzia ai possedimenti fondiari: i monaci sarebbe­ro dovuti vivere solo con il lavoro delle proprie mani e le elemo­sine dei benefattori, e non per il lavoro dei contadini sottoposti al monastero. Il peso degli argomenti di Iosif di Volokolamsk fu determinante per l'esito del Concilio, che respinse l'istanza di Nil e difese inflessibilmente il diritto dei monasteri al possesso di terre.

Cinque secoli dopo, l'esigenza di Nil avrebbe parados­salmente trovato riscontro nella povertà dei monasteri russi e dei paesi ex comunisti, che sono oggi del tutto privi di terreni se non in estensioni molto limitate, coltivate dagli stessi monaci. Anche in Grecia e nel resto dell'oriente ortodosso diverse seco­larizzazioni dei beni ecclesiastici hanno notevolmente ridimensionato le proprietà fondiarie dei monasteri. Possiamo dire che Nil seppe non solo giudicare esattamente la situazione del mo­nachesimo del suo tempo, ma ne intuì con chiaroveggenza gli sviluppi futuri. Da allora il monachesimo e la società russi dove­vano subire la penetrazione lenta ma costantemente crescente, e a volte brutale, di uno spirito mondano, antimonastico e anticri­stiano, generalmente noto come processo di secolarizzazione. Non ancora del tutto compiuto a livello mondiale, questo pro­cesso pone il cristiano di fronte alla situazione annunciata nei li­bri profetici della Bibbia, in particolare nell'Apocalisse, e alla domanda di Gesù Cristo stesso: "Il Figlio dell'uomo quando verrà troverà ancora la fede sulla terra?" (Lc 18,8).

Nil Sorskij, vissuto sul crinale che separava la teocrazia medievale tramon­tante dall'incipiente rinascimento, fu testimone della diffusione dello spirito mondano perfino nei monasteri, e cercò di contra­starlo fornendo solide basi ai suoi figli spirituali con la composi­zione di diverse opere ascetiche. Certo i suoi contemporanei e anche i suoi avversari ideologici avevano di lui una profonda sti­ma come maestro dell’ “attività della mente" ("myslenoe dèla­nie") e della preghiera di Gesù, ma furono in realtà pochi coloro che ne compresero la lungimiranza spirituale sul problema dei fondi monastici. Si può dire che Nil era in anticipo sul suo tem­po e che solo oggi, quando la storia ha ampiamente dimostrato la pertinenza delle sue opinioni, la sua statura incomincia ad ap­parire in tutta la sua grandezza.

Per Nil la povertà dei monasteri non era una esigenza esclusi­va: essa non era che una delle condizioni essenziali perché i mo­naci potessero vivere nella quiete. Discepolo fedele degli esica­sti bizantini e russi, il grande starec esigeva dai suoi monaci che si occupassero dell’ “attività della mente”, e cioè che fossero co­stantemente impegnati in una lotta spirituale non solo per non commettere peccato, ma anche contro i pensieri cattivi che oscurano l'anima e impediscono la preghiera mentale di Gesù, grazie a cui l'intelletto può discendere nel cuore e unirvisi, illu­minato dall'energia increata della grazia dello Spirito santo. Questa illuminazione spirituale, la visione della Luce Divina che gli apostoli hanno ricevuto sul Tabor, è il frutto di un lungo combattimento spirituale fondato su un costante e radicale pen­timento, inizio e condizione della vita spirituale cristiana. Nil predica proprio questo pentimento che deve condurre alla con­trizione dell'anima e alle lacrime spirituali, dono dello Spirito santo. Il grande starec ha esposto nei dettagli il suo insegnamen­to spirituale nella sua opera principale, gli undici capitoli de1la Regola, il cui prologo è significativamente intitolato: "Sull'atti­vità della mente; che cosa è bene fare secondo i santi scritti dei padri e in che modo dedicarsi a essa".

L'opera non ha perso la sua attualità sua attualità per tutti coloro che anche oggi desiderano consa­crarsi alla preghiera di Gesù senza incorrere in pericoli spirituali.

Nil Sorskij si doleva della decadenza spirituale e del rilassa­mento dei costumi del monachesimo ricco del suo tempo. Preoc­cupato di offrire un effettivo aiuto spirituale, egli non ricorse a riforme estranee allo spirito dell'ortodossia o a delle dubbie novità escogitate dal pensiero umano, ma attinse l'acqua vivi­ficante alle fonti del monachesimo antico, alla tradizione dei santi padri pneumatofori. E’ significativo quello che Nil scrive nel suo Insegnamento o Tradizione ai discepoli (Predanie) sulle condizioni per l'accoglienza di nuovi discepoli nello skit:

 

“poiché ho capito che è volontà di Dio che essi vengano da noi, occorre che ricevano la tradizione dei santi e custo­discano i comandamenti di Dio, seguano la tradizione dei santi padri e non introducano errori, non meditino opere di peccato, né affermino che oggi è impossibile vivere secondo la Scrittura e seguire i santi padri. Anche se siamo deboli, dobbiamo tuttavia, secondo le nostre forze, seguire ancora i beati padri di eterna memoria, anche se non possiamo giun­gere alla loro misura ... Se poi quanti abitano con noi non si sforzano di ascoltare e custodire le parole che rivolgo loro, tratte dalle sante Scritture, non mi adirerò a causa della loro autosufficienza: io non ne sono responsabile.”

 

Come è noto per Nil Sorskij, come per la letteratura patristi­ca, sotto il nome di Scritture sono compresi non solo l'Antico e il Nuovo Testamento, ma anche le opere dei padri, le Vite dei santi, i testi liturgici, canonici, ecc.

I padri del deserto avevano profetizzato che le future genera­zioni di monaci e soprattutto i padri degli ultimi tempi sareb­bero stati sia fisicamente sia spiritualmente più deboli e non avrebbero compiuto le opere e i miracoli dei primi abitatori del deserto. Un antico detto anonimo dice:

 

I profeti scrissero dei libri. Ora, i nostri padri che sono venuti dopo di loro, hanno realizzato gran parte di quegli scritti. I loro successori a loro volta li hanno imparati a me­moria. Dopo di loro è arrivata la generazione attuale che ne ha scritto le vite su carta o su pergamena, e le ha riposte inutilizzate sulle finestre.

 

In effetti al nostro tempo assistiamo a un enorme attività filologica e teologica relativa all'edizione e all'interpretazione dei testi biblici e patristici. Il fine di tutto questo lavoro non deve essere quello di alimentare dispute vane e sterili, ma quel­lo di permettere l'imitazione dei santi, la realizzazione dei loro insegnamenti, l'esperienza viva della grazia per la gloria di Dio. Nil Sorskij diede lui stesso l'esempio di una simile attivi­tà filologica e teologica a beneficio delle anime: come è noto, Nil collazionava manoscritti per emendare i passi corrotti o spuri nelle vite dei santi o nelle opere ascetiche. Per combatte­re le eresie contemporanee, nelle sue redazioni metteva in risal­to l'importanza della confessione di fede ortodossa nella vita dei santi, proteggendo con zelo se stesso e i discepoli dalla diffusione degli scritti eretici. Per questo erano necessari di­scernimento e spirito critico nell'accostamento dei testi sacri, come testimonia la lettera a Gurij Tusin:

 

Nella quarta domanda chiedi in che modo è possibile non deviare dalla vera via. Ti do un saggio consiglio: aderisci alle leggi delle divine Scritture e segui la vera divina Scrittura.

Ci sono molti scritti, infatti, ma non tutti sono divini. Ma tu cerca i veri scritti e attieniti ad essi; ascolta uomini pru­denti e spirituali perché non tutti interpretano le Scritture con rettitudine. E non fare nulla senza la testimonianza del­le Scritture, come faccio io ... Io ... non faccio nulla senza la testimonianza delle divine Scritture, ma agisco secondo le mie forze in obbedienza ai santi scritti. Quando devo fare qualcosa, esamino dapprima le divine Scritture e se non tro­vo un suggerimento su ciò che devo fare, aspetto finché non l'ho trovato. Quando per grazia di Dio lo trovo, agisco con fiducia secondo ciò che ho trovato. Non oso far nulla da me stesso perché sono povero e ignorante. Anche tu, se vuoi, agisci secondo i santi scritti e secondo ciò che comprendi. Se dei moti passionali turbano il tuo cuore, non temere; sei fondato sulla roccia irremovibile dei comandamenti del Si­gnore e custodito dalle tradizioni dei santi padri. Sii in tutto imitatore geloso delle opere e dei pensieri dei padri che leggi e ascolti nei santi scritti perché retto è il loro cammino.

 

 

L'origine di tutti i mali nella vita monastica del suo tempo è secondo Nil  l'idioritmia, la volontà propria dei monaci che per ignoranza o per pigrizia o a causa di altre passioni non vogliono sottomettersi alla volontà di Dio, ma al contrario vivere secondo la propria inclinazione al peccato. Ricorrono spesso presso il grande starec espressioni di biasimo verso costoro, è severe con­danne del disordine dei monasteri. Significativo è per esempio il seguente passo della lettera all'amico German Podol'nij:

 

Mi sembra che oggi non si custodiscano più le leggi divine, le Scritture, la tradizione dei padri; ciascuno segue la pro­pria volontà e la logica del mondo. In molte cose ci compor­tiamo in modo perverso e ci riteniamo invece giusti. Questo deriva dal fatto che non conosciamo le Scritture e non ci preoccupiamo di meditarle con timore di Dio e umiltà, non ce ne curiamo e ci affanniamo per le cose del mondo.

 

Nel concetto di "tradizione" ("Predanie"), o "Tradizione dei santi padri" ("Predanie svjatych otec"'), Nil e gli altri scrittori ecclesiastici comprendevano non solo le dottrine dogmatiche, ma anche morali, ascetiche, liturgiche e canoniche della chiesa ortodossa, dottrine che nel loro insieme costituiscono l'indivi­sibile Tradizione.

Nonostante la sua grande fedeltà, nel pensie­ro teologico e nella vita personale, a questa tradizione, Nil non segue alla lettera le indicazioni dei regolamenti nell'applicazio­ne pratica delle regole della vita ascetica e nella legislazione monastica, ma fa sempre ricorso a un discernimento creativo che tiene presenti i bisogni spirituali e la debolezza fisica dei suoi discepoli. Da loro non esige mai imprese ascetiche che sorpassino la misura, ma solo quello che è “secondo le loro for­ze”. E’ sempre disponibile al colloquio spirituale per consigliare ai suoi figli spirituali quello che sarà loro utile nel cammino di salvezza secondo i talenti e le possibilità di ciascuno. Tutto que­sto emerge con chiarezza dalle lettere. Nella piccola lettera "a un fratello d'un paese d'oriente" scrive:

 

Questa mi sembra essere per te una cosa utile nel Signore, e cioè: esercitarti nelle opere del corpo nella misura delle tue forze, e nulla intraprendere al di là della giusta misura. Con­sacrati allo studio delle divine Scritture e all'apprendimento di un lavoro manuale. Ama la solitudine. Se Dio vuole che ci rivediamo, parleremo di tutto questo in maniera più det­tagliata.

 

Mi sembra estremamente importante questa personalizzazione della cura pastorale delle anime, sia per la teologia e la prassi pastorale in generale, sia per la direzione spirituale in particolare. Soprattutto in un tempo come il nostro, dove all'enorme progresso della psicologia e della psicoanalisi fa riscontro una sempre maggior fragilità e vulnerabilità della psiche, l'esempio del grande starec può costituire un modello ideale per ogni guida spirituale. Non stupisce d'altra parte che nella pic­cola raccolta dei miracoli attribuiti al santo figurino casi di guarigione di persone affette da malattie mentali. Anche dopo la morte la tradizione locale del XIX secolo non ha cessato di ri­conoscere in lui un medico spirituale.

Vorrei ricordare qui ancora un tratto della figura di questo santo che può essere di attualità nella nostra epoca percorsa da rinascenti nazionalismi, che arrivano sino a lacerare la comu­nione ecclesiale. Nil certo non scrisse nulla a riguardo, ma non è da trascurare il fatto che affrontò la non piccola fatica di un viaggio di pellegrinaggio a Costantinopoli e alla Santa Montagna dell'Athos per apprendervi i gradi più alti della preghiera di Gesù e ricevere umilmente l'insegnamento e la ricca espe­rienza spirituale degli esicasti athoniti.

"Il XXI secolo sarà spirituale o non sarà affatto" è la nota profezia di André Malraux. Mi sembra che i segni di un simile movimento generale verso la spiritualità non siano ancora visi­bili. Al contrario, se eccettuiamo qualche felice caso di rinasci­ta della fede cristiana nell'Europa dell'est, l'orizzonte spiritua­le dell'umanità contemporanea appare piuttosto cupo. La seco­larizzazione continua, crescono la violenza e la perversione dei costumi, l'espansione di un materialismo grossolano, l'ingiusti­zia sociale, i problemi ecologici... Per la chiesa del secolo ven­turo non si annuncia un compito facile.

In un clima spiritual­mente e atmosfericamente così inquinato, le condizioni per un'autentica vita monastica sono piuttosto sfavorevoli. Ma è proprio in un momento come questo che gli uomini e i cristiani avranno sempre più bisogno di oasi spirituali, in cui la preghie­ra non venga meno e dove possano trovare riposo per lo spirito, consolazione e aiuto fraterno. I monasteri, gli skity e gli eremi­taggi sono chiamati a essere queste oasi nel deserto spirituale di questo mondo. Parafrasando il detto di Malraux potremmo dire: "il monachesimo del XXI secolo sarà spirituale o non sarà affat­to". Il monachesimo cristiano e la chiesa stessa sfuggiranno alla dissoluzione di sé in un generico mercato delle religioni, solo se sapranno essere portatori autentici del messaggio di Cristo, in­carnato in una testimonianza vissuta perché sia credibile.

Penso che questi quadri incompleti che abbiamo tracciato della vita e della teologia di Nil Sorskij, autorizzino la conclu­sione che questo santo possa diventare una delle più grandi gui­de spirituali per il monachesimo del XXI secolo. I suoi scritti potranno costituire un manuale ideale e un punto di riferimen­to per un'autentica vita monastica, non solo per gli ortodossi, ma anche per i monaci e le monache d'occidente che già stan­no riscoprendo e incominciando ad amare la figura di questo santo. E tanto più prezioso sarà quest'aiuto spirituale per un'e­poca a cui mancano grandi starcy e guide spirituali, come gli antichi padri profetizzavano per gli ultimi tempi.

 

Tratto da A.A.V.V. , Nil Sorskij  e l'esicasmo - ed. QIQAJON COMUNITA' DI BOSE, a cui rimandiamo per l'approfondimento.