Il Monastero di San Macario
a Scete (Wadi el-Natrun)

Storia del Monastero

Il Monastero di san Macario è situato in Wadi el-Natrun, l’antica Scetes, a 92 km dal Cairo, sul lato occidentale della via del deserto verso Alessandria. Fu fondato nel 360 D.C. da San Macario l’egiziano, che era il padre spirituale di oltre 4.000 monaci di diverse nazionalitá – Egiziani, Greci, Etiopi, Armeni, Nubiani, Palestinesi, Italiani, Galli e Spagnoli. Tra loro c’erano uomini di lettere e filosofi, membri dell’aristocrazia del tempo, insieme a semplici contadini analfabeti. A partire dal quarto secolo fino ad oggi il monastero è stato sempre abitato da monaci, senza interruzione.(1)

Nel 1969 per il monastero é iniziato un periodo di rinnovamento, sia spirituale che architettonico, con l’arrivo di dodici monaci e del loro direttore spirituale, P. Matta el-Meskin (Matteo il Povero). Questi monaci avevano vissuto i dieci anni precedenti vivendo insieme completamente isolati dal mondo, nelle grotte di una zona desertica nota come Wadi el Rayan, a circa 50 km a sud del Fayum. Avevano vissuto una vita monastica in senso stretto, nello spirito dei padri del deserto, con la stessa semplicitá e la stessa completa privazione di tutti i beni e comoditá del mondo, con lo stesso profondo senso dell’amore divino, e con la stessa totale fiducia nella divina provvidenza in mezzo all’ambiente naturale piú austero e ai pericoli del deserto. Per questi dodici monaci fu un periodo in cui furono legati in una sorta di prova del fuoco dell’amore divino, che li univa in Cristo nello spirito del Vangelo.

Fu l’ultimo Patriarca Cirillo VI che nel 1969 ordinó a questo gruppo di monaci di lasciare Wadi el-Rayan e andare al Monastero di San Macario per rinnovarlo. Il Patriarca li ricevette, li benedí, assicuró loro le sue preghiere e chiese a Dio di garantire loro la Sua spirituale paterna grazia, perché il deserto potesse rifiorire e diventare la casa per migliaia di eremiti. Soltanto sei monaci  anziani vivevano al momento nel monastero e gli edifici storici al suo interno erano sul punto di crollare. I nuovi monaci furono accolti calorosamente dall’abate del monastero, il Vescovo Michael, Metropolitano di Assiut, che grazie alla sua saggezza e alla sua umiltá fu capace di creare l’atmosfera favorevole al rinnovamento sperato.

Al momento, sotto il Patriarca Shenouda III, personalmente impegnato attivamente nel rinnovare i due monasteri di S. Bishoi e Baramos, e dopo 14 anni di costante attivitá sia nella ricostruzione materiale che nel rinnovamento spirituale, la comunitá monastica conta oggi circa 100 monaci. La maggior parte di essi sono laureati in diverse discipline come agricoltura, medicina, veterinaria, pedagogia, farmacia e ingegneria, ed hanno fatto esperienza di lavoro prima di intraprendere la vita religiosa. I monaci vivono in una forte unitá spirituale, secondo lo spirito del Vangelo, praticando l’amore fraterno e la continua preghiera del cuore. Hanno tutti lo stesso direttore spirituale, che veglia sull’unitá di spirito nel monastero. Il rinnovamento si nota anche nella preghiera diligente degli uffici divini quotidiani e nelle altre funzioni liturgiche, dal momento che l’aspirazione dei monaci è quella di rivivere nella Chiesa lo spirito del Cristianesimo dei primi secoli, sia con le regole di vita che con lo studio coscienzioso.

 

La ricostruzione del monastero

I nuovo edifici del monastero, progettati e costruiti da monaci qualificati nel campo, sono ormai prossimi al completamento. Vi sono piú di 150 celle (ognuna comprende una stanza per pregare e studiare, una stanza da letto, un bagno, una cucina e un piccolo balcone), un grande refettorio dove i monaci si riuniscono quotidianamente per condividere un pasto agape, una nuova biblioteca che puó aarivare a contenere diverse migliaia di volumi e un certo numero di stanze singole per persone in ritiro spirituale o per altri ospiti. Sono stati costruiti anche altri edifici per altri scopi, cone una cucina, un forno, stalle, garages e un’officina per riparazioni. I nuovi edifici occupano un’area di dieci acri, sei volte piú grande di quella occupata dal vecchio monastero.

            Gli edifici storici del monastero sono stati inoltre accuratamente restaurati. Questo compito tanto difficile quanto delicato è stato svolto sotto la supervisione di esperti archeologi(2), sotto gli auspici del Ministero per le Antichitá. Questi specialisti hanno manifestato la loro ammirazione per il modo in cui il lavoro di archeologia è stato svolto dal monaci i quali, sotto la loro guida, hanno restaurato e rafforzato gli edifici storici, demolendo nel frattempo le costruzioni piú recenti, in rovina, che invadevano e talvolta ricoprivano i monumenti antichi. Si è reso necessario rimuovere i vecchi gabinetti, responsabili di seri danni, a causa del drenaggio insufficiente.

 

La scoperta delle reliquie di San Giovanni Battista e del Profeta Eliseo

Durante il restauro della grande chiesa di San Macario, sotto la parete nord della chiesa, fu scoperta la cripta di San Giovanni Battista e del Profeta Eliseo, nel luogo indicato nei manoscritti dall’undicesimo al sedicesimo secolo trovati nella biblioteca del monastero, confermando cosí la tradizione ecclesiastica della nostra Chiesa Copta. Le reliquie furono poi riunite in uno speciale reliquiario e collocate davanti al santuario di San Giovanni Battista nella chiesta di San Macario. Una relazione dettagliata su questo ritrovamento e un accertamento dell’autentticitá delle reliquie è stato pubblicato dal monastero stesso.

 

Introiti

Fino ad ora la comunitá ha speso circa 5 milioni di lire egiziane in restauri e nuove costruzioni. Il monastero non ha fonti regolari di guadagno né conti in banca. Non chiediamo donazioni, non pubbliciziamo i bisogni finanziari del monastero, né riceviamo aiuti in denaro da organizzazioni o istituzioni. Eppure, quando nelle nostre preghiere mettiamo di fronte a Dio le necessitá del monastero, le donazioni arrivano puntualmente e miracolosamente a copertura esatta dei nostri bisogni.. I monaci non hanno dubbi che Dio si è preso la responsabilitá di questo lavoro enorme, sia in senso spirituale che materiale.
 

Agricoltura e allevamento

I monaci hanno recuperato e coltivato il deserto intorno al monastero fin dal 1975. All’inizio hanno piantato fichi e olivi, varietá di foraggio e altre colture, specialmente angurie. Ad un chilometro a nord del monastero sono state costruite ampie fattorie per alloggiare mucche, bufali, pecore e pollame. Il governo egiziano ha riconosciuto l’importanza del lavoro dei monaci in queste zone, dal momento che il monastero ha contribuito ai problemi di approvvigionamento di cibo del paese. In particolare sono stati apprezzati i risultati conseguiti nell’introduzione e nell’adattamento alla situazione egiziana di nuovi tipi di bestiame, di pollame e di coltivazioni.

Degno di particolare nota un nuovo tipo di foraggio (barbabietola da foraggio) che i monaci sono stati i primi a coltivare in Egitto. Questo esperimento si preannuncia promettente nella soluzione dei problemi di allevamento di bestiame, quando sará diffuso in tutto il paese. Come riconoscimento dell’utilitá di questo lavoro pionieristico, il Presidente Sadat donó nel 1978 al monastero mille feddans di terra desertica, due trattori e un nuovo pozzo, scavato per ottenere acqua dal sottosuolo, piú utile dei tre preesistenti.

 

La Regola del monastero

L’unica condizione posta dal padre spirituale per accettare un postulante è che deve aver sentito nel suo cuore, anche una sola volta, sentimenti di amore per Dio, perché è l’amore di Dio che unisce e regola la nostra comunitá giorno dopo giorno. Non abbiamo altra legge se non la sottomissione alla volontá di Dio attraverso l’amore per Lui. E dal momento che la volontá di Dio è espressa principalmente nella Bibbia, l’attenzione alla Parola di Dio, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, è diventata il nostro compito principale e la fonte alla quale soddisfiamo continuamente la nostra sete di Lui e coltiviamo il nostro amore verso tutti gli esseri umani.

L’unica legge del monastero è l’amore, senza regole o limitazioni di sorta, cosí come ci è stata rivelata sulla croce. Questo amore è insieme ragione e scopo di tutte le nostre azioni, sforzi e sacrifici, e la maggior parte dei monaci hanno acquistato una profonda esperienza dell’amore divino.

Il padre spirituale, che ha passato 35 anni  nella vita monastica, è il direttore di tutta la comunitá e di ogni singolo monaco. E’ lui che aiuta ognuno a discernere il piano di Dio per la sua vita, ed è lui che prende il posto di una regola monastica. Lui è una regola vivente che si adatta a ciascuna vita, a ciascun monaco, a ciascuna vocazione, e che è costantemente rinnovata, progredendo con ogni monaco lungo il cammino che porta a Dio. Il padre spirituale è lui stesso in costante rinnovamento della sua vita interiore, e questo rinnovamento si trasmette all’intera comunitá. Noi non siamo guidati da principi prefissati, ma dallo Spirito di Dio in noi e soprattutto nel padre spirituale che ci guida. “Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertá” (II Cor 3,17). Lo scopo del padre spirituale è prima di tutto vivere lui stesso secondo lo stesso Spirito, per mezzo dell’illuminazione interna, avendo cura di rimanere conforme alla tradizione dei primi Padri della Chiesa e della vita monastica. Lui poi lascia al Signore il compito di comunicare questa esperienza interiore ai suoi figli spirituali, attraverso una grazia speciale, in modo che anche loro possano vivere nella libertá interiore dello Spirito. Pone particolare attenzione nel non imporre mai la sua personalitá, ma anzi nel lasciare ognuno libero di sviluppare liberamente la propria vocazione, realizzando il proprio carattere spirituale. Ogni visitatore sensibile ha modo di notare sia l’unitá di spirito dei monaci che la spiccata personalitá di ognuno di essi. Con questo spirito vengono formati gli uomini presso di noi, acquistando un’esperienza di Dio e imparando a farsi guidare spontaneamente dalla luce interna dello Spirito. Il mondo ha bisogno di uomini di questo genere.

Non abbiamo regole di penitenza o di castigo, perché crediamo che l’amore sia piú efficace di ogni misura disciplinare. La nostra consapevolezza di essere pellegrini nel mondo ci rende facile la sottomissione l’uno all’altro per amore di Cristo.

 

La giornata del monaco

Non abbiamo orari molto precisi; ogni monaco organizza la maggior parte del suo tempo sotto la guida del padre spirituale. Ma una campana ci sveglia alle tre del mattino per le devozioni  private: ogni monaco nella sua cella recita l’ufficio di metá notte, inchinandosi e facendo preghiere personali. Ai rintocchi di una  seconda campana alle quattro ci riuniamo in chiesa dove cantiamo insieme gli inni di lode di metá notte in lingua copta. Per la maggior parte sono cantici biblici (Es 15, Sal 135, Dn 3, Sal 148-150) a lode di Dio, Creatore e Redentore dell’universo. Questi sono i momenti piú belli della giornata nel monastero; a questo scopo ci siamo preoccupati molto di perfezionare i nostri canti liturgici, avvalendoci dell’aiuto dei piú vecchi e autorevoli cantori della Chiesa Copta.

Raggiungiamo una tale armonia nel cantare queste melodie che le nostre voci si mescolano in modo tale da esprimere l’unitá dei nostri spiriti; infatti cantiamo le lodi di Dio con un solo cuore ed una sola voce (Rom 15,6). Tutti i monaci sono consapevoli che il partecipare quotidianamente a questa adorazione e condividere il pasto comune ci fa assaggiare in anticipo la beatitudine del regno che verrá. A circa le sei questo servizio di lode finisce e recitiamo il mattutino..

 

Lavoro e preghiera  (Ora et Labora)

Dopo il mattutino ogni monaco si accinge al lavoro assegnatogli dal padre spirituale, che di solito corrisponde alla professione che svolgeva nel mondo, mentre il suo spirito è  edificato dall’atmosfera di adorazione nella quale ha passato le prime ore della giornata in chiesa. In questo modo i monaci cominciano a sperimentare l’unitá misteriosa che esiste tra il lavoro e l’adorazione di Dio, e con perseveranza il loro lavoro si trasforma spontaneamente, passando da una fonte di fatica, un peso e una maledizione (“Mangerai il pane con il sudore della tua fronte”) a un’espressione di incessante lode a Dio e amore per i confratelli.

Tutto il lavoro nel monastero diventa perció un’attivitá spirituale, sia che si tratti di salire su di un’impalcatura intorno agli edifici, nella sala macchine,  nella falegnameria, nella fucina, nei campi, nella fattoria, nella foresteria, nel dispensario o nell’enorme cucina (3). Quest’ultima provvede il cibo sia per i lavoratori agricoli(4), che possono arrivare fino ad un numero di 400 che per i visitatori, che sono circa una cinquantina nei giorni normali, ma che  raggiungono anche le mille unitá nei giorni di festa.

Del dispensario del monastero si occupano molti dei nostri monaci – due medici qualificati, un oculista, un dentista e diversi farmacisti. Sono al servizio dei lavoratori agricoli, degli ospiti e naturalmente dei monaci, fornendo ogni tipo di cure mediche.

Tutte queste attivitá sono svolte sotto una supervisione accurata del padre spirituale, che ha un’ampia conoscenza di questi campi cosí diversi, e sa come gestire i lavoratori. Lui dá continuamente consigli, indicando cosa si deve fare, criticando, correggendo, e  indicando gli errori spirituali messi in luce dal modo in cui il lavoro è  svolto. Pertanto le cose pratiche della vita diventano per il monaco un modo indispensabile di apprendimento e di miglioramento, mettendo in pratica i principi spirituali che ha imparato, prendendo coscienza dei suoi errori e correggendoli. Il lavoro, spesso anche molto pesante, è un mezzo che il padre spirituale sceglie per individuale le debolezze spirituali e correggerle psicologicamente e spiritualmente, ma abbiamo capito che il lavoro in sé e il suo successo o il suo fallimento non hanno  importanza per il padre spirituale; il suo interesse è sempre l’integritá, la crescita e la maturitá dello spirito.

Noi non dividiamo mai il materiale dallo spirituale. Tutta la nostra vita, anche nei suoi dettagli piú materiali, deve contribuire al miglioramento spirituale di ogni monaco e dell’intera comunitá verso l’adorazione di Dio, “per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo” (Ef  4, 12). Ed è nostra profonda convinzione che raggiungeremo la nostra vocazione celeste attraverso il compimento del nostro dovere quotidiano sulla terra.

Questa unitá tra materiale e spirituale nelle nostre vite è un principio importante nella nostra spiritualitá, e questa è la ragione per cui la direzione del padre spirituale non si limita alla vita interiore, ma si estende ad ogni dettaglio della vita materiale, psicologica e fisica. Questo è anche il motivo per cui non abbiamo un orario preciso che divide il tempo per la preghiera da quello per il lavoro. Qualunque sia la nostra occupazione durante la giornata, crediamo che abbiamo tutti un compito essenziale verso cui focalizzare la nostra attenzione, nel lavoro, nelle nostre celle, o in chiesa, ed è quello di offrire noi stessi come sacrificio di amore per il Signore Gesú, innalzando i nostri cuori in un’incessante preghiera, e rimanendo costantemente in pace, anche durante il lavoro piú duro con “la pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza” (Fil 4, 7).

Un visitatore che osserva i monaci al lavoro, non è in grado di notare la differenza tra coloro che hanno giá passato molto tempo nella  vita monastica e chi è arrivato da poco: il lavoro li unisce in un’intimitá piena di amore e di vera umiltá. Si muovono in armonia e si scambiano ogni compito, grande o piccolo, senza parzialitá.

 

Il pasto comune e gli altri momenti d’ incontro della comunitá

A circa mezzogiorno ci riuniamo nel refettorio per cantare l’ora nona con i suoi dodici salmi e subito dopo segue l’unico pasto del giorno consumato insieme. Mentre mangiamo vengono lette le parole del Padri (della Chiesa?). Il pasto serale, e naturalmente quello della mattina (per i confratelli deboli o malati) sono consumati individualmente nelle celle all’ora e nella quantitá indicata a ciascuno dal padre spirituale, secondo la capacitá individuale di digiunare  e secondo il lavoro fisico che svolge. In questo modo la nostra vita comunitaria non impedisce la vita personale di ognuno.

Di tanto in tanto il padre spirituale ci riunisce  tutti insieme in chiesa per un periodo di istruzioni spirituali. Questi incontri non avvengono ad intervalli regolari, ma dipendono esclusivamente da ció che Dio ispira al padre spirituale, a seconda dei bisogni della comunitá.

La domenica sera ci riuniamo per la preghiera spontanea, quando ognuno esprime liberamente quello che gli detta il cuore. Questo è il momento in cui deponiamo ai piedi del Signore tutte le necessitá spirituali e materiali della comunitá. Noi crediamo che questo incontro di preghiera sia molto importante per mantenere la nostra comunitá nell’ “unitá dello Spirito” (Ef 4,3).

 

La Liturgia Eucaristica

Seguendo la tradizione dei padri del deserto, celebriamo la liturgia eucaristica soltanto una volta alla settimana, la domenica mattina. Inizia con un ufficio di lode alle due del mattino, finisce all’incirca alle otto, seguita dal un pasto agape. Questa celebrazione dell’Eucarestia ha il potere di trasformare la nostra comunitá da una semplice riunione umana in una realizzazione del Corpo di Cristo. Questo perché, secondo noi, la liturgia non puó essere celebrata da un singolo, o da una parte della comunitá; è essenziale l’incontro di tutta la comunitá, riunita insieme come la Chiesa invitata al banchetto delle nozze dell’Agnello (Ap 19, 9).

 

La vita solitaria nella nostra comunitá

 Anche se viviamo una vita comunitaria, crediamo che la vocazione monastica si realizzi a pieno in una vita di solitudine nel deserto. Quando un monaco è sufficientemente maturo per vivere da solo, il padre spirituale gli consiglia di andare nel deserto per vivere in solitudine, di solito in una grotta. Prima di fare questo passo definitivo il padre spirituale puó permettere ad alcuni monaci di fare un’esperienza della dolcezza della vita di solitudine per un periodo di tempo limitato, in una grotta o nella propria cella.

 

Il nostro messaggio al mondo

Il monastero riceve molti visitatori sia egiziani che stranieri, a volte perfino un migliaio al giorno. La maggior parte desiderano soprattutto ricevere una benedizione da questo luogo, che è diventato sacro grazie alle lacrime e alle preghiere di generazioni di santi, i cui nomi sono famosi in tutto il mondo. Chi non ha sentito parlare di Macario il Grande, Macario di Alessandria, Giovanni il Piccolo, Paphnutius, Isidoro, Arsenio e Abba Moses, Poemen, Serapione, i piú vecchi di Scete, e molti altri?

I monaci sono a disposizione dei visitatori, per ascoltarli, per rispondere alle loro domande e fornire una guida spirituale. La maggior parte dei nostri visitatori trovano sollievo nelle loro ansietá e nei loro problemi non appena varcano la soglia del monastero, poiché la grande gioia spirituale che ricevono in questo luogo benedetto permette loro di superare tutto quello che li opprime. In particolare durante le vacanze estive il monastero offre ai giovani l’opportunitá di trascorrere alcuni giorni in ritiro con la nostra comunitá. Essi ricevono direzioni spirituali e indicazioni per la loro vita nella societá, senza imporre alcun impegno verso il monastero né un modello monastico per la loro vita.

Particolare precedenza è data ai sacerdoti, ai lavoratori laici a tempo pieno e agli insegnanti delle scuole domenicali, che vengono per prepararsi meglio a offrire la loro vita a Dio nei loro diversi ministeri.

Per mezzo degli scritti del padre spirituale, che ammontano a piú di settanta libri e duecento articoli, il monastero svolge un compito molto rilevante nel risveglio della Chiesa Copta. La nostra rivista mensile San Marco è diretta in modo particolare ai bisogni spirituali dei giovani, e molte omelie del padre spirituale sono state registrate e sono in circolazione in cassette tra i Copti in Egitto e all’estero. Nel 1978 il monastero ha installato una moderna tipografia che stampa tutte le nostre pubblicazioni sia in arabo che in lingua straniera; i  pochi articoli tradotti nelle lingue europee hanno ricevuto ovunque calorosa accoglienza.

Il monastero è caratterizzato da una sincera apertura a tutti gli uomini, di qualsiasi religione o confessione. Noi riceviamo tutti i visitatori, senza distinzione di convinzione  religiosa, con gioia, calore e gentilezza, non con falso ottimismo ma con vero e sincero amore per ogni persona. Offriamo a tutti i visitatori il nostro cuore e la nostra sincera amicizia.

Il monastero mantiene legami spirituali, accademici e fraterni con molti monasteri all’estero, incluso il monastero di Chevrogne in Belgio, l’Abbazia di Solesmen e il Monastero della Trasfigurazione in Francia, Deir el-Harf in Libano e il Convento dell’Incarnazione in Inghilterra. Molti monaci di questi monasteri sono stati con noi per vari periodi di tempo.

Il monastero intrattiene buone relazioni con i vari ministeri e istituzioni governative. E’ risaputo che i nostri monaci hanno svolto regolarmente il loro servizio militare e molti di noi anche come ufficiali o come soldati semplici. Le idee politiche di Padre Matta el-Meskin sono largamente rispettate per la loro integritá, umanitá e serietá. Nel suo libro “Chiesa e Stato” afferma che la politica dovrebbe essere assolutamente separata dalla religione. “Date a Cesare quell che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). In altri scritti come “Settarismo ed estremismo” mette in guardia le minoranze contro la diffusa tendenza a chiudersi in se stesse e a disprezzare gli altri.

Un monaco è cosciente della sua responsabilitá critica davanti ad un mondo pieno di peccati, ad una Chiesa caduta nella divisione e nella decadenza, alle giovani generazioni che si allontanano sempre piú da Dio. Davanti a Dio si considera come un rappresentante della sofferenza del mondo e perció offre se stesso ogni giorno come sacrificio vivente per la salvezza del mondo, unito al sacrificio di Cristo. Dal punto di vista pratico tutti i monaci si impegnano per migliorare la loro istruzione, studiando seriamente, in modo da poter essere pronti in ogni momento a servire il Signore dovunque, in ogni funzione che non contrasti con la vocazione monastica.

 

Il Monastero e l’unitá dei Cristiani

Nel nostro monastero viviamo a pieno l’unitá della Chiesa in spirito e veritá, anticipando la sua visibile realizzazione ecclesiastica. Attraverso la nostra sincera apertura di cuore e spirito verso tutti gli uomini, a prescindere dalla loro confessione, ci è diventato possibile vedere noi stessi, o meglio Cristo, negli altri. Per noi l’unitá cristiana è vivere insieme in Cristo attraverso l’amore. Allora la divisione finisce e le differenze spariscono, e c’è un solo Cristo che ci riunisce tutti nella Sua santa Persona.

 Ci deve essere il dialogo teologico, ma lo lasciamo a chi è stato incaricato per questo. Per quanto ci riguarda, sentiamo che l’unitá della Chiesa esiste in Cristo e perció scopriamo in Lui la pienezza dell’unitá nella misura in cui siamo uniti in Lui. “Se uno è in Cristo, è una nuova creazione” (I Cor 5,17).  E in questa nuova creazione non c’è molteplicitá, ma “un solo uomo nuovo” (Ef 2,15). Anche se pratichiamo la nostra fede ortodossa e siamo coscienti di tutte le veritá e le ricchezze spirituali che essa contiene, nello stesso tempo riconosciamo che in Cristo “non possono esserci Greci e Ebrei, circoncisi e non circoncisi, barbari, Sciti, slavi, uomini liberi, ma Cristo è tutto e in tutto” (Col 3,11). Finché esistono le ferite nel Corpo di Cristo, noi offriamo quotidianamente le nostre vite  in sacrificio per la riconciliazione delle Chiese.

Abbiamo trovato nella vita religiosa il mezzo migliore per raggiungere l’unione con Cristo e quindi il modo migliore per realizzare questa nuova creazione che riunisce uomini “di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7,9) in unitá di spirito e di cuore. Questa è stata sin dall’inizio una caratteristica evidente della vita monastica a Scete. Il particolare dono di San Macario é che, come direttore spirituale, fu in grado di riunire insieme uomini di temperamenti conflittuali, diverse classi sociali e diverse razze. Tra i suoi figli spirituali ci furono Abba Moses, un bandito nubiano, insieme ad Arsenio, un filosofo romano e tutore dei figli dell’imperatore, contadini analfabeti egiziani accanto ai principi Massimo e Domadio. E tutti loro vissero in perfetta armonia spirituale attraverso il grande spirito di amore che era il soffio vitale di San Macario e che fu passato da lui ai  suoi contemporanei, quindi ai suoi eredi spirituali fino ai giorni nostri.

E’ nostra viva speranza che nel deserto di Scete nascano di nuovo la buona volontá, la riconciliazione e l’unitá di tutti popoli sulla terra in Cristo Gesú.

(1)     P. Matta el-Meskin ha scritto un’importante opera (in lingua araba) sulla storia e l’archeologia del Monastero di San Macario, dal titolo “Il Monachesimo Copto nel tempo di San Macario”, Cairo 1972, 880 pp.

(2)     Gamal Mehriz, Gamal Mokhtar, Abdel Rahman Abdel Tawwab e Zaki Iskandar, e l’archeologo tedesco Grossmann.

(3)     Cfr. Zc 14,20-21: “E le caldaie nel tempio del Signore saranno come i bacini che sono davanti all’altare. Anzi tutte le caldaie di Gerusalemme e di Giuda saranno sacre al Signore, re degli eserciti; quanti vorranno sacrificare verranno e le adopereranno per cuocere le carni”. Perció il piú semplice compito terreno e quotidiano, come cucinare, diventa un lavoro sacro, e l’intero monastero è trasfigurato nel Tempio del Signore. Non viviamo forse nei tempi messianici proclamati da Zaccaria?

(4)     Tutti i nostri lavoratori, oltre al normale salario, ricevono gratis alloggio, cibo, vestiti e assistenza medica. Forniamo loro anche un’istruzione religiosa, morale e professionale.