7) Incubo di una notte di mezza estate
Articolo del 29 maggio 2003 scritto da Carmelo Abbate e Francesca Folda.
Quali mete scegliere per partire tranquilli, che cosa fare all'estero in caso di emergenza, come ottenere rimborsi se si decide di rinunciare. Lo spettro del terrorismo insegue il popolo dei viaggiatori ma non riesce a fermarlo. Suggerimenti, segreti e piccole precauzioni per aggirare la paura degli attentati.
«Lasciate a casa i sogni» recita lo slogan della compagnia aerea asiatica che ha appena lanciato in superpromozione un «viaggio indimenticabile» a Phuket, l'isoletta collegata da un ponte alla Thailandia: volo andata e ritorno con cinque notti in albergo a soli 490 euro. Ma per accettare una proposta così, più che i sogni, bisognerebbe lasciare a casa gli incubi. Perché gli italiani che programmano le vacanze guardano non solo il conto in banca, ma anche giornali e tv: con gli attentati di Riad e Casablanca il fantasma di Osama Bin Laden è riapparso come un compagno di viaggio scomodo. Ci mancava pure il rischio di trovare in aereo un passeggero clandestino, il virus della Sars, per mandare in tilt la stagione estiva. Risultato? Prenotazioni bloccate e tragitti corti. Tante seconde case, meno grandi hotel. Più auto, pochi voli. Turisti stranieri latitanti e agenti di viaggio che dichiarano lo stato di crisi. Panorama ha verificato dati e sondaggi fioccati in questi giorni, ascoltato gli esperti del settore. Le sorprese non mancano.
«Non è che piove, qui grandina sul bagnato» sbotta Antonio Tozzi, presidente della Fiavet (Federazione italiana delle agenzie di viaggio). «Negli ultimi 20 mesi il nostro settore ha subito tanti di quegli scossoni che è un miracolo sia ancora in piedi». Nel primo trimestre 2003 il fatturato del turismo (nel 2002 è stato di 75 miliardi di euro, pari al 7 per cento del prodotto interno lordo) è calato del 15-20 per cento. E dopo gli ultimi attentati alla Fiavet non sono certo ottimisti.
Ciò che preoccupa di più è il ridimensionamento del «turismo nobile», americani e giapponesi che sbarcavano a frotte a Roma, Milano, Firenze, Venezia, Napoli e dormivano negli alberghi a cinque stelle. Nel 2002 ne sono arrivati quasi un milione e mezzo in meno. Tradotto in soldoni significa un danno economico di 1 miliardo 100 milioni di euro. E quest'anno potrebbe andare peggio. Come se non bastasse, secondo Federalberghi resterà a casa anche il 40 per cento degli italiani. Il governo studia decreti per rilanciare i consumi, con tariffe aeree agevolate e musei gratis.
Ma non tutti gridano alla
bancarotta. «Il
fenomeno vero è che, nonostante tutto, c'è una gran voglia di vacanze. Il
bisogno di evasione è un elemento primario» dice Alberto Peroglio Longhin,
direttore commerciale del gruppo Alpitour Francorosso. «È chiaro che in questa
fase c'è una maggiore richiesta per i Caraibi, le Baleari, la Grecia». Ma
persino l'Egitto, che durante la guerra in Iraq aveva visto crollare gli arrivi,
attira già nuove prenotazioni.
Così, se le compagnie aeree sono costrette a riorganizzare, rimodulare,
ridimensionare (ovvero tagliare) voli e servizi,
è pur vero che il numero
dei charter è lo stesso dello scorso anno. «Gli effetti del terrorismo si sono
fatti sentire, inutile nasconderlo, ma sono stati molto circoscritti. Nulla a
che vedere con l'11 settembre, quando per sei mesi il mercato rimase
paralizzato» afferma Alberto Corti, direttore generale di Astoi, l'associazione
che raggruppa i tour operator. «I kamikaze a Casablanca hanno colpito nella
notte tra venerdì 16 e sabato 17 maggio. Ebbene, proprio in quel fine settimana
avevamo 500 persone in partenza per il Marocco. Solo in 13 sono rimasti a casa».
Nessuna rinuncia alla fuga d'estate, quindi. Semmai tempi e modi diversi
di comprare la vacanza. Il turista organizza il viaggio da sé, preferibilmente
all'ultimo minuto, cercando di mantenere il più possibile l'autonomia: meno
pacchetti all inclusive, più biglietti aerei e alloggi scelti con il fai-da-te.
Confermano i ricercatori di Trademark Italia e Sociometrica che da 12 anni
conducono uno studio su «Dove vanno in vacanza gli italiani»: il fenomeno più
rilevante è una sorta di blocco delle prenotazioni. «L'ultimo sondaggio rivela
che a febbraio non aveva deciso né dove né quando fare vacanza 68,9 per cento
del campione, il 16,5 per cento in più rispetto allo scorso anno». Molti
torneranno dove sono già stati (due terzi di chi sa cosa fare) e solo l'8,3
progetta di andare all'estero.
Non c'è una consapevole paura di restare vittima di attentati, piuttosto una tendenza a non allontanarsi troppo. Insomma, la gente sa che le cellule di Osama Bin Laden potrebbero colpire ovunque, in un centro commerciale di Sharm El Sheik, come sotto la Tour Eiffel o nella metropolitana milanese. Quindi, la cosa importante è non sentirsi del tutto estranei in un paese troppo esotico. I ricercatori sostengono che tutto ciò si manifesterà con «voglia di guscio» (quindi vacanze vicine), «bisogno di radici» (cresce la domanda di tipicità, sagre, cibi tradizionali e paesi di origine della propria famiglia), cui si aggiunge la tendenza a tornare in posti dove ci si è trovati bene con la pretesa di certezze su voli, servizi, ospitalità. E prezzi.
Già, i prezzi, nota dolente che crea uno
scollamento tra le aspettative degli italiani (sentono parlare di crisi del
settore e immaginano grandi sconti) e l'offerta della nostra industria turistica.
L'analisi di Corti: «Chi dice che gli italiani resteranno in patria non fa i
conti con la realtà. Una famiglia di quattro persone, a luglio, con mille euro
fa una settimana in pensione completa in Tunisia. Da noi è possibile fare una
vacanza così allo stesso prezzo? Senza contare gli annunciati costi in rialzo
per sdraio, cabine e ombrelloni».
Che le destinazioni all'estero continuino a mantenere un grande appeal lo
prova anche il successo di Viaggiare sicuri (www.viaggiare sicuri.mae.aci.it).
È il sito su cui l'Aci, in collaborazione con l'Unità di crisi del ministero
degli Esteri, pubblica informazioni chiare e aggiornate su 208 paesi nel mondo:
geografia, valuta, trasporti, indicazioni sulla situazione sanitaria e politica,
sul rischio criminalità e terrorismo, oltre ai numeri utili di ambasciate e
consolati italiani. «Non diamo consigli, forniamo notizie» spiegano i
responsabili del sito e dell'analogo call center (06491115, dalle 8 alle 20).
«Gli italiani finalmente stanno cambiando mentalità, imparano a documentarsi
prima di partire e a rispettare gli usi dei paesi in cui vanno. Il nostro
obiettivo è esportare un turismo consapevole, rispettoso, prudente». Conferma
Alessandro Cevese, a capo dell'Unità di crisi: «Non ci sono paesi vietati, ma in
molti casi suggeriamo le regole da osservare».
E se un turista italiano si trova al momento sbagliato nel posto sbagliato? «L'Unità di crisi è una struttura agile, 25 persone in tutto, che in caso di emergenza è in grado di attivare immediatamente task force e linee telefoniche dedicate» assicura Cevese. Di più. Nei paesi considerati a rischio, le ambasciate predispongono piani di emergenza che garantiscono la possibilità di comunicare, grazie a impianti satellitari e radio, con i connazionali sul posto e con l'Italia. Si crea anche una rete di «capi maglia», ovvero punti di riferimento della comunità italiana. Tra questi ci sono consoli onorari, missionari, rappresentanti delle aziende che hanno numerosi dipendenti all'estero e responsabili locali dei tour operator. In caso di emergenza (come dopo un attentato) aiuteranno l'ambasciata a diffondere informazioni utili, a verificare che gli italiani stiano tutti bene, eventualmente a convogliarli nei centri di raccolta e, in casi estremi, prepararli all'evacuazione. Chi viaggia in luoghi definiti «a rischio» dovrebbe sempre prendere contatti con il nostro consolato.
E chi non è ancora partito?
Che succede se, con le valigie pronte, la nostra agognata meta è scossa da un
terremoto o un attacco kamikaze, una guerra o un'epidemia?
La legge dice che l'operatore
turistico deve restituire la caparra al consumatore che rinuncia al viaggio per
«fatto sopraggiunto» nel paese di destinazione. «Meglio se quello stato è
inserito tra i paesi a rischio dalla Farnesina» sottolinea Carlo Rienzi del
Codacons. Nell'aprile del 2002, il tribunale civile di Milano ha dato ragione a
una coppia di sposi che, in preda al panico, si era rifiutata di partire dopo
l'attentato alle Torri gemelle di New York e ha obbligato il tour operator al
rimborso.
Eppure, è meglio leggere bene il contratto di viaggio. «Spesso tra le
righe sono inserite delle penali, fino al 50 per cento, valide per qualsiasi
causa di recesso» avverte Rosario Trefiletti, della Federconsumatori: «Sono
clausole vessatorie». I tour operator, intanto, sono corsi ai ripari. Offrono,
in alternativa al rimborso, la possibilità di rimandare lo stesso viaggio o
cambiare destinazione.
Non manca la beffa finale. Il piccolo balzello piombato dritto dritto nei
portafogli dei viaggiatori. Da un paio di mesi, secondo uno studio della
Federconsumatori, acquistare nelle agenzie di viaggio costa di più: il prezzo di
un biglietto aereo per un volo nazionale è aumentato mediamente di 6 euro,
internazionale di 13 euro. Per la prenotazione di un albergo 15 euro in più, di
una macchina 11 euro. Perché? Le compagnie aeree, così come alcune catene
alberghiere e autonoleggi, hanno dimezzato le commissioni riconosciute per la
vendita di biglietti e voucher. E le agenzie si sono rivalse sui consumatori:
«Dal 1° maggio l'Alitalia, tanto per fare un esempio, ha ridotto del 50 per
cento la commissione sui biglietti nazionali» ammette Tozzi, della Fiavet. «Non
credo che le agenzie avessero altra scelta». Come la prenderanno i vacanzieri?
SULLE ALI DELLA CRISI Come reagiscono le compagnie aeree «atterrate» dalla Sars «Il vero nemico delle compagnie aeree è la Sars»: questa l'analisi di David Jarach, docente di marketing del trasporto aereo alla Sda Bocconi. Sono da poco usciti gli ultimi dati della Iata, l'associazione internazionale del trasporto aereo: nel mese di aprile il traffico aereo internazionale ha segnato un meno 18,5 per cento rispetto al mese precedente. Il vero crollo in Oriente, con un meno 44,8 per cento. «Le compagnie non vivono di turismo, ma soprattutto del traffico business, che ha una direttrice tradizionale nei voli verso l'Estremo Oriente. Ecco il punto: la Sars è andata a colpire l'ultima oasi di tranquillità del trasporto aereo». Che, tradotto in soldoni, per le compagnie significa ristrutturazione, taglio dei posti di lavoro, messa a terra di aeromobili. Per Jarach, le più esposte sono «quelle compagnie nate sulle ceneri di fallimenti come quello della Suisse (vecchia Swissair) e di Sn Brussel (l'antica Sabena). L'Alitalia è relativamente meno esposta «perché, negli ultimi anni, nel quadro di una profonda ristrutturazione, si è concentrata soprattutto sull'Europa». |
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Dalla Francia agli Usa,
così l'allarme sul terrorismo internazionale ha influito sulle abitudini
vacanziere di cinque paesi. Alcune compagnie aeree hanno cancellato voli
verso determinate mete e intensificato il traffico su nuove destinazioni.
QUI PARIGI
Dopo gli ultimi attentati, il Quai d'Orsay ha deciso di allargare la
lista dei paesi sconsigliati al turismo. Il 19 maggio, Dominique de Villepin
ha raccomandato ai viaggiatori di rimandare gli spostamenti non
indispensabili in Tanzania, Somalia, Etiopia ed Eritrea. Per quanto riguarda
il Marocco si è accontentato di raccomandare una certa prudenza. Nello
stesso tempo, Voyageurs du monde, uno dei gruppi francesi più attivi
per i viaggi in Estremo Oriente, ha ripreso le vendite di viaggi per Bali,
interrotte da ottobre. Con l'avvicinarsi delle vacanze, il grande business
dei viaggi non si può arrestare. Il Marocco è ben deciso a non lasciarsi
sfuggire il mercato francese, uno dei più interessanti del mondo a causa
dell'emergenza terrorismo. L'ufficio del turismo marocchino di Parigi, che
aveva investito 6 milioni di euro per la campagna pubblicitaria estiva, ne
ha aggiunto uno di più in questi giorni e ha tolto Casablanca dai circuiti
consigliati. La nuova tendenza mette al primo posto il Botswana. Ma anche
Mongolia, Ecuador e Nuova Caledonia. E, naturalmente, la «Douce France».
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