Realtà Virtuale

 

La realtà virtuale è la possibilità di interagire in un ambiente “artificiale” come se si trattasse di un ambiente reale utilizzando oggetti controllati da un computer.

E’ un sistema che permette a uno o più utenti di vedere, muoversi e agire in un ambiente simulato dal computer. Esistono diversi tipi di dispositivi di interfaccia che forniscono l'illusione di vedere, toccare e manipolare oggetti non reali (simulati). I mondi virtuali, e qualsiasi cosa al loro interno, sono rappresentati mediante modelli matematici elaborati con sofisticati programmi.

Le simulazioni di realtà virtuale (VR, dall'inglese Virtual Reality) differiscono da altre simulazioni computerizzate in quanto richiedono specifici dispositivi di interfaccia, capaci di trasmettere all'operatore le sensazioni visive, acustiche e tattili relative all'ambiente simulato e di registrare e inviare al programma di simulazione le espressioni e i movimenti dell'utente. Sostituendo la tastiera o il mouse nell'interazione con il computer, queste interfacce speciali permettono a chi entra in una simulazione VR di muoversi, agire e comunicare con il calcolatore in modo quasi del tutto naturale. L'interazione così immediata e la possibilità di guardare in ogni direzione danno la sensazione di essere completamente immersi nell'ambiente simulato.

Gli oggetti utilizzati (guanti, cuffie e occhiali) devono poter sostituire almeno tre dei cinque sensi di cui disponiamo: udito, vista e tatto. Il computer gestisce quest’ambiente tridimensionale in modo da rispondere alle azioni messe in atto.

  I primi esperimenti di realtà virtuale possono essere datati alla metà degli anni sessanta con i simulatori di volo realizzati al M.I.T  da I. Sutherland, pioniere della realtà virtuale.Tuttavia è negli anni ottanta che si verifica il grande boom con la nascita nel 1982 della Silicon Graphics, azienda leader nel settore.

Uno dei primi progetti di applicazione della Virtual Reality al settore dell’assemblaggio e dell’ergonomia, venne realizzato nel 1981 ad opera dell’Aeronautica Militare degli Stati Uniti.  Riguardava la realizzazione di un simulacro di cabina di pilotaggio e di un casco virtuale, per visualizzare uno spazio grafico tridimensionale, nel quale i piloti avrebbero imparato a volare e a combattere. Il Super Cokpit, questo il nome del simulatore, riscosse grande successo, ma gli elevati costi di produzione e gestione imposero lo sviluppo successivo, stavolta ad opera della NASA, di modelli più efficienti.

Al Nasa Research Center fu presentata così la Virtual Interface Enviromental Workstation (VIEW), o meglio stazione di lavoro con ambiente ad interfaccia virtuale, destinata alla progettazione di missioni spaziali e fu il primo sistema a combinare grafica computerizzata, immagini video, suono tridimensionale riconoscimento e sintesi della voce, un casco virtuale, ed un guanto tattile.Tra le multinazionali che oggi usano ambienti virtuali per la manutenzione, la creazione di parti meccaniche e l’assemblaggio di sistemi, ricordiamo la Ford, la Boeing e la Caterpillar. Queste figurano, inoltre, tra gli utenti dei più moderni software di simulazione del comportamento umano, alcuni dei quali ancora in fase di validazione.

Nella progettazione delle automobili, diversi fattori connessi all’accessibilità, all’ergonomia, e alla presenza dell’uomo, soprattutto in quanto utente finale, vanno tenuti in debita considerazione. Le tecniche utilizzate in questo settore, sono sia quelle della realtà virtuale non immersiva, che immersiva. Grazie a quest’ultima, le proprietà fisiche degli oggetti vengono simulate, per verificare problemi quali la visibilità, l’accessibilità, eventuali collisioni e lo spazio disponibile per la movimentazione. Per ottenere tutto questo sono necessari alcuni strumenti che permettono all’uomo di interagire con l’ambiente virtuale e manipolarlo.

 

2.4.1 L’ambiente virtuale

Per “realtà virtuale immersiva” s’intende la possibilità per l’uomo di interagire o ispezionare ambienti non accessibili nella realtà, perché prodotti da grafica tridimensionale computerizzata e questo grazie all’uso di strumenti come caschi di visualizzazione, occhiali e guanti (cyber glove) che permettono l’immersione e la manipolazione dei modelli virtuali.

Il display HMD (vedi fig. 1) è stato il primo a permettere un’esperienza immersiva a chi lo indossava; la sua commercializzazione risale al 1989 ad opera della VPL Research.

 

 

 

 

   

 

Fig. 1 Head Mounted Display

 

 Il dispositivo è costituito da due display in miniatura, ed un sistema ottico in grado di convogliare le immagini dallo schermo agli occhi, per cui presenta una visione stereo. Un tracciatore mobile misura continuamente la posizione e l’orientamento della testa dell’utente, permettendo al computer di generare delle immagini coerenti. Questo permette al soggetto di guardarsi intorno e camminare attraverso l’ambiente virtuale circostante.

Con queste informazioni, una workstation può ricostruire le immagini del mondo virtuale in modo che corrispondano alla direzione e alla posizione di osservazione dell'utente e inviarle all'HMD, che le visualizza. La velocità di elaborazione deve essere tale da non produrre nell'utente la sensazione di una discontinuità dell'immagine o di un rallentamento rispetto ai suoi movimenti.

 Anche se la velocità di elaborazione dei computer è cresciuta enormemente negli ultimi tempi, le scenografie per la realtà virtuale devono tuttora essere semplificate perché il computer possa aggiornare le immagini con rapidità sufficiente (almeno dieci volte al secondo). Per questo motivo, e a causa delle imperfezioni degli attuali display e della grafica computerizzata, i partecipanti ad una simulazione possono facilmente distinguere l'ambiente virtuale dalla realtà.

Gli HMD contengono anche cuffie auricolari attraverso le quali l'utente può udire i suoni dell'ambiente simulato. Anche i segnali audio possono essere aggiornati in base alle informazioni rilevate dal sensore di posizione. Il nostro cervello, infatti, confronta i suoni percepiti da ciascun orecchio per localizzare nello spazio la sorgente sonora da cui essi provengono. Quando quest'ultima non è esattamente di fronte o alle spalle dell'ascoltatore, il suono giunge in tempi leggermente diversi alle due orecchie e ciò modifica l'intensità e il timbro percepiti. Il computer, perciò, mediante sistemi altamente sofisticati sfrutta le informazioni sulla posizione del soggetto per inviare in cuffia suoni che appaiano provenire da una precisa locazione dello spazio virtuale. Il termine "tattile" si riferisce globalmente alle sensazioni che una persona riceve attraverso la pelle. Le interfacce tattili per la realtà virtuale richiedono tecnologie ancora più avanzate di quelle necessarie per le simulazioni visive e acustiche e rappresentano tuttora un campo di ricerca aperto. Mediante un guanto e un rilevatore di posizione, un calcolatore localizza la mano dell'utente e apposite tecniche individuano i movimenti delle dita in modo che l'utente sia in grado di maneggiare gli oggetti pur senza percepirli. È estremamente difficile, infatti, riprodurre le sensazioni che si sperimentano colpendo una superficie rigida, raccogliendo un oggetto o facendo passare le dita su un tessuto. Per simulare tali sensazioni occorrerebbe una serie di motori controllati dall'elaboratore, capaci di generare le forze di reazione agendo direttamente sul corpo del soggetto, che richiederebbero una velocità e un'accuratezza superiore a qualsiasi modello attualmente disponibile. Un altro problema di difficile soluzione è come far indossare all'utente simili apparati, completi di tutti i collegamenti necessari al loro controllo. Le sensazioni tattili, infine, dovrebbero essere sincronizzate con quelle visive e acustiche prodotte dall’HMD.

Diverse aziende hanno recentemente messo a punto dispositivi da tavolo che, attraverso collegamenti meccanici, applicano piccole forze a una bacchetta tenuta in mano dando la sensazione di frugare con una matita dentro il mondo virtuale: l'utente che tiene la matita percepisce il momento in cui la sua punta incontra un oggetto simulato e può trascinarla sulla superficie di questo per avvertirne la forma o le scabrosità.

In generale, si può dire che le caratteristiche della realtà virtuale immersiva sono le seguenti:

  1. Visione all’interno dell’ambiente virtuale in maniera naturale (mediante rotazione della testa);

  2. La tecnica stereoscopica permette la percezione della profondità e dello spazio;

  3. L’ambiente virtuale è percepito in scala naturale;

  4. Le interazioni realistiche con oggetti virtuali attraverso guanti o dispositivi simili permettono la manipolazione ed il controllo del mondo virtuale;

  5. L’illusione di essere completamente immersi nel mondo artificiale può essere migliorata da suoni, sensazioni ed altre tecnologie non visuali;

  6. Tramite collegamenti in rete è possibile comunicare con altri utenti e altri mondi virtuali.

 

Per realtà virtuale non immersiva, s’intende la possibilità di visualizzare oggetti virtuali tridimensionali, proiettati su di uno schermo, senza essere completamente immersi in tale realtà e senza quindi essere isolati dall’ambiente circostante. La differenza sta nella metodologia con cui avviene il contatto con l’ambiente. Nel caso della non immersiva, ciò avviene tramite dispositivi non indossati, cioè la CAVE (vedi fig 2).

Fig 2.3 Una CAVE

 

 

 

 

 

 

La CAVE è un ambiente virtuale automatico, realizzato all’interno di una stanza cubica, di (3m x 3m x 3m), in cui l’utente è equipaggiato con occhiali stereo, mentre delle sorgenti di luce poste sui quattro lati permettono la visione tridimensionale. All’interno dell’ambiente si possono comunque utilizzare vari dispostivi, come guanti o joistick, che permettono all’utente di interagire con gli oggetti virtuali.

Il B.O.O.M (vedi fig. 3) è invece un dispositivo stereoscopico, (Binocular Omni – Orientation Monitor) in cui lo schermo ed il sistema ottico sono alloggiati in una scatola collegata ad un braccio articolato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Questo tipo di dispositivo è appunto quello utilizzato nei prototipi di simulatori integrati da realtà virtuale, per la verifica funzionale nella progettazione di interni di automobili. L’utente guarda all’interno della scatola attraverso due fori, vede il mondo virtuale e lo esplora orientando opportunamente il dispositivo. L’orientamento della scatola è controllato attraverso dei sensori posti nei giunti del braccio articolato.

Il B.O.O.M. viene montato su di un telaio su cui sono posizionati gli apparecchi essenziali di un interno di autovettura: il sedile, il volante, un’asta per simulare il cambio e la pedaliera. L’interno virtuale viene visualizzato attraverso il B.O.O.M. e l’utente può interagire con questo, grazie all’uso di uno speciale guanto (vedi fig. 4 e 5).

 

 

 

 

   

La realizzazione del prototipo virtuale passa attraverso diverse fasi evolutive, dal prototipo disegnato con sistema CAD/CAM fino a quello finale da utilizzare in ambiente virtuale immersivo.  Le fasi del processo possono essere così sintetizzate:

  1. Estrazione della geometria da un modello disegnato con le tecnologie CAD/CAM.

  2. Poligonalizzazione: approssimazione della geometria da poligoni ad una meshatura di poligoni.

  3. Riduzione della complessità togliendo dettagli non influenti allo scopo.

  4. Assegnazione al prototipo di colori, materiali e di luci.

  5. Assegnazione precisa di tessiture per la rappresentazione dei dettagli.

  6. Assegnazione di geometrie addizionali come ambiente che circonda il prototipo.

  7. Calibrazione del video con l’attrezzatura esterna (sedile, occhiali, sistema di tracking).

  8. Controllo della funzionalità del sistema e risposta del sistema agli input dell’operatore.

Così come la realtà virtuale è già lo strumento di studio e sperimentazione dei prototipi per molti settori dell’industria, è facile prevedere come l’accessibilità dall’esterno, la movimentazione all’interno e l’ergonomia della postura per le autovetture, sarà presto dominio assoluto dei manichini virtuali.