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Sito giuridico ambientale Dossier - Greenpeace vedi anche: O.G.M. O.G.M.: Gli impatti sulla salute
1. NUOVE ALLERGIE Manipolare geneticamente un organismo vuol dire passare ad esso una molecola di DNA che gli permette di produrre una proteina che prima non era in grado di fabbricare. Noi ci nutriamo da sempre di proteine, ma esse, come talvolta altre sostanze, possono essere "rifiutate" dal nostro organismo. Quando veniamo in contatto con certe molecole infatti, il nostro organismo reagisce in modo talvolta violento con quella che chiamiamo "reazione allergica" o allergia. I fautori degli alimenti GM sostengono che l’introduzione di cibi manipolati nella nostra dieta non può causare rischi di nuove allergie, e citano l’esempio dell'introduzione del gene di banana nel pomodoro, omettendo di precisare che – in questo caso - si tratta di cibi abitualmente consumati. L’ingegneria genetica, però, riguarda spesso geni, e dunque proteine, che non fanno parte del consumo alimentare tradizionale: i rischi non sono prevedibili se il gene "trapiantato", ad esempio nel grano con cui facciamo pane, pasta ecc., proviene da uno scorpione o da una petunia o da altri organismi finora mai utilizzati nell’alimentazione. Le multinazionali del settore hanno a lungo rassicurato sui rischi sostenendo che non si può creare possibilità di risposta allergica trapiantando un unico gene. Purtroppo, malgrado il carattere recente di questi studi, questa teoria è già stata contraddetta dai fatti. La società Pioneer, prima compagnia mondiale nella produzione di semi, ha prodotto una soia più ricca di metionina (amminoacido essenziale che il nostro organismo non sa produrre) grazie ad un gene proveniente dalla noce brasiliana. Gli esperimenti di laboratorio, finalizzati proprio a valutare la possibile insorgenza di nuove allergie, avevano tutti dato esito negativo. L’inaffidabilità di queste procedure è stata svelata da un test semplice e poco costoso, che evidentemente la Pioneer, che ha investito miliardi nel progetto, non voleva fare. Infatti, la noce brasiliana è nota per la sua forte potenzialità allergenica, che significa che molte persone sono allergiche alla noce brasiliana. Non è poi difficile raccogliere una collezione di campioni di sangue di questi soggetti, estrarne il siero e farci un test allergologico con la soia manipolata da Pioneer. In breve, ci si è accorti che persone allergiche alla noce brasiliana, ma non alla soia normale, erano allergiche anche alla soia manipolata della Pioneer, la cui commercializzazione è stata bloccata per un pelo. Senza questi esperimenti, abbiamo tutti rischiato di mangiare qualcosa di pericoloso. Questo esempio non solo dimostra che i test indiretti sono inaffidabili, ma fa sorgere un problema non risolvibile sulle procedure di valutazione del rischio allergico degli alimenti GM. Infatti, non abbiamo il siero di persone allergiche allo scarafaggio, allo scorpione, alla petunia o alle meduse: nessuno mangia questi organismi e tanti altri di quelli di cui fa uso l’ingegneria genetica. Con la noce brasiliana è andata bene. Ma che fare con tutto il resto? La maggior parte degli organismi geneticamente manipolati non può che essere sottoposta che a test di tipo indiretto, che già sappiamo non funzionare. Come possiamo allora essere sicuri dell’affidabilità degli alimenti GM? Come possiamo escludere che essi non possano causare un certo numero di allergie? Semplicemente, non possiamo. Noi tutti saremo, nostro malgrado, la cavia di un esperimento i cui risultati sono imprevedibili e probabilmente irreversibili. Anzi, lo siamo già, visto che gli alimenti GM sono già tra noi. Eppure, ogni giorno si scoprono nuove allergie a nuovi prodotti e si conosce relativamente poco di queste patologie e delle cause scatenanti. Sarebbe, quindi, opportuno non aumentare inutilmente i rischi. J. A. Nordlee et al. (1996) Identification of a brazil-nut allergen in transgenic soybeans. The New England Journal of Medicine. Vol. 334: 688-692.
In Francia era stata autorizzata - e successivamente sospesa - la coltivazione di un mais transgenico della Novartis in cui era stato introdotto un gene resistente ad un antibiotico comune, l'ampicillina. Questo gene viene definito "marcatore": permette di identificare le cellule in cui è riuscito il "trapianto" dei geni. Successivamente, il marcatore non svolge più alcuna funzione, ma la sua eliminazione sarebbe stata toppo costosa e difficile. Gli antibiotici sono le uniche armi efficaci contro i batteri patogeni (che causano malattie), ma a causa dell’insorgenza di resistenza agli antibiotici queste armi sono sempre meno efficaci. D’altra parte, la ricerca scientifica ha serie difficoltà a trovare nuove molecole che siano efficaci e si stima che le malattie da ricovero legate alla resistenza agli antibiotici uccidano 10.000 persone all'anno. Gli antibiotici diventano sempre meno efficaci perché i batteri col tempo riescono a produrre delle difese: secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) questo è uno dei più gravi rischi sanitari emergenti. (1) La resistenza agli antibiotici dipende dal fatto che, con l’uso eccessivo di questi medicinali negli ultimi anni, si selezionano (cioè sopravvivono) solo quei batteri che contengono i geni che permettono loro di resistere a questi "veleni". Il problema è che i batteri non solo possono scambiarsi tra loro questi geni, ma possono acquisirli anche da organismi superiori. (2) Numerosi studiosi temono che la diffusione di geni con resistenza agli antibiotici - tipici delle piante transgeniche - possano accelerare questo processo creando, così, nuovi batteri contro i quali gli antibiotici sono assolutamente impotenti. " L’introduzione su larga scala delle piante transgeniche rischia di facilitare lo sviluppodi resistenze sempre più efficaci, da parte dei batteri, agli antibiotici… Questo rischio è stato largamente ignorato dagli esperti. " Patrice Courvalin – Institut Pasteur (3)
J.D. Williams (1998) Opinion – antibiotic resistence: have we got the right culprits? Newsletter of the International Society of Chemotherapy. Vol.2, num.4 F. Gebhard e K. Smalla (1998) Trasformation of Acinetobacter sp. Strain BD413 by Transgenic Sugar Beet DNA. Applied and Environmetal Microbiology Vol. 64, num. 4 P. Courvalin (1998) Plantes Transgeniques et antibiotiques . La Recherce, n. 309 pag 36-40. British Medical Association – Board of Science and Education. The Impact of Genetic Modification on Agriculture, Food and Health. Interim Statement, May 1999.
3. Più chimica in agricoltura La pubblica opinione sta rispondendo agli eccessi dell’agricoltura "industrializzata", sempre più dipendente da pesticidi e fertilizzanti chimici, orientandosi in modo netto a favore di alimenti prodotti da agricoltura biologica (1). Il fenomeno preoccupa i giganti dell’industria chimica, che si sono massicciamente riconvertiti nel settore dell’agro-biotecnologia e giustificano adesso questa scelta secondo falsi criteri compreso quello della sostenibilità ambientale. Ma contrariamente a quanto promesso alla pubblica opinione da Governi ed Industrie, l'ingegneria genetica non ridurrà l'uso di erbicidi dannosi. In realtà, le stesse aziende stanno aumentando la loro capacità di produrre erbicidi (2) e chiedono, e ottengono, permessi (3) per l'innalzamento dei livelli ammissibili di residui di questi prodotti negli alimenti geneticamente manipolati (GM). E’ un fatto che la maggior parte della ricerca sviluppata dalle aziende della ingegneria genetica si è fino ad ora focalizzata sull'ottenimento di piante resistenti agli erbicidi prodotti dalle stesse industrie. Ad esempio, la soia manipolata della Monsanto resiste a dosi massicce di Roundup, un erbicida prodotta dalla Monsanto stessa. In generale, una coltivazione di piante GM di questo tipo può essere trattata con l’erbicida a dosi tali da uccidere le piante infestanti: sopravviverà soltanto la pianta GM che è resistente. Che poi essa possa contenere dosi più o meno elevate di veleni chimici è un fatto che non preoccupa l’Industria chimica. Il 71% delle piante GM presenti nel 1998 su circa 28 milioni di ettari avevano la caratteristica di resistere agli erbicidi (4). Che il meccanismo serva a far vendere più erbicidi lo prova il fatto che negli USA le sementi transgeniche vengono vendute con un contratto in cui si stabilisce che gli agricoltori che utilizzano erbicidi che non siano della ditta produttrice della semente manipolata, possono essere perseguiti legalmente (5). Lo stesso contratto vieta agli agricoltori di conservare i semi provenienti dal raccolto per riseminarli l'anno successivo. Le biotecnologie si sono sviluppate con la stessa filosofia che promosse lo sviluppo dei prodotti chimici: raggiungere il singolo obiettivo, a breve termine, di un aumento delle rese e dei margini di profitto. Questo approccio abbraccia una visione del mondo in cui predomina l’idea che la natura deve essere dominata, sfruttata e forzata a produrre di più; dalla scelta di "soluzioni" veloci e remunerative rispetto alle complesse problematiche ecologiche; dal pensiero "riduzionista", che analizza sistemi complessi, come l'agricoltura, in termini di singole componenti, piuttosto che come un sistema integrato; e dalla convinzione, che il successo in agricoltura significhi guadagni di produttività nel breve periodo, piuttosto che la sostenibilità di lungo termine. Jane Rissler (Union of Concerned Scientist) (6) Hamm U. (1997) Organic Trade: The potential for growth. In: Maxted-Frost (ed.) The future agenda for organic trade – Proc. of the 5th IFOAM International Conference on trade in organic products. Tholey-Theley, p. 18-21 Nel settembre del 1998 la Monsanto ha annunciato di voler investire quasi 1000 miliardi in Brasile per la costruzione di una fabbrica destinata alla produzione dell’erbicida Roundup Lappe M., Bailey B. (1998). Against the Grain, Common Courage press, p. 75-76 James C. (1998) "Global view of commercial Transgenic Crops", 1998. ISAAA Briefs No8. ISAAA: Ithaca, NY Comunicato stampa Monsanto, 12 settembre 1998 Biotechnology and Pest Control: Quick Fix vs. Sustainable Control. Global Pesticide Campaign, Vol1, No. 2, pp 1, 6-8, Gennaio 1991
Una volta rilasciato in natura, un nuovo organismo creato dall’ingegneria genetica potrebbe essere in grado di interagire con altre forme di vita con effetti distruttivi, riprodursi, trasferire le sue caratteristiche e mutare in risposta alle sollecitazioni ambientali. Ad esempio, è stato verificato che i geni "trapiantati" possono velocemente passare dalla colza GM a piante affini, infestanti e non. In colture sperimentali, i geni della colza GM che è stata resa resistente al glufosinato, un erbicida, sono stati trasferiti ad una specie di rafano selvatico, una pianta infestante apparentata con la colza, dopo due generazioni (1). Ricerche condotte in Germania hanno mostrato che il gene per la resistenza al glufosinato può trasferirsi, mediante il polline, in piante distanti 200 metri (2) e dati più recenti indicano che l’inquinamento genetico può avvenire anche a distanze maggiori. Molte piante usate per l’alimentazione vengono oggi manipolate per ottenere prodotti chimici industriali e farmaceutici. Queste piante potrebbero incrociare il loro polline con specie vicine e contaminare così gli alimenti (3). Molte specie di pesci sono oggi sottoposte a manipolazione genetica ed allevate in vasche sperimentali. Nel DNA di salmone è stato inserito un gene dell’ormone della crescita con un "promotore", un interruttore genetico che serve ad attivare il DNA per produrre più ormone del normale. Questo salmone cresce nel primo anno fino a 50 volte più della sua normale lunghezza, e pesa in media 5 volte più del normale (4). L’impatto di un tale "super-salmone" sugli ecosistemi è potenzialmente disastroso: per poter crescere così tanto questo pesce deve mangiare molto più dei normali salmoni. Del resto, l’ipotesi che salmoni di allevamento raggiungano l’ambiente esterno è confermato da una ricerca norvegese secondo cui i salmoni che sono scappati dalle vasche sarebbero 5 volte più numerosi di quelli "selvatici". (5) Mosche, zanzare e vermi sono stati ingegnerizzati in laboratorio per diversi scopi (6). La commercializzazione di questi organismi porterebbe ad una loro rapida diffusione nell'ambiente. Queste creature si riproducono velocemente ed alcune di loro sono in grado di coprire notevoli distanze. Se risultassero dannose, sarebbe particolarmente difficile controllarle. Nel 1989, la Biotechnica International ha sperimentato sul campo semi di soia rivestiti con microrganismi GM, per aumentare la capacità di fissazione dell'azoto. Alla fine della stagione le piante e i semi sono stati bruciati, i campi arati e una nuova coltivazione reimpiantata. Successivi monitoraggi hanno mostrato che i microrganismi GM si erano diffusi per circa 2 ettari grazie all'aratura, e stavano eliminando i microrganismi che normalmente popolavano quei suoli (7). Nel 1998 si è dimostrato in laboratorio il trasferimento di geni dalla barbabietola da zucchero all’Acinetobacter, un batterio del terreno. In teoria, qualunque insetto, uccello o altro animale potrebbe raccogliere questi batteri dal suolo, trasportandoli ovunque (8). Frello S., Hansen K.R., Jensen J., Joergensen R.B. (1995): "Inheritance of rapeseed (Brassica napus) Specific RAPD Markers and a Transgene in the Cross B. juncea x (B. juncea x B. napus). Theor. Appl. Genet. 91: 236-241 Joergensen R.B., Andersen B. (1994): spontaneous Hybridization Between Oilseed Rape (Brassica napus) and Weedy B. campestris (Brassicaceae): a Risk of Growing Genetically Modified Oilseed rape. Am. J. Botany 81: 1620-1626 Mikkelsen T.R., Andersen B., Joergensen R.B. (1996): The Risk of Crop Transgene Spread. Nature, 380:31. "Gene Watch Report, "Genetically Enginereed Oilseed Rape: Agricoltural saviour or New Form of Pollution?", Gene Watch Briefing, Number 2, May 1998 Steinbrechter R., Ho M. (1996), Fatal Flaws in Food safety Assessment: Critique of the joint FAO/WHO Biotechnology and Food Safety report, 3.2 MacKenzie D. (1996) Altered Salmon grow by leaps and bounds, New Scientist, Gennaio 1996 MacKenzie D. (1996) Can we make supersalmon safe?, New Scientist, 27 Gennaio 1996, p. 14-15 APHIS (1996) Field trial of a transgenic arthropod, Metaseilulus occidentalis (Acari: Phytoseiidae). Field Trial Report. Naik G. (1997) Turning Mosquitoes into malaria fighters. Dow Jones News, 17 Giugno 1997. APHIS (1996) Field trial of a transgenic nematode, Heterohabditis bacteriophora (Nematoda: Heterorhabditidae). Field trial report. US National Biotechnology Impacts Assessment Programme Newsletter (1991) The case of the Competitive Rhizobia, Marzo 1991 Gebhard F., and Smalla K. (1998) Transformation of Acinetobacter sp. Strain BD413 by transgenic sugar beet DNA, Appl. Environ Microbiol. 64, 1550-1559
5. RESISTENZA AGLI INSETTICIDI Il Bacillus thuringensis, (Bt), è un batterio del suolo che produce una tossina insetticida. E’ molto apprezzato dagli agricoltori biologici come un insetticida naturale, efficace e sicuro. Colpisce particolari specie e viene usato in applicazioni occasionali, specialmente nei casi in cui si verifichi una seria infestazione. Adesso però, alcune piante sono state manipolate con il gene della tossina del Bt, cosicché esse dispongono della capacità di produzione dell'insetticida nel proprio corredo genetico. Nel 1998 queste piante Bt resistenti agli insetti sono state coltivate su 7,7 milioni di ettari di estensione in tutto il mondo (1). In marcato contrasto con l'applicazione occasionale della tossina Bt nell'azienda biologica, nelle piante Bt la tossina è prodotta per tutto il tempo della loro crescita. Questo significa che gli insetti sono continuamente esposti alla tossina, e sono perciò nelle condizioni "favorevoli" allo sviluppo di una resistenza all'insetticida (2). L'EPA, agenzia statunitense per la protezione ambientale, ha approvato le colture Bt sebbene abbia previsto come conseguenza che la maggior parte degli insetti più esposti svilupperà la resistenza al Bt entro 3 o 5 anni (3). In realtà, i primi ceppi resistenti sono già comparsi e ciò comporta il rischio di un forzato ritorno all’uso di sostanze chimiche, ovvero il fallimento di numerose aziende del biologico o un notevole aumento dei prezzi dei prodotti dell’agricoltura biologica.. Inoltre, la presenza della tossina Bt nelle piante ingegnerizzate può danneggiare un ampio numero di specie di insetti. Un recente studio in Svizzera ha evidenziato che certi insetti predatori, le crisope (Neurotteri), che si cibano di parassiti del grano, presentano disfunzioni nello sviluppo ed un aumento di mortalità quando sono alimentati con prede cresciute su mais Bt (4). L'uso di altre tossine insetticide in colture GM, quale la lectina del bucaneve, ha anche mostrato preoccupanti effetti sulla catena alimentare. In un esperimento di laboratorio, femmine della coccinella sono state nutrite con afidi che si erano cibati di patate resistenti agli insetti. Comparate con coccinelle nutrite con una dieta normale, le prime hanno prodotto meno uova e hanno vissuto per un tempo dimezzato. (5) In uno studio recentemente pubblicato su Nature, che ha ottenuto la prima pagina dei giornali di diversi paesi, si mostrava che i bruchi di farfalla Monarca (una specie americana di insetto migratore di notevole importanza naturalistica) avevano una mortalità quasi del 50% maggiore alla norma se ingerivano il polline di piante Bt. (6) In base a questa scoperta, l’Austria ha poco dopo vietato l’uso del mais manipolato della Monsanto (MON 810) e l’Unione Europea ha bloccato il processo di valutazione di un’altra varietà di mais della potente azienda sementiera Pioneer. Greenpeace ed altre associazioni hanno intentato una causa legale contro l’EPA (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente – USA) per la leggerezza con cui è stata concessa l’autorizzazione alla coltivazione commerciale di questi pericolosi organismi transgenici, che peraltro contengono geni per la resistenza agli antibiotici (vedi paragrafo 6). James C. (1998) Global revue of Commercialised Transgenic crops: 1998, ISAAA Briefs No8. ISAAA: Ithaca, NY. Tabashnik B.E. (1994). Evolution of Resistance to Bacillus thuringiensis. Annual Review of Entomology 39: 47-79 EPA (1994) Pesticide Fact Sheet 4/98 Hilbeck a., Moar W., Putztai-Carey M., Filippini A., Zigler F. (1998). Toxicity of Bacillus thuringiensis CryIAb toxin to the predator Chrysoperla carnea (Neuroptera: Chrysopidae). Environmental Entomology, Vol. 27, No4, Agosto 1998 Birch A.N.E., Geoghegan I.E.N., Hackett C. & Allen J (1997). Interactions between plant resistance genes, pest aphid populations and beneficial aphid predators. Scottish crop Research Institute, Annual report 1996/97 pp 68-72. SCRI: Dundee John E. Losey, Linda S. Rayor, Maureen E. Carter (1999). Transgenic pollen harms Monarch larvae. Nature 399, 214.
6. RIDUZIONE DELLA BIODIVERSITA' Ogni anno si estinguono almeno 30.000 specie viventi (1). L'introduzione di specie estranee all'ambiente è una delle maggiori cause di dissesto ecologico e riduzione della biodiversità, cioè della diversità delle specie viventi. Negli Stati Uniti il 42% delle specie a rischio di estinzione è minacciata a causa di una specie introdotta (2), con costi stimati per l'economia statunitense in oltre 220mila miliardi di lire l'anno (3). Potenzialmente, ogni organismo GM è una "nuova specie" introdotta nell’ecosistema e rischia di compromettere gli equilibri naturali del pianeta. Anche l’agricoltura ha le sue responsabilità nella perdita di biodiversità che caratterizza questo secolo: la diffusione delle monocolture è stato uno dei principali fattori della riduzione della biodiversità agricola, cioè del numero di varietà utilizzate per produrre cibo. Secondo la FAO, abbiamo perso il 75% delle varietà agricole che avevamo all'inizio di questo secolo (4). "Nonostante le biotecnologie abbiano la capacità di creare un'ampia varietà di piante commerciali, la tendenza imposta dalle multinazionali è di creare un ampio mercato internazionale per un singolo prodotto, generando così le condizioni per una uniformità genetica nel panorama rurale". (Miguel Altieri) (5). La "rivoluzione genetica" ripropone oggi gli stessi errori della "Rivoluzione Verde" che è stata una massiccia campagna condotta da governi e imprese per convincere gli agricoltori del Terzo Mondo a sostituire la moltitudine di specie coltivate dagli indigeni con un ridotto numero di varietà produttive che funzionano solo grazie ad un massiccio utilizzo di prodotti chimici. (6) Molte delle varietà indigene che gli agricoltori utilizzavano per i propri raccolti sono oramai perdute per sempre (7) ma l'uniformità genetica porta alla vulnerabilità delle colture, poiché la pressione esercitata da parassiti, malattie e infestanti è maggiore nelle aree dov’è coltivata un'unica specie durante tutto l'anno (8). Una delle cause della carestia della patata irlandese del secolo scorso fu l'uniformità genetica: tutte le patate erano vulnerabili alla stessa malattia. Un sistema agricolo che presenta alta diversità genetica potrà fronteggiare meglio le sfide che provengono da parassiti, malattie o condizioni climatiche che tendono a colpire solo talune varietà (9). Sulla biodiversità si basa la sopravvivenza di molte comunità rurali. Ad esempio, la comunità messicana degli indios Huastec ha una sofisticata forma di gestione delle foreste ove coltiva oltre 300 differenti piante in un mosaico di piccoli giardini, campi agricoli e appezzamenti forestali (10). E in un villaggio nel nord-est dell'India sono coltivate fino a 70 differenti varietà di riso (11). Nel Bengala Occidentale, 124 specie "infestanti", raccolte nei campi di riso, hanno importanza economica per i contadini (12). Myers N. (1993) Biodiversity and the precautionary principle, Ambio 22 (2-3), 74-79. USDA Press release, 3 Febbraio 1999 Pimentel, Lach, Zuniga, morrison, Environmental and economic Costs Associated with Non-indigenous species in the United states", Cornell University, College of Agriculture and Life Sciences http://www.news.cornell.edu/releases/Jan99/species_costs.html FAO (1998) Crop Genetic Resources, In: Special: Biodiversity for food and agriculture, Roma. Altieri M., The Environmental Risk of Transgenic Crops: an Agroecological Assessment, department of Environmental Science, Policy and Management, University of California, Berkeley. www.pmac.net/miguel.htm Tripp R. (1996) Biodiversity and Modern Crop Varieties: sharpening the debate. Agriculture and Human Values 13:48-62 The Corner House, Oct. 1998, Briefing 10: Genetic Engineering and World Hunger. Alexandratos N. (1988) World Agriculture: Toward 2000 An FAO Study, FAO/Belhaven, Roma e Londra Baker. E.F.I. and Yusuf Y., Mixed cropping research at the Institute for Agricultural Research, samaru, Nigeria" in Monyo, J.H., Ker, A.D.R. and Cambell, M., (eds), Intercopping in semi-arid areas, International development Research centre, Ottawa, 1976, cited in Richards P., Indigenous Agricultural Revolution, London, 1985, p.66. RAFI (1995) The potato blight is back, Seedling http://www.grain.org/publications/oct95/oct952.htm Panos (1998) Greed or need? Genetically modified crops. Panos media briefing No.30. Shiva V., "Monocultures, Monopolies, Myths and Masculinisation of Agriculture", Aisling Quarterly.
7. INSTABILITA' GENETICA E PERDITA DEI RACCOLTI Gran parte della promozione dell'ingegneria genetica fa perno su presunti benefici futuri di cui non si vede traccia. La scarsa affidabilità delle varietà di colture GM ha già portato a perdite dei raccolti ai quali la stampa non ha dato il giusto risalto. Nel Mississippi nel 1997, 12.000 ettari di cotone GM resistente agli erbicidi sono andati perduti con perdite individuali dei coltivatori comprese tra 1 e 2 miliardi di lire (1). Nel 1998 il Comitato per l'Arbitrato sulle Questioni dei Semi del Mississippi ha decretato che il cotone della Monsanto non ha raggiunto gli obiettivi pubblicizzati, indicando rimborsi di circa 2 milioni di dollari (oltre 3 miliardi e mezzo di lire) ai tre coltivatori che hanno sofferto pesanti perdite nel raccolto (2). Nel 1994 la Calgene (ora controllata dalla Monsanto) introdusse sul mercato il pomodoro FlavrSavr TM, il primo cibo bio-ingegnerizzato ad ottenere l'autorizzazione alla vendita, modificato per ritardarne l'ammorbidimento (marcescenza) e per mantenersi sodo abbastanza da sopportare le fasi di raccolta, imballaggio e trasporto. Dal 1997 è stato ritirato dal mercato in quanto, contrariamente alle aspettative della Calgene, i pomodori erano spesso così morbidi e ammaccati da non poter essere venduti come prodotto fresco e gran parte delle varietà FlavrSavr TM non presentavano rese accettabili né resistenza alle malattie in regioni tipicamente adatte alla loro coltivazione (3). Il cotone Bt della Monsanto si supponeva fosse resistente ad un verme suo parassita; al contrario, la metà circa dei circa 800.000 ettari coltivati a cotone Bt negli Stati Uniti meridionali hanno sofferto una pesante infestazione e ai coltivatori fu suggerito di salvare il raccolto con trattamenti di emergenza. Nonostante la pretesa di una resa del cotone Bt compresa tra il 90 e il 95%, alcuni esperti hanno rilevato che il prodotto aveva una resa di solo il 60%. Molti dei recenti "sogni genetici" su elevate rese o aumentate capacità di fissazione dell'azoto, potrebbero risultare errate perché comportano interventi su complesse caratteristiche multigenetiche. La fissazione dell'azoto, per esempio, dipende almeno da 17 geni nei batteri e da 50 nelle piante (4). Esistono pericoli associati al trasferimento di un singolo gene, si può facilmente immaginare cosa possono comportare 50 geni. Anche se tutti i geni necessari per queste caratteristiche potessero davvero essere identificati e trasferiti, come risultato potrebbero aumentare i problemi di instabilità genetica (5). The gene Exchange, http://www.ucsusa.org/Gene/F97.glyfosate.html Idem Idem Calgene, "News release - Calgene Announces Second Quarter Financial results", 6 Febbraio 1998 King, "Low-tech Woe Slows Calgene's Super Tomato", Wall Street Journal, 11 aprile 1996 Jonston (1989) Biological nitrogen fixation. In A revolution in Biotechnology, Cambridge University Press, Cambridge, New York, pp 103-118 Ho, M-W (1998) Genetic Engeneering, dream or nightmare? Gateway Books, bath, UK, p.135
8. INGEGNERIA GENETICA E FAME NEL MONDO "(Noi obiettiamo) fortemente che l'immagine della povertà e della fame dei nostri paesi sia utilizzata dalle imprese multinazionali per promuovere una tecnologia non sicura, né ambientalmente sostenibile e assolutamente svantaggiosa economicamente. Noi non crediamo che queste multinazionali o queste biotecnologie aiutino i nostri agricoltori a produrre il cibo a noi necessario per il XXI secolo. Al contrario, riteniamo che ciò distruggerà la diversità, le conoscenze locali e i sistemi agricoli sostenibili che i nostri agricoltori hanno sviluppato per millenni e che ciò indebolirà la nostra capacità di sfamarci". Dichiarazione presentata alle Nazioni Unite dai delegati di 24 stati africani, sostenuti da 30 organizzazioni di ambientalisti e di produttori. Sebbene l'aumento della popolazione sia spesso utilizzato per giustificare lo sviluppo dell'ingegneria genetica, secondo il Programma Mondiale sul Cibo delle Nazioni Unite stiamo attualmente producendo più cibo di quanto necessario per sfamare tutti gli abitanti del pianeta, secondo adeguati valori nutrizionali. Nonostante questo, più di una persona su 7 soffre la fame. Anche se l'ingegneria genetica fosse in grado di mantenere le sue promesse di alte rese e di raccolti resistenti alle malattie per il Terzo Mondo, sembra improbabile che ciò possa portare benefici alle popolazioni affamate in quanto essa non affronta alle radici le cause della malnutrizione. In effetti, sostenendo che questo complesso problema sia risolvibile con una panacea biotecnologica, i governi e le industrie cercano di coprire le reciproche complicità che consentono di mantenere in vita quelle strutture politiche e quelle diseguaglianze sociali responsabili dell'insufficienza alimentare di milioni di persone. Per ogni Euro che l'occidente stanzia in aiuti umanitari al Terzo Mondo, 3 Euro sono pagati dagli stessi Paesi per interessi sul loro debito. Il Rapporto sullo Sviluppo delle Nazioni Unite del 1997 afferma che "nella sola Africa, il denaro speso per la restituzione annua del debito potrebbe essere usato per salvare la vita di circa 21 milioni di bambini entro il 2000". All'epoca della carestia in Etiopia del 1984, colza, lino e cotone erano coltivati sui terreni agricoli più fertili per essere esportati come mangime per bestiame nel Regno Unito e in altri paesi europei. La rivoluzione biotecnologica si cala quindi nel tragico solco della cosiddetta "Rivoluzione Verde", che ha rovinato la vita a milioni di contadini del Sud del Mondo a solo vantaggio dei paesi e delle aziende che importavano a poco prezzo raccolti abbondanti che i poveri non hanno mai potuto mangiare. Nella Corea del Sud, seguendo gli sviluppi della Rivoluzione Verde, il numero di famiglie rurali indebitate è salito dal 76% nel 1971 al 98% nel 1985; nel Punjab, tra il 1970 e il 1980, questi alti costi hanno portato ad una riduzione nel numero di piccole aziende agricole di circa il 25%. In India, il problema del debito ha portato al suicidio molti coltivatori. (1) L’impatto della "Rivoluzione Verde" non è stato meno grave in Africa e Sud America. Non si capisce come gli alti investimenti sostenuti dalle multinazionali dell’agro-bio-tecnologia possano poi trasformarsi in generosi interventi a favore delle popolazioni affamate ed indebitate. Piuttosto, c’è il rischio che con i brevetti sulle varietà agricole, eliminata la biodiversità naturale, questi colossi economici si approprino direttamente delle sementi e quindi della produzione, con un controllo sociale spaventoso, potendo decidere (vendendo o meno le sementi) chi mangia e a quali condizioni. Bello W., Rosenfeld S. (1990), Dragons in Distress; Asia's Miracle Economies in Crisis, Institute for Food and Development Policy, San Francisco, p. 86
9. SICUREZZA ALIMENTARE "Invece di ridurre la fame nel mondo, è più verosimile che l'ingegneria genetica la esasperi. Gli agricoltori saranno trascinati in un circolo vizioso, incrementando la dipendenza nei confronti di un ristretto numero di giganti multinazionali, quali la Monsanto, per la loro sopravvivenza. Per 25 anni Action Aid ha ascoltato i poveri agricoltori, appoggiando i loro sforzi per mantenere una agricoltura sostenibile. Per quanto la popolazione mondiale stia aumentando, noi sappiamo che essa è in grado di produrre cibo a sufficienza per tutti. E' la iniqua distribuzione del cibo che mantiene affamate milioni di persone. La verità è che le colture GM forniranno "una via migliore" per i profitti di Monsanto, ma potrebbero essere un enorme passo indietro per i poveri del mondo". Salil Shetty, direttore esecutivo di Action Aid. I dati della FAO, l’Agenzia dell’ONU che si occupa della sicurezza alimentare, hanno mostrato che i sistemi tradizionali di produzione, su piccola scala, sono più produttivi di quelli "industrializzati" e su vasta scala. Secondo un censimento FAO (1), confrontando la resa per superficie di una fattoria industrializzata "tipo" di 14 ettari, con realtà contadine tradizionali più piccole, risultava che: in Siria, una fattoria di 0,2 ettari era 1.400 volte più produttiva (della fattoria "tipo"); in Messico, una fattoria di 1,2 ettari era 3.000 volte più produttiva; in Perù, una fattoria di 2 ettari era 800 volte più produttiva; e in Etiopia, una fattoria di 0,4 ettari era 350 volte più produttiva. Mentre i sistemi di agricoltura sostenibile incoraggiano l'uso di risorse locali ed aiutano le comunità ad auto sostenersi, le multinazionali fanno profitti imponendo ai coltivatori l'utilizzo di sementi e prodotti chimici che esse stesse vendono, al loro prezzo. Forse per questa ragione le industrie chimiche, ed i governi che le spalleggiano, non sono disponibili a riconoscere le possibilità di sviluppo di sistemi agricoli che fanno a meno della chimica e della biotecnologia, e che sono al di fuori del loro controllo. Secondo il Prof. Jules Pretty dell’Università di Essex (2): la diminuzione delle rese delle monocolture di riso ha portato circa un milione di contadini in Asia ad iniziare pratiche di agricoltura biologica. Gli aumenti delle rese sono del 10%. 223.000 contadini del Brasile sono passati dai fertilizzanti chimici a quelli organici (letame) e ad altre pratiche di agricoltura biologica, raddoppiando la resa di mais e grano; in Guatemala e Honduras, 45.000 contadini hanno rigenerato il suolo con pratiche di agricoltura sostenibile, diversificando la produzione, e favorendo il ritorno dalle città. Sono solo pochi esempi di quello che potrebbe essere il futuro per i Paesi in via di Sviluppo. Ma l’industria agro-bio-chimica ha altre mire. Il commercio e l'uso di sementi autoprodotte sono la linfa vitale per un miliardo e mezzo di famiglie rurali di tutto il mondo. Monsanto è ora proprietaria di un brevetto su una tecnologia chiamata "terminator" che disabilita geneticamente il seme rendendolo incapace di germinare: dunque, i semi sono sterili e non possono essere riutilizzati per nuovi raccolti. Altre imprese sono proprietarie di brevetti che porterebbero ad analoghi risultati, con conseguenze potenzialmente disastrose: "Questa è una tecnica immorale che deruba le comunità agricole del loro atavico diritto a produrre le proprie sementi e del loro ruolo di produttori di nuove varietà agricole. Coltivatori e governi dovrebbero dichiarare ovunque l'uso di questa tecnologia contraria all'ordine pubblico e alla sicurezza nazionale. Questa è la bomba al neutrone dell'agricoltura". Camila Montecinos, Centro de Educacion y Tecnologia, Chile (3). FAO, 1980. World Census on Agriculture. Jules Pretty, (1998) "Feeding the world with sustenaible farming or GMOs?" The Genetics ForumVol.4 /6:4-5 RAFI, comunicato. http://www.rafi.org/communique/fltxt/19982.htlm
Tratto da: www.greenpeace.it
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